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Document 62017CC0150

    Conclusioni dell’avvocato generale N. Wahl, presentate il 25 luglio 2018.
    Unione europea contro Kendrion NV.
    Impugnazione – Ricorso per risarcimento danni – Articolo 340, secondo comma, TFUE – Durata eccessiva del procedimento nell’ambito di una causa dinanzi al Tribunale dell’Unione europea – Risarcimento del danno asseritamente subito dalla ricorrente – Danno patrimoniale – Spese di garanzia bancaria – Nesso causale – Interessi di mora – Danno non patrimoniale.
    Causa C-150/17 P.

    ECLI identifier: ECLI:EU:C:2018:612

    CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

    NILS WAHL

    presentate il 25 luglio 2018 ( 1 )

    Causa C‑150/17 P

    Unione europea, rappresentata dalla Corte di giustizia dell’Unione europea

    contro

    Kendrion NV

    «Impugnazione – Ricevibilità – Responsabilità extracontrattuale – Ragionevole durata del procedimento – Corte di giustizia dell’Unione europea – Obbligo di statuire entro un termine ragionevole – Danno patrimoniale – Spese di garanzia bancaria – Interessi – Nesso di causalità – Danno non patrimoniale – Persone giuridiche»

    1. 

    Quali sono i tipi di danno che l’Unione europea è tenuta a risarcire, a norma dell’articolo 340 TFUE, a soggetti il cui diritto a che la propria causa sia decisa entro un termine ragionevole sia stato violato dalla Corte di giustizia dell’Unione europea? Più in particolare, in quali circostanze deve essere riconosciuto il risarcimento del danno asseritamente causato da un ritardo eccessivo?

    2. 

    Queste sono, in sostanza, le questioni fondamentali sollevate dalle impugnazioni proposte dall’Unione europea, rappresentata dalla Corte di giustizia dell’Unione europea ( 2 ), e dalla Kendrion NV avverso la sentenza del Tribunale del 1o febbraio 2017, Kendrion/Unione europea, T‑479/14 (in prosieguo: la «sentenza impugnata») ( 3 ), con la quale quest’ultimo ha attribuito alla Kendrion determinati importi a titolo di risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale subito da tale società in conseguenza della violazione dell’obbligo di decidere entro un termine ragionevole la causa che ha dato luogo alla sentenza del 16 novembre 2011, Kendrion/Commissione, T‑54/06 ( 4 ).

    3. 

    Questioni molto simili sono state sollevate anche nell’ambito di altri quattro ricorsi, due presentati dall’Unione europea e due da altre società, avverso due sentenze del Tribunale con cui il giudice in parola ha concesso un risarcimento per il danno patrimoniale e non patrimoniale subito da tali società per effetto della violazione dell’obbligo di statuire entro un termine ragionevole. Presenterò oggi le mie conclusioni anche in relazione a detti procedimenti ( 5 ). Le presenti conclusioni dovrebbero quindi essere lette congiuntamente alle altre.

    I. Fatti all’origine del procedimento

    4.

    Con atto introduttivo depositato il 22 febbraio 2006, la Kendrion ha proposto un ricorso a norma dell’(attuale) articolo 263 TFUE avverso la decisione della Commissione del 30 novembre 2005, C(2005) 4634, relativa a un procedimento ai sensi dell’articolo [101 TFUE] (caso COMP/F/38.354 – Sacchi industriali) (in prosieguo: la «decisione C(2005) 4634») ( 6 ).

    5.

    Con sentenza del 16 novembre 2011, il Tribunale ha respinto il ricorso ( 7 ). La Kendrion ha impugnato la sentenza del Tribunale. La Corte di giustizia, con sentenza del 26 novembre 2013 ( 8 ), ha respinto il ricorso. Tuttavia, nella sua sentenza, la Corte di giustizia ha osservato che «la durata del procedimento dinanzi al Tribunale, di quasi 5 anni e 9 mesi, non [poteva] trovare giustificazione in alcuna delle circostanze» della causa ( 9 ).

    II. Procedimento dinanzi al Tribunale e sentenza impugnata

    6.

    Con atto introduttivo depositato il 26 giugno 2014, la Kendrion ha proposto un ricorso ai sensi dell’articolo 268 TFUE contro l’Unione europea per il risarcimento del danno asseritamente subito a causa della durata del procedimento dinanzi al Tribunale nella causa decisa con la sentenza del 16 novembre 2011, T‑54/06. In sostanza, la Kendrion ha chiesto al Tribunale di condannare l’Unione a versarle l’importo di EUR 2308 463.98 a titolo di danno patrimoniale e di EUR 11050000 (o, in subordine, di 1700000 EUR) a titolo di danno non patrimoniale. Essa ha altresì richiesto la maggiorazione di ciascun importo, a decorrere dal 26 novembre 2013, degli interessi di mora al tasso ritenuto adeguato dal Tribunale.

    7.

    Con la sentenza impugnata, il Tribunale: i) ha condannato l’Unione europea a versare un importo di EUR 588769,18 alla Kendrion NV a titolo di risarcimento per il danno patrimoniale subito da tale società in conseguenza della violazione dell’obbligo di statuire entro un termine ragionevole nella causa che ha dato luogo alla sentenza del 16 novembre 2011, Kendrion/Commissione, T‑54/06; ii) ha condannato l’Unione europea a versare un importo di EUR 6000 alla Kendrion a titolo di risarcimento per il danno non patrimoniale che tale società ha subito in conseguenza della violazione del termine ragionevole di giudizio nella causa T‑54/06; e iii) ha stabilito che detti importi fossero maggiorati degli interessi di mora, a decorrere dalla pronuncia della sentenza in parola e fino a pagamento integrale, al tasso fissato dalla Banca centrale europea per le sue principali operazioni di rifinanziamento, aumentato di tre punti e mezzo percentuali. Il Tribunale ha respinto il ricorso quanto al resto.

    8.

    Per quanto concerne le spese, il Tribunale: i) ha condannato l’Unione europea a sopportare le proprie spese, nonché quelle sostenute dalla Kendrion in relazione all’eccezione di irricevibilità che ha dato luogo all’ordinanza del 6 gennaio 2015, Kendrion/Unione europea (T‑479/14); ii) ha condannato la Kendrion, da un lato, e l’Unione europea, dall’altro, a sopportare le proprie spese afferenti al ricorso che ha dato luogo alla sentenza in questione; e iii) ha condannato la Commissione europea a sopportare le proprie spese.

    III. Procedimento dinanzi alla Corte e conclusioni delle parti

    9.

    Con ricorso depositato il 24 marzo 2017, l’Unione europea chiede che la Corte voglia:

    annullare il punto 1 del dispositivo della sentenza impugnata;

    respingere la domanda in primo grado della Kendrion di risarcimento dell’asserito danno patrimoniale subito o, in ulteriore subordine, ridurre l’importo del risarcimento in parola a EUR 175709,87;

    condannare la Kendrion alle spese.

    10.

    Per quanto riguarda l’impugnazione principale, la Kendrion chiede, da parte sua, che la Corte voglia:

    dichiarare il ricorso irricevibile;

    in subordine, respingere il ricorso in quanto infondato;

    condannare l’Unione europea alle spese.

    11.

    Il 31 maggio 2017, la Kendrion ha proposto un’impugnazione incidentale ai sensi dell’articolo 176 del regolamento di procedura della Corte di giustizia, chiedendo alla Corte di:

    annullare i punti da 1 a 6 del dispositivo della sentenza impugnata;

    condannare l’Unione europea al pagamento di un risarcimento di EUR 2308 463.98 o, in subordine, pari all’importo che la Corte reputi adeguato, a titolo di danno patrimoniale, nonché un risarcimento di EUR 1700000 o, in subordine, pari all’importo che la Corte reputi adeguato, a titolo di danno non patrimoniale;

    disporre la maggiorazione di tali importi del tasso di interesse che la Corte giudichi adeguato;

    in subordine, rinviare la causa dinanzi al Tribunale;

    condannare l’Unione europea alle spese.

    12.

    La Commissione è stata ammessa a intervenire nel procedimento a sostegno delle conclusioni dell’Unione europea.

    IV. Valutazione dei motivi d’impugnazione

    13.

    Nel suo ricorso, l’Unione europea fa valere tre motivi di impugnazione. Con il primo e il secondo motivo di impugnazione, l’Unione europea sostiene che il Tribunale è incorso in un errore di diritto interpretando erroneamente le nozioni di «nesso di causalità» e «danno». Con il suo terzo motivo l’Unione europea sostiene che il Tribunale ha commesso un errore di diritto e fornito argomenti insufficienti quanto alla determinazione del periodo in cui il danno patrimoniale è stato sofferto.

    14.

    La Kendrion sostiene che il ricorso dovrebbe essere respinto in quanto irricevibile o, in ogni caso, infondato.

    15.

    Nella sua impugnazione incidentale, la Kendrion fa valere quattro motivi di impugnazione. Con il suo primo motivo, la Kendrion lamenta che il Tribunale è incorso in un errore di diritto e non ha fornito sufficiente motivazione laddove ha affermato che un periodo di 26 mesi tra la fine della fase scritta e l’apertura della fase orale del procedimento costituiva un lasso di tempo adeguato per trattare la causa. Con il secondo motivo di ricorso, la Kendrion contesta al Tribunale di aver respinto la sua richiesta di essere indennizzata per gli interessi versati alla Commissione nel periodo in cui è stato oltrepassato il termine ragionevole di giudizio (in prosieguo: il «periodo di superamento del limite»). Con il suo terzo motivo, la Kendrion sostiene che il Tribunale è incorso in un errore di diritto e, in ogni caso, non ha fornito sufficiente motivazione quanto alla valutazione dallo stesso svolta del periodo in relazione al quale alla Kendrion è stato concesso un risarcimento per le spese di garanzia bancaria. Con il suo quarto motivo, la Kendrion sostiene che Tribunale è incorso in un errore di diritto e non ha fornito adeguata motivazione quando ha riconosciuto alla Kendrion, a titolo di danno non patrimoniale, un risarcimento meramente simbolico pari a EUR 6000.

    16.

    L’Unione europea, con il sostegno della Commissione, chiede alla Corte di respingere l’impugnazione incidentale.

    17.

    Nelle presenti conclusioni, esaminerò, anzitutto, la censura della Kendrion secondo cui l’impugnazione è irricevibile. In seguito, mi occuperò dei motivi di impugnazione che riguardano, in primo luogo, il danno patrimoniale e, in secondo luogo, il danno non patrimoniale. Infine, esaminerò gli argomenti della Kendrion che riguardano la ragionevole durata del procedimento.

    A. Sulla ricevibilità

    18.

    Prima di affrontare il merito della causa, occorre trattare alcune questioni di ricevibilità sollevate dalla Kendrion.

    19.

    In sostanza, la Kendrion sostiene che l’impugnazione principale dovrebbe essere respinta in toto a causa della sussistenza di un conflitto di interessi nell’ambito del presente procedimento: l’Unione europea è rappresentata dalla Corte di giustizia dell’Unione europea (l’istituzione), che agisce dinanzi alla Corte di giustizia (l’organo giurisdizionale di grado più elevato all’interno di tale istituzione) ( 10 ). Di conseguenza, a suo avviso, il ricorso contravviene all’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»), il quale garantisce un riesame da parte di un giudice indipendente e imparziale. La Kendrion sostiene, inoltre, che, qualora l’impugnazione fosse dichiarata ricevibile, il controllo della Corte di giustizia dovrebbe limitarsi agli errori manifesti commessi dal Tribunale.

    20.

    A mio parere, gli argomenti della Kendrion relativi all’irricevibilità dell’impugnazione principale devono essere respinti.

    21.

    L’articolo 268 TFUE e l’articolo 340, secondo e terzo paragrafo TFUE sono molto chiari nel conferire alla Corte di giustizia dell’Unione europea competenza esclusiva per quanto riguarda le azioni di responsabilità extracontrattuale nei confronti dell’Unione europea ( 11 ). Tali disposizioni non prevedono alcuna eccezione: pertanto, la Corte di giustizia dell’Unione europea si pronuncia anche in materia di responsabilità derivante dalle proprie azioni o omissioni, commesse tanto nell’ambito della sua capacità amministrativa, quanto delle sue funzioni giurisdizionali. Mentre non sembrano sussistere reali motivi di preoccupazione per quanto concerne la prima di tale ipotesi ( 12 ), la competenza nell’ambito della seconda ipotesi potrebbe, in effetti, essere considerata una soluzione non ottimale. Ciò nondimeno, la scelta dei redattori dei trattati è stata innegabilmente quella di conferire alla Corte di giustizia dell’Unione europea una tale ampia e piena competenza in materia di azioni per il risarcimento del danno.

    22.

    Ai sensi dell’articolo 13, paragrafo 2 TUE, la Corte di giustizia dell’Unione europea «agisce nei limiti delle attribuzioni che le sono conferite dai trattati, secondo le procedure, condizioni e finalità da essi previste». Pertanto, la Corte di giustizia dell’Unione europea non può dichiararsi incompetente quando le condizioni previste dai trattati per la sussistenza della sua competenza sono soddisfatte. Inoltre, la Corte di giustizia dell’Unione europea non può nemmeno creare una nuova base per la competenza dei giudici degli Stati membri che esuli da quanto previsto dall’articolo 274 TFUE ( 13 ). Spetta quindi agli Stati membri, se necessario, modificare il sistema di tutela giurisdizionale dell’Unione attualmente in vigore, in conformità all’articolo 48 TUE ( 14 ).

    23.

    I procedimenti avviati a norma degli articoli 268 e 340 TFUE devono rispettare la ripartizione delle competenze prevista nelle disposizioni dello statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea. In linea con ciò, la Corte di giustizia ha già dichiarato che una domanda di risarcimento presentata contro l’Unione europea sulla base di un’asserita violazione, da parte del Tribunale, dell’obbligo di decidere entro un termine ragionevole deve essere esaminata dal Tribunale ( 15 ).

    24.

    In tal caso, l’Unione europea è rappresentata, in linea di principio, dall’istituzione responsabile dei fatti asseritamente all’origine del danno lamentato ( 16 ). Nella presente causa, trattasi della Corte di giustizia dell’Unione europea, dal momento che il Tribunale fa parte di tale istituzione ( 17 ). Questa è anche la tesi sostenuta dalla Kendrion nell’ambito del procedimento dinanzi al Tribunale ( 18 ).

    25.

    In siffatto contesto, nell’ambito di un procedimento come quello di specie, tale istituzione agisce in qualità di parte, con tutto ciò che ne discende in termini di diritti e obblighi. In particolare, l’articolo 56 dello statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea riconosce a «qualsiasi parte che sia rimasta parzialmente o totalmente soccombente nelle sue conclusioni» il diritto di proporre un ricorso dinanzi alla Corte di giustizia avverso le decisioni del Tribunale ( 19 ). Risulta difficile concepire il motivo per cui tale disposizione dovrebbe essere interpretata nel senso di includere qualsiasi parte salvo l’Unione europea, quando rappresentata dalla Corte di giustizia dell’Unione europea.

    26.

    Del resto, alla luce del principio della parità delle armi ( 20 ), quando una delle parti ha il diritto di presentare ricorso, il medesimo diritto deve essere riconosciuto anche alle altre parti, purché siano soddisfatte le relative condizioni. Pertanto, non vedo alcun fondamento per sostenere che la Corte di giustizia dell’Unione europea non sia autorizzata a impugnare una sentenza del Tribunale in una causa in cui ha agito come convenuta, per conto dell’Unione europea, e che ritiene errata.

    27.

    Ciò detto, desidero sottolineare che la Corte di giustizia ha costantemente dichiarato che la possibilità di avere accesso a un giudice indipendente e imparziale costituisce il cardine del diritto a un processo equo. Per tale ragione, ogni giudice è tenuto a verificare d’ufficio siffatte questioni ( 21 ). Alla luce delle argomentazioni sostenute dalla Kendrion, ritengo che sia necessario valutare se, nel presente procedimento, la Corte di giustizia potrebbe non essere imparziale, ai fini di tale giurisprudenza.

    28.

    A tal proposito, si deve ricordare che, per essere riconosciuto come imparziale, un tribunale deve soddisfare due requisiti: in primo luogo, tutti i membri del tribunale devono essere imparziali sotto il profilo soggettivo, vale a dire che nessuno dei suoi membri può manifestare opinioni preconcette o pregiudizi personali; in secondo luogo, il tribunale deve essere imparziale sotto il profilo oggettivo, cioè deve offrire garanzie sufficienti per escludere qualsiasi legittimo dubbio al riguardo ( 22 ).

    29.

    Per quanto riguarda la prima condizione, un membro del tribunale si presume imparziale fino a prova contraria ( 23 ). Sebbene il regolamento di procedura della Corte di giustizia ( 24 ) non contenga alcuna norma specifica in relazione all’astensione e alla ricusazione dei suoi membri ( 25 ), le parti possono invocare i principi di cui all’articolo 18 dello statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea qualora ritengano che uno o più membri della Corte di giustizia incaricati della loro causa (giudici o avvocati generali) ( 26 ) non dovrebbero occuparsene ( 27 ). Tuttavia, nella presente causa, non si possono ravvisare circostanze del genere, né la Kendrion ha dedotto alcun argomento o elemento di prova specifico in grado di far sorgere un dubbio a tal riguardo.

    30.

    In ogni caso, appare dalla giurisprudenza che, al fine di evitare la possibilità che i giudici incaricati della decisione di una controversia siano, o semplicemente possano essere percepiti come non imparziali, il giudice dell’Unione adito con un’azione per il risarcimento dei danni quale quella proposta dalla Kendrion deve riunirsi in una composizione diversa da quella in cui è stata decisa la controversia sfociata nel procedimento la cui durata è contestata ( 28 ). In altri termini, nessun membro del giudice dell’Unione che ha trattato la prima azione può occuparsi dell’azione successiva.

    31.

    Nella presente causa, dunque, la questione fondamentale sembra, piuttosto, se la Corte di giustizia, come organo, offra garanzie sufficienti per escludere qualsiasi dubbio legittimo concernente la sua imparzialità oggettiva. Risulta dalla giurisprudenza della Corte EDU che il cumulo di funzioni giurisdizionali e non giurisdizionali può influenzare o meno, a seconda delle circostanze, l’imparzialità di un tribunale ( 29 ).

    32.

    Per i motivi esposti nel prosieguo, e alla luce dei vincoli istituzionali del sistema giudiziario dell’Unione, sono del parere che la Corte di giustizia, in un procedimento come quello in esame, soddisfi i requisiti di un tribunale imparziale. In particolare, le argomentazioni sostenute dalla Kendrion trascurano la distinzione che deve essere operata tra la Corte di giustizia dell’Unione europea in quanto istituzione e gli organi giudiziari che fanno parte di tale istituzione (attualmente, la Corte di giustizia e il Tribunale) ( 30 ).

    33.

    A detto riguardo, si deve sottolineare che, all’interno dell’istituzione, vi è una chiara distinzione tra gli uffici amministrativi e giudiziari. Ciò significa che il consulente giuridico su questioni amministrative della Corte di giustizia dell’Unione europea e la sua equipe, da un lato, e i membri della Corte di giustizia e il loro personale, dall’altro lato, lavorano in modo separato e indipendente. Al fine di evitare qualsiasi potenziale conflitto di interessi o altri problemi concernenti un processo equo, non hanno luogo, tra di loro, comunicazioni ex parte relative all’oggetto del procedimento.

    34.

    Il principale punto di contatto tra i due rami dell’istituzione è il presidente della Corte di giustizia dell’Unione europea (in prosieguo: il «presidente»), dal momento che egli presiede, al contempo, sia istituzione, sia il suo massimo organo giudiziario. Nella presente causa, la decisione di presentare ricorso avverso la sentenza del Tribunale, infatti, è stata adottata dal Presidente che, ai fini dell’esecuzione di detta decisione, ha nominato come agente il consulente giuridico su questioni amministrative della Corte di giustizia dell’Unione europea ( 31 ).

    35.

    Esattamente per questa ragione, il presidente non interferisce nella trattazione della presente causa: egli non fa parte della composizione della Corte di giustizia che esamina il ricorso e la responsabilità per gli atti procedurali che, in qualità di presidente della Corte di giustizia, egli avrebbe dovuto adottare è stata delegata al vicepresidente della Corte di giustizia.

    36.

    Alla luce di quanto precede, ritengo che, nell’ambito del presente procedimento, la Corte di giustizia soddisfi, come organo, anche il requisito di imparzialità oggettiva. Non sussiste, pertanto, alcuna violazione dell’articolo 47 della Carta.

    37.

    Conclusivamente, non vedo alcuna ragione per ritenere che, in un procedimento come quello in esame, la Corte di giustizia dovrebbe svolgere il proprio mandato di giudice di impugnazione (e di ultima istanza), in modo differente da ciò che è tenuta a fare in tutte le altre cause. Di nuovo, le norme del Trattato FUE (in particolare l’articolo 256, paragrafo 1, secondo comma) e dello statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea (in particolare l’articolo 58) in materia di impugnazioni sono pienamente applicabili anche al presente procedimento.

    38.

    In mancanza di indicazioni concrete sulla questione in parola da parte della Kendrion, mi risulta difficile comprendere i motivi per i quali la Corte dovrebbe applicare un parametro di riesame della sentenza impugnata più lieve o più rigoroso a seconda dell’identità del soggetto che abbia dedotto il motivo di impugnazione di cui si tratti. Allo stesso modo, non si può ammettere che l’Unione europea (l’effettiva convenuta in un’azione per risarcimento dei danni ai sensi degli articoli 268 e 340 del TFUE) possa vantare diritti procedurali più forti o più deboli a seconda dell’istituzione che la rappresenta.

    39.

    In tali circostanze, ritengo che il ricorso sia ricevibile.

    B. Nel merito

    1.   Danno patrimoniale

    40.

    I tre motivi di impugnazione dedotti dall’Unione europea, nonché il secondo e il terzo motivo di impugnazione dedotti dalla Kendrion, riguardano tutti le conclusioni del Tribunale per quanto concerne il danno patrimoniale asseritamente subito dalla Kendrion. In particolare, entrambe le parti sostengono che il Tribunale ha commesso un errore di diritto nell’esaminare la domanda della Kendrion relativa al danno derivante dalle spese connesse alla garanzia bancaria che tale società ha fornito alla Commissione al fine di evitare il pagamento immediato dell’ammenda inflitta con la decisione C(2005) 4634. Inoltre, la Kendrion fa valere che il Tribunale ha commesso un errore di diritto respingendo la sua domanda di risarcimento degli interessi versati alla Commissione nel corso del periodo di superamento del limite.

    41.

    Ritengo opportuno iniziare la mia analisi giuridica di tali questioni con l’esame delle censure relative alle spese di garanzia bancaria sostenute dalla Kendrion. A tal fine, inizierò con il primo motivo di impugnazione dedotto dall’Unione europea. Successivamente mi occuperò, unicamente per ragioni di completezza, del secondo motivo di impugnazione dell’Unione europea. A seguito di ciò, non sarà necessario esaminare i restanti motivi di ricorso riguardanti le spese di garanzia bancaria.

    42.

    Procederò, infine, a esaminare il secondo motivo di impugnazione della Kendrion, concernente il pagamento degli interessi sull’ammenda nel corso del periodo di superamento del limite.

    a)   Spese di garanzia bancaria: sull’esistenza di un nesso di causalità

    43.

    Con il suo primo motivo di impugnazione, l’Unione europea, sostenuta dalla Commissione europea, contesta l’interpretazione e l’applicazione, da parte del Tribunale, della nozione di «nesso di causalità». In sostanza, l’Unione europea sostiene che non sussiste alcun nesso di causalità diretto tra la violazione, da parte del Tribunale, dell’obbligo di statuire entro un termine ragionevole nella causa T‑54/06, e il danno subito dalla Kendrion derivante dal pagamento delle spese di garanzia bancaria. In particolare, l’Unione europea sottolinea che il danno si configura come la conseguenza della scelta, effettuata dalla Kendrion, di mantenere operativa la garanzia bancaria nel corso del procedimento, anziché pagare l’ammenda inflitta dalla Commissione. Dal canto suo, la Kendrion si avvale, relativamente punto di cui trattasi, della sentenza impugnata: a suo avviso, le spese di garanzia bancaria sostenute nel periodo di superamento del limite sono state causate dall’omessa decisione della causa, da parte del Tribunale, entro un termine ragionevole.

    44.

    Nel prosieguo inizierò illustrando brevemente il ragionamento seguito dal Tribunale e, successivamente, spiegherò il motivo per cui ritengo che il primo motivo di impugnazione dell’Unione europea sia fondato.

    45.

    Ai punti 64 e 65 della sentenza impugnata, il Tribunale ha ricordato la costante giurisprudenza secondo la quale il danno di cui si chiede il risarcimento nell’ambito di un ricorso per responsabilità extracontrattuale dell’Unione europea dev’essere effettivo e certo, elementi che incombe al ricorrente dimostrare. Spetta altresì al ricorrente fornire la prova dell’esistenza di un nesso di causalità, ossia di un nesso sufficientemente diretto tra il comportamento contestato e il danno lamentato.

    46.

    Ai punti da 81 a 84 della sentenza impugnata, il Tribunale ha osservato che, se la durata del procedimento nella causa T‑54/06 non avesse ecceduto il termine ragionevole di giudizio, la Kendrion non avrebbe dovuto pagare le spese di garanzia bancaria durante il periodo di superamento del limite. Ciò significava, a suo parere, che sussisteva un nesso di causalità tra la violazione dell’obbligo di decidere entro un termine ragionevole e il verificarsi del danno subito dalla Kendrion come conseguenza del pagamento delle spese di garanzia bancaria durante il periodo di superamento del limite.

    47.

    Richiamando la giurisprudenza precedente (in prosieguo: la «giurisprudenza Holcim») ( 32 ), il Tribunale ha riconosciuto, al punto 86 della sentenza impugnata, che, in linea di principio, le spese di garanzia bancaria sostenute da un’impresa sanzionata da una decisione della Commissione sono la conseguenza della decisione dell’impresa stessa di fornire una garanzia bancaria al fine di evitare di adempiere all’obbligo di pagamento dell’ammenda entro il termine fissato nella decisione impugnata. Pertanto, tali spese non possono, di norma, essere considerate come una conseguenza diretta del comportamento dell’istituzione.

    48.

    Tuttavia, il Tribunale ha poi proseguito il ragionamento, ai punti da 87 a 89 della sentenza impugnata, operando una distinzione tra la causa in esame e quelle che hanno dato luogo alla giurisprudenza Holcim. Il Tribunale ha ritenuto che, nel momento in cui la Kendrion ha proposto il suo ricorso nella causa T‑54/06 e nel momento in cui ha fornito una garanzia bancaria, non fosse prevedibile una violazione dell’obbligo di statuire entro un termine ragionevole, e che la Kendrion potesse legittimamente attendersi che il suo ricorso fosse esaminato entro un termine ragionevole. Il Tribunale ha altresì osservato che il termine ragionevole di giudizio nella causa T‑54/06 era stato superato dopo la decisione iniziale del ricorrente di fornire una garanzia bancaria. Per detti motivi, esso ha dichiarato che il nesso tra il superamento del termine ragionevole di giudizio nella causa T‑54/06 e il pagamento delle spese di garanzia bancaria durante il periodo di superamento del limite non poteva considerarsi interrotto dalla decisione iniziale della Kendrion di non procedere al pagamento immediato dell’ammenda e di fornire una garanzia bancaria. Pertanto, al punto 90 della sentenza, esso ha concluso che il nesso di causalità era sufficientemente diretto ai fini dell’articolo 340 TFUE.

    49.

    Il ragionamento seguito dal Tribunale è, a mio avviso, errato. In sostanza, il Tribunale riconosce l’autorità derivante dalla giurisprudenza Holcim ma, in seguito, distingue la presente causa da quelle che sono state oggetto di tale giurisprudenza. Analogamente al Tribunale, ritengo che la giurisprudenza Holcim sia solida, ma, diversamente dal Tribunale, non ritengo che la presente causa si distingua in modo sostanziale dalle cause alla base della sentenza Holcim: a mio parere, nessuno dei due motivi forniti dal Tribunale a sostegno di siffatta differenziazione, vuoi considerato singolarmente, vuoi congiuntamente all’altro, è convincente.

    50.

    Prima di esporre in dettaglio le ragioni del mio punto di vista, vorrei sottolineare che, in base a una giurisprudenza consolidata, l’articolo 340 TFUE non può essere interpretato nel senso di imporre all’Unione europea l’obbligo di risarcire qualsiasi conseguenza dannosa, anche remota, di comportamenti delle sue istituzioni ( 33 ). Di conseguenza, nell’ambito di un ricorso per responsabilità extracontrattuale dell’Unione, non è sufficiente che la condotta contestata costituisca una delle cause del danno lamentato, giacché tale condotta deve costituire la causa determinante del danno ( 34 ). In altre parole, sussiste un nesso sufficiente solo se il danno è conseguenza diretta dell’atto illegittimo dell’istituzione responsabile e non dipende dall’intervento di altre cause, positive o negative ( 35 ).

    1) Sulla prevedibilità della condotta illegittima

    51.

    La prima motivazione offerta dal Tribunale per distinguere la presente causa da quelle che hanno dato luogo alla giurisprudenza Holcim è che, nel momento in cui la Kendrion ha proposto il suo ricorso nella causa T‑54/06 e nel momento in cui ha costituito la garanzia bancaria, non era prevedibile la violazione, da parte del Tribunale, dell’obbligo di statuire entro un termine ragionevole.

    52.

    Tuttavia, tale affermazione è, in primo luogo, inesatta. Purtroppo, un certo numero di cause che erano state decise dal Tribunale poco prima della proposizione del ricorso nella causa T‑54/06 sono state caratterizzate da una lunga durata ( 36 ). Ciò vale, in particolare, per le cause riguardanti l’applicazione delle norme dell’Unione in materia di concorrenza, e in particolare sui cartelli ( 37 ), che sono notoriamente complesse e dispendiose in termini di tempo e possono richiedere una gestione parallela o coordinata di vari procedimenti contemporaneamente.

    53.

    Certamente, la Kendrion, come qualsiasi altro ricorrente, poteva attendersi che la sua causa fosse decisa entro un termine ragionevole. Tuttavia, alla luce dell’attività e del ruolo generale del Tribunale all’epoca dei fatti, il calcolo della probabile durata del procedimento al fine di stimare il potenziale costo totale della garanzia bancaria era un’operazione piuttosto incerta e complessa.

    54.

    In secondo luogo, e aspetto ancora più importante, a prescindere dal fatto che l’eccessivo ritardo nella causa T‑54/06 fosse prevedibile, il Tribunale ha commesso un errore utilizzando la nozione di «prevedibilità» al fine di accertare la sussistenza di un nesso di causalità sufficiente per far sorgere la responsabilità dell’Unione.

    55.

    Nella presente causa, la questione fondamentale non è stabilire se la vittima del danno lamentato fosse in grado di prevedere l’evento illecito produttivo dell’asserito danno. Ciò che è fondamentale, nel caso di specie, al fine di accertare la responsabilità extracontrattuale dell’Unione europea è, anzitutto e soprattutto, determinare se il presunto danno sia una conseguenza diretta del comportamento illegittimo dell’istituzione.

    56.

    Quella summenzionata è una questione che il Tribunale ha omesso di esaminare nel dettaglio. Mi sembra che, nell’ambito di tale esame, la potenziale imprevedibilità dell’eccessivo ritardo avrebbe potuto essere rilevante unicamente in due circostanze. Tuttavia, nessuna di siffatte circostanze trova applicazione nella presente causa.

    57.

    Da un lato, tale elemento avrebbe potuto essere rilevante se la Kendrion non fosse stata in grado, successivamente, di revocare la sua decisione iniziale di differire il pagamento e fornire una garanzia bancaria. Tuttavia, come sarà illustrato nel prosieguo, ai paragrafi da 68 a 74, non è l’ipotesi che ricorre: nel corso del procedimento la Kendrion era libera, in qualsiasi momento, di decidere di pagare l’ammenda e di ritirare la garanzia bancaria. Pertanto, anche se l’evento fosse stato, in un primo momento, imprevedibile, la Kendrion avrebbe potuto adeguare il suo comportamento alla luce degli sviluppi successivi.

    58.

    D’altro lato, la potenziale imprevedibilità dell’eccessivo ritardo avrebbe potuto rilevare, altresì, se l’Unione europea avesse sostenuto, dinanzi al Tribunale, che la Kendrion non era riuscita a dimostrare una diligenza ragionevole nell’evitare o limitare la portata del danno che abbia potuto derivare dalla sua scelta di differire il pagamento dell’ammenda fino al termine del procedimento giurisdizionale.

    59.

    A tal riguardo, si deve ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, nell’ambito di un ricorso per responsabilità extracontrattuale si deve verificare se, di fronte al rischio di doversi accollare in prima persona il pregiudizio, il soggetto leso abbia dato prova, al pari di un soggetto accorto, di una ragionevole diligenza per evitare il danno o limitarne l’entità. Il nesso di causalità può essere interrotto da un comportamento negligente del soggetto leso, qualora siffatto comportamento risulti essere la causa determinante del danno ( 38 ).

    60.

    Nondimeno, ciò non costituisce la ragione per cui il Tribunale ha fatto riferimento a detto elemento nella sentenza impugnata. Il Tribunale non ha utilizzato il criterio della prevedibilità per esaminare se la negligenza della Kendrion avesse interrotto il nesso di causalità tra il danno lamentato e il comportamento dell’istituzione dell’Unione contestato; invece, ha utilizzato la nozione di cui trattasi per accertare l’esistenza del nesso in parola come primo passo.

    61.

    Tuttavia, la potenziale imprevedibilità dell’evento produttivo dell’asserito danno nulla dice quanto al fattore determinante del danno lamentato. Anche ipotizzando che l’eccessivo ritardo fosse imprevedibile, tale fatto non è necessario né sufficiente a far sorgere la responsabilità dell’Unione europea.

    62.

    Alla luce di quanto precede, sono dell’opinione che, nella sentenza impugnata, il Tribunale abbia erroneamente interpretato e applicato la nozione di «prevedibilità» al fine di accertare, a norma dell’articolo 340 TFUE, l’esistenza di un nesso di causalità tra l’asserito danno e la condotta contestata.

    2) Sull’assenza di opzioni per la Kendrion

    63.

    La seconda motivazione offerta dal Tribunale per distinguere la presente causa da quelle che hanno dato luogo al filone della giurisprudenza Holcim consiste nel fatto che il termine ragionevole di giudizio nella causa T‑54/06 è stato superato dopo la decisione della Kendrion di fornire una garanzia bancaria.

    64.

    Anche tale elemento è, a mio avviso, irrilevante.

    65.

    In via preliminare, si deve ricordare che una decisione della Commissione, quale la decisione C(2005) 4634, è giuridicamente vincolante e si presume valida finché essa non sia annullata dai giudici dell’Unione. Qualora un’impresa sanzionata con un’ammenda inflitta dalla Commissione ritenga che la decisione della Commissione sia illegittima e che la sua esecuzione immediata possa provocare un danno irreparabile, tale impresa ha la facoltà di presentare ai giudici dell’Unione una domanda di provvedimenti provvisori, ai sensi degli articoli 278 e 279 TFUE, contestando, al contempo, la validità della decisione.

    66.

    Se una domanda del genere non è presentata, o se essa è respinta dai giudici dell’Unione, l’ammenda deve essere pagata, di regola, entro il termine fissato nella decisione. Ciò premesso, le norme di bilancio dell’Unione ( 39 ) consentono alla Commissione di accettare il differimento del pagamento di un’ammenda, purché il debitore si impegni a pagare gli interessi di mora e costituisca una garanzia finanziaria che copra il debito, sia in capitale che in interessi ( 40 ).

    67.

    Pertanto, alle imprese che intendano contestare un’ammenda dinanzi ai giudici dell’Unione è offerta la scelta di optare per l’immediata liquidazione (la regola) o di richiedere la possibilità di presentare una garanzia bancaria (l’eccezione). La scelta dell’impresa deve essere finanziariamente neutra per l’Unione: il differimento del pagamento non può comportare una perdita per il bilancio dell’Unione. Il funzionario contabile che, in collaborazione con l’ordinatore competente, adotta una decisione relativamente alla richiesta di un’impresa di differire il pagamento non ha il potere di modificare l’importo dell’ammenda decisa dalla Commissione in quanto istituzione (cioè dal collegio dei commissari). Al tempo stesso, la decisione di un’impresa di pagare immediatamente l’ammenda, nonostante la sua intenzione di contestare la decisione della Commissione dinanzi ai giudici dell’Unione, non dovrebbe comportare un arricchimento indebito dell’Unione europea. Questo è il motivo per cui, da un lato, se i giudici dell’Unione confermano la decisione della Commissione, l’importo dell’ammenda il cui pagamento è stato differito diviene esigibile con gli interessi. D’altro lato, l’annullamento della decisione della Commissione contestata fa sorgere l’obbligo dell’Unione di restituire le somme versate, maggiorate del tasso di interesse applicabile.

    68.

    La decisione di differire il pagamento di un’ammenda consente all’impresa, evidentemente, di continuare a utilizzare le somme corrispondenti nel corso del procedimento giurisdizionale. Tuttavia, essa implica, inoltre, alcuni costi aggiuntivi (quelli connessi alla presentazione della garanzia bancaria) che l’impresa deve accettare di sopportare, anche nel caso in cui ottenga, alla fine, l’annullamento della decisione contestata. Pertanto, spetta a ciascuna delle imprese sanzionate dalla Commissione valutare se sia nel loro interesse, da un punto di vista finanziario, pagare l’ammenda entro il termine prescritto o richiedere un differimento del pagamento e fornire una garanzia bancaria.

    69.

    Significativamente, a differenza di quanto il Tribunale sottende, non si tratta di una scelta che può essere compiuta una sola volta. Qualsiasi impresa che abbia scelto di fornire una garanzia può sempre cambiare la sua decisione iniziale e procedere al pagamento dell’ammenda ( 41 ). In tal modo, essa evita la maturazione di interessi aggiuntivi sul capitale e può revocare la garanzia bancaria fornita in precedenza.

    70.

    Nulla impedisce a un’impresa, sotto il profilo del diritto dell’Unione, di porre fine alla garanzia bancaria e pagare l’ammenda, qualora l’impresa di cui si tratti reputi tale linea d’azione più vantaggiosa. Si può dunque presumere che se un’impresa non rivede mai la propria scelta iniziale nel corso del procedimento, ciò è dovuto al fatto che tale impresa reputa che il mantenimento dell’operatività della garanzia continui a corrispondere al suo miglior interesse. Effettivamente, la circostanza che la decisione iniziale continui a essere vantaggiosa nel prosieguo dipende da una molteplicità di fattori i quali, come osserva la Commissione, possono variare notevolmente nel corso del tempo (le spese connesse all’assunzione di prestiti, le commissioni applicate dalla banca per la garanzia, il rendimento che la somma dovuta produce ove investita in altre attività, e così via). Da un punto di vista economico, è quindi ragionevole supporre che un’impresa possa regolarmente riconsiderare la sua decisione iniziale.

    71.

    Pertanto, come correttamente sostenuto dall’Unione europea, la scelta di fornire una garanzia bancaria, anziché pagare l’ammenda inflitta dalla Commissione, non è stata compiuta unicamente all’inizio del procedimento: tale scelta è stata liberamente e scientemente mantenuta (o confermata) dalla Kendrion durante l’intero lasso di tempo in cui il procedimento nella causa T‑54/06 è rimasto pendente, ivi compreso il periodo in cui detto procedimento ha raggiunto una durata considerevole.

    72.

    Ciò è stato, in certa misura, confermato dalla Kendrion.

    73.

    Nelle sue memorie, la Kendrion osserva che la decisione iniziale di fornire una garanzia bancaria è stata determinata dalla circostanza che, in quel momento, ciò appariva «ragionevole dal punto di vista finanziario». Essa sostiene, inoltre, che sarebbe stato difficile decidere di porre fine alla garanzia bancaria e pagare l’ammenda prima della conclusione del procedimento giurisdizionale, a causa delle conseguenze finanziarie che ne sarebbero discese (pagamento di un’ingente somma, corrispondente alla metà del suo capitale) e dei problemi pratici che avrebbe sollevato (in particolare nei confronti degli enti finanziari che avevano fornito la garanzia bancaria, degli azionisti e degli altri soggetti interessati).

    74.

    Tali argomenti indicano che la Kendrion era conscia del fatto che avrebbe potuto revocare la garanzia e pagare l’ammenda in qualsiasi momento. Si nota, inoltre, che l’impresa in parola ha (implicitamente o esplicitamente) effettuato, nel corso del procedimento, l’analisi dei costi e benefici delle opzioni offerte dalla normativa per quanto concerne l’ammenda inflitta. Il fatto che la Kendrion abbia deciso di mantenere la garanzia bancaria per tutta la durata del procedimento dinanzi al Tribunale, per una serie di ragioni strategiche, economiche, finanziarie e pratiche, dimostra che essa ha agito nel modo che ha ritenuto corrispondere al suo migliore interesse. Si può aggiungere, a margine, che l’operatività della garanzia bancaria è stata prorogata fino al termine della procedura di ricorso dinanzi alla Corte, nonostante il fatto che la Kendrion fosse risultata soccombente in primo grado.

    75.

    Concludendo su questo punto, la seconda argomentazione offerta dal Tribunale per distinguere la presente causa da quelle che hanno dato luogo alla giurisprudenza Holcim si fonda, dunque, su una premessa errata: il fatto che, nella presente causa, l’unica decisione rilevante sia stata la decisione iniziale della Kendrion di differire il pagamento e di fornire una garanzia bancaria prima dell’inizio del procedimento.

    76.

    L’erroneità di tale premessa è anche indirettamente confermata dalla sentenza impugnata.

    3) Sulla contraddittorietà della sentenza impugnata

    77.

    Al punto 98 della sentenza impugnata, il Tribunale ha constatato che non esisteva un nesso di causalità sufficientemente diretto in relazione alle spese di garanzia bancaria sostenute dopo la pronuncia della sentenza nella causa T‑54/06. Il Tribunale ha ritenuto che il pagamento di tali spese fosse la conseguenza della decisione personale e autonoma presa dalla Kendrion, dopo la pronuncia della sentenza in parola, di non pagare l’ammenda, di non richiedere la sospensione dell’esecuzione della decisione C(2005) 4634 e di impugnare la suddetta sentenza. Stando così le cose, non mi è chiaro il motivo per cui la decisione di mantenere la garanzia bancaria sarebbe stata, a giudizio del Tribunale, decisiva per escludere la responsabilità dell’Unione europea dopo della pronuncia della sentenza, ma non prima.

    78.

    Come sostenuto dall’Unione europea, non risulta sussistere, tra i periodi in parola, alcuna significativa differenza che possa essere rilevante ai sensi dell’articolo 340 TFUE. Anche nel corso del procedimento di primo grado, la Kendrion ha scelto consapevolmente di non richiedere la sospensione dell’esecuzione della decisione controversa e di mantenere l’operatività della garanzia bancaria fino alla conclusione di tale procedimento. Il punto 98 della sentenza impugnata conferma, dunque, che gli elementi ritenuti rilevanti dal Tribunale, ai punti da 87 a 89 della medesima sentenza, per distinguere la causa in esame dalla giurisprudenza Holcim sono irrilevanti.

    4) Conclusione provvisoria

    79.

    In conclusione, è pacifico che il fatto che la Kendrion abbia dovuto sopportare le spese relative alla garanzia bancaria fornita alla Commissione durante il periodo di superamento del limite costituisce una conseguenza, inter alia, dell’impossibilità, per il Tribunale, di pronunciare una decisione entro un termine ragionevole.

    80.

    Tuttavia, non è stata questa la causa determinante del danno lamentato. Il fattore decisivo è stato la decisione della Kendrion di continuare a beneficiare di un’eccezione da essa richiesta quanto all’obbligo di pagare l’ammenda dovuta, nella piena consapevolezza dei costi e dei rischi che tale decisione implicava. Di conseguenza, nella presente causa, sono applicabili i principi derivanti dalla giurisprudenza Holcim.

    81.

    Per tutti questi motivi, ritengo che il Tribunale abbia commesso un errore nell’interpretazione e nell’applicazione della nozione di «nesso di causalità» ai fini dell’articolo 340 TFUE. A mio avviso, non vi è un nesso di causalità sufficientemente diretto tra la violazione, da parte del Tribunale, nella causa T‑54/06, dell’obbligo di statuire entro un termine ragionevole e il presunto danno subito dalla Kendrion derivante dal pagamento delle spese di garanzia bancaria nel periodo di superamento del limite.

    82.

    Alla luce di ciò, la sentenza impugnata deve essere annullata nei limiti in cui ha condannato l’Unione europea a versare un importo di EUR 588769,18 alla Kendrion, a titolo di risarcimento del danno patrimoniale subito da detta società a causa della violazione dell’obbligo di decidere entro un termine ragionevole la causa che ha dato luogo alla sentenza del 16 novembre 2011, Kendrion/Commissione (T‑54/06, EU:T:2011:667).

    83.

    Ciò significa che, nel caso in cui la Corte concordasse con me su tale punto, non sarebbe necessario esaminare il secondo e il terzo motivo di impugnazione dedotti dall’Unione europea e il terzo motivo di impugnazione fatto valere dalla Kendrion. Tuttavia, in considerazione dell’importanza della questione sollevata per cause future, ritengo che possa essere utile esaminare, unicamente per ragioni di completezza, il secondo motivo dedotto dall’Unione europea. Detta analisi fornirà, inoltre, elementi utili per esaminare il secondo motivo di impugnazione della Kendrion.

    b)   Sulle spese di garanzia bancaria: la nozione di «danno»

    84.

    Con il suo secondo motivo di impugnazione, diretto contro i punti da 81 a 99 della sentenza impugnata, l’Unione europea, sostenuta dalla Commissione, lamenta che il Tribunale ha erroneamente interpretato la nozione di «danno». A suo parere, il giudice di primo grado avrebbe dovuto esaminare se, nel periodo di superamento del limite, le spese di garanzia bancaria sostenute dalla Kendrion erano state superiori al vantaggio attribuitole dalla disponibilità di una somma pari all’importo dell’ammenda. Da parte sua, la Kendrion chiede alla Corte di respingere tale motivo di impugnazione in quanto infondato. A suo avviso, non vi è alcun rapporto tra i vantaggi goduti dalla Kendrion e le perdite da essa subite nel periodo di superamento del limite.

    85.

    Mi sembra che anche tale motivo di impugnazione sia fondato. Il Tribunale è effettivamente incorso in un errore di diritto allorché, senza alcuna spiegazione specifica o ulteriore indagine, ha equiparato, ai punti 81 e 82 della sentenza impugnata, le spese di garanzia bancaria nel periodo di superamento del limite a un danno risarcibile ai sensi dell’articolo 340 del TFUE.

    86.

    I due concetti dovrebbero essere mantenuti separati.

    87.

    Un atto o un’omissione di un’istituzione dell’Unione possono avere varie conseguenze sulla situazione finanziaria di un’impresa come la Kendrion. Possono dare luogo a determinati costi per l’impresa ma, al tempo stesso, possono farle conseguire taluni guadagni. Vi è un «danno», ai sensi dell’articolo 340 TFUE, solo nel caso in cui la differenza netta tra costi e benefici sia negativa ( 42 ). In altri termini, deve sussistere una perdita complessiva derivante dalla condotta contestata. In caso contrario, si produrrebbe la situazione paradossale in cui, pur avendo beneficiato finanziariamente della condotta di un’istituzione dell’Unione, un’impresa avrebbe altresì il diritto di pretendere ulteriori somme dall’Unione.

    88.

    Come spiegato supra, ai paragrafi 68 e 70, la decisione di un’impresa di differire il pagamento e fornire una garanzia bancaria, da un lato comporta alcuni costi ma, dall’altro lato, consente all’impresa di avere a disposizione, per un certo periodo di tempo, una somma che può generare guadagni. Questi vari effetti non sono indipendenti, come erroneamente sostenuto dalla Kendrion, bensì indissolubilmente connessi: sono due facce della stessa medaglia.

    89.

    Dal punto di vista economico, la scelta di differire il pagamento di un’ammenda costituisce, in sostanza, una forma di finanziamento per l’impresa interessata: fino alla conclusione del procedimento giurisdizionale, tale impresa prende in prestito, in pratica, il denaro che deve all’Unione dall’Unione stessa. Il costo complessivo del finanziamento è, in poche parole, l’importo delle spese di garanzia bancaria con l’aggiunta, nell’ipotesi in cui l’impresa risulti soccombente nel procedimento giurisdizionale, degli interessi eventualmente dovuti sull’importo principale. Tuttavia, la sentenza impugnata si concentra unicamente sulle spese sostenute dalla Kendrion, tacendo circa gli eventuali utili o il risparmio realizzati da tale società grazie al differimento del pagamento.

    90.

    A mio avviso, si tratta di un errore commesso dal Tribunale. Come indicato ai precedenti paragrafi 70 e 74, si presume che un’impresa agisca, in ogni momento, nel modo che ritiene razionale da un punto di vista economico e finanziario. Pertanto, si può ragionevolmente presumere che, per l’intera durata del procedimento giurisdizionale nella causa T‑54/06, la Kendrion abbia ritenuto più vantaggioso continuare a prendere in prestito dall’Unione la somma corrispondente all’importo dell’ammenda dovuta, anziché utilizzare la propria liquidità o prendere in prestito tale importo da istituti di credito.

    91.

    In siffatto contesto, non si può escludere che la durata eccessiva del giudizio nella causa T‑54/06 non soltanto non abbia determinato una perdita per la Kendrion, ma abbia finanche attribuito a tale società un vantaggio finanziario. Tuttavia, questo non è un elemento che può essere accertato sulla base della sentenza impugnata poiché il Tribunale ha ritenuto, senza ulteriori indagini, che le spese di garanzia bancaria nel periodo di superamento del limite corrispondevano al danno subito dalla Kendrion durante tale periodo.

    92.

    Infine, vorrei aggiungere che, anche su questo punto, la sentenza impugnata appare contraddittoria. Difatti, per quanto concerne un altro tipo di danno lamentato (il pagamento degli interessi sull’importo dell’ammenda), il Tribunale ha ritenuto che la Kendrion non avesse fornito alcuna prova atta a dimostrare che, durante il periodo di superamento del limite, «l’importo degli interessi di mora, successivamente pagati alla Commissione, sia stato superiore al vantaggio di cui essa stessa ha potuto beneficiare grazie alla disponibilità della somma corrispondente all’importo dell’ammenda aumentata degli interessi di mora» ( 43 ).

    93.

    È difficile comprendere le ragioni per cui il Tribunale ha omesso di applicare un criterio analogo per quanto riguarda l’asserito danno consistente nel pagamento delle spese di garanzia bancaria relative allo stesso periodo.

    94.

    In conclusione, anche il secondo motivo di impugnazione dedotto dall’Unione europea è fondato.

    c)   Sugli interessi

    95.

    Con il suo secondo motivo di impugnazione, diretto contro i punti da 75 a 80 della sentenza impugnata, la Kendrion sostiene che il Tribunale è incorso in un errore di diritto respingendo la sua richiesta di risarcimento del danno consistente negli interessi versati sull’importo dell’ammenda, al tasso del 3,56%, durante il periodo di superamento del limite.

    96.

    Nella sua sentenza, il Tribunale ha ritenuto che la Kendrion non avesse addotto elementi atti a dimostrare che, durante il periodo di superamento del limite, l’importo degli interessi di mora, in seguito pagati alla Commissione, fosse stato superiore al vantaggio di cui essa stessa aveva potuto beneficiare grazie alla disponibilità della somma corrispondente all’importo dell’ammenda, aumentata degli interessi di mora.

    97.

    A mio avviso, per i motivi illustrati ai precedenti paragrafi da 43 a 94, il Tribunale ha giustamente respinto la domanda della Kendrion. Poiché il ricorso della Kendrion è stato, da ultimo, respinto dai giudici dell’Unione, gli interessi di mora da versare alla Commissione sull’importo dell’ammenda costituiscono, chiaramente, un costo che la Kendrion ha dovuto sostenere nel periodo in cui il procedimento giurisdizionale è rimasto pendente. Tuttavia, ciò non significa automaticamente che tale costo costituisca un danno ai sensi dell’articolo 340 TFUE.

    98.

    Su un piano più sostanziale, nella causa in questione non vi è un nesso di causalità sufficientemente diretto, ai fini dell’articolo 340 TFUE, tra l’eccessiva durata del procedimento e la perdita consistente nel versamento degli interessi nel corso del periodo di superamento del limite. Come spiegato supra, ai paragrafi da 71 a 74, il rischio di dover sostenere tali costi è scaturito dalla decisione della Kendrion di differire il pagamento dell’ammenda fino alla conclusione del procedimento giurisdizionale. La Kendrion ha preso una simile decisione liberamente e con piena cognizione delle conseguenze finanziarie da essa derivanti.

    99.

    Di conseguenza, occorre respingere il secondo motivo di impugnazione della Kendrion.

    2.   Danno non patrimoniale

    100.

    Il quarto motivo di impugnazione dedotto dalla Kendrion è diretto avverso i punti da 121 a 135 della sentenza impugnata, nei quali il Tribunale ha concesso a tale società un risarcimento di EUR 6000 per il danno non patrimoniale subito a causa dell’eccessivo ritardo nella causa T‑54/06. La Kendrion sostiene che il Tribunale è incorso in un errore di diritto e chiede l’assegnazione di un importo più elevato.

    101.

    L’Unione europea, dal canto suo, ritiene che gli argomenti della Kendrion siano irricevibili e, in ogni caso, infondati.

    102.

    Nel prosieguo, spiegherò le ragioni per cui ritengo che il quarto motivo di impugnazione della Kendrion non possa essere accolto. A tal fine, ritengo utile chiarire preliminarmente alcuni concetti chiave.

    a)   Sulla nozione di «danno non patrimoniale»

    103.

    L’articolo 340, secondo paragrafo, TFUE stabilisce che «in materia di responsabilità extracontrattuale, l’Unione deve risarcire, conformemente ai principi generali comuni ai diritti degli Stati membri, i danni cagionati dalle sue istituzioni o dai suoi agenti nell’esercizio delle loro funzioni» ( 44 ). Conseguentemente, i giudici dell’Unione hanno costantemente interpretato detta disposizione come riferentesi, in linea di principio, tanto a perdite di natura pecuniaria (sotto forma di riduzioni patrimoniali ( 45 ) e perdite di profitti ( 46 )), quanto a perdite di natura non pecuniaria ( 47 ).

    104.

    Coerentemente con tale giurisprudenza, nella sentenza Kendrion, del 26 novembre 2013 ( 48 ), la Corte ha chiarito che, «nell’ipotesi di un ricorso per risarcimento danni fondato sulla violazione, da parte del Tribunale, dell’articolo 47, secondo comma, della Carta (…) per non aver rispettato i requisiti connessi con il rispetto del termine ragionevole (…) il Tribunale deve esaminare, in particolare, se sia possibile identificare, oltre all’esistenza di un danno materiale, quella di un danno immateriale, che sarebbe stato subito dalla parte lesa a causa del superamento del termine e che dovrebbe, eventualmente, essere oggetto di adeguato risarcimento» ( 49 ).

    105.

    Il risarcimento ai sensi dell’articolo 340 TFUE mira a reintegrare, per quanto possibile, il patrimonio della vittima nella condizione in cui si trovava prima della condotta illecita dell’istituzione dell’Unione ( 50 ). Pertanto, perdite di natura pecuniaria che siano diretta conseguenza di tale condotta devono, di regola, essere compensate mediante il pagamento di una somma corrispondente a dette perdite.

    106.

    Tuttavia, ciò è impossibile per perdite di natura non pecuniaria o immateriale ( 51 ). Nella maggior parte dei sistemi giuridici, la nozione di «danno non patrimoniale» si riferisce a tipi di danno intangibile o il cui valore economico non può essere facilmente determinato, in quanto essi non sono dotati, in senso stretto, di un valore di mercato. Esempi tipici di tale danno sono il dolore, la sofferenza, lo stress emotivo, il deterioramento della qualità di vita o delle relazioni. In sostanza, esso comprende diversi tipi di danno fisico e/o psicologico.

    107.

    In tutte queste situazioni, lo status quo ante evidentemente non può essere ripristinato. Di conseguenza, qualsiasi forma di indennizzo che i giudici possano assegnare sarà sempre e inevitabilmente un «ripiego». È per questo motivo che il pagamento di una somma di denaro può costituire o meno, a seconda delle circostanze, la forma più adeguata di risarcimento ( 52 ). I giudici dell’Unione, in effetti, hanno ritenuto, in alcuni casi, che fosse sufficiente un risarcimento pecuniario simbolico ( 53 ) o che potesse essere concesso un risarcimento in natura ( 54 ). In altri casi, i giudici dell’Unione non hanno disposto alcuna forma specifica di risarcimento, ritenendo che l’annullamento dell’atto illegittimo ( 55 ) o il semplice riconoscimento dell’illiceità del fatto nella sentenza ( 56 ) potessero costituire un risarcimento soddisfacente ai sensi dell’articolo 340 TFUE ( 57 ).

    108.

    Se un risarcimento pecuniario (e non simbolico) è considerato la forma più adeguata di risarcimento in un determinato caso, non è un compito facile quantificare l’importo da assegnare. I giudici competenti nel caso di cui si tratti devono stimare un importo che rifletta in modo adeguato il pregiudizio subito dalla vittima, senza gravare in modo indebito l’autore della condotta illegittima. In mancanza di parametri economici evidenti o generalmente accettati, i giudici possono orientarsi soltanto secondo principi generali quali, ad esempio, equità, giustizia e proporzionalità, da un lato, e prevedibilità, certezza del diritto e parità di trattamento, dall’altro lato.

    109.

    È pertanto inevitabile che, nel determinare l’esistenza di un danno non patrimoniale, nell’individuare le soluzioni migliori per risarcirlo in modo adeguato e, se del caso, nel calcolare l’importo da assegnare, i giudici godano di un notevole margine di manovra.

    110.

    Ciò premesso, un punto che mi sembra opportuno sottolineare è che il danno non patrimoniale, a mio modo di vedere, non è semplicemente un danno il cui valore pecuniario può essere difficile da stimare per ragioni pratiche. Si tratta soltanto di un danno che, per sua stessa natura, non può essere quantificato sotto il profilo pecuniario in modo preciso e non equivoco.

    111.

    Tale aspetto è particolarmente rilevante, a mio parere, quando sorgono questioni relative all’eventuale risarcimento del danno non patrimoniale sofferto dalle persone giuridiche. Chiaramente, la nozione di danno non patrimoniale sembra difficilmente compatibile con l’idea che una persona giuridica possa subire un qualche tipo di danno psicologico o fisico. Per questo motivo, la possibilità, per le persone giuridiche, di invocare un danno non patrimoniale è una questione controversa in molti ordinamenti ( 58 ). Non è necessario, tuttavia, ai fini della presente causa, procedere a una discussione approfondita di suddetta questione. È sufficiente rilevare, al riguardo, che la giurisprudenza dei giudici dell’Unione e della Corte EDU ha constatato che, in talune circostanze, anche le persone giuridiche hanno il diritto di chiedere un risarcimento del danno non patrimoniale.

    112.

    Recentemente, nella causa Safa Nicu Sepahan, la Corte di giustizia ha confermato una sentenza del Tribunale nella quale quest’ultimo aveva riconosciuto l’esistenza di un danno non patrimoniale in capo a una società che era stata «associata ad un comportamento considerato come una minaccia grave alla pace ed alla sicurezza internazionali, con la conseguenza di suscitare disdegno e diffidenza nei suoi confronti, compromettendo in tal modo la sua reputazione» ( 59 ). In altri casi, il Tribunale ha concesso un risarcimento del danno non patrimoniale a imprese che, a causa della condotta illegittima di un’istituzione dell’Unione, erano state poste «in una situazione d’incertezza e (…) costrett[e] a sforzi inutili per far fronte alla (…) situazione d’urgenza» ( 60 ), o avevano subito un danno alla loro «immagine e (…) reputazione» ( 61 ). Analogamente, in una serie di casi, la Corte EDU ha dichiarato che, per risarcire adeguatamente le persone giuridiche che possono subire un danno non patrimoniale, «occorre tener conto della reputazione dell’impresa, dell’incertezza nel processo di pianificazione delle decisioni, delle perturbazioni nella gestione della società (…) e (…) dell’ansia e dei disagi causati ai membri del gruppo di gestione» ( 62 ).

    113.

    Tuttavia, tali dichiarazioni devono, a mio parere, essere accolte con cautela. Per i motivi esposti supra, al paragrafo 110, ritengo che non tutti i danni derivanti, ad esempio, da un pregiudizio alla reputazione dell’impresa o dallo stato di incertezza creato nella gestione di una società possano essere considerati come danni non patrimoniali. Infatti, conseguenze negative quali la perdita di clienti, la perdita di opportunità commerciali, la necessità di investimenti più cospicui nella pubblicità o nel marchio e così via, sono, probabilmente, di natura pecuniaria.

    114.

    È vero che tali conseguenze possono essere difficili da dimostrare e/o quantificare, soprattutto se ci si attende che alcuni dei danni si verifichino in futuro. Tuttavia, essi non diventano «danni non patrimoniali» unicamente a causa delle difficoltà di ordine pratico in cui la vittima può incorrere nel provare le sue affermazioni. Anche le perdite future possono essere risarcite, se fatti affidabili provano che non si tratta di speculazioni e che le perdite si verificheranno entro un lasso di tempo ragionevole ( 63 ). Inoltre, per garantire un adeguato risarcimento nei casi in cui l’applicazione rigorosa delle norme in materia di onere della prova collocherebbero un onere eccessivo in capo alla vittima, il giudice adito può decidere di accettare un livello di prova inferiore o fare uso di approssimazioni o presunzioni ( 64 ). In ogni caso, i giudici dell’Unione dispongono di un’ampia discrezionalità nella scelta dei dati che reputano opportuni per il calcolo e la valutazione del danno invocato da una parte ( 65 ).

    115.

    Da parte sua, l’istituzione dell’Unione responsabile dell’asserito danno non può limitare i suoi argomenti a quelli volti alla contestazione dei dati e delle cifre presentate dai ricorrenti dinanzi ai giudici dell’Unione. È necessario fornire argomentazioni dettagliate a sostegno delle sue obiezioni ( 66 ). Più in generale, le istituzioni dell’Unione devono agire in buona fede e, in tale contesto, non possono rifiutarsi di assistere il richiedente, ad esempio, fornendo documenti e di informazioni a questi non altrimenti accessibili ( 67 ).

    116.

    Pertanto, solo gli effetti connessi a (ciò che indicherei come) difficoltà aziendale dovrebbero essere considerati danni non patrimoniali di cui una persona giuridica può ottenere il risarcimento ( 68 ).

    117.

    È alla luce di tale contesto che esaminerò gli argomenti dedotti dalla Kendrion sul punto.

    b)   I presunti errori

    118.

    A sostegno del suo quarto motivo di ricorso, la Kendrion fa valere diversi argomenti. La Kendrion sostiene, in primo luogo, che il Tribunale non ha sufficientemente chiarito i criteri da esso utilizzati per fissare a EUR 6000 l’importo del risarcimento dovuto a titolo di danno non patrimoniale. In ogni caso, la Kendrion ritiene che detto importo sia puramente simbolico e sostiene che il Tribunale avrebbe dovuto assegnare un risarcimento pari al 5% dell’importo dell’ammenda inflitta dalla Commissione (ossia EUR 1700000). La Kendrion fa riferimento, a tal proposito, alla sentenza della Corte di giustizia nella causa Heineken ( 69 ). In subordine, la Kendrion chiede alla Corte di giustizia di stabilire un risarcimento ex aequo et bono.

    119.

    Trovo che tali argomentazioni non siano convincenti. Per spiegarne i motivi, occorre richiamare i punti pertinenti della sentenza impugnata.

    120.

    Ai punti da 121 a 128 della sentenza impugnata, il Tribunale ha in primis respinto la censura della Kendrion relativa alla pretesa per danno non patrimoniale legato a un’asserita lesione della sua reputazione. Il Tribunale ha poi riconosciuto che, nonostante sia inevitabile, per qualsiasi ricorrente, un certo grado di incertezza quanto all’esito del suo ricorso, la considerevole durata del procedimento nella causa T‑54/06, ha posto la Kendrion «in una situazione d’incertezza che ha superato l’incertezza abitualmente provocata da un procedimento giurisdizionale». Siffatto prolungato stato di incertezza, secondo il giudice di primo grado, ha «influito sulla pianificazione delle decisioni da assumere e sulla gestione di tale società ed ha pertanto comportato un danno morale».

    121.

    Ai punti da 129 a 134 della sentenza impugnata, il Tribunale ha ritenuto che «nelle circostanze del caso di specie, il danno morale subito dalla [Kendrion] a causa del prolungato stato d’incertezza in cui è stata posta non è pienamente risarcito dalla constatazione di una violazione del termine ragionevole di giudizio». Tuttavia, il Tribunale ha respinto la richiesta della Kendrion di calcolare il risarcimento sulla base di un determinato tasso percentuale dell’importo dell’ammenda inflitta dalla Commissione. Ciò, a giudizio del Tribunale, avrebbe avuto l’effetto di rimettere in discussione tale ammenda, benché non fosse stato provato che l’inosservanza del termine ragionevole di giudizio nella causa T‑54/06 avesse avuto una qualche incidenza sull’importo di tale ammenda.

    122.

    Pertanto, al punto 135 della sentenza impugnata, il Tribunale ha statuito che, ai fini della determinazione dell’importo del risarcimento da assegnare alla Kendrion per il danno non patrimoniale subito, occorreva tener conto, in particolare, «dell’entità della violazione del termine ragionevole di giudizio, del comportamento della ricorrente e dell’attesa che essa ha manifestato durante il procedimento, della necessità di far rispettare le norme sulla concorrenza dell’Unione e dell’efficacia del presente ricorso». Sulla base di ciò, il Tribunale ha deciso, ex aequo et bono, che un importo di EUR 6000, costituiva un risarcimento adeguato del danno subito dalla Kendrion a causa dello stato di prolungata incertezza in cui ha versato durante il procedimento nella causa T‑54/06.

    123.

    Anzitutto, si deve ricordare che, secondo una costante giurisprudenza, una volta che il Tribunale abbia accertato l’esistenza di un danno, esso è competente a valutare in via esclusiva, entro i limiti della domanda, le modalità e l’entità del suo risarcimento. Tuttavia, affinché la Corte possa esercitare il proprio controllo sulle sentenze del Tribunale, queste ultime devono essere sufficientemente motivate e, per quanto riguarda la valutazione del danno, indicare i criteri presi in considerazione ai fini della determinazione dell’importo deciso ( 70 ).

    124.

    Alla luce di tale contesto, reputo che la sentenza impugnata sia stata sufficientemente motivata sul punto. In primo luogo, il Tribunale ha illustrato, in modo sintetico ma chiaro, i motivi per cui ha ritenuto che alcuni tipi di danno non patrimoniale fatti valere dalla Kendrion, e non altri, fossero stati adeguatamente dimostrati. In secondo luogo, il Tribunale ha spiegato perché il riconoscimento di un risarcimento in denaro è stato ritenuto necessario e, in terzo luogo, ha evocato i criteri presi in considerazione al fine di determinare l’importo di tale risarcimento ( 71 ).

    125.

    Inoltre, a mio parere, il Tribunale non ha commesso alcun errore di diritto nella scelta di detti criteri o, più in generale, nell’interpretazione della nozione di «risarcimento» ai fini dell’articolo 340 TFUE. A tal riguardo, si deve sottolineare, nuovamente, che, come spiegato in precedenza, ai paragrafi da 106 a 110, il risarcimento del danno non patrimoniale non è inteso, in alcun modo, a coprire le perdite economiche subite dal ricorrente. Per siffatto motivo, non può essere del tutto esclusa un risarcimento di importo tale da potersi considerare meramente «simbolico». La somma assegnata alla Kendrion nella sentenza impugnata può, effettivamente, apparire modesta, ma non deve essere considerata un risarcimento per i costi aggiuntivi e il mancato profitto eventualmente causati dalla situazione di incertezza in cui la Kendrion è stata posta a causa della durata eccessiva del procedimento nella causa T‑54/06. Si tratta, unicamente, di un risarcimento per le difficoltà sofferte dalla Kendrion (dai suoi organi e dalla società nel suo complesso) durante il periodo di superamento del limite.

    126.

    A differenza di quanto sostenuto dalla Kendrion, la sentenza della Corte di giustizia nella causa Heineken ( 72 ) non impone ai giudici dell’Unione di quantificare gli importi da attribuire in caso di eccessiva durata del procedimento come percentuale dell’ammenda inflitta dalla Commissione. In tale sentenza, la Corte di giustizia ha semplicemente respinto gli argomenti della ricorrente secondo cui il Tribunale aveva violato i principi di uguaglianza e di proporzionalità concedendo una riduzione del 5% dell’importo di un’ammenda inflitta dalla Commissione, in seguito ad una procedura amministrativa la cui durata era stata ritenuta eccessiva dalla Commissione stessa. La Corte di giustizia ha dichiarato che il Tribunale aveva esercitato la sua competenza estesa al merito al fine di concedere alla ricorrente la riduzione in parola. La Corte di giustizia ha posto in rilievo che la relativa domanda della ricorrente era stata esaminata e che la società non poteva invocare un’ulteriore riduzione dell’ammenda sulla base dello stesso motivo ( 73 ).

    127.

    Inoltre, la Commissione non aveva impugnato tale parte della sentenza di primo grado. Pertanto, il fatto che la Corte di giustizia abbia confermato la sentenza impugnata non può essere considerato come un avallo, da parte della Corte di giustizia, delle conclusioni del Tribunale a tal riguardo. In ogni caso, anche se si dovesse interpretare la sentenza Heineken nel senso che corrobora l’argomentazione della Kendrion, la menzionata sentenza non dovrebbe più essere considerata, su tale punto, valida. Nella sua sentenza, infatti, il Tribunale aveva adottato un approccio chiaramente ispirato alla sentenza della Corte di giustizia nella causa Baustahlgewebe ( 74 ). Tuttavia, circa due anni dopo la sentenza Heineken, la Corte di giustizia ha espressamente e definitivamente superato la giurisprudenza Baustahlgewebe ( 75 ). Anche nel procedimento che ha condotto alla sentenza della Corte di giustizia del 26 novembre 2013, la Kendrion aveva invocato, senza successo, un argomento analogo ( 76 ). Non vedo alcun motivo per cui, ora, la conclusione sul punto dovrebbe essere diversa.

    128.

    In tali circostanze, l’affermazione contenuta al punto 135 della sentenza impugnata, secondo la quale il danno non patrimoniale subito dalla Kendrion doveva essere compensato, sulla base di una valutazione ex aequo et bono, con EUR 6000, non può essere riesaminata dalla Corte in sede di impugnazione ( 77 ). Di conseguenza, la Corte di giustizia non può semplicemente rigettare la valutazione operata dal Tribunale per quanto riguarda l’importo del risarcimento del danno non patrimoniale e stabilire essa stessa una compensazione ex aequo et bono.

    129.

    Di conseguenza, il quarto motivo di impugnazione della Kendrion deve essere respinto.

    3.   Sulla durata ragionevole del procedimento

    130.

    Con il suo primo motivo, diretto contro i punti da 44 a 63 della sentenza impugnata, la Kendrion sostiene che il Tribunale ha commesso un errore di diritto dichiarando che il procedimento (protrattosi per un totale di circa cinque anni e nove mesi) culminato nella pronuncia della sentenza del 16 novembre 2011, nella causa T‑54/06, ha superato di 20 mesi il termine ragionevole di giudizio per una causa analoga. Dal punto di vista della Kendrion, la massima durata ragionevole in questo tipo di cause dovrebbe essere di due anni e mezzo. Essa fa riferimento, a tale riguardo, alla giurisprudenza della Corte EDU e a una relazione della Commissione europea per l’efficacia della giustizia (in prosieguo: la «CEPEJ») del 2012 ( 78 ). Inoltre, la Kendrion censura il Tribunale per essersi concentrato esclusivamente sul tempo trascorso tra la fine della fase scritta del procedimento e l’apertura della fase orale, mentre avrebbe dovuto tener conto della durata complessiva del procedimento.

    131.

    L’Unione europea ritiene che il Tribunale abbia correttamente valutato il periodo di superamento del limite e chiede alla Corte di respingere il primo motivo di impugnazione della Kendrion.

    132.

    Sono sensibile ad alcuni degli argomenti dedotti dalla Kendrion. Tuttavia, un esame più attento della sentenza impugnata rivela che il Tribunale non ha commesso gli errori di diritto lamentati dalla Kendrion.

    133.

    In via preliminare, devo sottolineare che concordo con la Kendrion che, di fronte a questioni relative alla possibile durata eccessiva di procedimenti precedenti, il Tribunale è tenuto a esaminare, in primo luogo e soprattutto, la durata complessiva del procedimento. Può, infatti, risultare artificioso tentare di suddividere il procedimento complessivo in fasi distinte, al fine di valutare la ragionevolezza della durata di una o più di tali fasi in «isolamento clinico» rispetto alle altre. Da un lato, lievi ritardi nelle varie fasi del procedimento possono apparire di scarsa importanza se considerati singolarmente ma, se combinati, possono, ciò nonostante, determinare un’irragionevole durata del procedimento nel suo complesso ( 79 ). Allo stesso modo, non si può escludere che un notevole ritardo in una delle fasi procedurali possa essere compensato da una gestione delle altre fasi del procedimento più rapida.

    134.

    Per esempio, il trascorrere di un notevole lasso di tempo tra la fine della fase scritta e l’apertura della fase orale del procedimento non si traduce necessariamente in una considerevole durata del procedimento nel suo complesso. Di converso, il trascorrere di un periodo relativamente breve tra dette due fasi non esclude la possibilità che il procedimento nel suo complesso superi una durata ragionevole. Tutto dipende dal modo in cui la sezione competente a pronunciarsi sul caso ha organizzato il proprio lavoro e, di conseguenza, dal modo in cui il procedimento prosegue.

    135.

    Una sezione può decidere di «concentrare» il più possibile il lavoro prima dello svolgimento dell’udienza o, al contrario, procedere all’udienza subito dopo la chiusura della fase scritta del procedimento, lasciando parti significative del lavoro da effettuare dopo l’udienza. La scelta fra tali opzioni può dipendere da vari fattori: i metodi di lavoro dei giudici che compongono la sezione incaricata, il loro carico di lavoro in un dato momento e le caratteristiche specifiche di ciascuna causa (ad esempio, se vi siano o meno molte questioni da chiarire nel corso dell’udienza).

    136.

    Un breve lasso di tempo tra la fase scritta e la fase orale del procedimento è di scarso beneficio per le parti se, successivamente, il tempo per la deliberazione è particolarmente lungo. Di converso, un periodo di tempo più lungo del normale tra la fase scritta e la fase orale del procedimento può essere positivo se consente, in seguito, una rapida deliberazione.

    137.

    Ciò premesso, l’esistenza di notevoli periodi di inattività totale nella gestione di una causa può certamente essere considerata una forte indicazione del fatto che è stata oltrepassata la durata ragionevole del procedimento. Tuttavia, un periodo che può sembrare alle parti come un periodo di inattività non necessariamente lo è.

    138.

    Ciò è vero, in particolare, per il periodo che decorre tra la fine della fase scritta e l’apertura della fase orale del procedimento. Nel corso di tale periodo sono espletate varie attività importanti, anche se le parti non ne sono informate (e, nel caso di alcune di dette attività, le parti non possono esserne informate per ragioni concernenti la segretezza delle deliberazioni dei giudici dell’Unione) ( 80 ). In particolare, oltre al completamento delle necessarie traduzioni, è in questa fase del procedimento che il giudice relatore presenta al Tribunale una relazione preliminare, che contiene un’analisi delle questioni rilevanti in fatto e in diritto sollevate dal ricorso, nonché proposte concernenti l’opportunità di misure di organizzazione del procedimento o di mezzi istruttori, l’eventuale svolgimento della fase orale e rimessione della causa alla grande sezione o a una sezione che si riunisce con un numero diverso di giudici o l’eventuale rimessione della causa al giudice unico ( 81 ).

    139.

    È difficile sopravvalutare l’importanza di tale documento ai fini del procedimento. È anche impossibile valutare, a priori, il tempo necessario a preparare tale documento in ciascuna causa: prima di redigerlo, il giudice relatore deve svolgere un’approfondita riflessione sulle questioni giuridiche sollevate dalla causa, al fine di individuare percorsi di analisi e punti che esigono un’ulteriore considerazione o un chiarimento ( 82 ). Le sue proposte sul modo in cui procedere all’ulteriore trattamento della causa si basano sulla sua analisi giuridica preliminare.

    140.

    Inoltre, l’eventuale inerzia della Corte in un dato momento del procedimento non è l’unico elemento da prendere in considerazione in questo contesto. Anche una gestione inefficiente di una causa può, infatti, essere parimenti inaccettabile ai sensi dell’articolo 47 della Carta. Volendo citare alcuni esempi, ciò può accadere quando le necessarie traduzioni degli atti processuali richiedono un tempo eccessivo, a causa di problemi interni al giudice dell’Unione, relativi al personale o di natura organizzativa ( 83 ). Ciò può accadere anche quando, per un prolungato periodo di tempo, i giudici non riescono a trovare un accordo sul testo della decisione che chiude il procedimento, nonostante frequenti e ripetuti tentativi. Ciò può accadere, inoltre, nel caso in cui si verifichino varie o successive modifiche nella composizione della sezione incaricata di una causa, obbligando, dunque, i membri di tale sezione a ripetere il lavoro che era già stato effettuato. In tutte siffatte circostanze, la durata del procedimento può divenire eccessiva per ragioni non imputabili alle parti e che, potenzialmente, non dovrebbero pregiudicare il diritto di tali parti a un processo celere.

    141.

    Pertanto, concordo con la Kendrion che, in linea di principio, l’analisi necessaria per determinare se i procedimenti precedenti hanno oltrepassato una durata ragionevole dovrebbe normalmente concentrarsi sulla durata complessiva del procedimento. In generale, l’accento non può essere posto soltanto, o principalmente, sui potenziali periodi di inattività e, in particolare, sul tempo trascorso tra la fine della fase scritta e l’apertura della fase orale del procedimento.

    142.

    Tuttavia, nella causa in esame, non si può accusare il Tribunale di aver trascurato le altre fasi del procedimento. Al punto 62 della sentenza impugnata, il Tribunale ha statuito che «l’esame del fascicolo della causa T‑54/06 non ha rivelato alcuna circostanza che consenta di concludere per l’esistenza di un periodo di inerzia ingiustificata tra la data del deposito dell’atto introduttivo e la data del deposito della controreplica, da un lato, e tra l’apertura della fase orale del procedimento e la pronuncia della sentenza (…) dall’altro».

    143.

    Di conseguenza, il Tribunale ha debitamente esaminato l’attività (o inattività) del Tribunale nel corso dell’intera procedura. Il Tribunale ha concentrato la sua analisi su una fase specifica del procedimento, perché i fatti di causa mostravano che i problemi che hanno ritardato il procedimento si erano verificati nel corso di tale periodo. Nella sua sentenza del 26 novembre 2013, la Corte di giustizia aveva infatti già rilevato che il periodo compreso tra la fine della fase scritta e l’apertura della fase orale del procedimento, essendosi protratta per circa 3 anni e 10 mesi «non p[oteva] spiegarsi con le circostanze del caso, che si tratti della complessità della controversia, del comportamento delle parti oppure del sopravvenire di incidenti procedurali» ( 84 ).

    144.

    Alla luce di ciò, anche se gli argomenti della Kendrion sui metodi che il Tribunale doveva applicare in un’analisi quale quella effettuata nella causa in questione non sono errati, la critica mossa al Tribunale deriva da una lettura scorretta della sentenza impugnata.

    145.

    Per quanto riguarda, infine, la censura della Kendrion secondo cui la massima durata ragionevole di un siffatto tipo di procedimento dinanzi al Tribunale dovrebbe essere di due anni e mezzo, ritengo che non possa essere accolta.

    146.

    In primo luogo, la Kendrion sostiene che tale limite discende dalla giurisprudenza della Corte EDU. Tuttavia, non è citata alcuna pronuncia specifica. Un rapido esame della giurisprudenza della Corte di Strasburgo indica, al contrario, che ogni caso è valutato autonomamente; detto giudice sembra molto riluttante a stabilire soglie rigorose o fisse ( 85 ).

    147.

    Inoltre, indipendentemente dal valore da attribuire a tale documento, nemmeno ravviso un chiaro sostegno all’argomentazione della Kendrion nella succitata relazione della CEPEJ. In primo luogo, osservo che tale relazione è intesa a riportare considerazioni relative a procedimenti giudiziari a livello nazionale. Procedimenti dinanzi ai giudici dell’Unione, con il loro contesto multilingue, operano in presenza vincoli diversi rispetto ai primi. In secondo luogo, il passaggio della relazione richiamato dalla Kendrion afferma unicamente che un procedimento che si protrae fino a due anni è, di norma, considerato di durata accettabile in cause non complesse. Nella relazione si sostiene inoltre che, per cause complesse, la Corte EDU può ammettere un periodo supplementare, ma tale giudice presterà attenzione a eventuali periodi di inattività. Affermare che la menzionata relazione suggerisce che la durata del procedimento dinanzi al Tribunale non dovrebbe superare in nessuna circostanza i due anni e mezzo, indipendentemente dalla sua complessità, mi pare equivalga a una lettura errata del documento.

    148.

    Per tali motivi, ritengo che anche il primo motivo di impugnazione della Kendrion debba essere respinto.

    V. Conseguenze della valutazione

    149.

    Qualora la Corte concordi con la mia valutazione, l’impugnazione presentata dall’Unione europea dovrebbe essere accolta e, di conseguenza, il punto 1 del dispositivo della sentenza impugnata dovrebbe essere annullato.

    150.

    Dal momento che, alla luce dei fatti conosciuti e dello scambio di osservazioni dinanzi alla Corte di giustizia, è possibile statuire definitivamente su tale questione, la Corte dovrebbe respingere la domanda della Kendrion di risarcimento del danno patrimoniale consistente nel pagamento delle spese di garanzia bancaria in relazione al periodo in cui il termine ragionevole per decidere la causa T‑54/06, Kendrion/Commissione europea è stato superato.

    151.

    L’impugnazione della Kendrion dovrebbe essere respinta in toto.

    VI. Sulle spese

    152.

    Ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 1, del regolamento di procedura della Corte di giustizia, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.

    153.

    Qualora la Corte concordi con la mia valutazione delle impugnazioni, allora, in linea con gli articoli 137, 138 e 184 del regolamento di procedura della Corte di giustizia, la Kendrion dovrebbe sopportare le spese del presente procedimento. Le spese del procedimento di primo grado dovrebbero, a mio avviso, mantenersi come attribuite dal Tribunale. La Commissione europea dovrebbe sopportare le proprie spese in entrambi i gradi di giudizio.

    VII. Conclusione

    154.

    Alla luce delle considerazioni che precedono, propongo alla Corte di giustizia di:

    annullare il punto 1 del dispositivo della sentenza del Tribunale del 1o febbraio 2017, T‑479/14, Kendrion/Unione europea;

    respingere la domanda della Kendrion relativa al risarcimento del danno patrimoniale consistente nel pagamento delle spese di garanzia bancaria in relazione al periodo in cui il termine ragionevole di giudizio nella causa T‑54/06, Kendrion/Commissione europea, è stato superato;

    respingere l’impugnazione incidentale proposta dalla Kendrion;

    condannare la Kendrion a sopportare le proprie spese e le spese dell’Unione europea, rappresentata dalla Corte di giustizia dell’Unione europea, relative al procedimento di impugnazione, nonché le proprie spese relative al procedimento di primo grado;

    condannare l’Unione europea, rappresentata dalla Corte di giustizia dell’Unione europea, a sopportare le proprie spese relative al procedimento di primo grado; e

    condannare la Commissione europea a sopportare le proprie spese relative a entrambi i gradi di giudizio.


    ( 1 ) Lingua originale: l’inglese.

    ( 2 ) Nel prosieguo denominata, per semplicità: l’«Unione europea».

    ( 3 ) EU:T:2017:48.

    ( 4 ) Non pubblicata, EU:T:2011:667.

    ( 5 ) Cause riunite Unione europea/Gascogne Sack Deutschland e Gascogne, e Gascogne Sack Deutschland e Gascogne/Unione europea, C‑138/17 P e C‑146/17 P, e cause riunite Unione europea/ASPLA e Armando Álvarez, e ASPLA e Armando Álvarez/Unione europea, C‑174/17 P e C‑222/17 P.

    ( 6 ) Anche le cause menzionate supra, alla nota 5, riguardano procedimenti avviati da altre imprese destinatarie della decisione C(2005) 4634.

    ( 7 ) Sentenza del 16 novembre 2011, Kendrion/Commissione, T‑54/06, non pubblicata, EU:T:2011:667.

    ( 8 ) Sentenza del 26 novembre 2013, Kendrion/Commissione, C‑50/12 P, EU:C:2013:771.

    ( 9 ) Ibidem, punto 102.

    ( 10 ) I due organi giurisdizionali (la Corte di giustizia e il Tribunale) saranno congiuntamente denominati i «giudici dell’Unione».

    ( 11 ) V. anche sentenza del 17 luglio 2008, Commissione/Cantina sociale di Dolianova e a., C‑51/05 P, EU:C:2008:409, punto 68 e giurisprudenza ivi citata.

    ( 12 ) Trattasi in prevalenza di cause relative a dipendenti o appalti pubblici.

    ( 13 ) Tale disposizione stabilisce quanto segue: «Fatte salve le competenze attribuite alla Corte di giustizia dell’Unione europea dai trattati, le controversie nelle quali l’Unione sia parte non sono, per tale motivo, sottratte alla competenza delle giurisdizioni nazionali» (il corsivo è mio).

    ( 14 ) V., in tal senso, sentenza del 25 luglio 2002, Unión de Pequeños Agricultores/Consiglio, C‑50/00 P, EU:C:2002:462, punto 45.

    ( 15 ) V., in particolare, sentenza del 26 novembre 2013, Kendrion/Commissione, C‑50/12 P, EU:C:2013:771, punto 95.

    ( 16 ) V., inoltre, le mie conclusioni nella causa Feralpi e a./Commissione, C‑85/15 P, C‑86/15 P, C‑88/15 P e C‑89/15 P, EU:C:2016:940, paragrafo 74 e giurisprudenza ivi citata.

    ( 17 ) V. articoli 13, paragrafo 1, e 19, paragrafo 1, TUE.

    ( 18 ) V. ordinanza del 6 gennaio 2015, Kendrion/Unione europea, T‑479/14, non pubblicata, EU:T:2015:2, punto 10.

    ( 19 ) Il corsivo è mio.

    ( 20 ) La Corte di giustizia ha costantemente statuito che l’articolo 47 della Carta comprende, in quanto parte del principio della tutela giurisdizionale effettiva, il principio della parità delle armi o dell’uguaglianza processuale. V., tra le altre, sentenza del 30 giugno 2016, Toma e Biroul Executorului Judecătoresc Horațiu-Vasile Cruduleci, C‑205/15, EU:C:2016:499, punto 36 e giurisprudenza ivi citata.

    ( 21 ) Sentenza del 1o luglio 2008, Chronopost /UFEX e a., C‑341/06 P e C‑342/06 P, EU:C:2008:375, punti da 46 a 48.

    ( 22 ) Ibidem, punto 54 e la giurisprudenza ivi citata.

    ( 23 ) Cfr. conclusioni dell’avvocato generale Bot, Der Grüne Punkt Punkt - Duales System Deutschland / Commissione, C‑385/07 P, EU:C:2009:210, paragrafo 335 e la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo (in prosieguo: la «Corte EDU») citata.

    ( 24 ) Una tale regola non si rinviene nemmeno nel regolamento di procedura del Tribunale.

    ( 25 ) Ci si può chiedere se il legislatore dell’Unione non debba colmare tale lacuna. Effettivamente, può sembrare un paradosso che la Corte di giustizia dell’Unione europea non possieda regole dettagliate in materia di astensione e ricusazione, laddove essa ha costantemente considerato l’esistenza di tali norme a livello nazionale come il presupposto necessario affinché un organo nazionale possa essere considerato un «organo giurisdizionale» ai sensi dell’articolo 267 TFUE (v., in tal senso, sentenza del 9 ottobre 2014, TDC, C‑222/13, EU:C:2014:2265, punto 32 e giurisprudenza ivi citata). Tuttavia, tale questione è priva di rilevanza ai fini del presente procedimento.

    ( 26 ) V., in tal senso, sentenza del 27 febbraio 2018, Associação Sindical dos juízes Portugueses, C‑64/16, EU:C:2018:117, punto 42.

    ( 27 ) Non può escludersi che l’omessa astensione o ricusazione di un membro della Corte di giustizia in una situazione di conflitto di interessi possa, qualora le condizioni siano soddisfatte, costituire motivo di revocazione di una sentenza, ai sensi dell’articolo 44 dello statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea.

    ( 28 ) V., in particolare, sentenza del 26 novembre 2013, Kendrion/Commissione, C‑50/12 P, EU:C:2013:771, punto 101.

    ( 29 ) V. conclusioni dell’avvocato generale Bot, Der Grüne Punkt- Duales System Deutschland/Commissione, C‑385/07 P, EU:C:2009:210, paragrafi da 330 a 332, e la giurisprudenza della Corte EDU ivi citata.

    ( 30 ) V. articoli 13, paragrafo 1, e 19, paragrafo 1, TUE.

    ( 31 ) Aspetto importante, gli altri membri della Corte di giustizia non sono stati coinvolti in tale decisione, contrariamente a quanto presunto dalla Kendrion nelle sue memorie.

    ( 32 ) V. sentenza del 21 aprile 2005, Holcim (Deutschland)/Commissione, T‑28/03, EU:T:2005:139, punto 123, e ordinanza del 12 dicembre 2007, Atlantic Container Line e a./Commissione, T‑113/04, non pubblicata, EU:T:2007:377, punto 38. Ricordo che, ad oggi, la Corte di giustizia non ha avuto l’opportunità di confermare tale filone di giurisprudenza.

    ( 33 ) V., in tal senso, la sentenza del 4 ottobre 1979, Dumortier e a./Consiglio, 64/76, 113/76, 167/78, 239/78, 27/79, 28/79 e 45/79, EU:C:1979:223, punto 21. V., più di recente, ordinanza del 31 marzo 2011, Mauerhofer/Commissione, C‑433/10 P, non pubblicata, EU:C:2011:204, punto 127 e giurisprudenza ivi citata.

    ( 34 ) V. ordinanza del 31 marzo 2011, Mauerhofer/Commissione, C‑433/10 P, non pubblicata, EU:C:2011:204, punto 127 e giurisprudenza ivi citata.

    ( 35 ) V., in tal senso, le conclusioni dell’avvocato generale Trabucchi, Compagnie continentale France/Consiglio, 169/73, EU:C:1974:32, paragrafo 4.

    ( 36 ) V., ad esempio, sentenze del 13 gennaio 2004, Thermenhotel Stoiser Franz e a./Commissione, T‑158/99, EU:T:2004:2; dell’11 maggio 2005, Saxonia Edelmetalle/Commissione, T‑111/01 e T‑133/01, EU:T:2005:166; del 19 ottobre 2005, Freistaat Thüringen/Commissione, T‑318/00, EU:T:2005:363; e del 14 dicembre 2005, Laboratoire du Bain/Consiglio e Commissione, T‑151/00, non pubblicata, EU:T:2005:450.

    ( 37 ) V., tra le altre, sentenze dell’11 dicembre 2003, Marlines/Commissione, T‑56/99, EU:T:2003:333; dell’8 luglio 2004, Mannesmannröhren-Werke/Commissione, T‑44/00, EU:T:2004:218; del 14 dicembre 2005, Honeywell/Commissione, T‑209/01, EU:T:2005:455; e del 15 marzo 2006, BASF/Commissione, T‑15/02, EU:T:2006:74.

    ( 38 ) V., ad esempio, sentenza del 18 marzo 2010, Trubowest Handel e Makarov/Consiglio e Commissione, C‑419/08 P, EU:C:2010:147, punto 61. Tale principio rappresenta, come la Corte ha costantemente statuito, un principio generale comune agli ordinamenti giuridici degli Stati membri. V., in tal senso, sentenza del 5 marzo 1996, Brasserie du pêcheur e Factortame, C‑46/93 e C‑48/93, EU:C:1996:79, punto 85 e giurisprudenza ivi citata.

    ( 39 ) Articolo 85 del regolamento (CE, Euratom) n. 2342/2002 della Commissione, del 23 dicembre 2002, recante modalità d’esecuzione del regolamento (CE, Euratom) n. 1605/2002 del Consiglio che stabilisce il regolamento finanziario applicabile al bilancio generale delle Comunità europee (GU 2002, L 357, pag. 1). Tale regolamento, applicabile all’epoca dei fatti, è stato successivamente sostituito dal regolamento delegato (UE) n. 1268/2012 della Commissione, del 29 ottobre 2012, recante le modalità di applicazione del regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio che stabilisce le regole finanziarie applicabili al bilancio generale dell’Unione (GU 2012, L 362, pag. 1).

    ( 40 ) V. in tal senso, sentenza del 12 febbraio 2015, Commissione/IPK International, C336/13 P, EU:C:2015:83. Quanto al tipo e all’importo degli interessi da rimborsare da parte della Commissione ad una società che ha pagato un’ammenda al fine di adempiere ad una decisione adottata ai sensi dell’articolo 101 TFUE successivamente annullata dai giudici dell’Unione, v. causa T‑201/17, Printeos/Commissione, attualmente pendente.

    ( 41 ) V., ad esempio, sentenza del 12 maggio 2016, Trioplast Industrier/Commissione, T‑669/14, non pubblicata, EU:T:2016:285, punto 103.

    ( 42 ) V., in tal senso, sentenza del 19 maggio 1992, Mulder e a./Consiglio e Commissione, C‑104/89 e C‑37/90, EU:C:1992:217, punto 26 e segg.

    ( 43 ) Punto 77 della sentenza impugnata.

    ( 44 ) Il corsivo è mio.

    ( 45 ) V., ad esempio, sentenza del 17 dicembre 1998, Embassy Limousines & Services/Parlamento, T‑203/96, EU:T:1998:302, punto 89.

    ( 46 ) V. sentenza del 27 gennaio 2000, Mulder e a./Consiglio e Commissione, C‑104/89 e C‑37/90, EU:C:2000:38, punto 59 e seguenti.

    ( 47 ) V., ad esempio, sentenza del 3 febbraio 1994, Grifoni/Commissione, C‑308/87, EU:C:1994:38, punti da 36 a 38.

    ( 48 ) Sentenza del 26 novembre 2013, Kendrion/Commissione, C‑50/12 P, EU:C:2013:771, punto 100.

    ( 49 ) Il corsivo è mio.

    ( 50 ) V., in tal senso, conclusioni dell’avvocato generale Capotorti, Ireks-Arkady/CEE, 238/78, EU:C:1979:203, pag. 2983.

    ( 51 ) I due termini sono spesso usati come sinonimi.

    ( 52 ) Cfr. sentenza del 7 febbraio 1990, Culin/Commissione, C‑343/87, EU:C:1990:49, punti da 26 a 29.

    ( 53 ) Sentenza del 14 giugno 1979, V./Commissione, 18/78, EU:C:1979:154, punto 19.

    ( 54 ) Sentenza del 10 maggio 2006, Galileo International Technology e a./Commissione, T‑279/03, EU:T:2006:121, punto 63.

    ( 55 ) V., tra le altre, sentenza dell’11 luglio 2007, Sison/Consiglio, T‑47/03, non pubblicata, EU:T:2007:207, punto 241 e giurisprudenza ivi citata.

    ( 56 ) V., tra le altre, sentenze del 9 luglio 1981, Krecké/Commissione, 59/80 e 129/80, EU:C:1981:170, punto 74; e del 9 luglio 1987, Hochbaum e Rawes/Commissione, 44/85, 77/85, 294/85 e 295/85, EU:C:1987:348, punto 22.

    ( 57 ) È opportuno osservare, in tale contesto, che anche la Corte EDU ha ritenuto, in alcune cause, che sentenze dichiarative e risarcimenti simbolici costituissero una «equa soddisfazione» ai sensi dell’articolo 41 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. V., tra le altre, sentenze della Corte europea dei diritti dell’uomo 21 febbraio 1975, Golder c. Regno Unito, CE:ECHR:1975:0221JUD000445170, § 50; 23 novembre 1976, Engel e a. c. Paesi Bassi, CE:ECHR:1976:1123JUD000510071, §§ 10 e 11; 17 ottobre 2002, Agga c. Grecia, CE:ECHR:2002:1017JUD005077699, §§ 65 e 66; 30 novembre 2004, Vaney c. Francia, CE:ECHR:2004:1130JUD005394600, §§ da 55 a 57.

    ( 58 ) V., con ulteriori riferimenti, Wilcox, V., «A Company’s Right to Damages for Non-Pecuniary Loss» Cambridge University Press, Cambridge, 2016.

    ( 59 ) Sentenza del 25 novembre 2014, Safa Nicu Sepahan/Consiglio, T‑384/11, EU:T:2014:986, confermata nelle parti rilevanti dalla sentenza del 30 maggio 2017, Safa Nicu Sepahan/Consiglio, C‑45/15 P, EU:C:2017:402.

    ( 60 ) Sentenza del 17 dicembre 1998, Embassy Limousines & Services/Parlamento, T‑203/96, EU:T:1998:302.

    ( 61 ) Sentenza del 9 luglio 1999, New Europe Consulting e Brown/Commissione, T‑231/97, EU:T:1999:146, punto 69.

    ( 62 ) V., tra le tante, sentenza della Corte EDU, 6 aprile 2000, Comingersoll SA c. Portogallo, CE:ECHR:2000:0406JUD003538297, § 35.

    ( 63 ) V., in tal senso, sentenza del 2 giugno 1976, Kampffmeyer e a./CEE, da 56/74 a 60/74, EU:C:1976:78, punto 6; e le conclusioni dell’avvocato generale Reischl, Milch-, Fett- und Eier-Kontor/Consiglio e Commissione, 44/76, EU:C:1977:21, pag. 413. Ciò sembra rispecchiare, del resto, un principio comune ai diritti degli Stati membri: v., in tal senso, Van Gerven, W., (ed.), «Tort Law», Hart Publishing, Oxford, 2000, pagg. da 816 a 845.

    ( 64 ) V., in tal senso, sentenze del 9 dicembre 1965, Société anonyme des laminoirs, hauts fourneaux, forges, fonderies et usines de la Providence e a./Alta Autorità, 29/63, 31/63, 36/63, da 39/63 a 47/63, 50/63 e 51/63, EU:C:1965:120, pag. 938; e del 9 novembre 2006, Agraz e a./Commissione, C‑243/05 P, EU:C:2006:708, punto 42. V. anche sentenza del 28 aprile 2010, BST/Commissione, T‑452/05, EU:T:2010:167, punto 168.

    ( 65 ) V., in tal senso, sentenza del 27 gennaio 2000, Mulder e a./Consiglio e Commissione, C‑104/89 e C‑37/90, EU:C:2000:38, punto 79.

    ( 66 ) V., in tal senso, sentenza del 27 gennaio 2000, Mulder e a./Consiglio e Commissione, C‑104/89 e C‑37/90, EU:C:2000:38, punto 83.

    ( 67 ) In tal senso, conclusioni dell’avvocato generale Lagrange presentate nella causa Société anonyme des laminoirs, hauts fourneaux, forges, fonderies et usines de la Providence /Alta Autorità, cause riunite29/63, 31/63, 36/63, da 39/63 a 47/63, 50/63 e 51/63, EU:C:1964:27, pagg. 943 e 944. Cfr. Anche Toth, A.G., «The Concepts of Damage and Causality as Elements of Non-contractual liability», in Heukels, T., e McDonnell, A., «The Action for Damages in Community Law», 1 ed., Kluwer Law International, 1997, pag. 185.

    ( 68 ) A sostegno di questa tesi, v., per analogia, sentenza della Corte EDU, 10 maggio 2001, Z e altri c. Regno Unito, CE:ECHR:2001:0510JUD002939295, §§ 124 e 130.

    ( 69 ) Sentenza del 19 dicembre 2012, Heineken Nederland e Heineken/Commissione, C‑452/11 P, non pubblicata, EU:C:2012:829.

    ( 70 ) V. sentenza del 30 maggio 2017, Safa Nicu Sepahan/Consiglio, C‑45/15 P, EU:C:2017:402, punti 5051 e giurisprudenza ivi citata.

    ( 71 ) V., analogamente, sentenza del 30 maggio 2017, Safa Nicu Sepahan/Consiglio, C‑45/15 P, EU:C:2017:402, punti 5253.

    ( 72 ) Sentenza del 19 dicembre 2012, Heineken Nederland e Heineken/Commissione, C‑452/11 P, non pubblicata, EU:C:2012:829.

    ( 73 ) Sentenza del 19 dicembre 2012, Heineken Nederland e Heineken/Commissione, C‑452/11 P, non pubblicata, EU:C:2012:829, punti da 91 a 102.

    ( 74 ) Sentenza del 17 dicembre 1998, Baustahlgewebe/Commissione, C‑185/95 P, EU:C:1998:608.

    ( 75 ) V., in particolare, sentenza del 26 novembre 2013, Kendrion/Commissione, C‑50/12 P, EU:C:2013:771, punti da 77 a 108.

    ( 76 ) La Corte non ha esplicitamente affrontato tale argomento nella sentenza, mentre l’avvocato generale lo ha espressamente respinto: v. conclusioni dell’avvocato generale Sharpston nella causa Kendrion/Commissione, C‑50/12, EU:C:2013:350, punti da 130 a 132.

    ( 77 ) Ibidem. V. anche sentenza del 1o giugno 1994, Commissione/Brazzelli Lualdi e a.C‑136/92 P, EU:C:1994:211, punto 66.

    ( 78 ) La CEPEJ è un comitato istituito nel 2012 dal Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa.

    ( 79 ) V., in tal senso, sentenza della Corte EDU, 27 febbraio 2018, Ruotolo c. Italia, CE:ECHR:1992:0227JUD001246086, §17.

    ( 80 ) V. gli articoli 2, 8 e 35 dello statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea. V. anche l’articolo 32 del regolamento di procedura della Corte di giustizia e l’articolo 21 del regolamento di procedura del Tribunale.

    ( 81 ) V. articolo 87 del regolamento di procedura del Tribunale.

    ( 82 ) Cfr. conclusioni dell’avvocato generale Geelhoed nelle cause riunite Sumitomo Metal Industries/Commissione, C‑403/04 P e C‑405/04 P, EU:C:2006:546, paragrafo 158.

    ( 83 ) V., in tal senso, sentenza della Corte EDU, 21 febbraio 1997, Guillemin c. Francia, CE:ECHR:1997:0221JUD001963292, §43.

    ( 84 ) Sentenza del 26 novembre 2013, Kendrion/Commissione, C‑50/12 P, EU:C:2013:771, punto 103.

    ( 85 ) V., con ampi riferimenti alla giurisprudenza, Edel, F., «The length of civil and criminal proceedings in the case-law of the European Court of Human Rights among many» 2a ed., Council of Europe Publishing, 2007, pagg. da 33 a 39.

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