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Document 62012CC0533

    Conclusioni dell'avvocato generale Wathelet del 15 gennaio 2014.
    Société nationale maritime Corse-Méditerranée (SNCM) SA (C-533/12 P) e Repubblica francese (C-536/12 P) contro Corsica Ferries France SAS.
    Impugnazione - Aiuto alla ristrutturazione - Margine di discrezionalità della Commissione europea - Portata del controllo giurisdizionale del Tribunale dell’Unione europea - Criterio dell’investitore privato in un’economia di mercato - Necessità di un’analisi settoriale e geografica - Prassi sufficientemente consolidata - Razionalità economica a lungo termine - Versamento di indennità complementari di licenziamento.
    Cause riunite C-533/12 P e C-536/12 P.

    Court reports – general

    ECLI identifier: ECLI:EU:C:2014:4

    CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

    MELCHIOR WATHELET

    presentate il 15 gennaio 2014 ( 1 )

    Cause riunite C‑533/12 P e C‑536/12 P

    Société nationale maritime Corse-Méditerranée (SNCM) SAe

    Repubblica francese

    contro

    Corsica Ferries France SAS

    «Impugnazione — Aiuto alla ristrutturazione — Test dell’investitore privato in un’economia di mercato — Margine di discrezionalità della Commissione — Portata del controllo giurisdizionale del Tribunale — Immagine dello Stato — Necessità di un’analisi settoriale e geografica — Pratica sufficientemente consolidata — Versamento di indennità complementari di licenziamento»

    1. 

    La presente causa verte sulle impugnazioni proposte dalla Société nationale maritime Corse-Méditerranée (SNCM) SA (in prosieguo: la «SNCM») e dalla Repubblica francese contro la sentenza del Tribunale Corsica Ferries Francia/Commissione (in prosieguo: la «sentenza impugnata») ( 2 ), per il motivo che quest’ultimo ha annullato l’articolo 1, secondo e terzo comma, della decisione 2009/611/UE della Commissione, dell’8 luglio 2008, riguardante le misure C 58/02 (ex N 118/02) che la Francia ha applicato a favore della SNCM (in prosieguo: la «decisione controversa») ( 3 ).

    2. 

    Con decisione del 24 gennaio 2013, il presidente della Corte ha disposto la riunione delle cause C‑533/12 P e C‑536/12 P.

    I – Fatti

    3.

    La SNCM è una compagnia di navigazione che garantisce collegamenti regolari verso la Corsica, l’Africa del Nord (Algeria e Tunisia) e la Sardegna in partenza dalla Francia continentale (Marsiglia, Tolone e Nizza).

    4.

    Nel 2002 la SNCM era controllata per il 20% dalla Société nationale des chemins de fer e per l’80% dalla Compagnie Générale Maritime et Financière (in prosieguo: la «CGMF»), controllate al 100% dallo Stato francese. In occasione dell’apertura del suo capitale nel 2006, due acquirenti, la Butler Capital Partners (in prosieguo: la «BCP») e la Veolia Transport (in prosieguo: la «VT»), hanno assunto il controllo, rispettivamente, del 38% e del 28% del capitale, mentre la CGMF restava presente con una quota del 25% ed il 9% del capitale rimaneva riservato ai dipendenti. La BCP ha poi ceduto la sua partecipazione alla VT.

    5.

    La Corsica Ferries France SAS (in prosieguo: la «Corsica Ferries») è una compagnia di navigazione che offre collegamenti marittimi regolari verso la Corsica a partire dalla Francia continentale (Marsiglia, Tolone e Nizza) e dall’Italia. Essa è uno dei principali concorrenti della SNCM. Al momento dell’adozione della decisione controversa, la Corsica Ferries era l’attore dominante dei collegamenti marittimi fra il continente e la Corsica e la sua quota di mercato era in costante progresso ( 4 ).

    6.

    Con lettera del 18 febbraio 2002, la Repubblica francese ha notificato alla Commissione un progetto di aiuto alla ristrutturazione a favore della SNCM per un importo di EUR 76 milioni (in prosieguo: il «piano del 2002»).

    7.

    Con la sua decisione 2004/166/CE, del 9 luglio 2003, concernente l’aiuto alla ristrutturazione che la Francia prevedeva di mettere ad esecuzione a favore della SNCM (in prosieguo: la «decisione del 2003») ( 5 ), la Commissione ha approvato, a determinate condizioni, due tranche di aiuti alla ristrutturazione della SNCM per un importo totale di EUR 76 milioni, l’una di EUR 66 milioni, pagabile immediatamente, e l’altra, di un importo massimo di EUR 10 milioni, condizionata al risultato netto delle cessioni aventi ad oggetto, in particolare, le navi della SNCM. L’unico elemento controverso del piano del 2002 è il saldo della ristrutturazione per un importo definitivo di EUR 15,81 milioni ( 6 ).

    8.

    Con la sua decisione 2005/36/CE, dell’8 settembre 2004, che modifica la decisione del 2003 ( 7 ), la Commissione ha modificato una delle condizioni poste con l’articolo 2 della decisione del 2003. Tali modifiche non rilevano ai fini delle impugnazioni in esame.

    9.

    Il 13 ottobre 2003 la Corsica Ferries ha introdotto dinanzi al Tribunale un ricorso di annullamento contro la decisione del 2003.

    10.

    Con decisione del 16 marzo 2005, la Commissione ha approvato, sulla base della decisione del 2003, la liquidazione parziale della seconda tranche dell’aiuto alla ristrutturazione di cui al paragrafo 7 delle presenti conclusioni, per un importo di EUR 3 327 400.

    11.

    Con sentenza del 15 giugno 2005 ( 8 ), il Tribunale ha annullato la decisione del 2003 in ragione di una valutazione erronea del carattere minimo dell’aiuto, dovuta principalmente ad errori di calcolo del prodotto netto delle cessioni, pur respingendo tutti gli altri motivi attinenti ad un difetto di motivazione ed alla violazione dell’articolo 87, paragrafo 3, lettera c), CE [divenuto articolo 107, paragrafo 3, lettera c), TFUE] ( 9 ), e degli orientamenti comunitari sugli aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione di imprese in difficoltà ( 10 ).

    12.

    Con lettera del 7 aprile 2006 le autorità francesi hanno invitato la Commissione a considerare che, in ragione della sua natura di compensazione di servizio pubblico, una parte dell’aiuto alla ristrutturazione autorizzato nell’ambito del piano del 2002, per un importo di EUR 53,48 milioni, non dovesse essere classificata come «misura presa nel quadro di un piano di ristrutturazione, bensì come misura che non costituisce aiuto ai sensi della giurisprudenza Altmark [sentenza della Corte del 24 luglio 2003, Altmark Trans e Regierungspräsidium Magdeburg (C-280/00, Racc. pag. I-7747)] o come misura autonoma e indipendente dal piano del 2002 ai sensi dell’articolo 86, paragrafo 2, CE» ( 11 ).

    13.

    Il 21 aprile 2006 il progetto di concentrazione consistente nell’acquisizione di un controllo congiunto della SNCM da parte della BCP e della VT è stato notificato alla Commissione ai sensi dell’articolo 4 del regolamento (CE) n. 139/2004 del Consiglio, del 20 gennaio 2004, relativo al controllo delle concentrazioni tra imprese ( 12 ). Il 29 maggio 2006 la Commissione ha autorizzato l’operazione di concentrazione sul fondamento dell’articolo 6, paragrafo 1, lettera b), dello stesso regolamento.

    14.

    Il 16 maggio 2006 la BCP, la VT e la CGMF hanno sottoscritto un protocollo d’intesa ai sensi del quale il 75% del capitale della SNCM è ceduto agli acquirenti privati. Tale protocollo contiene tre misure statali che sono state al centro del procedimento dinanzi al Tribunale e sulle quali si controverte nel presente procedimento:

    la cessione della SNCM ad un prezzo negativo di EUR 158 milioni (apporto di capitale per EUR 142,5 milioni ed assunzione delle spese di cassa mutua per un importo di EUR 15,5 milioni),

    l’anticipo in conto corrente da parte della CGMF di un importo di EUR 38,5 milioni a favore del personale licenziato della SNCM; e

    l’aumento di capitale per EUR 8,75 milioni sottoscritto dalla CGMF congiuntamente e contestualmente all’apporto di EUR 26,25 milioni effettuato dalle società VT e BCP.

    15.

    In seguito alla presentazione, in data 13 settembre 2006, da parte delle autorità francesi delle informazioni relative alle operazioni finanziarie effettuate in occasione del trasferimento della SNCM al settore privato, la Commissione ha deciso di avviare il procedimento di cui all’articolo 88, paragrafo 2, CE e di esaminare in tale contesto le nuove misure a favore della SNCM integrandovi il piano del 2002 ( 13 ).

    16.

    Con la decisione controversa la Commissione ha ritenuto che l’apporto di capitale per EUR 53,48 milioni previsto dal piano del 2002 a titolo di compensazione degli obblighi di servizio pubblico costituisse un aiuto di Stato illegittimo ai sensi dell’articolo 88, paragrafo 3, CE, ma compatibile con il mercato comune in virtù degli articoli 86, paragrafo 2, CE e 87, paragrafo 3, lettera c), CE e che le misure del piano di privatizzazione non costituissero aiuti di Stato ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 1, CE.

    II – Il ricorso dinanzi al Tribunale e la sentenza impugnata

    17.

    Con il suo ricorso dinanzi al Tribunale, la Corsica Ferries ha chiesto l’annullamento della decisione controversa.

    18.

    Con la sentenza impugnata il Tribunale ha parzialmente accolto il suo ricorso. Riguardo alle tre misure che accompagnavano il protocollo d’intesa del 16 maggio 2006 ed il saldo della ristrutturazione contenuto nel piano del 2002, esso ha dichiarato che:

    la Commissione era incorsa in un errore di diritto ed in un errore manifesto di valutazione considerando che l’approvazione della cessione della SNCM ad un prezzo negativo di EUR 158 milioni non costituiva un aiuto ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 1, CE;

    la Commissione era incorsa in un errore manifesto di valutazione considerando che l’apporto di capitale da parte della CGMF per EUR 8,75 milioni non costituiva un aiuto ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 1, CE;

    la Commissione era incorsa in un errore manifesto di valutazione considerando che l’anticipo alla SNCM da parte della CMGF per un importo di EUR 38,5 milioni non costituiva un aiuto ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 1, CE;

    la Commissione non aveva corroborato con validi argomenti la sua analisi relativa al saldo della ristrutturazione per un importo finale di EUR 15,81 milioni e, quindi, era incorsa in un errore manifesto di valutazione approvando tale saldo sul fondamento dell’articolo 87, paragrafo 1, CE.

    19.

    Sulla base di siffatti rilievi, il Tribunale ha annullato l’articolo 1, secondo e terzo comma, della decisione controversa.

    III – Procedimento dinanzi alla Corte

    20.

    Con l’impugnazione depositata presso la cancelleria della Corte il 22 novembre 2012, la SNCM ha chiesto l’annullamento parziale della sentenza impugnata. Con l’impugnazione depositata presso la cancelleria della Corte il 26 novembre 2012, la Repubblica francese ha chiesto l’annullamento della sentenza impugnata. Il 28 febbraio 2013 la Corsica Ferries ha depositato il proprio controricorso. Il 6 novembre 2013 si è tenuta un’udienza in cui la SNCM, la Repubblica francese e la Corsica Ferries hanno presentato le loro osservazioni orali.

    21.

    Occorre osservare che la Commissione, la cui decisione è stata parzialmente annullata dal Tribunale, non ha contestato la sentenza del Tribunale proponendo un’impugnazione o sostenendo la SNCM e la Repubblica francese o ancora partecipando all’udienza dinanzi alla Corte.

    IV – L’impugnazione

    22.

    La SNCM e la Repubblica francese sollevano quattro motivi relativi a ciascuno dei quattro punti menzionati al paragrafo 18 supra.

    A – Sul primo motivo, concernente la cessione della SNCM ad un prezzo negativo

    1. La decisione controversa

    23.

    Ai punti da 259 a 348 del preambolo della decisione controversa, la Commissione ha considerato che, per stabilire se la privatizzazione della SNCM per un prezzo di vendita negativo di EUR 158 milioni comportasse elementi di aiuto di Stato, occorresse valutare se, in circostanze simili, un investitore privato avrebbe potuto essere indotto ad effettuare conferimenti di capitali di simile entità nell’ambito della vendita della SNCM o se invece avrebbe optato per la sua liquidazione.

    24.

    Secondo la Commissione i grandi gruppi di imprese non possono attualmente, quando procedono alla chiusura di siti o alla liquidazione di filiali, disinteressarsi delle conseguenze sociali che tali chiusure o liquidazioni implicano. La Commissione ha aggiunto che essi attuano molto spesso piani sociali i quali possono comprendere indennità di licenziamento che vanno al di là di quanto imposto dalla legge e dai contratti collettivi.

    25.

    La Commissione ha dunque ritenuto che, nell’ipotesi di una liquidazione della SNCM, sarebbero state adottate misure del genere in aggiunta agli obblighi di legge al fine di non offuscare l’immagine della holding di appartenenza e del suo azionista finale, ossia lo Stato francese.

    26.

    La Commissione ha poi esaminato se il costo delle indennità di licenziamento che vanno al di là di quanto imposto dalla legge e dai contratti collettivi eccedesse il prezzo negativo della vendita e ha concluso in senso negativo. Su tale base la Commissione ha ammesso che la scelta di cedere la SNCM ad un prezzo negativo di EUR 158 milioni non costituiva un aiuto di Stato, in quanto era conforme alla scelta che avrebbe compiuto un gruppo privato operante in un’economia di mercato, tenuto conto dei costi sociali che la liquidazione dell’impresa avrebbe comportato.

    2. La sentenza impugnata

    27.

    Nell’ambito del suo esame dell’applicazione del criterio dell’investitore privato, il Tribunale ha ammesso che, per definire il comportamento dell’investitore privato accorto, occorreva prendere in considerazione anche le sue responsabilità in un’economia sociale di mercato nei confronti di tutti i soggetti interessati dell’impresa e l’evoluzione del contesto sociale, economico ed ambientale all’interno del quale esso esercita la sua attività ( 14 ).

    28.

    In proposito, il Tribunale ha riconosciuto che il versamento da parte di un investitore privato di indennità complementari di licenziamento può costituire una pratica legittima ed opportuna al fine di favorire un dialogo sociale sereno e preservare l’immagine di una società o di un gruppo di società ( 15 ). Tuttavia, secondo il Tribunale, in mancanza di una qualsiasi razionalità economica, anche a lungo termine, l’accollo di costi ulteriori rispetto agli obblighi legali e convenzionali dev’essere considerato un aiuto di Stato ( 16 ).

    29.

    A tal riguardo il Tribunale ha addebitato alla Commissione di non avere definito le attività economiche dello Stato francese per le quali si potrebbe eventualmente riconoscere l’esistenza di un’esigenza di protezione dell’immagine e in relazione alle quali occorreva valutare, nel caso di specie, la razionalità economica della cessione al prezzo negativo concordato ( 17 ).

    30.

    Il Tribunale ha considerato che, in mancanza di una simile definizione, era impossibile per esso controllare la razionalità economica a lungo termine del prezzo di vendita negativo autorizzato dallo Stato francese per evitare il versamento delle indennità complementari di licenziamento in caso di liquidazione. Ne ha quindi concluso che la Commissione era incorsa in un errore di diritto ( 18 ).

    31.

    Inoltre il Tribunale ha ritenuto che la Commissione non avesse indicato sufficienti elementi oggettivi e verificabili per dimostrare che il versamento delle indennità complementari di licenziamento sarebbe una prassi consolidata tra gli imprenditori privati, e che avesse omesso di produrre elementi idonei a dimostrare l’esistenza di una ragionevole probabilità che insorgano costi sociali atti a giustificare il versamento di tali indennità ( 19 ).

    32.

    Prima di accogliere il motivo dedotto dalla Corsica Ferries secondo cui la Commissione era incorsa in un errore manifesto di valutazione considerando che l’approvazione della cessione della SNCM ad un prezzo negativo non costituiva un aiuto di Stato ( 20 ), il Tribunale ha concluso che «[l]a Commissione non ha quindi indicato alcun elemento idoneo a dimostrare in modo adeguato che la previsione del considerevole costo delle indennità complementari di licenziamento, che poteva raggiungere un importo pari anche a dieci volte i soli obblighi legali e convenzionali, come emerge dal punto 277 della decisione impugnata, sarebbe stata giustificata, nel caso di specie, da una probabilità ragionevole per lo Stato francese di trarre un profitto materiale indiretto, seppure a lungo termine. Per quanto non sia possibile escludere il rischio che un’eventuale liquidazione della SNCM possa avere, in caso di mancato versamento delle indennità complementari di licenziamento, conseguenze sul piano sociale all’interno di altre imprese pubbliche, l’entità dei costi sociali e la probabilità che essi si verifichino non è stata in alcun modo analizzata dalla Commissione, neppure nelle sue risposte scritte al Tribunale. Si deve pertanto concludere che la razionalità economica a lungo termine del comportamento dello Stato francese non è stata dimostrata in termini giuridicamente sufficienti» ( 21 ).

    3. Analisi

    a) Sulla prima parte del primo motivo della SNCM

    33.

    La SNCM addebita al Tribunale di avere travisato il margine discrezionale di cui la Commissione dispone ai fini dell’applicazione del criterio dell’investitore privato in un’economia di mercato.

    34.

    Ai punti 86 e 87 della sentenza impugnata, il Tribunale ha ricordato che, nel contesto del test dell’investitore privato, spetta alla Commissione definire le attività economiche dello Stato, in particolare a livello geografico e settoriale, in relazione alle quali deve essere valutata la razionalità economica a lungo termine del comportamento del suddetto Stato. Secondo il Tribunale tale analisi sarebbe indispensabile per determinare l’esistenza di una pratica sufficientemente consolidata tra gli investitori privati di riferimento preliminarmente definiti e stabilire l’esistenza, sulla base di elementi oggettivi e verificabili, di una probabilità ragionevole e sufficientemente fondata che lo Stato membro tragga dal comportamento in questione un profitto materiale indiretto.

    35.

    La SNCM ritiene che tali considerazioni del Tribunale vanno ben oltre l’analisi dell’eventuale errore manifesto di valutazione della Commissione e rimettono in discussione la sua valutazione economica dei fatti che le sono stati sottoposti nonché la qualità del lavoro del consulente indipendente designato dalla Commissione. Secondo la SNCM la sentenza impugnata contrasterebbe con l’equilibrio istituzionale nel senso che il Tribunale si sarebbe arrogato il ruolo di esperto dei rapporti economici e sociali dell’impresa.

    36.

    Propongo alla Corte di disattendere la prima parte del primo motivo della SNCM per i seguenti motivi.

    37.

    Invero, occorre rammentare che non spetta al giudice dell’Unione sostituire la propria valutazione economica a quella della Commissione ( 22 ). Infatti, come la Corte ha già dichiarato, «il controllo che i giudici dell’Unione esercitano sulle valutazioni economiche complesse condotte dalla Commissione è un controllo ristretto che si limita necessariamente alla verifica dell’osservanza delle regole procedurali e di motivazione, all’esattezza materiale dei fatti, all’assenza di manifesti errori di valutazione e di sviamento di potere» ( 23 ).

    38.

    Tuttavia, contrariamente a quanto affermato dalla SNCM, il Tribunale non ha sostituito la propria valutazione a quella della Commissione, bensì ha evidenziato nel ragionamento di quest’ultima, e soprattutto nel modo in cui esso è stato suffragato, lacune tali da mettere in causa la corretta applicazione dell’articolo 87 CE da parte della Commissione.

    39.

    Non condivido nemmeno la censura secondo cui il Tribunale non avrebbe tenuto conto del fatto che la Commissione aveva nominato un consulente indipendente e aveva basato la propria decisione sulle sue conclusioni, mettendo così in dubbio il contenuto del lavoro del consulente. Come rileva la Corsica Ferries, il Tribunale non ha contestato le conclusioni del consulente bensì, anche in questo caso, si è limitato ad addebitare alla Commissione di non avere sufficientemente suffragato il suo proprio ragionamento né dedotto a sostegno della sua conclusione sufficienti elementi oggettivi e verificabili messi a sua disposizione dal lavoro del consulente.

    b) Sulla seconda e sulla quarta parte del primo motivo della SNCM e sulla seconda parte del primo motivo della Repubblica francese

    40.

    Il primo motivo della Repubblica francese, e più in particolare la prima parte di tale motivo, solleva la questione della presa in considerazione dell’immagine dello Stato quale attore economico globale in un’economia di mercato, al fine di escludere dalla nozione di aiuto di Stato il versamento di indennità complementari di licenziamento. Poiché tale questione può porsi solo qualora le indennità in questione siano superiori a quanto imposto dagli obblighi legali e convenzionali e non sia stato possibile dimostrare che questo tipo di versamento costituiva una pratica consolidata nell’economia di cui trattasi, mi sembra più logico esaminare anzitutto la seconda parte del primo motivo della Repubblica francese, secondo cui il Tribunale avrebbe commesso un errore di diritto esigendo che la Commissione dimostrasse che il versamento di indennità complementari di licenziamento costituiva una pratica sufficientemente consolidata, se non costante, tra gli investitori privati.

    41.

    Analogamente la SNCM addebita al Tribunale di avere istituito ai punti 86 e 87 della sentenza impugnata, ai fini dell’interpretazione e dell’applicazione del criterio dell’investitore privato, un «test integralmente pretoriano» in base al quale la Commissione dovrebbe (i) effettuare un’analisi settoriale o geografica, (ii) dimostrare una pratica sufficientemente consolidata e iii) soddisfare uno standard probatorio troppo elevato per dimostrare l’esistenza di una probabilità di profitto materiale indiretto.

    i) Sull’esigenza di procedere ad un’analisi geografica o settoriale

    42.

    Al punto 86 della sentenza impugnata, il Tribunale ha dichiarato che, «(…) nel contesto del test dell’investitore privato, spetta alla Commissione, nell’esercizio del suo margine di discrezionalità, definire le attività economiche dello Stato, in particolare a livello geografico e settoriale, in relazione alle quali deve essere valutata la razionalità economica a lungo termine del comportamento del suddetto Stato» ( 24 ).

    43.

    Il Tribunale addebita dunque alla Commissione di non avere fornito i dati necessari per valutare la razionalità economica del versamento di indennità complementari di licenziamento.

    44.

    Come rileva la Corsica Ferries, l’impiego della locuzione avverbiale «in particolare» dimostra che il Tribunale ha lasciato aperta la possibilità di prendere in considerazione altre circostanze, senza limitare l’applicazione del test dell’investitore privato ad un’analisi geografica o settoriale.

    45.

    Peraltro nulla nella giurisprudenza impedirebbe al Tribunale di rilevare che un’analisi geografica o settoriale potrebbe essere pertinente per valutare la razionalità economica a lungo termine del comportamento dello Stato. Inoltre tale analisi potrebbe concludersi nel senso che le attività economiche dello Stato in questione coprono un’area molto estesa e molteplici settori. Essa potrebbe essere utile, anche in quanto le retribuzioni o le indennità di licenziamento variano considerevolmente in funzione dei mercati o dei settori interessati.

    46.

    La SNCM invoca la sentenza Italia e SIM 2 Multimedia/Commissione in cui la Corte ha dichiarato che «occorre valutare se, in circostanze analoghe, un investitore privato di dimensioni paragonabili a quelle degli enti che gestiscono il settore pubblico avrebbe potuto essere indotto ad effettuare conferimenti di capitali di simile entità» ( 25 ).

    47.

    A mio parere tale definizione mira proprio ad identificare in termini di dimensioni il tipo di investitore privato paragonabile allo Stato, che un’analisi «in particolare a livello geografico e settoriale» delle attività economiche dello Stato, quale suggerita dal Tribunale, può contribuire a precisare.

    48.

    La seconda parte del primo motivo della SNCM dev’essere disattesa anche nella parte in cui invoca una violazione dell’articolo 295 CE, secondo il quale «[i] trattati lasciano del tutto impregiudicato il regime di proprietà esistente negli Stati membri». La SNCM ritiene che l’analisi geografica e settoriale menzionata dal Tribunale al punto 86 della sentenza impugnata ometta di considerare il fatto che esistono holding private ampiamente diversificate e le cui attività non sono limitate ad un settore o ad una determinata area geografica. Non vedo come siffatta analisi geografica e settoriale delle attività economiche dello Stato ed il fatto che talune holding private non siano limitate ad un settore o ad una determinata area geografica possa incidere sulla tutela accordata al regime di proprietà esistente negli Stati membri.

    ii) Sulla dimostrazione di una pratica sufficientemente consolidata

    49.

    Ai punti 95 e 96 della sentenza impugnata, il Tribunale ha dichiarato che la Commissione non aveva «indicato sufficienti elementi oggettivi e verificabili idonei a dimostrare che il versamento delle indennità complementari di licenziamento, in circostanze analoghe, sarebbe una prassi consolidata tra gli imprenditori privati» e «si [era] limitata ad affermare che il versamento di indennità complementari di licenziamento (…) era divenuto una prassi corrente tra i grandi gruppi di imprese (…)». Il Tribunale le ha addebitato di non avere prodotto il minimo elemento di prova a sostegno di tale affermazione.

    50.

    La SNCM considera che, con tale critica al ragionamento della Commissione, il Tribunale introduce un nuovo requisito che travalica quanto necessario per la corretta applicazione del test dell’investitore privato e contravviene all’articolo 345 TFUE. La Repubblica francese nonché la SNCM sostengono che, per conformarsi ai requisiti del criterio dell’investitore privato, sarebbe sufficiente dimostrare che anche una sola impresa privata abbia versato indennità complementari di licenziamento in circostanze analoghe.

    51.

    Non condivido tale critica alla sentenza impugnata.

    52.

    Ricordo che il versamento di indennità complementari di licenziamento deve essere analizzato nel contesto del test dell’investitore privato, onde stabilire se il costo di liquidazione della SNCM ecceda quello della cessione al prezzo negativo di EUR 158 milioni, detto in altri termini se un investitore privato, al posto dello Stato, avrebbe effettuato la cessione in parola.

    53.

    Occorre quindi stabilire se il costo di liquidazione includerebbe le indennità complementari in questione. Tale ipotesi ricorrerebbe se si trattasse di indennità previste dalla legge o dai contratti collettivi. Poiché, nella fattispecie, le indennità complementari di licenziamento vanno ben al di là di obblighi siffatti, l’unico motivo per il quale, alla luce del criterio dell’investitore privato, esse andrebbero prese in considerazione nel calcolo dei costi di liquidazione consisterebbe nel fatto che si tratta di una prassi sufficientemente consolidata.

    54.

    La SNCM e la Repubblica francese ritengono che la possibilità o il fatto che anche un solo investitore privato abbia deciso di versare o abbia versato siffatte indennità complementari di licenziamento sarebbe sufficiente per includerle nel calcolo dei costi di liquidazione.

    55.

    Ciò mi sembra ampiamente insufficiente, soprattutto qualora quest’unica possibilità o quest’unica occasione in cui un investitore privato avrebbe potuto prendere o ha preso la suddetta decisione emerga tra molteplici esempi di investitori privati che non l’hanno fatto, poiché ciò dimostrerebbe che, salvo casi del tutto eccezionali, il versamento di indennità complementari di licenziamento non presenta alcuna razionalità economica.

    56.

    Come ha rilevato la Corsica Ferries in udienza, la prova dell’esistenza di una prassi consolidata, corrente o costante nel mercato non costituisce in tale contesto un requisito nuovo o straordinario. La Commissione stessa ha ricordato in una delle sue comunicazioni in materia di aiuti di Stato che le risorse statali costituiscono aiuti se «“non configurano il normale apporto di capitali secondo la normale prassi delle società in economia di mercato” (…)» ( 26 ). La differenza di terminologia («normale prassi», «prassi consolidata» ( 27 ), «pratica sufficientemente consolidata» ( 28 ), «prassi corrente» ( 29 ) o «pratica costante» ( 30 )) non dimostrano, secondo me, che dalla sentenza del Tribunale emerga un nuovo requisito probatorio.

    57.

    Peraltro, al punto 268 della decisione controversa, la Commissione afferma che i grandi gruppi di imprese «attuano molto spesso piani sociali (…) che vanno al di là di quanto imposto dalla legge e dalle convenzioni collettive». Le parole «molto spesso» possono riferirsi solo ad una pratica consolidata, di cui occorre evidentemente dimostrare l’esistenza.

    58.

    Ciò detto, fatta salva la verifica dell’osservanza delle regole procedurali e di motivazione, dell’esattezza materiale dei fatti, dell’assenza di manifesti errori di valutazione e di sviamento di potere ( 31 ), l’identificazione di una prassi sufficientemente consolidata non spetta al giudice dell’Unione bensì alla Commissione, la quale si è peraltro implicitamente assunta l’onere di dimostrare, anche mediante semplici affermazioni, che nella fattispecie si trattava di una prassi consolidata nel mercato ( 32 ).

    59.

    Orbene, il Tribunale ha constatato che la Commissione, alla nota a piè di pagina n. 135 della decisione controversa, aveva menzionato solo un esempio risalente al 1991, ove tuttavia non si poneva la questione del versamento di indennità equiparabili a quelle della presente causa, ed altri dieci casi di piani sociali che si riferivano, come la Commissione ha riconosciuto all’udienza dinanzi al Tribunale, ad operazioni di ristrutturazione e non di liquidazione, peraltro intervenute in settori che non hanno nulla a che vedere con il trasporto marittimo ( 33 ).

    60.

    È dunque entro tali limiti che il Tribunale ha dichiarato che la Commissione, limitandosi ad affermare, «senza tuttavia produrre alcun elemento di prova» ( 34 ), che il versamento di indennità complementari di licenziamento era una prassi consolidata tra gli investitori privati, non aveva sufficientemente motivato la propria decisione.

    61.

    In questa fase si può parimenti respingere la quarta parte del primo motivo della SNCM, con cui essa addebita al Tribunale di non avere adempiuto il suo obbligo di motivazione omettendo di definire le nozioni di «pratica sufficientemente consolidata» e di «pratica costante».

    62.

    Oltre al fatto che tali espressioni sono abbastanza chiare e attengono ad una valutazione dei fatti, il Tribunale non era tenuto a definirle, tanto più che non occorre una lunga motivazione per comprendere che un unico o alcuni esempi, peraltro non convincenti, non possono costituire una «pratica costante» o «sufficientemente consolidata».

    63.

    A mio avviso il Tribunale ha quindi dichiarato correttamente che la Commissione non aveva sufficientemente dimostrato che il versamento di indennità complementari di licenziamento era una pratica sufficientemente consolidata tra gli investitori privati.

    iii) Sulla prova di un comportamento motivato dalla ragionevole probabilità di conseguire un profitto materiale indiretto

    64.

    Al punto 101 della sentenza impugnata, il Tribunale ha dichiarato che, in mancanza di una prassi consolidata di versamento di indennità complementari di licenziamento, la Commissione non aveva nemmeno dimostrato che il versamento in questione da parte della Repubblica francese fosse stato motivato dalla ragionevole probabilità di conseguire un profitto materiale indiretto, seppur a lungo termine.

    65.

    La SNCM lamenta che il Tribunale, pronunciandosi in tal senso, ha imposto alla Commissione un onere probatorio eccessivo, in quanto essa avrebbe dovuto quantificare precisamente il pregiudizio subito in caso di deterioramento dell’immagine dello Stato, mentre siffatta quantificazione dovrebbe basarsi per sua natura su elementi difficilmente prevedibili.

    66.

    Tale interpretazione della sentenza impugnata non è corretta. Al punto 102 della suddetta sentenza, il Tribunale ha dichiarato che «[n]ella decisione impugnata la Commissione non ha (…) indicato elementi in grado di spiegare la concreta natura del pregiudizio subito e in particolare di chiarire nei confronti di quali parti interessate (utenti, clienti, fornitori o dipendenti) l’immagine della CGMF e dello Stato francese verrebbe ad essere danneggiata. La decisione impugnata non contiene inoltre alcun elemento volto a dimostrare che la Commissione abbia cercato di quantificare il pregiudizio subito, pregiudizio che deve tuttavia essere necessariamente confrontato con il costo stimato delle indennità complementari di licenziamento di cui costituisce la giustificazione».

    67.

    Senza parlare di «quantificazione precisa», il Tribunale ha constatato che «[l]a Commissione si è limitata, ai punti 270 e 271 della decisione impugnata, ad affermare che in caso di liquidazione della SNCM le tensioni sociali interne all’impresa, comprovate a suo avviso dal conflitto sociale verificatosi nel 2004, sfocerebbero in disordini sociali idonei a minare l’immagine della sua società controllante e del suo azionista finale» ( 35 ).

    68.

    Inoltre, in occasione dell’udienza dinanzi al Tribunale, la Commissione ha ammesso di non avere esaminato in alcun modo la ragionevole probabilità che insorgessero costi sociali (ad esempio scioperi) atti a giustificare il versamento delle indennità complementari di licenziamento ( 36 ). Mi pare quindi che il Tribunale non abbia affatto imposto un onere probatorio eccessivo e si sia limitato a constatare l’insufficienza di motivazione su tale punto della decisione della Commissione.

    c) Sulla prima parte del primo motivo della Repubblica francese

    69.

    Come ho già accennato al paragrafo 40 delle presenti conclusioni, con il suo primo motivo la Repubblica francese addebita al Tribunale di avere violato l’articolo 87, paragrafo 1, CE, considerando che la Commissione non poteva, nell’ambito del criterio dell’investitore privato accorto, prendere in considerazione il rischio di un pregiudizio all’immagine dello Stato quale attore economico globale in un’economia di mercato.

    70.

    Più precisamente, con la prima parte di tale motivo, la Repubblica francese afferma che, ai punti 90, 93 e 94 della sentenza impugnata, il Tribunale ha, in realtà, negato che uno Stato membro possa tenere conto del rischio di un pregiudizio alla propria immagine quale attore economico globale, possibilità che tuttavia sembrava avere ammesso al punto 85 della sua sentenza.

    71.

    La Repubblica francese è del parere che la Commissione potesse tener conto di tale rischio per stabilire se il versamento di indennità complementari di licenziamento rispondesse a prospettive di redditività a lungo termine e se, in circostanze analoghe, anche un investitore privato avrebbe versato siffatte indennità al fine di tutelare la propria immagine.

    72.

    La Repubblica francese sostiene anche che il versamento di indennità complementari di licenziamento sia necessario per tutelare l’immagine dello Stato. A sostegno della sua tesi essa evoca il rischio di scioperi di solidarietà che potrebbero estendersi all’intero settore pubblico con l’effetto di paralizzare l’attività economica delle imprese del settore in questione.

    73.

    In tale contesto la Repubblica francese afferma che un’ondata di scioperi implicherebbe gravi perdite economiche per lo Stato. Essa si riferisce alla brusca interruzione dei rapporti contrattuali tra le imprese in sciopero ed i loro fornitori e clienti nonché alle difficoltà di pagamento e di approvvigionamento che obbligherebbero i clienti non professionali delle imprese pubbliche a rivolgersi ad imprese private concorrenti.

    74.

    La Repubblica francese considera dunque che evitare tali ripercussioni economiche nefaste rappresenta il profitto materiale indiretto che lo Stato intendeva ricavare dal versamento delle indennità complementari di licenziamento.

    75.

    Non condivido la suddetta analisi.

    76.

    Si deve anzitutto ricordare che, al punto 83 della sua sentenza, il Tribunale ha ammesso che «la facoltà di versare delle indennità complementari di licenziamento è riconosciuta anche agli Stati membri in caso di liquidazione di una società pubblica, benché i loro obblighi non eccedano a priori gli obblighi legali e convenzionali minimi».

    77.

    Al punto 84 della sentenza impugnata, il Tribunale ha tuttavia considerato che, in mancanza di una qualsiasi razionalità economica, un versamento di questo tipo, che eccede gli obblighi legali e convenzionali minimi, deve essere considerato un aiuto di Stato ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 1, CE e ha aggiunto, al punto 85, che non può essere sufficiente fare genericamente riferimento all’immagine di uno Stato membro, quale attore economico globale, per sfuggire alla qualificazione come aiuto di Stato.

    78.

    Nel medesimo punto 85, il Tribunale ha dichiarato che, al di fuori di circostanze particolari e senza una motivazione oltremodo convincente, la protezione dell’immagine dello Stato quale investitore globale in un’economia di mercato non può costituire una giustificazione sufficiente per dimostrare la razionalità economica a lungo termine dell’accollo di costi aggiuntivi quali quelli delle indennità complementari di licenziamento.

    79.

    Pertanto, contrariamente a quanto sostenuto dalla Repubblica francese, il Tribunale, pur esigendo la sussistenza «di circostanze particolari e (…) una motivazione oltremodo convincente» ( 37 ), non ha escluso in via di principio che, in un contesto fattuale e giuridico come quello della presente causa, si possa prendere in considerazione l’immagine dello Stato quale investitore globale nell’economia. Mi sembra che tale posizione del Tribunale sia conciliabile con la giurisprudenza della Corte.

    80.

    Anzitutto, va rilevato che esiste poca giurisprudenza sull’immagine dello Stato come attore economico. La prima sentenza al riguardo, peraltro menzionata dalla Commissione nella decisione controversa ( 38 ), è la sentenza Italia/Commissione in cui la Corte ha ammesso che la decisione di sopportare perdite «[può] essere motivat[a] non soltanto dalla probabilità di ricavare un profitto materiale indiretto, ma anche da altre considerazioni, quali la salvaguardia dell’immagine del gruppo o il riorientamento delle sue attività» ( 39 ).

    81.

    Tuttavia la Corte ha effettuato tale constatazione riguardo ad un investitore privato che intende «garantire la sopravvivenza dell’impresa che sia temporaneamente in difficoltà» o «consentire la cessazione delle attività di [una controllata] nelle migliori condizioni» ( 40 ).

    82.

    In base a tale analisi, la Corte ha concluso che «quando i conferimenti di capitali (...) prescindano da qualsiasi prospettiva di redditività, anche a lungo termine, essi vanno considerati aiuti [di Stato]» ( 41 ). In realtà, secondo la Corte, in tale causa «il conguaglio delle perdite era avvenuto in circostanze che sarebbero risultate inaccettabili per un investitore privato operante nelle normali condizioni di un’economia di mercato e che nessun investitore privato, pur avendo le dimensioni di un gruppo industriale, avrebbe tenuto conto delle considerazioni esposte dai governi italiano e spagnolo» ( 42 ), vale a dire considerazioni di ordine sociale o regionale ( 43 ), del medesimo ordine di quelle fatte valere dalla Repubblica francese nella presente causa.

    83.

    L’immagine dello Stato è stata invocata, per la seconda volta, nel contesto del criterio dell’investitore privato dal governo spagnolo nella sentenza Spagna/Commissione ( 44 ). Il governo spagnolo aveva tentato di giustificare l’apporto di capitale nella società statale Hytasa controllata attraverso il Patrimonio del Estado chiarendo che «uno dei fattori da prendere in considerazione è la necessità di salvaguardare l’immagine della società madre. L’immagine del Patrimonio del Estado sarebbe stata gravemente danneggiata se questo avesse cessato le sue attività in un’area caratterizzata da elevata disoccupazione e socialmente depressa. Una società privata nella stessa situazione del Patrimonio del Estado sarebbe stata anch’essa sensibile alla pressione delle forze sindacali o politiche» ( 45 ).

    84.

    Nella suddetta causa, in risposta all’argomento del governo spagnolo secondo il quale il suo comportamento era quello di un investitore privato poiché la soluzione alternativa, ovvero la liquidazione della Hytasa, sarebbe stata più costosa per lo Stato, l’avvocato generale Jacobs ha osservato che «[occorreva] distinguere tra gli obblighi del Patrimonio del Estado, come detentore del capitale azionario della Hytasa, e gli obblighi dello Stato spagnolo come erogatore di prestazioni previdenziali e di disoccupazione» ( 46 ). Secondo l’avvocato generale, «[i]l secondo tipo di obblighi non può essere preso in conto nell’applicazione del “criterio dell’investitore privato”» ( 47 ).

    85.

    Egli ha quindi considerato del tutto irrilevante l’argomento secondo cui l’apporto di capitale alla Hytasa era giustificato dal fine di tutelare l’immagine del Patrimonio del Estado. Su tale base ha concluso che «[è] difficile credere che una finanziaria statale sia tanto preoccupata per il danno che deriverebbe alla sua immagine pubblica in conseguenza del fallimento di una delle sue imprese da offrire per ciò solo notevoli somme di denaro ad una società privata come incentivo per rilevare l’impresa» ( 48 ).

    86.

    La Corte è pervenuta alla medesima conclusione dell’avvocato generale Jacobs dubitando, al pari di quest’ultimo, della razionalità economica di siffatto comportamento dello Stato ( 49 ).

    87.

    La nozione di immagine dello Stato è ricomparsa nella giurisprudenza della Corte in occasione di una domanda di sospensione dell’esecuzione di una decisione della Commissione relativa ad aiuti di Stato concessi dal Land della Baviera ad un’impresa tedesca detenuta dal medesimo al 45% ( 50 ). Il Land della Baviera aveva concesso prestiti che dovevano essere rimborsati solo qualora l’impresa avesse conseguito utili nell’esercizio precedente ( 51 ). Il governo tedesco aveva tentato di giustificare tale comportamento affermando che «[l]a liquidazione dell’impresa avrebbe infatti generato costi supplementari per il Land, causando inoltre un danno rilevante alla sua immagine di marca come imprenditore e avrebbe impedito gli effetti di sinergia che dovevano risultare dal mutamento di indirizzo produttivo dell’intero gruppo ( 52 )».

    88.

    Nella sua ordinanza il presidente della Corte ha respinto la domanda di provvedimenti urgenti della Repubblica federale di Germania dichiarando, tra l’altro, che, «nei limiti di una prima disamina, le considerazioni generali addotte, in particolare in relazione all’esigenza di preservare l’immagine di marca del Land o alla riorganizzazione delle sue attività, non sono sufficienti a dimostrare un errore manifesto da parte della Commissione» ( 53 ). Egli aveva preliminarmente rilevato, a proposito dell’analisi della Commissione relativa al criterio dell’investitore privato, che non sembrava che «le parti richiedente ed interveniente [avessero] addotto elementi concreti e sufficientemente rilevanti a sostegno dell’asserzione secondo la quale il Land della Baviera poteva correttamente attendersi che i prestiti sarebbero stati rimborsati» ( 54 ).

    89.

    Nel procedimento dinanzi al Tribunale, il governo tedesco ha ribadito il suo argomento fondato sull’immagine di marca dello Stato ( 55 ). Esso ha dichiarato che le ricorrenti non avevano dimostrato «in cosa [consistesse] l’immagine di marchio del Land della Baviera in quanto imprenditore privato nel settore [industriale in questione, nella fattispecie quello] siderurgico né in cosa il fallimento dell[’impresa interessata] avrebbe potuto riguardare tale immagine di marchio» ( 56 ). Il Tribunale ha quindi concluso che «non [era] plausibile che il Land della Baviera [fosse] stato costretto a versare un’importante somma di denaro ad una società privata (…) per incentivarla a rilevare [l’impresa in questione] onde evitare che il fallimento di quest’ultima potesse nuocere gravemente all’immagine di marchio del Land» ( 57 ).

    90.

    L’impugnazione proposta contro tale sentenza del Tribunale è stata respinta con ordinanza della Corte senza che quest’ultima si pronunciasse sulla rilevanza dell’immagine di marchio dello Stato ( 58 ).

    91.

    Dato quanto precede, il Tribunale non ha commesso alcun errore di diritto concludendo che «la protezione dell’immagine di uno Stato membro quale investitore globale in un’economia di mercato non può costituire, al di fuori di circostanze particolari e senza una motivazione oltremodo convincente, una giustificazione sufficiente per dimostrare la razionalità economica a lungo termine dell’accollo di costi aggiuntivi quali quelli delle indennità complementari di licenziamento» ( 59 ) e che, in ogni caso, tale argomento relativo all’immagine dello Stato non riguardava la società holding CGMF la quale non ha altri attivi nel settore del trasporto marittimo ( 60 ).

    92.

    Senza escludere in via di principio la possibilità della dimostrazione richiesta dal Tribunale, rilevo che mi sembra altamente improbabile che le considerazioni finora addotte dagli Stati a proposito della loro immagine in quanto investitori globali in un’economia di mercato siano idonee a sottrarre le loro decisioni alla qualificazione come aiuto di Stato alla luce del criterio dell’investitore privato.

    93.

    Tale criterio impone come minimo prospettive di redditività, anche a lungo a termine, delle misure di ricapitalizzazione e di rimborso delle somme prestate. Come la Corte ha dichiarato al punto 26 della citata sentenza Spagna/Commissione, «un investitore privato che persegue una politica strutturale, generale o settoriale guidata da prospettive di profitto a lungo termine non può ragionevolmente permettersi di procedere, dopo anni di perdite ininterrotte, a un conferimento di capitale che, in termini economici, non solo risulta più costoso di una liquidazione delle attività, ma è connesso alla cessione dell’impresa, cosa che elimina ogni prospettiva di guadagno, anche differito». Il che implica che «quando i conferimenti di capitale di un investitore pubblico prescindano da qualsiasi prospettiva di redditività, anche a lungo termine, essi vanno considerati aiuti» ( 61 ).

    94.

    Orbene, le preoccupazioni sollevate dagli Stati membri in relazione alla loro immagine in quanto investitori globali in un’economia di mercato, ancorché nobili sotto altri aspetti, sono molto lontane da quelle di un investitore privato, che si tratti dei «costi politici» (oltre ai costi economici e sociali), della chiusura di un’impresa ( 62 ), della «pressione delle forze sindacali o politiche» ( 63 ), della presenza dell’impresa in difficoltà «in una zona socialmente in crisi» ( 64 ) o, nella presente causa, del rischio di scioperi di solidarietà estesi all’intero settore pubblico ( 65 ). Da tali considerazioni è assente qualsiasi prospettiva di redditività anche a lungo termine dell’impresa beneficiaria della misura statale.

    95.

    Inoltre concordo pienamente con il Tribunale sul fatto che «l’effetto utile delle norme [dell’Unione] in materia di aiuti di Stato sarebbe fortemente ridotto se si seguisse la tesi (...) secondo la quale qualsiasi partecipazione dello Stato in un’impresa consentirebbe, facendo riferimento all’immagine dell’organo pubblico considerato e alle sue diverse partecipazioni, conferimenti illimitati di capitale a valere su fondi pubblici, senza che tali conferimenti siano considerati aiuti» ( 66 ).

    96.

    Propongo quindi alla Corte di respingere la prima parte del primo motivo della Repubblica francese.

    d) Sulla terza parte del primo motivo della SNCM

    97.

    La SNCM addebita al Tribunale di avere snaturato la decisione controversa considerando, al punto 93 della sua sentenza, che la Commissione non aveva definito in termini giuridicamente soddisfacenti le attività economiche dello Stato in relazione alle quali occorreva valutare la razionalità economica della cessione ad un prezzo negativo.

    98.

    Non è sorprendente che la SNCM presenti tale argomento, dato che, a suo parere, il riferimento all’immagine dello Stato, inteso nel senso che include tutte le attività economiche del medesimo, sarebbe sufficiente a corroborare la decisione controversa.

    99.

    Nella mia risposta alla prima parte del primo motivo ho rilevato che così non era. Pertanto il Tribunale non snatura la decisione controversa laddove rileva che affermazioni e generalizzazioni non corroborate da elementi probatori non possono essere considerate una motivazione sufficiente.

    B – Sul secondo motivo, concernente l’apporto di capitale per un importo di EUR 8,75 milioni da parte della CGMF

    1. La decisione controversa

    100.

    Ai punti da 355 a 360 della decisione controversa, la Commissione ha ritenuto che, dal momento che l’apporto degli acquirenti privati per EUR 26,25 milioni era significativo e concomitante, il carattere di aiuto poteva immediatamente essere escluso per l’apporto di capitale della CGMF. Ai punti da 361 a 365 della decisione controversa, la Commissione ha inoltre constatato che il tasso di rendimento fisso del 10% costituiva una remunerazione adeguata dei capitali investiti e che l’esistenza di una clausola risolutiva di cessione ( 67 ) non era idonea a rimettere in discussione la parità di trattamento. Essa ha quindi concluso che l’apporto di capitale della CGMF, per un importo di EUR 8,75 milioni, non costituiva un aiuto di Stato ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 1, CE.

    101.

    Per quel che riguarda il tasso di rendimento fisso del 10%, la Commissione ha esaminato se tale rendimento della partecipazione della CGMF sarebbe stato accettabile per un ipotetico investitore privato. Essa ha considerato che, poiché il rendimento fisso sottraeva la CGMF a qualsiasi rischio al livello dell’esecuzione del piano aziendale, tale redditività dei capitali investiti risultava adeguata a lungo termine. Inoltre il consulente della Commissione ha concluso che, sotto il profilo del rischio, il suddetto apporto di capitale assomigliava più a un collocamento in obbligazioni con opzione che a uno in azioni.

    102.

    Quanto alla clausola risolutiva contenuta nel contratto di cessione della SNCM, la Commissione ha accettato che l’esistenza di tale clausola non rimetteva in discussione il principio di parità di trattamento degli investitori. A suo avviso la clausola in parola verteva infatti sulla cessione totale della SNCM agli acquirenti privati e non sull’investimento concomitante da parte degli acquirenti privati e dello Stato nella SNCM privatizzata.

    2. La sentenza impugnata

    103.

    Il Tribunale ha osservato anzitutto che la Commissione aveva riconosciuto, in risposta ad un suo quesito, che la concomitanza di investimenti pubblici e privati non è da sola sufficiente, anche in presenza di investimenti privati significativi, per concludere nel senso dell’assenza di aiuti ai sensi del Trattato, senza tener conto degli altri elementi pertinenti di fatto o di diritto.

    104.

    Esso ha poi esaminato se la Commissione avesse tenuto conto dell’insieme degli elementi pertinenti, e più in particolare della questione dei rendimenti e di quella dell’incidenza della clausola risolutiva, nella sua valutazione della comparabilità delle condizioni di investimento degli apporti di capitali concomitanti, concludendo in senso negativo ( 68 ).

    105.

    Al punto 124 della sentenza impugnata, il Tribunale ha considerato che la Commissione non poteva rinunciare ad analizzare approfonditamente l’incidenza dei differenti rendimenti delle partecipazioni della CGMF e degli acquirenti privati nel quadro dell’esame della parità di trattamento.

    106.

    Quanto alla clausola risolutiva, al punto 130 della sentenza impugnata il Tribunale ha dichiarato che quest’ultima era idonea, quantomeno, ad annullare ogni alea per gli acquirenti privati quando si verificava uno dei suoi eventi scatenanti e che essa aveva pertanto un valore finanziario reale. La clausola in parola poteva modificare i profili di rischio dell’apporto di capitale degli acquirenti privati e della CGMF e rimettere in discussione la comparabilità delle condizioni di investimento. Pertanto, a suo avviso, la Commissione non si poteva astenere dall’analizzare in modo approfondito l’impatto economico della clausola risolutiva di cessione.

    3. Analisi

    107.

    La SNCM considera che il Tribunale, dichiarando che la Commissione non ha tenuto conto di tutti gli elementi pertinenti, ha snaturato la decisione controversa. Secondo la SNCM la Commissione ha ritenuto che il rendimento fisso pari al 10% dell’investimento di capitale dello Stato nella SNCM costituisse per un investitore privato un rendimento adeguato a lungo termine dei capitali investiti. La SNCM sostiene che per questo tipo di investimento viene dunque garantito un rendimento fisso di livello particolarmente elevato, il che dimostrerebbe che il tasso di rendimento del 10% sarebbe stato accettabile per un ipotetico investitore privato. In caso di esercizio della clausola risolutiva, che comporterebbe l’annullamento retroattivo del contratto di cessione, l’investimento dello Stato verrebbe annullato ed il suo rendimento sarebbe quindi pari a zero, il che dimostra, secondo la SNCM, che l’impatto della clausola risolutiva era neutro e non richiedeva un’analisi approfondita da parte della Commissione.

    108.

    Quanto all’esistenza stessa della clausola risolutiva, la SNCM e la Repubblica francese sostengono che, in occasione dell’acquisto della SNCM, gli acquirenti privati hanno ottenuto la garanzia di poter recuperare il loro apporto di capitale in caso di insorgenza di uno degli eventi che consentono di azionare la suddetta clausola risolutiva. A loro parere la clausola risolutiva non rimette in discussione l’equilibrio delle condizioni di investimento dei successivi apporti di capitali degli acquirenti privati e dello Stato francese.

    109.

    A mio avviso, il Tribunale non poteva concludere, al punto 131 della sentenza impugnata, che la Commissione, nel valutare la comparabilità delle condizioni di investimento degli apporti di capitali concomitanti, privati e pubblici, non aveva tenuto conto di tutti gli elementi pertinenti e in particolare dei rendimenti, né, a fortiori, qualificare tale omissione come un errore di valutazione.

    110.

    Tuttavia, la sua conclusione di accogliere la censura che metteva in questione la fondatezza dell’analisi compiuta dalla Commissione conclusasi nel senso del rispetto del principio di parità di trattamento tra gli acquirenti privati e la CGMF rimane fondata per altri motivi diritto ( 69 ).

    111.

    Infatti, sebbene la Commissione abbia evocato nella sua decisione la questione del rendimento fisso e quella relativa all’incidenza della clausola risolutiva di cessione, la motivazione delle sue conclusioni su questi due punti non consentiva di considerare le medesime come sufficientemente dimostrate.

    112.

    Sulla questione dei rendimenti, ai punti da 361 a 363 della decisione controversa la Commissione ha ritenuto che il tasso di rendimento fisso fosse tale che un investitore privato avrebbe accettato di partecipare all’apporto di capitale a favore della SNCM a tali condizioni. A suo parere il fatto che la clausola risolutiva possa essere fatta valere solo dagli acquirenti privati non comporta una violazione del principio di parità di trattamento tra l’investitore pubblico e gli investitori privati.

    113.

    Una conclusione siffatta ha potuto essere messa in dubbio per difetto di motivazione sufficiente dal Tribunale il quale ha rilevato che, contrariamente al caso dello Stato francese, la redditività dell’apporto di capitale degli acquirenti privati non era fissata dal protocollo d’accordo e che «[t]ale tasso di rendimento fisso [per lo Stato francese] non è tuttavia garantito dato che, in caso di esercizio della clausola risolutiva di cessione (…), tale rendimento smetterà di essere versato» ( 70 ). Il Tribunale ha inoltre segnalato l’esistenza di una sproporzione tra l’apporto di capitale degli acquirenti privati la cui contropartita consiste, a suo avviso, in «pesanti impegni assunti, sotto forme diverse, dallo Stato francese» ( 71 ).

    114.

    Sulla questione della clausola risolutiva, il Tribunale rileva il difetto di motivazione della decisione controversa, che «si limita a constatare che essa non può rimettere in dubbio la parità di trattamento tra gli investitori concomitanti, ma non contiene alcuna analisi di carattere economico» ( 72 ). Il ragionamento della Commissione è condensato in quattro righe del punto 364 della decisione controversa in cui essa si limita a constatare che la clausola in questione «verte infatti sulla cessione totale della SNCM agli acquirenti privati e non sull’investimento (35 milioni di EUR) concomitante da parte degli acquirenti privati (26,25 milioni di EUR) e [del]lo Stato (8,75 milioni di EUR) nella SNCM privatizzata».

    115.

    Concludo pertanto che l’accoglimento da parte del Tribunale della censura in questione è fondata per difetto di motivazione, dato che la Commissione non ha motivato o non ha sufficientemente motivato la propria decisione riguardo alla parità di trattamento degli investimenti pubblici e privati nella SNCM.

    C – Sul terzo motivo, concernente l’anticipo in conto corrente da parte della CGMF per la somma di EUR 38,5 milioni a favore del personale licenziato della SNCM

    1. La decisione controversa

    116.

    Ai punti da 366 a 379 della decisione controversa, la Commissione ha rilevato che le misure di aiuto alla persona per EUR 38,5 milioni che vanno oltre le indennità previste dalla legislazione in materia sociale e dalle convenzioni collettive applicabili, depositati su un conto sequestrato, verrebbero poste in essere nell’eventualità di un nuovo piano di riduzione dell’organico attuato dagli acquirenti privati e che esse non corrisponderebbero all’esecuzione dei piani di riduzione del personale contemplati nel piano del 2002.

    117.

    I suddetti aiuti, secondo la Commissione, potevano essere versati solo ai soggetti il cui contratto di lavoro con la SNCM fosse stato previamente rescisso. Le misure in parola non costituirebbero pertanto oneri derivanti dalla normale applicazione della normativa in ambito sociale vigente in caso di rescissione del contratto di lavoro. La Commissione ha concluso che tali aiuti alla persona, autorizzati dallo Stato in quanto ente pubblico e non dallo Stato azionista, rientravano pertanto nella politica sociale degli Stati membri e non costituivano, per tale ragione, un aiuto ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE.

    2. La sentenza impugnata

    118.

    Ai punti da 142 a 147 della sentenza impugnata, il Tribunale ha considerato che la decisione controversa era viziata da un errore manifesto di valutazione, in quanto la Commissione non aveva correttamente determinato la natura e gli effetti dell’esistenza del conto sequestrato.

    119.

    In primo luogo, il Tribunale ha ritenuto che il fatto che la misura in esame non riguardi gli stretti obblighi giuridici e convenzionali non è idoneo a escludere la natura di aiuto di Stato di siffatta misura. In secondo luogo, esso ha considerato che l’esistenza del conto sequestrato è idonea a fungere da incentivo per i dipendenti della SNCM a lasciare l’impresa senza negoziare il licenziamento, in particolare per quanto attiene alla concessione di eventuali indennità complementari di licenziamento, il che, secondo il Tribunale, comporterebbe un vantaggio economico indiretto a favore della SNCM.

    3. Analisi

    120.

    La SNCM addebita al Tribunale di avere snaturato la decisione controversa considerando che, secondo l’asserzione della Commissione, il fatto che la misura in questione non riguardasse gli stretti obblighi giuridici e convenzionali era idoneo, di per sé, ad escludere la natura di aiuto di Stato della stessa. La SNCM sostiene inoltre che il Tribunale ha commesso un errore di diritto violando il margine di discrezionalità di cui dispone la Commissione nella valutazione di situazioni economiche complesse. La SNCM e la Repubblica francese addebitano infine al Tribunale di non avere motivato la sua sentenza laddove ha qualificato la misura in parola come aiuto di Stato senza verificare, in subordine, se la medesima soddisfacesse o meno il test dell’investitore privato accorto, come pure sosteneva la Commissione al punto 378 della decisione controversa.

    121.

    Propongo alla Corte di disattendere il terzo motivo per i seguenti motivi.

    a) Sulla prima parte del terzo motivo della SCNM

    122.

    Per quanto riguarda l’argomento della SNCM relativo all’asserito snaturamento della decisione della Commissione, ritengo che, al punto 143 della sentenza impugnata, il Tribunale abbia interpretato correttamente la tesi della Commissione secondo cui, per escludere la natura di aiuto di Stato della misura in questione, occorreva verificare «che esso non riduca per la SNCM gli oneri riguardanti la gestione corrente, ovvero nella fattispecie gli oneri derivanti dalla normale applicazione della legislazione in ambito sociale vigente nel settore nel quadro della rescissione del contratto di lavoro» ( 73 ).

    123.

    Il ragionamento della Commissione esposto ai punti da 371 a 377 della decisione controversa mira a dimostrare che la misura in questione riguarda obblighi che vanno al di là delle indennità previste dalla legislazione in materia sociale e dalle convenzioni collettive applicabili. È quindi chiaro, soprattutto alla luce del punto 377 della decisione controversa della Commissione, che quest’ultima riteneva che il fatto che la misura in causa non riguardasse gli stretti obblighi giuridici e convenzionali era idoneo ad escludere la natura di aiuto di Stato.

    124.

    Ritengo pertanto che il Tribunale non abbia minimamente snaturato la decisione della Commissione nel senso indicato dal terzo motivo.

    b) Sulla seconda parte del terzo motivo della SNCM

    125.

    La SNCM sostiene che, al punto 144 della sentenza impugnata, il Tribunale ha commesso un errore di diritto violando il margine di discrezionalità di cui dispone la Commissione nella valutazione di situazioni economiche complesse.

    126.

    Nel suddetto punto il Tribunale constata che «l’esistenza del conto sequestrato è idonea a fungere da incentivo per i dipendenti della SNCM a lasciare l’impresa o, quantomeno, a lasciarla senza negoziare il licenziamento, in particolare per quanto attiene alla concessione di eventuali indennità complementari di licenziamento (…), aspetti questi che comporterebbero tutti un vantaggio economico indiretto a favore della SNCM».

    127.

    La questione se il conto sequestrato sia tale da indurre i dipendenti della SNCM a lasciare la società senza negoziare il loro licenziamento e se ciò procuri un vantaggio economico indiretto alla SNCM è chiaramente una questione relativa all’accertamento dei fatti che non rientra nella competenza della Corte nell’ambito di un’impugnazione.

    128.

    Pertanto la seconda parte del terzo motivo della SNCM è irricevibile e deve essere respinta.

    c) Sulla terza parte del terzo motivo della SNCM e sul terzo motivo della Repubblica francese

    129.

    Secondo la SNCM e la Repubblica francese, il Tribunale non avrebbe motivato la propria decisione laddove ha qualificato la misura in questione come aiuto di Stato senza verificare, in subordine, se la suddetta misura soddisfacesse o meno il criterio dell’investitore privato accorto.

    130.

    Un tale argomento equivale sostanzialmente ad affermare che, sebbene l’esistenza del conto sequestrato avesse l’effetto di ridurre gli oneri incombenti alla SNCM, siffatta misura potrebbe essere esonerata grazie all’applicazione del criterio dell’investitore privato.

    131.

    La SNCM e la Repubblica francese considerano (come ha fatto la Commissione al punto 378 della decisione controversa) che, se si sommasse il valore del conto sequestrato, vale a dire EUR 38,5 milioni, al prezzo negativo della cessione, vale a dire EUR 158 milioni, il prezzo totale della cessione, ossia EUR 196,5 milioni, sarebbe comunque inferiore al costo di liquidazione. Ciò dimostrerebbe che anche un investitore privato avrebbe adottato la misura in questione, la quale, pertanto non costituirebbe un aiuto di Stato.

    132.

    Orbene, dal punto 70 e dalla nota a piè di pagina n. 66 della decisione controversa, risulta chiaramente che il conto sequestrato è stato utilizzato per pagare indennità complementari di licenziamento. Nel contesto dell’analisi del primo motivo mi sono già pronunciato sull’applicazione del criterio dell’investitore privato a questo tipo di indennità.

    133.

    Per i motivi esposti ai punti da 51 a 63 e da 79 a 96 supra, ritengo che la Commissione non abbia adeguatamente dimostrato la sua tesi secondo cui un investitore privato avrebbe pagato analoghe indennità complementari di licenziamento in circostanze equiparabili e, a fortiori, avrebbe sommato il valore del conto sequestrato al prezzo della cessione.

    134.

    La SNCM rileva inoltre che il Tribunale non ha minimamente suffragato o motivato la sua analisi del conto sequestrato riassunta al punto 144 della sentenza impugnata. A mio parere i motivi per i quali il Tribunale ha ritenuto che il conto sequestrato conferisse un vantaggio economico indiretto alla SNCM emergono chiaramente dal suo ragionamento.

    135.

    Come rilevato dalla Corsica Ferries, il Tribunale ha adottato, al punto 137 della sentenza impugnata, la stessa posizione della Commissione, vale a dire quella secondo cui «la nozione di aiuto non implica necessariamente l’accollo di un obbligo legale, ma piuttosto che l’impresa sia alleviata da oneri che generalmente gravano sul suo bilancio» il che si verificherebbe per la SNCM nel caso di una nuova riduzione del personale.

    136.

    Ciò risulta ancora più chiaramente dai punti 374 e 375 della decisione controversa in cui la Commissione ha ammesso che l’utilizzo del conto sequestrato faceva gravare sullo Stato il costo di indennità complementari di licenziamento dei dipendenti licenziati dopo la vendita della SNCM agli acquirenti privati.

    137.

    Ritengo quindi che il Tribunale abbia sufficientemente motivato la sua decisione al riguardo e concludo che la terza parte del terzo motivo della SNCM nonché il terzo motivo della Repubblica francese devono essere respinti.

    D – Sul quarto motivo, concernente il saldo di ristrutturazione di EUR 15,81 milioni

    1. La decisione controversa

    138.

    Al punto 434 della decisione controversa, la Commissione ha dichiarato che l’aiuto di Stato sotto forma di apporto di capitale per EUR 15,81 milioni ( 74 ) era compatibile con il mercato comune ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 3, lettera c), CE.

    2. La sentenza impugnata

    139.

    Al punto 149 della sentenza impugnata, il Tribunale ha rilevato che l’analisi di detto saldo di ristrutturazione effettuata dalla Commissione era fondata sulla premessa secondo cui il piano di privatizzazione del 2006 non conteneva elementi di aiuto di Stato. Ai punti 152 e 153 della medesima sentenza, il Tribunale ha concluso che, poiché la Commissione era incorsa in un errore di diritto e in manifesti errori di valutazione idonei a rimettere in discussione tale premessa, l’analisi compiuta dalla Commissione relativa al saldo di ristrutturazione non era adeguatamente motivata.

    3. Analisi

    140.

    La SNCM e la Repubblica francese ammettono che l’accoglimento del loro quarto motivo dipende della decisione della Corte di accogliere o meno gli altri motivi dedotti con le presenti impugnazioni.

    141.

    Considerate l’analisi che precede e la mia proposta alla Corte di respingere i primi tre motivi della SNCM e della Repubblica francese, ritengo che il Tribunale abbia correttamente accolto il ricorso della Corsica Ferries diretto all’annullamento della decisione controversa.

    142.

    Propongo alla Corte pertanto di respingere il quarto motivo della SNCM e della Repubblica francese.

    V – Conclusione

    143.

    Alla luce delle considerazioni che precedono, propongo alla Corte di:

    respingere le impugnazioni;

    condannare la Société nationale maritime Corse-Méditerranée (SNCM) SA e la Repubblica francese a sopportare le proprie spese nonché quelle sostenute dalla Corsica Ferries France SAS in parti uguali.


    ( 1 ) Lingua originale: il francese.

    ( 2 ) Sentenza dell’11 settembre 2012 (T‑565/08).

    ( 3 ) GU 2009, L 225, pag. 180.

    ( 4 ) V. punto 40 del preambolo della decisione controversa.

    ( 5 ) GU 2004, L 61, pag. 13.

    ( 6 ) Tale importo è la differenza fra il fabbisogno netto di tesoreria della SNCM, pari a EUR 19,75 milioni, e i proventi netti delle cessioni di attivi risultanti dalla decisione del 2003, pari a EUR 3,94 milioni, che corrispondono alla vendita di una nave e delle partecipazioni in tre società. V. nota 201 della decisione controversa.

    ( 7 ) GU 2005, L 19, pag. 70.

    ( 8 ) Sentenza Corsica Ferries Francia/Commissione (T-349/03, Racc. pag. II-2197).

    ( 9 ) Nel prosieguo delle presenti conclusioni farò riferimento agli articoli del Trattato CE in vigore all’epoca della decisione controversa.

    ( 10 ) GU 1999, C 288, pag. 2.

    ( 11 ) V. punto 17 del preambolo della decisione controversa.

    ( 12 ) GU L 24, pag. 1.

    ( 13 ) GU 2006, C 303, pag. 53.

    ( 14 ) V. punto 82 della sentenza impugnata.

    ( 15 ) Ibidem, punto 83.

    ( 16 ) Ibidem, punto 84.

    ( 17 ) Ibidem, punti da 90 a 93.

    ( 18 ) Ibidem, punti 93 e 94.

    ( 19 ) Ibidem, punti da 95 a 108.

    ( 20 ) Ibidem, punto 109.

    ( 21 ) Ibidem, punto 108.

    ( 22 ) V. sentenze del 22 novembre 2007, Spagna/Lenzing (C-525/04 P, Racc. pag. I-9947, punto 57), e del 2 settembre 2010, Commissione/Scott (C-290/07 P, Racc. pag. I-7763, punto 66).

    ( 23 ) Sentenza Commissione/Scott, cit., punto 66. V. anche sentenza del 6 ottobre 2009, GlaxoSmithKline Services e a./Commissione e a. (C-501/06 P, C-513/06 P, C-515/06 P e C-519/06 P, Racc. pag. I-9291, punto 163).

    ( 24 ) Il corsivo è mio.

    ( 25 ) Sentenza dell’8 maggio 2003 (C-328/99 e C-399/00, Racc. pag. I-4035, punto 38).

    ( 26 ) Comunicazione della Commissione agli Stati membri – Applicazione degli articoli 92 e 93 del trattato CEE e dell’articolo 5 della direttiva della Commissione 80/723/CEE alle imprese pubbliche dell’industria manifatturiera (GU 1993, C 307, pag. 3, punto 14).

    ( 27 ) Punto 101 della sentenza impugnata.

    ( 28 ) Ibidem, punto 87.

    ( 29 ) Ibidem, punto 96.

    ( 30 ) Idem.

    ( 31 ) V. sentenza Commissione/Scott, cit., punto 66.

    ( 32 ) V. punti da 267 a 268 e 272 del preambolo della decisione controversa.

    ( 33 ) V. punto 97 della sentenza impugnata.

    ( 34 ) Ibidem, punto 96.

    ( 35 ) Ibidem, punto 102.

    ( 36 ) Ibidem, punto 105.

    ( 37 ) V. punto 85 della sentenza impugnata.

    ( 38 ) V. nota a piè di pagina n. 137 della decisione controversa.

    ( 39 ) Sentenza del 21 marzo 1991, Italia/Commissione (C-303/88, Racc. pag. I-1433, punto 21).

    ( 40 ) Idem.

    ( 41 ) Ibidem, punto 22.

    ( 42 ) Ibidem, punto 24.

    ( 43 ) Ibidem, punto 18.

    ( 44 ) Sentenza del 14 settembre 1994 (da C-278/92 a C-280/92, Racc. pag. I-4103).

    ( 45 ) Paragrafo 24 delle conclusioni dell’avvocato generale Jacobs nella causa che ha dato origine alla sentenza Spagna/Commissione, cit.

    ( 46 ) Ibidem, paragrafo 29.

    ( 47 ) Idem.

    ( 48 ) Ibidem, paragrafo 30.

    ( 49 ) Citata sentenza del 14 settembre 1994, Spagna/Commissione, punti 25 e 26.

    ( 50 ) V., in tal senso, ordinanza del presidente della Corte del 3 maggio 1996, Germania/Commissione (C-399/95 R, Racc. pag. I-2441).

    ( 51 ) Ibidem, punto 14.

    ( 52 ) Ibidem, punto 32.

    ( 53 ) Ibidem, punto 70.

    ( 54 ) Ibidem, punto 66.

    ( 55 ) V. sentenza del 21 gennaio 1999, Neue Maxhütte Stahlwerke e Lech-Stahlwerke/Commissione (T-129/95, T-2/96 e T-97/96, Racc. pag. II-17, punto 122).

    ( 56 ) Ibidem, punto 126.

    ( 57 ) Ibidem, punto 127.

    ( 58 ) V. ordinanza del 25 gennaio 2001, Lech-Stahlwerke/Commissione (C-111/99 P, Racc. pag. I-727).

    ( 59 ) Punto 85 della sentenza impugnata.

    ( 60 ) Ibidem, punto 91.

    ( 61 ) Sentenza Italia/Commissione, cit., punto 22.

    ( 62 ) Sentenza Spagna/Commissione, cit., punto 24.

    ( 63 ) Paragrafo 24 delle conclusioni dell’avvocato generale Jacobs nella causa che ha dato luogo alla sentenza Spagna/Commissione, cit.

    ( 64 ) Sentenza Neue Maxhütte Stahlwerke e Lech-Stahlwerke/Commissione, cit., punto 122.

    ( 65 ) V. punti da 58 a 61 dell’impugnazione della Repubblica francese.

    ( 66 ) Sentenza Neue Maxhütte Stahlwerke e Lech-Stahlwerke/Commissione, cit., punto 125. V., nel medesimo senso, punto 85 in fine della sentenza impugnata.

    ( 67 ) La sezione III.5 del protocollo d’accordo del 16 maggio 2006 riguarda la clausola risolutiva di cessione che può essere esercitata in concomitanza dagli acquirenti nel caso sopraggiunga uno dei seguenti avvenimenti: (i) la mancata attribuzione del contratto di delega di servizio pubblico relativo ai collegamenti marittimi della Corsica per il periodo che inizia il 1o gennaio 2007 o (ii) la notifica al governo francese di una decisione della Commissione che qualifichi in tutto o in parte le somme apportate dallo Stato francese alla SNCM come un aiuto di Stato incompatibile con il diritto dell’Unione.

    ( 68 ) Punti da 120 a 131 della sentenza impugnata.

    ( 69 ) V. sentenze del 9 giugno 1992, Lestelle/Commissione (C-30/91 P, Racc. pag. I-3755, punto 28); del 15 dicembre 1994, Finsider/Commissione (C-320/92 P, Racc. pag. I-5697, punto 37); del 12 novembre 1996, Ojha/Commissione (C-294/95 P, Racc. pag. I-5863, punto 52), e del 13 luglio 2000, Salzgitter/Commissione (C-210/98 P, Racc. pag. I-5843, punto 58).

    ( 70 ) Punto 124 della sentenza impugnata.

    ( 71 ) Ibidem, punto 125.

    ( 72 ) Ibidem, punto 127.

    ( 73 ) Punto 371 del preambolo della decisione controversa.

    ( 74 ) V. nota 6 supra.

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