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Document 61996CJ0350

    Sentenza della Corte (Sesta Sezione) del 7 maggio 1998.
    Clean Car Autoservice GesmbH contro Landeshauptmann von Wien.
    Domanda di pronuncia pregiudiziale: Verwaltungsgerichtshof - Austria.
    Libera circolazione dei lavoratori - Normativa nazionale che obbliga le persone giuridiche a nominare un gestore residente nel paese - Discriminazione indiretta.
    Causa C-350/96.

    Raccolta della Giurisprudenza 1998 I-02521

    ECLI identifier: ECLI:EU:C:1998:205

    61996J0350

    Sentenza della Corte (Sesta Sezione) del 7 maggio 1998. - Clean Car Autoservice GesmbH contro Landeshauptmann von Wien. - Domanda di pronuncia pregiudiziale: Verwaltungsgerichtshof - Austria. - Libera circolazione dei lavoratori - Normativa nazionale che obbliga le persone giuridiche a nominare un gestore residente nel paese - Discriminazione indiretta. - Causa C-350/96.

    raccolta della giurisprudenza 1998 pagina I-02521


    Massima
    Parti
    Motivazione della sentenza
    Decisione relativa alle spese
    Dispositivo

    Parole chiave


    1 Libera circolazione delle persone - Lavoratori - Disposizioni del Trattato - Ambito d'applicazione ratione personae - Possibilità per un datore di lavoro di valersi del principio della parità di trattamento

    (Trattato CE, art. 48)

    2 Libera circolazione delle persone - Lavoratori - Parità di trattamento - Gestione d'impresa - Normativa nazionale che obbliga le imprese a nominare un gestore residente sul territorio nazionale - Discriminazione indiretta fondata sulla cittadinanza - Inammissibilità - Giustificazione - Insussistenza

    (Trattato CE, art. 48)

    Massima


    3 Il principio della parità di trattamento in materia di libera circolazione dei lavoratori, sancito dall'art. 48 del Trattato CE, può essere invocato anche da un datore di lavoro al fine di occupare, nello Stato membro in cui è stabilito, lavoratori cittadini di un altro Stato membro.

    Da un lato, infatti, se i diritti che traggono origine dall'art. 48 del Trattato CE vigono indubbiamente per le persone direttamente interessate, vale a dire per i lavoratori, dalla lettera di tale articolo non risulta che essi non possano esse invocati da altri, in particolare dai datori di lavoro. D'altro lato, per essere efficace ed utile, il diritto dei lavoratori di essere assunti e occupati senza discriminazioni deve necessariamente essere affiancato dal diritto dei datori di lavoro di assumerli nel rispetto delle norme in materia di libera circolazione dei lavoratori.

    4 L'art. 48 del Trattato osta a che uno Stato membro stabilisca che il proprietario di un'impresa che eserciti, sul territorio di detto Stato, un'attività artigianale, commerciale o industriale possa nominare gestore solo una persona ivi residente.

    Il fatto di esigere che i cittadini degli altri Stati membri risiedano nello Stato membro considerato per poter essere nominati gestori di imprese può costituire una discriminazione indiretta fondata sulla cittadinanza, in contrasto con l'art. 48, n. 2, del Trattato, poiché il criterio della residenza rischia di operare principalmente a danno dei cittadini degli altri Stati membri. Infatti, il più delle volte i non residenti sono cittadini di altri Stati. Ciò non varrebbe solo se l'imposizione di siffatta condizione di residenza si fondasse su considerazioni oggettive, indipendenti dalla cittadinanza dei lavoratori interessati e commisurate allo scopo legittimamente perseguito dal diritto dello Stato membro di cui trattasi.

    Parti


    Nel procedimento C-350/96,

    avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, a norma dell'art. 177 del Trattato CE, dal Verwaltungsgerichtshof (Austria) nella causa dinanzi ad esso pendente tra

    Clean Car Autoservice GmbH

    e

    Landeshauptmann von Wien,

    domanda vertente sull'interpretazione dell'art. 48 del Trattato CE e degli artt. 1-3 del regolamento (CEE) del Consiglio 15 ottobre 1968, n. 1612, relativo alla libera circolazione dei lavoratori all'interno della Comunità (GU L 257, pag. 2)

    LA CORTE

    (Sesta Sezione),

    composta dai signori H. Ragnemalm, presidente di sezione, R. Schintgen (relatore), G.F. Mancini, J.L. Murray e G. Hirsch, giudici,

    avvocato generale: signor N. Fennelly

    cancelliere: signora L. Hewlett, amministratore

    viste le osservazioni scritte presentate:

    - per la Clean Car Autoservice GmbH, dall'avv. Christoph Kerres, del foro di Vienna;

    - per il Landeshauptmann von Wien, dal signor Erich Hechtner, Senatsrat am Amt der Wiener Landesregierung;

    - per il governo austriaco, dal signor Franz Cede, Botschafter presso il ministero federale degli Affari esteri, in qualità di agente;

    - per la Commissione delle Comunità europee, dai signori Peter Hillenkamp e Pieter Jan Kuijper, consiglieri giuridici, in qualità di agenti,

    vista la relazione d'udienza,

    sentite le osservazioni orali della Commissione, all'udienza del 23 ottobre 1997,

    sentite le conclusioni dell'avvocato generale, presentate all'udienza del 4 dicembre 1997,

    ha pronunciato la seguente

    Sentenza

    Motivazione della sentenza


    1 Con ordinanza 8 ottobre 1996, pervenuta in cancelleria il 24 ottobre successivo, il Verwaltungsgerichtshof ha sottoposto alla Corte, ai sensi dell'art. 177 del Trattato CE, due questioni pregiudiziali vertenti sull'interpretazione dell'art. 48 dello stesso Trattato e degli artt. 1-3 del regolamento (CEE) del Consiglio 15 ottobre 1968, n. 1612, relativo alla libera circolazione dei lavoratori all'interno della Comunità (GU L 257, pag. 2).

    2 Tali questioni sono state sollevate nell'ambito di una controversia che oppone la società di diritto austriaco Fortress Immobilien Entwicklungs GmbH, attualmente denominata Clean Car Autoservice GmbH (in prosieguo: la «Clean Car»), con sede sociale in Vienna, al Landeshauptmann von Wien in merito al rigetto di una dichiarazione presentata dalla Clean Car al fine di esercitare un'attività professionale, per il fatto che essa aveva designato quale gerente una persona non residente in Austria.

    La normativa austriaca

    3 Ai sensi dell'art. 9, n. 1, della Gewerbeordnung del 1994 (codice austriaco delle attività artigianali, commerciali e industriali, in prosieguo: la «GewO del 1994»), le persone giuridiche, le società commerciali di persone (società commerciali in nome collettivo e in accomandita) nonché le società a fini di lucro registrate (società a fini di lucro in nome collettivo e in accomandita) possono esercitare attività artigianali, commerciali o industriali, purché abbiano nominato un gestore o un affittuario in conformità degli artt. 39 e 40 della GewO del 1994.

    4 L'art. 39, nn. 1-3, della GewO del 1994 dispone:

    «1. Il titolare dell'impresa artigianale, commerciale o industriale può nominare per l'esercizio della sua attività un gestore, che è responsabile nei confronti del titolare dell'attività per il perfetto svolgimento tecnico dell'attività e nei confronti dell'autorità amministrativa (art. 333) per il rispetto delle norme in materia; il proprietario deve nominare un gestore, se non risiede all'interno del territorio nazionale.

    2. Il gestore deve soddisfare i presupposti personali stabiliti per l'esercizio di un'attività artigianale, commerciale o industriale, deve avere la sua residenza all'interno del paese e dev'essere in grado di essere effettivamente attivo nell'impresa. Se si tratta di un'attività per la quale è richiesta la presentazione di un certificato di abilitazione, il gestore di una persona giuridica da nominarsi ai sensi dell'art. 9, n. 1, deve inoltre

    1) far parte dell'organo incaricato della rappresentanza legale della società oppure

    2) essere dipendente occupato nell'impresa per almeno la metà dell'orario normale di lavoro settimanale e completamente soggetto ad assicurazione obbligatoria in base alle disposizioni della normativa sulle assicurazioni sociali.

    Il gestore che dev'essere nominato ai sensi del n. 1 da un titolare di attività per l'esercizio di un'attività per la quale è richiesta la presentazione di un certificato di abilitazione, se quest'ultimo non ha la propria residenza all'interno del territorio nazionale, dev'essere dipendente occupato per almeno la metà dell'orario normale di lavoro settimanale e completamente soggetto ad assicurazione obbligatoria in base alle disposizioni della normativa sulle assicurazioni sociali. Il disposto dell'art. 39, n. 2, vigente fino alla data di entrata in vigore della legge federale BGBl. n. 29/1993, rimane in vigore per coloro che al 1_ luglio 1993 sono nominati gestori di attività fino al 31 dicembre 1998.

    3. Nei casi in cui la nomina di un gestore è obbligatoria, il titolare dell'attività deve servirsi di un gestore, che sia effettivamente attivo nell'impresa».

    5 In conformità dell'art. 370, n. 2, della GewO del 1994, qualora sia stata dichiarata o autorizzata la nomina di un gestore, le eventuali sanzioni pecuniarie relative all'esercizio dell'attività vanno inflitte a quest'ultimo.

    6 Ai sensi dell'art. 5, n. 1, della GewO del 1994, le attività artigianali, commerciali e industriali possono essere esercitate sulla base della dichiarazione dell'attività di cui all'art. 339, qualora siano soddisfatte le condizioni generali e eventuali condizioni particolari, salvo diverse eccezioni non pertinenti nella fattispecie.

    7 Ai termini dell'art. 339, n. 1, della GewO del 1994, chiunque voglia esercitare un'attività artigianale, commerciale o industriale deve, ove non si tratti di un'attività artigianale, commerciale o industriale sottoposta ad autorizzazione e per la quale deve essere fornita una prova attitudinale diversa da un esame di specializzazione, farne dichiarazione presso la direzione amministrativa del distretto del luogo di stabilimento.

    8 Ai sensi dell'art. 340, n. 1, della GewO del 1994, la direzione amministrativa del distretto deve verificare, sulla base della dichiarazione relativa all'esercizio di un'attività artigianale, commerciale o industriale, di cui all'art. 339, n. 1, se siano soddisfatte le condizioni legali per l'esercizio dell'attività dichiarata dall'interessato nel luogo di stabilimento indicato. Se tali condizioni fanno difetto, la direzione amministrativa del distretto deve, in conformità del n. 7 di tale disposizione, constatarlo con decisione amministrativa e vietare lo svolgimento di tale attività.

    La controversia dinanzi al giudice nazionale

    9 Il 13 giugno 1995 la Clean Car dichiarava al Magistrat der Stadt Wien (autorità municipale di Vienna) l'attività di «manutenzione e cura di veicoli a motore (stazione di servizio), con esclusione di qualsiasi attività artigianale». Nel contempo comunicava di aver nominato gestore, in conformità della GewO del 1994, il signor Rudolf Henssen, cittadino tedesco residente a Berlino; affermava inoltre che quest'ultimo allo stato attuale era in procinto di prendere in locazione un'abitazione in Austria e che, pertanto, la scheda di dichiarazione relativa a tale residenza sarebbe stata trasmessa in data successiva.

    10 Con provvedimento 20 luglio 1995 il Magistrat der Stadt Wien constatava che non erano soddisfatte le condizioni legali previe all'esercizio di tale attività e l'ha quindi vietata, in quanto il gestore doveva soddisfare le condizioni personali prescritte per l'esercizio di siffatta professione, avere la residenza nel paese considerato e essere in grado di esercitare effettivamente le proprie funzioni nell'impresa, in conformità dell'art. 39, n. 2, della GewO del 1994.

    11 Il 10 agosto 1995 la Clean Car proponeva un ricorso amministrativo avverso detto provvedimento dinanzi al Landeshauptmann von Wien e faceva valere che il gestore nominato aveva a tale data la residenza in Austria e che, in ogni caso, dopo l'adesione della Repubblica austriaca all'Unione europea, la residenza nell'Unione europea era sufficiente a soddisfare gli obblighi legali.

    12 Con provvedimento 2 novembre 1995, il Landeshauptmann von Wien respingeva il ricorso per la ragione principale che, dato il carattere costitutivo di diritto della dichiarazione di attività, si doveva prendere in considerazione la situazione di fatto e di diritto esistente al momento della presentazione della dichiarazione e che, all'epoca, il gestore nominato non aveva ancora la residenza nel paese.

    13 Il 21 dicembre 1995 la Clean Car sollevava la controversia dinanzi al Verwaltungsgerichtshof, facendo valere che né il provvedimento del Magistrat der Stadt Wien né quello del Landeshauptmann von Wien tenevano conto degli argomenti fondati sul diritto comunitario. La Clean Car faceva riferimento, in particolare, agli artt. 6 e 48 del Trattato CE e sosteneva che il gestore da essa designato, in quanto suo dipendente e quindi lavoratore subordinato, beneficiava del diritto alla libera circolazione previsto da quest'ultimo articolo.

    14 Considerando che, per statuire sulla causa di cui era investito, doveva determinare se il divieto posto dal legislatore austriaco al proprietario dell'impresa che esercita l'attività di nominare un gestore non residente in Austria fosse in contrasto col diritto comunitario, quale risulta dagli artt. 48 del Trattato e 1-3 del regolamento n. 1612/68, il Verwaltungsgerichthof ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

    «1) Se l'art. 48 del Trattato CE e gli artt. 1-3 del regolamento n. 1612/68 debbano essere interpretati nel senso che da essi deriva anche per datori di lavoro nazionali il diritto di occupare lavoratori, cittadini di un altro Stato membro, senza che tali lavoratori siano vincolati da condizioni che - anche se non sono basate sulla nazionalità - sono tipicamente collegate alla cittadinanza.

    2) Se, nel caso di risposta affermativa alla prima questione, l'art. 48 del Trattato CE e gli artt. 1-3 del regolamento n. 1612/68 vadano interpretati nel senso che sia con essi compatibile una disposizione quale l'art. 39, n. 2, della GewO del 1994, secondo la quale il titolare di un'attività artigianale, commerciale o industriale può nominare come gestore solo una persona che ha la sua residenza nel territorio austriaco».

    15 Nell'ordinanza di rinvio il giudice nazionale rileva che si tratta, in primo luogo, di sapere se anche un datore di lavoro possa invocare le disposizioni del diritto comunitario in materia di libera circolazione dei lavoratori che riguardano innanzi tutto questi ultimi. In caso di risposta affermativa, si tratterebbe poi di esaminare se dette disposizioni ostino ad una norma quale quella dell'art. 39, n. 1, della GewO del 1994, tenuto conto, in particolare, delle riserve derivanti dall'art. 48, n. 3, del Trattato e della circostanza che, in forza dell'art. 370, n. 2, della GewO del 1994, il gestore è responsabile, nell'esercizio dell'attività, del rispetto delle disposizioni di legge vigenti.

    Sulla prima questione

    16 Con la prima questione il giudice nazionale chiede, in sostanza, se il principio della parità di trattamento in materia di libera circolazione dei lavoratori, sancito dall'art. 48 del Trattato, nonché dagli artt. 1-3 del regolamento n. 1612/68, possa essere invocato anche da un datore di lavoro al fine di occupare, nello Stato membro in cui è stabilito, lavoratori cittadini di un altro Stato membro.

    17 In limine, occorre rilevare che gli artt. 1-3 del regolamento n. 1612/68 non fanno che esplicitare e attuare i diritti già derivanti dall'art. 48 del Trattato (v., in questo senso, sentenza 23 febbraio 1994, causa C-419/92, Scholz, Racc. pag. I-505, punto 6).

    18 Va poi constatato che l'art. 48 enuncia al n. 1, in termini generali, che la libera circolazione dei lavoratori è assicurata all'interno della Comunità. Ai termini dei nn. 2 e 3 della medesima disposizione, tale libertà implica l'abolizione di qualsiasi discriminazione, fondata sulla cittadinanza, tra i lavoratori degli Stati membri, per quanto riguarda l'impiego, la retribuzione e le altre condizioni di lavoro, e comporta il diritto, fatti salvi i limiti giustificati da motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza e di sanità pubblica, di rispondere a offerte di lavoro effettive, di spostarsi liberamente a tal fine sul territorio degli Stati membri, di soggiornarvi al fine di esercitarvi un impiego nelle medesime condizioni dei cittadini e di dimorarvi dopo avervi occupato un impiego.

    19 Anche se detti diritti vigono indubbiamente per le persone direttamente interessate, vale a dire per i lavoratori, dalla lettera dell'art. 48 non risulta che essi non possano esse invocati da altri, in particolare dai datori di lavoro.

    20 Si deve rilevare anche che, per essere efficace ed utile, il diritto dei lavoratori di essere assunti e occupati senza discriminazioni deve necessariamente essere affiancato dal diritto dei datori di lavoro di assumerli nel rispetto delle norme in materia di libera circolazione dei lavoratori.

    21 Infatti, tali norme potrebbero facilmente essere eluse se fosse sufficiente agli Stati membri, per evitare i divieti che esse enunciano, imporre ai datori di lavoro, per l'assunzione di un lavoratore, condizioni che quest'ultimo deve rispettare e che, se gli fossero imposte direttamente, costituirebbero restrizioni all'esercizio del diritto di libera circolazione cui può aver diritto in forza dell'art. 48 del Trattato.

    22 Va infine sottolineato che l'interpretazione che precede è suffragata tanto dall'art. 2 del regolamento n. 1612/68 quanto dalla giurisprudenza della Corte.

    23 Risulta espressamente dall'art. 2 del regolamento n. 1612/68 che ogni datore di lavoro che esercita un'attività sul territorio di uno Stato membro deve poter concludere, con ogni cittadino di uno Stato membro, contratti di lavoro e darvi esecuzione, conformemente alle vigenti disposizioni legislative, regolamentari e amministrative, senza che possano risultarne discriminazioni.

    24 Inoltre, si evince in particolare dalla sentenza 15 dicembre 1995, causa C-415/93, Bosman (Racc. pag. I-4921, punti 84-86), che le giustificazioni di ordine pubblico, della pubblica sicurezza e della sanità pubblica, previste dall'art. 48, n. 3, del Trattato, possono essere invocate non soltanto dagli Stati membri per giustificare limitazioni alla libera circolazione dei lavoratori derivanti da loro disposizioni legislative, regolamentari e amministrative, ma anche da singoli per giustificare tali limitazioni derivanti da convenzioni e da altri atti stipulati o adottati da privati. Ebbene, se un datore di lavoro può invocare la deroga di cui all'art. 48, n. 3, egli può del pari invocare i principi che discendono in particolare dai nn. 1 e 2 dello stesso articolo.

    25 Alla luce delle precedenti considerazioni, si deve risolvere la prima questione nel senso che il principio della parità di trattamento in materia di libera circolazione dei lavoratori, sancito dall'art. 48 del Trattato, può essere invocato anche da un datore di lavoro al fine di occupare, nello Stato membro in cui è stabilito, lavoratori cittadini di un altro Stato membro.

    Sulla seconda questione

    26 Con la seconda questione il giudice nazionale mira a stabilire, in sostanza, se l'art. 48 del Trattato osti a che uno Stato membro disponga che il proprietario di un'impresa che esercita, sul territorio di detto Stato, un'attività artigianale, commerciale o industriale possa nominare gestore solo una persona ivi residente.

    27 In proposito, va innanzi tutto ricordato che, per giurisprudenza costante, le norme sulla parità di trattamento vietano non soltanto le discriminazioni palesi, basate sulla cittadinanza, ma anche qualsiasi forma dissimulata di discriminazione che, in applicazione di altri criteri di distinzione, conduca di fatto allo stesso risultato (v., in particolare, sentenza 12 giugno 1997, causa C-266/95, Merino García, Racc. pag. I-3279, punto 33).

    28 E` vero che una disposizione quale l'art. 39, n. 2, della GewO del 1994 si applica indipendentemente dalla cittadinanza della persona da designare quale gestore.

    29 Tuttavia, come la Corte ha già constatato (v., in particolare, sentenza 14 febbraio 1995, causa C-279/93, Schumacker, Racc. pag. I-225, punto 28), una normativa nazionale la quale preveda una distinzione basata sul criterio della residenza rischia di operare principalmente a danno dei cittadini di altri Stati membri. Infatti, il più delle volte i non residenti sono cittadini di altri Stati membri.

    30 Ciò posto, il fatto di esigere che i cittadini degli altri Stati membri risiedano nello Stato membro considerato per poter essere nominati gestori di imprese che esercitino un'attività artigianale, commerciale o industriale può costituire una discriminazione indiretta fondata sulla cittadinanza, in contrasto con l'art. 48, n. 2, del Trattato.

    31 Ciò non varrebbe solo se l'imposizione di siffatta condizione di residenza si fondasse su considerazioni oggettive, indipendenti dalla cittadinanza dei lavoratori interessati e commisurate allo scopo legittimamente perseguito dall'ordinamento nazionale (v., in questo senso, sentenza 15 gennaio 1998, causa C-15/96, Schöning-Kougebetopoulou, Racc. pag. I-47, punto 21).

    32 In questo contesto, va ricordato come dal punto 15 della presente sentenza risulti che il giudice nazionale ha esplicitamente fatto riferimento, nella sua ordinanza di rinvio, alla circostanza che, in forza dell'art. 370, n. 2, della GewO del 1994, ai termini del quale eventuali sanzioni pecuniarie vanno inflitte al gestore nominato, questi è responsabile, nell'esercizio dell'attività di cui trattasi, del rispetto delle disposizioni di legge vigenti.

    33 Nelle loro osservazioni scritte, il Landeshauptmann von Wien e il governo austriaco hanno rilevato, al riguardo, come la condizione di residenza sia destinata a garantire che le dette sanzioni, di cui è passibile il gestore, possano essergli notificate ed essere eseguite nei suoi confronti. D'altra parte, essa dovrebbe garantire che il gestore soddisfi l'altra condizione impostagli dall'art. 39, n. 2, della GewO del 1994, vale a dire che egli sia in grado di essere effettivamente attivo nell'impresa.

    34 Al riguardo, va constatato che la condizione di residenza non è atta a garantire la realizzazione dell'obiettivo in esame o esula da quanto è necessario per raggiungere tale obiettivo.

    35 Da un lato, il fatto che il gestore risieda nello Stato membro in cui l'impresa ha sede ed esercita la propria attività non garantisce necessariamente che egli sarà in grado di essere effettivamente attivo nell'impresa. Infatti, il gestore residente in detto Stato, ma in un luogo situato a grande distanza dal luogo di attività dell'impresa, di regola dovrebbe trovare più difficoltà ad essere effettivamente attivo nell'impresa rispetto a una persona la cui residenza, anche se situata in un altro Stato membro, si trovi solo a breve distanza dal luogo di attività dell'impresa.

    36 D'altro lato, altre misure, meno restrittive, quali la notifica della sanzione presso la sede dell'impresa presso cui lavora il gestore e la garanzia del suo pagamento mediante una previa cauzione, consentirebbero di garantire che le sanzioni pecuniarie inflitte al gestore possano essergli notificate ed essere eseguite nei suoi confronti.

    37 Si deve infine aggiungere che persino siffatte misure non sono giustificate per il raggiungimento degli obiettivi di cui trattasi nell'ipotesi in cui la notifica e l'esecuzione delle sanzioni pecuniarie inflitte ad un gestore che abbia la residenza in un altro Stato membro siano garantite da una convenzione internazionale stipulata tra lo Stato membro del luogo di attività dell'impresa e quello di residenza del gestore.

    38 Si deve pertanto concludere che la controversa condizione di residenza costituisce una discriminazione indiretta.

    39 Quanto alle giustificazioni di cui all'art. 48, n. 3, del Trattato, del pari invocate dal giudice nazionale, si deve osservare che nessuna ragione relativa alla pubblica sicurezza o alla sanità pubblica può giustificare una normativa di carattere generale quale quella in esame nella causa principale.

    40 Per quanto riguarda la giustificazione dell'ordine pubblico, anch'essa prevista dall'art. 48, n. 3, del Trattato, va ricordato che la Corte ha già dichiarato (sentenza 27 ottobre 1977, causa 30/77, Bouchereau, Racc. pag. 1999) che, qualora possa giustificare talune limitazioni della libera circolazione delle persone cui si applica il diritto comunitario, il richiamo alla nozione di ordine pubblico, ex art. 48, n. 3, del Trattato, presuppone, in ogni caso, oltre alla perturbazione dell'ordine sociale insita in qualsiasi infrazione della legge, l'esistenza di una minaccia effettiva ed abbastanza grave per uno degli interessi fondamentali della collettività.

    41 Ebbene, dal fascicolo non risulta che un interesse di questo tipo possa essere leso qualora il proprietario di un'impresa sia libero di nominare, per l'esercizio dell'attività di quest'ultima, un gestore che non risiede nello Stato di cui trattasi.

    42 Pertanto, la disposizione nazionale, esaminata nella causa principale, che prescrive per qualsiasi lavoratore nominato gestore la residenza nello Stato di cui trattasi per l'esercizio di un'attività lavorativa non può essere giustificata nemmeno sulla base dell'ordine pubblico ai sensi dell'art. 48, n. 3, del Trattato.

    43 Alla luce delle precedenti considerazioni, si deve risolvere la seconda questione nel senso che l'art. 48 del Trattato osta a che uno Stato membro stabilisca che il proprietario di un'impresa che eserciti, sul territorio di detto Stato, un'attività artigianale, commerciale o industriale possa nominare gestore solo una persona ivi residente.

    Decisione relativa alle spese


    Sulle spese

    44 Le spese sostenute dal governo austriaco e dalla Commissione, che hanno presentato osservazioni alla Corte, non possono dar luogo a rifusione. Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese.

    Dispositivo


    Per questi motivi,

    LA CORTE

    (Sesta Sezione),

    pronunciandosi sulle questioni sottopostele dal Verwaltungsgerichtshof con ordinanza 8 ottobre 1996, dichiara:

    45 Il principio della parità di trattamento in materia di libera circolazione dei lavoratori, sancito dall'art. 48 del Trattato CE, può essere invocato anche da un datore di lavoro al fine di occupare, nello Stato membro in cui è stabilito, lavoratori cittadini di un altro Stato membro.

    46 L'art. 48 del Trattato osta a che uno Stato membro stabilisca che il proprietario di un'impresa che eserciti, sul territorio di detto Stato, un'attività artigianale, commerciale o industriale possa nominare gestore solo una persona ivi residente.

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