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Document 62012CC0057

    Conclusioni dell'avvocato generale Cruz Villalón del 14 marzo 2013.
    Fédération des maisons de repos privées de Belgique (Femarbel) ASBL contro Commission communautaire commune de Bruxelles-Capitale.
    Domanda di pronuncia pregiudiziale: Cour constitutionnelle - Belgio.
    Direttiva 2006/123/CE - Ambito di applicazione ratione materiae - Servizi sanitari - Servizi sociali - Centri di accoglienza diurni e notturni per assistenza e cure alle persone anziane.
    Causa C-57/12.

    Court reports – general

    ECLI identifier: ECLI:EU:C:2013:171

    CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

    PEDRO CRUZ VILLALÓN

    presentate il 14 marzo 2013 ( 1 )

    Causa C-57/12

    Fédération des maisons de repos privées de Belgique (Femarbel) ASBL

    contro

    Commission communautaire commune

    [domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Cour constitutionnelle (Belgio)]

    «Direttiva 2006/123/CE — Servizi nel mercato interno — Articolo 2, paragrafo 2, lettere f) e j) — Ambito di applicazione ratione materiae — Servizi sanitari — Servizi sociali prestati da enti privati — Centri di accoglienza diurni per persone anziane — Centri di accoglienza notturni per persone anziane»

    1. 

    Nella presente causa la Cour constitutionnelle belga ci sottopone una questione pregiudiziale vertente sull’interpretazione dell’articolo 2, paragrafo 2, della direttiva 2006/123/CE, relativa ai servizi nel mercato interno (in prosieguo: la «direttiva sui servizi») ( 2 ). Tale disposizione definisce l’ambito materiale di applicazione della direttiva 2006/123/CE, escludendo da quest’ultimo, tra gli altri, i servizi sanitari in generale e determinati servizi sociali prestati secondo diverse modalità. Nella questione della Cour constitutionnelle si chiede se i «centri di accoglienza diurni e notturni» per persone anziane, come sono attualmente disciplinati dalla normativa della Commission communautaire commune della Regione di Bruxelles-Capitale, costituiscano servizi sanitari o sociali, con le conseguenze previste dal citato articolo 2, paragrafo 2, della direttiva sui servizi.

    I – Contesto normativo

    A – Normativa dell’Unione

    2.

    L’articolo 2, paragrafo 2, lettere f) e j), della direttiva sui servizi dispone quanto segue:

    «La presente direttiva non si applica alle attività seguenti:

    (…)

    f)

    i servizi sanitari, indipendentemente dal fatto che vengano prestati o meno nel quadro di una struttura sanitaria e a prescindere dalle loro modalità di organizzazione e di finanziamento sul piano nazionale e dalla loro natura pubblica o privata;

    (…)

    j)

    i servizi sociali riguardanti gli alloggi popolari, l’assistenza all’infanzia e il sostegno alle famiglie ed alle persone temporaneamente o permanentemente in stato di bisogno, forniti dallo Stato, da prestatori incaricati dallo Stato o da associazioni caritative riconosciute come tali dallo Stato».

    B – Normativa nazionale

    3.

    La legge regionale del 24 aprile 2008 della Commission communautaire commune della Regione di Bruxelles-Capitale (in prosieguo: la «COCOM»), relativa alle strutture di accoglienza e di alloggio per anziani, all’articolo 2, paragrafo 4, contiene l’elenco delle strutture soggette a tale normativa. Nell’elenco figurano le seguenti strutture:

    centri di alloggio per persone anziane

    centri di residenza-servizio e complessi residenziali con prestazione di servizi

    case di riposo

    centri di assistenza diurni

    centri di accoglienza diurni

    strutture per brevi soggiorni

    centri di accoglienza notturni

    4.

    Alle lettere d), e) e g) del citato articolo 2, paragrafo 4, della legge regionale, i centri di accoglienza diurni e notturni sono definiti, rispettivamente, nei seguenti termini:

    «d)

    centro di assistenza diurno: un edificio o parte di un edificio, comunque denominato, all’interno di una casa di riposo o in collegamento con una casa di riposo, che offre una struttura di assistenza sanitaria durante il giorno per prestare cure a persone gravemente dipendenti e bisognose di assistenza, cui viene fornito l’appoggio necessario per ottenere tale assistenza al proprio domicilio;

    e)

    centro di accoglienza diurno: un edificio o parte di un edificio, comunque denominato, all’interno di una casa di riposo o in collegamento con una casa di riposo, che offre una struttura di accoglienza durante il giorno a persone anziane che vivono al proprio domicilio e che all’interno del centro beneficiano dell’assistenza e delle cure adeguate alla loro perdita di autonomia;

    (…)

    g)

    centro di accoglienza notturno: un edificio o parte di un edificio, comunque denominato, all’interno di una casa di riposo, che offre una struttura di accoglienza durante la notte a persone anziane che, pur vivendo al proprio domicilio, necessitano di un monitoraggio notturno, di assistenza e di cure sanitarie che non possono essere loro garantiti in modo continuativo dai familiari».

    5.

    Detta legge regionale prevede due strumenti di regolamentazione dei centri: la «programmazione», che riguarda l’offerta di alloggio e l’«accreditamento», che si riferisce alla qualità dell’alloggio.

    6.

    Gli articoli 4-10 della legge regionale attribuiscono alla COCOM i poteri necessari per effettuare la programmazione della totalità o di parte delle strutture per le persone anziane. L’obiettivo della programmazione è di «controllare l’andamento dell’offerta di accoglienza, alloggio o di cure agli anziani, in funzione dell’evoluzione delle necessità della popolazione di Bruxelles». In futuro, nessuna nuova struttura rientrante in una categoria oggetto di programmazione potrà essere aperta o gestita senza autorizzazione.

    7.

    L’articolo 11 della legge regionale, dedicato all’accreditamento, è essenzialmente del seguente tenore:

    «1.   La messa in servizio di una struttura (…) è subordinata al suo previo accreditamento.

    L’accreditamento viene concesso (…) per un periodo massimo di sei anni, rinnovabile.

    La decisione di accreditamento (…) fissa il numero massimo di persone anziane che possono essere ospitate o accolte nella struttura.

    Per ottenere l’accreditamento (…), la struttura deve essere conforme (…) alle norme che il collegio plenario può eventualmente (…) stabilire per ciascuna categoria di strutture di cui all’articolo 2, [paragrafo] 4.

    Dette norme riguardano:

    1o

    l’ammissione e l’accoglienza delle persone anziane;

    2o

    il rispetto dell’anziano, dei suoi diritti e delle sue libertà di natura costituzionale e giuridica, alla luce del suo stato di salute e del suo diritto a condurre una vita conforme alla dignità umana (…);

    3o

    il progetto di vita e le modalità di partecipazione e di informazione delle persone anziane o del loro rappresentante;

    4o

    l’esame e il trattamento dei reclami delle persone anziane o del loro rappresentante;

    5o

    l’alimentazione, l’igiene e le cure da dispensare;

    6o

    il numero, la qualificazione, il piano di formazione, la moralità e la presenza minima del personale e della direzione, nonché, per quanto riguarda quest’ultima, l’esperienza necessaria;

    7o

    (…) le norme architettoniche e di sicurezza specifiche per le strutture;

    8o

    (…) il contratto relativo ai servizi di accoglienza o di alloggio (…).

    In particolare, il contratto deve indicare in modo chiaro ed esauriente gli elementi coperti dalla tariffa giornaliera e le spese che possono essere fatturate come supplementi o come anticipi a terzi, oltre alla tariffa giornaliera (…).

    (…)

    12o

    i contratti di assicurazione

    (…)».

    8.

    Le norme relative all’accreditamento sono state stabilite con decisione della COCOM del 3 dicembre 2009.

    II – Fatti e procedimento dinanzi ai giudici nazionali

    9.

    La Fédération des Maisons de Répos privées de Belgique (Federazione delle case di riposo del Belgio; in prosieguo: la «Femarbel») è un’organizzazione professionale per la difesa degli interessi delle strutture private di accoglienza o di alloggio per gli anziani.

    10.

    Il 15 febbraio 2010 la Femarbel impugnava dinanzi al Conseil d’État la decisione della COCOM del 3 dicembre 2009 che stabilisce le norme relative all’accreditamento delle strutture per anziani. Nell’ambito di tale ricorso, la Femarbel ha sollevato un’eccezione di illegittimità, contestando la validità degli articoli 11-109 della citata legge regionale della COCOM del 24 aprile 2008.

    11.

    Il Conseil d’État ha sollevato un’eccezione di incostituzionalità dinanzi alla Cour constitutionnelle, esprimendo dubbi di diversa natura circa la conformità della legge regionale della COCOM del 24 aprile 2008 con la Costituzione belga.

    12.

    Nell’ambito di tale procedimento, la Cour constitutionnelle si è posta il problema di una possibile incompatibilità della suddetta normativa nazionale con il diritto dell’Unione, e in particolare con la direttiva sui servizi. Alla luce delle particolari caratteristiche dei centri in discussione, la Cour constitutionnelle sottopone alla Corte di giustizia la seguente questione pregiudiziale:

    «Se i servizi sanitari di cui all’articolo 2, paragrafo 2, lettera f), e i servizi sociali di cui all’articolo 2, paragrafo 2, lettera j), della direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, relativa ai servizi nel mercato interno, debbano essere interpretati nel senso che sarebbero esclusi dal campo di applicazione della direttiva i centri di accoglienza diurni ai sensi della legge regionale della Commission communautaire commune del 24 aprile 2008 relativa alle strutture di accoglienza o di alloggio per anziani, in quanto forniscono assistenza e cure adeguate alla perdita di autonomia delle persone anziane, e i centri di accoglienza notturni ai sensi della medesima legge regionale, in quanto forniscono assistenza e cure sanitarie che non possono essere garantite in modo continuativo alle persone anziane dai loro familiari».

    III – Procedimento dinanzi alla Corte di giustizia

    13.

    La presente domanda di pronuncia pregiudiziale è pervenuta nella cancelleria della Corte di giustizia il 3 febbraio 2012.

    14.

    Hanno presentato osservazioni la Femarbel, la COCOM, il Regno dei Paesi Bassi e la Commissione.

    15.

    All’udienza del 17 gennaio 2013 hanno espresso le loro rispettive posizioni i rappresentanti della Femarbel e della COCOM nonché l’agente della Commissione.

    IV – Questione pregiudiziale

    16.

    La norma di cui è chiesta l’interpretazione nel presente procedimento è l’articolo 2, paragrafo 2, lettere f) e j), della direttiva sui servizi, che riguarda l’ambito di applicazione ratione materiae di quest’ultima. In virtù di tale disposizione, rimangono esclusi dall’ambito di applicazione della direttiva sia i servizi sanitari in generale [lettera f)], sia determinati servizi sociali [lettera j)]. Nei limiti in cui i centri di accoglienza diurni e notturni per anziani potrebbero rientrare in una delle suddette categorie, la Cour constitutionnelle belga ci chiede di interpretare entrambe le disposizioni.

    17.

    In concreto, si pone il problema se tali centri di accoglienza per anziani rientrino o meno nella categoria di servizi di cui alla lettera f) oppure in quella descritta alla lettera j). Di conseguenza, analizzerò di seguito la portata di ciascuna disposizione e la sua applicazione al caso dei centri di accoglienza diurni e notturni per persone anziane.

    A – I servizi sanitari

    18.

    L’articolo 2, paragrafo 2, lettera f), esclude dall’ambito di applicazione della direttiva «i servizi sanitari, indipendentemente dal fatto che vengano prestati o meno nel quadro di una struttura sanitaria e a prescindere dalle loro modalità di organizzazione e di finanziamento sul piano nazionale e dalla loro natura pubblica o privata». Nelle osservazioni presentate nell’ambito di questo procedimento, la Femarbel, i Paesi Bassi e la Commissione sostengono l’inapplicabilità della citata lettera f) ai centri di accoglienza diurni e notturni per gli anziani. In sintesi, essi ritengono che, in quanto l’attività principale di un centro di accoglienza non consiste nella prestazione di servizi sanitari, debba essere considerato incluso nell’ambito di applicazione della direttiva sui servizi.

    19.

    Per contro, la COCOM pone in evidenza la stretta connessione tra detti centri e le strutture che prestano trattamenti più intensivi, come i centri sanitari veri e propri, giungendo così alla conclusione che i centri di accoglienza diurni e notturni sono «servizi sanitari» e pertanto rimangono esclusi dall’ambito di applicazione della direttiva sui servizi.

    20.

    Come emerge dalla formulazione dell’articolo 2, paragrafo 2, lettera f), l’enunciato di tale disposizione non fornisce alcun criterio che definisca la nozione di «servizio sanitario». È chiaro invero che, in ogni caso, l’esclusione ha carattere generale: i servizi sanitari, senza ulteriori precisazioni «indipendentemente dal fatto che vengano prestati o meno nel quadro di una struttura sanitaria e a prescindere dalle loro modalità di organizzazione e di finanziamento sul piano nazionale e dalla loro natura pubblica o privata». Pertanto, tale eccezione abbraccia tutto ciò che può essere considerato come servizio sanitario, indipendentemente dalla forma di organizzazione, di finanziamento o di ingerenza del settore pubblico. Stabilire quali siano dette prestazioni sanitarie è una questione cui si deve rispondere alla luce del contesto generale della norma in parola.

    21.

    Il ventiduesimo considerando della direttiva sui servizi offre alcuni elementi interessanti. Così, riferendosi alla citata lettera f), pone in rilievo che l’esclusione «dovrebbe comprendere i servizi sanitari e farmaceutici forniti da professionisti del settore sanitario ai propri pazienti per valutare, mantenere o ripristinare le loro condizioni di salute, laddove tali attività sono riservate a professioni del settore sanitario regolamentate nello Stato membro in cui i servizi vengono forniti».

    22.

    La descrizione fornita dal ventiduesimo considerando raggiunge una maggiore precisazione nel Manuale per l’attuazione della direttiva sui servizi ( 3 ), approvato dalla Commissione nel 2007; si tratta di un testo senza alcun valore normativo ma in ogni caso illustrativo. Con riferimento all’articolo 2, paragrafo 2, lettera f), il Manuale pone in evidenza che tale disposizione non esclude «i servizi forniti non a un paziente» né rientrano nella detta esclusione «le attività non destinate a mantenere, valutare o ripristinare le condizioni di salute dei pazienti». D’altra parte, nel Manuale si aggiunge che «l’esclusione dei servizi sanitari comprende solo le attività riservate a professioni del settore sanitario regolamentate nello Stato membro in cui i servizi vengono forniti».

    23.

    Un altro riferimento utile, benché estraneo al contesto normativo della presente causa, ci viene fornito dalla direttiva 2011/24/UE, concernente l’applicazione dei diritti dei pazienti relativi all’assistenza sanitaria transfrontaliera ( 4 ). Siffatta direttiva non riguarda la libertà di stabilimento dei centri sanitari, tuttavia l’articolo 3, lettera a), indica che per «assistenza sanitaria» s’intendono tutti i servizi «prestati da professionisti sanitari a pazienti, al fine di valutare, mantenere o ristabilire il loro stato di salute, ivi compresa la prescrizione, la somministrazione e la fornitura di medicinali e dispositivi medici».

    24.

    Come è possibile osservare, i «servizi sanitari», come sono intesi dal diritto dell’Unione, comprendono principalmente la valutazione, il mantenimento o il ristabilimento della salute della persona. Ove l’attività consista nella prestazione di vari servizi, alcuni dei quali non possiedano tali caratteristiche, si dovrà considerare il servizio principale dell’attività in questione. Per tale ragione, come pone in evidenza il Manuale, un centro sportivo o una palestra non verranno considerati «servizi sanitari», anche se le prestazioni fornite al loro interno ne comprendono alcune che si incentrano chiaramente sulla valutazione, sul mantenimento o sul ristabilimento della salute ( 5 ).

    25.

    Inoltre, il servizio sanitario deve essere prestato da un professionista della salute. Né la direttiva sui servizi né gli altri testi ricordati nei precedenti paragrafi menzionano il tipo specifico di qualifica che devono possedere tali professionisti, ma rimandano semplicemente ad un’analisi di ciascun caso specifico. Se la professione è regolata, il regime ad essa applicabile ne confermerà il carattere sanitario. Se invece la professione non è regolata, si dovranno prendere in considerazione il quadro professionale dello Stato interessato e i servizi prestati per la comunità, il che richiede un’analisi specifica dell’attività svolta dal professionista di cui si tratti.

    26.

    Occorre inoltre evidenziare che il professionista sanitario deve intervenire in maniera determinante e in un momento importante del servizio. Vale a dire che la previsione di un mero controllo da parte di un medico o l’esistenza di una procedura di certificazione che non incida sul contenuto o sulla qualità del servizio non sono sufficienti per trasformare automaticamente quest’ultimo in un «servizio sanitario».

    27.

    Sulla base di tali criteri, per «servizio sanitario» si deve intendere ogni prestazione o insieme di prestazioni, effettuate da un professionista sanitario o sotto la direzione di questo, miranti principalmente alla valutazione, al mantenimento o al ristabilimento della salute della persona. In tali circostanze, e sulla base degli argomenti esposti in precedenza, possiamo già analizzare i servizi prestati dai centri di accoglienza diurni e notturni, come contemplati dalla legge regionale della COCOM del 24 aprile 2008.

    28.

    A tal fine, possiamo riferirci unicamente al contesto normativo nazionale poiché, come ha avuto modo di porre in evidenza il rappresentante della COCOM, attualmente non esiste alcun centro con tali caratteristiche che sia operativo e soggetto alla normativa contestata. Pertanto, prendendo in considerazione unicamente la descrizione effettuata dalla summenzionata legge regionale del 24 aprile 2008, si deve fare una distinzione tra i centri di accoglienza per persone anziane diurni e quelli notturni.

    29.

    Nel caso dei centri di accoglienza diurni, l’articolo 2, lettera e), della citata legge regionale descrive tali strutture come centri installati all’interno di una casa di riposo o in collegamento con una casa di riposo, che offrono «una struttura di accoglienza durante il giorno a persone anziane che vivono al proprio domicilio». In detto centro di accoglienza tali persone beneficiano «dell’assistenza e delle cure adeguate alla loro perdita di autonomia». Se si compara il tipo di assistenza fornita in questi centri con quella prestata in altre strutture previste dalla stessa legge regionale, ossia con i «centri di assistenza», si osserva come i primi sono destinati ad accogliere persone anziane con una perdita di autonomia leggera, mentre i secondi sono destinati alle persone con capacità fortemente ridotte ( 6 ).

    30.

    Analogamente, le prestazioni specifiche richieste ai centri di accoglienza diurni, secondo le descrizioni fornite dalla Femarbel, non si contraddistinguono principalmente per il loro carattere medico (contrariamente al caso dei cosiddetti centri di assistenza), ma per le loro funzioni di accoglienza, socializzazione e sorveglianza minima. Tali centri, sempre secondo l’opinione della Femarbel, che tuttavia non è stata confutata dalla COCOM, non dispongono di una struttura complessa e rimangono aperti agli utenti affinché questi possano recarvisi in qualsiasi ora del giorno, sia per pranzare, sia per partecipare ad attività ricreative. Benché la legge regionale del 24 aprile 2008 esiga la presenza di un infermiere professionista, tuttavia tale obbligo si spiega in base all’esigenza di somministrare, all’occorrenza, i medicinali prescritti da un medico.

    31.

    Se rivolgiamo ora la nostra attenzione ai centri di accoglienza notturni, osserviamo alcune differenze sostanziali rispetto ai precedenti centri, che derivano dal carattere notturno. Per cominciare, non sembra che esista la dualità tra «centri di assistenza» e «centri di accoglienza», come nel caso dei centri diurni, con il che si può supporre che i centri «di accoglienza» notturni svolgano allo stesso tempo la funzione di centri di assistenza.

    32.

    Difatti, l’articolo 190 della decisione impugnata stabilisce che le strutture (compresi i centri di accoglienza notturni) debbono disporre di «sufficiente personale infermieristico, medico e paramedico, per garantire il monitoraggio e il trattamento permanente delle persone anziane».

    33.

    Tuttavia, il fatto che la presenza di personale sanitario sia permanente non significa che, in linea di principio, il centro abbia carattere specificamente medico. La presenza permanente del personale sanitario si ha nella misura in cui gli utenti hanno bisogno solo di determinati servizi sanitari. La funzione principale del centro di accoglienza notturno non riguarda la prestazione di un servizio medico bensì il riposo della persona anziana.

    34.

    Come ha correttamente segnalato la Commissione, l’esistenza di un servizio sanitario nel gruppo complessivo di attività svolte da una struttura non trasforma automaticamente quest’ultima in un centro per la prestazione di servizi sanitari. La qualificazione di un’attività economica che presenta le caratteristiche per stabilirsi in uno Stato membro deve basarsi su una valutazione globale delle funzioni dell’attività in questione e, in particolare, delle sue funzioni più caratteristiche. Così, il fatto che la Femarbel abbia invocato l’articolo 9 della direttiva sui servizi, disposizione relativa alla libertà di stabilimento, conferma che la richiesta di tale organizzazione non ha altro scopo se non quello di contestare le disposizioni che ostacolano il suo diritto di stabilirsi con carattere permanente e non la prestazione di determinati servizi sul mercato.

    35.

    Alla luce di quanto precede, ritengo che, per quanto riguarda in primo luogo i centri di accoglienza diurni, questi ultimi non costituiscano centri per la prestazione di «servizi sanitari» ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 2, lettera f), della direttiva sui servizi. Sia l’oggetto delle prestazioni offerte da tali centri, sia il tipo di personale responsabile delle prestazioni stesse, indicano che non esiste una funzione sanitaria preponderante o una presenza di personale sanitario decisiva per la prestazione del servizio.

    36.

    Diverso può essere il caso dei centri di accoglienza notturni, per i motivi esposti nei precedenti paragrafi 31-33. Orbene, se venissero confermati i giudizi espressi poc’anzi, vale a dire che le particolari caratteristiche di detti centri notturni non riescono ad alterare il carattere specifico ed eventuale delle cure sanitarie, valutazione questa che spetta al giudice del rinvio, la conclusione dovrebbe essere la stessa.

    B – I servizi sociali

    37.

    La direttiva sui servizi non è applicabile neppure ai «servizi sociali riguardanti gli alloggi popolari, l’assistenza all’infanzia e il sostegno alle famiglie ed alle persone temporaneamente o permanentemente in stato di bisogno, forniti dallo Stato, da prestatori incaricati dallo Stato o da associazioni caritative riconosciute come tali dallo Stato». Tale esclusione è contenuta nell’articolo 2, paragrafo 2, lettera j), della direttiva sui servizi e su di essa si è basata la COCOM per sostenere l’inapplicabilità della direttiva ai centri di accoglienza diurni e notturni. Da parte loro, la Femarbel, i Paesi Bassi e la Commissione ritengono che detti centri non costituiscano «servizi sociali» ai sensi della citata disposizione, e che pertanto siano assoggettati alle disposizioni della direttiva sui servizi.

    38.

    L’articolo 2, paragrafo 2, lettera j), della direttiva sui servizi si riferisce a servizi sociali di natura economica. Ciò si desume dalla lettera a) della disposizione medesima, che esclude dall’ambito di applicazione della direttiva di cui trattasi i servizi non economici di interesse generale. Una volta esclusi i servizi non economici, le eccezioni successive riferite ai servizi di interesse generale devono logicamente riguardare i servizi di natura economica.

    39.

    Non vi sono dubbi sul fatto che i centri di accoglienza diurni e notturni costituiscano attività economiche, in quanto la loro funzione consiste nell’offerta di servizi su un mercato in cui vige il principio della libera concorrenza ( 7 ). Pertanto, la difficoltà collegata al presente caso non deriva dalla scelta tra l’eccezione prevista dalla lettera a) oppure quella contemplata dalla lettera j), poiché è chiaro che si tratta della seconda.

    40.

    I problemi di interpretazione sembrano piuttosto attenere al tenore della suddetta lettera j), mediante il quale si configura un’eccezione due volte più specifica rispetto a quella di cui alla lettera f).

    41.

    In primo luogo, dal punto di vista del contenuto del servizio, la lettera j) contempla unicamente una serie di servizi sociali cui si applica l’eccezione, tra i quali figura «il sostegno alle famiglie ed alle persone temporaneamente o permanentemente in stato di bisogno». È pacifico che questo sarebbe il caso dei centri di accoglienza diurni e notturni.

    42.

    In secondo luogo, e a differenza ancora una volta con l’eccezione per i servizi «sanitari» di cui alla lettera f), l’eccezione di cui alla lettera j) è circoscritta ai servizi sociali «forniti dallo Stato, da prestatori incaricati dallo Stato o da associazioni caritative riconosciute come tali dallo Stato». Di conseguenza, detta eccezione si proietta su tre moduli specifici di organizzazione della prestazione del servizio. Il primo consiste nella prestazione diretta da parte dello Stato, attraverso le autorità pubbliche. Il secondo si riferisce ad una prestazione indiretta da parte di operatori privati, sempreché abbiano avuto un «incarico» dallo Stato. Il terzo tipo riguarda, ancora una volta, la possibilità di un servizio prestato direttamente, ma attraverso associazioni caritative riconosciute come tali dallo Stato. Dal momento che non vengono messe in questione le prestazioni del primo e dell’ultimo tipo, mi limiterò ad analizzare la portata del secondo tipo di organizzazione, che si riferisce cioè ai prestatori «incaricati» dallo Stato.

    43.

    A differenza della prima e della terza forma di organizzazione, la prestazione del servizio da parte di un privato «incaricato» dallo Stato presuppone, appunto, un «incarico». Ed è la portata di tale espressione che deve essere precisata, poiché non tutte le attività svolte da privati che siano condizionate in maggiore o minor misura dallo Stato costituiscono un «incarico». Al contrario, qualsiasi attività meramente soggetta al controllo o alle norme statali potrebbe essere considerata parte dell’«incarico» affidato all’impresa prestatrice del servizio.

    44.

    La direttiva sui servizi non fornisce maggiori elementi quando si tratta di precisare la portata dell’espressione «prestatori incaricati dallo Stato». Neppure il confronto tra le diverse versioni linguistiche ci può aiutare. Mentre le versioni francese e inglese si riferiscono, rispettivamente, a privati «mandatés» e «mandated» dallo Stato, le versioni italiana e spagnola utilizzano, rispettivamente, i termini «incaricati» e «encargadas». La differenza tra i termini utilizzati non appare determinante nell’ottica di interpretare la norma in parola.

    45.

    Di conseguenza, l’esame delle varie versioni linguistiche deve orientarci verso un’interpretazione autonoma dell’espressione «incaricati dallo Stato», capace di riflettere l’esistenza di un obbligo di prestazione di un servizio sociale che presenti un collegamento sufficientemente stretto con un interesse generale da poter usufruire dell’eccezione prevista dall’articolo 2, paragrafo 2, lettera j), della direttiva sui servizi. A tal fine analizzerò il contesto sistematico della disposizione di cui trattasi, per poi proporre un’interpretazione di quest’ultima che sia conforme al suo carattere eccezionale e al contempo coerente con gli obiettivi perseguiti dalla direttiva sui servizi.

    46.

    Come si indica nel preambolo della direttiva sui servizi, l’esclusione di determinati servizi sociali di carattere economico ha lo scopo di «garantire i diritti fondamentali alla dignità e all’integrità umana», in quanto «costituiscono una manifestazione dei principi di coesione e solidarietà sociale». Pertanto, gli Stati membri dispongono di un ampio margine di manovra al momento di organizzare i loro rispettivi sistemi di protezione sociale, come la Corte di giustizia ha rilevato in svariate occasioni ( 8 ). Orbene, spetta a ciascuno Stato membro stabilire le condizioni ed il metodo organizzativo da applicare, aspetti questi che non vengono toccati dal diritto dell’Unione, compresa la direttiva sui servizi. Infatti, la direttiva sui servizi conferma il margine organizzativo di cui dispongono gli Stati membri quando si riferisce, all’articolo 2, paragrafo 2, lettera j), a quei servizi sociali, però solo a quelli «forniti dallo Stato», «incaricati dallo Stato» o prestati da «associazioni caritative».

    47.

    Orbene, seguendo un criterio interpretativo regolarmente applicato dalla Corte di giustizia, le eccezioni alle regole generali devono essere interpretate restrittivamente. Questo è il caso evidentemente delle esclusioni dall’ambito di applicazione della direttiva sui servizi enunciate all’articolo 2. Pertanto, l’eccezione relativa ai servizi sociali richiede un’interpretazione restrittiva, impostazione, questa, che ci porta ad esprimere la seguente considerazione.

    48.

    In virtù del suo carattere pubblico, la disponibilità generale dei servizi sociali cui si riferisce l’articolo 2, paragrafo 2, lettera j), della direttiva sui servizi si traduce nell’esistenza di un obbligo del pubblico potere di prestare tale servizio ( 9 ). Siffatto obbligo di prestare un servizio pubblico costituisce precisamente l’oggetto dell’«incarico» cui si riferisce l’articolo 2, paragrafo 2, lettera j), della direttiva sui servizi quando include nell’eccezione i servizi sociali prestati da un privato ma su incarico dei pubblici poteri.

    49.

    Qualora i servizi sociali di cui alla citata lettera j) siano prestati da un privato, quest’ultimo potrà rimanere assoggettato ad un regime di diritto privato, ma il carattere del servizio prestato sarà inevitabilmente connesso all’obbligo di servizio pubblico che giustifica la prestazione ( 10 ). In tali casi l’«incarico» affidato al prestatore del servizio non è un semplice rapporto obbligatorio ma un mandato basato su un servizio sociale riconosciuto dalla legge, garantito attraverso la costituzione di un diritto soggettivo sociale, che viene prestato con carattere generale alle persone che soddisfino determinate condizioni oggettive legate alla loro situazione personale.

    50.

    Pertanto l’«incarico» cui si riferisce l’articolo 2, paragrafo 2, lettera j), della direttiva sui servizi non allude ad un mero obbligo giuridico gravante sul privato che presta un servizio sociale, ma all’affidamento di un servizio pubblico con le caratteristiche descritte in precedenza, ponendo il prestatore privato in un rapporto di dipendenza rispetto allo Stato che è diverso da quello che si crea abitualmente nell’ambito di un servizio prestato in base ad una concessione pubblica o ad una formula contrattuale simile. L’ambito in cui si colloca il prestatore del servizio è quello di un rapporto specifico determinato da obblighi di servizio pubblico e con un obiettivo specifico di protezione sociale. Questo è l’«incarico» che si deve cercare quando si analizza il rapporto esistente tra il titolare dei centri di accoglienza diurni e notturni e lo Stato.

    51.

    Come ha spiegato la COCOM, la possibilità per i privati di aprire centri di accoglienza diurni e notturni è soggetta ad una programmazione e ad un accreditamento, due condizioni diverse alle quali la pubblica autorità permette l’apertura di un centro e introduce al contempo condizioni per la prestazione del servizio. Come ha confermato la COCOM all’udienza, i centri competono tra loro attraverso una politica dei prezzi e in funzione della qualità del servizio, sebbene la prima sia condizionata da un sistema di tariffazione che prevede prezzi massimi.

    52.

    Dal fascicolo si deduce altresì che i centri di accoglienza diurni e notturni costituiscono attività strettamente economiche prestate da privati, comprese persone giuridiche aventi scopo di lucro. Sono attività economiche perché consistono nell’immissione di un servizio sul mercato, e vengono retribuite in base a condizioni analoghe a quelle di un’attività commerciale. In effetti, le condizioni relative all’accreditamento, specialmente se applicate ai centri di accoglienza diurni e notturni, indicherebbero che si tratta di requisiti per la prestazione di servizi e non di obblighi del servizio pubblico.

    53.

    Come risulta dal fascicolo, e salva la valutazione che spetta al giudice nazionale del rinvio, l’accreditamento non implica l’assunzione di obblighi che si inquadrano in un sistema di finanziamento complesso a carico dello Stato, come nel caso degli obblighi di servizio pubblico. Le condizioni enunciate all’articolo 11 della legge regionale della COCOM del 24 aprile 2008 sembrano piuttosto un elenco di requisiti ordinari esigibili da un servizio, che non i requisiti specifici caratterizzanti la prestazione di un servizio pubblico, come ho indicato nei precedenti paragrafi 48 e 49.

    54.

    Pertanto, e salva la valutazione che spetta al giudice del rinvio, ritengo che i centri di accoglienza diurni e notturni, come disciplinati dalla legge regionale della COCOM del 24 aprile 2008, non siano sussumibili nel secondo dei casi previsti dall’articolo 2, paragrafo 2, lettera j), della direttiva sui servizi, vale a dire quali «prestatori incaricati dallo Stato».

    V – Conclusione

    55.

    Alla luce dei suesposti argomenti, propongo alla Corte di rispondere alla questione pregiudiziale sollevata dalla Cour constitutionnelle belga nei seguenti termini:

    «1)

    L’articolo 2, paragrafo 2, lettera f), della direttiva 2006/123/CE, relativa ai servizi nel mercato interno, deve essere interpretato nel senso che:

    i centri di accoglienza diurni per anziani, nei termini di cui alla legge regionale della Commission communautaire commune della Regione di Bruxelles-Capitale (COCOM) del 24 aprile 2008, non costituiscono “servizi sanitari”;

    i centri di accoglienza notturni per anziani, nei termini di cui alla legge regionale della COCOM del 24 aprile 2008, non costituiscono “servizi sanitari”, sempreché il giudice nazionale pervenga alla conclusione che la missione principale del centro consiste nel garantire il riposo degli anziani e non nella prestazione di servizi sanitari.

    2)

    L’articolo 2, paragrafo 2, lettera j), della direttiva 2006/123/CE, relativa ai servizi nel mercato interno, deve essere interpretato nel senso che i centri di accoglienza diurni e notturni per anziani, nei termini di cui alla legge regionale della COCOM del 24 aprile 2008, non costituiscono “servizi sociali” forniti da prestatori “incaricati dallo Stato”».


    ( 1 ) Lingua originale: lo spagnolo.

    ( 2 ) Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006 (GU L 376, pag. 36).

    ( 3 ) Manuale per l’attuazione della direttiva sui servizi, Ufficio delle pubblicazioni ufficiali delle Comunità europee, 2007.

    ( 4 ) Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 marzo 2011 (GU L 88, pag. 45).

    ( 5 ) Manuale, cit., pag. 12.

    ( 6 ) V. l’articolo 2, paragrafo 2, lettera d), della legge regionale del 24 aprile 2008 della COCOM, relativa ai centri di assistenza.

    ( 7 ) V., tra le altre, le sentenze del 23 aprile 1991, Höfner e Elser (C-41/90, Racc. pag. I-1979, punto 21), e del 16 marzo 2004, AOK Bundesverband e a. (C-264/01, C-306/01, C-354/01 e C-355/01, Racc. pag. I-2493, punto 46).

    ( 8 ) V., tra le altre, sentenze del 16 maggio 2006, Watts (C-372/04, Racc. pag. I-4325, punto 92 e giurisprudenza ivi citata); del 19 aprile 2007, Stamatelaki (C-444/05, Racc. pag. I-3185, punto 23), e del 15 giugno 2010, Commissione/Spagna (C-211/08, Racc. pag. I-5267, punto 53).

    ( 9 ) Sulle forme della prassi amministrativa e le diverse tecniche di organizzazione delle politiche sociali, v. Rodríguez de Santiago, J.M., La Administración del Estado Social, Ed. Marcial Pons, Madrid, 2007, pagg. 115 e segg.

    ( 10 ) Ibidem, pagg. 162 e segg.

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