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Document 62007TJ0141

    Sentenza del Tribunale (Ottava Sezione) del 13 luglio 2011.
    General Technic-Otis Sàrl (T-141/07), General Technic Sàrl (T-142/07), Otis SA e altri (T-145/07) e United Technologies Corporation (T-146/07) contro Commissione europea.
    Concorrenza — Intese — Mercato dell’installazione e della manutenzione degli ascensori e delle scale mobili — Decisione che constata un’infrazione all’art. 81 CE — Manipolazione delle gare d’appalto — Ripartizione dei mercati — Fissazione dei prezzi.
    Cause T-141/07, T-142/07, T-145/07 e T-146/07.

    Court reports – general

    ECLI identifier: ECLI:EU:T:2011:363

     SENTENZA DEL TRIBUNALE (Ottava Sezione)

    13 luglio 2011 ( *1 )

    «Concorrenza – Intese – Mercato dell’installazione e della manutenzione degli ascensori e delle scale mobili – Decisione che constata una violazione dell’art. 81 CE – Manipolazione delle gare d’appalto – Ripartizione dei mercati – Fissazione dei prezzi»

    Nelle cause T‑141/07, T‑142/07, T‑145/07 e T‑146/07,

    General Technic-Otis Sàrl, con sede in Howald (Lussemburgo), rappresentata inizialmente dall’avv. M. Nosbusch, successivamente dall’avv. A. Winckler e dal sig. J. Temple Lang, solicitor,

    ricorrente nella causa T‑141/07,

    General Technic Sàrl, con sede in Howald, rappresentata dall’avv. Nosbusch,

    ricorrente nella causa T‑142/07,

    Otis SA, con sede in Dilbeek (Belgio),

    Otis GmbH & Co. OHG, con sede in Berlino (Germania),

    Otis BV, con sede in Amersfoort (Paesi Bassi),

    Otis Elevator Company, con sede in Farmington, Connecticut (Stati Uniti),

    rappresentate dagli avv.ti Winckler e Temple Lang,

    ricorrenti nella causa T‑145/07,

    United Technologies Corporation, con sede in Wilmington, Delaware (Stati Uniti), rappresentata dagli avv.ti Winckler e Temple Lang,

    ricorrente nella causa T‑146/07,

    contro

    Commissione europea, rappresentata, nelle cause T‑141/07 e T‑142/07, dai sigg. A. Bouquet e R. Sauer, in qualità di agenti, assistiti dall’avv. A. Condomines, e, nelle cause T‑145/07 e T‑146/07, dai sigg. Bouquet, Sauer e J. Bourke, in qualità di agenti, assistiti dall’avv. A. Condomines,

    convenuta,

    aventi ad oggetto domande d’annullamento della decisione della Commissione 21 febbraio 2007, C (2007) 512 def., relativa ad un procedimento di applicazione dell’art. 81 [CE] (caso COMP/E-1/38.823 – Ascensori e scale mobili), o, in subordine, di riduzione dell’importo delle ammende inflitte alle ricorrenti,

    IL TRIBUNALE (Ottava Sezione),

    composto dalla sig.ra M. E. Martins Ribeiro (relatore), presidente, dai sigg. N. Wahl e A. Dittrich, giudici,

    cancelliere: sig.ra K. Andová, amministratore

    vista la fase scritta del procedimento e in seguito alle udienze del 1o, del 6 e del 7 ottobre 2009,

    ha pronunciato la seguente

    Sentenza

    1

    Le presenti cause hanno ad oggetto domande di annullamento della decisione della Commissione 21 febbraio 2007, C (2007) 512 def., relativa ad un procedimento ai sensi dell’articolo 81 [CE] (Caso COMP/E-1/38.823 – Ascensori e scale mobili) (in prosieguo: la «decisione impugnata»), di cui è stato pubblicato un sunto nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea del 26 marzo 2008 (GU C 75, pag. 19), o, in subordine, di riduzione dell’importo delle ammende inflitte alle ricorrenti.

    2

    Nella decisione impugnata la Commissione delle Comunità europee ha considerato che le seguenti società hanno violato l’art. 81 CE:

    Kone Belgium SA (in prosieguo: «Kone Belgio»), Kone GmbH (in prosieguo: «Kone Germania»), Kone Luxembourg Sàrl (in prosieguo: «Kone Lussemburgo»), Kone BV Liften en Roltrappen (in prosieguo: «Kone Paesi Bassi») e Kone Oyj (in prosieguo: «KC») (in prosieguo indicate congiuntamente o separatamente come «Kone»);

    Otis SA (in prosieguo: «Otis Belgio»), Otis GmbH & Co. OHG (in prosieguo: «Otis Germania»), General Technic-Otis Sàrl (in prosieguo: «GTO»), General Technic Sàrl (in prosieguo: «GT»), Otis BV (in prosieguo: «Otis Paesi Bassi»), Otis Elevator Company (in prosieguo: «OEC») e United Technologies Corporation (in prosieguo: «UTC») (in prosieguo indicate congiuntamente o separatamente come «Otis»);

    Schindler SA (in prosieguo: «Schindler Belgio»), Schindler Deutschland Holding GmbH (in prosieguo: «Schindler Germania»), Schindler Sàrl (in prosieguo: «Schindler Lussemburgo»), Schindler Liften BV (in prosieguo: «Schindler Paesi Bassi») e Schindler Holding Ltd (in prosieguo «Schindler Holding») (in prosieguo indicate congiuntamente o separatamente come «Schindler»);

    ThyssenKrupp Liften Ascenseurs NV (in prosieguo: «TKLA»), ThyssenKrupp Aufzüge GmbH (in prosieguo: «TKA»), ThyssenKrupp Fahrtreppen GmbH (in prosieguo: «TKF»), ThyssenKrupp Elevator AG (in prosieguo: «TKE»), ThyssenKrupp AG (in prosieguo: «TKAG»), ThyssenKrupp Ascenseurs Luxembourg Sàrl (in prosieguo: «TKAL») e ThyssenKrupp Liften BV (in prosieguo: «TKL») (in prosieguo indicate congiuntamente o separatamente come «ThyssenKrupp»);

    Mitsubishi Elevator Europe BV (in prosieguo: «MEE»).

    3

    UTC è leader mondiale nei sistemi di costruzione e nell’industria aerospaziale. OEC è una controllata al 100% di UTC con sede negli Stati Uniti, che esercita le sue attività nel settore delle scale mobili e degli ascensori tramite controllate nazionali. Queste sono in particolare, in Belgio, Otis Belgio, in Germania, Otis Germania, in Lussemburgo, GTO e, nei Paesi Bassi, Otis Paesi Bassi. Al momento dell’adozione della decisione impugnata, GTO era detenuta al 75% da Otis Belgio e il restante 25% era detenuto da GT (punti 21‑26 della decisione impugnata).

    Procedimento amministrativo

    Indagine della Commissione

    4

    Nell’estate del 2003 venivano trasmesse alla Commissione informazioni relative alla possibile esistenza di un’intesa tra i quattro principali produttori europei di ascensori e scale mobili che esercitano attività commerciali nell’Unione, vale a dire Kone, Otis, Schindler e ThyssenKrupp (punti 3 e 91 della decisione impugnata).

    Belgio

    5

    A partire dal 28 gennaio 2004 e durante il mese di marzo 2004 la Commissione effettuava accertamenti, in applicazione dell’art. 14, nn. 2 e 3, del regolamento del Consiglio 6 febbraio 1962, n. 17, primo regolamento d’applicazione degli articoli 81 [CE] e 82 [CE] (GU 1962, 13, pag. 204), in particolare presso i locali delle controllate di Kone, Otis, Schindler e ThyssenKrupp in Belgio (punti 92, 93, 95 e 97 della decisione impugnata).

    6

    Successivamente, Kone, Otis, ThyssenKrupp e Schindler presentavano domande a titolo della comunicazione della Commissione relativa all’immunità dalle ammende e alla riduzione dell’importo delle ammende nei casi di cartelli tra imprese (GU 2002, C 45, pag. 3) (in prosieguo: la «comunicazione sulla cooperazione del 2002»). Tali domande venivano integrate dalle imprese interessate (punti 94, 96, 98 e 103 della decisione impugnata).

    7

    Il 29 giugno 2004 veniva concessa a Kone un’immunità condizionata in applicazione del punto 8, lett. b), della suddetta comunicazione (punto 99 della decisione impugnata).

    8

    Tra settembre e dicembre 2004 la Commissione inviava inoltre richieste di informazioni a norma dell’art. 18 del regolamento (CE) del Consiglio 16 dicembre 2002, n. 1/2003, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli 81 [CE] e 82 [CE] (GU 2003, L 1, pag. 1), alle imprese partecipanti all’infrazione in Belgio, a vari clienti in tale Stato membro e all’associazione belga Agoria (punti 101 e 102 della decisione impugnata).

    Germania

    9

    A partire dal 28 gennaio 2004 e durante il mese di marzo 2004 la Commissione effettuava accertamenti, in applicazione dell’art. 14, n. 3, del regolamento n. 17, in particolare presso i locali delle controllate di Otis e di ThyssenKrupp in Germania (punti 104 e 106 della decisione impugnata).

    10

    Il 12 e il 18 febbraio 2004 Kone integrava la sua domanda a titolo della comunicazione sulla cooperazione del 2002, del 2 febbraio 2004, relativa al Belgio, con informazioni concernenti la Germania. Analogamente, tra marzo 2004 e febbraio 2005 Otis integrava la sua domanda relativa al Belgio con informazioni concernenti la Germania. Il 25 novembre 2004 Schindler presentava una domanda a titolo di detta comunicazione contenente informazioni relative alla Germania, che veniva completata tra dicembre 2004 e febbraio 2005. Infine, nel dicembre 2005 ThyssenKrupp trasmetteva alla Commissione una domanda, relativa alla Germania, sempre a titolo della suddetta comunicazione (punti 105, 107, 112 e 114 della decisione impugnata).

    11

    Tra settembre e novembre 2004 la Commissione inviava inoltre richieste di informazioni, in applicazione dell’art. 18 del regolamento n. 1/2003, alle imprese partecipanti all’infrazione in Germania, a vari clienti in tale Stato membro e alle associazioni VDMA, VFA e VMA (punti 110, 111 e 113 della decisione impugnata).

    Lussemburgo

    12

    Il 5 febbraio 2004 Kone integrava la sua domanda del 2 febbraio 2004, relativa al Belgio, con informazioni concernenti il Lussemburgo. Otis e ThyssenKrupp presentavano oralmente una domanda a titolo della comunicazione sulla cooperazione del 2002 con riferimento al Lussemburgo. Una domanda a titolo della medesima comunicazione, con riferimento al Lussemburgo, veniva presentata da Schindler (punti 115, 118, 119 e 124 della decisione impugnata).

    13

    A partire dal 9 marzo 2004 la Commissione effettuava accertamenti, in applicazione dell’art. 14, n. 3, del regolamento n. 17, segnatamente presso i locali delle controllate di Schindler e di ThyssenKrupp in Lussemburgo (punto 116 della decisione impugnata).

    14

    Il 29 giugno 2004 veniva concessa a Kone un’immunità condizionata in applicazione del punto 8, lett. b), della comunicazione sulla cooperazione del 2002 per la parte della sua domanda relativa al Lussemburgo (punto 120 della decisione impugnata).

    15

    Nel settembre e nell’ottobre 2004 la Commissione inviava richieste di informazioni a norma dell’art. 18 del regolamento n. 1/2003 alle imprese partecipanti all’infrazione in Lussemburgo, a vari clienti in tale Stato membro e alla Fédération luxembourgeoise des ascensoristes (punti 122 e 123 della decisione impugnata).

    Paesi Bassi

    16

    Nel marzo 2004 Otis presentava una domanda a titolo della comunicazione sulla cooperazione del 2002 con riferimento ai Paesi Bassi, che veniva successivamente completata. Nell’aprile 2004 veniva presentata da ThyssenKrupp una domanda a titolo di detta comunicazione, anch’essa successivamente completata a più riprese. Infine, il 19 luglio 2004 Kone integrava la sua domanda del 2 febbraio 2004, relativa al Belgio, con informazioni concernenti i Paesi Bassi (punti 127, 129 e 130 della decisione impugnata).

    17

    Il 27 luglio 2004 veniva concessa un’immunità condizionata ad Otis in applicazione del punto 8, lett. a), della suddetta comunicazione (punto 131 della decisione impugnata).

    18

    A partire dal 28 aprile 2004 la Commissione effettuava accertamenti, in applicazione dell’art. 14, n. 3, del regolamento n. 17, segnatamente presso i locali delle controllate di Kone, Schindler, ThyssenKrupp e MEE nei Paesi Bassi, nonché presso i locali dell’associazione Boschduin (punto 128 della decisione impugnata).

    19

    Nel settembre 2004 la Commissione inviava richieste di informazioni in applicazione dell’art. 18 del regolamento n. 1/2003 alle imprese partecipanti all’infrazione nei Paesi Bassi, a vari clienti in tale Stato membro e alle associazioni VLR e Boschduin (punti 133 e 134 della decisione impugnata).

    Comunicazione degli addebiti

    20

    Il 7 ottobre 2005 la Commissione adottava una comunicazione degli addebiti, rivolta in particolare alle società menzionate supra al punto 2. Tutti i destinatari della comunicazione degli addebiti trasmettevano osservazioni scritte in risposta alle censure mosse dalla Commissione (punti 135 e 137 della decisione impugnata).

    21

    Poiché nessuno dei destinatari della comunicazione degli addebiti ne aveva fatto domanda, non si teneva un’audizione (punto 138 della decisione impugnata).

    Decisione impugnata

    22

    Il 21 febbraio 2007 la Commissione ha adottato la decisione impugnata, in cui ha constatato che le società destinatarie avevano partecipato a quattro infrazioni singole, complesse e continuate all’art. 81, n. 1, CE, in quattro Stati membri, ripartendosi i mercati attraverso accordi o concertazioni per l’attribuzione di appalti e di contratti relativi alla vendita, all’installazione, alla manutenzione e all’ammodernamento di ascensori e scale mobili (punto 2 della decisione impugnata).

    23

    Per quanto riguarda i destinatari della decisione impugnata, la Commissione ha ritenuto che, oltre alle controllate delle imprese interessate in Belgio, in Germania, in Lussemburgo e nei Paesi Bassi, le società capogruppo di dette controllate dovessero essere considerate solidalmente responsabili per le violazioni dell’art. 81 CE commesse dalle rispettive controllate, per il fatto che potevano esercitare un’influenza decisiva sulla loro politica commerciale nel periodo dell’infrazione e si poteva presumere che si fossero avvalse di tale potere (punti 608, 615, 622, 627 e 634‑641 della decisione impugnata). Le società controllanti di MEE non sono state considerate solidalmente responsabili del comportamento della loro controllata, poiché non è stato possibile dimostrare che esse avessero esercitato un’influenza decisiva sul suo comportamento (punto 643 della decisione impugnata).

    24

    Per calcolare l’importo delle ammende, nella decisione impugnata la Commissione ha applicato il metodo descritto negli orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’articolo 15, paragrafo 2 del regolamento n. 17 e dell’articolo 65, paragrafo 5 [CA] (GU 1998, C 9, pag. 3; in prosieguo: gli «orientamenti del 1998»). Essa ha inoltre esaminato se, e in quale misura, le imprese interessate soddisfacessero le condizioni previste dalla comunicazione sulla cooperazione del 2002.

    25

    La Commissione ha qualificato le infrazioni come «molto gravi» in considerazione della loro natura e del fatto che ciascuna di esse riguardava l’intero ambito territoriale di uno Stato membro (Belgio, Germania, Lussemburgo o Paesi Bassi), anche se il loro impatto reale non poteva essere misurato (punto 671 della decisione impugnata).

    26

    Per tenere conto dell’effettiva capacità economica delle imprese interessate di arrecare un pregiudizio significativo alla concorrenza, la Commissione le ha suddivise, per ciascun paese, in varie categorie a seconda del volume d’affari realizzato sul mercato degli ascensori e/o delle scale mobili, compresi, se del caso, i servizi di manutenzione e di ammodernamento (punti 672 e 673 della decisione impugnata).

    27

    Per quanto riguarda l’intesa in Belgio, Kone e Schindler sono state classificate nella prima categoria, con un importo di partenza dell’ammenda, determinato in funzione della gravità dell’infrazione, di EUR 40000000. Otis è stata classificata nella seconda categoria, con un importo di partenza dell’ammenda di EUR 27000000. ThyssenKrupp è stata classificata nella terza categoria, con un importo di partenza dell’ammenda di EUR 16500000 (punti 674 e 675 della decisione impugnata). All’importo di partenza dell’ammenda da infliggere a Otis è stato applicato un coefficiente moltiplicatore di 1,7 e all’importo di partenza dell’ammenda di ThyssenKrupp è stato applicato un coefficiente moltiplicatore di 2, per tenere conto delle loro dimensioni e delle loro risorse globali, portando così gli importi di partenza delle loro ammende rispettivamente ad EUR 45900000 e ad EUR 33000000 (punti 690 e 691 della decisione impugnata). Poiché l’infrazione è durata sette anni e otto mesi (dal 9 maggio 1996 al 29 gennaio 2004), la Commissione ha aumentato del 75% l’importo di partenza dell’ammenda per le imprese interessate. L’importo di base dell’ammenda è stato quindi fissato in EUR 70000000 per Kone, in EUR 80325000 per Otis, in EUR 70000000 per Schindler e in EUR 57750000 per ThyssenKrupp (punti 692 e 696 della decisione impugnata). La Commissione ha ritenuto che ThyssenKrupp dovesse essere considerata recidiva e ha aumentato l’importo della sua ammenda del 50% a titolo di tale circostanza aggravante (punti 697, 698 e 708-710 della decisione impugnata). Non sono state riconosciute circostanze attenuanti a favore delle imprese interessate (punti 733, 734, 749, 750 e 753-755 della decisione impugnata). In applicazione della comunicazione sulla cooperazione del 2002, Kone ha beneficiato di un’immunità totale dalle ammende. Otis ha beneficiato, da una parte, di una riduzione del 40% dell’importo dell’ammenda entro la forcella prevista dal punto 23, lett. b), primo comma, primo trattino, della detta comunicazione e, dall’altro, di una riduzione dell’1% dell’importo dell’ammenda per la mancata contestazione dei fatti. ThyssenKrupp ha beneficiato, da un lato, di una riduzione del 20% dell’importo dell’ammenda entro la forcella prevista dal punto 23, lett. b), primo comma, secondo trattino, di tale comunicazione e, dall’altro, di una riduzione dell’1% dell’importo dell’ammenda per la mancata contestazione dei fatti. Schindler ha beneficiato di una riduzione dell’1% dell’importo dell’ammenda per la mancata contestazione dei fatti (punti 760‑777 della decisione impugnata).

    28

    Per quanto riguarda l’intesa in Germania, Kone, Otis e ThyssenKrupp sono state classificate nella prima categoria, con un importo di partenza dell’ammenda di EUR 70000000. Schindler è stata classificata nella seconda categoria, con un importo di partenza dell’ammenda di EUR 17000000 (punti 676‑679 della decisione impugnata). All’importo di partenza dell’ammenda da infliggere a Otis è stato applicato un coefficiente moltiplicatore di 1,7 e all’importo di partenza dell’ammenda di ThyssenKrupp è stato applicato un coefficiente moltiplicatore di 2, per tenere conto delle loro dimensioni e delle loro risorse globali, portando così gli importi di partenza delle loro ammende rispettivamente ad EUR 119000000 e ad EUR 140000000 (punti 690 e 691 della decisione impugnata). Poiché l’infrazione commessa da Kone, Otis e ThyssenKrupp è durata otto anni e quattro mesi (dal 1o agosto 1995 al 5 dicembre 2003), la Commissione ha aumentato l’importo di partenza dell’ammenda per tali imprese dell’80%. Poiché l’infrazione commessa da Schindler è durata cinque anni e quattro mesi (dal 1o agosto 1995 al 6 dicembre 2000), la Commissione ha aumentato l’importo di partenza dell’ammenda per tale impresa del 50%. L’importo di base dell’ammenda è stato così portato ad EUR 126000000 per Kone, ad EUR 214200000 per Otis, ad EUR 25500000 per Schindler e ad EUR 252000000 per ThyssenKrupp (punti 693 e 696 della decisione impugnata). La Commissione ha ritenuto che ThyssenKrupp dovesse essere considerata recidiva e ha aumentato l’importo della sua ammenda del 50% a titolo di tale circostanza aggravante (punti 697‑707 della decisione impugnata). Non è stata applicata alcuna circostanza attenuante a favore delle imprese interessate (punti 727‑729, 735, 736, 742‑744, 749, 750 e 753‑755 della decisione impugnata). Kone ha beneficiato, da una parte, della riduzione massima del 50% dell’importo dell’ammenda prevista dal punto 23, lett. b), primo comma, primo trattino, della comunicazione sulla cooperazione del 2002 e, dall’altra, di una riduzione dell’1% dell’importo dell’ammenda per la mancata contestazione dei fatti. Otis ha beneficiato, da una parte, di una riduzione del 25% dell’importo dell’ammenda entro la forcella prevista dal punto 23, lett. b), primo comma, secondo trattino, della detta comunicazione e, dall’altra, di una riduzione dell’1% dell’importo dell’ammenda per la mancata contestazione dei fatti. Schindler ha beneficiato, da una parte, di una riduzione del 15% dell’importo dell’ammenda entro la forcella prevista dal punto 23, lett. b), primo comma, terzo trattino, di tale comunicazione e, dall’altra, di una riduzione dell’1% dell’importo dell’ammenda per la mancata contestazione dei fatti. ThyssenKrupp ha beneficiato di una riduzione dell’1% dell’importo dell’ammenda per la mancata contestazione dei fatti (punti 778‑813 della decisione impugnata).

    29

    Per quanto riguarda l’intesa in Lussemburgo, Otis e Schindler sono state classificate nella prima categoria, con un importo di partenza dell’ammenda di EUR 10000000. Kone e ThyssenKrupp sono state classificate nella seconda categoria, con un importo di partenza dell’ammenda di EUR 2500000 (punti 680‑683 della decisione impugnata). All’importo di partenza dell’ammenda da infliggere a Otis è stato applicato un coefficiente moltiplicatore di 1,7 e all’importo di partenza dell’ammenda di ThyssenKrupp è stato applicato un coefficiente moltiplicatore di 2, per tenere conto delle loro dimensioni e delle loro risorse globali, portando così gli importi di partenza delle loro ammende rispettivamente ad EUR 17000000 e ad EUR 5000000 (punti 690 e 691 della decisione impugnata). Poiché l’infrazione è durata otto anni e tre mesi (dal 7 dicembre 1995 al 9 marzo 2004), la Commissione ha aumentato l’importo di partenza dell’ammenda per le imprese interessate dell’80%. L’importo di base dell’ammenda è stato così portato ad EUR 4500000 per Kone, ad EUR 30600000 per Otis, ad EUR 18000000 per Schindler e ad EUR 9000000 per ThyssenKrupp (punti 694 e 696 della decisione impugnata). La Commissione ha ritenuto che ThyssenKrupp dovesse essere considerata recidiva e ha aumentato l’importo della sua ammenda del 50% a titolo di tale circostanza aggravante (punti 697, 698 e 711‑714 della decisione impugnata). Non è stata applicata alcuna circostanza attenuante a favore delle imprese interessate (punti 730, 749, 750 e 753-755 della decisione impugnata). In applicazione della comunicazione sulla cooperazione del 2002, Kone ha beneficiato dell’immunità totale dalle ammende. Otis ha beneficiato, da una parte, di una riduzione del 40% dell’importo dell’ammenda entro la forcella prevista dal punto 23, lett. b), primo comma, primo trattino, della detta comunicazione e, dall’altro, di una riduzione dell’1% dell’importo dell’ammenda per la mancata contestazione dei fatti. Schindler e ThyssenKrupp hanno beneficiato soltanto di una riduzione dell’1% dell’importo dell’ammenda per la mancata contestazione dei fatti (punti 814‑835 della decisione impugnata).

    30

    Per quanto concerne l’intesa nei Paesi Bassi, Kone è stata classificata nella prima categoria, con un importo di partenza dell’ammenda di EUR 55000000. Otis è stata classificata nella seconda categoria, con un importo di partenza dell’ammenda di EUR 41000000. Schindler è stata classificata nella terza categoria, con un importo di partenza dell’ammenda di EUR 24500000. ThyssenKrupp e MEE sono state classificate nella quarta categoria, con un importo di partenza dell’ammenda di EUR 8500000 (punti 684 e 685 della decisione impugnata). All’importo di partenza dell’ammenda da infliggere a Otis è stato applicato un coefficiente moltiplicatore di 1,7 e all’importo di partenza dell’ammenda di ThyssenKrupp è stato applicato un coefficiente moltiplicatore di 2, per tenere conto delle loro dimensioni e delle loro risorse globali, portando così gli importi di partenza delle loro ammende rispettivamente ad EUR 69700000 e ad EUR 17000000 (punti 690 e 691 della decisione impugnata). Poiché l’infrazione commessa da Otis e ThyssenKrupp è durata cinque anni e dieci mesi (dal 15 aprile 1998 al 5 marzo 2004), la Commissione ha aumentato l’importo di partenza dell’ammenda per tali imprese del 55%. Poiché l’infrazione commessa da Kone e Schindler è durata quattro anni e nove mesi (dal 1o giugno 1999 al 5 marzo 2004), la Commissione ha aumentato l’importo di partenza dell’ammenda per tali imprese del 45%. Poiché l’infrazione commessa da MEE è durata quattro anni e un mese (dall’11 gennaio 2000 al 5 marzo 2004), la Commissione ha aumentato l’importo di partenza dell’ammenda per tale impresa del 40%. L’importo di base dell’ammenda è stato così portato ad EUR 79750000 per Kone, ad EUR 108035000 per Otis, ad EUR 35525000 per Schindler, ad EUR 26350000 per ThyssenKrupp e ad EUR 11900000 per MEE (punti 695 e 696 della decisione impugnata). La Commissione ha ritenuto che ThyssenKrupp dovesse essere considerata recidiva e ha aumentato l’importo della sua ammenda del 50% a titolo di tale circostanza aggravante (punti 697, 698 e 715-720 della decisione impugnata). Non è stata applicata alcuna circostanza attenuante a favore delle imprese interessate (punti 724‑726, 731, 732, 737, 739‑741, 745‑748 e 751‑755 della decisione impugnata). In applicazione della comunicazione sulla cooperazione del 2002, Otis ha beneficiato dell’immunità totale dalle ammende. ThyssenKrupp ha beneficiato, da una parte, di una riduzione del 40% dell’importo dell’ammenda entro la forcella prevista dal punto 23, lett. b), primo comma, primo trattino, della detta comunicazione e, dall’altra, di una riduzione dell’1% dell’importo dell’ammenda per la mancata contestazione dei fatti. Schindler e MEE hanno beneficiato di una riduzione dell’1% dell’importo dell’ammenda per la mancata contestazione dei fatti (punti 836‑855 della decisione impugnata).

    31

    Il dispositivo della decisione impugnata è così formulato:

    «Articolo 1

    1.   Per quanto riguarda il Belgio, le seguenti imprese hanno violato l’articolo 81 [CE], accordandosi regolarmente e collettivamente, nei periodi indicati, nell’ambito di accordi e pratiche concordate a livello nazionale concernenti gli ascensori e le scale mobili, al fine di ripartirsi i mercati ed attribuirsi gli appalti pubblici e privati nonché altri contratti per la vendita e l’installazione di ascensori e scale mobili conformemente alle quote preconcordate, e di non farsi concorrenza per i contratti di manutenzione e di ammodernamento:

    Kone: [KC] e [Kone Belgio]: dal 9 maggio 1996 al 29 gennaio 2004;

    Otis: [UTC], [OEC] e [Otis Belgio]: dal 9 maggio 1996 al 29 gennaio 2004;

    Schindler: Schindler Holding (…) e [Schindler Belgio]: dal 9 maggio 1996 al 29 gennaio 2004; e

    ThyssenKrupp: [TKAG], [TKE] e [TKLA]: dal 9 maggio 1996 al 29 gennaio 2004.

    2.   Per quanto riguarda la Germania, le seguenti imprese hanno violato l’articolo 81 [CE], accordandosi regolarmente e collettivamente, nei periodi indicati, nell’ambito di accordi e pratiche concordate a livello nazionale concernenti gli ascensori e le scale mobili, al fine di ripartirsi i mercati ed attribuirsi gli appalti pubblici e privati nonché altri contratti per la vendita e l’installazione conformemente alle quote preconcordate:

    Kone: [KC] e [Kone Germania]: dal 1o agosto 1995 al 5 dicembre 2003;

    Otis: [UTC], [OEC] e [Otis Germania]: dal 1o agosto 1995 al 5 dicembre 2003;

    Schindler: Schindler Holding (…) e [Schindler Germania]: dal 1o agosto 1995 al 6 dicembre 2000; e

    ThyssenKrupp: [TKAG], [TKE], [TKA] e [TKF]: dal 1o agosto 1995 al 5 dicembre 2003.

    3.   Per quanto riguarda il Lussemburgo, le seguenti imprese hanno violato l’articolo 81 [CE], accordandosi regolarmente e collettivamente, nei periodi indicati, nell’ambito di accordi e pratiche concordate a livello nazionale concernenti gli ascensori e le scale mobili, al fine di ripartirsi i mercati ed attribuirsi gli appalti pubblici e privati nonché altri contratti per la vendita e l’installazione conformemente alle quote preconcordate, e di non farsi concorrenza per i contratti di manutenzione e di ammodernamento:

    Kone: [KC] e [Kone Lussemburgo]: dal 7 dicembre 1995 al 29 gennaio 2004;

    Otis: [UTC], [OEC], [Otis Belgio], [GTO] e [GT]: dal 7 dicembre 1995 al 9 marzo 2004;

    Schindler: Schindler Holding (…) e [Schindler Lussemburgo]: dal 7 dicembre 1995 al 9 marzo 2004; e

    ThyssenKrupp: [TKAG], [TKE] e [TKAL]: dal 7 dicembre 1995 al 9 marzo 2004.

    4.   Per quanto riguarda i Paesi Bassi, le seguenti imprese hanno violato l’articolo 81 [CE], accordandosi regolarmente e collettivamente, nei periodi indicati, nell’ambito di accordi e pratiche concordate a livello nazionale concernenti gli ascensori e le scale mobili, al fine di ripartirsi i mercati ed attribuirsi gli appalti pubblici e privati nonché altri contratti per la vendita e l’installazione conformemente alle quote preconcordate, e di non farsi concorrenza per i contratti di manutenzione e di ammodernamento:

    Kone: [KC] e [Kone Paesi Bassi]: dal 1o giugno 1999 al 5 marzo 2004;

    Otis: [UTC], [OEC] e [Otis Paesi Bassi]: dal 15 aprile 1998 al 5 marzo 2004;

    Schindler: Schindler Holding (…) e [Schindler Paesi Bassi]: dal 1o giugno 1999 al 5 marzo 2004;

    ThyssenKrupp: [TKAG] e [TKL]: dal 15 aprile 1998 al 5 marzo 2004; e

    [MEE]: dall’11 gennaio 2000 al 5 marzo 2004.

    Articolo 2

    1.   Per le infrazioni in Belgio di cui all’articolo 1, paragrafo 1, sono inflitte le seguenti ammende:

    Kone: [KC] e [Kone Belgio], in solido: 0 EUR;

    Otis: [UTC], [OEC] e [Otis Belgio], in solido: 47713050 EUR;

    Schindler: Schindler Holding (…) e [Schindler Belgio], in solido: 69300000 EUR; e

    ThyssenKrupp: [TKAG], [TKE] e [TKLA], in solido: 68607000 EUR.

    2.   Per le infrazioni in Germania di cui all’articolo 1, paragrafo 2, sono inflitte le seguenti ammende:

    Kone: [KC] e [Kone Germania], in solido: 62370000 EUR;

    Otis: [UTC], [OEC] e [Otis Germania], in solido: 159043500 EUR;

    Schindler: Schindler Holding (…) e [Schindler Germania], in solido: 21458250 EUR; e

    ThyssenKrupp: [TKAG], [TKE], [TKA] e [TKF], in solido: 374220000 EUR.

    3.   Per le infrazioni in Lussemburgo di cui all’articolo 1, paragrafo 3, sono inflitte le seguenti ammende:

    Kone: [KC] e [Kone Lussemburgo], in solido: 0 EUR;

    Otis: [UTC], [OEC], [Otis Belgio], [GTO] e [GT], in solido: 18176400 EUR;

    Schindler: Schindler Holding (…) e [Schindler Lussemburgo], in solido: 17820000 EUR; e

    ThyssenKrupp: [TKAG], [TKE] e [TKAL], in solido: 13365000 EUR.

    4.   Per le infrazioni nei Paesi Bassi di cui all’articolo 1, paragrafo 4, sono inflitte le seguenti ammende:

    Kone: [KC] e [Kone Paesi Bassi], in solido: 79750000 EUR;

    Otis: [UTC], [OEC] e [Otis Paesi Bassi], in solido: 0 EUR;

    Schindler: Schindler Holding (…) e [Schindler Paesi Bassi], in solido: 35169750 EUR;

    ThyssenKrupp: [TKAG] e [TKL], in solido: 23477850 EUR; e

    [MEE]: 1841400 EUR.

    (…)».

    Procedimento e conclusioni delle parti

    32

    Con ricorsi depositati presso la cancelleria del Tribunale il 4 maggio 2007 (nelle cause T‑141/07 e T‑142/07) e il 7 maggio 2007 (nelle cause T‑145/07 e T‑146/07), GTO, GT, Otis Belgio, Otis Germania, Otis Paesi Bassi, OEC e UTC, ricorrenti, hanno proposto i ricorsi in esame.

    33

    Su relazione del giudice relatore, il Tribunale (Ottava Sezione) ha deciso di passare alla fase orale nelle presenti cause e, nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento di cui all’art. 64 del suo regolamento di procedura, ha posto alcuni quesiti scritti alle parti e ha chiesto loro di produrre taluni documenti. Queste hanno ottemperato a tali provvedimenti entro il termine impartito.

    34

    A seguito di una domanda formulata dalla Commissione il 18 agosto 2009 nella causa T‑145/07, il Tribunale ha inoltre chiesto alla Commissione, nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento di cui all’art. 64 del regolamento di procedura, di rispondere a taluni quesiti e di produrre alcuni documenti. La Commissione ha ottemperato a tale provvedimento nel termine impartito.

    35

    Le parti nelle cause T‑141/07, T‑145/07 e T‑146/07 hanno svolto le proprie difese e hanno risposto ai quesiti orali posti dal Tribunale alle udienze del 1o, del 6 e del 7 ottobre 2009.

    36

    La ricorrente nella causa T‑142/07 non era rappresentata all’udienza del 1o ottobre 2009. In tale udienza, la Commissione ha tuttavia risposto ai quesiti del Tribunale.

    37

    Nella causa T‑141/07, su richiesta del Tribunale, il 12 ottobre 2009 la ricorrente ha prodotto una lettera che precisava i dati del fascicolo di cui in udienza era stata chiesta l’omissione dalle pubblicazioni del Tribunale. Con lettera del 12 novembre 2009 la Commissione ha comunicato le sue osservazioni in merito a tale lettera. Si è così conclusa la fase orale in tale causa.

    38

    Nella causa T‑142/07, con lettera del 12 ottobre 2009 la ricorrente ha indicato al Tribunale che non si opponeva alla riunione di detta causa ai fini della sentenza con le cause T‑141/07, T‑145/07 e T‑146/07. Si è così conclusa la fase orale nella causa T‑142/07.

    39

    Nelle cause T‑145/07 e T‑146/07, su richiesta del Tribunale, il 15 ottobre 2009 le ricorrenti hanno prodotto una lettera che precisava i dati del fascicolo di cui esse avevano chiesto in udienza l’omissione dalle pubblicazioni del Tribunale. Si è così conclusa la fase orale in tali cause.

    40

    Poiché le ricorrenti nelle cause T‑141/07, T‑145/07 e T‑146/07 erano state sentite su questo punto in udienza e anche la ricorrente nella causa T‑142/07 aveva presentato osservazioni scritte, il Tribunale ha deciso di riunire le presenti cause ai fini della sentenza in applicazione dell’art. 50 del regolamento di procedura.

    41

    Nella causa T‑141/07, la ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

    annullare la decisione impugnata nella parte in cui la riguarda;

    in subordine, annullare o ridurre l’importo dell’ammenda che le è stata inflitta dalla decisione impugnata;

    condannare la Commissione alle spese.

    42

    Nella causa T‑142/07, la ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

    annullare la decisione impugnata nella parte in cui la riguarda;

    in subordine, annullare o ridurre l’importo dell’ammenda che le è stata inflitta dalla decisione impugnata;

    condannare la Commissione alle spese.

    43

    Nella causa T‑145/07, le ricorrenti chiedono che il Tribunale voglia:

    annullare o ridurre in misura significativa le ammende che sono state loro inflitte con la decisione impugnata;

    condannare la Commissione alle spese;

    adottare qualsiasi altra misura che il Tribunale ritenga necessaria.

    44

    Nella causa T‑146/07, la ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

    annullare o ridurre in misura significativa le ammende che sono state loro inflitte con la decisione impugnata;

    condannare la Commissione alle spese;

    adottare qualsiasi altra misura che il Tribunale ritenga necessaria.

    45

    In ciascuna causa, la Commissione chiede che il Tribunale voglia:

    respingere il ricorso;

    condannare le ricorrenti alle spese.

    In diritto

    46

    Si deve rilevare, preliminarmente, che i ricorsi proposti dalle ricorrenti nelle cause T‑141/07 e T‑142/07 presentano un duplice oggetto, vale a dire, in via principale, una domanda di annullamento della decisione impugnata e, in subordine, una domanda di annullamento o di riduzione dell’importo delle ammende. Per contro, i ricorsi proposti dalle ricorrenti nelle cause T‑145/07 e T‑146/07 sono diretti solo all’annullamento o alla riduzione delle ammende.

    47

    Invitata dal Tribunale in udienza a presentare osservazioni sull’esatta portata del suo argomento, la ricorrente nella causa T‑141/07 ha dichiarato, sostanzialmente, che solo il motivo concernente la violazione del principio di parità di trattamento, nell’ambito dell’imputazione del comportamento di GTO alle sue società controllanti, potrebbe essere all’origine dell’annullamento in toto della decisione impugnata.

    48

    Le ricorrenti nelle cause T‑141/07, T‑142/07, T‑145/07 e T‑146/07 deducono insieme otto motivi. Il primo verte su una violazione dei principi che disciplinano l’imputazione della responsabilità per le infrazioni all’art. 81 CE, della presunzione di innocenza, della personalità delle pene, della parità di trattamento, dei diritti della difesa e dell’art. 253 CE nell’imputazione alle società controllanti delle infrazioni commesse dalle loro rispettive controllate. Il secondo verte sulla violazione degli orientamenti del 1998, dei principi di proporzionalità e di parità di trattamento, dei diritti della difesa e dell’art. 253 CE nella fissazione dell’importo di partenza delle ammende in funzione della gravità delle infrazioni. Il terzo, invocato solo dalle ricorrenti nella causa T‑145/07, verte sulla violazione degli orientamenti del 1998 e del principio di proporzionalità nella fissazione dell’importo di partenza dell’ammenda in funzione della durata dell’infrazione in Germania. Il quarto, invocato dalle ricorrenti nelle cause T‑145/07 e T‑146/07, verte sulla violazione degli orientamenti del 1998 e del principio di proporzionalità nell’applicazione del coefficiente moltiplicatore di gruppo per tenere conto della finalità dissuasiva nella fissazione dell’importo di partenza delle ammende. Il quinto, invocato dalle ricorrenti nelle cause T‑141/07 e T‑145/07, verte sulla violazione della comunicazione sulla cooperazione del 2002, dell’art. 253 CE e sulla violazione dei principi di tutela del legittimo affidamento, di proporzionalità, di equità, di parità di trattamento e dei diritti della difesa nella valutazione della loro cooperazione. Il sesto, invocato dalle ricorrenti nelle cause T‑141/07 e T‑145/07, verte sulla violazione dei principi di tutela del legittimo affidamento e di proporzionalità nella determinazione dell’entità della riduzione delle ammende concessa per la cooperazione al di fuori dell’ambito della comunicazione sulla cooperazione del 2002. Il settimo, invocato dalle ricorrenti nelle cause T‑141/07 e T‑145/07, verte sulla violazione dell’art. 23, n. 2, del regolamento n. 1/2003. Infine, l’ottavo motivo, invocato dalla ricorrente nella causa T‑141/07, verte sulla violazione del principio di proporzionalità nel calcolo dell’importo finale delle ammende.

    Sul motivo vertente sulla violazione dei principi che disciplinano l’imputazione della responsabilità per le infrazioni all’art. 81 CE, della presunzione di innocenza, della personalità delle pene e di parità di trattamento, nonché sulla violazione dei diritti della difesa e dell’art. 253 CE nell’imputazione alle società controllanti delle infrazioni commesse dalle loro controllate

    Osservazioni preliminari

    49

    Nell’ambito di tale motivo, le ricorrenti nelle cause T‑141/07, T‑142/07, T‑145/07 e T‑146/07 contestano la responsabilità di UTC, OEC, Otis Belgio e GT per i comportamenti anticoncorrenziali delle loro rispettive controllate in Belgio, in Germania, in Lussemburgo e nei Paesi Bassi.

    50

    Benché le ricorrenti nelle cause T‑145/07 e T‑146/07 deducano tale motivo solo nell’ambito della loro domanda di annullamento o di riduzione dell’importo delle ammende, si deve ritenere che, con il presente motivo, dette ricorrenti intendano ottenere, al pari delle ricorrenti nelle cause T‑141/07 e T‑142/07, non solo l’annullamento o la riduzione dell’importo delle ammende inflitte, ma anche l’annullamento dell’art. 1 della decisione impugnata, in quanto la Commissione vi constaterebbe erroneamente un’infrazione imputata alle società controllanti interessate.

    51

    Pertanto, il presente motivo riguarda, da un lato, la legittimità della constatazione di un’infrazione commessa dalle società controllanti indicate all’art. 1 della decisione impugnata e, dall’altro, la legittimità delle ammende inflitte a dette società all’art. 2 della medesima decisione.

    52

    Per quel che riguarda la responsabilità in solido di una società controllante per il comportamento della sua controllata, occorre rammentare che la circostanza che la società controllata abbia personalità giuridica distinta non basta ad escludere la possibilità di imputare alla società controllante il suo comportamento (sentenza della Corte 14 luglio 1972, causa 48/69, Imperial Chemical Industries/Commissione, Racc. pag. 619, punto 132).

    53

    Infatti, il diritto dell’Unione in materia di concorrenza riguarda le attività delle imprese e la nozione di impresa abbraccia qualsiasi soggetto che eserciti un’attività economica, a prescindere dallo status giuridico del soggetto stesso e dalle sue modalità di finanziamento (v. sentenza della Corte 10 settembre 2009, causa C‑97/08 P, Akzo Nobel e a./Commissione, Racc. pag. I‑8237, punto 54 e giurisprudenza ivi citata).

    54

    Il giudice dell’Unione ha inoltre precisato che la nozione di impresa, nell’ambito di tale contesto, dev’essere intesa nel senso che essa si riferisce ad un’unità economica anche qualora, sotto il profilo giuridico, questa unità economica sia costituita da più persone, fisiche o giuridiche (v. sentenze della Corte 12 luglio 1984, causa 170/83, Hydrotherm Gerätebau, Racc. pag. 2999, punto 11, e Akzo Nobel e a./Commissione, cit. al punto 53 supra, punto 55 e giurisprudenza ivi citata; sentenza del Tribunale 29 giugno 2000, causa T‑234/95, DSG/Commissione, Racc. pag. II‑2603, punto 124). Esso ha infatti sottolineato che, ai fini dell’applicazione delle regole di concorrenza, la formale separazione tra due società, conseguente alla loro personalità giuridica distinta, non è decisiva, mentre è decisiva l’unità o meno del loro comportamento sul mercato. Può quindi risultare necessario accertare se due società aventi personalità giuridiche distinte formino, ovvero appartengano ad una sola ed unica impresa o soggetto economico che attui un comportamento unitario sul mercato (sentenza Imperial Chemical Industries/Commissione, cit. al punto 52 supra, punto 140, e sentenza del Tribunale 15 settembre 2005, causa T‑325/01, DaimlerChrysler/Commissione, Racc. pag. II‑3319, punto 85).

    55

    Qualora tale soggetto economico violi le norme in materia di concorrenza, è tenuto, secondo il principio della responsabilità personale, a rispondere di tale infrazione (v. sentenza Akzo Nobel e a./Commissione, cit. al punto 53 supra, punto 56 e giurisprudenza ivi citata).

    56

    Così, il comportamento di una controllata può essere imputato alla società controllante in particolare qualora, pur avendo personalità giuridica distinta, tale controllata non determini in modo autonomo la sua linea di condotta sul mercato, ma si attenga, in sostanza, alle istruzioni che le vengono impartite dalla società controllante, in considerazione, in particolare, dei vincoli economici, organizzativi e giuridici che intercorrono tra i due soggetti giuridici (v. sentenze della Corte 16 novembre 2000, causa C‑294/98 P, Metsä-Serla e a./Commissione, Racc. pag. I‑10065, punto 27; 28 giugno 2005, cause riunite C‑189/02 P, C‑202/02 P, da C‑205/02 P a C‑208/02 P e C‑213/02 P, Dansk Rørindustri e a./Commissione, Racc. pag. I‑5425, punto 117, e Akzo Nobel e a./Commissione, cit. al punto 53 supra, punto 58 e giurisprudenza ivi citata).

    57

    Infatti, in una simile situazione la società controllante e la sua controllata fanno parte di una stessa unità economica e, pertanto, formano una sola impresa, ai sensi della giurisprudenza citata supra al punto 54. Così, il fatto che una società controllante e la propria controllata costituiscano una sola impresa ai sensi dell’art. 81 CE consente alla Commissione di emanare una decisione che infligge ammende alla società controllante, senza necessità di dimostrare l’implicazione personale di quest’ultima nell’infrazione (sentenza Akzo Nobel e a./Commissione, cit. al punto 53 supra, punto 59).

    58

    A tal riguardo si deve precisare che la Commissione non può limitarsi a constatare che un’impresa può esercitare un’influenza determinante su un’altra impresa senza che necessiti verificare se tale influenza sia stata effettivamente esercitata. Al contrario, spetta in via di principio alla Commissione dimostrare siffatta influenza determinante sulla base di un insieme di elementi fattuali tra cui, in particolare, l’eventuale potere direttivo di una delle imprese in questione nei confronti dell’altra (v., in tal senso, sentenze della Corte 2 ottobre 2003, causa C‑196/99 P, Aristrain/Commissione, Racc. pag. I‑11005, punti 96‑99, e Dansk Rørindustri e a./Commissione, cit. al punto 56 supra, punti 118‑122; sentenza del Tribunale 27 settembre 2006, causa T‑314/01, Avebe/Commissione, Racc. pag. II‑3085, punto 136).

    59

    Nel caso particolare in cui una società controllante detenga il 100% del capitale della propria controllata, la quale abbia infranto le norme dell’Unione in materia di concorrenza, da un lato, tale società controllante può esercitare un’influenza determinante sul comportamento della controllata e, dall’altro, esiste una presunzione relativa secondo cui detta società controllante esercita effettivamente un’influenza determinante sul comportamento della propria controllata (v. sentenza Akzo Nobel e a./Commissione, cit. al punto 53 supra, punto 60 e giurisprudenza ivi citata).

    60

    In simili circostanze, è sufficiente che la Commissione dimostri che l’intero capitale di una controllata è detenuto dalla sua società controllante per presumere che quest’ultima eserciti un’influenza determinante sulla politica commerciale di tale controllata. La Commissione potrà poi ritenere la società controllante solidalmente responsabile per il pagamento dell’ammenda inflitta alla propria controllata, a meno che tale società controllante, cui incombe l’onere di confutare la suddetta presunzione, non fornisca sufficienti elementi di prova idonei a dimostrare che la propria controllata si comporta in maniera autonoma sul mercato (v. sentenza Akzo Nobel e a./Commissione, cit. al punto 53 supra, punto 61 e giurisprudenza ivi citata).

    61

    Inoltre, se è pur vero che, ai punti 28 e 29 della sentenza 16 novembre 2000, causa C‑286/98 P, Stora Kopparbergs Bergslags/Commissione (Racc. pag. I‑9925), la Corte ha menzionato altre circostanze diverse dalla detenzione del 100% del capitale della controllata, quali la mancata contestazione dell’influenza esercitata dalla controllante sulla politica commerciale della propria controllata e la rappresentanza comune delle due società durante il procedimento amministrativo, ciò non toglie che tali circostanze siano state rilevate solo con l’obiettivo di mostrare tutti gli elementi su cui il Tribunale aveva fondato il suo ragionamento e non per subordinare l’applicazione della presunzione menzionata supra al punto 59 alla produzione di indizi supplementari relativi all’effettivo esercizio di un’influenza della società controllante (sentenza Akzo Nobel e a./Commissione, cit. al punto 53 supra, punto 62).

    62

    Occorre esaminare, alla luce dei principi sopra ricordati, l’imputazione delle infrazioni commesse da Otis Germania, Otis Belgio, Otis Paesi Bassi e GTO alle loro rispettive società controllanti. A tal proposito si devono analizzare in ordine successivo, da un lato, l’imputazione a UTC e a OEC delle infrazioni commesse in Belgio, in Germania e nei Paesi Bassi da Otis Belgio, Otis Germania e Otis Paesi Bassi (in prosieguo, congiuntamente: le «controllate Otis») (punti 615‑621 della decisione impugnata) e, dall’altro, l’imputazione a UTC, OEC, Otis Belgio e GT delle infrazioni commesse da GTO in Lussemburgo (punti 622‑626 della decisione impugnata).

    Sull’imputazione a UTC e OEC delle infrazioni commesse dalle controllate Otis

    63

    Al punto 615 della decisione impugnata la Commissione spiega che, «[s]ebbene [le controllate Otis] siano le entità giuridiche che hanno partecipato direttamente alle intese, la loro proprietaria, OEC, e la sua unica proprietaria e società capogruppo, UTC, erano in condizione di esercitare un’influenza decisiva sulla politica commerciale di ciascuna delle controllate durante il periodo dell’infrazione e si può presumere che si siano avvalse di tale potere».

    64

    Ai punti 616‑618 della decisione impugnata la Commissione osserva che l’argomento secondo cui le controllate Otis adotterebbero tutte le loro decisioni commerciali autonomamente e senza alcun intervento da parte di OEC, o l’argomento secondo cui le attività correnti, comprese le decisioni relative alla partecipazione o meno a gare d’appalto [riservato] ( 1 ), non venivano sottoposte all’approvazione di OEC, o ancora l’argomento relativo a [riservato], non sono «sufficient[i] per confutare la presunzione secondo la quale le [controllate Otis] non determinavano autonomamente la loro condotta sul mercato». Riguardo a quest’ultimo argomento, la Commissione aggiunge, al punto 618 della decisione impugnata, da un lato, che [riservato] e, dall’altro, che [riservato].

    65

    La Commissione afferma inoltre al punto 619 della decisione impugnata che, «[n]ella loro risposta alla comunicazione degli addebiti, OEC, UTC e le loro controllate interessate [non le hanno fornito] alcun elemento di informazione atto a chiarire i loro rapporti societari, la struttura gerarchica e gli obblighi di relazione, al fine di confutare la presunzione secondo la quale OEC e UTC esercitavano un’influenza decisiva sulle controllate, impedendo loro di determinare autonomamente il proprio comportamento sul mercato».

    66

    Infine, al punto 620 della decisione impugnata, la Commissione rileva che, contrariamente a quanto sostenuto da OEC, quest’ultima «non è considerata solidalmente responsabile delle diverse infrazioni all’art. 81 [CE] per ragioni “pratiche o politiche”, bensì esclusivamente per il fatto che OEC e UTC fanno parte di un’unità economica che ha commesso infrazioni molto gravi al diritto della concorrenza [dell’Unione] (…)».

    67

    In una prima parte, le ricorrenti nelle cause T‑145/07 e T‑146/07 sostengono, sostanzialmente, che, tenuto conto del carattere personale della responsabilità per le infrazioni al diritto della concorrenza, quest’ultimo riconosce solo due situazioni nelle quali la società controllante può essere considerata responsabile del comportamento della sua controllata, vale a dire, da un lato, quando la controllata non abbia deciso autonomamente la sua politica commerciale ma abbia applicato, in tutte le sue dimensioni, le istruzioni impartite dalla società controllante, il che dovrebbe essere dimostrato dalla Commissione, e, dall’altro, quando la società controllante sia stata a conoscenza del comportamento illecito della controllata e non vi abbia posto fine, pur avendo il potere di farlo. Orbene, non esisterebbe alcuna prova in tal senso nella decisione impugnata.

    68

    Così, la responsabilità di una società controllante non potrebbe basarsi sulla capacità di influenza di quest’ultima, quale considerata nell’ambito dell’applicazione del regolamento (CE) del Consiglio 20 gennaio 2004, n. 139, relativo al controllo delle concentrazioni tra imprese (GU L 24, pag. 1). La tesi della Commissione implicherebbe che nessuna società controllante sarebbe in grado di confutare la presunzione così stabilita, poiché sarebbe impossibile che una società che detiene il 100% di un’altra società per azioni non abbia, dal punto di vista giuridico, il diritto di esercitare un’influenza, salvo in circostanze estreme. La ricorrente nella causa T‑146/07 afferma inoltre che la tesi della Commissione è in contrasto con la presunzione di innocenza garantita dall’art. 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 (in prosieguo: la «CEDU») e dall’art. 23, n. 2, del regolamento n. 1/2003, che consente alla Commissione di infliggere ammende solo se l’infrazione è stata commessa intenzionalmente o per negligenza.

    69

    A tal riguardo, in primo luogo, si deve rilevare che l’argomento delle ricorrenti si basa su un’interpretazione erronea della giurisprudenza ricordata ai precedenti punti 52‑61. Secondo tale giurisprudenza, la Commissione, per imputare il comportamento anticoncorrenziale di una società ad un’altra, non può basarsi sulla mera capacità della società in questione di esercitare un’influenza, alla quale si fa riferimento nell’ambito dell’applicazione del regolamento n. 139/2004, senza che occorra verificare se tale influenza sia stata effettivamente esercitata. Al contrario, spetta alla Commissione, in linea di principio, dimostrare siffatta influenza determinante sulla base di un complesso di elementi di fatto, tra i quali, in particolare, l’eventuale potere di direzione di una di tali società sull’altra. Tuttavia, secondo detta giurisprudenza, laddove una società controllante detenga il 100% di una controllata che ha adottato un comportamento costituente infrazione, esiste una presunzione relativa secondo cui detta società controllante esercita un’influenza determinante sul comportamento della sua controllata ed è quindi sufficiente che la Commissione dimostri che l’intero capitale della controllata è detenuto dalla società controllante. La Corte ha quindi ritenuto che spetti alla società controllante confutare tale presunzione fornendo elementi di prova sufficienti, idonei a dimostrare che la sua controllata adotta un comportamento autonomo sul mercato (sentenze Stora Kopparbergs Bergslags/Commissione, cit. al punto 61 supra, punto 29, e Akzo Nobel e a./Commissione, cit. al punto 53 supra, punto 61).

    70

    Nella specie è pacifico che, nel periodo dell’infrazione, UTC deteneva direttamente l’intero capitale di OEC e indirettamente, tramite OEC, l’intero capitale di Otis Belgio, Otis Germania e Otis Paesi Bassi. La Commissione ha quindi giustamente presunto che nel periodo dell’infrazione UTC avesse esercitato un’influenza determinante sulla politica commerciale di queste ultime. Pertanto, le ricorrenti nelle cause T‑145/07 e T‑146/07 non possono sostenere che, nel caso di controllate interamente detenute dalla loro società controllante, la Commissione dovrebbe dimostrare che la controllata non abbia deciso autonomamente la propria politica commerciale o che la società controllante sia stata a conoscenza del comportamento illecito della controllata e non vi abbia posto fine, pur avendo il potere di farlo.

    71

    In secondo luogo, per quanto riguarda l’asserita violazione del principio della presunzione d’innocenza, si deve ricordare che tale principio, quale risulta in particolare dall’art. 6, n. 2, della CEDU, fa parte dei diritti fondamentali che, secondo la giurisprudenza della Corte, riaffermata peraltro dall’art. 6, n. 2, UE nonché dall’art. 48 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000 (GU C 364, pag. 1), sono riconosciuti nell’ordinamento giuridico dell’Unione. Considerata la natura delle infrazioni di cui trattasi nonché la natura e il grado di severità delle sanzioni che vi sono connesse, il principio della presunzione d’innocenza si applica segnatamente alle procedure relative a violazioni delle norme sulla concorrenza applicabili alle imprese che possono sfociare nella pronuncia di multe o ammende (v. sentenza del Tribunale 5 aprile 2006, causa T‑279/02, Degussa/Commissione, Racc. pag. II‑897, punto 115 e giurisprudenza ivi citata).

    72

    Il principio della presunzione di innocenza implica che ogni persona accusata è presunta innocente fino a quando la sua colpevolezza non sia stata legalmente accertata (sentenza del Tribunale 6 ottobre 2005, cause riunite T‑22/02 e T‑23/02, Sumitomo Chemical e Sumika Fine Chemicals/Commissione, Racc. pag. II‑4065, punto 106).

    73

    Per quanto riguarda la questione se una regola relativa all’imputabilità di un’infrazione come quella enunciata dalla giurisprudenza citata al punto 59 supra sia compatibile con l’art. 6, n. 2, della CEDU, si deve sottolineare che la Corte europea dei diritti dell’uomo (in prosieguo: la «Corte EDU») ha ritenuto che tale disposizione non osti alle presunzioni di fatto o di diritto che si riscontrano nelle leggi penali, ma imponga di contenerle entro limiti ragionevoli che tengano conto della gravità dell’offesa e che rispettino i diritti della difesa (v. Corte EDU, sentenza 7 ottobre 1988, Salabiaku c. Francia, serie A n. 141‑A, § 28; v. altresì, nel medesimo senso, Corte EDU, sentenza 23 settembre 2008, Grayson e Barnham c. Regno Unito, Recueil des arrêts et décisions, 2008, § 40). Pertanto, non si può considerare una violazione della presunzione d’innocenza il fatto che, in procedimenti in materia di concorrenza, da regole di esperienza comune vengano tratte determinate conclusioni, purché le imprese di cui trattasi abbiano la possibilità di inficiare tali conclusioni (v., per analogia, conclusioni dell’avvocato generale Kokott relative alla sentenza della Corte 4 giugno 2009, causa C‑8/08, causa T‑Mobile Netherlands e a., Racc. pag. I‑4529, in particolare pag. I‑4533, paragrafo 93).

    74

    Orbene, nella specie, nella decisione impugnata la Commissione ha anzitutto accertato, senza ricorrere ad alcuna presunzione di fatto o di diritto, che le controllate Otis hanno commesso violazioni dell’art. 81 CE in Belgio, in Germania e nei Paesi Bassi.

    75

    Considerato che l’art. 81 CE riguarda i comportamenti delle imprese, la Commissione ha poi esaminato se l’entità economica che ha commesso tali infrazioni comprendesse anche le società controllanti delle controllate Otis. Essa ha accertato che OEC e UTC avevano esercitato un’influenza determinante sul comportamento delle loro controllate basandosi sulla presunzione di responsabilità risultante in particolare dalla giurisprudenza citata supra al punto 59. Infine, nel rispetto dei diritti della difesa, dette società controllanti, che sono state destinatarie della comunicazione degli addebiti, hanno avuto la possibilità di confutare tale presunzione fornendo elementi di prova che dimostrassero l’autonomia delle controllate Otis. La Commissione ha tuttavia ritenuto, al punto 621 della decisione impugnata, che tale presunzione non era stata confutata.

    76

    Poiché la presunzione indicata al precedente punto 59 è relativa, in quanto riguarda solo l’imputazione alla società controllante di un’infrazione già accertata nei confronti della sua controllata e rientra inoltre nell’ambito di un procedimento in cui sono stati rispettati i diritti della difesa, la censura relativa alla violazione del principio della presunzione di innocenza dev’essere respinta.

    77

    In terzo luogo, le ricorrenti nelle cause T‑145/07 e T‑146/07 non possono neppure sostenere che nel caso di specie sia stato violato il principio della personalità delle pene. In forza di tale principio, che è applicabile a tutti i procedimenti amministrativi che possano condurre a sanzioni in forza delle norme dell’Unione in materia di concorrenza, un’impresa può essere sanzionata esclusivamente per fatti ad essa individualmente ascritti (v., in tal senso, sentenza del Tribunale 13 dicembre 2001, cause riunite T‑45/98 e T‑47/98, Krupp Thyssen Stainless e Acciai speciali Terni/Commissione, Racc. pag. II‑3757, punto 63). Tuttavia, tale principio deve conciliarsi con la nozione di impresa. Infatti, non è una relazione di istigazione a commettere l’illecito tra la controllante e la sua controllata né, a maggior ragione, un’implicazione della prima in tale illecito, ma il fatto che esse costituiscono un’unica impresa ai sensi dell’art. 81 CE che permette alla Commissione di indirizzare alla società capogruppo la decisione che irroga ammende (v., in tal senso, sentenza del Tribunale 30 settembre 2003, causa T‑203/01, Michelin/Commissione, Racc. pag. II‑4071, punto 290). Al riguardo, si deve constatare che UTC e OEC sono state personalmente condannate per infrazioni che si ritiene abbiano commesso esse stesse in ragione degli stretti vincoli economici e giuridici che le legano alle controllate Otis (v., in tal senso, sentenza Metsä-Serla e a./Commissione, cit. al punto 56 supra, punto 34). Ne consegue che il principio della personalità delle pene non è stato violato.

    78

    Si deve quindi concludere che la Commissione poteva legittimamente basarsi sulla presunzione secondo la quale OEC e UTC hanno esercitato un’influenza decisiva sulla politica commerciale delle controllate Otis nel periodo dell’infrazione (punto 615 della decisione impugnata).

    79

    Nell’ambito di una seconda parte, le ricorrenti nelle cause T‑145/07 e T‑146/07 sostengono che, quand’anche la detenzione dell’intero capitale di una società fosse sufficiente per fondare la presunzione di responsabilità della società controllante, esse hanno prodotto elementi sufficienti, idonei a confutare tale presunzione, contrariamente a quanto asserito al punto 619 della decisione impugnata. Si deve quindi esaminare se la Commissione abbia legittimamente affermato, al punto 621 della decisione impugnata, che UTC e OEC non hanno confutato la presunzione di responsabilità per le infrazioni commesse dalle controllate Otis.

    80

    In primo luogo, deve essere respinto l’argomento di UTC relativo alla carenza di motivazione della decisione impugnata per quanto riguarda la conclusione della Commissione secondo cui essa non ha confutato la presunzione di responsabilità. Secondo una giurisprudenza costante, la motivazione richiesta dall’art. 253 CE deve far apparire in forma chiara e inequivocabile l’iter logico seguito dall’istituzione dell’Unione da cui promana l’atto controverso, in modo da consentire agli interessati di conoscere le ragioni del provvedimento adottato e al giudice competente di esercitare il suo controllo (sentenze della Corte 2 aprile 1998, causa C‑367/95 P, Commissione/Sytraval e Brink’s France, Racc. pag. I‑1719, punto 63, e 30 settembre 2003, Germania/Commissione, causa C‑301/96, Racc. pag. I‑9919, punto 87; sentenza Avebe/Commissione, cit. al punto 58 supra, punto 41). Orbene, nella fattispecie la Commissione ha chiaramente esposto, ai punti 616‑620 della decisione impugnata (v. punti 64‑66 supra), i motivi per i quali ha ritenuto che UTC non avesse confutato tale presunzione.

    81

    In secondo luogo, si deve ricordare che, per confutare la presunzione di responsabilità, la società controllante deve produrre elementi di prova sufficienti a dimostrare che la sua controllata si comporta autonomamente sul mercato. Occorre quindi verificare se, come sostengono le ricorrenti, esse abbiano prodotto siffatti elementi di prova.

    82

    Anzitutto, l’argomento della ricorrente nella causa T‑146/07 secondo il quale UTC e OEC sarebbero entità giuridiche distinte dalle loro controllate non è atto a confutare la suddetta presunzione, in quanto la separazione formale tra società, risultante dalla loro personalità giuridica distinta, non osta a che esse possano costituire un’unica impresa ai fini dell’applicazione dell’art. 81 CE in ragione dell’unicità del loro comportamento sul mercato (v. punto 52 supra).

    83

    Oltre a ciò, la separazione tra gli organi di direzione e di amministrazione di UTC e quelli delle controllate Otis, e [riservato] tra il consiglio di amministrazione di OEC e quelli di dette controllate nel periodo dell’infrazione, invocate dalle ricorrenti nelle cause T‑145/07 e T‑146/07, non possono essere considerate determinanti. Infatti, come rilevato dalla Commissione in particolare al punto 618 della decisione impugnata, [riservato] non è atto di per sé a dimostrare che le controllate Otis determinino autonomamente la loro politica commerciale. In ogni caso, è giocoforza constatare che tali affermazioni non sono suffragate da prove documentali, quali l’elenco nominativo dei membri degli organi statutari di tali imprese all’epoca dell’infrazione (v., in tal senso, sentenza del Tribunale 8 ottobre 2008, causa T‑69/04, Schunk e Schunk Kohlenstoff-Technik/Commissione, Racc. pag. II‑2567, punto 69).

    84

    Inoltre, non è atto a confutare la presunzione di responsabilità nemmeno il fatto che UTC sia la società holding di un gruppo diversificato e che il suo controllo sulle attività di OEC sia limitato a quanto richiesto dagli obblighi di UTC nei confronti dei propri azionisti secondo le norme applicabili. A tal proposito si deve per l’appunto ricordare che, nel contesto di un gruppo di società, una holding è una società volta a raggruppare partecipazioni in diverse società e la cui funzione consiste nell’assicurarne l’unità di direzione (sentenza Schunk e Schunk Kohlenstoff-Technik/Commissione, cit. al punto 83 supra, punto 63). Inoltre, nel caso di specie, UTC stessa ha addotto, nella risposta alla comunicazione degli addebiti e nel ricorso, vari elementi dai quali emerge la sua implicazione nella determinazione della politica commerciale delle sue controllate, il che sembra indicare che le controllate Otis non determinano autonomamente il loro comportamento sul mercato [riservato].

    85

    Peraltro, contrariamente a quanto sostenuto dalle ricorrenti nelle cause T‑145/07 e T‑146/07, l’applicazione di politiche formali e fissate per iscritto di rispetto delle regole di concorrenza non può confutare la presunzione di responsabilità di OEC e UTC per il comportamento delle loro controllate. In effetti, l’applicazione di tali politiche non consente di dimostrare che dette controllate determinassero autonomamente la loro politica commerciale sul mercato. Il fatto che UTC e OEC si accertino del rispetto di tali politiche [riservato] o il fatto, sottolineato da OEC nel ricorso, che essa abbia [riservato] tendono, al contrario, ad avvalorare la tesi secondo cui le controllate Otis non sono gestite in maniera autonoma.

    86

    In tale contesto, devono essere respinti anche gli argomenti delle ricorrenti nella causa T‑145/07 secondo i quali, da un lato, il fatto che una società controllante diffonda regole e linee guida commerciali relative a determinati principi non dimostrerebbe il controllo su tutti gli aspetti del comportamento quotidiano di una controllata e, dall’altro, sarebbe contrario al buon senso e ai principi elementari di giustizia utilizzare talune istruzioni, ideate per prevenire un comportamento illecito, allo scopo di dimostrare una responsabilità per tale comportamento, quando dette istruzioni non sono state rispettate. Invero, tali argomenti riposano sulla premessa erronea secondo cui la Commissione si sarebbe basata sull’esistenza di dette regole e linee guida per fondare la responsabilità di OEC, cosa che non è avvenuta nel caso di specie, dato che la Commissione si è basata, al punto 615 della decisione impugnata, sulla presunzione di responsabilità affermata da una giurisprudenza costante (v. punti 59 e 60 supra).

    87

    Inoltre, il fatto, sottolineato dalla ricorrente nella causa T‑146/07, che alcuni dipendenti abbiano agito in spregio alle istruzioni di UTC, in particolare dissimulando le loro azioni di fronte ai superiori e a UTC, non può confutare la presunzione relativa alla mancanza di autonomia delle controllate in questione. A tal proposito, la distinzione operata da UTC tra, da un lato, le controllate Otis e, dall’altro, i dipendenti di tali controllate, che avrebbero commesso le infrazioni dissimulando le proprie azioni dinanzi ai superiori e a UTC, è artificiosa. Detti dipendenti si trovano, rispetto alle controllate Otis presso le quali sono impiegati, in un rapporto caratterizzato dal fatto che essi lavorano per e sotto la direzione di ciascuna di esse, fanno parte, per la durata di tale rapporto, di dette società e, pertanto, formano con ognuna di esse un’unità economica (v., in tal senso, sentenze della Corte 16 dicembre 1975, cause riunite da 40/73 a 48/73, 50/73, da 54/73 a 56/73, 111/73, 113/73 e 114/73, Suiker Unie e a./Commissione, Racc. pag. 1663, punto 539, e 16 settembre 1999, causa C‑22/98, Becu e a., Racc. pag. I‑5665, punto 26).

    88

    Per quanto riguarda, poi, l’argomento sollevato dalle ricorrenti nella causa T‑145/07, secondo il quale le controllate Otis disporrebbero di un «grado di autonomia sufficiente» per determinare tutti gli aspetti del loro comportamento sul mercato nei confronti dei clienti e della concorrenza, nonché della «autonomia necessaria» per svolgere le attività commerciali che implicano le operazioni [riservato], è giocoforza constatare che dette ricorrenti non sostengono che le controllate agissero in totale autonomia sul mercato, bensì, al contrario, che esse disponevano solo di un’autonomia relativa, circoscritta ad attività commerciali limitate.

    89

    In terzo luogo, occorre respingere l’argomento della ricorrente nella causa T‑146/07, secondo il quale la presunzione di responsabilità menzionata al precedente punto 59 sarebbe una presunzione assoluta o costituirebbe un regime di responsabilità oggettiva. Infatti, la Corte ha confermato il carattere relativo della presunzione nella sua recente sentenza Akzo Nobel e a./Commissione, citata al punto 53 supra (punti 60 e 61). La circostanza che le ricorrenti non abbiano prodotto, nella fattispecie, elementi di prova atti a confutare la presunzione relativa alla mancanza di autonomia delle controllate non significa che la presunzione non possa essere confutata in alcun caso (v., in tal senso, conclusioni dell’avvocato generale Kokott per la causa Akzo Nobel e a./Commissione, cit. al punto 53 supra, Racc. pag. I‑8241, paragrafo 75 e nota 67).

    90

    Da quanto sin qui esposto risulta che la Commissione ha giustamente imputato le infrazioni commesse dalle controllate Otis in Belgio, in Germania e nei Paesi Bassi alle loro società controllanti OEC e UTC.

    Sull’imputazione dell’infrazione commessa da GTO a GT, Otis Belgio, OEC e UTC

    – Decisione impugnata

    91

    Al punto 626 della decisione impugnata la Commissione ha constatato che GT, la quale deteneva il [riservato]% del capitale di GTO all’epoca dell’infrazione, e Otis Belgio, che ne deteneva il restante [riservato]%, dovevano «essere considerate responsabili in solido con GTO dell’infrazione all’art. 81 [CE] che ha avuto luogo in Lussemburgo». Essa ha spiegato al riguardo, da un lato, che, a motivo degli «stretti vincoli personali, economici e giuridici tra GTO e le sue due società controllanti, si [doveva] ritenere che esse form[assero] un’unità economica (…) e che risulta[va] che GTO non [aveva] deciso autonomamente il proprio comportamento sul mercato, ma [aveva] eseguito essenzialmente le istruzioni che le [erano] state impartite dalle società controllanti» (punto 622 della decisione impugnata). Dall’altro, la Commissione ha considerato che «Otis Belgio e GT non [avevano] smentito la prova secondo la quale esse erano in condizione di esercitare un’influenza decisiva sulla politica commerciale di GTO, ed [avevano] effettivamente esercitato i loro diritti di controllo e utilizzato gli altri strumenti per esercitare la loro influenza decisiva» (punto 626 della decisione impugnata).

    92

    Per quanto riguarda l’esercizio da parte di GT e di Otis Belgio di un’influenza decisiva sulla politica commerciale di GTO, al punto 622 della decisione impugnata la Commissione ha osservato quanto segue:

    «(…) [riservato] Di conseguenza, la Commissione ritiene che, durante le infrazioni in Lussemburgo, GTO esercitasse le sue attività sotto il controllo congiunto di Otis [Belgio] e di GT e che la politica commerciale di GTO fosse determinata di comune accordo dai suoi due azionisti. Inoltre, le società controllanti sono coinvolte nell’amministrazione di GTO in Lussemburgo nei modi seguenti: [riservato]».

    93

    La Commissione ricorda al punto 623 della decisione impugnata che «il fatto che le attività correnti di una controllata siano gestite unicamente dai suoi dirigenti non è un fattore decisivo per l’imputazione della responsabilità alla società controllante» e aggiunge al punto 624 che, «data la ripartizione dei diritti di voto tra gli azionisti nel consiglio di amministrazione di GTO» [riservato], si deve ritenere che «ogni decisione importante adottata da GTO durante l’infrazione rispecchi necessariamente la volontà di Otis [Belgio] e di GT».

    94

    Per quanto riguarda l’argomento addotto da GT secondo il quale essa non era in condizione di esercitare un’influenza decisiva sull’elaborazione della strategia commerciale di GTO, al punto 625 della decisione impugnata la Commissione espone inoltre quanto segue:

    «[riservato]».

    95

    Infine, la Commissione rileva al punto 622 della decisione impugnata che «OEC e UTC devono parimenti essere considerate responsabili [del comportamento anticoncorrenziale di GTO], dato che [UTC] è la società al vertice del gruppo che controlla interamente Otis [Belgio]. Tramite Otis [Belgio], OEC e UTC sono state in condizione di esercitare un’influenza decisiva sulla politica commerciale di GTO per l’intera durata dell’infrazione e si può presumere che si siano avvalse di tale potere».

    – Sull’imputazione a GT dell’infrazione commessa da GTO

    96

    La ricorrente nella causa T‑142/07 sostiene, in primo luogo, che la Commissione non ha motivato in modo giuridicamente valido l’implicazione di GT nell’infrazione in Lussemburgo.

    97

    Come rammentato supra al punto 80, la motivazione prescritta dall’art. 253 CE deve fare apparire in forma chiara e non equivoca l’iter logico seguito dall’autorità dell’Unione da cui essa promana, in modo da consentire agli interessati di conoscere le ragioni del provvedimento adottato e permettere al giudice competente di esercitare il proprio controllo. Orbene, come si è ricordato ai punti 91‑93 supra, dal punto 622 della decisione impugnata risulta che la Commissione ha ritenuto che, nel periodo dell’infrazione in Lussemburgo, GTO esercitasse le proprie attività sotto il controllo congiunto di Otis Belgio e di GT. Per quanto riguarda il coinvolgimento di GT, al punto 625 della decisione impugnata la Commissione ha rilevato [riservato].

    98

    Ne consegue che la censura relativa alla carenza di motivazione dev’essere respinta.

    99

    In secondo luogo, la ricorrente nella causa T‑142/07 contesta la fondatezza dell’imputazione a GT dell’infrazione commessa da GTO.

    100

    La ricorrente nella causa T‑142/07 sostiene che la Commissione non ha dimostrato che GT esercitasse un’influenza determinante sul comportamento di GTO sul mercato. A tal proposito, essa fa riferimento al fatto che GT sarebbe una società di natura puramente finanziaria che non esercita una propria attività commerciale, i cui risultati dipenderebbero esclusivamente dai proventi delle sue partecipazioni. Essa non avrebbe mai realizzato volumi d’affari, non avrebbe mai avuto dipendenti e non avrebbe mai sostenuto oneri di gestione. Inoltre, la partecipazione di GT in GTO sarebbe una partecipazione minoritaria, che non andrebbe oltre quanto necessario per la tutela degli interessi finanziari di GT.

    101

    In proposito va ricordato che, nel contesto del diritto della concorrenza, il concetto di impresa abbraccia qualsiasi entità che svolga un’attività economica, a prescindere dallo status giuridico di detta entità e dalle sue modalità di finanziamento. Il semplice possesso di partecipazioni, anche di controllo, non è sufficiente a configurare un’attività economica del soggetto che detiene tali partecipazioni, quando tale possesso dà luogo soltanto all’esercizio dei diritti connessi alla qualità di azionista o di socio nonché, eventualmente, alla percezione dei dividendi, semplici frutti della proprietà di un bene. Per contro, un soggetto il quale, titolare di partecipazioni di controllo in una società, eserciti effettivamente tale controllo, partecipando direttamente o indirettamente alla gestione di essa, deve essere considerato partecipe dell’attività economica svolta dall’impresa controllata (sentenza della Corte 10 gennaio 2006, causa C‑222/04, Cassa di Risparmio di Firenze e a., Racc. pag. I‑289, punti 107, 111 e 112).

    102

    Nella specie, sebbene GT detenesse solo il [riservato]% del capitale sociale di GTO, è giocoforza constatare che, come risulta dall’accordo per la direzione e l’amministrazione [riservato] tra GTO e GT (in prosieguo: l’«accordo del 1987») e dall’accordo per la direzione e l’amministrazione [riservato] tra GTO e il sig. D. (in prosieguo: l’«accordo del 1995»), l’amministrazione [riservato]. Orbene, secondo i termini dell’accordo del 1987 e dell’accordo del 1995, l’amministrazione [riservato] attribuita inizialmente a GT e successivamente al sig. D. [riservato].

    103

    In virtù dell’accordo del 1987 e dell’accordo del 1995, il delegato [riservato]. A tale proposito occorre rammentare che, nell’ambito dell’analisi dell’esistenza di un’unità economica tra diverse società che fanno parte di un gruppo, possono essere presi in considerazione l’influenza della società controllante per quanto riguarda la politica dei prezzi, le attività di produzione e di distribuzione, gli obiettivi di vendita, i margini lordi, le spese di vendita, la liquidità, le scorte e il marketing (v., in tal senso, sentenza del Tribunale 12 dicembre 2007, causa T‑112/05, Akzo Nobel e a./Commissione, Racc. pag. II‑5049, punto 64 e giurisprudenza ivi citata), ma anche tutti gli elementi pertinenti relativi ai vincoli economici, organizzativi e giuridici che legano dette società, i quali possono variare a seconda dei casi e non possono essere elencati in modo tassativo (v., in tal senso, sentenza 10 settembre 2009, Akzo Nobel e a./Commissione, cit. al punto 53 supra, punto 74). Ne consegue che la Commissione ha potuto legittimamente ritenere che GT e, a partire dal 1995, il sig. D. [riservato] abbiano esercitato un’influenza determinante sulla politica commerciale di GTO.

    104

    Inoltre, è pacifico che lo stesso sig. D. ha partecipato alle riunioni anticoncorrenziali menzionate all’art. 1, n. 3, della decisione impugnata (v. le tabelle 8 e 10 che figurano ai punti 311 e 347 della decisione impugnata), [riservato] a decorrere dal 1o gennaio 1996, e che, pertanto, GT era perfettamente al corrente delle attività di GTO e vi era implicata. A tal proposito, il Tribunale ha già considerato che il comportamento anticoncorrenziale di una controllata può essere imputato alla società controllante se esistono prove precise dell’implicazione attiva della controllante nelle attività anticoncorrenziali della controllata. Ciò è esattamente quanto si verifica nel caso di specie, [riservato] (v., in tal senso, sentenza del Tribunale 14 maggio 1998, causa T‑309/94, KNP BT/Commissione, Racc. pag. II‑1007, punto 47). A tal riguardo, tenuto conto della giurisprudenza citata al punto 87 supra, il sig. D. non può essere dissociato da GT, [riservato], ma si deve al contrario ritenere che egli formi con la stessa un’unità economica.

    105

    Da quanto precede risulta che la Commissione ha dimostrato in modo giuridicamente valido che GT ha esercitato un’influenza determinante sul comportamento nel mercato di GTO. Pertanto, la censura relativa all’imputazione asseritamente illegittima a GT del comportamento di GTO deve essere respinta.

    – Sull’imputazione dell’infrazione commessa da GTO a Otis Belgio, OEC e UTC

    106

    Le ricorrenti nelle cause T‑141/07 e T‑145/07 sostengono che la Commissione non ha dimostrato in modo giuridicamente valido che Otis Belgio, OEC e UTC fossero responsabili del comportamento di GTO.

    107

    In primo luogo, esse rilevano che la partecipazione di Otis Belgio, OEC e UTC in GTO non è sufficiente per imputare loro l’infrazione di quest’ultima. Così, la nozione di controllo congiunto utilizzata dalla Commissione sarebbe irrilevante. Secondo la prassi decisionale della Commissione, che sarebbe stata confermata dal Tribunale nella sua sentenza Avebe/Commissione, citata al precedente punto 58, le società controllanti che detengono una partecipazione in un’impresa comune sono considerate responsabili delle pratiche anticoncorrenziali di quest’ultima solo se hanno partecipato a tali pratiche o se ne erano a conoscenza.

    108

    In limine, per quanto riguarda il riferimento operato dalle ricorrenti nelle cause T‑141/07 e T‑145/07 alla prassi decisionale della Commissione, si deve rilevare che la valutazione relativa all’eventuale esistenza di un potere direttivo congiunto delle società controllanti sulla loro controllata deve essere effettuata in funzione delle circostanze specifiche di ciascun caso. Conseguentemente, le valutazioni della Commissione sulle circostanze di fatto di casi antecedenti non sono trasponibili al caso in questione (v., in tal senso, sentenza del Tribunale 9 luglio 2007, causa T‑282/06, Sun Chemical Group e a./Commissione, Racc. pag. II‑2149, punto 88). Occorre inoltre rammentare che decisioni relative ad altri casi possono avere solo un carattere meramente indicativo, considerata l’assenza di identità tra gli elementi di fatto caratterizzanti i casi (v., in tal senso, sentenze della Corte 21 settembre 2006, causa C‑167/04 P, JCB Service/Commissione, Racc. pag. I‑8935, punti 201 e 205, e 7 giugno 2007, causa C‑76/06 P, Britannia Alloys & Chemicals/Commissione, Racc. pag. I‑4405, punto 60).

    109

    Contrariamente a quanto sostenuto dalle ricorrenti nelle cause T‑141/07 e T‑145/07, nella sentenza Avebe/Commissione, citata al precedente punto 58, il Tribunale non ha preteso che la Commissione, per imputare ad una società controllante il comportamento illecito di una controllata comune, dimostrasse che la controllante aveva partecipato essa stessa all’intesa o era a conoscenza della partecipazione della controllata all’intesa. In detta sentenza, il Tribunale ha ritenuto che la situazione in cui le società controllanti di una controllata comune detengono congiuntamente tutte le quote di detta controllata e dispongono di un potere di controllo sulla stessa costituisca una situazione analoga a quella all’origine della sentenza Stora Kopparbergs Bergslags/Commissione, citata al punto 61 supra, in cui un’unica società controllante deteneva il 100% della sua controllata, per stabilire la presunzione che la suddetta società controllante esercitava effettivamente un’influenza determinante sul comportamento della sua controllata. Si deve sottolineare, in particolare, che il Tribunale ha rilevato in detta causa che i due soci al 50% dell’impresa comune in questione erano autorizzati solo congiuntamente ad agire e firmare per conto della società, ad impegnare la società verso terzi e terzi verso la società nonché a ricevere e spendere fondi per conto della società. Inoltre, l’amministrazione ordinaria spettava a due direttori, nominati rispettivamente dalle società controllanti. Infine, queste ultime assumevano gli impegni dell’impresa comune in maniera illimitata e solidale. Il Tribunale ha ritenuto che, nel loro complesso, tali elementi di fatto costituissero indizi sufficientemente importanti per fondare la presunzione che le società controllanti determinavano congiuntamente la linea di condotta della loro controllata sul mercato a tal punto da considerare che quest’ultima non disponesse di alcuna autonomia reale al riguardo (sentenza Avebe/Commissione, cit. al punto 58 supra, punti 138 e 139).

    110

    Nella specie, contrariamente a quanto sostenuto dalle ricorrenti nelle cause T‑141/07 e T‑145/07, la Commissione non si è basata sulla semplice partecipazione di Otis Belgio e, indirettamente, di OEC e UTC nel capitale della controllata al fine di fondare la loro responsabilità. Infatti, al punto 622 della decisione impugnata, la Commissione ha ritenuto, da un lato, [riservato]. Dall’altro, essa ha considerato che Otis Belgio era parimenti coinvolta in vari modi nell’amministrazione di GTO in Lussemburgo. [riservato] (punto 622 della decisione impugnata).

    111

    In secondo luogo, le ricorrenti nelle cause T‑141/07 e T‑145/07 affermano che Otis Belgio, OEC e UTC non erano in condizione di esercitare un’influenza sulla politica commerciale di GTO. Segnatamente, il ruolo di Otis Belgio sarebbe stato limitato ad un apporto di capitale e alla percezione di dividendi. Basandosi in particolare sull’accordo del 1987, che avrebbe attribuito l’amministrazione [riservato] di GTO a GT, e sull’accordo del 1995, che l’avrebbe attribuita al sig. D., le ricorrenti affermano che Otis Belgio non poteva intervenire nella gestione di GTO né nominare le persone autorizzate a rappresentare GTO, cosicché non si potrebbe attribuire ad Otis Belgio la responsabilità del comportamento illecito di GTO. Occorre dunque esaminare se gli elementi addotti dalla Commissione nella decisione impugnata dimostrino in modo giuridicamente valido che Otis Belgio esercita un’influenza determinante sulla politica commerciale di GTO.

    112

    Secondo l’art. 8 dello statuto di GTO, le decisioni del consiglio di amministrazione della stessa dovevano essere adottate con una maggioranza dell’80% dei voti. Considerato che GTO era detenuta al [riservato]% da Otis Belgio e il restante [riservato]% era detenuto da GT, e che, secondo l’art. 7 dello statuto di GTO, ogni socio è rappresentato nel consiglio di amministrazione della società proporzionalmente alla sua partecipazione al capitale, Otis Belgio ha necessariamente prestato il suo consenso, tramite il proprio rappresentante o i propri rappresentanti nel consiglio di amministrazione, per l’intero periodo dell’infrazione, a tutte le decisioni del consiglio di amministrazione che dovevano essere adottate con una maggioranza dell’80% dei voti. Si deve inoltre rilevare a tale proposito che il quorum per l’adozione delle decisioni del consiglio di amministrazione di GTO è stato stabilito congiuntamente da GT e da Otis Belgio nell’atto costitutivo di GTO.

    113

    In virtù dell’art. 8 dello statuto di GTO, il consiglio di amministrazione era competente per tutto quanto non fosse strettamente riservato ai soci dalla legge o dallo statuto. Il consiglio di amministrazione poteva delegare poteri di gestione quotidiana ad un amministratore. Tuttavia, secondo tale disposizione, l’ordinaria amministrazione di GTO era limitata, e tutto quello che non ne faceva parte era riservato al consiglio di amministrazione e richiedeva l’approvazione dell’80% dei suoi membri. Inoltre, a termini della terza delibera del consiglio di amministrazione di GTO [riservato], confermata dalla decisione del consiglio di amministrazione di GTO [riservato], il consiglio di amministrazione di GTO disponeva di competenze specifiche, che esso non poteva delegare, [riservato]. Pertanto, è giocoforza constatare che, da un lato, tali competenze, spettanti al consiglio di amministrazione, rientravano nella determinazione della politica commerciale di GTO, in particolare [riservato] e, dall’altro, che l’esercizio di tali competenze ha necessariamente richiesto l’approvazione del rappresentante o dei rappresentanti di Otis Belgio in seno al consiglio di amministrazione di GTO.

    114

    In risposta ad un quesito scritto del Tribunale, la ricorrente nella causa T‑141/07 ha peraltro indicato che dall’esame degli archivi disponibili emergeva che il consiglio di amministrazione di GTO non aveva esercitato le suddette competenze ad esso riservate dalla delibera del 10 febbraio 1987. [riservato]

    115

    Nonostante gli elementi menzionati ai precedenti punti 112‑114, le ricorrenti nelle cause T‑141/07 e T‑145/07 sostengono che Otis Belgio, OEC e UTC non sono state in grado di esercitare un’influenza determinante sulla politica commerciale di GTO, dato che la sua amministrazione [riservato], definita in modo molto ampio nell’accordo del 1987 e nell’accordo del 1995 [riservato], è stata attribuita inizialmente a GT e successivamente al sig. D. Esse affermano che, contrariamente a quanto asserito dalla Commissione al punto 622 della decisione impugnata, [riservato]. Pertanto, GTO sarebbe stata diretta operativamente in totale autonomia dal sig. D. per l’intero periodo dell’infrazione.

    116

    Sebbene, come sottolineano le ricorrenti nella cause T‑141/07 e T‑145/07, e come si è rilevato supra al punto 102, i poteri di amministrazione [riservato] attribuiti al sig. D. fossero [riservato], tuttavia lo statuto di GTO prevedeva espressamente, all’art. 8, che «[t]ale ordinaria amministrazione [era] tuttavia limitata e [che] tutto ciò che non ne fa[ceva] parte [era] riservato al consiglio [di amministrazione] e richiede[va] l’approvazione dell’80% dei membri del consiglio [di amministrazione]».

    117

    A tale proposito si deve sottolineare che, in risposta ad un quesito scritto del Tribunale, la ricorrente nella causa T‑141/07 ha prodotto i verbali di alcune riunioni del consiglio di amministrazione tenutesi nel periodo dell’infrazione. [riservato]

    118

    In base a tali elementi, la Commissione ha giustamente ritenuto, al punto 622 della decisione impugnata, che tutte le decisioni importanti in seno a GTO dovessero essere adottate con una maggioranza dell’80% dei voti e che pertanto, nel periodo dell’infrazione in Lussemburgo, GTO esercitasse le sue attività sotto il controllo congiunto di Otis Belgio e di GT, e che la politica commerciale di GTO fosse determinata di comune accordo dai suoi due azionisti. Di conseguenza, la Commissione poteva ritenere che Otis Belgio e GT dovessero essere considerate responsabili dell’infrazione di GTO in Lussemburgo.

    119

    Poiché, come si è rilevato ai precedenti punti 63‑90, si può ritenere che OEC e UTC abbiano esercitato un’influenza determinante sulla politica commerciale di Otis Belgio, la Commissione ha altrettanto giustamente ritenuto, al punto 622 della decisione impugnata, che OEC e UTC dovessero essere considerate responsabili dell’infrazione di GTO.

    120

    Poiché dai suesposti rilievi emerge che la Commissione ha giustamente considerato Otis Belgio, OEC e UTC responsabili dell’infrazione di GTO, non occorre esaminare l’argomento delle ricorrenti nelle cause T‑141/07 e T‑145/07 secondo il quale la partecipazione di Otis Belgio all’intesa in Belgio sarebbe irrilevante.

    – Sulla violazione dei diritti della difesa

    121

    Le ricorrenti nelle cause T‑141/07 e T‑145/07 lamentano una violazione dei loro diritti della difesa, conseguente alla mancata menzione, nella comunicazione degli addebiti, [riservato], su cui la Commissione si sarebbe basata al punto 622 della decisione impugnata per dimostrare che Otis Belgio era coinvolta nell’amministrazione di GTO [riservato].

    122

    Secondo costante giurisprudenza, il rispetto dei diritti della difesa in qualsiasi procedimento con cui possono essere inflitte sanzioni, specie ammende o penalità di mora, costituisce un principio fondamentale di diritto dell’Unione, che va osservato anche se si tratta di un procedimento di natura amministrativa. A tal proposito, la comunicazione degli addebiti costituisce la garanzia procedurale del principio fondamentale del diritto dell’Unione che richiede il rispetto delle prerogative della difesa in qualsiasi procedimento. Tale principio richiede in particolare che la comunicazione degli addebiti inviata dalla Commissione ad un’impresa alla quale intende infliggere una sanzione per violazione delle regole di concorrenza deve contenere gli elementi essenziali della contestazione mossa contro tale impresa, quali i fatti addebitati, la qualificazione data a questi ultimi e gli elementi di prova su cui si fonda la Commissione, affinché l’impresa in questione sia in grado di far valere utilmente i propri argomenti nell’ambito del procedimento amministrativo avviato a suo carico (v., in tal senso, sentenze della Corte 3 settembre 2009, cause riunite C‑322/07 P, C‑327/07 P e C‑338/07 P, Papierfabrik August Koehler e a./Commissione, Racc. pag. I‑7191, punti 34‑36 e giurisprudenza ivi citata; v. altresì sentenza 3 settembre 2009, causa C‑534/07 P, Prym e Prym Consumer/Commissione, Racc. pag. I‑7415, punto 26).

    123

    Il rispetto dei diritti della difesa esige infatti che l’impresa interessata sia stata messa in grado, durante il procedimento amministrativo, di far conoscere in modo efficace il proprio punto di vista sulla realtà e sulla rilevanza dei fatti e delle circostanze allegati, nonché sui documenti di cui la Commissione ha tenuto conto per suffragare l’asserita infrazione (v. sentenza 7 gennaio 2004, cause riunite C‑204/00 P, C‑205/00 P, C‑211/00 P, C‑213/00 P, C‑217/00 P e C‑219/00 P, Aalborg Portland e a./Commissione, Racc. pag. I‑123, punto 66 e giurisprudenza ivi citata).

    124

    Va ricordato, in tale contesto, che l’omessa comunicazione di un documento configura una violazione dei diritti della difesa solo se l’impresa interessata dimostri, da un lato, che la Commissione si è basata su tale documento per suffragare il suo addebito relativo all’esistenza di un’infrazione e, dall’altro, che l’addebito possa essere provato solo facendo riferimento al documento stesso. In presenza di altre prove documentali, di cui le parti sono venute a conoscenza durante il procedimento amministrativo, che sostengono specificamente le conclusioni della Commissione, l’eliminazione dai mezzi di prova del documento a carico non comunicato non inficerebbe la fondatezza degli addebiti accertati nella decisione contestata. All’impresa interessata spetta pertanto dimostrare che il risultato al quale è pervenuta la Commissione nella sua decisione sarebbe stato diverso se dai mezzi di prova a carico avesse dovuto essere eliminato un documento non comunicato sul quale la Commissione si è basata per incriminare tale impresa (sentenza Aalborg Portland e a./Commissione, cit. al punto 123 supra, punti 71‑73).

    125

    Nella specie, è sufficiente constatare che, poiché dai precedenti punti 106‑118 emerge che, a prescindere dall’esistenza [riservato], la Commissione ha giustamente ritenuto, al punto 622 della decisione impugnata, che, durante il periodo dell’infrazione in Lussemburgo, GTO avesse esercitato le sue attività sotto il controllo congiunto di Otis Belgio e di GT e che la politica commerciale di GTO fosse determinata di comune accordo dai suoi due azionisti, l’irregolarità asseritamente commessa dalla Commissione omettendo di menzionare, nella comunicazione degli addebiti, [riservato] non può costituire una violazione dei diritti della difesa delle ricorrenti. Infatti, il procedimento amministrativo non avrebbe potuto concludersi diversamente se tale precisazione fosse stata contenuta nella comunicazione degli addebiti.

    126

    Inoltre, è vero che, al punto 597 della comunicazione degli addebiti, la Commissione ha solo indicato che intendeva considerare Otis Belgio e GT responsabili dell’infrazione commessa dalla loro controllata GTO e ha precisato che le decisioni importanti di GTO necessitavano del consenso di GT e di Otis Belgio. Essa ha inoltre rilevato la partecipazione diretta di Otis Belgio al cartello in Belgio e i legami personali esistenti tra il sig. D., [riservato] di GT, e GTO, di cui egli era [riservato]. L’esistenza [riservato] non è quindi stata menzionata nella comunicazione degli addebiti.

    127

    Tuttavia, in ogni caso, il fatto che [riservato] risulta da vari documenti che sono stati trasmessi dalle ricorrenti nelle cause T‑141/07 e T‑145/07 alla Commissione, in risposta alla comunicazione degli addebiti, in particolare [riservato].

    128

    Orbene, la Commissione ha specificamente indicato, al punto 597 della comunicazione degli addebiti, che intendeva considerare Otis Belgio responsabile dell’infrazione commessa da GTO in Lussemburgo. Inoltre, il contenuto di tali documenti e la loro eventuale rilevanza per quanto riguarda detta responsabilità non potevano essere ignorati dalle ricorrenti nelle cause T‑141/07 e T‑145/07 nel momento in cui li hanno comunicati alla Commissione, dato che, peraltro, esse si sono espressamente basate su tali documenti per far valere i loro argomenti. Pertanto, tenuto conto della giurisprudenza ricordata ai punti 122‑124 supra, dette ricorrenti non possono sostenere che i loro diritti della difesa sono stati violati (v., in tal senso, sentenza del Tribunale 27 settembre 2006, causa T‑59/02, Archer Daniels Midland/Commissione, Racc. pag. II‑3627, punto 270).

    129

    Tale censura va pertanto respinta.

    – Sulla violazione del principio di parità di trattamento

    130

    Le ricorrenti nelle cause T‑141/07, T‑145/07 e T‑146/07, basandosi sullo statuto di MEE, che non fa parte del fascicolo della Commissione e non è stato allegato al loro ricorso, sostengono, sostanzialmente, che la Commissione ha violato il principio di parità di trattamento considerando Otis Belgio e GT responsabili dell’infrazione commessa dalla loro controllata GTO, mentre avrebbe giustamente ritenuto che il controllo esercitato su MEE dalle sue società controllanti Mitsubishi Electric Corporation (in prosieguo: «MEC») e TBI Holding non fosse sufficiente per imputare loro l’infrazione commessa dalla controllata.

    131

    A tal proposito si deve rilevare che, come risulta dai precedenti punti 106‑118, la Commissione ha giustamente ritenuto, al punto 622 della decisione impugnata, che nel periodo dell’infrazione in Lussemburgo GTO esercitasse le sue attività sotto il controllo congiunto di Otis Belgio e di GT e che la politica commerciale di GTO fosse determinata di comune accordo dai suoi due azionisti. Non può quindi essere accolto l’argomento secondo il quale, così come nel caso delle società controllanti di MEE, la responsabilità per l’infrazione di GTO non avrebbe dovuto essere imputata alle sue società controllanti.

    132

    Alla luce delle suesposte considerazioni, e poiché le ricorrenti nelle cause T‑141/07, T‑145/07 e T‑146/07 sostengono che la Commissione ha constatato giustamente che il controllo esercitato su MEE dalle sue società controllanti non era sufficiente per imputare loro l’infrazione commessa dalla controllata, si deve ritenere che la situazione di MEE e quella di GTO non siano comparabili, cosicché non può comunque essere accolta la censura relativa ad una violazione del principio di parità di trattamento.

    133

    Da quanto precede risulta che tutte le censure relative all’imputabilità delle infrazioni di GTO e delle controllate Otis alle rispettive società controllanti devono essere respinte.

    Sul motivo concernente una violazione degli orientamenti del 1998, dei principi di proporzionalità e di parità di trattamento, dei diritti della difesa e dell’art. 253 CE nella fissazione dell’importo di partenza delle ammende in funzione della gravità delle infrazioni

    Osservazioni preliminari

    134

    In limine, occorre rammentare che risulta da una costante giurisprudenza che la Commissione gode di un ampio potere discrezionale per quanto riguarda il metodo di calcolo delle ammende. Tale metodo, delimitato dagli orientamenti del 1998, prevede vari elementi di flessibilità che consentono alla Commissione di esercitare il proprio potere discrezionale in conformità al disposto dell’art. 23, n. 2, del regolamento n. 1/2003 (v., in tal senso, sentenza Papierfabrik August Koehler e a./Commissione, cit. al punto 122 supra, punto 112 e giurisprudenza ivi citata).

    135

    La gravità delle infrazioni al diritto della concorrenza in seno all’Unione deve essere accertata in funzione di un gran numero di elementi, quali, segnatamente, le particolari circostanze del procedimento, il suo contesto e la portata dissuasiva delle ammende, e ciò senza che sia stato redatto un elenco vincolante o esaustivo di criteri da tenere obbligatoriamente in considerazione (sentenze della Corte 19 marzo 2009, causa C‑510/06 P, Archer Daniels Midland/Commissione, Racc. pag. I‑1843, punto 72, e Prym e Prym Consumer/Commissione, cit. al punto 122 supra, punto 54).

    136

    Come si è esposto supra al punto 24, nella fattispecie la Commissione ha determinato l’importo delle ammende applicando il metodo definito negli orientamenti del 1998.

    137

    Anche se gli orientamenti del 1998 non possono essere qualificati come norme giuridiche alla cui osservanza l’amministrazione è comunque tenuta, essi enunciano tuttavia una norma di comportamento indicativa della prassi da seguire dalla quale l’amministrazione non può discostarsi, in un caso specifico, senza fornire ragioni compatibili con il principio di parità di trattamento (v. sentenza Dansk Rørindustri e a./Commissione, cit. al punto 56 supra, punto 209 e giurisprudenza ivi citata; sentenza del Tribunale 8 ottobre 2008, causa T‑73/04, Carbone‑Lorraine/Commissione, Racc. pag. II‑2661, punto 70).

    138

    Adottando siffatte norme di comportamento ed annunciando, con la loro pubblicazione, che esse verranno da quel momento in avanti applicate ai casi a cui esse si riferiscono, la Commissione si autolimita nell’esercizio del suo potere discrezionale e non può discostarsi da tali norme, pena una sanzione, eventualmente, a titolo di violazione di principi giuridici generali, quali la parità di trattamento o la tutela del legittimo affidamento (v. sentenze Dansk Rørindustri e a./Commissione, cit. al punto 56 supra, punto 211 e giurisprudenza ivi citata e Carbone‑Lorraine/Commissione, cit. al punto 137 supra, punto 71).

    139

    Inoltre, gli orientamenti del 1998 stabiliscono, in modo generale e astratto, la metodologia che la Commissione si è imposta ai fini della determinazione dell’ammontare delle ammende e garantiscono, di conseguenza, la certezza del diritto nei confronti delle imprese (sentenza Dansk Rørindustri e a./Commissione, cit. al punto 56 supra, punti 211 e 213).

    140

    Infine, occorre rammentare che gli orientamenti del 1998 prevedono, in primo luogo, la valutazione della gravità dell’infrazione in quanto tale, sulla cui base può essere fissato «un importo di partenza generale» (punto 1 A, secondo comma). In secondo luogo, la gravità è esaminata in relazione alla natura delle infrazioni commesse e alle caratteristiche dell’impresa interessata, in particolare rispetto alle sue dimensioni e alla sua posizione sul mercato rilevante, il che può comportare la ponderazione dell’importo di partenza, la classificazione delle imprese in categorie e la fissazione di un «importo di partenza specifico» (punto 1 A, dal terzo al settimo comma).

    Decisione impugnata

    141

    In primo luogo, nella sezione della decisione impugnata dedicata alla gravità delle infrazioni (sezione 13.6.1), la Commissione esamina in parallelo le quattro infrazioni constatate all’art. 1, in considerazione del fatto che esse «presentano caratteristiche comuni» (punto 657 della decisione impugnata). Tale sezione è suddivisa in tre sottosezioni, la prima intitolata «Natura delle infrazioni» (sottosezione 13.6.1.1), la seconda «Estensione del mercato geografico rilevante» (sottosezione 13.6.1.2) e la terza «Conclusioni sulla gravità dell’infrazione» (sottosezione 13.6.1.3).

    142

    Nella sottosezione intitolata «Natura delle infrazioni», la Commissione espone quanto segue ai punti 658 e 659 della decisione impugnata:

    «658

    Le infrazioni oggetto della presente decisione consistevano principalmente in un accordo collusivo segreto tra concorrenti per ripartirsi i mercati o congelare le quote di mercato attribuendosi i progetti relativi alla vendita e all’installazione di ascensori e/o di scale mobili nuovi, e per non farsi concorrenza nel settore della manutenzione e dell’ammodernamento di ascensori e scale mobili (tranne in Germania, in cui l’attività di manutenzione e di ammodernamento non è stata oggetto di discussioni tra i membri dell’intesa). Tali restrizioni orizzontali rientrano per loro stessa natura tra le violazioni più gravi dell’articolo 81 [CE]. Nel caso in esame le infrazioni hanno artificialmente privato i clienti dei vantaggi che avrebbero potuto sperare di ottenere da un processo di offerta concorrenziale. È inoltre interessante notare che alcuni dei progetti manipolati erano appalti pubblici finanziati con le imposte e realizzati precisamente al fine di ricevere offerte competitive, che presentassero in particolare un buon rapporto qualità/prezzo.

    659

    Per valutare la gravità di un’infrazione, gli elementi relativi al suo oggetto sono generalmente più significativi di quelli relativi ai suoi effetti, in particolare quando gli accordi vertono, come nel caso in esame, su infrazioni molto gravi, quali la fissazione dei prezzi e la ripartizione del mercato. Di norma, gli effetti di un accordo non costituiscono un criterio decisivo per valutare la gravità dell’infrazione».

    143

    La Commissione afferma di non avere «tentato di dimostrare gli effetti precisi dell’infrazione, poiché era impossibile determinare con sufficiente certezza i parametri concorrenziali applicabili (prezzi, condizioni commerciali, qualità, innovazione ecc.) in mancanza delle infrazioni» (punto 660 della decisione impugnata). Nondimeno, essa ritiene che «[sia] (…) evidente che le infrazioni hanno avuto un impatto reale» ed osserva al riguardo che «[i]l fatto che vari accordi anticoncorrenziali siano stati attuati dai membri dell’intesa sembra indicare di per sé un impatto sul mercato, anche se l’effetto reale è difficile da misurare, poiché non è noto, tra l’altro, se e come altri progetti siano stati oggetto di una manipolazione delle offerte, né come determinati progetti possano essere stati oggetto di una ripartizione tra i membri dell’intesa senza che fossero necessari contatti tra loro» (punto 660 della decisione impugnata). Nel medesimo punto la Commissione aggiunge che «[l]e elevate quote di mercato complessive dei concorrenti indicano probabili effetti anticoncorrenziali e [che] la relativa stabilità di tali quote di mercato per tutta la durata delle infrazioni confermerebbe tali effetti».

    144

    Ai punti 661-669 della decisione impugnata la Commissione risponde agli argomenti dedotti dalle ricorrenti durante il procedimento amministrativo e intesi a dimostrare lo scarso impatto delle infrazioni sul mercato.

    145

    Nella sottosezione intitolata «Estensione del mercato geografico rilevante», la Commissione sostiene, al punto 670 della decisione impugnata, che «[l]e intese oggetto [della] decisione [impugnata] riguardavano l’intero ambito territoriale rispettivamente del Belgio, della Germania, del Lussemburgo o dei Paesi Bassi», e che «[d]alla giurisprudenza risulta chiaramente che un mercato geografico nazionale che si estenda ad un intero Stato membro rappresenta già in sé una parte sostanziale del mercato comune».

    146

    Nella sottosezione intitolata «Conclusioni sulla gravità dell’infrazione», la Commissione indica, al punto 671 della decisione impugnata, che ciascun destinatario ha commesso una o più infrazioni molto gravi all’art. 81 CE, «[t]enuto conto della natura delle infrazioni e del fatto che ognuna di esse riguardava l’intero ambito territoriale di uno Stato membro (Belgio, Germania, Lussemburgo o Paesi Bassi)». Essa conclude che, «in base a tali elementi, le infrazioni devono essere considerate molto gravi anche se il loro impatto reale non può essere misurato».

    147

    In secondo luogo, nella sezione della decisione impugnata dal titolo «Trattamento differenziato» (sezione 13.6.2), la Commissione fissa un importo di partenza dell’ammenda per ciascuna delle imprese partecipanti alle varie intese (v. supra, punti 27‑31), che tiene conto, secondo il punto 672 della decisione impugnata, dell’«effettiva capacità economica dei contravventori di arrecare un pregiudizio significativo alla concorrenza». La Commissione spiega, al punto 673 della decisione impugnata, che, «[a] tal fine, le imprese [sono state] suddivise in varie categorie in funzione del fatturato conseguito nel settore degli ascensori e/o delle scale mobili, compresi, se del caso, i servizi di manutenzione e di ammodernamento».

    Sulla qualificazione come «molto grave» dell’infrazione in Lussemburgo

    148

    La ricorrente nella causa T‑141/07 sostiene che, qualificando l’infrazione in Lussemburgo come «molto grave», la Commissione ha erroneamente applicato gli orientamenti del 1998, tenuto conto della scarsa estensione geografica dell’infrazione, che normalmente viene presa in considerazione nella sua prassi decisionale, e dell’impatto limitato delle pratiche in questione sul mercato rilevante. Detta ricorrente conclude che l’importo di partenza di EUR 10 milioni fissato per l’infrazione in Lussemburgo deve essere ridotto. Essa sostiene inoltre che la Commissione non ha tenuto conto del valore complessivo del mercato interessato dall’intesa in Lussemburgo. Sebbene la ricorrente nella causa T‑141/07 abbia formulato quest’ultimo argomento nell’ambito del suo motivo concernente la qualificazione erronea dell’infrazione in Lussemburgo, dalle sue memorie risulta che tale censura riguarda, sostanzialmente, la fissazione dell’importo di partenza generale dell’ammenda, e sarà quindi esaminata infra ai punti 166‑178.

    149

    In primo luogo, la ricorrente nella causa T‑141/07 sostiene che nella valutazione della gravità di un’infrazione occorre prendere in considerazione l’impatto concreto della stessa sul mercato, ove sia misurabile. Orbene, l’impatto dell’infrazione in Lussemburgo sarebbe stato trascurabile, il che avrebbe dovuto indurre la Commissione a limitare l’importo dell’ammenda inflitta a GTO. A sostegno di tale affermazione, quest’ultima fa riferimento in particolare al mancato rispetto e all’inefficacia dell’accordo, alla mancata partecipazione di alcune imprese alle intese, il che avrebbe permesso di mantenere un certo grado di concorrenza, e al fatto che, tra i partecipanti all’intesa, la perdita di gare d’appalto a vantaggio di imprese terze non sarebbe stata compensata da una ridistribuzione dei progetti esistenti. La ricorrente nella causa T‑141/07 adduce inoltre che l’intesa ha riguardato solo alcuni progetti.

    150

    Va ricordato che, per quanto attiene alla valutazione della gravità dell’infrazione, gli orientamenti del 1998 affermano, al punto 1 A, primo e secondo comma, quanto segue:

    «Per valutare la gravità dell’infrazione, occorre prenderne in considerazione la natura, l’impatto concreto sul mercato, quando sia misurabile, e l’estensione del mercato geografico rilevante.

    Le infrazioni saranno pertanto classificate in tre categorie, in modo tale da distinguere tra infrazioni poco gravi, infrazioni gravi e infrazioni molto gravi».

    151

    Pertanto, conformemente al punto 1 A, primo comma, degli orientamenti del 1998, nel valutare la gravità dell’infrazione la Commissione deve procedere ad un esame dell’impatto concreto sul mercato unicamente quando risulti che tale impatto è misurabile (v., in tal senso, sentenza Prym e Prym Consumer/Commissione, cit. al punto 122 supra, punto 74; sentenze del Tribunale 9 luglio 2003, causa T‑224/00, Archer Daniels Midland e Archer Daniels Midland Ingredients/Commissione, Racc. pag. II‑2597, punto 143, e Degussa/Commissione, cit. al punto 71 supra, punto 216).

    152

    Secondo una costante giurisprudenza, per valutare l’impatto concreto di un’infrazione sul mercato, è compito della Commissione riferirsi al gioco della concorrenza che di regola sarebbe esistito in mancanza d’infrazione (v. sentenza Carbone‑Lorraine/Commissione, cit. al punto 137 supra, punto 83 e giurisprudenza ivi citata).

    153

    Nel caso di specie, la Commissione afferma, al punto 660 della decisione impugnata, di non avere «tentato di dimostrare gli effetti precisi dell’infrazione, poiché [era] impossibile determinare con sufficiente certezza i parametri concorrenziali applicabili (prezzi, condizioni commerciali, qualità, innovazione ecc.) in mancanza delle infrazioni». Benché la Commissione sostenga, al punto 660 della decisione impugnata, che è evidente che le intese, dal momento che sono state poste in atto, hanno avuto un impatto reale, il che suggerisce di per sé un impatto sul mercato, e sebbene essa abbia respinto, ai punti 661‑669, gli argomenti delle imprese interessate diretti a dimostrare gli effetti limitati delle intese, si deve constatare che nella decisione impugnata non si è tenuto conto dell’eventuale impatto sul mercato al fine di valutare la gravità delle infrazioni.

    154

    Invero, al punto 671 della decisione impugnata la Commissione fonda la propria conclusione relativa alla valutazione della gravità delle infrazioni esclusivamente sulla natura delle stesse e sulla loro estensione geografica. Infatti, in tale punto la Commissione conclude che, «[t]enuto conto della natura delle infrazioni e del fatto che ognuna di esse riguardava l’intero ambito territoriale di uno Stato membro (Belgio, Germania, Lussemburgo o Paesi Bassi) (…), [si deve ritenere che] ciascun destinatario abbia commesso una o più infrazioni molto gravi all’articolo 81 CE».

    155

    Anzitutto, è giocoforza constatare che la ricorrente nella causa T‑141/07 non dimostra che l’impatto concreto dell’intesa in Lussemburgo fosse misurabile, ma si limita ad affermare che i suoi effetti sono stati necessariamente trascurabili. A tal proposito, le circostanze invocate da detta ricorrente, relative al mancato rispetto e all’inefficacia dell’accordo, alla mancata partecipazione di alcune imprese alle intese e alla mancata ridistribuzione dei progetti esistenti in caso di perdita di progetti a vantaggio di terzi (v. punto 149 supra), quand’anche dimostrate, non consentono di concludere che gli effetti sarebbero stati misurabili sul mercato lussemburghese, tanto più che la ricorrente non contesta le affermazioni della Commissione secondo le quali nella fattispecie era impossibile determinare con sufficiente certezza i parametri concorrenziali applicabili in mancanza delle infrazioni.

    156

    Pertanto, la ricorrente nella causa T‑141/07 non ha dimostrato che, nel caso di specie, la Commissione fosse tenuta, conformemente agli orientamenti del 1998 e alla giurisprudenza citata supra al punto 151, a tenere conto dell’impatto concreto delle infrazioni al fine di valutarne la gravità.

    157

    In secondo luogo, anche ammesso che l’impatto concreto delle infrazioni fosse misurabile e che gli argomenti della ricorrente riprodotti al punto 149 supra siano fondati, in quanto dimostrerebbero che le intese hanno avuto un impatto limitato sul mercato lussemburghese, si deve constatare che non per questo la qualificazione dell’infrazione in esame come «molto grave» risulta meno appropriata.

    158

    Infatti, si deve rilevare che, per loro stessa natura, le infrazioni constatate nella decisione impugnata rientrano tra le violazioni più gravi dell’art. 81 CE, dato che esse avevano ad oggetto «un accordo collusivo segreto tra concorrenti per ripartirsi i mercati o congelare le quote di mercato attribuendosi i progetti relativi alla vendita e all’installazione di ascensori e/o di scale mobili nuovi, e per non farsi concorrenza nel settore della manutenzione e dell’ammodernamento di ascensori e scale mobili (tranne in Germania, in cui l’attività di manutenzione e di ammodernamento non è stata oggetto di discussioni tra i membri dell’intesa)» (punto 658 della decisione impugnata). A tal riguardo, gli orientamenti del 1998 indicano che le infrazioni «molto gravi» consistono essenzialmente in restrizioni orizzontali, quali cartelli di prezzi, e di ripartizione dei mercati, o in altre pratiche che pregiudicano il buon funzionamento del mercato interno. Simili infrazioni rientrano tra gli esempi di intese espressamente dichiarate incompatibili con il mercato comune dall’art. 81, n. 1, lett. c), CE. Oltre alla grave alterazione del gioco della concorrenza che esse comportano, queste intese, in quanto obbligano le parti a rispettare mercati distinti, spesso delimitati dalle frontiere nazionali, provocano l’isolamento di questi mercati, ostacolando così l’obiettivo principale del Trattato CE di integrazione del mercato comune. Pertanto, infrazioni di questo tipo, in particolare quando si tratta di intese orizzontali, sono qualificate dalla giurisprudenza come «particolarmente gravi» o come «infrazioni patenti» (sentenze del Tribunale 6 aprile 1995, causa T‑148/89, Tréfilunion/Commissione, Racc. pag. II‑1063, punto 109; 15 settembre 1998, cause riunite T‑374/94, T‑375/94, T‑384/94 e T‑388/94, European Night Services e a./Commissione, Racc. pag. II‑3141, punto 136, e 18 luglio 2005, causa T‑241/01, Scandinavian Airlines System/Commissione, Racc. pag. II‑2917, punto 85).

    159

    Peraltro, da una giurisprudenza costante risulta che l’effetto di una pratica anticoncorrenziale non è un criterio decisivo ai fini della valutazione della gravità di un’infrazione. Elementi attinenti all’intenzionalità della condotta possono essere più rilevanti di quelli relativi ai detti effetti, soprattutto quando si tratti di violazioni intrinsecamente gravi, quali una ripartizione dei mercati (sentenze della Corte 2 ottobre 2003, causa C‑194/99 P, Thyssen Stahl/Commissione, Racc. pag. I‑10821, punto 118, e Prym e Prym Consumer/Commissione, cit. al punto 122 supra, punto 96; sentenze Krupp Thyssen Stainless e Acciai speciali Terni/Commissione, cit. al punto 77 supra, punto 199, e Degussa/Commissione, cit. al punto 71 supra, punto 251).

    160

    Così, la natura dell’infrazione svolge un ruolo preminente, in particolare, al fine di qualificare le infrazioni come «molto gravi». Dalla descrizione delle infrazioni molto gravi operata negli orientamenti del 1998 risulta che accordi o pratiche concordate miranti specificamente, come nel caso de quo, alla ripartizione dei mercati possono già solo per questa loro natura essere qualificati come «molto gravi», senza che sia necessario che tali comportamenti siano caratterizzati da un impatto o da un’estensione geografica particolare (v., in tal senso, sentenze Prym e Prym Consumer/Commissione, cit. al punto 122 supra, punto 75, e 24 settembre 2009, cause riunite C‑125/07 P, C‑133/07 P, C‑135/07 P e C‑137/07 P, Erste Bank der österreichischen Sparkassen e a./Commissione, Racc. pag. I‑8681, punto 103). Tale conclusione è corroborata dal fatto che, se nella descrizione delle infrazioni «gravi» sono espressamente menzionati l’impatto sul mercato e gli effetti su zone estese del mercato comune, in quella delle infrazioni «molto gravi», per contro, non si menziona alcuna condizione relativa all’impatto concreto sul mercato o alla produzione di effetti su una determinata zona geografica (v., in tal senso, sentenza Schunk e Schunk Kohlenstoff‑Technik/Commissione, cit. al punto 83 supra, punto 171 e giurisprudenza ivi citata). Pertanto, considerato il loro oggetto, le infrazioni menzionate nella decisione impugnata sono molto gravi per loro stessa natura, anche qualora dovesse essere dimostrato che le intese non hanno prodotto gli effetti sperati.

    161

    Peraltro, anche ammesso che la Commissione abbia voluto tenere conto di tale criterio facoltativo rappresentato dall’impatto dell’infrazione sul mercato e dovesse quindi apportare nella decisione impugnata indizi concreti, credibili e sufficienti che consentissero di valutare quale effettiva influenza abbia potuto avere l’infrazione sul gioco della concorrenza nel mercato (sentenza Prym e Prym Consumer/Commissione, cit. al punto 122 supra, punto 82), si deve osservare che essa ha adempiuto tale obbligo. Infatti, per quanto concerne l’infrazione in Lussemburgo, la Commissione ha constatato che le imprese interessate dagli accordi avevano realizzato quasi il 100% delle vendite cumulate di ascensori e scale mobili nel 2003, rilevando al contempo che le controllate locali di Kone, di Otis, di Schindler e di ThyssenKrupp erano le uniche fornitrici con sede in Lussemburgo che offrissero scale mobili (punto 52 della decisione impugnata). Essa ha inoltre sottolineato la frequenza degli incontri (punto 302 della decisione impugnata), le precauzioni adottate per dissimulare le riunioni e i contatti (punti 304‑307 della decisione impugnata) e l’esistenza di un meccanismo di compensazione (punti 317 e 336 della decisione impugnata).

    162

    Pertanto, come si è ricordato supra al punto 153, la Commissione ha concluso, al punto 660 della decisione impugnata, che il fatto che i vari accordi anticoncorrenziali fossero stati attuati suggeriva di per sé un impatto concreto sul mercato, anche se l’effetto reale era difficile da misurare, non potendosi stabilire, in particolare, se e quanti altri progetti fossero stati oggetto di una manipolazione delle offerte, né quanti progetti potessero essere stati oggetto di una ripartizione tra i membri dell’intesa senza che occorressero contatti tra loro. Essa ha aggiunto che le elevate quote di mercato complessive dei concorrenti indicavano probabili effetti anticoncorrenziali e che la relativa stabilità di tali quote di mercato per l’intera durata delle infrazioni confermerebbe tali effetti.

    163

    Per quanto attiene, in secondo luogo, all’argomento relativo alla prassi decisionale della Commissione, secondo il quale l’infrazione, tenuto conto delle dimensioni ridotte del mercato geografico da essa interessato, avrebbe dovuto essere qualificata «grave», da una costante giurisprudenza risulta che una prassi decisionale della Commissione non può fungere da contesto normativo per le ammende in materia di concorrenza (sentenze JCB Service/Commissione, cit. al punto 108 supra, punti 201 e 205, e Britannia Alloys & Chemicals/Commissione, cit. al punto 108 supra, punto 60; sentenza Carbone‑Lorraine/Commissione, cit. al punto 137 supra, punto 92; v., altresì, sentenza Scandinavian Airlines System/Commissione, cit. al punto 158 supra, punto 132). In ogni caso, alla luce dell’esame svolto ai punti 158‑160, tale argomento non può essere accolto.

    164

    Emerge inoltre dalla giurisprudenza che l’estensione del mercato geografico costituisce solo uno dei tre criteri rilevanti ai sensi degli orientamenti del 1998 ai fini della valutazione globale della gravità dell’infrazione. Tra tali criteri interdipendenti, la natura dell’infrazione svolge un ruolo preminente. Per contro, l’estensione del mercato geografico non è un criterio autonomo nel senso che solo infrazioni concernenti più Stati membri potrebbero essere qualificate come «molto gravi». Né il Trattato CE, né il regolamento n. 1/2003, né gli orientamenti del 1998, né la giurisprudenza consentono di ritenere che solo restrizioni geograficamente molto estese possano essere qualificate come tali (v., in tal senso, sentenza del Tribunale 14 dicembre 2006, cause riunite da T‑259/02 a T‑264/02 e T‑271/02, Raiffeisen Zentralbank Österreich e a./Commissione, Racc. pag. II‑5169, punto 311 e giurisprudenza ivi citata). Inoltre, l’intero territorio di uno Stato membro, anche se relativamente piccolo in confronto con gli altri Stati membri, costituisce comunque una parte sostanziale del mercato comune (sentenza della Corte 9 novembre 1983, causa 322/81, Nederlandsche Banden-Industrie-Michelin/Commissione, Racc. pag. 3461, punto 28; v. sentenza Raiffeisen Zentralbank Österreich e a./Commissione, cit., punto 312 e giurisprudenza ivi citata). Poiché l’intesa in questione riguardava l’intero territorio del Lussemburgo, si deve ritenere che essa rappresentasse una parte sostanziale del mercato comune.

    165

    Dalle considerazioni che precedono emerge che gli argomenti della ricorrente nella causa T‑141/07 illustrati ai precedenti punti 148 e 149 devono essere respinti.

    Sull’asserita illegittimità degli importi di partenza delle ammende

    – Sugli importi di partenza generali delle ammende

    166

    In primo luogo, la ricorrente nella causa T‑141/07 fa valere che, per quanto riguarda l’infrazione in Lussemburgo, la Commissione non ha tenuto conto delle dimensioni ridotte del mercato interessato, mentre avrebbe espressamente affermato che tale elemento era pertinente per il calcolo delle ammende. Detta ricorrente sottolinea al riguardo che l’importo di partenza di EUR 10 milioni (che rappresenterebbe il 31,3% del valore del mercato in questione) è manifestamente sproporzionato rispetto all’importo di partenza generale fissato per l’infrazione in Belgio (il 15,7% del valore del mercato interessato), nei Paesi Bassi (il 15,2% del valore del mercato interessato) e in Germania (il 12% del valore del mercato di riferimento scelto dalla Commissione), e dovrebbe essere ridotto.

    167

    Si deve sottolineare che la ricorrente nella causa T‑141/07 non contesta la legittimità della metodologia esposta al punto 1 A degli orientamenti del 1998, relativa alla determinazione degli importi di partenza generali delle ammende. Orbene, detta metodologia risponde ad una logica forfettaria secondo cui l’importo di base generale dell’ammenda, determinato secondo la gravità dell’infrazione, viene calcolato in funzione della natura e dell’estensione geografica dell’infrazione, nonché del suo impatto concreto sul mercato quando sia misurabile (sentenze del Tribunale 15 marzo 2006, causa T‑15/02, BASF/Commissione, Racc. pag. II‑497, punto 134, e 6 maggio 2009, causa T‑116/04, Wieland‑Werke/Commissione, Racc. pag. II‑1087, punto 62).

    168

    Inoltre, le dimensioni del mercato rilevante non costituiscono, in linea di principio, un fattore indispensabile, ma solo uno fra più fattori pertinenti per valutare la gravità dell’infrazione, e la Commissione non è peraltro obbligata, secondo la giurisprudenza, a procedere ad una delimitazione del mercato rilevante o ad una valutazione delle sue dimensioni, dal momento che l’infrazione in questione ha un oggetto anticoncorrenziale (v., in tal senso, sentenza Prym e Prym Consumer/Commissione, cit. al punto 122 supra, punti 55 e 64, e sentenza del Tribunale 30 settembre 2009, causa T‑161/05, Hoechst/Commissione, Racc. pag. II‑3555, punto 109).

    169

    Così, ai fini della determinazione dell’importo di partenza generale dell’ammenda, la Commissione può, senza peraltro esservi obbligata, tenere conto del valore del mercato oggetto del’infrazione (v., in tal senso, sentenze BASF/Commissione, cit. al punto 167 supra, punto 134, e Wieland‑Werke/Commissione, cit. al punto 167 supra, punto 63). Infatti, gli orientamenti del 1998 non prevedono che l’importo delle ammende sia calcolato in funzione del fatturato complessivo o del fatturato realizzato dalle imprese sul mercato in questione. Tuttavia, essi non ostano nemmeno a che tali fatturati siano presi in considerazione per la determinazione dell’importo dell’ammenda affinché siano rispettati i principi generali del diritto dell’Unione e qualora le circostanze lo richiedano (sentenza Archer Daniels Midland e Archer Daniels Midland Ingredients/Commissione, cit. al punto 151 supra, punto 187).

    170

    L’argomento della ricorrente nella causa T‑141/07 secondo cui l’importo di partenza generale dell’ammenda inflitta a GTO dovrebbe rispecchiare le dimensioni ridotte del mercato lussemburghese è quindi fondato su una premessa erronea e dev’essere respinto.

    171

    Inoltre, si deve rilevare che, se pure la Commissione ha indicato, al punto 666 della decisione impugnata, in risposta ad un argomento secondo cui l’effetto dell’intesa in Lussemburgo dovrebbe essere considerato limitato in quanto riguarderebbe un solo Stato membro, che «[l]e dimensioni del mercato lussemburghese rispetto ad altri Stati membri sono state debitamente prese in considerazione per il calcolo dell’ammenda (v. punti 680‑683)», tuttavia i punti della decisione impugnata ai quali fa riferimento la Commissione riguardano la ripartizione in categorie dei partecipanti all’intesa in Lussemburgo, ai fini dell’applicazione di un trattamento differenziato tra le stesse. Si deve inoltre sottolineare che la Commissione ha fissato l’importo di partenza generale dell’ammenda in EUR 10 milioni. Pertanto, pur avendo determinato la gravità dell’infrazione in funzione della sua natura e della sua estensione geografica, la Commissione ha ritenuto opportuno fissare un importo di partenza generale dell’ammenda corrispondente alla metà del limite minimo di EUR 20 milioni normalmente previsto dagli orientamenti del 1998 per questo tipo di infrazione molto grave (v. punto 1 A, secondo comma, terzo trattino).

    172

    Tenuto conto, da un lato, della natura particolarmente grave dell’intesa e, dall’altro, del fatto che essa riguardava una parte sostanziale del mercato comune, si deve ritenere che l’importo di partenza di EUR 10 milioni imposto ad Otis per l’infrazione in Lussemburgo non debba essere ridotto.

    173

    La ricorrente nella causa T‑141/07 afferma inoltre che l’importo di partenza fissato per l’intesa in Lussemburgo è sproporzionato rispetto agli importi di partenza stabiliti per le infrazioni in Belgio, in Germania e nei Paesi Bassi.

    174

    Come si è ricordato ai precedenti punti 167‑170, considerata la logica forfettaria sottesa alla metodologia esposta al punto 1 A degli orientamenti del 1998, la Commissione non è tenuta a prendere in considerazione, nel determinare l’importo di partenza generale dell’ammenda, le dimensioni del mercato interessato né tanto meno a stabilire tale importo secondo una percentuale fissa del volume d’affari aggregato del mercato (v., in tal senso, sentenza BASF/Commissione, cit. al punto 167 supra, punto 134).

    175

    Anche ammesso che la Commissione, quando constata più infrazioni molto gravi in un’unica decisione, debba garantire una certa coerenza tra gli importi di partenza generali e le dimensioni dei vari mercati interessati, nella fattispecie nulla indica che l’importo di partenza generale stabilito per l’intesa in Lussemburgo sia sproporzionato rispetto agli importi di partenza generali fissati per le intese in Belgio, in Germania e nei Paesi Bassi.

    176

    Invero, dall’esame dei dati pertinenti emerge che la Commissione, tenuto conto delle dimensioni dei mercati interessati, ha determinato in modo coerente gli importi di partenza generali delle ammende. Infatti, essa ha fissato importi di partenza generali tanto maggiori quanto maggiore era la dimensione del mercato, pur senza attenersi ad una formula matematica precisa, cosa a cui non era comunque tenuta (v. supra, punti 167‑170). Da un lato, per il mercato nettamente più importante, quello della Germania, che rappresenta EUR 576 milioni, l’importo di partenza generale è stato fissato in EUR 70 milioni; per i due mercati seguenti in ordine di importanza, quelli dei Paesi Bassi e del Belgio, che rappresentano rispettivamente EUR 363 milioni ed EUR 254 milioni, l’importo di partenza generale è stato fissato, rispettivamente, in EUR 55 milioni ed in EUR 40 milioni. Dall’altro, per quanto concerne il mercato lussemburghese, di dimensioni manifestamente più ridotte, con un valore di EUR 32 milioni, la Commissione, benché gli orientamenti del 1998 prevedano per le infrazioni molto gravi la fissazione di un importo a titolo della gravità «oltre i 20 milioni di [EUR]», ha ritenuto opportuno limitare tale importo ad EUR 10 milioni.

    177

    In tale contesto, si deve inoltre rilevare che, sebbene le dimensioni del mercato lussemburghese siano modeste rispetto a quelle dei mercati interessati dalle altre infrazioni, la Commissione doveva fissare un punto di partenza dell’ammenda ad un livello sufficientemente elevato per riflettere il carattere «molto grave» dell’infrazione di cui trattasi.

    178

    Ne consegue che gli argomenti della ricorrente nella causa T‑141/07 devono essere respinti nella parte in cui essa invoca l’asserito carattere eccessivo dell’importo di partenza generale dell’ammenda fissato per l’infrazione in Lussemburgo.

    179

    In secondo luogo, le ricorrenti nella causa T‑145/07 fanno valere, per quanto concerne l’infrazione in Germania, che la Commissione ha fissato l’importo di partenza dell’ammenda basandosi sulle dimensioni del mercato degli ascensori e delle scale mobili, che, secondo il punto 82 della decisione impugnata, ammonterebbe ad EUR 576 milioni. In tal modo, fissando detto importo di partenza, essa avrebbe violato gli orientamenti del 1998 e il principio di proporzionalità, in quanto le intese avrebbero interessato solo le vendite di scale mobili e una piccola parte delle vendite di ascensori in Germania. Così, la Commissione non avrebbe identificato i mercati interessati dalle intese né le loro dimensioni. Essa non avrebbe neanche determinato l’impatto reale dell’infrazione. Orbene, dai documenti trasmessi da Otis risulterebbe che l’intesa non ha interessato l’intero mercato degli ascensori, ma solo i progetti di scale mobili e i progetti di ascensori di valore elevato, che sarebbero progetti di ascensori ad alta velocità. Orbene, solo una minima parte dei progetti di ascensori ad alta velocità avrebbe incluso ascensori standard. Pertanto, secondo Otis, le vendite effettuate dall’intesa in Germania sarebbero ammontate complessivamente ad EUR 128 milioni, e non ad EUR 576 milioni (punti 82 e 280 della decisione impugnata).

    180

    Occorre sottolineare preliminarmente che le ricorrenti nella causa T‑145/07 non contestano nemmeno la legittimità della metodologia esposta al punto 1 A degli orientamenti del 1998 per quanto riguarda la determinazione dell’importo di partenza dell’ammenda, che, come si è ricordato supra al punto 174, risponde ad una logica forfettaria. Inoltre, conformemente alla giurisprudenza citata supra al punto 168, le dimensioni del mercato interessato sono solo un elemento pertinente per valutare la gravità dell’infrazione, che la Commissione non è tenuta a prendere in considerazione per determinare l’importo di partenza dell’ammenda.

    181

    In primo luogo, contrariamente a quanto sostenuto dalle ricorrenti nella causa T‑145/07, la Commissione non ha fissato l’importo di partenza generale dell’ammenda per l’infrazione in Germania basandosi sulle dimensioni del mercato interessato. Infatti, come risulta dai punti 657‑671 della decisione impugnata, la Commissione ha fondato la sua conclusione relativa alla valutazione della gravità delle infrazioni sulla natura di dette infrazioni e sulla loro estensione geografica.

    182

    In secondo luogo, per quanto riguarda la determinazione dell’impatto dell’infrazione in Germania, come si è già ricordato supra al punto 151, nella valutazione della gravità dell’infrazione la Commissione deve procedere ad un esame dell’impatto concreto sul mercato unicamente quando risulti che tale impatto è misurabile. Orbene, tale ipotesi non ricorre nel caso di specie.

    183

    Contrariamente a quanto sostengono le ricorrenti, dal punto 664 della decisione impugnata, in cui peraltro la Commissione replica all’argomento di Otis e Kone relativo all’impatto asseritamente limitato dell’infrazione, risulta che era «impossibile dimostrare gli effetti precisi dell’infrazione» e che gli accordi in Germania non hanno riguardato esclusivamente le scale mobili e i progetti di ascensori di valore elevato; la Commissione ha osservato che era probabile «che le attività del cartello relative ai progetti di ascensori da oltre un milione di euro, che includono gli ascensori ad alta velocità e di valore elevato, a[vessero] inciso sul funzionamento degli altri segmenti del mercato degli ascensori». In detto punto la Commissione ha inoltre rilevato che il valore totale di un progetto prevaleva sul numero e sul tipo di ascensori, che era impossibile dimostrare gli effetti precisi dell’infrazione e che i fatti avevano chiaramente dimostrato che l’intento delle parti non era escludere determinati tipi di prodotti, bensì accordarsi sui progetti rispetto ai quali la concorrenza poteva essere eliminata più facilmente.

    184

    È giocoforza constatare peraltro che le ricorrenti nella causa T‑145/07 non dimostrano che l’impatto dell’infrazione in Germania fosse misurabile, ma solo che l’infrazione riguardava un mercato di dimensioni asseritamente ridotte. Infatti, esse sostengono di avere fornito la prova del fatto che l’intesa in Germania riguardava solo i progetti di scale mobili e i progetti di ascensori di valore elevato/ad alta velocità, e che gli ascensori standard erano inclusi in tali progetti solo a titolo accessorio. L’asserito mercato degli ascensori standard non sarebbe quindi stato interessato. Tali argomenti devono in ogni caso essere respinti.

    185

    Anzitutto, le ricorrenti nella causa T‑145/07 affermano che l’intesa riguardava esclusivamente i progetti di ascensori ad alta velocità, per i quali Otis, Kone e ThyssenKrupp sarebbero state le uniche società in grado di presentare un’offerta, e avrebbe interessato gli ascensori standard solo a titolo accessorio, nei limiti in cui essi facevano parte di un progetto di ascensori di valore elevato/ad alta velocità o di un progetto di scale mobili, il che sarebbe peraltro dimostrato dai documenti allegati al ricorso, tra cui una dichiarazione scritta del Dott. R.

    186

    A tale proposito, deve essere respinta l’affermazione secondo cui i progetti di ascensori di valore elevato sono progetti di ascensori ad alta velocità. Contrariamente a quanto sostenuto dalle ricorrenti nella causa T‑145/07, Kone, Otis e ThyssenKrupp non erano le uniche effettive offerenti per i progetti di ascensori di valore elevato. Oltre a Schindler, la quale, come sottolineano le ricorrenti, non ha più partecipato attivamente alle discussioni dopo il dicembre 2000, dalla dichiarazione scritta del Dott. R. prodotta da tali ricorrenti a sostegno del loro argomento risulta che, sebbene Kone, Otis, Schindler e ThyssenKrupp rappresentassero la totalità delle vendite di ascensori ad alta velocità in Germania nel 2003, «[a]ltre imprese sono riuscite ad ottenere in Germania una quota sostanziale dei progetti di ascensori di valore superiore ad un milione di euro», il che conferma che, secondo i termini stessi della perizia prodotta dalle ricorrenti nella causa T‑145/07, i progetti di ascensori di valore elevato non coincidono con i progetti di ascensori ad alta velocità.

    187

    Inoltre, come rilevato dalla Commissione, tenuto conto del prezzo medio di un ascensore ad alta velocità, pari a circa EUR 167000, e dell’affermazione delle ricorrenti secondo la quale tutti i progetti di valore elevato includevano almeno un ascensore ad alta velocità, non si può escludere che in tali progetti fossero compresi numerosi ascensori standard. A tal riguardo OEC ha precisato, in una dichiarazione del [riservato], che le intese relative ai progetti di installazioni nuove includevano, oltre ai progetti di scale mobili, i «progetti di prestigio». Orbene, OEC ha anche indicato che, in un numero limitato di casi, tali progetti non includevano ascensori ad alta velocità, ma erano progetti speciali che prevedevano un numero elevato di unità. Inoltre, Kone ha dichiarato che l’unico elemento determinante era il valore globale del progetto, a prescindere dal numero e dal tipo di ascensori (v. punto 254 della comunicazione degli addebiti e punto 241 della decisione impugnata). Tale affermazione non è peraltro stata contestata dalle ricorrenti.

    188

    Come rilevano le stesse ricorrenti, molti concorrenti diversi da Otis, Kone e ThyssenKrupp erano in grado di presentare offerte per i progetti da oltre un milione di euro che includessero esclusivamente ascensori standard. Così, nel loro ricorso esse affermano, basandosi sulle dichiarazioni del Dott. R., che «[riservato]». Kone ha inoltre affermato, nelle sue osservazioni del 12 febbraio 2004, che nel segmento degli ascensori [riservato]. Deve quindi essere respinta l’affermazione delle ricorrenti secondo la quale l’intesa ha interessato esclusivamente i progetti di ascensori per i quali Otis, Kone e ThyssenKrupp sarebbero state le uniche società in grado di presentare un’offerta.

    189

    Inoltre, le ricorrenti nella causa T‑145/07 sostengono che le affermazioni contenute nel punto 664 della decisione impugnata, secondo le quali vi sarebbe stata un’«estensione» probabile o indiretta delle discussioni sugli ascensori di valore elevato a tutti gli altri ascensori, sono vaghe, paradossali e in contrasto con le prove fattuali ed economiche.

    190

    A tal riguardo, deve essere disattesa la censura delle ricorrenti concernente una carenza di motivazione della decisione impugnata, in quanto la Commissione non spiegherebbe in qual modo le discussioni sugli ascensori ad alta velocità potessero influire direttamente sul resto delle vendite di ascensori né perché ciò sarebbe probabilmente accaduto. Infatti, al punto 664 della decisione impugnata, la Commissione ha espressamente indicato che le intese in Germania avevano ad oggetto progetti che includevano scale mobili, ascensori e ascensori ad alta velocità, in diverse combinazioni, e che il valore complessivo di un progetto prevaleva sul numero e sul tipo di ascensori. Essa ha inoltre rilevato che le attività dell’intesa sui progetti di ascensori da oltre un milione di euro, che includevano gli ascensori ad alta velocità e di elevato valore, avevano influito sul funzionamento del resto del mercato degli ascensori, dal quale esse non potevano essere separate, dato che tutte le gamme di prodotti (ascensori ad alta velocità, a bassa velocità ed altri) erano stati interessati in misura variabile. Essa ha infine sottolineato che l’intento delle parti non era escludere alcuni tipi di prodotti, bensì accordarsi sui progetti in relazione ai quali la concorrenza poteva essere eliminata più facilmente (v. anche punto 242 della decisione impugnata).

    191

    Inoltre, come risulta dai precedenti punti 186 e 187, l’esistenza di un mercato degli ascensori standard, distinto e non interessato dall’intesa, non è stata dimostrata, posto che i progetti di ascensori di valore elevato e i progetti di scale mobili includevano ascensori standard e a volte solo questi.

    192

    Peraltro, contrariamente a quanto sostenuto dalle ricorrenti nella causa T‑145/07, la constatazione dell’esistenza di effetti, quanto meno indiretti, sulla totalità del mercato degli ascensori e delle scale mobili non contrasta con le asserite prove fattuali ed economiche da esse presentate. Per quanto riguarda l’argomento secondo cui i margini di utile realizzati da Otis sugli ascensori standard venduti nell’ambito di progetti di valore inferiore ad un milione di euro non avrebbero potuto essere più elevati nel periodo dell’intesa che non prima o dopo tale periodo, si deve rilevare, da un lato, che ThyssenKrupp ha affermato che il limite minimo perché un progetto fosse incluso nell’intesa era passato da DEM 500000 a DEM 1000000 nel 1998 e ad EUR 1000000 a partire dal 2002 e che anche progetti di valore inferiore ad un milione di euro sono quindi stati oggetto di discussioni (punto 241 della decisione impugnata), cosicché l’intesa può avere influito anche sui margini di utile realizzati da Otis nell’ambito dei progetti di valore inferiore ad un milione di euro. Dall’altro, in ogni caso, poiché l’argomento delle ricorrenti è fondato esclusivamente su dati relativi alle vendite del gruppo Otis, non si possono determinare con sufficiente certezza i parametri concorrenziali applicabili in mancanza dell’infrazione. Peraltro, le stesse ricorrenti hanno sottolineato a più riprese nel procedimento amministrativo il grande valore pubblicitario dei «progetti prestigiosi», il che consente di escludere che l’intesa non abbia avuto effetti sul mercato degli ascensori standard.

    193

    Infine, va sottolineato che, anche ammesso che la Commissione abbia voluto tenere conto di tale criterio facoltativo rappresentato dall’impatto dell’infrazione sul mercato e dovesse apportare nella decisione impugnata indizi concreti, credibili e sufficienti che consentissero di valutare quale effettiva influenza abbia potuto avere l’infrazione sul gioco della concorrenza nel mercato (sentenza Prym e Prym Consumer/Commissione, cit. al punto 122 supra, punto 82), si deve osservare che essa ha comunque assolto tale obbligo.

    194

    Per quanto riguarda l’infrazione in Germania, oltre agli indizi menzionati al precedente punto 192, la Commissione ha rilevato in particolare che Kone, Otis, Schindler e ThyssenKrupp detenevano, in valore, oltre il 60% delle vendite di ascensori e circa il 100% del mercato delle scale mobili (punti 51 e 232 della decisione impugnata). Inoltre, dopo il 2000, le tre partecipanti all’intesa detenevano congiuntamente circa il 75% del mercato delle scale mobili e circa il 50% del mercato degli ascensori (punti 278 e 280 della decisione impugnata). Peraltro, l’obiettivo dell’intesa era congelare le rispettive quote di mercato delle imprese interessate (punti 236 e segg. della decisione impugnata). La Commissione ha inoltre sottolineato la frequenza delle riunioni (punti 217 e 218 della decisione impugnata) e le precauzioni adottate dai partecipanti per dissimulare i loro contatti (punti 219‑221 della decisione impugnata).

    195

    Così, la Commissione ha concluso, al punto 660 della decisione impugnata, che il fatto che i vari accordi anticoncorrenziali fossero stati attuati suggeriva di per sé un impatto sul mercato, anche se l’effetto reale era difficile da misurare, non potendosi stabilire, in particolare, se e come altri progetti fossero stati oggetto di una manipolazione delle offerte, né come determinati progetti potessero essere stati oggetto di una ripartizione tra i membri dell’intesa senza che occorressero contatti tra loro. La Commissione ha aggiunto che le elevate quote di mercato complessive dei concorrenti indicavano probabili effetti anticoncorrenziali e che la relativa stabilità di tali quote di mercato per l’intera durata delle infrazioni confermava tali effetti.

    196

    In terzo luogo, le ricorrenti nella causa T‑145/07 sostengono che, a differenza del punto 664 della decisione impugnata, la comunicazione degli addebiti non indicava che le discussioni relative ai progetti di ascensori da oltre un milione di euro avessero inciso sul mercato degli ascensori di valore inferiore a tale importo. Pertanto, i diritti della difesa delle ricorrenti nella causa T‑145/07 sarebbero stati violati.

    197

    Come si è ricordato al precedente punto 122, il principio fondamentale del diritto dell’Unione che esige il rispetto delle prerogative della difesa in qualsiasi procedimento richiede in particolare che la comunicazione degli addebiti inviata dalla Commissione ad un’impresa alla quale essa intende infliggere una sanzione per violazione delle regole di concorrenza contenga gli elementi essenziali della contestazione mossa contro tale impresa, quali i fatti addebitati, la qualificazione data a questi ultimi e gli elementi di prova su cui si fonda la Commissione, affinché l’impresa in questione sia in grado di far valere utilmente i propri argomenti nell’ambito del procedimento amministrativo avviato a suo carico.

    198

    Nella fattispecie, risulta in particolare dal punto 583 della comunicazione degli addebiti che la Commissione riteneva che l’intesa potesse avere effetti sull’intero settore degli ascensori e delle scale mobili in Germania, posto che essa ha fatto specificamente riferimento alla quota di mercato cumulata dei partecipanti all’intesa nel settore degli ascensori nel suo complesso e delle scale mobili. Per quanto riguarda la valutazione della gravità di ciascuna infrazione ai fini della determinazione dell’importo dell’ammenda, la Commissione ha inoltre indicato, al punto 617, lett. b), della comunicazione degli addebiti, che nella valutazione della gravità delle infrazioni avrebbe tenuto conto del fatto che «gli accordi si estendevano a tutti i settori degli ascensori e delle scale mobili».

    199

    Le ricorrenti nella causa T‑145/07 si sono peraltro espresse su questo punto nella loro risposta alla comunicazione degli addebiti. Così, esse hanno in particolare indicato alla Commissione [riservato].

    200

    Pertanto, l’argomento secondo cui la Commissione avrebbe violato i diritti della difesa delle ricorrenti, omettendo di indicare nella comunicazione degli addebiti che le discussioni sui progetti di ascensori da oltre un milione di euro avevano avuto un’incidenza sul mercato degli ascensori di valore inferiore a tale importo, è infondato in fatto e deve essere respinto.

    201

    In quarto luogo, le ricorrenti nella causa T‑145/07 sostengono altresì che l’importo di partenza di EUR 70 milioni, fissato per l’intesa in Germania, è manifestamente sproporzionato rispetto al valore delle vendite sulle quali gli accordi illeciti hanno effettivamente influito. Infatti, la Commissione, pur avendo indicato al punto 664 della decisione impugnata che avrebbe tenuto conto del fatto che le attività dell’intesa potevano non avere interessato direttamente la totalità del mercato degli ascensori, tuttavia non avrebbe tenuto conto del fatto che solo un sottoinsieme limitato della totalità del mercato degli ascensori era stato oggetto di discussioni. Inoltre, nel fissare l’importo di partenza dell’ammenda relativa alla Germania, la Commissione avrebbe derogato al metodo di calcolo dell’importo dell’ammenda applicato nella decisione impugnata. Avendo riconosciuto che la portata delle intese in Germania era più limitata di quanto non fosse nei tre paesi del Benelux, la Commissione non potrebbe applicare i medesimi criteri per calcolare l’importo dell’ammenda inflitta per l’infrazione commessa in Germania.

    202

    Anzitutto, si è ricordato al precedente punto 174 che, considerata la logica forfettaria sottesa alla metodologia esposta al punto 1 A degli orientamenti del 1998, la Commissione non è tenuta a prendere in considerazione, nel determinare l’importo di partenza generale dell’ammenda, le dimensioni del mercato interessato.

    203

    Si deve poi osservare che la Commissione, sebbene non abbia tentato di dimostrare gli effetti precisi dell’infrazione (punto 660 della decisione impugnata), nondimeno ha fissato per l’infrazione in Germania un importo di partenza ridotto al fine di tenere conto, a favore delle imprese interessate, del fatto che le intese potrebbero non avere interessato direttamente la totalità del mercato degli ascensori. Così, come rilevato dalla Commissione al punto 664 della decisione impugnata, per determinare l’importo di partenza dell’ammenda essa ha effettivamente tenuto «conto del fatto che le attività dell’intesa [potevano] non avere interessato direttamente la totalità del mercato degli ascensori». In effetti, risulta che l’importo di partenza per l’intesa in Germania, espresso in percentuale del mercato considerato nel suo complesso, è stato fissato ad un livello inferiore rispetto a quelli applicati per le altre intese oggetto della decisione impugnata (v. punto 176 supra).

    204

    Inoltre, anche ammesso che, per quanto concerne gli ascensori, l’intesa in Germania abbia interessato solo i progetti di ascensori di valore elevato/ad alta velocità (v. supra, punti 184‑191), l’importo di partenza dell’ammenda sarebbe comunque giustificato anche qualora lo si confrontasse con gli importi stabiliti per le altre intese. A tale proposito occorre sottolineare che il mercato geografico interessato dall’intesa in Germania era nettamente più esteso di quelli interessati dalle altre intese.

    205

    Infine, quand’anche l’intesa in Germania avesse interessato, come sostengono le ricorrenti nella causa T‑145/07, solo una parte del mercato degli ascensori, vale a dire i progetti di ascensori di valore elevato/ad alta velocità, il volume complessivo del mercato interessato dall’intesa ammonterebbe, secondo stime prodotte da Otis, ad EUR 128 milioni, sicché l’importo di partenza rappresenterebbe il 54% del volume del mercato interessato.

    206

    Orbene, è già stato dichiarato che importi di partenza corrispondenti ad una percentuale così elevata possono essere giustificati nel caso delle infrazioni molto gravi (v., in tal senso, sentenze BASF/Commissione, cit. al punto 167 supra, punti 130 e da 133 a 137, e Carbone‑Lorraine/Commissione, cit. al punto 137 supra, punto 121). Inoltre, come rilevato dalla Commissione al punto 659 della decisione impugnata, risulta da una costante giurisprudenza che l’effetto di una pratica anticoncorrenziale non è un criterio decisivo ai fini della valutazione della gravità dell’infrazione. Determinati elementi attinenti all’intenzionalità della condotta possono assumere un rilievo maggiore di quello rappresentato dai detti effetti, soprattutto quando si tratti di violazioni intrinsecamente gravi, quali la ripartizione dei mercati (sentenze Thyssen Stahl/Commissione, cit. al punto 159 supra, punto 118, e Prym e Prym Consumer/Commissione, cit. al punto 122 supra, punto 96; sentenze Krupp Thyssen Stainless e Acciai speciali Terni/Commissione, cit. al punto 77 supra, punto 199, e Degussa/Commissione, cit. al punto 71 supra, punto 251).

    207

    Anche ammesso che la Commissione, quando constata più infrazioni molto gravi in un’unica decisione, debba garantire un rapporto di proporzionalità tra gli importi di partenza generali e le dimensioni dei vari mercati interessati, nella fattispecie nulla indica che gli importi di partenza generali fissati per le infrazioni in Belgio, in Germania, in Lussemburgo e nei Paesi Bassi siano privi di coerenza o sproporzionati.

    208

    Invero, come si è rilevato supra al punto 176, dall’esame dei dati pertinenti emerge che la Commissione, tenuto conto delle dimensioni dei mercati interessati, ha determinato in modo ragionevole e coerente gli importi di partenza per le infrazioni negli Stati membri interessati.

    209

    Pertanto, devono essere respinte tutte le censure concernenti gli importi di partenza generali delle ammende.

    – Sugli importi di partenza specifici delle ammende

    210

    Occorre rammentare che, nell’ambito del calcolo delle ammende inflitte ai sensi dell’art. 23, n. 2, del regolamento n. 1/2003, un trattamento differenziato tra le imprese interessate rientra nell’esercizio dei poteri spettanti alla Commissione in forza di tale disposizione. Infatti, nell’ambito del suo margine discrezionale, la Commissione è chiamata a individualizzare la sanzione in funzione dei comportamenti e delle caratteristiche propri delle imprese interessate, al fine di garantire, in ogni caso di specie, la piena efficacia delle norme dell’Unione in materia di concorrenza (v., in tal senso, sentenze della Corte 7 giugno 1983, cause riunite da 100/80 a 103/80, Musique Diffusion française e a./Commissione, Racc. pag. 1825, punto 109, e Britannia Alloys & Chemicals/Commissione, cit. al punto 108 supra, punto 44).

    211

    Infatti, gli orientamenti del 1998 dispongono che, per un’infrazione di una determinata gravità, può essere opportuno, nei casi che coinvolgono più imprese, come i cartelli, ponderare l’importo di partenza generale per stabilire un importo di partenza specifico tenendo conto del peso e dunque dell’impatto reale sulla concorrenza del comportamento configurante infrazione di ciascuna impresa, in particolare qualora esista una disparità considerevole nella dimensione delle imprese che commettono il medesimo tipo di infrazione (punto 1 A, sesto comma). In particolare, è necessario valutare in che misura gli autori dell’infrazione abbiano l’effettiva capacità economica di arrecare un danno consistente agli altri operatori, in particolare ai consumatori (punto 1 A, quarto comma).

    212

    Gli orientamenti del 1998 precisano altresì che il principio di parità della sanzione per un medesimo comportamento può dar luogo, in determinate circostanze, all’applicazione di importi differenziati per le imprese interessate, senza che tale differenziazione derivi da un calcolo rigorosamente aritmetico (punto 1 A, settimo comma).

    213

    Dalla giurisprudenza risulta che gli orientamenti del 1998 non prevedono che l’importo delle ammende sia calcolato in funzione del fatturato conseguito dalle imprese sul mercato rilevante. Pertanto, per valutare l’influenza di un’impresa sul mercato o, secondo i termini degli orientamenti, la sua effettiva capacità economica di arrecare un danno consistente agli altri operatori, la Commissione non è obbligata a procedere ad una preventiva delimitazione del mercato nonché ad una valutazione delle sue dimensioni (sentenza Prym e Prym Consumer/Commissione, cit. al punto 122 supra, punto 63). Tuttavia, gli orientamenti del 1998 non ostano neppure a che tali fatturati siano presi in considerazione per la determinazione dell’importo dell’ammenda affinché siano rispettati i principi generali del diritto dell’Unione e qualora le circostanze lo richiedano (sentenze del Tribunale 20 marzo 2002, causa T‑23/99, LR AF 1998/Commissione, Racc. pag. II‑1705, punti 283 e 284; 9 luglio 2003, causa T‑220/00, Cheil Jedang/Commissione, Racc. pag. II‑2473, punto 82, e 25 ottobre 2005, causa T‑38/02, Groupe Danone/Commissione, Racc. pag. II‑4407, punto 157).

    214

    Nella specie, dai punti 672‑685 della decisione impugnata risulta che la Commissione ha applicato, per ogni infrazione constatata all’art. 1 della detta decisione, «un trattamento differenziato alle imprese al fine di tenere conto dell’effettiva capacità economica dei contravventori di arrecare un pregiudizio significativo alla concorrenza» (punto 672 della decisione impugnata). Per ciascuna infrazione, essa ha proceduto ad una classificazione delle imprese per stabilire gli importi di partenza specifici dell’ammenda, in funzione del loro volume d’affari realizzato su ciascun mercato nazionale dei prodotti di cui trattasi (punti 673‑685 della decisione impugnata). Ad eccezione della fissazione dell’importo di partenza specifico per Schindler in ragione della sua partecipazione all’intesa in Germania, la Commissione, per stabilire gli importi di partenza specifici delle altre imprese, si è basata per ciascuna infrazione sul fatturato del 2003, che, secondo la stessa Commissione, è l’ultimo anno in cui dette imprese sono state membri attivi delle intese di cui trattasi (punti 674, 676, 680 e 684 della decisione impugnata).

    215

    In primo luogo, per quanto concerne l’infrazione in Lussemburgo, la ricorrente nella causa T‑141/07 ricorda che, conformemente agli orientamenti del 1998, la Commissione, per determinare l’importo di partenza dell’ammenda, deve valutare l’effettiva capacità economica degli autori dell’infrazione di arrecare un danno consistente agli altri operatori. Orbene, GTO sarebbe una piccola società gestita in maniera completamente autonoma, che non avrebbe potuto in alcun caso causare un danno consistente sul mercato. La ricorrente nella causa T‑141/07 sarebbe un’impresa locale di piccole dimensioni, sia per numero di dipendenti che in termini di fatturato, la quale sarebbe attiva solo sul mercato lussemburghese.

    216

    A tal proposito, si deve anzitutto constatare che, come risulta dalle precedenti considerazioni (v. supra, punti 63‑90 e 96‑105), la Commissione ha giustamente ritenuto nella decisione impugnata che, ai fini dell’applicazione delle regole di concorrenza, GTO formasse un’unità economica con UTC, OEC, le controllate Otis e GT. Pertanto, gli argomenti della ricorrente nella causa T‑141/07 relativi alle sue dimensioni asseritamente modeste devono essere respinti.

    217

    Inoltre, la ricorrente nella causa T‑141/07 non contesta che «il fatturato di GTO nel 2003 è stato il più elevato tra quelli dei partecipanti all’intesa in Lussemburgo» (punto 681 della decisione impugnata) e che i partecipanti all’intesa rappresentavano congiuntamente circa l’80% del mercato interessato (punti 324 e 325 della decisione impugnata). In tali circostanze, GTO non può fondatamente sostenere che la sua partecipazione a detta intesa non può avere arrecato un danno consistente agli altri operatori, in particolare ai consumatori, ai sensi del punto 1 A, quarto comma, degli orientamenti del 1998.

    218

    In secondo luogo, per quanto attiene all’infrazione in Germania, le ricorrenti nella causa T‑145/07 lamentano una disparità di trattamento rispetto a Schindler per quanto riguarda gli importi di partenza specifici delle ammende.

    219

    L’importo di partenza dell’ammenda applicato nei loro confronti sarebbe infatti stato calcolato esclusivamente in base alla natura e all’estensione geografica dei comportamenti illeciti, mentre quello dell’ammenda inflitta a Schindler avrebbe tenuto conto del fatto che tali comportamenti avevano riguardato solo una parte del mercato dei prodotti in questione. L’applicazione dell’approccio scelto dalla Commissione nei confronti di Schindler alla situazione delle ricorrenti nella causa T‑145/07 dovrebbe parimenti comportare una riduzione dell’importo di partenza della loro ammenda.

    220

    Si deve rilevare che, per quanto riguarda l’intesa in Germania, la situazione di Schindler è diversa da quella di Otis. È infatti pacifico che, per tutta la durata della partecipazione di Schindler all’intesa in Germania, tra agosto 1995 e dicembre 2000, quest’ultima ha riguardato solo le scale mobili (punto 213 e art. 1, n. 2, della decisione impugnata). Schindler ha quindi partecipato all’infrazione constatata all’art. 1, n. 2, della decisione impugnata solo per la parte relativa alle scale mobili. Per contro, Otis ha partecipato ad entrambe le parti dell’infrazione, ossia quella relativa alle scale mobili, tra agosto 1995 e dicembre 2003, e quella relativa agli ascensori, tra dicembre 2000 e dicembre 2003 (punti 212 e 213 e art. 1, n. 2, della decisione impugnata). Orbene, l’applicazione di un trattamento differenziato è intesa precisamente a prendere in considerazione le differenze tra le imprese sotto il profilo della loro capacità di pregiudicare sensibilmente la concorrenza, che, nel caso di Schindler, era necessariamente inferiore, dal momento che essa non ha partecipato alla parte dell’intesa concernente gli ascensori.

    221

    In tali circostanze, le ricorrenti nella causa T‑145/07 non possono validamente concludere di essere state oggetto di un trattamento discriminatorio risultante dal fatto che, nel caso di Schindler, per fissare l’importo di partenza specifico dell’ammenda è stato preso in considerazione soltanto il volume d’affari realizzato sul mercato delle scale mobili. Al contrario, è in particolare la presa in considerazione delle differenze tra la situazione di Schindler, da una parte, e quella delle altre partecipanti all’intesa, dall’altra, che ha indotto la Commissione, nel rispetto del principio di parità di trattamento, a tenere conto di fatturati diversi per le due categorie di imprese interessate.

    222

    Dalle precedenti considerazioni consegue che devono essere respinte tutte le censure relative agli importi di partenza specifici delle ammende.

    223

    Pertanto, il presente motivo dev’essere integralmente respinto.

    Sul motivo concernente una violazione degli orientamenti del 1998 e del principio di proporzionalità nella determinazione della percentuale di aumento dell’importo di partenza dell’ammenda in funzione della durata dell’infrazione in Germania

    224

    Le ricorrenti nella causa T‑145/07 fanno valere che l’aumento dell’importo di partenza dell’ammenda del 10% per ogni anno, in funzione della durata dell’infrazione in Germania, è sproporzionato. Infatti, anzitutto, per oltre metà della durata degli accordi le discussioni avrebbero riguardato esclusivamente le scale mobili e avrebbero quindi potuto interessare solo un mercato in cui le vendite ammontavano ad EUR 70 milioni nel 2003 (punto 82 della decisione impugnata). In secondo luogo, Otis avrebbe detenuto solo una quota limitata del mercato per oltre metà della durata degli accordi e si sarebbe trovata in una posizione più debole rispetto a Kone e ThyssenKrupp sul mercato delle scale mobili. La Commissione avrebbe quindi dovuto effettuare una ponderazione nel determinare la quota dell’importo di partenza relativa alle scale mobili, tenendo conto della rispettiva posizione di ciascuna delle società implicate negli accordi sulle scale mobili, come avrebbe fatto per Schindler (punto 676 della decisione impugnata).

    225

    Va rammentato in proposito che, conformemente all’art. 23, n. 2, del regolamento n. 1/2003, la durata dell’infrazione costituisce uno degli elementi da prendere in considerazione per determinare l’importo dell’ammenda da infliggere alle imprese responsabili di violazioni delle regole di concorrenza.

    226

    Per quanto riguarda il fattore relativo alla durata dell’infrazione, gli orientamenti del 1998 distinguono fra le infrazioni di breve durata (in genere inferiore ad un anno), per le quali l’importo di partenza considerato per la gravità non dovrebbe essere aumentato, le infrazioni di media durata (in generale da uno a cinque anni), per le quali tale importo può essere aumentato del 50%, e le infrazioni di lunga durata (in genere oltre i cinque anni), per le quali tale importo può essere aumentato per ciascun anno del 10% (punto 1 B, primo comma, primo, secondo e terzo trattino, degli orientamenti del 1998).

    227

    È pacifico che Otis ha partecipato all’intesa in Germania dal 1o agosto 1995 al 5 dicembre 2003, ossia per un periodo di otto anni e quattro mesi, corrispondente ad un’infrazione di lunga durata.

    228

    Pertanto, in applicazione delle norme che la stessa Commissione si è imposta con gli orientamenti del 1998, essa ha aumentato dell’80%, ossia del 10% per ogni anno, l’importo di partenza dell’ammenda per la durata dell’infrazione in Germania.

    229

    Inoltre, tale aumento dell’80% non può essere considerato manifestamente sproporzionato, tenuto conto della lunga durata dell’infrazione (v., in tal senso, sentenza del Tribunale 8 ottobre 2008, causa T‑68/04, SGL Carbon/Commissione, Racc. pag. II‑2511, punto 113).

    230

    Sostanzialmente, l’argomento delle ricorrenti confonde il criterio della gravità con quello della durata, entrambi previsti dall’art. 23, n. 2, del regolamento n. 1/2003. Infatti, con il loro argomento, esse mettono in discussione l’aumento dell’importo di partenza dell’ammenda del 10% per ogni anno richiamandosi ad elementi connessi alla valutazione della gravità dell’infrazione. Esse menzionano il fatto che, anzitutto, nei primi cinque anni di pratiche illecite, l’intesa in Germania avrebbe riguardato solo le scale mobili e che, inoltre, esse hanno posseduto una quota modesta del mercato rilevante per oltre metà della durata dell’intesa, in particolare a causa della loro posizione debole sul mercato delle scale mobili.

    231

    Anche ammesso che si possa tenere conto di considerazioni relative alla gravità dell’infrazione per stabilire la percentuale di aumento dell’importo di partenza dell’ammenda in funzione della durata, gli argomenti delle ricorrenti non possono comunque essere accolti.

    232

    In primo luogo, è pacifico che gli accordi complessi e collusivi riguardanti le scale mobili e gli ascensori in Germania costituivano un’infrazione unica e continuata (punto 569 della decisione impugnata), dato che, per tutta la durata dell’infrazione, i partecipanti alla stessa hanno perseguito un obiettivo comune, in particolare per attribuirsi progetti e limitare il loro comportamento commerciale individuale nella presentazione delle offerte. Poiché non mettono in dubbio la qualificazione dell’infrazione come infrazione unica e continuata, le ricorrenti nella causa T‑145/07 non possono addebitare alla Commissione di avere utilizzato un importo di partenza combinato per gli accordi relativi alle scale mobili e agli ascensori. Considerata la natura dell’infrazione e la sua estensione geografica, la Commissione l’ha qualificata come «molto grave» (punto 671 della decisione impugnata), e ciò a prescindere dalla questione se si fossero verificate variazioni per quanto riguarda i prodotti interessati (ascensori e/o scale mobili). Orbene, poiché l’infrazione è stata di natura «molto grave» per tutto il periodo controverso, la Commissione poteva applicare la medesima percentuale di aumento per l’intero periodo dell’infrazione (v., in tal senso, sentenza del Tribunale 12 settembre 2007, causa T‑30/05, Prym e Prym Consumer/Commissione, non pubblicata nella Raccolta, punto 196).

    233

    In secondo luogo, si deve ricordare che la situazione di Otis non è comparabile con quella di Schindler (v. punti 220 e 221 supra). Poiché Otis non nega, anzitutto, di avere partecipato ad accordi illeciti relativi sia alle scale mobili che agli ascensori, secondariamente, che tali accordi illeciti costituissero un’infrazione unica e continuata e, infine, che la Commissione, al fine di applicare alle imprese un trattamento differenziato, abbia utilizzato i loro fatturati relativi ai prodotti oggetto dell’intesa per tenere conto della loro effettiva capacità economica di arrecare pregiudizio alla concorrenza, la Commissione ha legittimamente tenuto conto, al fine di stabilire l’importo di partenza specifico dell’ammenda, della quota di mercato detenuta da Otis nel 2003, ultimo anno completo di attività del cartello, sull’insieme del mercato delle scale mobili e degli ascensori. Orbene, il fatturato globale realizzato da Otis su tale mercato nel 2003 era analogo a quello di Kone e di ThyssenKrupp (punto 677 della decisione impugnata). La classificazione di Otis nella stessa categoria di Kone e ThyssenKrupp ai fini della determinazione dell’importo di partenza specifico delle ammende risulta quindi coerente e obiettivamente giustificato. Alla luce dei rilievi esposti al precedente punto 232, le ricorrenti nella causa T‑145/07 non possono nemmeno contestare l’applicazione di una medesima percentuale di aumento del suddetto importo in funzione della durata dell’infrazione a tutte le imprese appartenenti a questa stessa categoria.

    234

    Pertanto, il presente motivo deve essere respinto.

    Sul motivo concernente una violazione degli orientamenti del 1998 e del principio di proporzionalità nell’applicazione del coefficiente moltiplicatore di gruppo ai fini della presa in considerazione della finalità dissuasiva nella determinazione dell’importo di partenza delle ammende

    235

    Nella decisione impugnata la Commissione rammenta che le ammende devono essere fissate «ad un livello che garantisca loro un effetto dissuasivo sufficiente, tenendo conto delle dimensioni di ciascuna impresa» (punto 686 della decisione impugnata). Così, dopo avere constatato che, «[c]on il loro fatturato mondiale rispettivamente di EUR 47100000000 ed EUR 34300000000, ThyssenKrupp e UTC/Otis sono operatori molto più importanti degli altri destinatari», la Commissione ha ritenuto che «l’importo di partenza [dell’ammenda] [richiedesse] un adeguamento verso l’alto per tenere conto delle dimensioni e delle risorse globali» di tali imprese e che «occorre[sse] applicare un coefficiente moltiplicatore di 2 (aumento del 100%) all’importo di partenza dell’ammenda da infliggere a ThyssenKrupp e di 1,7 (aumento del 70%) all’importo di partenza dell’ammenda da infliggere a UTC/Otis» (punto 690 della decisione impugnata).

    236

    Le ricorrenti nelle cause T‑145/07 e T‑146/07 sostengono che la Commissione, applicando un coefficiente moltiplicatore di 1,7 agli importi di partenza delle ammende inflitte alle società del gruppo Otis nei quattro Stati membri interessati, al fine di garantire un sufficiente effetto deterrente a tali ammende, ha violato gli orientamenti del 1998 e il principio di proporzionalità.

    237

    In primo luogo, le ricorrenti contestano la presa in considerazione del fatturato di UTC ai fini della determinazione del coefficiente di dissuasione.

    238

    A tale proposito si deve rammentare anzitutto che la Commissione ha ritenuto giustamente che le ricorrenti nelle cause T‑141/07, T‑142/07, T‑145/07 e T‑146/07 formino un’unità economica (v. supra, punti 67‑90 e 106‑120).

    239

    Occorre inoltre sottolineare che la necessità di garantire un sufficiente effetto deterrente all’ammenda, sebbene non giustifichi l’aumento del livello generale delle ammende nell’ambito di attuazione di una politica di concorrenza, esige che l’importo dell’ammenda sia modulato al fine di tener conto dell’effetto perseguito sull’impresa cui essa è inflitta, e ciò affinché l’ammenda non sia resa insignificante o, al contrario, eccessiva, con particolare riferimento alla capacità finanziaria dell’impresa in parola, in conformità alle esigenze derivanti, da un lato, dalla necessità di garantire l’efficacia dell’ammenda e, dall’altro, dal rispetto del principio di proporzionalità (sentenza del Tribunale 8 luglio 2008, causa T‑54/03, Lafarge/Commissione, non pubblicata nella Raccolta, punto 670).

    240

    È vero che, in considerazione dello scopo dissuasivo, la Commissione non ha definito negli orientamenti del 1998 metodi o criteri individualizzati la cui esposizione specifica potrebbe avere forza obbligatoria. Il punto 1 A, quarto comma, degli orientamenti, nell’ambito delle indicazioni concernenti la valutazione della gravità di un’infrazione, menziona soltanto la necessità di determinare l’importo dell’ammenda ad un livello tale da garantirle un carattere sufficientemente dissuasivo (sentenza Schunk e Schunk Kohlenstoff-Technik/Commissione, cit. al punto 83 supra, punto 193).

    241

    Tuttavia, dalla giurisprudenza risulta che la Commissione può considerare il fatturato globale di ciascuna impresa che faccia parte di un’intesa come un criterio pertinente al fine di determinare un coefficiente moltiplicatore a fini deterrenti (v., in tal senso, sentenza della Corte 29 giugno 2006, causa C‑289/04 P, Showa Denko/Commissione, Racc. pag. I‑5859, punti 17 e 18). Pertanto, le dimensioni e le risorse globali di un’impresa sono i criteri pertinenti rispetto all’obiettivo perseguito, ossia garantire l’effettività dell’ammenda adeguandone l’importo in considerazione delle risorse globali dell’impresa e della sua capacità di mobilizzare i fondi necessari per il pagamento di detta ammenda. Infatti, la fissazione della percentuale di aumento dell’importo di base per assicurare un sufficiente effetto deterrente all’ammenda è diretta più a garantire l’efficacia dell’ammenda che a dar conto della nocività dell’infrazione per il gioco normale della concorrenza e, pertanto, della gravità della detta infrazione (sentenza Lafarge/Commissione, cit. al punto 239 supra, punto 672).

    242

    Di conseguenza, la Commissione, basandosi sul fatturato globale del gruppo Otis ai fini dell’applicazione del coefficiente di dissuasione, non ha violato né gli orientamenti del 1998 né il principio di proporzionalità.

    243

    In secondo luogo, le ricorrenti nelle cause T‑145/07 e T‑146/07 sostengono che la Commissione avrebbe dovuto esaminare se la deterrenza fosse necessaria nei confronti di Otis, basandosi sulla probabilità di una recidiva, e avrebbe dovuto prendere debitamente in considerazione gli sforzi compiuti dalle ricorrenti per evitare violazioni delle regole di concorrenza, dato che esse hanno fatto tutto ciò che era ragionevolmente possibile per evitare le infrazioni constatate nella decisione impugnata. A tal riguardo, dette ricorrenti fanno riferimento al programma di messa in conformità con le regole di concorrenza esistente in seno al gruppo Otis, alla loro cooperazione durante il procedimento amministrativo e alla risoluzione dei contratti con i dipendenti responsabili dell’infrazione, i quali avrebbero peraltro compiuto notevoli sforzi per dissimulare il loro comportamento di fronte ai superiori.

    244

    Nella specie è pacifico che, per applicare ad Otis un coefficiente moltiplicatore al fine di rafforzare l’effetto dissuasivo delle ammende, la Commissione non ha effettuato un esame della probabilità di recidiva. Infatti, come risulta dai punti 688‑690 della decisione impugnata, essa ha preso in considerazione esclusivamente le dimensioni e le risorse globali di tale impresa, e in particolare il suo fatturato mondiale.

    245

    Tuttavia, la mancata valutazione della probabilità di recidiva da parte di Otis non pregiudica affatto la legittimità del coefficiente moltiplicatore (v., in tal senso, sentenze del Tribunale BASF/Commissione, cit. al punto 167 supra, punto 229, e 12 dicembre 2007, cause riunite T‑101/05 e T‑111/05, BASF e UCB/Commissione, Racc. pag. II‑4949, punto 47 e giurisprudenza ivi citata). Infatti, il nesso tra, da un lato, le dimensioni e le risorse globali delle imprese e, dall’altro, la necessità di assicurare all’ammenda un effetto dissuasivo è incontestabile. A questo proposito, si deve osservare che un’impresa di grandi dimensioni, dotata di considerevoli risorse finanziarie rispetto a quelle degli altri membri di un’intesa, è in grado di svincolare più facilmente i fondi necessari al pagamento della sua ammenda, il che giustifica, in vista di un effetto dissuasivo sufficiente della stessa, che si commini, in particolare mediante applicazione di un coefficiente moltiplicatore, un’ammenda proporzionalmente più elevata rispetto alla stessa infrazione commessa da un’impresa che non dispone di pari risorse (v. sentenza BASF/Commissione, cit. al punto 167 supra, punto 235 e giurisprudenza ivi citata).

    246

    La censura relativa alla mancata valutazione della probabilità di recidiva deve quindi essere respinta.

    247

    Per quanto riguarda il programma di messa in conformità con le regole di concorrenza esistente in seno ad Otis e il fatto che quest’ultima ha risolto i contratti con i dipendenti responsabili delle infrazioni, si deve rilevare che, come ha giustamente sottolineato la Commissione al punto 688 della decisione impugnata, tali misure non incidono sull’effettività delle infrazioni commesse. Poiché la maggiorazione dell’importo di partenza intesa a garantire all’ammenda un effetto sufficientemente dissuasivo mira, in particolare, a garantire l’effettività dell’ammenda in relazione alla capacità finanziaria dell’impresa, la Commissione non è tenuta a tenere conto di tali misure nel determinare il coefficiente moltiplicatore applicabile (v., in tal senso, sentenza BASF e UCB/Commissione, cit. al punto 245 supra, punto 52).

    248

    Per gli stessi motivi, deve essere respinto l’argomento relativo alla cooperazione di Otis durante il procedimento amministrativo. Occorre aggiungere che la Commissione ha riconosciuto l’effettività della cooperazione di Otis e l’ha ricompensata sia nell’ambito della comunicazione sulla cooperazione del 2002 che al di fuori di tale ambito (v. capitolo 13.8 della decisione impugnata). La valutazione di tale cooperazione da parte della Commissione sarà oggetto dei successivi punti 252‑379.

    249

    In terzo luogo, la ricorrente nella causa T‑146/07 osserva che la Commissione, applicando un coefficiente moltiplicatore sulla base del fatturato di gruppo, potrebbe eludere il limite massimo del 10% del fatturato previsto dall’art. 23, n. 2, del regolamento n. 1/2003.

    250

    Anche questo argomento deve essere respinto. Infatti, la ricorrente nella causa T‑146/07 non spiega perché la maggiorazione dell’importo dell’ammenda sulla base del fatturato del gruppo rischierebbe di superare il limite massimo del 10% di cui all’art. 23, n. 2, del regolamento n. 1/2003, che fa riferimento al fatturato totale dell’impresa interessata. In ogni caso, la ricorrente nella causa T‑146/07 non afferma che nella fattispecie il limite del 10% sia stato superato.

    251

    Da tutto quel che precede risulta che questo motivo dev’essere respinto.

    Sul motivo concernente una violazione della comunicazione sulla cooperazione del 2002 e dell’art. 253 CE, nonché una violazione dei principi di tutela del legittimo affidamento, di proporzionalità, di equità, di parità di trattamento e dei diritti della difesa

    252

    Le ricorrenti nelle cause T‑141/07 e T‑145/07 ricordano di avere presentato domande volte ad ottenere un’immunità dalle ammende o una riduzione dell’importo delle loro ammende a titolo della comunicazione sulla cooperazione del 2002. Tuttavia, la Commissione, nel valutare la qualità e l’utilità della loro cooperazione, avrebbe violato le disposizioni di detta comunicazione, l’art. 253 CE, i principi di tutela del legittimo affidamento, di proporzionalità, di equità e di parità di trattamento, nonché i loro diritti della difesa.

    Sulla comunicazione sulla cooperazione del 2002

    253

    Si deve rilevare che nella comunicazione sulla cooperazione del 2002 la Commissione ha definito le condizioni alle quali le imprese che cooperano con essa ai fini dell’accertamento di un’intesa possono evitare l’imposizione dell’ammenda o beneficiare di una riduzione dell’importo dell’ammenda che altrimenti avrebbero dovuto versare.

    254

    Anzitutto, la comunicazione sulla cooperazione del 2002, nella sezione A, punto 8, dispone quanto segue:

    «La Commissione concederà ad un’impresa l’immunità da qualsiasi ammenda che le sarebbe altrimenti stata inflitta, se:

    a)

    l’impresa è la prima a presentare elementi di prova che secondo la Commissione possono consentirle di adottare una decisione per svolgere un accertamento ai sensi dell’articolo 14, paragrafo 3, del regolamento n. 17 in relazione a una presunta intesa riguardante la Comunità; oppure

    b)

    l’impresa è la prima a presentare elementi di prova che secondo la Commissione possono consentirle di constatare un’infrazione dell’articolo 81 CE in relazione a una presunta intesa riguardante la Comunità».

    255

    Inoltre, la comunicazione sulla cooperazione del 2002 prevede, nella sezione B, punto 20, che «[l]e imprese che non soddisfano i requisiti [per la concessione di un’immunità dall’ammenda] indicati nella sezione A di cui sopra possono beneficiare di una riduzione dell’importo di un’ammenda che sarebbe altrimenti stata inflitta» e, al punto 21, che, «[a]l fine di poter beneficiare di un simile trattamento, un’impresa deve fornire alla Commissione elementi di prova della presunta infrazione che costituiscano un valore aggiunto significativo rispetto agli elementi di prova già in possesso della Commissione, e deve inoltre cessare la presunta infrazione entro il momento in cui presenta tali elementi di prova».

    256

    Per quanto riguarda il concetto di valore aggiunto, al punto 22 della comunicazione sulla cooperazione del 2002 si precisa quanto segue:

    «Il concetto di “valore aggiunto” si riferisce alla misura in cui gli elementi di prova forniti rafforzano, per la loro stessa natura e/o per il loro grado di precisione, la capacità della Commissione di dimostrare i fatti in questione. Nel procedere a tale valutazione, la Commissione riterrà di norma che gli elementi di prova scritti risalenti al periodo a cui si riferiscono i fatti abbiano un valore maggiore degli elementi di prova venuti ad esistenza successivamente. Analogamente, gli elementi di prova direttamente legati ai fatti in questione saranno in genere considerati come più importanti di quelli che hanno solo un legame indiretto».

    257

    Il punto 23, lett. b), primo comma, della comunicazione sulla cooperazione del 2002 prevede una classificazione in tre categorie ai fini della riduzione delle ammende:

    «–

    [p]rima impresa a soddisfare la condizione di cui al punto 21: riduzione del 30-50%,

    [s]econda impresa a soddisfare la condizione di cui al punto 21: riduzione del 20-30%,

    [a]ltre imprese che soddisfano la condizione di cui al punto 21: riduzione massima del 20%»

    258

    Il punto 23, lett. b), secondo comma, della comunicazione sulla cooperazione del 2002 dispone quanto segue:

    «Al fine di definire il livello della riduzione all’interno di queste forcelle, la Commissione terrà conto della data in cui gli elementi di prova che soddisfano le condizioni menzionate al punto 21 le sono stati comunicati e del grado di valore aggiunto che detti elementi hanno rappresentato. La Commissione potrà anche tenere conto dell’entità e della continuità della cooperazione dimostrata dall’impresa a partire della data del suo contributo».

    259

    Infine, il punto 23, lett. b), secondo comma, della comunicazione sulla cooperazione del 2002 così recita:

    «Inoltre, se un’impresa fornisce elementi di prova relativi a fatti in precedenza ignorati dalla Commissione che hanno un’incidenza diretta sulla gravità o la durata della presunta intesa, la Commissione non terrà conto di questi elementi nel determinare l’importo di eventuali ammende da infliggere all’impresa che li ha forniti».

    Sul margine di discrezionalità della Commissione e sul controllo del giudice dell’Unione

    260

    Si deve ricordare che l’art. 23, n. 2, del regolamento n. 1/2003, che costituisce la base giuridica per l’imposizione delle ammende in caso di infrazione alle regole del diritto dell’Unione in materia di concorrenza, conferisce alla Commissione un margine di valutazione discrezionale nella fissazione delle ammende (v., in tal senso, sentenza del Tribunale 21 ottobre 1997, causa T‑229/94, Deutsche Bahn/Commissione, Racc. pag. II‑1689, punto 127), che è, in particolare, funzione della sua politica generale in materia di concorrenza (sentenza Musique Diffusion française e a./Commissione, cit. al punto 210 supra, punti 105 e 109). Pertanto in questo contesto la Commissione, per assicurare trasparenza e obiettività alle proprie decisioni in materia di ammende, ha adottato e pubblicato la comunicazione sulla cooperazione del 2002. Si tratta di uno strumento destinato a precisare, nel rispetto delle norme di rango superiore, i criteri che essa intende applicare nell’esercizio del suo potere discrezionale. Da ciò consegue una autolimitazione di tale potere (v., per analogia, sentenza del Tribunale 30 aprile 1998, causa T‑214/95, Vlaams Gewest/Commissione, Racc. pag. II‑717, punto 89), nella misura in cui compete alla Commissione conformarsi alle regole indicative che essa stessa si è imposta (v., per analogia, sentenza del Tribunale 12 dicembre 1996, causa T‑380/94, AIUFFASS e AKT/Commissione, Racc. pag. II‑2169, punto 57).

    261

    L’autolimitazione del potere discrezionale della Commissione derivante dall’adozione della comunicazione sulla cooperazione del 2002 non è tuttavia incompatibile con il mantenimento da parte sua di un margine di valutazione sostanziale (v., per analogia, sentenza Raiffeisen Zentralbank Österreich e a./Commissione, cit. al punto 164 supra, punto 224).

    262

    Infatti, la comunicazione sulla cooperazione del 2002 contiene vari elementi di flessibilità che consentono alla Commissione di esercitare il proprio potere discrezionale in conformità al disposto dell’art. 23 del regolamento n. 1/2003, come interpretato dalla Corte (v., per analogia, sentenza Raiffeisen Zentralbank Österreich e a./Commissione, cit. al punto 164 supra, punto 224).

    263

    Pertanto, si deve rilevare che la Commissione dispone di un ampio margine di discrezionalità allorché è chiamata a valutare se gli elementi di prova forniti da un’impresa che abbia espresso la propria intenzione di beneficiare della comunicazione sulla cooperazione del 2002 costituiscano un valore aggiunto significativo ai sensi del punto 21 di detta comunicazione (v., in tal senso, sentenza della Corte 10 maggio 2007, causa C‑328/05 P, SGL Carbon/Commissione, Racc. pag. I‑3921, punto 88, e sentenza del Tribunale 18 giugno 2008, causa T‑410/03, Hoechst/Commissione, Racc. pag. II‑881, punto 555). Per quanto riguarda il punto 8, lett. a) e b), della comunicazione sulla cooperazione del 2002, è giocoforza constatare che tale margine di valutazione sostanziale risulta dalla formulazione stessa di detta disposizione, la quale fa espressamente riferimento alla produzione di elementi di prova che, «secondo la Commissione», possono rispettivamente consentirle di adottare una decisione per svolgere un accertamento o di constatare un’infrazione. La valutazione della qualità e dell’utilità della cooperazione fornita da un’impresa comporta infatti valutazioni di fatto complesse (v., in tal senso, sentenze SGL Carbon/Commissione, cit., punto 81, e Carbone‑Lorraine/Commissione, cit. al punto 137 supra, punto 271).

    264

    Analogamente, la Commissione, dopo avere constatato che taluni elementi di prova costituiscono un valore aggiunto significativo ai sensi del punto 21 della comunicazione sulla cooperazione del 2002, dispone di un margine di valutazione quando è chiamata a stabilire il livello esatto della riduzione dell’importo dell’ammenda da concedere all’impresa interessata. Infatti, il punto 23, lett. b), primo comma, della detta comunicazione prevede margini per la riduzione dell’importo dell’ammenda per le diverse categorie di imprese considerate, mentre il secondo comma di detto punto definisce i criteri cui la Commissione deve attenersi per stabilire il livello di riduzione all’interno di tali margini.

    265

    Tenuto conto del margine di discrezionalità di cui dispone la Commissione per valutare la cooperazione di un’impresa a titolo della comunicazione sulla cooperazione del 2002, solo il manifesto superamento di tale margine può essere censurato dal Tribunale (v., in tal senso, sentenze SGL Carbon/Commissione, cit. al punto 263 supra, punti 81, 88 e 89, e Hoechst/Commissione, cit. al punto 263 supra, punto 555).

    Sulla cooperazione di Otis ai fini dell’accertamento dell’infrazione in Belgio

    266

    La Commissione ha deciso, al punto 767 della decisione impugnata, «di concedere a Otis una riduzione [dell’ammenda] del 40% entro la forcella prevista dal punto 23, [primo comma], lettera b), [primo trattino], della comunicazione sulla cooperazione [del 2002]».

    267

    Al punto 763 della decisione impugnata, la Commissione spiega che «Otis è stata la seconda impresa a trasmettere informazioni relative al Belgio, poco dopo la seconda serie di accertamenti svolti in tale Stato», e che «[l]a domanda [a titolo della comunicazione sulla cooperazione del 2002] di Otis raggruppa essenzialmente dichiarazioni orali dell’impresa ed elementi di prova limitati e contemporanei».

    268

    Per quanto riguarda il valore della cooperazione di Otis, la Commissione precisa al punto 766 della decisione impugnata che tale cooperazione è stata continuativa e «ha rafforzato la capacità della Commissione di provare l’infrazione, in particolare grazie a prove documentali contemporanee che costituivano pertanto un valore aggiunto significativo». La Commissione aggiunge nel medesimo punto che, «[t]uttavia, gli elementi di prova trasmessi forniscono solo informazioni limitate su fatti precedentemente ignorati dalla Commissione».

    269

    Secondo le ricorrenti nella causa T‑145/07, Otis avrebbe dovuto beneficiare di una riduzione dell’importo dell’ammenda del 50%, in quanto avrebbe fornito, in una fase precoce del procedimento, prove considerevoli sulle intese in Belgio, incluse prove contemporanee quali gli elenchi di progetti. A tal riguardo esse fanno riferimento alla loro risposta alla comunicazione degli addebiti. Secondo Otis, la portata e il valore probatorio degli elementi forniti sarebbero stati di gran lunga maggiori rispetto a quelli delle informazioni fornite da Kone in merito all’infrazione in Germania, per le quali la Commissione avrebbe concesso una riduzione del 50%.

    270

    A tal riguardo si deve constatare che le ricorrenti nella causa T‑145/07 non contestano che la cooperazione di Otis rientri nell’ambito di applicazione del punto 23, lett. b), primo comma, primo trattino, della comunicazione sulla cooperazione del 2002 e che, a tale titolo, detta impresa avesse diritto ad una riduzione dell’ammenda compresa tra il 30 e il 50%. La riduzione dell’ammenda del 40% concessa a Otis per la sua cooperazione (punto 767 della decisione impugnata) rientra quindi nella forcella prevista a tal fine dalla detta comunicazione.

    271

    Senza che occorra pronunciarsi sulla ricevibilità dell’argomento delle ricorrenti, che fa riferimento sostanzialmente ad osservazioni contenute in un documento allegato al ricorso, si deve constatare che, nella fattispecie, esse non hanno dimostrato che la Commissione abbia manifestamente superato i limiti del suo potere discrezionale fissando al 40% la riduzione dell’importo di partenza per Otis a titolo della sua cooperazione all’accertamento dell’infrazione in Belgio.

    272

    A tale proposito, si deve ricordare che il punto 23, lett. b), secondo comma, della comunicazione sulla cooperazione del 2002 dispone che, al fine di definire il livello di riduzione dell’importo dell’ammenda all’interno delle forcelle previste, la Commissione tiene conto, in pari modo, «della data in cui gli elementi di prova che soddisfano le condizioni menzionate al punto 21 le sono stati comunicati e del grado di valore aggiunto che detti elementi hanno rappresentato».

    273

    Orbene, dai rilievi non contestati contenuti nella decisione impugnata (punti 95, 96 e 766 della decisione impugnata) emerge che, sebbene Otis abbia soddisfatto i requisiti di cui al punto 21 della comunicazione sulla cooperazione del 2002 relativamente poco dopo l’inizio del procedimento, resta il fatto che gli elementi di prova relativi all’intesa in Belgio prodotti da Otis e che hanno dato luogo alla riduzione dell’importo dell’ammenda sono stati comunicati alla Commissione solo dopo che essa aveva già ricevuto una domanda da Kone a titolo di detta comunicazione che le consentiva di constatare un’infrazione in Belgio (punto 760 della decisione impugnata). Inoltre, la Commissione aveva già disposto due serie di accertamenti in Belgio, in particolare nei locali di Otis Belgio.

    274

    A prescindere dalla qualità e dall’utilità degli elementi di prova comunicati da Otis, la Commissione, tenuto conto della data in cui sono stati comunicati gli elementi di prova, non ha manifestamente superato i margini del suo potere discrezionale concedendo una riduzione dell’importo dell’ammenda del 40% a Otis per la sua cooperazione ai fini dell’accertamento dell’intesa in Belgio.

    275

    Tale conclusione non è inficiata dall’argomento relativo alla riduzione dell’importo dell’ammenda del 50% concesso a Kone nell’ambito dell’intesa in Germania. Infatti, è giocoforza constatare che la valutazione di ciò che costituisce un valore aggiunto significativo presuppone per definizione un’analisi del contesto di tutti gli elementi di prova di cui dispone la Commissione in relazione ad una determinata infrazione, di modo che le informazioni relative ad infrazioni distinte, nella fattispecie le infrazioni in Belgio e in Germania, non sono comparabili. Posto che le situazioni delle diverse imprese non sono comparabili, la Commissione non ha commesso una violazione del principio di parità di trattamento concedendo una riduzione del 40% a Otis per la sua cooperazione all’accertamento dell’intesa in Belgio e concedendo invece una riduzione del 50% a Kone per la sua cooperazione nell’ambito dell’accertamento dell’infrazione in Germania.

    276

    In ogni caso, anzitutto, le ricorrenti nella causa T‑145/07 non dimostrano la loro affermazione secondo cui la portata e il valore probatorio degli elementi forniti da Otis in merito all’intesa in Belgio sarebbero di gran lunga maggiori rispetto a quelli delle informazioni fornite da Kone a proposito della Germania.

    277

    In secondo luogo, è pacifico che Kone ha fornito alla Commissione elementi di prova di valore aggiunto significativo relativi all’intesa in Germania il 12 e il 18 febbraio 2004, vale a dire il mese successivo ai primi accertamenti della Commissione del 28 gennaio 2004 (punti 104‑106 e 792 della decisione impugnata), mentre la cooperazione di Otis relativa all’intesa in Belgio è iniziata il [riservato], vale a dire dopo che era stata disposta una seconda serie di accertamenti in tale Stato membro, il 9 marzo 2004 (punti 95 e 96 della decisione impugnata).

    278

    In terzo luogo, nel momento in cui Otis, la cui cooperazione rientrava nell’ambito di applicazione del punto 23, lett. b), primo comma, primo trattino, della comunicazione sulla cooperazione del 2002, ha fornito alla Commissione elementi di prova relativi all’intesa in Belgio, la Commissione disponeva già di elementi di prova sufficienti per constatare l’infrazione, contenuti nella domanda anteriore di Kone, per la quale è stata concessa a quest’ultima un’immunità totale dalle ammende (punti 760 e 761 della decisione impugnata). Per contro, con riguardo all’infrazione in Germania, nessuna impresa ha beneficiato di un’immunità dalle ammende, il che implica che la Commissione non disponesse di elementi di prova sufficienti per constatare l’infrazione in Germania nel momento in cui Kone ha presentato la sua domanda a titolo di detta comunicazione.

    279

    Dal complesso delle suesposte considerazioni emerge che devono essere respinte tutte le censure di Otis relative all’applicazione della comunicazione sulla cooperazione del 2002 alla sua cooperazione ai fini dell’accertamento dell’infrazione in Belgio.

    Sulla cooperazione di Otis ai fini dell’accertamento dell’infrazione in Germania

    280

    Otis, che è stata la seconda impresa a presentare una domanda a titolo della comunicazione sulla cooperazione del 2002 relativamente all’intesa in Germania, il [riservato] (punto 107 della decisione impugnata), ha ottenuto una riduzione dell’importo dell’ammenda del 25% in forza del punto 23, lett. b), di tale comunicazione per la sua cooperazione all’accertamento dell’intesa in Germania (punto 800 della decisione impugnata). In proposito, ai punti 796 e 799 della decisione impugnata la Commissione espone quanto segue:

    «796

    Tenuto conto della loro importanza nonché della qualità e del calendario delle osservazioni di Otis, gli elementi di prova trasmessi apportano effettivamente un valore aggiunto significativo, che rafforza la capacità della Commissione di provare i fatti in questione. Si tratta tuttavia del normale prerequisito per la concessione di una riduzione delle ammende a titolo dei punti 21 e 22 della comunicazione sulla cooperazione [del 2002]. Otis non ha spiegato perché la sua cooperazione fosse equiparabile a circostanze eccezionali. Inoltre, la comunicazione sulla cooperazione [del 2002] non consente di concedere una riduzione superiore alla forcella del 20‑30% alla seconda impresa che fornisca elementi di prova.

    (…)

    799

    La riduzione dell’ammenda entro la forcella prevista tiene conto del momento in cui sono stati comunicati gli elementi di prova, del loro grado di valore aggiunto nonché del grado e della continuità della cooperazione dell’impresa dopo le sue osservazioni. Otis ha pienamente soddisfatto la condizione di cui al punto 21 solo dopo l’integrazione del [riservato]. Nondimeno, le dichiarazioni di Otis hanno apportato un valore aggiunto significativo che ha notevolmente rafforzato la capacità della Commissione di provare l’infrazione [riservato]. Tuttavia, gli elementi di prova trasmessi non contengono elementi di prova contemporanei».

    281

    In primo luogo, le ricorrenti nella causa T‑145/07 sostengono che la Commissione ha violato la comunicazione sulla cooperazione del 2002, in quanto Otis avrebbe soddisfatto i requisiti per ottenere un’immunità dalle ammende a titolo del punto 8, lett. b), di detta comunicazione. Infatti, la Commissione avrebbe informato Otis, [riservato], che essa poteva sempre beneficiare dell’immunità per la Germania in forza di tale comunicazione e che avrebbe potuto esserle concessa un’immunità condizionale. Tuttavia, la richiesta di immunità sarebbe stata respinta [riservato]. Contrariamente a quanto riterrebbe la Commissione, le prove, le spiegazioni e le informazioni che Otis le avrebbe fornito prima del [riservato] le avrebbero consentito di constatare un’infrazione all’art. 81 CE conformemente al punto 8, lett. b), di tale comunicazione.

    282

    Si deve ricordare che, tenuto conto del margine di discrezionalità di cui dispone la Commissione per valutare la cooperazione di un’impresa a titolo della comunicazione sulla cooperazione del 2002, solo il manifesto superamento di tale margine può essere censurato dal Tribunale (v., in tal senso, sentenze SGL Carbon/Commissione, cit. al punto 263 supra, punti 81, 88 e 89, e Hoechst/Commissione, cit. al punto 263 supra, punto 555).

    283

    Si deve inoltre ricordare che una delle condizioni per ottenere l’immunità in forza del punto 8, lett. b), della comunicazione sulla cooperazione del 2002 è che l’impresa sia la prima a fornire elementi di prova che secondo la Commissione possono consentirle di constatare un’infrazione dell’art. 81 CE in relazione a una presunta intesa riguardante la Comunità.

    284

    È giocoforza constatare che, nel momento in cui Otis ha presentato la sua domanda a titolo di detta comunicazione relativamente all’infrazione in Germania, il [riservato], la Commissione aveva già effettuato due serie di accertamenti in tale paese, il 28 gennaio e il 9 marzo 2004 (punti 104 e 106 della decisione impugnata). Inoltre, la Commissione aveva già ricevuto informazioni da un informatore terzo nell’estate del 2003 (punto 91 della decisione impugnata) e una domanda a titolo di detta comunicazione da Kone, il 12 febbraio 2004 (punto 105 della decisione impugnata).

    285

    Secondo le ricorrenti nella causa T‑145/07, dalla lettera della Commissione a Otis [riservato] emergerebbe tuttavia che la Commissione non era in grado di dimostrare l’infrazione in Germania prima di disporre delle informazioni fornite da Otis.

    286

    Con tale lettera la Commissione, dopo aver ricordato che [riservato], ha informato Otis che aveva adottato una decisione sulla prima domanda a titolo della comunicazione sulla cooperazione del 2002 e [riservato]. La Commissione ha aggiunto che avrebbe verificato [riservato]. La Commissione ha tuttavia insistito sul fatto che [riservato] per la sua partecipazione all’intesa in Germania.

    287

    Si deve rilevare che la lettera [riservato] deve essere letta alla luce del punto 18 della comunicazione sulla cooperazione del 2002, secondo cui «[l]a Commissione non prenderà in considerazione altre richieste di immunità dalle ammende prima di aver preso una posizione su una richiesta già esistente in relazione alla stessa infrazione presunta». Così, la lettera in questione era intesa unicamente ad informare Otis del fatto che la Commissione, una volta adottata una decisione sulla richiesta di immunità di un’altra impresa, nella fattispecie quella di Kone, avrebbe potuto prendere in considerazione la richiesta di immunità di Otis. Tuttavia, tale lettera non contiene alcuna valutazione in ordine alla qualità della cooperazione di Otis. Al contrario, vi si afferma espressamente che la Commissione deve ancora esaminare se gli elementi di prova forniti da Otis soddisfino le condizioni di cui al punto 8, lett. b), di detta comunicazione.

    288

    Quanto alla qualità della cooperazione di Otis relativamente all’intesa in Germania, si deve constatare che, come risulta dagli atti, essa è consistita, sostanzialmente, in dichiarazioni unilaterali.

    289

    Orbene, le dichiarazioni unilaterali di un’impresa, ancorché dettagliate, non possono essere sufficienti per constatare un’infrazione, se non sono corroborate da prove documentali precise e concordanti. Infatti, la Commissione deve riferirsi nella sua decisione a prove precise e concordanti per corroborare la ferma convinzione che l’infrazione abbia avuto luogo (v. sentenza del Tribunale 6 luglio 2000, causa T‑62/98, Volkswagen/Commissione, Racc. pag. II‑2707, punto 43 e giurisprudenza ivi citata).

    290

    È vero che, nell’ambito della sua domanda a titolo della comunicazione sulla cooperazione del 2002, Otis ha presentato alcune prove documentali. [riservato]

    291

    Tuttavia, il valore probatorio di tali elementi di prova è limitato. Infatti, essi non contengono di per sé stessi alcun indizio del comportamento anticoncorrenziale constatato nella decisione impugnata. [riservato]

    292

    In tali circostanze, e anche se gli elementi di prova trasmessi da Otis contenevano alcuni documenti contemporanei (vale a dire le note spese di due suoi dipendenti), la Commissione non ha manifestamente superato i margini del suo potere discrezionale dichiarando che le osservazioni fornite da Otis non erano sufficienti per constatare un’infrazione all’art. 81 CE in Germania. Pertanto, la Commissione ha legittimamente negato a Otis un’immunità dalle ammende a titolo del punto 8, lett. b), della comunicazione sulla cooperazione del 2002.

    293

    Tale conclusione non può essere inficiata dal fatto che la decisione impugnata contiene numerosi riferimenti alle osservazioni di Otis. In proposito occorre rammentare che la Commissione aveva già ricevuto una domanda a titolo della comunicazione sulla cooperazione del 2002 da Kone nel momento in cui le è pervenuta la domanda di Otis a titolo della medesima comunicazione, e che questa prima domanda consisteva sostanzialmente, al pari della domanda di Otis, in dichiarazioni unilaterali e non era sostenuta da prove diverse dalle sue stesse dichiarazioni scritte, redatte sulla base di ricordi (punto 788 della decisione impugnata). Poiché non poteva basarsi esclusivamente sulle dichiarazioni unilaterali di Kone per constatare l’infrazione in Germania, né peraltro su quelle di Otis, la Commissione ha dovuto fare riferimento nella decisione impugnata (punti 209‑288 di detta decisione) ad un complesso di altri elementi di prova corroborativi, tra i quali figurano quelli forniti da Otis, che erano tuttavia insufficienti, di per sé stessi, per constatare l’infrazione (v. supra, punto 289).

    294

    In secondo luogo, le ricorrenti nella causa T‑145/07 ritengono che, nel momento in cui ha respinto la richiesta di immunità di Otis, [riservato], la Commissione non avesse esaminato tutte le informazioni fornite da tale impresa, e in particolare i documenti [riservato]. Orbene, un’analisi corretta di tali documenti avrebbe indotto la Commissione a concedere l’immunità ad Otis.

    295

    Tale argomento deve essere respinto, poiché dall’analisi effettuata ai precedenti punti 282‑293 risulta che il complesso delle informazioni fornite da Otis alla Commissione, e quindi anche i documenti [riservato], non soddisfacevano le condizioni di cui al punto 8, lett. b), della comunicazione sulla cooperazione del 2002. Infatti, le dichiarazioni unilaterali di Otis, che non sono state suffragate da prove documentali precise e concordanti, non consentivano di per sé stesse alla Commissione di constatare un’infrazione in Germania.

    296

    In ogni caso, l’affermazione delle ricorrenti nella causa T‑145/07, secondo la quale la Commissione non avrebbe esaminato i documenti [riservato] è erronea. Si deve infatti rilevare che la lettera della Commissione a Otis [riservato], che informa quest’ultima del fatto che la Commissione verificherà se Otis soddisfi i requisiti di cui al punto 8, lett. b), della comunicazione sulla cooperazione del 2002, fa specificamente riferimento alla dichiarazione effettuata [riservato] e al documento trasmesso [riservato]. La Commissione ha inoltre utilizzato, da una parte, le informazioni comunicate da Otis [riservato] (v. punti 108, 228, 253, 255, 257, 265, 266, 268 e 270 della comunicazione degli addebiti e punti 213, 240, 242, 244, 251‑254, 257 e 260 della decisione impugnata) e [riservato] (v. punti 255, 275 e 282 della comunicazione degli addebiti e punti 242 e 272 della decisione impugnata). Per quanto riguarda il messaggio di posta elettronica di Otis alla Commissione [riservato], è sufficiente constatare che esso contiene solo la proposta di Otis di mettere a disposizione della Commissione i propri dipendenti e, nei limiti del possibile, ex dipendenti.

    297

    In terzo luogo, le ricorrenti nella causa T‑145/07 sostengono che la Commissione possedeva un fascicolo incompleto dei documenti forniti da Otis e che, pertanto, il fondamento in fatto della sua valutazione relativa alla cooperazione di tale impresa era incompleto e, conseguentemente, erroneo. Così, nella decisione impugnata non si sarebbe tenuto conto di un contributo [riservato] costituito da una tabella riassuntiva delle trasferte in Germania, di un contributo [riservato] costituito da ricevute per spese di viaggio e da due CD‑ROM contenenti messaggi di posta elettronica, di un contributo [riservato] consistente in una sintesi dei provvedimenti adottati da Otis per aiutare la Commissione e di un contributo [riservato] consistente nella proposta di mettere gli ex dipendenti di Otis a disposizione della Commissione. Inoltre, la decisione impugnata non menzionerebbe la collaborazione che Otis avrebbe fornito alla Commissione rispondendo alle sue richieste di informazioni informali relative alla Germania.

    298

    Tale censura deve essere respinta per gli stessi motivi esposti al precedente punto 295. In ogni caso, è giocoforza constatare che, contrariamente a quanto sostenuto dalle ricorrenti nella causa T‑145/07, i contributi di Otis [riservato] fanno parte del fascicolo della Commissione, sono stati debitamente menzionati al punto 108 della comunicazione degli addebiti e al punto 107 della decisione impugnata e sono peraltro stati utilizzati dalla Commissione, come risulta dai punti 231, 232 e 258 della comunicazione degli addebiti, nonché dai punti 216, 217, 245 e 247 della decisione impugnata. Per quanto riguarda i due CD‑ROM che sarebbero stati trasmessi alla Commissione e che non figurerebbero nel suo fascicolo, è sufficiente constatare che, come rilevato dalle ricorrenti nella causa T‑145/07, essi fanno parte del contributo di Otis [riservato], debitamente menzionato al punto 107 della decisione impugnata. La mancanza di riferimenti specifici a detti CD‑ROM nella comunicazione degli addebiti e nella decisione impugnata si spiega con il fatto che essi non contenevano informazioni utili per l’indagine della Commissione, come risulta in particolare dall’analisi di alcuni documenti contenuti in tali CD‑ROM, che sono stati prodotti da Otis a seguito di un quesito scritto del Tribunale. Quanto al contributo [riservato] contenente una sintesi dei provvedimenti adottati da Otis per aiutare la Commissione e di quello [riservato] consistente nella proposta di mettere gli ex dipendenti a disposizione della Commissione, è giocoforza constatare che essi non costituiscono informazioni relative all’intesa in Germania. Infine, i messaggi di posta elettronica che asseritamente non figurano nel fascicolo della Commissione riguardano in sostanza, come giustamente rilevato dalla Commissione, solo aspetti puramente pratici della cooperazione di Otis (quali la fissazione di riunioni o l’assenza di determinati collaboratori). Pertanto, la censura delle ricorrenti nella causa T‑145/07 relativa ad errori nella valutazione della cooperazione di Otis non può essere accolta.

    299

    In quarto luogo, le ricorrenti nella causa T‑145/07 osservano che la Commissione non ha esposto nella decisione impugnata i motivi per i quali ha respinto la richiesta di immunità di Otis. Così facendo, la Commissione avrebbe violato l’art. 253 CE, la comunicazione sulla cooperazione del 2002, il principio di tutela del legittimo affidamento e i diritti della difesa di Otis, cosicché l’ammenda inflitta a quest’ultima per l’intesa in Germania dovrebbe essere annullata.

    300

    Dal punto 31 della comunicazione sulla cooperazione del 2002, specificamente invocato dalle ricorrenti, risulta che «il fatto che un’impresa abbia cooperato con [la Commissione] nel corso di un procedimento amministrativo sarà indicato in ogni decisione, in modo da spiegare le ragioni di un’immunità da un’ammenda o della riduzione del suo importo».

    301

    Inoltre, secondo una giurisprudenza costante, la questione se la motivazione di una decisione soddisfi le condizioni di cui all’art. 253 CE va esaminata alla luce non solo del suo tenore, ma anche del suo contesto nonché del complesso delle norme giuridiche che disciplinano la materia (v., in tal senso, sentenza del Tribunale 25 giugno 1998, cause riunite T‑371/94 e T‑394/94, British Airways e a./Commissione, Racc. pag. II‑2405, punto 94 e giurisprudenza ivi citata).

    302

    La Corte ha peraltro già dichiarato che la motivazione può essere implicita, a condizione che consenta agli interessati di conoscere le ragioni per le quali sono state adottate le misure di cui trattasi e al Tribunale di disporre degli elementi sufficienti per esercitare il suo controllo giurisdizionale (v., in tal senso, sentenze della Corte Aalborg Portland e a./Commissione, cit. al punto 123 supra, punto 372, e 8 febbraio 2007, causa C‑3/06 P, Groupe Danone/Commissione, Racc. pag. I‑1331, punto 46).

    303

    Nella specie si deve constatare che, al punto 795 della decisione impugnata, la Commissione rileva che «Otis ha presentato una richiesta di immunità in applicazione del punto 8, lett. b), della comunicazione sulla cooperazione [del 2002], sostenendo di essere stata la prima impresa a fornire elementi complementari senza i quali la Commissione non sarebbe stata in grado di provare l’esistenza dell’intesa in Germania».

    304

    È vero che la Commissione non ha risposto esplicitamente a tale argomento; essa vi ha tuttavia risposto implicitamente, spiegando, ai punti 796‑800 della decisione impugnata, che gli elementi di prova forniti da Otis le davano diritto ad una riduzione dell’importo dell’ammenda del 25% a titolo dei punti 21‑23 della comunicazione sulla cooperazione del 2002.

    305

    Orbene, tenuto conto del contesto giuridico in cui è stata esaminata la cooperazione di Otis, la sua richiesta di immunità dalle ammende è stata necessariamente respinta in quanto non sussistevano le condizioni di cui al punto 8, lett. b), della comunicazione sulla cooperazione del 2002 o, in altri termini, in quanto gli elementi di prova forniti da Otis non consentivano alla Commissione di constatare l’infrazione in Germania.

    306

    La decisione impugnata consente quindi a Otis di conoscere i motivi del diniego della Commissione di concederle un’immunità dalle ammende per la sua cooperazione nell’ambito della comunicazione sulla cooperazione del 2002 e al Tribunale di esercitare il suo controllo di legittimità. Pertanto, le censure relative ad una violazione dell’art. 253 CE e della comunicazione sulla cooperazione del 2002 devono essere respinte. Poiché le ricorrenti nella causa T‑145/07 fondano la loro censura relativa ad una violazione dei loro diritti della difesa esclusivamente sull’asserita mancanza di motivazione della decisione impugnata per quanto riguarda il rigetto della richiesta di immunità di Otis, tale censura va parimenti respinta. Lo stesso vale per la censura relativa ad una violazione del principio di tutela del legittimo affidamento, il quale avrebbe obbligato la Commissione a fornire spiegazioni sulla sua decisione di non concederle l’immunità.

    307

    In quinto luogo, le ricorrenti nella causa T‑145/07 sostengono che, qualora il Tribunale dovesse concludere che Otis non può beneficiare di un’immunità dalle ammende, la Commissione avrebbe comunque violato la comunicazione sulla cooperazione del 2002 rifiutando di concederle una «immunità parziale» per alcuni aspetti degli accordi illeciti che essa sarebbe stata la prima a rivelare, conformemente al punto 23, lett. b), ultimo comma, di tale comunicazione. Pertanto, la Commissione non avrebbe dovuto infliggere alcuna ammenda a Otis per l’intesa relativa agli ascensori per il periodo compreso tra il dicembre 2000 e il giugno 2002 e per l’intesa relativa alle scale mobili per il periodo compreso tra l’agosto 1995 e il giugno 2002.

    308

    Il punto 23, lett. b), ultimo comma, della comunicazione sulla cooperazione del 2002 dispone che, «se un’impresa fornisce elementi di prova relativi a fatti in precedenza ignorati dalla Commissione che hanno un’incidenza diretta sulla gravità o la durata della presunta intesa, la Commissione non terrà conto di questi elementi nel determinare l’importo di eventuali ammende da infliggere all’impresa che li ha forniti».

    309

    Sebbene la cooperazione fornita da Otis abbia apportato un valore aggiunto significativo rispetto agli elementi già in possesso della Commissione, il che ha indotto quest’ultima a concederle una riduzione del 25% dell’importo della sua ammenda in forza del punto 23, lett. b), primo comma, secondo trattino, della comunicazione sulla cooperazione del 2002 (punti 796‑800 della decisione impugnata), la Commissione poteva legittimamente ritenere che tale impresa non potesse pretendere un’ulteriore riduzione dell’importo dell’ammenda a titolo del punto 23, lett. b), ultima comma, di detta comunicazione.

    310

    In proposito si deve ricordare, da un lato, che nel momento in cui Otis ha presentato la sua domanda alla Commissione, [riservato], questa aveva già ricevuto una domanda da Kone, il 12 febbraio 2004, relativa alla medesima infrazione e aveva inoltre ricevuto informazioni da un informatore terzo. Essa aveva inoltre già disposto due serie di accertamenti in Germania nei settori degli ascensori e delle scale mobili. Infatti, nella sua domanda del 12 febbraio 2004, Kone aveva già informato la Commissione, [riservato]. Inoltre, le ricorrenti nella causa T‑145/07 non contestano la constatazione da parte della Commissione di un’infrazione unica e continuata relativa al settore degli ascensori e delle scale mobili, cosicché non possono essere accolti gli argomenti secondo i quali ad Otis non avrebbero dovuto essere inflitte ammende per «l’intesa concernente gli ascensori» per il periodo dal dicembre 2000 al giugno 2002 e per «l’intesa concernente le scale mobili» per il periodo dall’agosto 1995 al giugno 2002.

    311

    In tale contesto, contrariamente a quanto sostenuto dalle ricorrenti nella causa T‑145/07, il fatto che la Commissione non fosse a conoscenza dei dettagli specifici relativi alle date e ai luoghi delle riunioni tra i concorrenti non è pertinente, dato che, ai fini della valutazione dei fatti alla luce dell’art. 81 CE, non è indispensabile che la data e, a fortiori, il luogo delle riunioni tra concorrenti siano dimostrati dalla Commissione (sentenza del Tribunale 20 aprile 1999, cause riunite da T‑305/94 a T‑307/94, da T‑313/94 a T‑316/94, T‑318/94, T‑325/94, T‑328/94, T‑329/94 e T‑335/94, Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, Racc. pag. II‑931, punto 675; v. altresì, in tal senso, sentenza del Tribunale 15 marzo 2000, cause riunite T‑25/95, T‑26/95, da T‑30/95 a T‑32/95, da T‑34/95 a T‑39/95, da T‑42/95 a T‑46/95, T‑48/95, da T‑50/95 a T‑65/95, da T‑68/95 a T‑71/95, T‑87/95, T‑88/95, T‑103/95 e T‑104/95, Cimenteries CBR e a./Commissione, Racc. pag. II‑491, punto 2354). Da quanto precede risulta che, contrariamente a quanto sostenuto dalle ricorrenti, allorché esse hanno presentato la loro domanda a titolo della comunicazione sulla cooperazione del 2002, la Commissione era già stata informata che l’intesa era esistita sin dall’agosto 1995.

    312

    Dall’altro lato, come si è già rilevato al precedente punto 295, la domanda di Otis era costituita da dichiarazioni unilaterali, le quali non erano accompagnate da alcuna prova documentale precisa e concordante dell’infrazione. Pertanto, la domanda di Otis relativa alla Germania non conteneva elementi di prova aventi un’incidenza diretta su uno dei fattori che consentivano di determinare la gravità o la durata dell’infrazione. Infatti, il contributo di Otis può avere influito solo indirettamente sull’accertamento della durata e della gravità dell’infrazione, dato che ogni elemento del suo contributo ha dovuto essere corroborato da altri elementi di prova raccolti dalla Commissione nel corso della sua indagine.

    313

    La censura relativa alla mancata applicazione del punto 23, lett. b), ultimo comma, della comunicazione sulla cooperazione del 2002 va quindi respinta.

    314

    Le ricorrenti nella causa T‑145/07 lamentano inoltre una violazione dell’art. 253 CE, in quanto la Commissione non avrebbe indicato il motivo per il quale Otis non poteva beneficiare di una «immunità parziale» a titolo del punto 23, lett. b), ultimo comma, della comunicazione sulla cooperazione del 2002.

    315

    Tuttavia, è giocoforza constatare che il punto 23, lett. b), ultimo comma, che peraltro figura nel titolo B della comunicazione sulla cooperazione del 2002, intitolato «Riduzione dell’importo di un’ammenda», rientra nell’ambito della determinazione del livello di riduzione dell’importo di partenza di cui può beneficiare un’impresa che abbia fornito alla Commissione elementi di prova di valore aggiunto significativo. Poiché la Commissione, nell’ambito della valutazione della cooperazione di Otis a titolo della comunicazione sulla cooperazione del 2002 (punti 795‑800 della decisione impugnata), le ha concesso una riduzione dell’importo dell’ammenda del 25% in forza del punto 23, lett. b), primo comma, secondo trattino, di detta comunicazione, essa ha respinto implicitamente ma necessariamente la richiesta di Otis di beneficiare dell’applicazione del punto 23, lett. b), ultimo comma, di tale comunicazione.

    316

    Tenuto conto del contesto giuridico in cui è stata esaminata la cooperazione di Otis, e poiché la Commissione ha ritenuto, ai punti 795‑800 della decisione impugnata, che Otis potesse beneficiare solo di una riduzione del 25% dell’importo della sua ammenda, la sua richiesta di applicazione del punto 23, lett. b), ultimo comma, della comunicazione sulla cooperazione del 2002 è stata necessariamente respinta in quanto non sussistevano le condizioni previste da tale disposizione o, in altri termini, in quanto gli elementi di prova da essa forniti riguardo a fatti precedentemente ignorati dalla Commissione non avevano un’incidenza diretta sulla gravità o sulla durata della presunta intesa.

    317

    La decisione impugnata consente quindi a Otis di conoscere i motivi del diniego della Commissione di applicare il punto 23, lett. b), ultimo comma, della comunicazione sulla cooperazione del 2002 nel determinare la riduzione dell’importo della sua ammenda e al Tribunale di esercitare il suo controllo di legittimità. Pertanto, la censura relativa ad una violazione dell’art. 253 CE deve essere respinta.

    318

    In sesto luogo, le ricorrenti nella causa T‑145/07 sostengono che, qualora il Tribunale ritenesse che Kone avrebbe dovuto beneficiare di un’immunità per la Germania, la cooperazione di Otis andrebbe esaminata nell’ambito della prima parte di riduzione prevista dal punto 23, lett. b), della comunicazione sulla cooperazione del 2002 e dare luogo ad una riduzione del 50% dell’importo della sua ammenda per quanto riguarda la Germania, e in ogni caso ad una riduzione molto superiore al 25%. Tale censura non può essere accolta. Infatti, essa si fonda su una mera ipotesi, secondo la quale Kone avrebbe beneficiato di un’immunità per la Germania, il che non è peraltro dimostrato.

    319

    In settimo luogo, per quanto riguarda la riduzione dell’importo dell’ammenda del 25% concessa a Otis per la sua cooperazione nell’ambito della comunicazione sulla cooperazione del 2002, le ricorrenti nella causa T‑145/07 sostengono, anzitutto, che tale riduzione non è sufficientemente motivata, in violazione dell’art. 253 CE.

    320

    Tale censura deve essere respinta. La Commissione ha esposto, ai punti 796‑800 della decisione impugnata, i motivi che l’hanno indotta a concedere ad Otis una riduzione dell’importo dell’ammenda del 25% per la sua cooperazione nell’ambito della comunicazione sulla cooperazione del 2002. La decisione impugnata consente quindi ad Otis di conoscere i motivi di tale riduzione e al Tribunale di esercitare il suo sindacato di legittimità.

    321

    Oltre a ciò, le ricorrenti nella causa T‑145/07 affermano che la Commissione, conformemente ai punti 21 e 22 della comunicazione sulla cooperazione del 2002, avrebbe dovuto concedere una riduzione del 50% dell’importo dell’ammenda a Otis e, in ogni caso, una riduzione molto superiore al 25%, in quanto la sua cooperazione avrebbe apportato un valore aggiunto significativo che avrebbe consentito alla Commissione di provare l’infrazione.

    322

    A tal proposito, si deve anzitutto constatare che il primo contributo di Otis nell’ambito della sua domanda a titolo della comunicazione sulla cooperazione del 2002 per l’infrazione in Germania, [riservato], è stato presentato dopo la domanda di Kone relativa alla medesima infrazione, depositata il 12 febbraio 2004 ed integrata il 18 febbraio 2004. Kone è quindi stata la prima impresa a soddisfare la condizione di cui al punto 21 di detta comunicazione.

    323

    L’applicazione della forcella di riduzione dell’importo dell’ammenda previsto al punto 23, lett. b), primo comma, primo trattino, della comunicazione sulla cooperazione del 2002 alla cooperazione di Otis era esclusa in quanto tale beneficio è riservato alla prima impresa che abbia soddisfatto i requisiti di cui al punto 21 di tale comunicazione.

    324

    La cooperazione di Otis, in quanto seconda impresa ad avere soddisfatto la condizione di cui al punto 21 della comunicazione sulla cooperazione del 2002, rientra quindi necessariamente nell’ambito di applicazione del secondo trattino del punto 23, lett. b), primo comma, di detta comunicazione. In forza di detta disposizione, tale impresa aveva diritto ad una riduzione dell’importo dell’ammenda compresa tra il 20 e il 30%. La riduzione del 25% concessa ad Otis per la sua cooperazione ai fini dell’accertamento dell’infrazione in Germania (punto 800 della decisione impugnata) rientra quindi entro la forcella prevista in proposito dalla menzionata comunicazione.

    325

    Dal momento che Otis non è stata la prima impresa a presentare una domanda a titolo della comunicazione sulla cooperazione del 2002 relativamente alla Germania, essa non poteva beneficiare di una riduzione del 50% dell’importo della sua ammenda. A tale proposito è irrilevante il suo argomento secondo cui, contrariamente a quanto indicato al punto 799 della decisione impugnata, essa avrebbe soddisfatto i requisiti di cui al punto 21 di tale comunicazione prima del [riservato].

    326

    Occorre inoltre rammentare che la Commissione dispone di un potere discrezionale quando è chiamata a stabilire il livello esatto della riduzione dell’importo dell’ammenda da concedere nell’ambito dei margini previsti dal punto 23, lett. b), primo comma, della comunicazione sulla cooperazione del 2002, e che solo un superamento manifesto dei limiti di tale potere può essere censurato dal Tribunale (v., in tal senso, sentenze SGL Carbon/Commissione, cit. al punto 263 supra, punti 81, 88 e 89, e Hoechst/Commissione, cit. al punto 263 supra, punto 555).

    327

    Si deve quindi esaminare se le ricorrenti nella causa T‑145/07 abbiano dimostrato che la Commissione ha manifestamente superato i margini di discrezionalità di cuidispone fissando la riduzione dell’importo dell’ammenda per Otis al 25% per la sua cooperazione all’accertamento dell’infrazione in Germania. A tal riguardo, le ricorrenti nella causa T‑145/07 sostengono che le prove di cui disponeva la Commissione prima che Otis presentasse i suoi documenti erano vaghe e riguardavano solo gli anni 2002 e 2003, che Otis ha continuato a collaborare anche dopo il rigetto della sua richiesta di immunità e che le conclusioni della decisione impugnata si basano sulle informazioni fornite da Otis, il che ne dimostrerebbe il valore aggiunto significativo.

    328

    In proposito va ricordato che la comunicazione sulla cooperazione del 2002 dispone, al punto 23, lett. b), secondo comma, che, al fine di definire il livello della riduzione dell’importo dell’ammenda nell’ambito dei margini applicabili, nella fattispecie quello compreso tra il 20 e il 30%, la Commissione tiene conto, in pari modo, «della data in cui gli elementi di prova che soddisfano le condizioni menzionate al punto 21 le sono stati comunicati e del grado di valore aggiunto che detti elementi hanno rappresentato».

    329

    Da un lato, anche ammesso che, come sostenuto dalle ricorrenti nella causa T‑145/07, Otis soddisfacesse già le condizioni di cui al punto 21 della comunicazione sulla cooperazione del 2002 prima del [riservato], resta il fatto che tale impresa, in ogni caso, non può avere soddisfatto tali condizioni prima del [riservato], data in cui Otis ha presentato la sua domanda per la Germania (punto 107 della decisione impugnata). Orbene, in quel momento la Commissione disponeva già delle dichiarazioni di un informatore (punto 91 della decisione impugnata), aveva già effettuato due serie di accertamenti in Germania (punti 104, 106 e 107 della decisione impugnata) e aveva già ricevuto una domanda da Kone, che descriveva gli obiettivi, l’organizzazione, i partecipanti, l’oggetto e la durata dell’intesa.

    330

    Dall’altro, per quanto riguarda il grado di valore aggiunto della cooperazione di Otis, si deve ricordare che, nell’ambito della sua domanda a titolo della comunicazione sulla cooperazione del 2002 per la sua partecipazione all’infrazione in Germania, tale impresa ha sostanzialmente fornito alla Commissione dichiarazioni unilaterali concernenti detta infrazione. È vero che, come sottolinea la Commissione al punto 799 della decisione impugnata, «le dichiarazioni di Otis hanno apportato un valore aggiunto significativo che ha notevolmente rafforzato la capacità della Commissione di provare l’infrazione». Tuttavia, gli elementi di prova prodotti da un’impresa ai fini di una domanda a titolo della suddetta comunicazione hanno un valore qualitativo inferiore rispetto agli elementi di prova scritti risalenti al periodo a cui si riferiscono i fatti (v. punto 22 della comunicazione sulla cooperazione del 2002).

    331

    Inoltre, per quanto riguarda i documenti contemporanei all’infrazione forniti da Otis alla Commissione, si deve ricordare che essi hanno avuto solo un valore probatorio limitato, in quanto non contenevano alcun indizio del comportamento anticoncorrenziale constatato nella decisione impugnata (v. supra, punto 291).

    332

    Tenuto conto di quanto precede, la Commissione non ha manifestamente superato i limiti del suo potere discrezionale concedendo ad Otis, per la sua cooperazione ai fini dell’accertamento dell’intesa in Germania, una riduzione dell’importo dell’ammenda che si colloca a metà della forcella applicabile in forza del punto 23, lett. b), primo comma, secondo trattino, della comunicazione sulla cooperazione del 2002.

    333

    In terzo luogo, anche ammesso che, come sostenuto dalle ricorrenti nella causa T‑145/07, il contributo di Otis sia stato qualitativamente superiore a quello di Kone, tale constatazione non consentirebbe di ritenere che la Commissione, concedendo una riduzione dell’importo dell’ammenda del 25% a Otis e del 50% a Kone, abbia manifestamente violato i principi di proporzionalità e di equità. Infatti, è pacifico che la cooperazione di Kone ha preceduto quella di Otis e che la cooperazione di Kone era sufficiente per ritenere che essa apportasse un valore aggiunto significativo agli elementi di prova già in possesso della Commissione. Poiché è nell’interesse della Comunità che le intese segrete vengano scoperte e vietate nel più breve tempo possibile, è conforme al principio di proporzionalità e di equità ricompensare in misura maggiore la prima impresa che con la sua cooperazione rafforzi in modo significativo la capacità della Commissione di provare l’infrazione di cui trattasi.

    334

    In quarto luogo, per quanto concerne la censura delle ricorrenti nella causa T‑145/07 relativa al fatto che la differenza di trattamento tra Otis e Kone violerebbe il principio di parità di trattamento, va ricordato che la cooperazione di Kone ha preceduto quella di Otis ed è iniziata poco dopo la prima serie di accertamenti in Germania, mentre quella di Otis è iniziata solo dopo la seconda serie di accertamenti (punti 104‑107 della decisione impugnata). Anche ammesso che la qualità intrinseca del contributo di Otis sia stata superiore a quella del contributo di Kone, si deve rilevare che la valutazione del valore aggiunto di una domanda a titolo della comunicazione sulla cooperazione del 2002 va effettuata in funzione degli elementi di prova già in possesso della Commissione. Orbene, la Commissione disponeva di molti più elementi di prova nel momento in cui Otis ha presentato la sua domanda di quanti non fossero in suo possesso al momento della domanda di Kone.

    335

    Poiché le situazioni delle diverse imprese non sono comparabili, la Commissione non ha commesso una violazione del principio di parità di trattamento concedendo una riduzione dell’importo dell’ammenda a Kone del 50% in forza del punto 23, lett. b), primo trattino, della comunicazione sulla cooperazione del 2002 ed una riduzione dell’importo dell’ammenda a Otis del 25% in forza del secondo trattino della medesima disposizione.

    336

    In quinto luogo, non può essere accolto neppure l’argomento delle ricorrenti nella causa T‑145/07, sollevato in una nota a piè di pagina della replica, relativo ad una violazione dei loro diritti della difesa, in quanto esse non avrebbero avuto accesso agli elementi forniti dall’informatore nel corso del procedimento amministrativo. Infatti, dette ricorrenti non spiegano perché il contenuto della decisione impugnata avrebbe potuto essere diverso qualora esse avessero avuto accesso a tali documenti (v. sentenza Thyssen Stahl/Commissione, cit. al punto 159 supra, punto 31 e giurisprudenza ivi citata).

    337

    In ottavo luogo, e in subordine, le ricorrenti nella causa T‑145/07 sostengono che, qualora il Tribunale dovesse ritenere che Otis non può beneficiare di una riduzione del 50% a titolo della comunicazione sulla cooperazione del 2002, esso dovrebbe quanto meno considerare la sua cooperazione come una circostanza attenuante nell’ambito degli orientamenti del 1998.

    338

    Tale censura, che è stata formulata in una nota a piè di pagina del ricorso e non è stata minimamente sviluppata dalle ricorrenti, non soddisfa le condizioni di cui all’art. 44, n. 1, lett. c), del regolamento di procedura ed è, quindi, irricevibile.

    339

    Dal complesso delle suesposte considerazioni risulta che devono essere respinte tutte le censure di Otis relative all’applicazione della comunicazione sulla cooperazione del 2002 alla sua cooperazione ai fini dell’accertamento dell’infrazione in Germania.

    Sulla cooperazione di Otis ai fini dell’accertamento dell’infrazione in Lussemburgo

    340

    La Commissione ha deciso, al punto 823 della decisione impugnata, «di concedere a Otis una riduzione [dell’ammenda] del 40% entro la forcella prevista dal punto 23, lettera b), [primo trattino], della comunicazione sulla cooperazione [del 2002]».

    341

    Al punto 818 della decisione impugnata la Commissione spiega che «Otis è stata la seconda impresa a presentare una domanda [a titolo della comunicazione sulla cooperazione del 2002] contenente informazioni relative all’intesa in Lussemburgo». La Commissione precisa, al punto 819 della decisione impugnata, che Otis ha fornito [riservato]. Essa aggiunge, al punto 820 della decisione impugnata, [riservato].

    342

    Per quanto concerne il valore della cooperazione di Otis, la Commissione afferma inoltre quanto segue ai punti 821 e 822 della decisione impugnata:

    «821

    La Commissione conclude che l’insieme, da un lato, delle dichiarazioni [riservato] e, dall’altro, degli elementi di prova contemporanei [riservato] forniti da Otis apporta un valore aggiunto significativo. [riservato]

    822

    (…) Otis ha pienamente soddisfatto la condizione di cui al punto 21 con l’integrazione del [riservato], apportando un valore aggiunto che ha notevolmente rafforzato la capacità della Commissione di provare l’infrazione e ha espressamente confermato le date di inizio e di cessazione dell’intesa. Le nuove informazioni contenute nelle osservazioni erano tuttavia limitate [riservato]».

    343

    Le ricorrenti nelle cause T‑141/07 e T‑145/07 sostengono che la cooperazione di Otis a titolo della comunicazione sulla cooperazione del 2002 giustifica, in applicazione dei criteri definiti al punto 23, lett. b), primo comma, primo trattino, di detta comunicazione, la riduzione massima, vale a dire il 50% dell’importo dell’ammenda, tenuto conto della data in cui essa avrebbe trasmesso gli elementi di prova alla Commissione, del loro valore aggiunto per quanto riguarda sia la comprensione dell’infrazione da parte della Commissione sia le prove documentali così messe a sua disposizione, nonché della sua cooperazione continuativa e totale per l’intera durata dell’indagine. La ricorrente nella causa T‑141/07 precisa in proposito che gli elementi forniti da GTO hanno consentito in particolare di determinare con precisione la durata dell’intesa, di mettere in luce l’esistenza di un meccanismo di correzione che non compensava la perdita di appalti a vantaggio di concorrenti estranei all’intesa e di descrivere il meccanismo di controllo sui prezzi da parte dei membri dell’intesa. Le ricorrenti nella causa T‑145/07 adducono inoltre che la portata delle prove prodotte da Otis relativamente all’intesa in Lussemburgo è di gran lunga superiore a quella dei documenti forniti da Kone in merito alla Germania e per i quali la Commissione ha concesso una riduzione del 50%.

    344

    A tal riguardo si deve constatare anzitutto che le ricorrenti nelle cause T‑141/07 e T‑145/07 non contestano che la cooperazione di Otis rientri nell’ambito di applicazione del punto 23, lett. b), primo comma, primo trattino, della comunicazione sulla cooperazione del 2002 e che, a tale titolo, detta impresa avesse diritto ad una riduzione dell’ammenda compresa tra il 30 e il 50%. La riduzione del 40% concessa a Otis per la sua cooperazione (punto 823 della decisione impugnata) rientra quindi nella forcella prevista a tal fine dalla detta comunicazione.

    345

    Si deve inoltre ricordare che la Commissione dispone di un margine di discrezionalità quando è chiamata a stabilire il livello esatto dell’importo della riduzione dell’ammenda da concedere nell’ambito delle forcelle previste dal punto 23, lett. b), primo comma, della comunicazione sulla cooperazione del 2002, e che solo un superamento manifesto di tale margine può essere censurato dal Tribunale (v., in tal senso, sentenze SGL Carbon/Commissione, cit. al punto 263 supra, punti 81, 88 e 89, e Hoechst/Commissione, cit. al punto 263 supra, punto 555).

    346

    Il punto 23, lett. b), secondo comma, della comunicazione sulla cooperazione del 2002 dispone che, per definire il livello di riduzione dell’importo dell’ammenda nell’ambito dei margini previsti, la Commissione tiene conto, in pari modo, «della data in cui gli elementi di prova che soddisfano le condizioni menzionate al punto 21 le sono stati comunicati e del grado di valore aggiunto che detti elementi hanno rappresentato». Inoltre, conformemente alla medesima disposizione, la Commissione «potrà anche tenere conto dell’entità e della continuità della cooperazione dimostrata dall’impresa a partire della data del suo contributo».

    347

    Orbene, anzitutto, dalle considerazioni non contestate contenute nella decisione impugnata risulta inequivocabilmente che, quand’anche la cooperazione di Otis soddisfacesse le condizioni di cui al punto 21 della comunicazione sulla cooperazione del 2002, resta il fatto che gli elementi di prova relativi all’intesa in Lussemburgo forniti da Otis e che hanno dato luogo alla riduzione dell’importo dell’ammenda sono stati trasmessi alla Commissione solo in un momento in cui essa, da un lato, aveva già ottenuto da Kone informazioni relative alla medesima intesa che le consentivano di constatare l’infrazione, per le quali detta impresa ha ottenuto l’immunità a titolo del punto 8, lett. b), della menzionata comunicazione (punto 816 della decisione impugnata) e, dall’altro, aveva effettuato accertamenti presso i locali di presunti partecipanti all’intesa in Lussemburgo (punto 116 della decisione impugnata).

    348

    Secondariamente, per quanto riguarda il grado di valore aggiunto apportato dagli elementi probatori di Otis rispetto agli elementi già in possesso della Commissione, nella fattispecie si deve osservare, al pari della Commissione, che, dal momento che Kone aveva già fornito alla Commissione elementi di prova che le consentivano di constatare un’infrazione in Lussemburgo, il valore aggiunto della cooperazione di Otis, la quale ha trasmesso alla Commissione alcune informazioni che le erano ancora ignote e alcune prove documentali nuove, vale a dire elenchi di progetti, era necessariamente limitato.

    349

    In tali circostanze, a prescindere dalla portata e dalla continuità della cooperazione di cui Otis ha dato prova, la Commissione non ha manifestamente superato i limiti del suo potere discrezionale concedendo una riduzione dell’importo dell’ammenda del 40% a Otis per la sua cooperazione ai fini dell’accertamento dell’intesa in Lussemburgo.

    350

    Tale conclusione non è inficiata dall’argomento delle ricorrenti nella causa T‑145/07 relativo alla riduzione dell’importo dell’ammenda del 50% concessa a Kone nell’ambito dell’intesa in Germania.

    351

    Infatti, come si è ricordato al precedente punto 275, è giocoforza constatare che la valutazione di ciò che costituisce un valore aggiunto significativo presuppone per definizione un’analisi del contesto di tutti gli elementi di prova di cui dispone la Commissione in relazione ad una determinata infrazione, cosicché le informazioni relative ad infrazioni distinte, nella fattispecie l’infrazione in Lussemburgo e quella in Germania, non sono comparabili. Poiché le situazioni delle diverse imprese non sono comparabili, la Commissione non ha commesso una violazione del principio di parità di trattamento concedendo una riduzione del 40% a Otis per la sua cooperazione all’accertamento dell’intesa in Lussemburgo e una riduzione del 50% a Kone per la sua cooperazione nell’ambito dell’accertamento dell’infrazione in Germania.

    352

    In ogni caso, da un lato, le ricorrenti nella causa T‑145/07 non sviluppano la loro affermazione secondo cui la portata e il valore probatorio degli elementi forniti da Otis relativamente all’intesa in Lussemburgo avrebbero superato «di gran lunga» quelli delle informazioni fornite da Kone a proposito della Germania.

    353

    Dall’altro, nel momento in cui Otis, la cui cooperazione rientrava nell’ambito di applicazione del punto 23, lett. b), primo comma, primo trattino, della comunicazione sulla cooperazione del 2002, ha fornito alla Commissione elementi di prova relativi all’intesa in Lussemburgo, la Commissione disponeva già di elementi probatori, contenuti nella domanda anteriore di Kone, sufficienti per constatare l’infrazione per la quale è stata concessa a quest’ultima un’immunità totale dalle ammende (punto 816 della decisione impugnata). Per contro, nel caso dell’infrazione in Germania, nessuna impresa ha beneficiato di un’immunità dalle ammende. La Commissione non disponeva quindi di elementi di prova sufficienti per constatare l’infrazione in Germania nel momento in cui Kone ha presentato la sua domanda a titolo della suddetta comunicazione. Anche ammesso che, come sostenuto dalle ricorrenti nella causa T‑145/07, gli elementi di prova relativi all’infrazione in Germania forniti da Kone, la cui cooperazione rientrava del pari nell’ambito di applicazione del punto 23, lett. b), primo comma, primo trattino, di tale comunicazione, fossero meno dettagliati di quelli presentati da Otis relativamente all’intesa in Lussemburgo, la Commissione non ha manifestamente superato i limiti del suo potere discrezionale concedendo ad Otis una riduzione dell’importo dell’ammenda del 40% e a Kone una riduzione dell’importo dell’ammenda del 50% per la loro cooperazione relativa, rispettivamente, alle intese in Lussemburgo e in Germania, dato che, conformemente al punto 21 di detta comunicazione, il valore aggiunto degli elementi di prova deve essere valutato in funzione degli elementi di prova già in possesso della Commissione.

    354

    Dal complesso delle suesposte considerazioni risulta che devono essere respinte tutte le censure di Otis relative all’applicazione della comunicazione sulla cooperazione del 2002 alla sua cooperazione ai fini dell’accertamento dell’infrazione in Lussemburgo.

    Sul motivo concernente la violazione dei principi di tutela del legittimo affidamento e di proporzionalità nella determinazione della riduzione dell’importo delle ammende concessa per la cooperazione al di fuori dell’ambito della comunicazione sulla cooperazione del 2002

    355

    Al punto 614 della comunicazione degli addebiti la Commissione aveva annunciato che intendeva «concedere una riduzione [delle ammende] per la cooperazione al di fuori dell’ambito della comunicazione sulla cooperazione [del 2002], in particolare nel caso in cui una società non contest[asse] i fatti o forni[sse] un ulteriore contributo tale da permettere di appurare o completare i fatti accertati dalla Commissione».

    356

    Al punto 758 della decisione impugnata la Commissione ha osservato che, «[p]oiché il punto 614 della comunicazione degli addebiti suscitava aspettative nel caso di specie, [essa] [aveva] deciso di interpretare tale punto a favore delle imprese che, sulla sua base, [avevano] contribuito all’accertamento dei fatti relativi all’infrazione descritta nella decisione [impugnata], astenendosi dal contestare i fatti o fornendo ulteriori informazioni o precisazioni complementari».

    357

    La Commissione ha quindi concesso a tutti i partecipanti alle quattro infrazioni, ad eccezione, da una parte, delle imprese che beneficiavano di un’immunità dalle ammende (punti 762, 817 e 839 della decisione impugnata) e, dall’altra, di Kone nell’ambito dell’intesa nei Paesi Bassi (punto 851 della decisione impugnata), una riduzione dell’importo delle ammende dell’1% per la loro cooperazione al di fuori dell’ambito della comunicazione sulla cooperazione del 2002, per la mancata contestazione dei fatti esposti nella comunicazione degli addebiti (punti 768, 774, 777, 794, 801, 806, 813, 824, 829, 835, 845, 854, 855 e 856 della decisione impugnata).

    358

    In primo luogo, le ricorrenti nelle cause T‑141/07 e T‑145/07 ritengono di poter legittimamente pretendere una riduzione di almeno il 10% dell’importo delle ammende inflitte a Otis per le infrazioni in Belgio, in Germania e in Lussemburgo, per la mancata contestazione dei fatti esposti nella comunicazione degli addebiti. Tali aspettative legittime deriverebbero, a loro parere, dal punto 614 della comunicazione degli addebiti e dalla prassi decisionale della Commissione, secondo cui un’impresa che non contesti i fatti materiali che le vengono addebitati nella comunicazione degli addebiti beneficerebbe di una riduzione del 10% dell’importo della sua ammenda. L’équipe della Commissione avrebbe peraltro fornito assicurazioni in tal senso al consiglio di amministrazione di Otis il 7 marzo 2006.

    359

    Anzitutto, si deve ricordare che il diritto di invocare la tutela del legittimo affidamento si estende a chiunque si trovi in una situazione dalla quale risulti che l’amministrazione dell’Unione, fornendogli assicurazioni precise, gli abbia suscitato aspettative fondate [sentenze della Corte 14 ottobre 1999, causa C‑104/97 P, Atlanta/Comunità europea, Racc. pag. I‑6983, punto 52, e 15 luglio 2004, cause riunite C‑37/02 e C‑38/02, Di Lenardo e Dilexport, Racc. pag. I‑6911, punto 70; sentenze del Tribunale 17 dicembre 1998, causa T‑203/96, Embassy Limousines & Services/Parlamento, Racc. pag. II‑4239, punto 74, e 15 novembre 2007, causa T‑71/06, Enercon/UAMI (Convertitore di energia eolica), non pubblicata nella Raccolta, punto 36].

    360

    Per contro, nessuno può invocare una violazione del legittimo affidamento in mancanza di assicurazioni precise fornitegli dall’amministrazione (sentenze del Tribunale 14 settembre 1995, causa T‑571/93, Lefebvre e a./Commissione, Racc. pag. II‑2379, punto 72, e 29 gennaio 1998, causa T‑113/96, Dubois et Fils/Consiglio e Commissione, Racc. pag. II‑125, punto 68). Costituiscono assicurazioni in tal senso le informazioni precise, incondizionate e concordanti, provenienti da fonti autorizzate ed affidabili (sentenza del Tribunale 21 luglio 1998, cause riunite T‑66/96 e T‑221/97, Mellett/Corte di giustizia, Racc. PI pagg. I‑A‑449 e II‑1305, punti 104 e 107).

    361

    È vero che, a differenza della comunicazione sulla non imposizione o sulla riduzione delle ammende nei casi d’intesa tra imprese (GU 1996, C 207, pag. 4; in prosieguo: la «comunicazione sulla cooperazione del 1996»), la comunicazione sulla cooperazione del 2002 non prevede alcuna riduzione dell’importo dell’ammenda a favore delle imprese che non contestino i fatti materiali sui quali la Commissione fonda le sue accuse nella comunicazione degli addebiti. Tuttavia, la Commissione riconosce, al punto 758 della decisione impugnata, che il punto 614 della comunicazione degli addebiti ha suscitato in tali imprese un legittimo affidamento nel fatto che la mancata contestazione dei fatti avrebbe comportato una riduzione dell’importo dell’ammenda al di fuori dell’ambito della comunicazione sulla cooperazione del 2002.

    362

    Al punto 614 della comunicazione degli addebiti la Commissione aveva annunciato che «intende[va] concedere una riduzione [dell’ammenda] per la cooperazione al di fuori dell’ambito della comunicazione sulla cooperazione [del 2002], in particolare nel caso in cui una società non contest[asse] i fatti o forni[sse] un ulteriore contributo tale da permettere di appurare o completare i fatti accertati dalla Commissione». Non si può ritenere che tale affermazione costituisca un’assicurazione precisa che avrebbe potuto suscitare nelle ricorrenti fondate speranze di ottenere una riduzione dell’importo delle ammende superiore all’1%. Infatti, il punto 614 della comunicazione degli addebiti non specifica l’entità o la percentuale della riduzione che sarebbe stata eventualmente accordata alle imprese interessate, cosicché esso non può in alcun modo avere suscitato un legittimo affidamento a tale riguardo. A tale proposito, l’affermazione delle ricorrenti, contestata dalla Commissione, secondo cui quest’ultima avrebbe indicato al consiglio di amministrazione di Otis, durante una riunione tenutasi il [riservato], che il punto 614 della comunicazione degli addebiti sarebbe stato applicato allo stesso modo che nell’ambito della comunicazione sulla cooperazione del 1996, non è suffragata da alcun elemento di prova e deve essere respinta.

    363

    In secondo luogo, dev’essere respinto l’argomento delle ricorrenti secondo cui la Commissione avrebbe derogato alla sua prassi anteriore, in virtù della quale un’impresa che si astenga dal negare i fatti materiali contestati nella comunicazione degli addebiti beneficerebbe di una riduzione del 10% dell’importo dell’ammenda che le verrebbe altrimenti inflitta, dato che, come si è rilevato supra al punto 163, una prassi decisionale della Commissione non può, secondo costante giurisprudenza, fungere da quadro giuridico per le ammende in materia di concorrenza.

    364

    Oltre a ciò, le ricorrenti non contestano che la comunicazione sulla cooperazione del 2002 sia l’unica applicabile alla loro domanda, che peraltro è stata espressamente presentata in forza di tale comunicazione. Pertanto, la prassi decisionale della Commissione o la giurisprudenza relative all’applicazione della sezione D, punto 2, secondo trattino, della comunicazione sulla cooperazione del 1996 non possono comunque suscitare nelle ricorrenti un legittimo affidamento per quanto riguarda il livello della riduzione delle ammende concessa per la mancata contestazione dei fatti relativi alle intese in Belgio, Germania e Lussemburgo, fondata sul punto 614 della comunicazione degli addebiti.

    365

    Secondariamente, le ricorrenti nella causa T‑145/07 sostengono che la Commissione ha violato il principio di proporzionalità rifiutando di concedere una riduzione del 10% per la mancata contestazione dei fatti.

    366

    A tale proposito va ricordato che il principio di proporzionalità esige che gli atti delle istituzioni dell’Unione non superino i limiti di quanto idoneo e necessario al conseguimento degli scopi legittimamente perseguiti dalla normativa di cui trattasi, fermo restando che, qualora sia possibile una scelta tra più misure appropriate, si deve ricorrere a quella meno restrittiva e che gli inconvenienti causati non devono essere sproporzionati rispetto agli scopi perseguiti (sentenza della Corte 5 maggio 1998, causa C‑180/96, Regno Unito/Commissione, Racc. pag. I‑2265, punto 96, e sentenza 12 settembre 2007, Prym e Prym Consumer/Commissione, cit. al punto 232 supra, punto 223).

    367

    Per quanto riguarda la percentuale di un’eventuale riduzione dell’importo di un’ammenda a motivo della mancata contestazione dei fatti, si deve rilevare che dalla giurisprudenza risulta che l’impresa che dichiari espressamente di non contestare gli elementi di fatto sui quali la Commissione ha fondato i propri addebiti può essere considerata alla stregua di un’impresa che ha contribuito ad agevolare il compito della Commissione, consistente nell’accertare e nel reprimere le violazioni delle regole di concorrenza dell’Unione (sentenze del Tribunale 14 maggio 1998, causa T‑352/94, Mo och Domsjö/Commissione, Racc. pag. II‑1989, punto 395, e causa T‑327/94, SCA Holding/Commissione, Racc. pag. II‑1373, punto 157).

    368

    Al punto 758 della decisione impugnata la Commissione ha tuttavia indicato che «[p]er stabilire l’entità della riduzione si dovrà tenere conto del fatto che la cooperazione offerta dopo la comunicazione degli addebiti, allorché la Commissione ha già accertato tutti gli elementi dell’infrazione, in un momento nel quale l’impresa è già a conoscenza di tutti gli elementi d’indagine e ha avuto accesso agli atti dell’indagine, può contribuire, nel migliore dei casi, solo marginalmente all’indagine della Commissione». Essa ha aggiunto che, «[i]n generale, l’ammissione dei fatti in tali circostanze costituisce tutt’al più un elemento di prova atto a confermare fatti che la Commissione considererebbe, di regola, sufficientemente dimostrati da altri elementi di prova versati agli atti».

    369

    A tale proposito si deve ricordare che la comunicazione sulla cooperazione del 2002 esige un livello elevato di cooperazione con la Commissione, prevedendo peraltro «una corrispondenza più stretta tra l’entità della riduzione delle ammende e il valore del contributo di un’impresa all’accertamento dell’esistenza dell’infrazione» (punto 5 della comunicazione sulla cooperazione del 2002). Così, da un lato, a differenza della comunicazione sulla cooperazione del 1996, la comunicazione sulla cooperazione del 2002 non prevede una riduzione dell’importo delle ammende per la mancata contestazione dei fatti e, dall’altro, per quanto riguarda le domande presentate alla Commissione in forza della comunicazione sulla cooperazione del 2002, la riduzione massima che possono ottenere le imprese che non siano la prima o la seconda a soddisfare la condizione enunciata al punto 21 di detta comunicazione, ma i cui elementi di prova costituiscano nondimeno un valore aggiunto significativo rispetto a quelli già in possesso della Commissione, ammonta al 20%.

    370

    Tenuto conto di quanto precede e del fatto che le riduzioni concesse nel caso di specie per la mancata contestazione dei fatti si sommano alle riduzioni delle ammende già concesse nell’ambito della comunicazione sulla cooperazione del 2002, nonché del valore marginale di una cooperazione offerta dopo la comunicazione degli addebiti (punto 758 della decisione impugnata), la Commissione non ha violato il principio di proporzionalità negando una riduzione delle ammende del 10% a Otis per la mancata contestazione dei fatti relativi alle intese in Belgio, in Germania e in Lussemburgo.

    371

    In terzo luogo, le ricorrenti nella causa T‑145/07 rilevano che la Commissione non ha concesso alcuna riduzione dell’importo dell’ammenda a Otis per la sua cooperazione e le sue spiegazioni aggiuntive o per le informazioni supplementari da essa fornite nella sua risposta alla comunicazione degli addebiti e dopo la presentazione di tale risposta, violando così le legittime aspettative che il punto 614 della comunicazione degli addebiti avrebbe suscitato. Otis avrebbe quindi diritto ad un’ulteriore riduzione.

    372

    Anzitutto, per quanto riguarda l’infrazione in Germania, Otis avrebbe fornito spiegazioni aggiuntive ed informazioni supplementari, in particolare sulle riunioni illecite. Così, prima di ricevere la risposta di Otis alla comunicazione degli addebiti, la Commissione non sarebbe stata in possesso di prove sufficienti per dimostrare che si erano tenute riunioni [riservato]. Tali riunioni sarebbero menzionate nella nota a piè di pagina n. 333 della decisione impugnata.

    373

    A tale proposito, occorre ricordare preliminarmente che, per valutare i fatti alla luce dell’art. 81 CE, non è indispensabile che la data e, a fortiori, il luogo delle riunioni tra concorrenti ai fini della valutazione dei fatti siano dimostrati dalla Commissione (v. supra, punto 311).

    374

    Inoltre, e in ogni caso, dagli atti, e in particolare dalle osservazioni di Kone del 18 febbraio 2004, risulta che la Commissione, prima dell’«aiuto supplementare» di Otis, era a conoscenza delle riunioni [riservato]. Peraltro, quest’ultima riunione era già stata menzionata al punto 260 della comunicazione degli addebiti.

    375

    In tali circostanze, e quand’anche Otis abbia effettivamente informato la Commissione, dopo l’invio della comunicazione degli addebiti, di una riunione tenutasi [riservato], della quale la Commissione non era a conoscenza, quest’ultima non ha manifestamente superato i limiti del suo potere discrezionale negando una riduzione dell’importo dell’ammenda per le informazioni supplementari fornite da Otis nella sua risposta alla comunicazione degli addebiti relative a quattro riunioni illecite svoltesi nel contesto dell’infrazione in Germania.

    376

    In secondo luogo, Otis avrebbe fornito, nella sua risposta alla comunicazione degli addebiti, informazioni supplementari delle quali la Commissione non avrebbe tenuto conto. Così, Otis avrebbe suggerito in [riservato] alla sua risposta alla comunicazione degli addebiti di rettificare alcune osservazioni della Commissione. Nel [riservato] alla sua risposta alla comunicazione degli addebiti, Otis avrebbe inoltre fornito informazioni sui dipendenti licenziati e allegato, nel [riservato] alla sua risposta alla comunicazione degli addebiti, una versione cartacea di un elenco elettronico in cui erano evidenziate righe nascoste contenenti informazioni supplementari. Otis avrebbe inoltre fornito prove economiche relative alla portata degli accordi concernenti gli ascensori applicati in Germania. Inoltre [riservato], i rappresentanti di Otis avrebbero incontrato l’équipe incaricata del caso per rispondere a tutte le sue domande e discutere delle altre possibilità che si offrivano a tale impresa per continuare a collaborare all’indagine. Infine, Otis avrebbe spiegato la recente evoluzione della giurisprudenza per aiutare la Commissione ad individuare l’esatto destinatario della decisione in Lussemburgo.

    377

    Tuttavia, è giocoforza constatare che nessuno degli elementi menzionati al punto precedente ha apportato precisazioni o informazioni utili di cui la Commissione non fosse già a conoscenza. Così, nel [riservato] della sua risposta alla comunicazione degli addebiti, Otis ha solo suggerito alcune rettifiche concernenti constatazioni «periferiche» o non essenziali di detta comunicazione. Sostanzialmente, Otis ha proposto che dai riferimenti ai suoi dipendenti risultasse, se del caso, che essi erano stati licenziati. Nel [riservato] della sua risposta alla comunicazione degli addebiti, Otis ha fornito informazioni sui dipendenti licenziati. Orbene, tali informazioni non sono tali da agevolare il compito della Commissione di accertare e reprimere un’infrazione (sentenza BASF/Commissione, cit. al punto 167 supra, punto 589). Peraltro, la versione cartacea di un elenco elettronico allegata alla risposta alla comunicazione degli addebiti non presenta alcun valore probatorio aggiunto, dato che Otis aveva già fornito la versione elettronica di tale elenco alla Commissione, [riservato]. Inoltre, le ricorrenti non spiegano quale eventuale utilità presentino le informazioni asseritamente celate nella versione elettronica di tale elenco. Per quanto riguarda le asserite prove economiche relative alla portata dell’intesa in Germania, detti elementi non hanno agevolato l’accertamento dell’infrazione, posto che, peraltro, la Commissione non ha accolto gli argomenti di Otis secondo i quali il mercato degli ascensori e il mercato degli ascensori ad alta velocità costituirebbero due mercati distinti. Otis non ha nemmeno dimostrato in quale modo le riunioni tenutesi con la Commissione in [riservato] avrebbero apportato nuove informazioni che hanno agevolato l’accertamento e la repressione dell’infrazione. Infine, neppure il fatto che Otis abbia fornito argomenti giuridici alla Commissione riguardo alla presunzione di responsabilità delle società controllanti per le loro controllate, nel tentativo di ottenere la massima riduzione dell’importo delle ammende e in contrasto con la posizione della Commissione, ha agevolato l’accertamento e la repressione delle infrazioni.

    378

    Da quanto precede emerge che non possono essere accolte nemmeno le censure di Otis relative al diniego della Commissione di concederle una riduzione dell’importo dell’ammenda per avere fornito informazioni esplicative e supplementari.

    379

    Dal complesso delle suesposte considerazioni risulta che il presente motivo deve essere respinto in toto.

    Sul motivo concernente la violazione dell’art. 23, n. 2, del regolamento n. 1/2003

    380

    Le ricorrenti nelle cause T‑141/07 e T‑145/07 sostengono che l’importo delle ammende inflitte a GTO andrebbe limitato al 10% del suo fatturato, conformemente all’art. 23, n. 2, del regolamento n. 1/2003.

    381

    Tenuto conto del fatto che dette ricorrenti non sostengono che l’ammenda inflitta a GTO nella decisione impugnata superi il tetto massimo del 10% del fatturato complessivo realizzato dalle imprese costituenti l’unità economica che ha commesso le infrazioni nell’esercizio sociale precedente, è giocoforza constatare che tale censura si confonde con le censure esaminate ai precedenti punti 63‑90 e 106‑120, relativi all’imputazione a UTC, OEC e Otis Belgio del comportamento di GTO. Orbene, dalle considerazioni relative a tale questione risulta che la Commissione ha giustamente imputato a dette società il comportamento della loro controllata, la quale forma con le stesse un’unità economica. Tale motivo, pertanto, dev’essere respinto.

    Sul motivo concernente la violazione del principio di proporzionalità nel calcolo dell’importo finale delle ammende

    382

    La ricorrente nella causa T‑141/07 sostiene che l’importo finale dell’ammenda ad essa inflitta è sproporzionato.

    383

    A questo proposito, come ricordato supra al punto 366, dal principio di proporzionalità discende che gli atti delle istituzioni dell’Unione non devono superare i limiti di quanto sia idoneo e necessario al conseguimento degli scopi legittimi perseguiti dalla normativa in questione, fermo restando che, qualora sia possibile una scelta fra più misure appropriate, si deve ricorrere alla meno restrittiva, e che gli inconvenienti causati non devono essere sproporzionati rispetto agli scopi perseguiti.

    384

    Ne consegue che le ammende non devono essere sproporzionate rispetto agli scopi perseguiti, vale a dire rispetto alle norme in materia di concorrenza, e che l’importo dell’ammenda inflitta ad un’impresa per un’infrazione in materia di concorrenza deve essere proporzionato all’infrazione, valutata complessivamente, tenendo conto in particolare della sua gravità (sentenza 12 settembre 2007, Prym e Prym Consumer/Commissione, cit. al punto 232 supra, punto 224). Inoltre, nella determinazione dell’importo delle ammende, la Commissione può tenere conto dell’esigenza di garantire alla stessa un effetto sufficientemente dissuasivo (v., in tal senso, sentenza Musique Diffusion française e a./Commissione, cit. al punto 210 supra, punto 108, e sentenza del Tribunale 14 maggio 1998, causa T‑304/94, Europa Carton/Commissione, Racc. pag. II‑869, punto 89).

    385

    Al fine di dimostrare la violazione del principio di proporzionalità, la ricorrente nella causa T‑141/07, anzitutto, invoca la dimensione nazionale delle pratiche incriminate in Lussemburgo, il cui impatto sul mercato sarebbe stato limitato. A tale scopo, essa si basa esclusivamente sugli argomenti che ha svolto nell’ambito dei motivi concernenti la qualificazione asseritamente erronea dell’infrazione e il carattere asseritamente eccessivo dell’importo di partenza dell’ammenda inflitta per l’infrazione in Lussemburgo. In secondo luogo, essa trae un argomento dalle dimensioni ridotte di GTO e dal fatto che essa verrebbe gestita in maniera totalmente autonoma, e a tal fine fa riferimento esclusivamente agli argomenti dedotti nell’ambito del suo motivo concernente l’applicazione del coefficiente moltiplicatore di gruppo per tenere conto della finalità dissuasiva nella fissazione dell’importo di partenza della sua ammenda. In terzo luogo, essa afferma che, all’epoca dei fatti, in Lussemburgo non esistevano norme relative al rispetto delle regole di concorrenza, né alcuna autorità nazionale garante della concorrenza. In quarto luogo, basandosi sugli elementi dedotti nell’ambito del motivo concernente la sua cooperazione durante il procedimento amministrativo, essa sostiene di avere cooperato con la Commissione strettamente e per un lungo periodo.

    386

    Interrogata al riguardo in udienza, la ricorrente nella causa T‑141/07 ha affermato che il presente motivo non aveva una portata autonoma rispetto agli altri motivi nei quali essa ha dedotto argomenti analoghi. Così, per quanto concerne gli argomenti relativi alle dimensioni modeste del mercato, all’impatto asseritamente limitato dell’infrazione, alle dimensioni asseritamente ridotte di GTO e alla cooperazione durante il procedimento amministrativo, poiché la ricorrente non adduce altri elementi oltre a quelli sviluppati nell’ambito degli altri motivi del suo ricorso, detti argomenti devono essere respinti, per le ragioni esposte ai precedenti punti 148‑165, 167‑172, 238‑242, 344‑354 e 359‑364.

    387

    Per quanto riguarda l’argomento attinente all’assenza, in Lussemburgo, di norme relative al rispetto delle regole di concorrenza e di un’autorità garante della concorrenza, si deve sottolineare che, sebbene effettivamente il Lussemburgo non disponesse, nel periodo dell’infrazione, di una disciplina nazionale relativa al rispetto delle regole di concorrenza né di un’autorità nazionale garante della concorrenza, il regolamento n. 17, conformemente al suo art. 24, era applicabile in tutti gli Stati membri per tutta la durata dell’infrazione. Pertanto, il presente motivo dev’essere respinto.

    388

    Ne consegue che i ricorsi devono essere integralmente respinti.

    Sulle spese

    389

    Ai sensi dell’art. 87, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.

    390

    Poiché la Commissione ne ha fatto domanda, le ricorrenti nelle cause T‑141/07, T‑142/07, T‑145/07 e T‑146/07, rimaste soccombenti, devono essere condannate alle spese.

     

    Per questi motivi,

    IL TRIBUNALE (Ottava Sezione)

    dichiara e statuisce:

     

    1)

    Le cause T‑141/07, T‑142/07, T‑145/07 e T‑146/07 sono riunite ai fini della presente sentenza.

     

    2)

    I ricorsi sono respinti.

     

    3)

    Nella causa T‑141/07, la General Technic-Otis Sàrl è condannata alle spese.

     

    4)

    Nella causa T‑142/07, la General Technic Sàrl è condannata alle spese.

     

    5)

    Nella causa T‑145/07, la Otis SA, la Otis GmbH & Co. OHG, la Otis BV e la Otis Elevator Company sono condannate alle spese.

     

    6)

    Nella causa T‑146/07, la United Technologies Corporation è condannata alle spese.

     

    Martins Ribeiro

    Wahl

    Dittrich

    Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 13 luglio 2011.

    Indice

     

    Procedimento amministrativo

     

    Indagine della Commissione

     

    Belgio

     

    Germania

     

    Lussemburgo

     

    Paesi Bassi

     

    Comunicazione degli addebiti

     

    Decisione impugnata

     

    Procedimento e conclusioni delle parti

     

    In diritto

     

    Sul motivo vertente sulla violazione dei principi che disciplinano l’imputazione della responsabilità per le infrazioni all’art. 81 CE, della presunzione di innocenza, della personalità delle pene e di parità di trattamento, nonché sulla violazione dei diritti della difesa e dell’art. 253 CE nell’imputazione alle società controllanti delle infrazioni commesse dalle loro controllate

     

    Osservazioni preliminari

     

    Sull’imputazione a UTC e OEC delle infrazioni commesse dalle controllate Otis

     

    Sull’imputazione dell’infrazione commessa da GTO a GT, Otis Belgio, OEC e UTC

     

    – Decisione impugnata

     

    – Sull’imputazione a GT dell’infrazione commessa da GTO

     

    – Sull’imputazione dell’infrazione commessa da GTO a Otis Belgio, OEC e UTC

     

    – Sulla violazione dei diritti della difesa

     

    – Sulla violazione del principio di parità di trattamento

     

    Sul motivo concernente una violazione degli orientamenti del 1998, dei principi di proporzionalità e di parità di trattamento, dei diritti della difesa e dell’art. 253 CE nella fissazione dell’importo di partenza delle ammende in funzione della gravità delle infrazioni

     

    Osservazioni preliminari

     

    Decisione impugnata

     

    Sulla qualificazione come «molto grave» dell’infrazione in Lussemburgo

     

    Sull’asserita illegittimità degli importi di partenza delle ammende

     

    – Sugli importi di partenza generali delle ammende

     

    – Sugli importi di partenza specifici delle ammende

     

    Sul motivo concernente una violazione degli orientamenti del 1998 e del principio di proporzionalità nella determinazione della percentuale di aumento dell’importo di partenza dell’ammenda in funzione della durata dell’infrazione in Germania

     

    Sul motivo concernente una violazione degli orientamenti del 1998 e del principio di proporzionalità nell’applicazione del coefficiente moltiplicatore di gruppo ai fini della presa in considerazione della finalità dissuasiva nella determinazione dell’importo di partenza delle ammende

     

    Sul motivo concernente una violazione della comunicazione sulla cooperazione del 2002 e dell’art. 253 CE, nonché una violazione dei principi di tutela del legittimo affidamento, di proporzionalità, di equità, di parità di trattamento e dei diritti della difesa

     

    Sulla comunicazione sulla cooperazione del 2002

     

    Sul margine di discrezionalità della Commissione e sul controllo del giudice dell’Unione

     

    Sulla cooperazione di Otis ai fini dell’accertamento dell’infrazione in Belgio

     

    Sulla cooperazione di Otis ai fini dell’accertamento dell’infrazione in Germania

     

    Sulla cooperazione di Otis ai fini dell’accertamento dell’infrazione in Lussemburgo

     

    Sul motivo concernente la violazione dei principi di tutela del legittimo affidamento e di proporzionalità nella determinazione della riduzione dell’importo delle ammende concessa per la cooperazione al di fuori dell’ambito della comunicazione sulla cooperazione del 2002

     

    Sul motivo concernente la violazione dell’art. 23, n. 2, del regolamento n. 1/2003

     

    Sul motivo concernente la violazione del principio di proporzionalità nel calcolo dell’importo finale delle ammende

     

    Sulle spese


    ( *1 ) Lingue processuali: il francese e l’inglese.

    ( 1 ) Dati riservati omessi.

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