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Document 62018CJ0063

    Sentenza della Corte (Quinta Sezione) del 26 settembre 2019.
    Vitali SpA contro Autostrade per l'Italia SpA.
    Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia.
    Rinvio pregiudiziale – Articoli 49 e 56 TFUE – Aggiudicazione degli appalti pubblici – Direttiva 2014/24/UE – Articolo 71 – Subappalto – Normativa nazionale che limita la possibilità di subappaltare nella misura del 30% dell’importo complessivo del contratto.
    Causa C-63/18.

    Court reports – general – 'Information on unpublished decisions' section

    ECLI identifier: ECLI:EU:C:2019:787

    SENTENZA DELLA CORTE (Quinta Sezione)

    26 settembre 2019 ( *1 )

    «Rinvio pregiudiziale – Articoli 49 e 56 TFUE – Aggiudicazione degli appalti pubblici – Direttiva 2014/24/UE – Articolo 71 – Subappalto – Normativa nazionale che limita la possibilità di subappaltare nella misura del 30% dell’importo complessivo del contratto»

    Nella causa C‑63/18,

    avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia (Italia), con ordinanza del 13 dicembre 2017, pervenuta in cancelleria il 1o febbraio 2018, nel procedimento

    Vitali SpA

    contro

    Autostrade per l’Italia SpA,

    LA CORTE (Quinta Sezione),

    composta da E. Regan (relatore), presidente di sezione, C. Lycourgos, E. Juhász, M. Ilešič e I. Jarukaitis, giudici,

    avvocato generale: M. Campos Sánchez-Bordona

    cancelliere: A. Calot Escobar

    vista la fase scritta del procedimento,

    considerate le osservazioni presentate:

    per il governo italiano, da G. Palmieri, in qualità di agente, assistita da C. Colelli e V. Nunziata, avvocati dello Stato;

    per il governo norvegese, da K.H. Aarvik, H. Røstum e C. Anker, in qualità di agenti;

    per la Commissione europea, da L. Haasbeek, G. Gattinara e P. Ondrůšek, in qualità di agenti,

    vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

    ha pronunciato la seguente

    Sentenza

    1

    La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione degli articoli 49 e 56 TFUE, dell’articolo 71 della direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE (GU 2014, L 94, pag. 65), come modificata dal regolamento delegato (UE) 2015/2170 della Commissione, del 24 novembre 2015 (GU 2015, L 307, pag. 5) (in prosieguo: la «direttiva 2014/24»), nonché sul principio di proporzionalità.

    2

    Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra la Vitali SpA e l’Autostrade per l’Italia SpA in merito alla decisione adottata da quest’ultima, in qualità di amministrazione aggiudicatrice, di escludere la prima da una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico.

    Contesto normativo

    Diritto dell’Unione

    3

    I considerando 1, 41, 78, 100 e 105 della direttiva 2014/24, così recitano:

    «(1)

    L’aggiudicazione degli appalti pubblici da o per conto di autorità degli Stati membri deve rispettare i principi del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE) e in particolare la libera circolazione delle merci, la libertà di stabilimento e la libera prestazione di servizi, nonché i principi che ne derivano, come la parità di trattamento, la non discriminazione, il mutuo riconoscimento, la proporzionalità e la trasparenza. Tuttavia, per gli appalti pubblici con valore superiore a una certa soglia è opportuno elaborare disposizioni per coordinare le procedure nazionali di aggiudicazione degli appalti in modo da garantire che a tali principi sia dato effetto pratico e che gli appalti pubblici siano aperti alla concorrenza.

    (...)

    (41)

    Nessuna disposizione della presente direttiva dovrebbe vietare di imporre o di applicare misure necessarie alla tutela dell’ordine, della moralità e della sicurezza pubblici, (...) a condizione che dette misure siano conformi al TFUE.

    (...)

    (78)

    È opportuno che gli appalti pubblici siano adeguati alle necessità delle [piccole e medie imprese (PMI)]. Le amministrazioni aggiudicatrici dovrebbero essere incoraggiate ad avvalersi del Codice europeo di buone pratiche, di cui al documento di lavoro dei servizi della Commissione del 25 giugno 2008, dal titolo “Codice europeo di buone pratiche per facilitare l’accesso delle PMI agli appalti pubblici”, che fornisce orientamenti sul modo in cui dette amministrazioni possono applicare la normativa sugli appalti pubblici in modo tale da agevolare la partecipazione delle PMI. A tal fine e per rafforzare la concorrenza, le amministrazioni aggiudicatrici dovrebbero in particolare essere incoraggiate a suddividere in lotti i grandi appalti. (...)

    Gli Stati membri dovrebbero mantenere la facoltà di andare oltre nei loro sforzi intesi a facilitare la partecipazione delle PMI al mercato degli appalti pubblici estendendo agli appalti di entità minore la portata dell’obbligo di esaminare se sia appropriato suddividere gli appalti in lotti per appalti di entità minore, obbligando le amministrazioni aggiudicatrici a fornire una motivazione della decisione di non suddividere in lotti o rendendo la suddivisione in lotti obbligatoria in determinate condizioni. Allo stesso fine, gli Stati membri dovrebbero anche avere la facoltà di creare meccanismi per il pagamento diretto ai subappaltatori.

    (...)

    (100)

    È opportuno evitare l’aggiudicazione di appalti pubblici ad operatori economici che hanno partecipato a un’organizzazione criminale o che si sono resi colpevoli di corruzione, di frode a danno degli interessi finanziari dell’Unione, di reati di terrorismo, di riciclaggio dei proventi di attività illecite o di finanziamento del terrorismo. (...)

    (...)

    (105)

    È importante che l’osservanza, da parte dei subappaltatori, degli obblighi applicabili in materia di diritto ambientale, sociale e del lavoro stabiliti dal diritto dell’Unione, dal diritto nazionale, dai contratti collettivi o dalle disposizioni internazionali in materia di diritto ambientale, sociale e del lavoro di cui alla presente direttiva, sempre che tali norme, e la loro applicazione, siano conformi al diritto dell’Unione, sia garantita dalle autorità nazionali competenti, ad esempio gli ispettorati del lavoro o le agenzie per la protezione dell’ambiente, mediante azioni adeguate entro i limiti delle loro responsabilità e del loro mandato.

    (...)

    (...) Inoltre, dovrebbe essere indicato esplicitamente che gli Stati membri dovrebbero poter imporre condizioni più rigorose, ad esempio estendendo gli obblighi in materia di trasparenza, consentendo il pagamento diretto ai subappaltatori, oppure permettendo o imponendo alle amministrazioni aggiudicatrici di verificare che i subappaltatori non si trovino in una delle situazioni che giustificano l’esclusione dell’operatore economico. (...)

    Si dovrebbe inoltre stabilire espressamente che gli Stati membri restano liberi di prevedere disposizioni di diritto interno più rigorose in materia di responsabilità o norme più avanzate in materia di pagamenti diretti ai subappaltatori».

    4

    Conformemente all’articolo 4, lettera a), della direttiva 2014/24, la stessa si applica agli appalti con un importo, al netto dell’imposta sul valore aggiunto (IVA), pari o superiore alla soglia di EUR 5225000 per gli appalti pubblici di lavori.

    5

    L’articolo 18 di tale direttiva, intitolato «Principi per l’aggiudicazione degli appalti», al suo paragrafo 1, primo comma, dispone quanto segue:

    «Le amministrazioni aggiudicatrici trattano gli operatori economici su un piano di parità e in modo non discriminatorio e agiscono in maniera trasparente e proporzionata».

    6

    L’articolo 57 di detta direttiva, intitolato «Motivi di esclusione», al suo paragrafo 1 prevede che le amministrazioni aggiudicatrici escludano un operatore economico dalla partecipazione a una procedura d’appalto qualora abbiano stabilito attraverso una verifica ai sensi degli articoli da 59 a 61 o siano a conoscenza in altro modo del fatto che tale operatore economico è stato condannato con sentenza definitiva per uno dei motivi elencati in tale disposizione.

    7

    L’articolo 63 della medesima direttiva, intitolato «Affidamento sulle capacità di altri soggetti», al suo paragrafo 1, primo comma, così dispone:

    «Per quanto riguarda i criteri relativi alla capacità economica e finanziaria stabiliti a norma dell’articolo 58, paragrafo 3, e i criteri relativi alle capacità tecniche e professionali stabiliti a norma dell’articolo 58, paragrafo 4, un operatore economico può, se del caso e per un determinato appalto, fare affidamento sulle capacità di altri soggetti, a prescindere dalla natura giuridica dei suoi legami con questi ultimi. Per quanto riguarda i criteri relativi all’indicazione dei titoli di studio e professionali di cui all’allegato XII, parte II, lettera f), o alle esperienze professionali pertinenti, gli operatori economici possono tuttavia fare affidamento sulle capacità di altri soggetti solo se questi ultimi eseguono i lavori o i servizi per cui tali capacità sono richieste. Se un operatore economico vuole fare affidamento sulle capacità di altri soggetti, dimostra all’amministrazione aggiudicatrice che disporrà dei mezzi necessari, ad esempio mediante presentazione dell’impegno assunto da detti soggetti a tal fine».

    8

    L’articolo 71 della direttiva 2014/24, intitolato «Subappalto», prevede quanto segue:

    «1.   L’osservanza degli obblighi di cui all’articolo 18, paragrafo 2, da parte dei subappaltatori è garantita mediante azioni adeguate delle autorità nazionali competenti che agiscono nell’ambito delle rispettive responsabilità e competenze.

    2.   Nei documenti di gara l’amministrazione aggiudicatrice può chiedere o può essere obbligata da uno Stato membro a chiedere all’offerente di indicare, nella sua offerta, le eventuali parti dell’appalto che intende subappaltare a terzi, nonché i subappaltatori proposti.

    3.   Gli Stati membri possono prevedere che, su richiesta del subappaltatore e se la natura del contratto lo consente, l’amministrazione aggiudicatrice trasferisca i pagamenti dovuti direttamente al subappaltatore per i servizi, le forniture o i lavori forniti all’operatore economico cui è stato aggiudicato l’appalto pubblico (il contraente principale). Tra tali misure possono rientrare idonei meccanismi che consentano al contraente principale di opporsi a pagamenti indebiti. Gli accordi concernenti tale modalità di pagamento sono indicati nei documenti di gara.

    4.   I paragrafi da 1 a 3 lasciano impregiudicata la questione della responsabilità del contraente principale.

    5.   Nel caso di appalti di lavori e per servizi da fornire presso l’impianto sotto la diretta supervisione dell’amministrazione aggiudicatrice, dopo l’aggiudicazione dell’appalto e al più tardi all’inizio dell’esecuzione del contratto l’amministrazione aggiudicatrice impone al contraente principale di indicarle nome, recapito e rappresentanti legali dei suoi subappaltatori coinvolti in tali lavori o servizi, nella misura in cui questi sono noti al momento della richiesta. L’amministrazione aggiudicatrice impone al contraente principale di comunicare all’amministrazione aggiudicatrice eventuali modifiche a tali informazioni avvenute nel corso del contratto nonché le informazioni richieste per eventuali nuovi subappaltatori coinvolti successivamente in tali lavori o servizi.

    Fermo restando il primo comma, gli Stati membri possono imporre direttamente al contraente principale l’obbligo di trasmettere le informazioni richieste.

    Ove necessario ai fini del paragrafo 6, lettera b), del presente articolo, le informazioni richieste sono accompagnate dalle autodichiarazioni dei subappaltatori come previsto all’articolo 59. Le misure di esecuzione di cui al paragrafo 8 del presente articolo possono prevedere che i subappaltatori presentati a seguito dell’aggiudicazione dell’appalto forniscano i certificati e gli altri documenti complementari invece dell’autodichiarazione.

    Il primo comma non si applica ai fornitori.

    Le amministrazioni aggiudicatrici possono estendere o possono essere obbligate dagli Stati membri a estendere gli obblighi previsti al primo comma, ad esempio:

    a)

    ai contratti di fornitura, ai contratti di servizi diversi da quelli riguardanti servizi da fornire presso gli impianti sotto la diretta supervisione dell’amministrazione aggiudicatrice, ovvero ai fornitori coinvolti in contratti di lavori o di servizi;

    b)

    ai subappaltatori dei subappaltatori del contraente principale o ai subappaltatori successivi nella catena dei subappalti.

    6.   Al fine di evitare violazioni degli obblighi di cui all’articolo 18, paragrafo 2, possono essere adottate misure adeguate quali le seguenti:

    a)

    se la legislazione nazionale di uno Stato membro prevede un meccanismo di responsabilità solidale tra subappaltatori e contraente principale, lo Stato membro interessato provvede a che le norme pertinenti siano applicate in conformità delle condizioni stabilite all’articolo 18, paragrafo 2;

    b)

    le amministrazioni aggiudicatrici possono, conformemente agli articoli 59, 60 e 61, verificare o essere obbligate dagli Stati membri a verificare se sussistono motivi di esclusione dei subappaltatori a norma dell’articolo 57. In tali casi le amministrazioni aggiudicatrici impongono all’operatore economico di sostituire i subappaltatori in merito ai quali la verifica ha dimostrato che sussistono motivi obbligatori di esclusione. Le amministrazioni aggiudicatrici possono imporre o essere obbligate da uno Stato membro a imporre che l’operatore economico sostituisca i subappaltatori in relazione ai quali la verifica ha dimostrato che sussistono motivi non obbligatori di esclusione.

    7.   Gli Stati membri possono prevedere disposizioni di diritto interno più rigorose in materia di responsabilità, anche nel quadro del diritto interno in materia di pagamenti diretti ai subappaltatori, ad esempio prevedendo pagamenti diretti ai subappaltatori senza la necessità che questi ultimi facciano richiesta di pagamento diretto.

    8.   Gli Stati membri che hanno scelto di prevedere misure a norma del paragrafo 3, 5 o 6 specificano, in forza di disposizioni legislative, regolamentari o amministrative e nel rispetto del diritto dell’Unione, le condizioni di attuazione di tali misure. In tale contesto gli Stati membri possono limitarne l’applicabilità, ad esempio in relazione a determinati tipi di appalti, a determinate categorie di amministrazioni aggiudicatrici o operatori economici ovvero a determinati importi».

    Diritto italiano

    9

    L’articolo 105, paragrafo 2, terza frase, del decreto legislativo n. 50 – Codice dei contratti pubblici, del 18 aprile 2016 (supplemento ordinario alla GURI n. 91 del 19 aprile 2016; in prosieguo: il «decreto legislativo n. 50/2016»), così prevede:

    «Fatto salvo quanto previsto dal comma 5, l’eventuale subappalto non può superare la quota del 30 per cento dell’importo complessivo del contratto di lavori, servizi o forniture».

    10

    L’articolo 105, paragrafo 5, del decreto legislativo n. 50/2016 è formulato come segue:

    «Per le opere di cui all’articolo 89, comma 11, e fermi restando i limiti previsti dal medesimo comma, l’eventuale subappalto non può superare il trenta per cento dell’importo delle opere e non può essere, senza ragioni obiettive, suddiviso».

    Procedimento principale e questione pregiudiziale

    11

    Con bando di gara pubblicato nel mese di agosto 2016, la Autostrade per l’Italia ha indetto una procedura ristretta per l’affidamento, mediante gara, dei lavori di ampliamento della quinta corsia dell’autostrada italiana A8 tra la barriera di Milano Nord (Italia) e l’interconnessione di Lainate (Italia), per un importo a base di gara pari a EUR 85211216,84, IVA esclusa.

    12

    La Vitali è stata esclusa dalla gara per avere superato il limite del 30% previsto, in materia di subappalto, all’articolo 105, paragrafo 2, del decreto legislativo n. 50/2016.

    13

    La Vitali ha proposto dinanzi al giudice del rinvio un ricorso diretto, in particolare, alla sua riammissione alla procedura di gara.

    14

    Con sentenza parziale del 5 gennaio 2018 il giudice del rinvio ha respinto tutti i motivi dedotti dalla Vitali a sostegno di tale ricorso, salvo quello secondo il quale il limite del 30% in materia di subappalti, previsto dal diritto italiano, non sarebbe conforme al diritto dell’Unione.

    15

    Il giudice del rinvio nutre dubbi sulla compatibilità di siffatto limite quantitativo con gli articoli 49 e 56 TFUE, con l’articolo 71 della direttiva 2014/24 nonché con il principio di proporzionalità.

    16

    Tale giudice sottolinea che il Consiglio di Stato (Italia) si è pronunciato nel senso che il legislatore nazionale può legittimamente porre, in materia di subappalto, limiti di maggior rigore rispetto a quelli previsti dalle pertinenti disposizioni del diritto dell’Unione, laddove essi siano giustificati, da un lato, alla luce dei principi di sostenibilità sociale e, dall’altro, in considerazione dei valori declinati dall’articolo 36 TFUE, tra cui compaiono l’ordine e la sicurezza pubblici. Inoltre, detto giudice rileva che, secondo il Consiglio di Stato, la giurisprudenza della Corte riguardante i limiti quantitativi al subappalto in materia di appalti pubblici, la quale giurisprudenza verte sulla direttiva 2004/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi (GU 2004, L 134, pag. 114), non si applica in relazione alla direttiva 2014/24.

    17

    Tuttavia, il giudice del rinvio osserva altresì che, al pari della direttiva 2004/17/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, che coordina le procedure di appalto degli enti erogatori di acqua e di energia, degli enti che forniscono servizi di trasporto e servizi postali (GU 2004, L 134, pag. 1) e della direttiva 2004/18, la direttiva 2014/24 non prevede limiti quantitativi al subappalto. Secondo il giudice del rinvio, la previsione di un limite generale del 30% per il subappalto, con riferimento all’importo complessivo del contratto, può rendere più difficoltoso l’accesso delle imprese, in particolar modo di quelle di piccole e medie dimensioni, agli appalti pubblici, così ostacolando l’esercizio della libertà di stabilimento e della libera prestazione dei servizi. Tale limite è fissato in maniera astratta in una determinata percentuale del contratto, a prescindere dalla possibilità di verificare le capacità di eventuali subappaltatori e senza menzione alcuna del carattere essenziale degli incarichi di cui trattasi.

    18

    Di conseguenza, il giudice del rinvio si domanda se la normativa nazionale di cui al procedimento principale non ecceda quanto necessario per conseguire gli obiettivi perseguiti.

    19

    In tali circostanze, il Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia (Italia) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

    «Se i principi di libertà di stabilimento e di libera prestazione di servizi, di cui agli articoli 49 e 56 [TFUE], l’articolo 71 della direttiva [2014/24], il quale non contempla limitazioni quantitative al subappalto, e il principio [di diritto dell’Unione europea] di proporzionalità, ostino all’applicazione di una normativa nazionale in materia di appalti pubblici, quale quella italiana contenuta nell’articolo 105, comma 2, terzo periodo, del [decreto legislativo n. 50/2016], secondo la quale il subappalto non può superare la quota del 30 per cento dell’importo complessivo del contratto di lavori, servizi o forniture».

    20

    La domanda del giudice del rinvio diretta al trattamento accelerato della sua domanda di pronuncia pregiudiziale conformemente all’articolo 105, paragrafo 1, del regolamento di procedura della Corte è stata respinta con ordinanza del presidente della Corte dell’8 marzo 2018, Vitali (C‑63/18, non pubblicata, EU:C:2018:199).

    Sulla questione pregiudiziale

    21

    Con la sua questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se gli articoli 49 e 56 TFUE e la direttiva 2014/24 debbano essere interpretati nel senso che ostano a una normativa nazionale, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, che limita al 30% la parte dell’appalto che l’offerente è autorizzato a subappaltare a terzi.

    22

    In via preliminare, occorre rilevare che, poiché il valore dell’appalto di cui al procedimento principale, al netto dell’IVA, è superiore alla soglia di EUR 5225000 prevista all’articolo 4, lettera a), della direttiva 2014/24, è con riferimento a quest’ultima che occorre rispondere alla presente domanda di pronuncia pregiudiziale.

    23

    Occorre ricordare che tale direttiva, come risulta in sostanza dal suo considerando 1, ha l’obiettivo di garantire il rispetto, nell’aggiudicazione degli appalti pubblici, in particolare, della libera circolazione delle merci, della libertà di stabilimento e della libera prestazione dei servizi, e dei principi che ne derivano, in particolare la parità di trattamento, la non discriminazione, la proporzionalità e la trasparenza, nonché di garantire che l’aggiudicazione degli appalti pubblici sia aperta alla concorrenza.

    24

    In particolare, a tal fine, la predetta direttiva prevede espressamente, al suo articolo 63, paragrafo 1, la possibilità per gli offerenti di fare affidamento, a determinate condizioni, sulle capacità di altri soggetti, per soddisfare determinati criteri di selezione degli operatori economici.

    25

    Inoltre, l’articolo 71 della medesima direttiva, che riguarda specificamente il subappalto, al suo paragrafo 2 dispone che l’amministrazione aggiudicatrice può chiedere o può essere obbligata da uno Stato membro a chiedere all’offerente di indicare, nella sua offerta, le eventuali parti dell’appalto che intende subappaltare a terzi, nonché i subappaltatori proposti.

    26

    Ne deriva che, al pari della direttiva 2004/18 abrogata dalla direttiva 2014/24, quest’ultima sancisce la possibilità, per gli offerenti, di ricorrere al subappalto per l’esecuzione di un appalto, purché le condizioni da essa previste siano soddisfatte (v., in tal senso, per quanto riguarda la direttiva 2004/18, sentenza del 14 luglio 2016, Wrocław - Miasto na prawach powiatu, C‑406/14, EU:C:2016:562, punti da 31 a 33).

    27

    Infatti, secondo una giurisprudenza costante, e come risulta dal considerando 78 della direttiva 2014/24, in materia di appalti pubblici, è interesse dell’Unione che l’apertura di un bando di gara alla concorrenza sia la più ampia possibile. Il ricorso al subappalto, che può favorire l’accesso delle piccole e medie imprese agli appalti pubblici, contribuisce al perseguimento di tale obiettivo (v., in tal senso, sentenza del 5 aprile 2017, Borta, C‑298/15, EU:C:2017:266, punto 48 e giurisprudenza ivi citata).

    28

    Inoltre, al punto 35 della sentenza del 14 luglio 2016, Wrocław - Miasto na prawach powiatu (C‑406/14, EU:C:2016:562), che riguardava l’interpretazione della direttiva 2004/18, la Corte ha stabilito che una clausola del capitolato d’oneri di un appalto pubblico di lavori che impone limitazioni al ricorso a subappaltatori per una parte dell’appalto fissata in maniera astratta in una determinata percentuale dello stesso, e ciò a prescindere dalla possibilità di verificare le capacità di eventuali subappaltatori e senza menzione alcuna del carattere essenziale degli incarichi di cui si tratterebbe, è incompatibile con tale direttiva, applicabile nell’ambito della controversia che aveva dato luogo a tale sentenza.

    29

    A tal riguardo, occorre rilevare che, sebbene l’articolo 71 della direttiva 2014/24 riprenda, in sostanza, il tenore dell’articolo 25 della direttiva 2004/18, esso elenca tuttavia talune norme supplementari in materia di subappalto. In particolare, tale articolo 71 prevede la possibilità, per l’amministrazione aggiudicatrice, di chiedere o di essere obbligata dallo Stato membro a chiedere all’offerente di informarla sulle intenzioni di quest’ultimo in materia di subappalto, nonché la possibilità per l’amministrazione aggiudicatrice, a determinate condizioni, di trasferire i pagamenti dovuti direttamente al subappaltatore per i servizi, le forniture o i lavori forniti al contraente principale. Inoltre, il suddetto articolo 71 dispone che le amministrazioni aggiudicatrici possono verificare o essere obbligate dagli Stati membri a verificare se sussistano motivi di esclusione dei subappaltatori a norma dell’articolo 57 di tale direttiva relativi in particolare alla partecipazione a un’organizzazione criminale, alla corruzione o alla frode.

    30

    Tuttavia, dalla volontà del legislatore dell’Unione di disciplinare in maniera più specifica, mediante l’adozione di siffatte norme, le situazioni in cui l’offerente fa ricorso al subappalto, non si può dedurre che gli Stati membri dispongano ormai della facoltà di limitare tale ricorso a una parte dell’appalto fissata in maniera astratta in una determinata percentuale dello stesso, al pari del limite imposto dalla normativa di cui trattasi nel procedimento principale.

    31

    A tale riguardo, il governo italiano sostiene che gli Stati membri possono prevedere misure diverse da quelle specificamente elencate nella direttiva 2014/24, al fine di garantire, in particolare, il rispetto del principio di trasparenza nell’ambito delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici, poiché a tale principio è dedicata una particolare attenzione nel contesto di tale direttiva.

    32

    Più specificamente, tale governo sottolinea il fatto che la limitazione del ricorso al subappalto di cui trattasi nel procedimento principale è giustificata alla luce delle particolari circostanze presenti in Italia, dove il subappalto ha da sempre costituito uno degli strumenti di attuazione di intenti criminosi. Limitando la parte dell’appalto che può essere subappaltata, la normativa nazionale renderebbe il coinvolgimento nelle commesse pubbliche meno appetibile per le associazioni criminali, il che consentirebbe di prevenire il fenomeno dell’infiltrazione mafiosa nelle commesse pubbliche e di tutelare così l’ordine pubblico.

    33

    Come osserva il governo italiano, è vero che i considerando 41 e 105 della direttiva 2014/24, nonché alcune disposizioni di quest’ultima, come l’articolo 71, paragrafo 7, indicano espressamente che gli Stati membri rimangono liberi di prevedere, nel proprio diritto interno, disposizioni più rigorose rispetto a quelle previste dalla predetta direttiva in materia di subappalto, a condizione che tali prime disposizioni siano compatibili con il diritto dell’Unione.

    34

    Come deriva, in particolare, dai criteri di selezione qualitativi previsti dalla direttiva 2014/24, in particolare dai motivi di esclusione dettati al suo articolo 57, paragrafo 1, è altresì vero che il legislatore dell’Unione ha inteso evitare, mediante l’adozione di tali disposizioni, che gli operatori economici che sono stati condannati con sentenza definitiva, alle condizioni previste in tale articolo, partecipino a una procedura di aggiudicazione di appalti.

    35

    Parimenti, il considerando 41 della direttiva 2014/24 prevede che nessuna disposizione di quest’ultima dovrebbe vietare di imporre o di applicare misure necessarie, in particolare, alla tutela dell’ordine, della moralità e della sicurezza pubblici, a condizione che dette misure siano conformi al TFUE, mentre il considerando 100 di tale direttiva precisa che è opportuno evitare l’aggiudicazione di appalti pubblici, in particolare, ad operatori economici che hanno partecipato a un’organizzazione criminale.

    36

    Oltre a ciò, secondo una giurisprudenza costante, va riconosciuto agli Stati membri un certo potere discrezionale nell’adozione di misure destinate a garantire il rispetto dell’obbligo di trasparenza, il quale si impone alle amministrazioni aggiudicatrici in tutte le procedure di aggiudicazione di un appalto pubblico. Infatti, il singolo Stato membro è nella posizione migliore per individuare, alla luce di considerazioni di ordine storico, giuridico, economico o sociale che gli sono proprie, le situazioni favorevoli alla comparsa di comportamenti in grado di provocare violazioni del rispetto dell’obbligo summenzionato (v., in tal senso, sentenza del 22 ottobre 2015, Impresa Edilux e SICEF, C‑425/14, EU:C:2015:721, punto 26 e giurisprudenza ivi citata).

    37

    Più specificamente, la Corte ha già dichiarato che il contrasto al fenomeno dell’infiltrazione della criminalità organizzata nel settore degli appalti pubblici costituisce un obiettivo legittimo che può giustificare una restrizione alle regole fondamentali e ai principi generali del TFUE che si applicano nell’ambito delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici (v., in tal senso, sentenza del 22 ottobre 2015, Impresa Edilux e SICEF, C‑425/14, EU:C:2015:721, punti 2728).

    38

    Tuttavia, anche supponendo che una restrizione quantitativa al ricorso al subappalto possa essere considerata idonea a contrastare siffatto fenomeno, una restrizione come quella di cui trattasi nel procedimento principale eccede quanto necessario al raggiungimento di tale obiettivo.

    39

    A tal riguardo, occorre ricordare che, durante tutta la procedura, le amministrazioni aggiudicatrici devono rispettare i principi di aggiudicazione degli appalti di cui all’articolo 18 della direttiva 2014/24, tra i quali figurano, in particolare, i principi di parità di trattamento, di trasparenza e di proporzionalità (sentenza del 20 settembre 2018, Montte, C‑546/16, EU:C:2018:752, punto 38).

    40

    Orbene, in particolare, come ricordato al punto 30 della presente sentenza, la normativa nazionale di cui al procedimento principale vieta in modo generale e astratto il ricorso al subappalto che superi una percentuale fissa dell’appalto pubblico in parola, cosicché tale divieto si applica indipendentemente dal settore economico interessato dall’appalto di cui trattasi, dalla natura dei lavori o dall’identità dei subappaltatori. Inoltre, un siffatto divieto generale non lascia alcuno spazio a una valutazione caso per caso da parte dell’ente aggiudicatore (v., per analogia, sentenza del 5 aprile 2017, Borta, C‑298/15, EU:C:2017:266, punti 5455).

    41

    Ne consegue che, nell’ambito di una normativa nazionale come quella di cui trattasi nel procedimento principale, per tutti gli appalti, una parte rilevante dei lavori, delle forniture o dei servizi interessati dev’essere realizzata dall’offerente stesso, sotto pena di vedersi automaticamente escluso dalla procedura di aggiudicazione dell’appalto, anche nel caso in cui l’ente aggiudicatore sia in grado di verificare le identità dei subappaltatori interessati e ove ritenga, in seguito a verifica, che siffatto divieto non sia necessario al fine di contrastare la criminalità organizzata nell’ambito dell’appalto in questione.

    42

    Come sottolinea la Commissione, misure meno restrittive sarebbero idonee a raggiungere l’obiettivo perseguito dal legislatore italiano, al pari di quelle previste dall’articolo 71 della direttiva 2014/24 e richiamate al punto 29 della presente sentenza. D’altronde, come indica il giudice del rinvio, il diritto italiano già prevede numerose attività interdittive espressamente finalizzate ad impedire l’accesso alle gare pubbliche alle imprese sospettate di condizionamento mafioso o comunque collegate a interessi riconducibili alle principali organizzazioni criminali operanti nel paese.

    43

    Pertanto, una restrizione al ricorso del subappalto come quella di cui trattasi nel procedimento principale non può essere ritenuta compatibile con la direttiva 2014/24.

    44

    Tale conclusione non può essere rimessa in discussione dall’argomento dedotto dal governo italiano, secondo cui i controlli di verifica che l’amministrazione aggiudicatrice deve effettuare in forza del diritto nazionale sarebbero inefficaci. Invero, siffatta circostanza, che, come pare evincersi dalle osservazioni stesse di tale governo, risulta dalle modalità specifiche di tali controlli, nulla toglie al carattere restrittivo della misura nazionale di cui al procedimento principale. Peraltro, il governo italiano non ha affatto dimostrato, nell’ambito della presente causa, che le diverse disposizioni previste all’articolo 71 della direttiva 2014/24, con le quali gli Stati membri possono limitare il ricorso al subappalto, nonché i possibili motivi di esclusione dei subappaltanti ai sensi dell’articolo 57 di tale direttiva, e ai quali fa riferimento l’articolo 71, paragrafo 6, lettera b), di quest’ultima, non possano essere attuate in modo tale da raggiungere l’obiettivo perseguito dalla normativa nazionale di cui al procedimento principale.

    45

    Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre rispondere alla questione pregiudiziale dichiarando che la direttiva 2014/24 dev’essere interpretata nel senso che osta a una normativa nazionale, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, che limita al 30% la parte dell’appalto che l’offerente è autorizzato a subappaltare a terzi.

    Sulle spese

    46

    Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

     

    Per questi motivi, la Corte (Quinta Sezione) dichiara:

     

    La direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE, come modificata dal regolamento delegato (UE) 2015/2170 della Commissione, del 24 novembre 2015, deve essere interpretata nel senso che osta a una normativa nazionale, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, che limita al 30% la parte dell’appalto che l’offerente è autorizzato a subappaltare a terzi.

     

    Regan

    Lycourgos

    Juhász

    Ilešič

    Jarukaitis

    Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 26 settembre 2019.

    Il cancelliere

    A. Calot Escobar

    Il presidente della Quinta Sezione

    E. Regan


    ( *1 ) Lingua processuale: l’italiano.

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