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Document 61996CC0350

    Conclusioni dell'avvocato generale Fennelly del 4 dicembre 1997.
    Clean Car Autoservice GesmbH contro Landeshauptmann von Wien.
    Domanda di pronuncia pregiudiziale: Verwaltungsgerichtshof - Austria.
    Libera circolazione dei lavoratori - Normativa nazionale che obbliga le persone giuridiche a nominare un gestore residente nel paese - Discriminazione indiretta.
    Causa C-350/96.

    Raccolta della Giurisprudenza 1998 I-02521

    ECLI identifier: ECLI:EU:C:1997:587

    61996C0350

    Conclusioni dell'avvocato generale Fennelly del 4 dicembre 1997. - Clean Car Autoservice GesmbH contro Landeshauptmann von Wien. - Domanda di pronuncia pregiudiziale: Verwaltungsgerichtshof - Austria. - Libera circolazione dei lavoratori - Normativa nazionale che obbliga le persone giuridiche a nominare un gestore residente nel paese - Discriminazione indiretta. - Causa C-350/96.

    raccolta della giurisprudenza 1998 pagina I-02521


    Conclusioni dell avvocato generale


    I - Introduzione

    1 Questa causa riguarda disposizioni austriache, le quali esigono che i gestori di talune imprese artigianali, commerciali e industriali, risiedano in Austria. Essa solleva la questione pregiudiziale del diritto dei datori di lavoro ad invocare nel procedimento nazionale i diritti riconosciuti dalla normativa comunitaria ai lavoratori (inter alios, al gestore), nonché il problema di una discriminazione indiretta, e della sua possibile giustificazione in riferimento alla necessità di garantire la notifica e l'esecuzione effettive di sanzioni amministrative.

    II - Ambito normativo e di fatto

    2 L'attività di impresa in Austria è disciplinata dalla Gewerbeordnung del 1994 (Codice delle attività lucrative indipendenti, in prosieguo: la «GewO del 1994»). L'art. 5, n. 1 della GewO 1994 dispone che si possono esercitare attività (artigianali, commerciali o industriali) sulla base della domanda di registrazione dell'attività di cui trattasi, conformemente all'art. 339. Tale articolo si occupa delle domande che vanno presentate all'autorità amministrativa distrettuale. Ai sensi dell'art. 340 della GewO del 1994, tale autorità esamina la domanda, al fine di accertare che le condizioni di legge per l'esercizio dell'attività per la quale la domanda è presentata siano rispettate dal richiedente nel luogo interessato. In caso negativo, un provvedimento basato sul relativo accertamento vieterà l'esercizio dell'attività.

    3 Tra le condizioni di legge per l'esercizio di un'attività, l'art. 9, n. 1 della GewO del 1994 stabilisce che persone giuridiche, società di persone di diritto commerciale e società a scopo di lucro registrate possono esercitare attività (artigianali, commerciali o industriali), ma devono aver nominato un gestore o un conduttore, e fa riferimento per il resto all'art. 39 della GewO del 1994.

    4 L'art. 39 della GewO del 1994 così recita:

    «1) Il titolare di un'attività (artigianale, commerciale o industriale) può nominare per l'esercizio della sua attività un gestore, che è responsabile nei confronti del titolare per il perfetto svolgimento tecnico dell'attività e nei confronti dell'autorità (art. 333) per il rispetto delle norme in materia; egli deve nominare un gestore, qualora non abbia la residenza in Austria.

    2) Il gestore deve soddisfare i presupposti personali previsti per l'esercizio dell'attività, deve avere la sua residenza in Austria e dev'essere in grado di svolgere adeguatamente l'attività. Se si tratta di un'attività per la quale è richiesta la presentazione di un certificato di abilitazione, il gestore di una persona giuridica, da nominarsi ai sensi dell'art. 9, n. 1, deve inoltre:

    1. far parte dell'organo incaricato della rappresentanza legale della persona giuridica, oppure

    2. essere un dipendente dell'impresa, il quale lavori per almeno la metà dell'orario normale di lavoro settimanale e sia completamente soggetto ad assicurazione obbligatoria in base alle disposizioni della normativa sulla previdenza sociale.

    Il gestore che deve essere nominato, ai sensi del n. 1, da un titolare non residente in Austria, per l'esercizio di un'attività che richiede la presentazione di un certificato di abilitazione, dev'essere un dipendente occupato per almeno la metà dell'orario normale di lavoro settimanale e completamente soggetto ad assicurazione obbligatoria in base alle disposizioni della normativa sulla previdenza sociale. Le disposizioni dell'art. 39, n. 2, vigenti fino alla data di entrata in vigore della legge federale BGB1. n. 29/1993 continuano ad essere applicate fino al 31 dicembre 1998 a coloro che siano stati nominati gestori entro il 1_ luglio 1993.

    3. Nei casi in cui dev'essere nominato un gestore, il titolare dell'attività deve servirsi di un gestore che svolga adeguatamente l'attività stessa».

    5 Ai sensi dell'art. 370, n. 2, della GewO del 1994, se la nomina di un gestore di attività è stata comunicata o autorizzata, qualsiasi pena pecuniaria concernente la gestione di un'attività va applicata al gestore.

    6 La Fortress Immobilien Entwicklungs Ges.m.b.H., attualmente Clean Car Autoservice Ges.m.b.H. (in prosieguo: la «Clean Car»), una società con sede in Austria, si rivolgeva in data 13 giugno 1995 al Magistrat der Stadt Wien (l'autorità comunale della città di Vienna), ufficio per il 13_ e 14_ distretto, al fine di registrare l'attività di «mantenimento e cura di autoveicoli (stazione di servizio), con esclusione di ogni attività artigianale». Essa comunicava la nomina del signor Rudolf Henssen come gestore. Dichiarava che il signor Henssen, cittadino tedesco, stava cercando un alloggio in Austria, cosicché il modulo relativo alla sua residenza in Austria sarebbe stato prodotto successivamente. Sembra che il signor Henssen si sia poi trasferito a Vienna. In data 20 luglio 1995, l'ufficio del 23_ distretto di Vienna decideva di vietare l'esercizio dell'attività per la quale la richiesta era stata presentata, dal momento che il gestore nominato risiedeva a Berlino e non rispondeva pertanto alle condizioni di cui all'art. 39, n. 2, della GewO del 1994, in base alle quali il gestore deve avere la propria residenza in Austria e dev'essere in condizione di svolgere adeguatamente l'attività.

    7 In data 10 agosto 1995, la Clean Car presentava reclamo dinanzi al Landeshauptmann di Vienna (capo del governo regionale di Vienna). Sosteneva che il signor Henssen aveva ormai la residenza a Vienna, e che, in ogni modo, la residenza in qualsiasi parte dell'Unione europea avrebbe dovuto essere considerata conforme al requisito della residenza. Il Landeshauptmann rigettava il reclamo in data 2 novembre 1995, a motivo che il momento da prendere in considerazione era la data della richiesta, quando il gestore non risiedeva ancora in Austria.

    8 In data 21 dicembre 1995, la Clean Car presentava ricorso (Beschwerde) contro detta decisione dinanzi al Verwaltungsgerichtshof di Vienna (in prosieguo: il «giudice nazionale»), in quanto erano state ignorate le sue argomentazioni fondate sul diritto comunitario. La Clean Car faceva in particolare riferimento agli artt. 6 e 48 del Trattato che istituisce la Comunità europea (in prosieguo: il «Trattato») e al divieto di discriminazione dissimulata, e asseriva che il signor Henssen era un dipendente della società e, pertanto, un lavoratore subordinato.

    III - Le questioni

    9 Al fine di essere in grado di pronunciarsi, il giudice nazionale ha ritenuto necessario proporre in via pregiudiziale, ai sensi dell'art. 177 del Trattato, le seguenti questioni:

    «1) Se l'art. 48 del Trattato CE e gli artt. 1-3 del regolamento n. 1612/68 (1) debbano essere interpretati nel senso che da essi deriva anche per datori di lavoro nazionali il diritto di occupare lavoratori, cittadini di un altro Stato membro, senza essere vincolati da condizioni che - anche se non sono basate sulla nazionalità - sono tipicamente collegate alla cittadinanza.

    2) Se, nel caso in cui ai datori di lavoro nazionali spetti il diritto menzionato sub 1), l'art. 48 del Trattato CE e gli artt. 1-3 del regolamento n. 1612/68 vadano interpretati nel senso che sia con essi compatibile una disposizione quale l'art. 39, n. 2, della GewO del 1994 (codice delle attività lucrative dipendenti), secondo cui il titolare dell'attività può nominare come gestore solo una persona che ha la sua residenza nel territorio austriaco».

    10 Il giudice nazionale metteva in rilievo che la prima questione si riferiva sostanzialmente alla possibilità per un datore di lavoro di far valere disposizioni che si esprimono in termini di diritti dei lavoratori. Suggeriva anche di prendere in considerazione, nel risolvere la seconda questione, il fatto che il gestore sia responsabile verso le autorità dell'osservanza delle disposizioni del diritto commerciale austriaco.

    IV - Osservazioni

    11 La Clean Car, il Landeshauptmann di Vienna, la Repubblica d'Austria e la Commissione delle Comunità europee hanno presentato osservazioni scritte. Osservazioni orali sono state presentate dalla Commissione.

    12 La Clean Car sostiene che un'interpretazione dell'art. 48 del Trattato e degli artt. 1 e 3 del regolamento n. 1612/68 che non riconoscesse ai datori di lavoro il diritto di assumere lavoratori senza obbligo di rispettare condizioni tipicamente collegate al possesso della cittadinanza di un determinato Stato, pregiudicherebbe il diritto alla libera circolazione. Le possibilità di deroga di cui all'art. 48, n. 3, del Trattato andrebbero interpretate restrittivamente (2) e non sarebbero rilevanti nel caso di specie. In particolare, il motivo dell'ordine pubblico sarebbe applicabile soltanto qualora un lavoratore di uno Stato membro svolgesse un lavoro di per sé contrario all'ordine pubblico. La Clean Car aggiunge che il requisito per cui un gestore dev'essere in grado di svolgere adeguatamente un'attività potrebbe, in talune località, essere più facilmente soddisfatto da un lavoratore frontaliero residente in una zona confinante della Germania, che non da una persona residente in una regione lontana dell'Austria.

    13 Il Landeshauptmann di Vienna riconosce che i datori di lavoro possono trarre diritti dall'art. 48 del Trattato e dagli artt. 1 e 3 del regolamento n. 1612/68, ma sostiene che la limitazione in questione nel caso di specie è giustificata da valutazioni di interesse generale. Egli sottolinea che un gestore risponde alle autorità amministrative austriache, per conto del titolare dell'attività, dell'osservanza di qualsiasi disposizione giuridica applicabile, e che è assoggettabile a sanzioni amministrative per la loro inosservanza. Tale gestore deve pertanto risiedere in una località dove tali sanzioni possono essergli notificate e, se necessario, poste in esecuzione. La versione modificata dell'art. 39, n. 2, della GewO del 1994, applicabile a partire dal 1_ luglio 1996 (ma non nella fattispecie), dispone che il gestore debba risiedere in Austria, ove la notifica e l'esecuzione di ogni sanzione inflitta non vengano garantite da una convenzione internazionale. Il Landeshauptmann di Vienna paragona l'art. 39, n. 2, della GewO del 1994 all'art. 38, n. 2, del regolamento di procedura della Corte, il quale prescrive che i ricorsi indirizzati alla Corte indichino l'elezione di domicilio nel luogo in cui ha sede la Corte ed il nome della persona che è stata autorizzata a ricevere tutte le notifiche e ne ha fatto accettazione. La funzione del gestore, peraltro, non sarebbe soltanto quella di ricevere le notifiche di documenti amministrativi o di altro genere, ma si estenderebbe alla personale responsabilità per lo svolgimento dell'attività.

    14 Il governo austriaco sostiene, con riferimento alla giurisprudenza della Corte, che un datore di lavoro non rientra di per sé nell'ambito di applicazione ratione personae dell'art. 48 del Trattato (3). Ciò comporterebbe una soluzione negativa della prima questione, rimuovendo pertanto ogni necessità di risolvere la seconda.

    15 In subordine, il governo austriaco sostiene che le disposizioni dell'art. 39, n. 2, della GewO del 1994 sono giustificate da considerazioni di interesse generale (4). La notifica di sanzioni e la loro esecuzione in altri Stati membri dell'Unione europea sono possibili soltanto in circostanze molto limitate, salvo accordi bilaterali. Di conseguenza, sarebbe superfluo l'esame degli artt. 1 e 3 del regolamento n. 1612/68, dal momento che essi si limitano ad attuare l'art. 48 del Trattato.

    16 La Commissione afferma che l'art. 48 del Trattato ed il regolamento n. 1612/68 riconoscono diritti ai lavoratori, non ai datori di lavoro. Essa, pertanto, cerca di stabilire se il signor Henssen sia un lavoratore secondo la portata di dette disposizioni, come definita nella sentenza della Corte Lawrie-Blum (5). In quella causa, la Corte ha affermato che un rapporto di lavoro subordinato dev'essere definito in base a criteri obiettivi sotto il profilo dei diritti e dei doveri delle persone interessate, e che la sua caratteristica essenziale è la circostanza che una persona fornisca, per un certo periodo di tempo, a favore di un'altra e sotto la direzione di quest'ultima, prestazioni in contropartita delle quali riceva una retribuzione (6). Dal momento che il gestore di un'attività è sottoposto al consiglio di amministrazione della società e all'assemblea generale degli azionisti, i quali lo eleggono affinché esegua determinati compiti amministrativi per loro conto e sotto la loro direzione, e dal momento che egli ha probabilmente un contratto di lavoro subordinato con la società, e che non può venir considerato, nel caso di una società a responsabilità limitata, come un libero prestatore di servizi indipendente ai sensi dell'art. 52, a meno che egli non possieda tutte le azioni della società, la Commissione conclude che un gestore in condizioni come quelle del caso di specie è un lavoratore subordinato ai sensi dell'art. 48 del Trattato.

    17 La Commissione aggiunge che l'effetto principale della regola della residenza contenuta nell'art. 39, n. 2, della GewO del 1994 sarebbe quello di escludere i non austriaci. Tale regola impedirebbe per di più alle imprese di nominare gestori responsabili della loro attività in più di uno Stato membro. La Commissione sostiene, inoltre, che l'art. 48, n. 3, del Trattato non si applica nel caso di specie. Pur essendo possibile giustificare regole nazionali le quali siano non direttamente discriminatrici con riferimento a considerazioni di interesse generale (7), e sussistendo un interesse generale ad assicurare la notifica effettiva e l'esecuzione di sanzioni amministrative nel caso di inosservanza da parte di un'impresa del diritto applicabile, la Commissione sostiene che le norme austriache restringerebbero in modo sproporzionato la libertà riconosciuta dall'art. 48 del Trattato. Basterebbe obbligare il gestore ad avere in Austria un recapito professionale, che potrebbe essere quello della società stessa quando questa ha sede in Austria, o richiedere alla società di prestare, d'accordo con le autorità amministrative, idonea cauzione per possibili future sanzioni amministrative.

    V - Il mio punto di vista

    Prima questione

    18 Il giudice nazionale non chiede se il signor Henssen sia un lavoratore ai sensi del diritto comunitario. In effetti, egli, nell'ordinanza di rinvio, parla del gestore come di un impiegato, un punto di vista che sta implicitamente alla base sia della prima sia della seconda questione. La Corte ha stabilito che gli impiegati vadano considerati come lavoratori ai fini del diritto comunitario (8). E' stato anche chiaramente stabilito che l'art. 48 del Trattato dà origine a diritti che possono essere direttamente invocati dinanzi ai giudici nazionali (9). Il problema sollevato dalla prima questione è se un datore di lavoro, piuttosto che un impiegato, possa invocare dinanzi al giudice nazionale diritti derivanti dall'art. 48 del Trattato e dagli artt. 1 e 3 del regolamento. Posto che queste ultime disposizioni «non fanno che esplicitare e attuare i diritti già derivanti dall'art. 48 del Trattato» (10), la risposta alla prima questione va ricercata in tale articolo.

    19 Il giudice austriaco ha sostenuto che i datori di lavoro non rientrano nell'ambito di applicazione ratione personae dell'art. 48 del Trattato. Le sentenze che cita (11) enunciano la nozione di «lavoratore» e di «attività subordinata» dalle quali dipende tale qualifica, e stabiliscono che i diritti alla libera circolazione sono «connessi» a tale qualifica (12). Tuttavia, dette pronunce non riguardano, né escludono, espressamente o implicitamente, l'estensione del beneficio delle disposizioni di diritto comunitario relative alla libera circolazione dei lavoratori a persone, diverse dai lavoratori, le quali, ciononostante, presentino un nesso significativo con una persona che riveste tale qualifica. Né si può trarre una tale conclusione dal tenore letterale delle pertinenti disposizioni del Trattato e delle disposizioni di legge. Per esempio, l'art. 49 del Trattato costituisce la base giuridica del regolamento, comprese le sue disposizioni relative al diritto dei familiari dei lavoratori quanto ad una residenza, un alloggio, un impiego ed un'istruzione, qualunque sia la loro cittadinanza.

    20 L'art. 48, n. 3, del Trattato è redatto in termini di diritti che vengono, per loro natura, riconosciuti ai lavoratori: rispondere a offerte di lavoro, spostarsi liberamente a tal fine, prendere dimora in uno Stato membro al fine di svolgervi un'attività di lavoro. Analogamente, l'art. 1 del regolamento parla del diritto di ogni cittadino di uno Stato membro, qualunque sia il suo luogo di residenza, di accedere ad un'attività subordinata e di esercitarla in un altro Stato membro, con la stessa precedenza riservata ai cittadini di questo Stato. L'art. 48, nn. 1 e 2, d'altro lato, non designa espressamente alcuno specifico beneficiario della libertà di circolazione dei lavoratori, la quale «all'interno della Comunità è assicurata al più tardi al termine del periodo transitorio» e «implica l'abolizione di qualsiasi discriminazione, fondata sulla nazionalità, tra i lavoratori degli Stati membri, per quanto riguarda l'impiego, la retribuzione e le altre condizioni di lavoro». Del pari, l'art. 3 del regolamento stabilisce semplicemente che le disposizioni legislative, regolamentari o amministrative o le pratiche amministrative nazionali «non sono applicabili», qualora esse limitino la domanda e l'offerta di impiego, l'accesso all'impiego e l'esercizio dello stesso, oppure li assoggettino a condizioni non previste per i propri cittadini, oppure, sebbene applicabili senza distinzione di cittadinzna, abbiano per scopo o per effetto esclusivi o principali di escludere i cittadini degli altri Stati membri dall'impiego offerto.

    21 Si accrescerebbe di molto l'effettività di questi diritti e divieti se essi potessero essere invocati anche da operatori economici diversi dai lavoratori, di cui viene limitata la libertà di ricorrere a lavoratori provenienti da Stati membri diversi dal proprio. Ad esempio, il diritto dei lavoratori in base all'art. 48, n. 3, del Trattato di rispondere a offerte di lavoro effettive potrebbe essere reso vano qualora i datori di lavoro non fossero liberi di impugnare le restrizioni nazionali relative alla presentazione di tali offerte. Si deve anche ricordare che, se si può, in parte, intendere la libertà di circolazione dei lavoratori in termini di diritti personali dei lavoratori, e se essa viene consolidata dai loro sforzi per far valere tali diritti, inter alia, dinanzi ai giudici nazionali, essa in definitiva risponde a un obiettivo di interesse generale, previsto dall'art. 3, lett. c), del Trattato: la creazione di un mercato interno caratterizzato dall'eliminazione fra gli Stati membri degli ostacoli alla libera circolazione delle persone.

    22 La Corte si è già direttamente occupata del diritto dei datori di lavoro a invocare quelli che normalmente sono caratterizzati come diritti dei lavoratori, nella causa The Queen / Ministry of Agriculture, Fisheries and Food, ex parte Agegate (13). Detta causa riguardava l'interpretazione degli artt. 55 e 56 dell'Atto di adesione del Regno di Spagna alle Comunità, relativi alla libera circolazione dei lavoratori. Alla Corte si chiedeva se disposizioni di diritto comunitario vietassero la formulazione, nel Regno Unito, di condizioni relative alla nazionalità, alla residenza e ai contributi previdenziali dei membri di un equipaggio, per la concessione di licenze di pesca, le quali escludevano la maggior parte dei cittadini spagnoli, e se il proprietario di un peschereccio con un equipaggio in parte spagnolo potesse far valere tali disposizioni dinanzi il giudice nazionale. La Corte ha affermato che la nozione di «lavoratore» ex art. 55 dell'Atto di adesione era identica a quella contenuta nell'art. 48 del Trattato (14), e che i membri di un equipaggio non potevano non essere equiparati ai lavoratori, in ragione del modo in cui venivano retribuiti. La Corte ha statuito, inoltre, che la deroga contenuta nell'art. 56, n. 1, dell'Atto di adesione, all'effetto diretto dell'art. 48 del Trattato, nei rapporti tra la Spagna e gli altri Stati membri, dev'essere interpretata restrittivamente (15). In particolare, non può essere interpretata nel senso di consentire l'introduzione di nuove restrizioni, quali alcune condizioni contenute nella normativa del Regno Unito in questione (16). In risposta alla questione del diritto dell'armatore e del datore di lavoro ad invocare tali disposizioni, la Corte si è limitata a dichiarare che tutte le norme di cui trattasi hanno effetto diretto e, conseguentemente, i singoli possono farle valere in giudizio dinanzi ai giudici nazionali (17).

    23 Nella sentenza Merci Convenzionali Porto di Genova la Corte ha affermato che, anche nell'ambito dell'art. 90, le disposizioni dell'art. 48 hanno effetto diretto ed attribuiscono ai singoli diritti che i giudici nazionali devono tutelare (18). In detta causa la parte interessata era un importatore che si lamentava del fatto che non fosse consentito all'equipaggio della propria nave di scaricare merci nel porto di Genova, poiché tale operazione portuale era riservata ad un'impresa le cui maestranze dovevano essere di cittadinanza italiana. Inoltre, nel settore dell'uguaglianza tra i sessi sul posto di lavoro, la quale pure viene probabilmente intesa essenzialmente in termini di diritti dei lavoratori, la Corte ha implicitamente riconosciuto nella sentenza Stoeckel (19) il diritto di un datore di lavoro di invocare, a propria difesa nel processo penale relativo a disposizioni lavorative nazionali che vietavano il lavoro notturno, l'effetto diretto delle disposizioni della direttiva (CEE) del Consiglio 76/207/CEE, relativa all'attuazione del principio della parità di trattamento tra uomini e donne (20).

    24 L'estensione ai datori di lavoro e alle altre parti interessate del diritto di invocare disposizioni di diritto comunitario relative alla libertà di circolazione dei lavoratori è anche conforme alla giurisprudenza della Corte concernente l'ambito di applicazione ratione personae di altre libertà del mercato interno. Nelle sentenze Luisi e Carbone (21) e Cowan (22) la Corte ha considerato che le disposizioni del Trattato relative ai servizi, le quali parlano soltanto della libertà di prestare servizi, possono essere fatte valere anche dai destinatari dei servizi, poiché ciò ne costituisce il necessario complemento (23), che, in effetti, era stato espressamente considerato fin dall'inizio (24). Invero, nella sentenza Bachmann (25), la Corte ha statuito, in una causa promossa da un destinatario di servizi di assicurazione, che le disposizioni impugnate del diritto fiscale belga costituivano un ostacolo alla libertà degli assicuratori di prestare servizi. Va rilevato che l'art. 59, al pari dell'art. 48, nn. 1 e 2, è redatto non in termini di diritti di una specifica categoria di persone, ma in termini di eliminazione delle restrizioni. Un'ampia definizione delle persone che traggono diritti dalle disposizioni del Trattato relative alle fondamentali libertà economiche non è pertanto incompatibile con le norme rilevanti. Essa riflette la concezione adottata dalla Corte nella sentenza Van Gend en Loos (26), secondo cui l'instaurazione del mercato comune, che costituisce lo scopo del Trattato da realizzare, incide direttamente sui soggetti interessati della Comunità. Pertanto, i soggetti interessati potrebbero trarre diritti direttamente efficaci persino da una disposizione del Trattato espressa in termini di divieto, ed il loro controllo potrebbe essere equivalente ad una effettiva verifica dell'attuazione del diritto comunitario, in aggiunta a quello derivante dagli artt. 169 e 170 del Trattato (27).

    25 Sarebbe strano che i consumatori avessero diritti derivanti dall'ordinamento comunitario immediatamente applicabili a recarsi in un altro Stato membro al fine di beneficiare di servizi destinati ai turisti o di altri servizi, oppure al fine di farvi acquisti (28), senza che i datori di lavoro abbiano un equivalente diritto a spostarsi al fine di assumere lavoratori in un altro Stato membro. Sarebbe parimenti illogico che un datore di lavoro non potesse dolersi di restrizioni discriminatorie della sua capacità ad assumere lavoratori all'estero, laddove agenzie di collocamento che egli ha incaricato di fare ciò possano ricorrere dinanzi al giudice nazionale contro tali limitazioni alla loro libertà di prestare servizi (29). I datori di lavoro hanno un interesse economico diretto e attuale all'effettività dell'art. 48. Un datore di lavoro è una componente indefettibile dell'esercizio da parte dei lavoratori delle libertà loro garantite. In quanto soggetti interessati, i datori di lavoro possono svolgere un ruolo effettivo nel controllo del completamento del mercato comune, in aggiunta a quello della Commissione in base all'art. 169 del Trattato.

    26 Concludo, pertanto, suggerendo di risolvere la prima questione nel senso che l'art. 48 del Trattato conferisce ai datori di lavoro dello Stato ospitante il diritto, immediatamente applicabile, di assumere lavoratori, cittadini di un altro Stato membro, senza essere vincolati da norme nazionali che operano discriminazioni, dirette o indirette, in base alla cittadinanza dei lavoratori di cui trattasi.

    Seconda questione

    27 E' incompatibile con l'art. 48, n. 2, del Trattato, così come con l'art. 3, n. 1, del regolamento in esame, che gli Stati membri stabiliscano condizioni di lavoro che operino, in maniera diretta o dissimulata, discriminazioni collegate alla nazionalità. La Corte ha osservato che disposizioni nazionali in base alle quali si operi una distinzione basata sulla residenza rischiano di operare principalmente a danno dei cittadini di altri Stati membri. I non residenti sono infatti il più delle volte cittadini di altri Stati membri (30).

    28 E' chiaro, quindi, come il fatto di esigere che i gestori nominati da talune società in Austria risiedano in detto paese possa costituire una discriminazione indiretta collegata alla nazionalità. Cionondimeno, si può giustificare tale discriminazione apparente con riferimento a considerazioni di interesse generale (31). Due possibili giustificazioni sono state menzionate nella presente causa, entrambe collegate al fatto che il gestore è responsabile in base al diritto austriaco della gestione dell'impresa.

    29 E' possibile far riferimento alla sentenza Van Binsbergen (32). L'analisi della Corte, relativa alle norme sull'esercizio della professione imposte dagli Stati membri ai prestatori di servizi che hanno la loro sede in un altro Stato membro, può, sotto taluni profili, essere estesa alla situazione di lavoratori i quali, sebbene residenti in uno Stato membro, occupano posizioni di responsabilità in un altro. La Corte ha affermato:

    «Tenuto conto delle speciali caratteristiche delle prestazioni di servizi, non si possono tuttavia considerare incompatibili col Trattato i requisiti specifici che il prestatore deve possedere in forza di norme sull'esercizio della sua professione - norme in tema d'organizzazione, di qualificazione, di deontologia, di controllo e di responsabilità - giustificate dal pubblico interesse ed obbligatorie nei confronti di chiunque risieda nello Stato ove la prestazione è effettuata. Ciò vale nel caso in cui il prestatore sfuggirebbe a tali norme grazie alla residenza in un altro Stato membro» (33).

    30 La prima giustificazione possibile nella fattispecie è che il requisito della residenza assicura il rispetto della condizione secondo la quale il gestore dev'essere in grado di svolgere effettivamente l'attività, e secondo cui egli deve esercitare un ruolo effettivo e non già meramente formale. Alla luce della responsabilità del gestore verso le autorità amministrative per la gestione dell'impresa, ciò costituirebbe un obiettivo legittimo, che può collocarsi nella categoria di regole per l'esercizio della professione relative all'organizzazione, di cui alla sentenza Van Binsbergen. Tuttavia, il requisito della residenza può risultare, a seconda delle circostanze, non necessario oppure - il che è più importante - privo di ogni rapporto con il raggiungimento di tale scopo. Esso non è necessario, se, come si è suggerito, un lavoratore frontaliero è in grado di svolgere i propri compiti direttivi senza abbandonare la propria residenza in uno Stato limitrofo. Tuttavia, al tempo dei fatti di cui trattasi, sembra che il signor Henssen avesse la propria residenza a Berlino. E' più appropriato nella fattispecie verificare come il requisito della residenza sia preordinato ad assicurare l'obiettivo perseguito. Non è sufficiente se, nonostante la residenza in Austria, un gestore non partecipa o non può partecipare, come richiesto, alla effettiva gestione della società. Sarebbe, quindi, meno restrittivo per le autorità amministrative nazionali semplicemente imporre direttamente una condizione di attività effettiva, specificando, se necessario, come fa la GewO del 1994 in relazione a talune imprese, condizioni concernenti l'orario di lavoro, e lasciare che sia il gestore a decidere, alla luce delle circostanze geografiche e di altri elementi, come conciliare la propria residenza con tale condizione.

    31 In secondo luogo, si è osservato che è necessario che il gestore risieda in Austria ai fini della notifica e dell'esecuzione di sanzioni amministrative in caso di violazione delle regole che disciplinano la gestione dell'impresa. Questo costituisce un obiettivo legittimo. Gli Stati membri hanno un evidente interesse all'esercizio pubblico e regolare di attività registrate conformemente a leggi quali la GewO del 1994 e, di conseguenza, al mantenimento di regole effettive per il loro controllo. A mio parere, tale controllo, al pari del controllo fiscale e di varie altre esigenze imperative di interesse generale, è idoneo a giustificare una restrizione all'esercizio delle libertà fondamentali riconosciute dal Trattato (34). Alla luce della evidente difficoltà di eseguire sanzioni amministrative al di fuori della giurisdizione dello Stato, si possono imporre condizioni volte ad assicurare che i gestori non sfuggano all'ambito di applicazione delle regole austriache relative alla responsabilità professionale per il fatto di risiedere al di fuori dell'Austria.

    32 Si deve anche considerare, tuttavia, se sussistano modi meno restrittivi in cui tale obiettivo possa essere realizzato (35). Quanto alla notifica di sanzioni, la Corte ha ammesso nella sentenza Van Binsbergen, per quanto attiene alla necessità di assicurare l'osservanza di disposizioni professionali di condotta collegate al funzionamento della giustizia e al rispetto della deontologia, l'adeguatezza dell'elezione di domicilio nello Stato membro di cui trattasi da parte di un avvocato stabilito in un altro Stato membro (36). Nel caso di specie, tale elezione di domicilio potrebbe verosimilmente essere effettuata presso il luogo dell'attività del gestore o, come ha suggerito la Commissione, presso la sede della società da cui dipende, se questa si trova in Austria.

    33 Tuttavia, la sentenza Van Binsbergen riguardava un avvocato che prestava servizi in uno Stato membro diverso dal suo. Non è stato agevole per la Corte distinguere la situazione di soggetti permanentemente stabiliti. L'analogia con la prestazione di servizi è meno stringente nel caso dell'applicazione di effettive disposizioni professionali ad un lavoratore assunto esclusivamente in uno Stato membro. Dal momento che non ho dubbi che rientri nei diritti della Repubblica d'Austria esigere che sussista un meccanismo efficace di esecuzione delle sanzioni amministrative, occorre esaminare, se, a tal fine, esistano misure meno restrittive del requisito di residenza. La Corte ha riconosciuto nella sentenza Bachmann (37) come le difficoltà che le autorità fiscali di uno Stato membro potrebbero avere nel far eseguire un impegno assunto da un assicuratore stabilito in un altro Stato membro di pagare un'imposta sulle somme dovute ad un soggetto d'imposta che risiede nel primo Stato membro potrebbero giustificare un trattamento fiscale indirettamente discriminatorio dei premi d'assicurazione di tale soggetto. Tuttavia, pur ammettendo che gli oneri richiesti sarebbero proibitivi nelle circostanze di quella causa, la Corte ha del pari statuito che «un simile impegno potrebbe certamente, in linea di principio, essere accompagnato dal deposito di una cauzione da parte dell'assicuratore» (38).

    34 Del pari, sarebbe meno restrittivo per la libertà di circolazione dei lavoratori se un futuro gestore residente all'estero avesse l'alternativa di prestare alle autorità austriache una cauzione o una garanzia al fine dell'esecuzione di eventuali sanzioni amministrative, non importa se attraverso un deposito, il congelamento di una determinata somma su un conto bancario, la nomina di un fidejussore, o mediante altre misure, in luogo del cambiamento della propria residenza. I documenti disponibili non consentono di pronunciarsi sul punto se tali misure finanziarie possano assicurare il raggiungimento dell'obiettivo dell'Austria. Possono esserci aspetti delle obbligazioni di chi esercita un'attività professionale autorizzata la cui osservanza può essere di fatto ottenuta soltanto da parte di un gestore personalmente responsabile. E' opportuno quindi consentire al giudice nazionale di stabilire se, alla luce di tutte le circostanze e degli obiettivi della GewO del 1994, una garanzia finanziaria risponda alle esigenze del caso. In caso affermativo, credo che la regola austriaca sia più restrittiva del necessario. Altrimenti, credo che sia giustificata, in assenza di altri mezzi per assicurare l'obiettivo della responsabilità del gestore.

    35 E' certo che persino il gravoso requisito di una garanzia prestata dal gestore deve essere imposto soltanto qualora l'esecuzione delle sanzioni amministrative non possa essere assicurata in altro modo nello Stato membro dove egli risiede. Del pari, un'elezione di domicilio dev'essere effettuata soltanto qualora la notifica nel luogo di residenza non possa essere garantita. Si potrebbero evitare entrambe le restrizioni se la notifica e l'esecuzione delle sanzioni venissero assicurate attraverso, per esempio, una convenzione internazionale. Invero, tale sistema viene ammesso dalla versione modificata dell'art. 39 della GewO del 1994, che, a partire dal 1_ luglio 1996, abbandona il requisito della residenza per i gestori laddove la Repubblica d'Austria sia parte di siffatta convenzione con il loro paese di residenza. Sembra che una simile convenzione sia stata conclusa tra l'Austria e la Repubblica federale di Germania, lo Stato membro in cui il signor Henssen risiedeva al tempo dei fatti, e che fosse applicabile in quel periodo (39). In ogni modo, ciò costituisce materia di indagine per il giudice nazionale. Se una simile convenzione fosse in vigore, conseguirebbe dalla pronuncia della Corte nella sentenza Wielockx (40) che l'esigenza imperativa di interesse generale rilevante - in quella causa, la coerenza fiscale - era sufficientemente garantita dalla possibilità di ricorrere ai termini della convenzione stessa. La circostanza che non tutti gli Stati membri possano aver concluso tali convenzioni non costituisce ostacolo a farle valere al fine di ridurre nella misura del possibile le restrizioni alla libertà di circolazione dei lavoratori, anche se ne risulta una differenza nelle condizioni imposte dallo Stato ospitante ai cittadini dei vari altri Stati membri. Pertanto, presupponendo la vigenza della convenzione di cui trattasi, l'imporre al signor Henssen il requisito della residenza in Austria costituiva una misura sproporzionata, il cui carattere indirettamente discriminatorio non può essere giustificato alla luce di esigenze di interesse generale.

    VI - Conclusione

    36 Alla luce di quanto sopra, suggerisco alla Corte di risolvere le questioni sottopostele dal giudice nazionale come segue:

    «1) L'art. 48 del Trattato conferisce ai datori di lavoro dello Stato ospitante il diritto, immediatamente applicabile, di assumere lavoratori, cittadini di un altro Stato membro, senza essere vincolati da norme nazionali che operano discriminazioni, dirette o indirette, in base alla cittadinanza dei lavoratori di cui trattasi.

    2) Una disposizione nazionale secondo la quale il titolare di un'attività può nominare come gestore, ai sensi delle disposizioni relative all'esercizio di tale attività, solo una persona che risieda nello Stato membro ospitante costituisce una discriminazione indiretta in base alla cittadinanza.

    3) Una norma nazionale siffatta può essere giustificata dall'interesse dello Stato membro di garantire il rispetto di norme nazionali o di provvedimenti amministrativi concernenti l'esercizio di un'attività autorizzata, a meno che il medesimo obiettivo non possa essere effettivamente assicurato mediante una garanzia finanziaria o le clausole di una convenzione internazionale applicabile».

    (1) - Regolamento (CEE) del Consiglio 15 ottobre 1968, n. 1612, relativo alla libera circolazione dei lavoratori all'interno della Comunità (GU L 257, pag. 2; in prosieguo: il «regolamento»).

    (2) - Sentenza 4 dicembre 1974, causa 41/74, Van Duyn (Racc. pag. 1337).

    (3) - Sentenza 23 marzo 1982, causa 53/81, Levin (Racc. pag. 1035, punto 9); sentenza 3 luglio 1986, causa 66/85, Lawrie-Blum (Racc. pag. 2121, punto 16 e ss.); sentenza 27 giugno 1996, causa C-107/94, Asscher (Racc. pag. I-3089, punto 25).

    (4) - Sentenza 28 gennaio 1992, causa C-204/90, Bachmann (Racc. pag. I-249); sentenza 20 maggio 1992, causa C-106/91, Ramrath (Racc. pag. I-3351, punto 29 e ss.); sentenza 14 febbraio 1995, causa C-279/93, Schumacker (Racc. pag. I-225); e Asscher, sopra citata.

    (5) - Sopra citata alla nota 3.

    (6) - Loc. cit., punto 17.

    (7) - Sentenza Bachmann, sopra citata alla nota 4, punto 21 e ss.; sentenza 16 giugno 1992, causa C-351/90, Commissione/Lussemburgo (Racc. pag. I-3945, punto 19 e ss.).

    (8) - Sentenza Lawrie-Blum, sopra citata alla nota 3, punto 17.

    (9) - V., per esempio, sentenza 12 dicembre 1974, causa 36/74, Walrave (Racc. pag. 1405).

    (10) - Sentenza 23 febbraio 1994, causa C-419/92, Scholz (Racc. pag. I-505, punto 6).

    (11) - V. le citazioni contenute nella nota 3.

    (12) - V., in particolare, la sentenza Levin, sopra citata alla nota 3, punto 9.

    (13) - Sentenza 14 dicembre 1989, causa C-3/87 (Racc. pag. I-4459).

    (14) - Loc. cit., punto 34.

    (15) - Loc. cit., punto 39; v. anche sentenza 23 marzo 1983, causa 77/82, Peskeloglou (Racc. pag. 1085).

    (16) - Sentenza The Queen/Ministry of Agriculture, Fisheries and Food, ex parte Agegate, sopra citata alla nota 13, punto 40.

    (17) - Loc. cit., punto 42.

    (18) - Sentenza 10 dicembre 1991, causa C-179/90 (Racc. pag. I-5889, punto 23) e dispositivo.

    (19) - Sentenza 25 luglio 1991, causa C-345/89 (Racc. pag. I-4047).

    (20) - Direttiva del Consiglio 9 febbraio 1976, 76/207/CEE, relativa all'attuazione del principio della parità di trattamento fra gli uomini e le donne per quanto riguarda l'accesso al lavoro, alla formazione e alla promozione professionali e le condizioni di lavoro (GU L 39, pag. 40).

    (21) - Sentenza 31 gennaio 1984, cause riunite 286/82 e 26/83 (Racc. pag. 377, punti 10 e 16).

    (22) - Sentenza 2 febbraio 1989, causa 186/87 (Racc. pag. 195, punto 15).

    (23) - Sentenza Luisi e Carbone, sopra citata alla nota 21, punto 10.

    (24) - Loc. cit., punti 12-14.

    (25) - Sopra citata alla nota 4, punto 31.

    (26) - Sentenza 5 febbraio 1963, causa 26/62 (Racc. pag. 1, punto 12).

    (27) - Loc. cit., punto 33.

    (28) - V. sentenza 7 marzo 1990, causa C-362/88, GB-INNO-BM (Racc. pag. I-667, punto 8).

    (29) - Relativamente ai rapporti tra imprese di collocamento e disposizioni del Trattato sui servizi, v. sentenza 27 marzo 1990, causa C-113/89, Rush Portuguesa (Racc. pag. I-1417, punto 16); v. anche sentenza 23 aprile 1991, causa C-41/90, Hofner e Elser (Racc. pag. I-1979, punti 35-40).

    (30) - V., per esempio, sentenza Schumacker, sopra citata alla nota 4, punto 28.

    (31) - V., per esempio, sentenza Schumacker, loc. cit., punto 39.

    (32) - Sentenza 3 dicembre 1974, causa 33/74 (Racc. pag. 1299).

    (33) - Loc. cit., punto 12.

    (34) - Sentenze 20 febbraio 1979, causa 120/78, Rewe («Cassis de Dijon») (Racc. pag. 649, punto 8); 15 maggio 1997, causa C-250/95, Futura Participations (Racc. pag. I-2471, punto 31).

    (35) - Non si è sostenuto che i gestori debbano avere la residenza in Austria al fine di permettere in primo luogo che l'autorità eserciti il potere di imporre sanzioni amministrative. Pertanto, l'analisi che segue si riferisce esclusivamente ai problemi pratici sollevati dalla notifica e dall'esecuzione di tali sanzioni.

    (36) - Sopra citata alla nota 32, punti 14-16.

    (37) - Sopra citata alla nota 4, punto 24.

    (38) - Loc. cit., punto 25.

    (39) - Vertrag zwischen der Republik Österreich und der Bundesrepublik Deutschland über Amts- und Rechtshilfe in Verwaltungssachen, Bundesgesetzblatt fur die Republik Österreich, 1990, n. 526.

    (40) - Sentenza 11 agosto 1995, causa C-80/94 (Racc. pag. I-2493, punto 25).

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