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Document 62003CJ0320

    Sentenza della Corte (grande sezione) del 15 novembre 2005.
    Commissione delle Comunità europee contro Repubblica d'Austria.
    Inadempimento di uno Stato - Artt. 28 CE - 30 CE - Libera circolazione delle merci - Artt. 1 e 3 del regolamento (CEE) n. 881/92 - Artt. 1 e 6 del regolamento (CEE) n. 3118/93 - Trasporti - Divieto settoriale di circolazione dei camion di più di 7,5 tonnellate che trasportano determinate merci - Qualità dell'aria - Tutela della salute e dell'ambiente - Principio di proporzionalità.
    Causa C-320/03.

    Raccolta della Giurisprudenza 2005 I-09871

    ECLI identifier: ECLI:EU:C:2005:684

    Causa C-320/03

    Commissione delle Comunità europee

    contro

    Repubblica d’Austria

    «Inadempimento di uno Stato — Artt. 28 CE ‑ 30 CE — Libera circolazione delle merci — Artt. 1 e 3 del regolamento (CEE) n. 881/92 — Artt. 1 e 6 del regolamento (CEE) n. 3118/93 — Trasporti — Divieto settoriale di circolazione degli autocarri pesanti più di 7,5 tonnellate che trasportano determinate merci — Qualità dell’aria — Tutela della salute e dell’ambiente — Principio di proporzionalità»

    Conclusioni dell’avvocato generale L. A. Geelhoed, presentate il 14 luglio 2005 

    Sentenza della Corte (Grande Sezione) 15 novembre 2005 

    Massime della sentenza

    Libera circolazione delle merci — Restrizioni quantitative — Misure di effetto equivalente — Divieto settoriale di circolazione degli autocarri pesanti più di 7,5 tonnellate che trasportano determinate merci — Inammissibilità — Giustificazione — Tutela dell’ambiente

    (Artt. 28 CE e 29 CE)

    Uno Stato membro il quale, allo scopo di garantire la qualità dell’aria ambiente nella zona interessata, adotti una normativa che vieta agli autocarri pesanti più di 7,5 tonnellate che trasportano determinate merci di circolare su un tratto stradale di primaria importanza, che costituisce una delle principali vie di comunicazione terrestre tra alcuni Stati membri, viene meno agli obblighi ad esso incombenti in forza degli artt. 28 CE e 29 CE.

    Un siffatto divieto ostacola la libera circolazione delle merci e, in particolare, il loro libero transito e dev’essere considerato come integrante una misura di effetto equivalente a restrizioni quantitative, incompatibile con gli obblighi di diritto comunitario derivanti dagli artt. 28 CE e 29 CE, qualora non sia obiettivamente giustificata.

    Orbene, una siffatta normativa non può essere giustificata da esigenze imperative attinenti alla tutela dell’ambiente, dato che non è dimostrato che lo scopo perseguito non potesse essere conseguito mediante altri mezzi meno restrittivi della libertà di circolazione.

    (v. punti 66, 69, 71, 87, 89, 95 e dispositivo)





    SENTENZA DELLA CORTE (Grande Sezione)

    15 novembre 2005 (*)

    «Inadempimento di uno Stato – Artt. 28 CE - 30 CE – Libera circolazione delle merci – Artt. 1 e 3 del regolamento (CEE) n. 881/92 – Artt. 1 e 6 del regolamento (CEE) n. 3118/93 – Trasporti – Divieto settoriale di circolazione dei camion di più di 7,5 tonnellate che trasportano determinate merci – Qualità dell’aria – Tutela della salute e dell’ambiente – Principio di proporzionalità»

    Nella causa C-320/03,

    avente ad oggetto un ricorso per inadempimento ai sensi dell’art. 226 CE, proposto il 24 luglio 2003,

    Commissione delle Comunità europee, rappresentata dalla sig.ra C. Schmidt, nonché dai sigg. W. Wils e G. Braun, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,

    ricorrente,

    sostenuta da:

    Repubblica federale di Germania, rappresentata dal sig. W.-D. Plessing e dalla sig.ra A. Tiemann, in qualità di agenti, assistiti dal sig. T. Lübbig, Rechtsanwalt;

    Repubblica italiana, rappresentata dal sig. I.M. Braguglia, in qualità di agente, assistito dal sig. G. De Bellis, avvocato dello Stato, con domicilio eletto in Lussemburgo;

    Regno dei Paesi Bassi, rappresentato dalla sig.ra H.G. Sevenster, in qualità di agente,

    intervenienti,

    contro

    Repubblica d’Austria, rappresentata dai sigg. E. Riedl e H. Dossi, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,

    convenuta,

    LA CORTE (Grande Sezione),

    composta dal sig. V. Skouris, presidente, dai sigg. P. Jann, C.W.A. Timmermans, A. Rosas e K. Schiemann, presidenti di sezione, dai sigg. R. Schintgen (relatore), J.N. Cunha Rodrigues, dalla sig.ra R. Silva de Lapuerta, dai sigg. K. Lenaerts, P. Kūris, E. Juhász, G. Arestis e A. Borg Barthet, giudici,

    avvocato generale: sig. L.A. Geelhoed

    cancelliere: sig.ra K. Sztranc, amministratore

    vista la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione orale del 24 maggio 2005,

    sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 14 luglio 2005,

    ha pronunciato la seguente

    Sentenza

    1       Con il ricorso, la Commissione delle Comunità europee chiede alla Corte di dichiarare che la Repubblica d’Austria, vietando ai camion di più di 7,5 tonnellate che trasportano determinate merci di circolare su un tratto dell’autostrada A 12 nella valle dell’Inn (Austria), a seguito dell’adozione del regolamento del presidente del Land Tirolo 27 maggio 2003, che limita il trasporto sull’autostrada A 12 nella valle dell’Inn (divieto settoriale di circolazione) [Verordnung des Landeshauptmanns von Tirol, mit der auf der A 12 Inntalautobahn verkehrsbeschränkende Maßnahmen erlassen werden (sektorales Fahrverbot)] (BGBl. II, 279/2003; in prosieguo: il «regolamento contestato»), è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza degli artt. 1 e 3 del regolamento (CEE) del Consiglio 26 marzo 1992, n. 881, relativo all’accesso al mercato dei trasporti di merci su strada nella Comunità effettuati in partenza dal territorio di uno Stato membro o a destinazione di questo, o in transito sul territorio di uno o più Stati membri (GU L 95, pag. 1), come modificato dal regolamento (CE) del Parlamento europeo e del Consiglio 1º marzo 2002, n. 484 (GU L 76, pag. 1; in prosieguo: il «regolamento n. 881/92»), in forza degli artt. 1 e 6 del regolamento (CEE) del Consiglio 25 ottobre 1993, n. 3118, che fissa le condizioni per l’ammissione di vettori non residenti ai trasporti nazionali di merci su strada in uno Stato membro (GU L 279, pag. 1), come modificato dal regolamento n. 484/2002 (in prosieguo: il «regolamento n. 3118/93»), nonché in forza degli artt. 28 CE - 30 CE.

     Contesto normativo e fatti

     La disciplina comunitaria relativa al mercato interno dei trasporti su strada

    2       I regolamenti nn. 881/92 e 3118/93 disciplinano il trasporto di merci su strada nel territorio della Comunità.

    3       Il regolamento n. 881/92, che, in conformità al suo art. 1, n. 1, è applicabile ai trasporti internazionali di merci su strada per conto terzi per i tragitti effettuati nel territorio della Comunità, prevede, all’art. 3, il rilascio da parte degli Stati membri di una licenza comunitaria ai trasportatori di merci stabiliti sul loro territorio e abilitati ad effettuare trasporti internazionali di merci su strada.

    4       Peraltro, ai sensi dell’art. 1, n. 1, del regolamento n. 3118/93:

    «Qualsiasi trasportatore di merci su strada per conto terzi che sia titolare della licenza comunitaria di cui al regolamento (CEE) n. 881/92 e il cui conducente, se cittadino di un paese terzo, è munito di un attestato di conducente alle condizioni previste da tale regolamento, è ammesso – alle condizioni fissate dal presente regolamento – ad effettuare, a titolo temporaneo, trasporti nazionali di merci su strada per conto terzi in un altro Stato membro, qui di seguito denominati rispettivamente “trasporti di cabotaggio” e “Stato membro ospitante”, senza che vi disponga di una sede o di un altro stabilimento».

    5       In forza dell’art. 6 del regolamento n. 3118/93, l’esecuzione dei trasporti di cabotaggio è soggetta, fatta salva l’applicazione della normativa comunitaria, alle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative in vigore nello Stato membro ospitante, nei settori considerati al n. 1 dello stesso articolo, e queste disposizioni devono essere applicate ai vettori non residenti alle medesime condizioni che tale Stato membro impone ai propri cittadini, al fine di evitare qualsiasi discriminazione manifesta o dissimulata basata sulla nazionalità o sul luogo di stabilimento.

     Le direttive comunitarie relative alla tutela della qualità dell’aria ambiente

    6       La normativa comunitaria relativa alla tutela della qualità dell’aria ambiente è costituita in particolare dalla direttiva del Consiglio 27 settembre 1996, 96/62/CE, in materia di valutazione e di gestione della qualità dell’aria ambiente (GU L 296, pag. 55), e dalla direttiva del Consiglio 22 aprile 1999, 1999/30/CE, concernente i valori limite di qualità dell’aria ambiente per il biossido di zolfo, il biossido di azoto, gli ossidi di azoto, le particelle e il piombo (GU L 163, pag. 41), come modificata dalla decisione della Commissione 17 ottobre 2001, 2001/744/CE (GU L 278, pag. 35; in prosieguo: la «direttiva 1999/30»).

    7       In conformità al suo art. 1, la direttiva 96/62 ha l’obiettivo generale di definire i principi di base di una strategia comune volta a:

    –       definire e stabilire obiettivi di qualità dell’aria ambiente nella Comunità europea al fine di evitare, prevenire o ridurre gli effetti nocivi sulla salute umana e sull’ambiente nel suo complesso;

    –       valutare la qualità dell’aria ambiente negli Stati membri in base a metodi e criteri comuni;

    –       disporre di informazioni adeguate sulla qualità dell’aria ambiente e far sì che siano rese pubbliche, tra l’altro mediante soglie d’allarme;

    –       mantenere la qualità dell’aria ambiente, laddove è buona, e migliorarla negli altri casi.

    8       L’art. 4 della direttiva 96/62 prevede che il Consiglio dell’Unione europea, su proposta della Commissione, determini valori limite per gli inquinanti elencati nell’allegato I di tale direttiva.

    9       L’art. 7 della direttiva 96/62 così dispone:

    «Miglioramento della qualità dell’aria ambiente

    Requisiti generali

    1.      Gli Stati membri adottano le misure necessarie per assicurare il rispetto dei valori limite.

    (…)

    3.      Gli Stati membri predispongono piani d’azione che indicano le misure da adottare a breve termine in casi di rischio di un superamento dei valori limite e/o delle soglie d’allarme, al fine di ridurre il rischio e limitarne la durata. Tali piani possono prevedere, a seconda dei casi, misure di controllo e, ove necessario, di sospensione delle attività, ivi compreso il traffico automobilistico, che contribuiscono al superamento dei valori limite».

    10     L’art. 8, n. 3, della direttiva 96/62, per altro verso, prevede:

    «Nelle zone e negli agglomerati [in cui i livelli di uno o più inquinanti superano i valori limite aumentati del margine di superamento], gli Stati membri adottano misure atte a garantire l’elaborazione o l’attuazione di un piano o di un programma che consenta di raggiungere il valore limite entro il periodo di tempo stabilito.

    Tale piano o programma, da rendere pubblico, deve riportare almeno le informazioni di cui all’allegato IV».

    11     Valori limite per il biossido di azoto (NO2) sono fissati nella direttiva 1999/30.

    12     Ai sensi dell’art. 4 della direttiva 1999/30:

    «Biossido di azoto e ossidi di azoto

    1.      Gli Stati membri adottano le misure necessarie per garantire che le concentrazioni di biossido di azoto e, ove possibile, degli ossidi di azoto nell’aria, valutate a norma dell’articolo 7, non superino i valori limite indicati nella sezione I dell’allegato II, a decorrere dalle date ivi indicate.

    I margini di tolleranza indicati nella sezione I dell’allegato II si applicano a norma dell’articolo 8 della direttiva 96/62/CE.

    2.      La soglia di allarme per le concentrazioni di biossido di azoto nell’aria ambiente è indicata nella sezione II dell’allegato II».

    13     Risulta dalla sezione I dell’allegato II della direttiva 1999/30 che, con riferimento al biossido di azoto:

    –       il valore limite orario è fissato a 200 μg/m3 «da non superare più di 18 volte per anno civile», aumentato di una percentuale di tolleranza decrescente fino al 1º gennaio 2010;

    –       il valore limite annuale è fissato a 40 μg/m3, ugualmente aumentato della stessa percentuale di tolleranza decrescente fino al 1º gennaio 2010, cioè 56 μg/m3 per il 2002.

    14     La detta sezione I dispone anche che i valori limite summenzionati devono essere rispettati al 1º gennaio 2010.

    15     Secondo il quarto ‘considerando’ della direttiva 1999/30, i valori limite in essa fissati costituiscono requisiti minimi e, in conformità all’art. 176 CE, gli Stati membri possono mantenere o prendere provvedimenti per una protezione ancora maggiore e in particolare stabilire valori limite più rigorosi.

     Il diritto nazionale e i fatti all’origine della controversia

    16     Le direttive 96/62 e 1999/30 sono state recepite nel diritto austriaco per mezzo di modifiche alla legge sulla protezione dell’aria dall’inquinamento (Immissionsschutzgesetz-Luft, BGBl. I, 115/1997; in prosieguo: l’«IG-L»).

    17     L’art. 10 dell’IG-L prevede la pubblicazione di un catalogo di provvedimenti da adottare in caso di superamento di un valore limite. L’art. 11 della detta legge enuncia i principi che devono essere rispettati in quest’ipotesi, quali il principio «chi inquina paga» e il principio di proporzionalità. L’art. 14 della stessa legge contiene disposizioni applicabili in particolare al settore dei trasporti.

    18     Il 1º ottobre 2002, dopo aver constatato un superamento del valore limite del biossido di azoto, come definito nella sezione I dell’allegato II della direttiva 1999/30, le autorità del Tirolo hanno imposto un divieto temporaneo di circolazione notturna riguardante i mezzi pesanti su un tratto dell’autostrada A 12, nella valle dell’Inn.

    19     Nel corso dell’anno 2002, il valore limite annuale fissato a 56 μg/m3 dal detto allegato II è stato nuovamente superato al punto di controllo di Vomp/Raststätte, sul detto tratto autostradale, mentre la media annuale registrata è stata di 61 μg/m3.

    20     Il divieto temporaneo di circolazione notturna è stato allora prorogato e poi sostituito, a partire dal 1º giugno 2003, con un divieto permanente di circolazione notturna che ha colpito il trasporto di merci effettuato da mezzi pesanti di più di 7,5 tonnellate, divieto valido tutto l’anno.

    21     Il 27 maggio 2003 il Landeshauptmann von Tirol ha adottato, sul fondamento dell’IG-L, il regolamento contestato, che vieta, a partire dal 1º agosto 2003 e per un periodo indeterminato, la circolazione sul tratto dell’autostrada A 12 in causa ad una categoria di mezzi pesanti che trasportano determinate merci.

    22     Il regolamento contestato è inteso, ai sensi del suo art. 1, a ridurre le emissioni di inquinanti legate alle attività umane e a migliorare quindi la qualità dell’aria per assicurare la protezione duratura della salute umana nonché della fauna e della flora.

    23     L’art. 2 del regolamento contestato delimita una «zona sanitaria», costituita da un tratto di 46 km dell’autostrada A 12, tra i comuni di Kundl e d’Ampass.

    24     L’art. 3 dello stesso regolamento vieta ai mezzi pesanti o ai semirimorchi la cui massa massima autorizzata è superiore a 7,5 tonnellate ed ai mezzi pesanti con rimorchio, le cui masse massime autorizzate aggiunte superano le 7,5 tonnellate, di circolare sul detto tratto trasportando le seguenti merci: tutti i rifiuti contemplati nell’elenco europeo dei rifiuti [di cui alla decisione della Commissione 3 maggio 2000, 2000/532/CE, che sostituisce la decisione 94/3/CE che istituisce un elenco di rifiuti conformemente all’articolo 1, lettera a), della direttiva 75/442/CEE del Consiglio relativa ai rifiuti e la decisione 94/904/CE del Consiglio che istituisce un elenco di rifiuti pericolosi ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 4, della direttiva 91/689/CEE del Consiglio relativa ai rifiuti pericolosi (GU L 226, pag. 3), nella versione risultante dalla decisione del Consiglio 23 luglio 2001, 2001/573/CE, che modifica l’elenco di rifiuti contenuto nella decisione 2000/532/CE della Commissione (GU L 203, pag. 18)], i cereali, i legnami in tronchi e sughero, i minerali ferrosi e non ferrosi, il pietrame, la terra, i materiali di sterro, i veicoli a motore e i rimorchi nonché l’acciaio da costruzione. Il divieto doveva essere applicato immediatamente, a partire dal 1º agosto 2003, senza che fosse necessario alcun intervento supplementare da parte delle autorità competenti.

    25     L’art. 4 del regolamento contestato sottrae al divieto sancito dal detto art. 3 i mezzi pesanti il cui trasporto inizia o termina nel territorio della città di Innsbruck o nei distretti di Kufstein, di Schwaz o di Innsbruck-Land. Peraltro, l’IG-L comporta esso stesso altre deroghe: esso esclude dal divieto di circolare diverse categorie di veicoli, tra i quali figurano i veicoli per la manutenzione della rete stradale, della nettezza urbana nonché i veicoli agricoli e forestali. Una deroga particolare può, inoltre, essere sollecitata per altre categorie di veicoli per ragioni di interesse pubblico o per un importante interesse privato.

     La fase precontenziosa

    26     A seguito di un primo scambio epistolare con la Repubblica d’Austria, il 25 giugno 2003 la Commissione ha inviato a tale Stato membro una lettera di diffida e lo ha invitato a rispondere nel termine di una settimana. Il governo austriaco ha risposto con la lettera del 3 luglio 2003.

    27     Il 9 luglio 2003 la Commissione ha inviato alla Repubblica d’Austria un parere motivato, a norma dell’art. 226 CE, che stabiliva anch’esso il termine di una settimana perché essa vi si conformasse. Il detto Stato membro ha risposto al parere motivato con lettera del 18 luglio 2003.

    28     La Commissione, considerando che le spiegazioni fornite dalla Repubblica d’Austria in risposta al detto parere motivato non fossero soddisfacenti, ha deciso di proporre il presente ricorso.

     La sospensione dell’esecuzione del divieto settoriale di circolazione

    29     Con ordinanza 30 luglio 2003, causa C-320/03 R, Commissione/Austria (Racc. pag. I-7929), il presidente della Corte ha ordinato, a titolo conservativo, alla Repubblica d’Austria di sospendere l’esecuzione del divieto di circolazione contenuto nel regolamento contestato fino alla pronuncia dell’ordinanza che pone fine al procedimento sommario.

    30     Con ordinanza 2 ottobre 2003, causa C-320/03 R, Commissione/Austria (Racc. pag. I-11665), il provvedimento di sospensione dell’esecuzione del detto divieto di circolazione è stato prorogato fino al 30 aprile 2004 e, con ordinanza 27 aprile 2004, causa C-320/03 R (Racc. pag. I-3593), tale proroga è stata mantenuta fino alla pronuncia della Corte sul merito del ricorso.

     La ricevibilità del ricorso

    31     La Repubblica d’Austria contesta la ricevibilità del ricorso in ragione dei termini estremamente brevi che le sono stati assegnati nel corso della fase precontenziosa del procedimento per preparare le risposte alla lettera di diffida e al parere motivato ad essa inviati dalla Commissione. Essa ritiene che non siano stati rispettati i diritti della difesa, nonché il diritto ad un equo processo, e mette in dubbio che i servizi della Commissione abbiano effettuato un serio esame delle osservazioni delle autorità austriache nel corso di questa fase del procedimento.

    32     La Repubblica d’Austria aggiunge che la Commissione avrebbe dovuto applicare la procedura prevista dal regolamento (CE) del Consiglio 7 dicembre 1998, n. 2679, sul funzionamento del mercato interno in relazione alla libera circolazione delle merci tra gli Stati membri (GU L 337, pag. 8).

    33     Al riguardo è necessario constatare che i termini assai brevi assegnati dalla Commissione alla Repubblica d’Austria per rispondere alla lettera di diffida e per conformarsi al parere motivato sono stati imposti dalla data di entrata in vigore del regolamento contestato, fissata dalle stesse autorità austriache. Inoltre, è pacifico che esse avevano conoscenza della posizione della Commissione prima dell’avvio della fase precontenziosa del procedimento ed anche prima dell’adozione del regolamento contestato in quanto, come risulta dal fascicolo, la detta istituzione, ricevuta la notifica di una denuncia, aveva chiesto, con lettera del 6 maggio 2003, alle dette autorità di fornirle informazioni sul testo che era in corso di elaborazione.

    34     In tali circostanze, non si può rimproverare alla Commissione, incaricata a norma dell’art. 211 CE di vigilare sul rispetto da parte degli Stati membri degli obblighi ad essi incombenti in forza del diritto comunitario, di aver fissato determinati termini tenendo conto delle circostanze che caratterizzano la fattispecie e, in particolare, dell’urgenza (v., in questo senso, sentenze 2 febbraio 1988, causa 293/85, Commissione/Belgio, Racc. pag. 305, punto 14; 28 ottobre 1999, causa C‑328/96, Commissione/Austria, Racc. pag. I-7479, punti 34 e 51, nonché 13 dicembre 2001, causa C-1/00, Commissione/Francia, Racc. pag. I-9989, punti 64 e 65).

    35     Quanto alla procedura istituita dal regolamento n. 2679/98, che è intesa ad eliminare il più rapidamente possibile gli ostacoli alla libera circolazione delle merci tra gli Stati membri, come definiti all’art. 1 di questo regolamento, è necessario constatare, come ha osservato l’Avvocato generale al paragrafo 35 delle sue conclusioni, che l’attuazione di una tale procedura non costituisce in alcun modo una condizione preventiva che la Commissione debba soddisfare prima di intraprendere la fase precontenziosa del procedimento ai sensi dell’art. 226 CE e che il detto regolamento non può circoscrivere in alcun modo le competenze che a tale istituzione sono attribuite da quest’ultima disposizione (v., in tal senso, sentenza 2 giugno 2005, causa C‑394/02, Commissione/Grecia, Racc. pag. I-0000, punti 27 e 28, nonché giurisprudenza citata).

    36     Occorre conseguentemente dichiarare ricevibile il presente ricorso.

     Nel merito

     Argomenti della Commissione e degli Stati membri intervenienti

    37     Secondo la Commissione, il regolamento contestato viola le disposizioni comunitarie in materia di libera prestazione dei servizi di trasporto, contenute nei regolamenti nn. 881/92 e 3118/93, e ostacola la libera circolazione delle merci, garantita dagli artt. 28 CE - 30 CE.

    38     Il provvedimento di divieto emesso con il regolamento contestato inciderebbe di fatto prevalentemente sul transito internazionale delle merci. Infatti, il trasporto di transito colpito da tale provvedimento sarebbe effettuato per più dell’80% da imprese non austriache, mentre il trasporto escluso da tale provvedimento sarebbe effettuato per più dell’80% da imprese austriache. Il detto regolamento compirebbe pertanto una discriminazione quantomeno indiretta, il che sarebbe incompatibile con i regolamenti nn. 881/92 e 3118/93, oltre che con gli artt. 28 CE - 30 CE.

    39     Tale provvedimento, in quanto applicabile quindi in modo differenziato, non potrebbe essere giustificato da considerazioni attinenti alla tutela dell’ambiente. Se è vero che la Repubblica d’Austria tende a giustificare il regolamento contestato con motivi riconducibili sia alla salute delle persone sia alla tutela dell’ambiente, è evidente, secondo la Commissione e gli Stati membri intervenienti, che quest’ultimo obiettivo prevale. Orbene, una giustificazione tratta da considerazioni sanitarie, a norma dell’art. 30 CE, sarebbe possibile soltanto qualora le merci in questione costituissero una minaccia diretta e comprovata per la salute delle persone. Così non avverrebbe manifestamente nella fattispecie.

    40     Nell’ipotesi in cui la Corte considerasse che il regolamento contestato, sebbene applicabile in modo differenziato, possa essere validamente fondato su considerazioni attinenti alla tutela dell’ambiente, la Commissione ritiene, in subordine, che il detto regolamento non possa essere giustificato sul fondamento delle direttive 96/62 e 1999/30. Infatti, da un lato, un divieto settoriale di circolazione per un periodo indeterminato non può essere fondato sull’art. 7, n. 3, della direttiva 96/62, che riguarderebbe soltanto provvedimenti urgenti e temporanei. D’altro lato, se il valore limite previsto all’art. 8, n. 3, di quest’ultima direttiva per il biossido di azoto, maggiorato del margine di tolleranza, è stato nettamente superato nel 2002, il catalogo delle misure che compaiono all’art. 10 dell’IG-L non conterrebbe gli elementi richiesti dal detto art. 8, n. 3, e dall’allegato IV della direttiva 96/62.

    41     Gli Stati membri intervenienti criticano anche il metodo applicato in Austria per misurare il livelli di inquinamento e per pervenire alla conclusione che delle emissioni di biossido di azoto sia particolarmente responsabile una certa categoria di mezzi pesanti. Il governo tedesco, in particolare, fa valere che, secondo la sezione I dell’allegato II della direttiva 1999/30, il valore limite annuale per la tutela della salute umana diverrà imperativo soltanto a partire dal 1º gennaio 2010. Prima di questa data, il superamento dei valori limite fissati per i diversi anni non giustificherebbe che gli Stati membri adottino misure immediate. Essi sarebbero autorizzati ad agire in tal senso soltanto se la «soglia di allarme» prevista all’art. 2, n. 6, ed alla sezione II dell’allegato II della detta direttiva venisse superata, cosa che la Repubblica d’Austria non avrebbe dimostrato né affermato. Inoltre, secondo i governi tedesco e italiano, il superamento del valore limite per il biossido di azoto sul quale si basa il regolamento contestato non è stato dimostrato in conformità ai requisiti che risultano dagli allegati V e VI della direttiva 1999/30. Il governo tedesco invoca anche numerose carenze d’ordine metodologico che caratterizzerebbero la misura di prelievo effettuata dalle autorità austriache. Inoltre, esso osserva che l’utilizzo di deviazioni, più lunghe, provocherebbe un inquinamento atmosferico ancor maggiore e non farebbe altro che trasferire altrove il problema.

    42     In ogni caso, il regolamento contestato non sarebbe conforme al principio di proporzionalità.

    43     Al riguardo la Commissione constata che, secondo le statistiche elaborate dalle autorità tirolesi, 5 200 mezzi pesanti in media, nel 2002, avrebbero percorso ogni giorno l’autostrada A 12 tra l’agglomerato di Wörgl (che è vicino alla frontiera tedesca) e quello di Hall (situato a 10 km da Innsbruck). Orbene, il regolamento contestato avrebbe per effetto di vietare il complesso del traffico stradale di transito internazionale ai mezzi pesanti che trasportano le merci in esso elencate, in quanto gli altri itinerari ipotizzabili su strada comporterebbero una deviazione considerevole per gli operatori economici interessati.

    44     Inoltre, secondo la Commissione e gli Stati membri intervenienti, il sistema ferroviario non costituirebbe, a breve termine, una soluzione sostitutiva realistica per le imprese di trasporto stradale in questione, a causa della ridotta capacità dell’asse ferroviario del Brennero e tenuto conto delle limitazioni tecniche, dei ritardi, nonché della mancanza di affidabilità di questo sistema di trasporto, qualunque sia il modo di trasporto ferroviario preso in considerazione come sostitutivo del trasporto su strada delle merci considerate dal regolamento contestato.

    45     La Commissione invoca anche le conseguenze economiche considerevoli che risulterebbero dall’attuazione del provvedimento di divieto emesso con il regolamento contestato, non soltanto per l’industria dei trasporti, ma anche per i fabbricanti delle merci di cui trattasi, che dovrebbero sopportare costi di trasporto più elevati; le imprese tedesche e italiane sarebbero le prime ad essere colpite da un simile provvedimento. La Commissione e gli Stati membri intervenienti indicano che sarebbero le piccole e medie imprese di trasporto, di cui molte si sono specializzate nel trasporto di alcune delle merci considerate, ad essere minacciate.

    46     La Commissione, sostenuta dagli Stati membri intervenienti, menziona diverse misure che sarebbero a loro parere tali da ostacolare in minor misura la libera circolazione delle merci e la libera prestazione dei servizi di trasporto, pur essendo idonee a conseguire l’obiettivo contemplato dal regolamento contestato, e cioè:

    –       la possibilità di introdurre progressivamente il divieto di circolazione per i mezzi pesanti delle diverse classi EURO;

    –       il sistema degli ecopunti, previsto dal Protocollo n. 9, concernente il trasporto su strada, ferroviario e combinato in Austria (in prosieguo: il «Protocollo n. 9»), allegato all’Atto relativo alle condizioni di adesione della Repubblica d’Austria, della Repubblica di Finlandia e del Regno di Svezia e agli adattamenti dei Trattati sui quali si fonda l’Unione europea (GU 1994, C 241, pag. 21, e GU 1995, L 1, pag. 1), in quanto questo protocollo avrebbe già contribuito in modo significativo a conciliare il traffico dei mezzi pesanti con le esigenze legate alla tutela dell’ambiente;

    –       la limitazione del traffico dei mezzi pesanti nelle ore di punta;

    –       il divieto di circolazione notturna di questi veicoli;

    –       l’instaurazione di sistemi di pedaggio in funzione della quantità di inquinanti emessi, o ancora

    –       l’introduzione di limiti di velocità.

    47     Queste diverse misure, che sarebbero maggiormente conformi al principio di lotta alla fonte contro i danni all’ambiente ed al principio «chi inquina paga», riguarderebbero anche il traffico locale e ridurrebbero l’inquinamento causato da veicoli non presi in considerazione dal regolamento contestato. In ogni caso, in assenza di valutazione degli effetti sulla concentrazione di biossido di azoto del divieto di circolazione notturna, imposto qualche mese prima dell’adozione del detto regolamento, l’adozione di quest’ultimo sarebbe stata prematura.

    48     Il governo tedesco asserisce, inoltre, che la scelta delle merci considerate è arbitraria e ingiusta. Secondo il governo dei Paesi Bassi, il regolamento contestato si applica soltanto ad una delle numerose fonti di inquinamento nella zona in causa e limita anche l’uso di mezzi pesanti relativamente puliti, che appartengono alla classe EURO-3. Il governo italiano asserisce, per parte sua, che tale regolamento viola anche il diritto di transito conferito dal diritto comunitario ai veicoli ai quali sono stati attribuiti ecopunti.

    49     Infine, il governo tedesco sostiene che l’art. 10 CE imponeva alla Repubblica d’Austria di consultare in tempo utile gli Stati membri interessati e la Commissione prima di adottare un provvedimento radicale come il divieto settoriale di circolazione. Secondo la Commissione, tale misura avrebbe dovuto, quantomeno, essere introdotta progressivamente per permettere ai settori interessati di prepararsi al cambiamento di circostanze risultante dalla sua attuazione.

     Argomenti della Repubblica d’Austria

    50     La Repubblica d’Austria ritiene che il regolamento contestato sia conforme al diritto comunitario. Esso sarebbe stato adottato nel rispetto delle disposizioni delle direttive relative alla tutela della qualità dell’aria ambiente e, in particolare, degli artt. 7 e 8 della direttiva 96/62, come recepiti nell’ordinamento giuridico austriaco.

    51     Quest’ultima direttiva, in combinato disposto con la direttiva 1999/30, imporrebbe, in caso di superamento del valore limite annuale di biossido di azoto, un obbligo di intervenire a carico dello Stato membro interessato. Orbene, la Commissione non contesterebbe che, nel 2002, il valore limite maggiorato del margine di tolleranza, cioè 56 μg/m3, è stato superato al punto di controllo di Vomp/Raststätte e che, nel 2003, il detto valore limite è stato largamente superato in quanto le concentrazioni di biossido di azoto nell’aria ambiente hanno raggiunto i 68 μg/m3. È in queste circostanze che sarebbe stato adottato il regolamento contestato.

    52     La Repubblica d’Austria ammette che il Protocollo n. 9, che instaura la disciplina relativa agli ecopunti, prevede esplicitamente alcune deroghe al diritto comunitario derivato. Tali deroghe sarebbero tuttavia elencate in modo tassativo e le direttive 96/62 e 1999/30 non ne farebbero parte.

    53     Gli studi scientifici dimostrerebbero chiaramente che le emissioni di biossido di azoto dei mezzi pesanti costituiscono una fonte assai importante di inquinamento atmosferico nella zona considerata dal regolamento contestato. Sarebbe evidente che era necessario limitare il numero dei trasporti effettuati da questi veicoli. A questo scopo le autorità austriache avrebbero selezionato determinate merci per le quali il trasporto ferroviario costituiva una soluzione sostitutiva effettiva da un punto di vista tecnico ed economico. La Repubblica d’Austria si basa, al riguardo, su documenti che provengono da diverse società ferroviarie pubbliche e private, nazionali ed estere, dai quali risulterebbe che esiste una capacità sufficiente per rispondere all’aumento della domanda dovuto all’adozione del detto regolamento. Esisterebbero anche percorsi stradali alternativi. In effetti, quasi la metà del traffico stradale di mezzi pesanti in transito nel corridoio del Brennero avrebbe a disposizione un itinerario sostitutivo più breve o almeno equivalente alla strada del Brennero.

    54     Tenuto conto di queste soluzioni alternative, le preoccupazioni allarmistiche della Commissione, che sarebbero fondate sulla supposizione che tutti i trasporti in transito di mezzi pesanti stranieri interessati debbano essere deviati verso la Svizzera o verso la strada dei Tauern in Austria, sarebbero prive di fondamento.

    55     La Repubblica d’Austria contesta anche gli argomenti attinenti agli effetti economici del regolamento contestato sul settore dei trasporti. Esso sarebbe caratterizzato da una sovracapacità strutturale e da margini di utile estremamente esigui. Il fatto che il detto regolamento possa inasprire questi problemi non costituirebbe una ragione per ritenerlo illegittimo.

    56     Per quanto riguarda il carattere asseritamente discriminatorio del regolamento contestato, la Repubblica d’Austria afferma che il divieto di circolazione colpisce anche il traffico interno e che la scelta delle merci considerate da questo regolamento è stata effettuata in funzione della possibilità di trasferire facilmente il loro trasporto verso la rete ferroviaria.

    57     La Repubblica d’Austria aggiunge che la circostanza che i trasporti il cui punto di partenza o di destinazione è situato nella zona di cui trattasi siano esclusi dal divieto non è in grado di dimostrare l’esistenza di una discriminazione a detrimento dei trasportatori non austriaci. La deroga a favore del traffico locale sarebbe, infatti, inerente al sistema posto in essere, in quanto il trasferimento di questo tipo di traffico verso la rete ferroviaria, per ipotesi all’interno stesso della zona, comporterebbe tragitti più lunghi a destinazione delle stazioni ferroviarie, il che avrebbe un effetto contrario all’obiettivo cui mira il regolamento contestato.

    58     Comunque, anche qualora la Corte dovesse dichiarare che il regolamento contestato è indirettamente discriminatorio, il divieto di circolazione sarebbe giustificato da motivi di tutela sia della salute umana sia dell’ambiente. La Repubblica d’Austria sostiene al riguardo che i valori limite che compaiono nelle direttive 96/62 e 1999/30 sono stati fissati, sulla base di criteri scientifici, ad un livello reputato necessario per garantire la tutela durevole della salute delle persone nonché degli ecosistemi e della flora. Risulterebbe dunque inutile dimostrare che ogni superamento dei detti valori minaccia la salute delle persone o l’ambiente nel suo insieme.

    59     Inoltre, il divieto imposto con il regolamento contestato sarebbe tanto appropriato quanto necessario e proporzionato all’obiettivo perseguito. La Commissione non avrebbe contestato l’adeguatezza del provvedimento, quantomeno fino al deposito della memoria di replica, né la sua necessità, tenuto conto del superamento dei valori limite annuali. La Repubblica d’Austria contesta, per contro, l’adeguatezza delle soluzioni alternative proposte dalla Commissione e dagli Stati membri intervenienti. Vietare determinate classi di veicoli EURO sarebbe o insufficiente (con riferimento alle classi 0 e 1) o sproporzionato (con riferimento alle classi 0, 1 e 2). Quest’ultimo divieto colpirebbe il 50% del traffico dei mezzi pesanti e non terrebbe alcun conto della trasferibilità di esso verso la rete ferroviaria. La Repubblica d’Austria sottolinea, inoltre, che i valori limite sono stati superati malgrado l’applicazione del sistema degli ecopunti e che, nell’elaborare il detto regolamento, il divieto notturno di circolazione imposto ai mezzi pesanti è stato preso in considerazione.

    60     D’altra parte, il divieto settoriale di circolazione per i mezzi pesanti non costituirebbe una misura isolata, in quanto sarebbero state intraprese altre azioni a carattere strutturale, come l’estensione dell’infrastruttura ferroviaria e il miglioramento dei trasporti pubblici di passeggeri locali e regionali.

    61     Infine, la Repubblica d’Austria ritiene che l’argomentazione esposta dalla Commissione a sostegno della censura attinente alla violazione dei regolamenti nn. 881/92 e 3118/93 non sia chiara e sia troppo sommaria. Più precisamente, la Commissione non spiegherebbe la ragione per la quale i detti regolamenti sarebbero stati violati, in modo che non ricorrerebbero le condizioni enunciate all’art. 38, n. 1, lett. c), del regolamento di procedura della Corte.

     Giudizio della Corte

    62     Il ricorso della Commissione tende, in via generale, ad ottenere la constatazione della Corte che, vietando ai camion di più di 7,5 tonnellate, che trasportano determinate merci, di circolare su un tratto dell’autostrada A 12 nella valle dell’Inn, il regolamento contestato introduce un ostacolo incompatibile con la libera circolazione delle merci garantita dal Trattato CE e viola i regolamenti nn. 881/92 e 3118/93. Occorre pertanto esaminare queste due censure l’una dopo l’altra.

    Con riferimento all’asserita violazione delle norme del Trattato relative alla libera circolazione delle merci

    –       Sull’esistenza di un ostacolo alla libera circolazione delle merci

    63     Al riguardo occorre ricordare immediatamente che la libera circolazione delle merci costituisce uno dei principi fondamentali del Trattato (sentenza 9 dicembre 1997, causa C-265/95, Commissione/Francia, Racc. pag. I-6959, punto 24).

    64     Così, l’art. 3 CE, inserito nella parte prima del Trattato, intitolata «Principi», dispone, al n. 1, lett. c), che, ai fini enunciati all’art. 2 dello stesso Trattato, l’azione della Comunità comporta un mercato interno caratterizzato dall’eliminazione, fra gli Stati membri, degli ostacoli, in particolare, alla libera circolazione delle merci. Allo stesso modo, l’art. 14 CE dispone, al n. 2, che «il mercato interno comporta uno spazio senza frontiere interne, nel quale è assicurata la libera circolazione delle merci (…) secondo le disposizioni del presente Trattato», disposizioni che compaiono in particolare agli artt. 28 CE e 29 CE.

    65     Una simile libertà di circolazione ha per conseguenza l’esistenza di un principio generale di libertà di transito delle merci nell’ambito della Comunità (v. sentenza 16 marzo 1983, causa 266/81, SIOT, Racc. pag. 731, punto 16).

    66     È evidente che, vietando ai mezzi pesanti di più di 7,5 tonnellate che trasportano determinate categorie di merci di circolare su un tratto stradale di primaria importanza, che costituisce una delle principali vie di comunicazione terrestri tra il sud della Germania e il nord dell’Italia, il regolamento contestato ostacola la libera circolazione delle merci e, in particolare, il loro libero transito.

    67     La circostanza secondo cui esisterebbero, come sostenuto dalla Repubblica d’Austria, itinerari sostitutivi o altri mezzi di trasporto in grado di consentire l’instradamento delle merci in causa non è tale da escludere l’esistenza di un ostacolo. Infatti, risulta da giurisprudenza costante, a partire dalla sentenza 11 luglio 1974, causa 8/74, Dassonville (Racc. pag. 837, punto 5), che gli artt. 28 CE e 29 CE, inseriti nel loro contesto, devono essere intesi nel senso che mirano ad eliminare qualsiasi ostacolo, diretto o indiretto, attuale o in potenza, alle correnti di scambi nel commercio intracomunitario (v. sentenza 12 giugno 2003, causa C‑112/00, Schmidberger, Racc. pag. I-5659, punto 56).

    68     Orbene, è innegabile che il divieto di circolazione imposto con il regolamento contestato, costringendo le imprese interessate a cercare, per di più entro un termine assai breve, soluzioni sostitutive economicamente valide per il trasporto delle merci considerate dal detto regolamento, è tale da limitare le possibilità di scambi tra l’Europa settentrionale e il nord dell’Italia.

    69     Di conseguenza, si deve ritenere che il regolamento contestato costituisca una misura di effetto equivalente a restrizioni quantitative, in linea di principio incompatibile con gli obblighi di diritto comunitario derivanti dagli artt. 28 CE e 29 CE, salvo che tale misura possa essere obiettivamente giustificata.

    –       Sull’eventuale giustificazione dell’ostacolo

    70     Secondo una giurisprudenza costante, misure nazionali atte ad ostacolare gli scambi intracomunitari possono essere giustificate da esigenze imperative attinenti alla tutela ambientale purché siano proporzionate all’obiettivo perseguito (v., in particolare, sentenze 14 dicembre 2004, causa C‑463/01, Commissione/Germania, Racc. pag. I‑11705, punto 75, nonché causa C-309/02, Radlberger Getränkegesellschaft e S. Spitz, Racc. pag. I‑11763, punto 75).

    71     Nella fattispecie è pacifico che il regolamento contestato è stato adottato allo scopo di garantire la qualità dell’aria ambiente nella zona in causa ed è dunque giustificato da motivi attinenti alla tutela dell’ambiente.

    72     Al riguardo occorre, in primo luogo, ricordare che la tutela dell’ambiente costituisce uno degli obiettivi essenziali della Comunità (v. sentenze 7 febbraio 1985, causa 240/83, ADBHU, Racc. pag. 531, punto 13; 20 settembre 1988, causa 302/86, Commissione/Danimarca, Racc. pag. 4607, punto 8; 2 aprile 1998, causa C-213/96, Outokumpu, Racc. pag. I-1777, punto 32, e 13 settembre 2005, causa C‑176/03, Commissione/Consiglio, Racc. pag. I-0000, punto 41). In tal senso, l’art. 2 CE dispone che la Comunità ha il compito di promuovere un «elevato livello di protezione dell’ambiente ed il miglioramento della qualità di quest’ultimo» e, a tal fine, l’art. 3, n. 1, lett. l), CE prevede l’attuazione di una «politica nel settore dell’ambiente».

    73     Inoltre, ai sensi dell’art. 6 CE, «le esigenze connesse con la tutela dell’ambiente devono essere integrate nella definizione e nell’attuazione delle politiche e azioni comunitarie», disposizione questa che sottolinea il carattere trasversale e fondamentale di tale obiettivo (v. sentenza Commissione/Consiglio, citata, punto 42).

    74     Va in secondo luogo osservato, per quanto riguarda più in particolare la protezione della qualità dell’aria ambiente, che la direttiva 1999/30 definisce, all’allegato II, valori limite per il biossido di azoto e gli ossidi di azoto allo scopo di valutare la detta qualità e di determinare in quale momento debba essere adottata una misura preventiva o correttiva.

    75     In tale contesto, la direttiva 96/62 stabilisce una distinzione a seconda che esista il «rischio di un superamento dei valori limite» o che essi siano stati effettivamente superati.

    76     In tal senso, l’art. 7, n. 3, della detta direttiva dispone che gli Stati membri «predispongono piani d’azione (…) al fine di ridurre [tale] rischio». I detti piani, secondo la stessa disposizione, possono prevedere «misure (…) di sospensione delle attività, ivi compreso il traffico automobilistico, che contribuiscono al superamento dei valori limite».

    77     Nel secondo caso, cioè quando è certo che i livelli di uno o più inquinanti eccedono i valori limite, maggiorati del margine di tolleranza, l’art. 8, n. 3, della direttiva 96/62 dispone che gli Stati membri «adottano misure atte a garantire l’elaborazione o l’attuazione di un piano o di un programma che consenta di raggiungere il valore limite entro il periodo di tempo stabilito». Tali piani o programmi sono resi pubblici e devono riportare le informazioni di cui all’allegato IV della detta direttiva.

    78     Poiché la Repubblica d’Austria sostiene che il regolamento contestato, basato sull’IG-L che recepisce nel diritto nazionale le direttive 96/62 e 1999/30, è appunto inteso ad attuare le disposizioni di cui agli artt. 7 e 8 della direttiva 96/62, occorre previamente esaminare se il detto regolamento abbia effettivamente tale oggetto.

    79     Al riguardo, sebbene il metodo utilizzato per la misurazione del livello del biossido di azoto nell’aria ambiente sia stato criticato dalla Repubblica federale di Germania e dalla Repubblica italiana, la Commissione stessa non contesta che, nel 2002 e nel 2003, il valore limite annuale fissato per questo inquinante, maggiorato dal margine di tolleranza, sia stato superato al punto di controllo di Vomp/Raststätte.

    80     In tali circostanze, la Repubblica d’Austria, tenuto conto del dettato dell’art. 8, n. 3, della direttiva 96/62, aveva l’obbligo di intervenire. È vero che i valori limite stabiliti per il biossido di azoto devono essere rispettati, in conformità alla sezione I dell’allegato II della direttiva 1999/30, soltanto a partire dal 1º gennaio 2010. Nondimeno, in caso di superamento dei valori limite, non si può contestare ad uno Stato membro di aver agito in conformità al detto art. 8, n. 3, già prima dello scadere del termine in causa, allo scopo di realizzare progressivamente il risultato previsto da quest’ultima direttiva e di raggiungere così, nel termine assegnato, l’obiettivo da essa fissato.

    81     Risulta, più in particolare, dall’art. 8, n. 3, della direttiva 96/62 che, in caso di superamento dei valori limite, lo Stato membro considerato è tenuto ad elaborare o ad attuare un piano o un programma, che deve riportare le informazioni elencate all’allegato IV della detta direttiva, come le informazioni riguardanti il luogo in cui è avvenuto il superamento, le principali fonti di emissione responsabili dell’inquinamento o le misure esistenti e progettate. Per definizione, tale piano o programma deve contenere una serie di misure appropriate e coerenti destinate a ridurre il livello di inquinamento nelle circostanze concrete della zona considerata.

    82     È tuttavia necessario constatare che le misure che compaiono all’art. 10 dell’IG-L, i principi enunciati all’art. 11 della medesima legge e le disposizioni specifiche relative al settore dei trasporti, contenute nell’art. 14 dell’IG-L, non possono essere qualificati come «piano» o «programma» ai sensi dell’art. 8, n. 3, della direttiva 96/62 in quanto essi non sono in alcun modo connessi a una situazione concreta di superamento dei valori limite. Quanto al regolamento contestato in sé e per sé, adottato sulla base delle disposizioni summenzionate dell’IG-L, anche supponendo che esso possa essere qualificato come piano o programma, non contiene, come ha osservato la Commissione, tutte le indicazioni previste all’allegato IV della direttiva 96/62 e, in particolare, quelle considerate ai punti 7‑10 di tale allegato.

    83     Date le circostanze, anche ammettendo che il regolamento contestato sia basato sull’art. 8, n. 3, della direttiva 96/62, non si può ritenere che esso costituisca un’attuazione corretta ed integrale di questa disposizione.

    84     La constatazione che precede non esclude tuttavia che l’ostacolo alla libera circolazione delle merci provocato dal provvedimento di divieto di circolazione emesso con il regolamento contestato possa essere giustificato da una delle esigenze imperative di interesse generale consacrate dalla giurisprudenza della Corte.

    85     Per verificare se un simile ostacolo sia proporzionato rispetto allo scopo legittimo perseguito nella fattispecie, cioè la tutela dell’ambiente, occorre stabilire se esso sia necessario ed appropriato al conseguimento dell’obiettivo autorizzato.

    86     Al riguardo, la Commissione e gli Stati membri intervenienti sottolineano sia l’assenza di reali mezzi sostitutivi per il trasporto delle merci di cui trattasi sia l’esistenza di numerose altre misure, quali l’introduzione di limiti di velocità o di sistemi di pedaggio legati alle diverse classi di mezzi pesanti, o ancora il sistema degli ecopunti, che sarebbero state in grado di ridurre le emissioni di biossido di azoto a livelli accettabili.

    87     Senza che occorra che la Corte stessa si pronunci sull’esistenza di mezzi sostitutivi, ferroviari o stradali, per garantire il trasporto delle merci contemplate del regolamento contestato a condizioni economicamente accettabili o che essa verifichi se altre misure, combinate a no, potessero essere adottate per conseguire l’obiettivo di riduzione delle emissioni di inquinanti nella zona in parola, è sufficiente osservare al riguardo che, prima dell’adozione di una misura così radicale quale il divieto totale di circolazione su un tratto dell’autostrada che costituisce una via di comunicazione vitale tra alcuni Stati membri, incombeva alle autorità austriache esaminare attentamente la possibilità di fare ricorso a misure meno restrittive della libertà di circolazione, escludendole soltanto qualora fosse chiaramente dimostrata la loro inadeguatezza rispetto all’obiettivo perseguito.

    88     Più in particolare, tenuto conto dell’obiettivo dichiarato di operare un trasferimento del trasporto delle merci di cui trattasi dalla strada alla ferrovia, le dette autorità erano tenute ad assicurarsi che esistesse una capacità ferroviaria sufficiente ed appropriata a consentire tale trasferimento prima di decidere di adottare un provvedimento come quello emanato con il regolamento contestato.

    89     Orbene, come ha osservato l’Avvocato generale al paragrafo 113 delle sue conclusioni, non è stato provato nella fattispecie che le autorità austriache, nell’elaborare il regolamento contestato, abbiano valutato a sufficienza la questione se l’obiettivo di ridurre le emissioni di inquinanti potesse essere conseguito mediante altre misure meno restrittive della libertà di circolazione e se esistesse effettivamente un’alternativa realistica costituita dal trasporto delle merci interessate con modalità diverse o attraverso altri itinerari stradali.

    90     Inoltre, un periodo transitorio limitato a due mesi tra la data di adozione del regolamento contestato e quella prevista dalla autorità austriache per l’attuazione del divieto settoriale di circolazione era manifestamente insufficiente per consentire ragionevolmente agli operatori interessati di adeguarsi alle nuove circostanze (v., in questo senso, citate sentenze 14 dicembre 2004, Commissione/Germania, punti 79 e 80, e Radlberger Getränkegesellschaft e S. Spitz, punti 80 e 81).

    91     Considerato quanto precede, occorre concludere che il regolamento contestato, contravvenendo al principio di proporzionalità, non può essere validamente giustificato da ragioni concernenti la tutela della qualità dell’aria. Ne consegue che il detto regolamento è incompatibile con gli artt. 28 CE e 29 CE.

    Sulla violazione dei regolamenti nn. 881/92 e 3118/93

    92     Secondo la Commissione, il regolamento contestato viola anche gli artt. 1 e 3 del regolamento n. 881/92, nonché gli artt. 1 e 6 del regolamento n. 3118/93.

    93     Al riguardo è sufficiente constatare che, tanto nel ricorso o nella memoria di replica quanto in udienza, la Commissione si è astenuta dal dedurre argomenti specifici a sostegno di tale censura.

    94     Ne consegue che occorre respingere la detta censura.

    95     Alla luce di quanto precede, occorre dichiarare che la Repubblica d’Austria, vietando ai camion di più di 7,5 tonnellate, che trasportano determinate merci, di circolare su un tratto dell’autostrada A 12 nella valle dell’Inn, a seguito dell’adozione del regolamento contestato, è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza degli artt. 28 CE e 29 CE.

     Sulle spese

    96     Ai sensi dell’art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Commissione ne ha fatto domanda, la Repubblica d’Austria, rimasta soccombente, dev’essere condannata alle spese. Ai sensi del n. 4 dello stesso articolo, gli Stati membri intervenuti nella causa a sostegno delle conclusioni della Commissione sopportano le proprie spese.

    Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara e statuisce:

    1)      La Repubblica d’Austria, vietando ai camion di più di 7,5 tonnellate, che trasportano determinate merci, di circolare su un tratto dell’autostrada A 12 nella valle dell’Inn, a seguito dell’adozione del regolamento del presidente del Land Tirolo 27 maggio 2003, che limita il trasporto sull’autostrada A 12 nella valle dell’Inn (divieto settoriale di circolazione) [Verordnung des Landeshauptmanns von Tirol, mit der auf der A 12 Inntalautobahn verkehrsbeschränkende Maßnahmen erlassen werden (sektorales Fahrverbot)], è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza degli artt. 28 CE e 29 CE.

    2)      Il ricorso è respinto per il resto.

    3)      La Repubblica d’Austria è condannata alle spese.

    4)      La Repubblica federale di Germania, la Repubblica italiana e il Regno dei Paesi Bassi sopportano le proprie spese.

    Firme


    * Lingua processuale: il tedesco.

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