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Document 61984CC0103

    Conclusioni dell'avvocato generale Lenz del 28 gennaio 1986.
    Commissione delle Comunità europee contro Repubblica italiana.
    Inadempimento di stato - Misure di effetto equivalente - Contributi finanziari per l'acquisto di veicoli di produzione nazionale.
    Causa 103/84.

    Raccolta della Giurisprudenza 1986 -01759

    ECLI identifier: ECLI:EU:C:1986:38

    CONCLUSIONI DELL'AVVOCATO GENERALE

    CARL OTTO LENZ

    del 28 gennaio 1986 ( *1 )

    Signor Presidente,

    signori Giudici,

    A —

    La legge italiana 29 maggio 1982, n. 308, contemplava, nell'art. 13, lo stanziamento di 2 miliardi di lire per il 1982 ed di 4 miliardi di lire per il 1983 per la concessione di contributi alle aziende municipalizzate di trasporto dei comuni con popolazione superiore ai 300000 abitanti nel caso in cui — nell'ambito di programmi di sostituzione degli autoveicoli tradizionali — dette aziende avessero acquistato veicoli a trazione elettrica o mista. Tuttavia il contributo era subordinato alla condizione che i veicoli fossero di costruzione nazionale.

    La Commissione riteneva che tale condizione — che le era stata fatta notare con un reclamo dall'« Unione nazionale rappresentanti autoveicoli esteri » — contravvenisse al divieto delle restrizioni quantitative alle importazioni e delle misure di effetto equivalente sancito dall'art. 30 del trattato CEE ed alla direttiva della Commissione 22 dicembre 1969, 70/50 (GU L 13, pag. 29 e seguenti) — relativa all'attuazione del predetto articolo — e in particolare all'art. 2, n. 3, lett. k), di questa. Con lettera 29 novembre 1982 la Commissione partecipava al governo italiano questo suo punto di vista. Nella lettera si rilevava soprattutto che la predetta modalità di aiuto non era necessaria al raggiungimento dello scopo perseguito con il provvedimento e pertanto poteva essere senz'altro valutata con riguardo all'art. 30 del trattato CEE.

    La rappresentanza permanente d'Italia rispondeva nel febbraio 1983. Essa sottolineava la durata dell'efficacia del provvedimento criticato (2 anni) e gli scopi con esso perseguiti — di politica energetica e di ricerca e sviluppo (orientamento della produzione nazionale favorendo l'acquisto di prototipi degli autoveicoli in questione) — deducendone che, in realtà, non trattavasi di un provvedimento restrittivo delle importazioni.

    Nell'agosto 1983 la Commissione, non convinta da questa risposta, emetteva, in base all'art. 169 del trattato CEE, un parere motivato nel quale spiegava il motivo per cui la disposizione da lei criticata si doveva considerare come una modalità di aiuto non necessaria per lo scopo perseguito con il provvedimento. In effetti, per quanto riguarda l'incentivo all'acquisto di veicoli che consumano meno energia, il fatto di limitare la sovvenzione all'acquisto di prodotti nazionali non poteva essere considerato logico. Per quanto riguarda poi la promozione dello sviluppo, da parte dell'industria italiana, di veicoli del genere, si doveva del pari ritenere che questo scopo sarebbe stato raggiunto anche senza la predetta condizione: infatti, qualora fosse stato possibile acquistare anche veicoli stranieri di questo tipo fruendo del contributo statale, i produttori italiani sarebbero stati spronati a realizzare veicoli analoghi per poter essere presenti sul mercato di cui trattasi. La discriminazione di prodotti stranieri nell'ambito della suddetta disciplina doveva pertanto essere considerata come una misura di effetto equivalente ai sensi dell'art. 30 del trattato CEE. Di conseguenza, la Commissione invitava il governo italiano ad adottare provvedimenti per la soppressione della predetta violazione del trattato entro un mese dalla notifica del parere.

    Come sapete, l'invito non veniva accolto. Tuttavia, come ci è stato detto, in occasione di successivi contatti con la Commissione le autorità italiane si impegnavano a sopprimere la condizione criticata e quindi, nel disegno di una legge destinata a restare in vigore dal 1984 al 1986, presentato nel marzo 1984 alla Camera dei Deputati, veniva contemplata l'erogazione di sovvenzioni senza la clausola censurata.

    Tuttavia, la Commissione ha proposto ricorso nell'aprile 1984 poiché, almeno fino ad oggi, la suddetta legge non è stata varata, poiché non vi è stata una modifica espressa della legge 29 maggio 1982 (né sarebbe certo che essa abbia esaurito i suoi effetti) e poiché il governo italiano persisteva nel sostenere che le clausole come quelle criticate dalla Commissione non sono, in realtà, contrarie al trattato.

    La ricorrente chiede che la Corte di giustizia dichiari che la convenuta è venuta meno agli obblighi impostile dall'art. 30 del trattato CEE esigendo che le aziende municipalizzate che gestiscono servizi di trasporto pubblico acquistino veicoli di produzione nazionale per fruire dei contributi finanziari contemplati dall'art. 13 della legge 29 maggio 1982, n. 308.

    B —

    A questo proposito osserverò quanto segue.

    1.

    In primo luogo si deve esaminare l'eccezione della convenuta secondo la quale nel caso di specie manca Vinteresse ad agire e il ricorso si deve pertanto ritenere irricevibile.

    A questo proposito essa sostiene in primo luogo che la disposizione criticata dalla ricorrente figurava in una legge di autorizzazione di spesa che è rimasta in vigore solo due anni (1982 e 1983). Durante questo periodo non sarebbe stata erogata in realtà nessuna sovvenzione del tipo descritto né siffatti contributi sarebbero erogabili dopo la scadenza del periodo di efficacia, per cui si potrebbe affermare che la legge è rimasta inoperante. In secondo luogo, la convenuta rileva che per il periodo successivo è stato elaborato un nuovo disegno di legge che non contiene più la disposizione criticata; pertanto si dovrebbe anche escludere che il provvedimento ritenuto dalla ricorrente contrastante con il trattato venga rinnovato.

    A mio avviso, però, non si tratta di obiezioni valide.

    a)

    In via di principio si deve ritenere — e al riguardo la lettera dell'art. 169 del trattato CEE non consente alcun dubbio — che anche le violazioni del trattato verificatesi nel passato e che siano cessate del tutto possano costituire oggetto di un procedimento per inadempimento. Diversamente, infatti, tenuto conto della durata del procedimento precontenzioso prescritto dall'art. 169, sarebbe spesso impossibile il sindacato giurisdizionale di leggi che siano rimaste in vigore per un breve periodo di tempo. Per la ricevibilità dell'azione è soprattutto determinante il fatto che — e anche questo si desume dall'art. 169 — lo Stato membro interessato non abbia adottato tempestivamente i provvedimenti prescritti nel parere della Commissione (si veda la sentenza nella causa 52/84 ( 1 ) ). Ciò si è verificato, in effetti, nel caso di specie e per di più si deve tener presente che il parere è stato emesso durante il periodo di efficacia della legge criticata e che la convenuta doveva adottare provvedimenti nello stesso periodo.

    b)

    Per quanto riguarda inoltre l'applicazione pratica della legge n. 308, dalle risposte ai quesiti posti dalla Corte abbiamo appreso che durante la vigenza della stessa vennero presentate undici domande da parte di comuni interessati. In nove casi si trattava manifestamente di semplici dichiarazioni di intenzione che non ebbero seguito; tuttavia, vi furono anche due domande formali che, come ci è stato detto, vennero « archiviate » perché non corredate di una documentazione completa.

    Quindi — proprio perché l'iter relativo a due domande non è stato ancora completamente esaurito — è difficile affermare che la legge di cui trattasi non abbia prodotto alcun effetto e che pertanto non sussista un interesse all'accertamento della sua non conformità al trattato. Inoltre non si deve, in questo contesto, dar peso alla considerazione che, almeno in due casi, può parlarsi solo di una lieve violazione del trattato, che non giustificherebbe un procedimento giudiziario. Infatti, se ci si riferisce — com'è doveroso — al momento dell'apertura del procedimento, si deve ammettere che allora era senz'altro lecito temere notevoli ripercussioni sul commercio interstatale, considerata la prevista erogazione delle somme summenzionate, che potevano permettere l'acquisto di alcune centinaia ( 2 ) di veicoli, e che non si poteva dubitare dell'opportunità del procedimento per violazione del trattato.

    e)

    Infine, per quanto attiene al disegno di legge relativo agli anni 1984-1986, si deve rilevare come — poiché il procedimento legislativo non si è ancora concluso — non sia affatto certo che la condizione criticata dalla ricorrente sarà effettivamente soppressa. Inoltre, e soprattutto, la convenuta — come è emerso nel corso del procedimento — persiste nel sostenere che la disciplina in esame non è in contrasto col trattato. Pertanto, non si può affatto escludere che — anche se forse in un altro contesto — siano adottati nuovamente provvedimenti come quelli contenuti nella legge n. 308, cioè che sussista un pericolo di recidiva da prendere seriamente in considerazione.

    d)

    Le considerazioni che precedono mi inducono a concludere che la prova dell'interesse ad agire — ammesso che sia necessaria per il procedimento ai sensi dell'art. 169 del trattato CEE — è stata sufficientemente fornita nella fattispecie e che quindi il ricorso non può essere dichiarato irricevibile.

    2.

    Per quanto attiene alla questione — e con ciò giungo all'esame del merito del ricorso — se la disciplina italiana criticata debba essere considerata misura d'effetto equivalente ai sensi dell'art. 30 del trattato CEE, non c'è dubbio che la concessione di aiuti statali per l'acquisto di determinati prodotti valga a discriminare gli analoghi prodotti provenienti da altri Stati membri qualora sia subordinata alla condizione dell'acquisto esclusivo di prodotti nazionali. In questo modo la domanda viene certamente orientata verso la produzione nazionale — attraverso un palese incentivo — a detrimento delle merci di importazione, con la conseguenza di una possibile limitazione delle importazioni. Significativo è poi che — come ci è stato riferito — nella relazione sul disegno di legge per gli anni 1984-1986, in cui non figura più la disposizione sulla nazionalità, si affermi che una clausola protezionistica non è più necessaria. Ciò induce a ritenere che il provvedimento italiano rientri senz'altro nella nozione elaborata dalla giurisprudenza relativamente all'art. 30, cioè che debba essere considerato come una normativa commerciale di uno Stato membro, « che possa ostacolare direttamente o indirettamente, in atto o in potenza, gli scambi intracomunitari » (causa 8/74, Race. 1974, pag. 851 ( 3 )).

    A conferma di questa valutazione si può citare la sentenza emessa nella causa 249/81 ( 4 ), che riguardava un provvedimento, imputabile allo Stato, per la promozione della vendita di prodotti irlandesi. Come è noto, la Corte ha considerato che, siccome si trattava di un incitamento all'acquisto di prodotti nazionali, atto ad influenzare il comportamento dei consumatori, detto provvedimento poteva « incidere sull'andamento dell'interscambio comunitario » (Race. 1982, pag. 4022, punto 25 della motivazione), proprio in quanto mirava alla sostituzione dei prodotti stranieri e a contenere le importazioni. Del pari, ci si può richiamare alla sentenza emessa recentemente nella causa 192/84 ( 5 ), nell'ambito di un procedimento contro la Repubblica ellenica. La Corte ha dichiarato che la concessione di condizioni di credito più favorevoli per l'acquisto di macchine nazionali doveva considerarsi una misura di effetto equivalente ai sensi dell'art. 30, in quanto induceva gli acquirenti ad acquistare macchine di produzione nazionale.

    3.

    Di conseguenza, diventa sostanzialmente superfluo esaminare la questione della pertinenza alla fattispecie della direttiva della Commissione menzionata all'inizio delle presenti conclusioni, e, in particolare, dell'art. 2, n. 3, lett. k), della stessa, a norma del quale sono misure di effetto equivalente anche quelle che « impediscono l'acquisto da parte dei privati dei soli prodotti importati, incitano all'acquisto dei soli prodotti nazionali, impongono tale acquisto oppure gli accordano una preferenza ».

    Come vi è noto, la convenuta ha sostenuto che la suddetta disposizione riguarda solo i provvedimenti che si rivolgono ai privati e presuppone che dette misure si rivolgano alla generalità degli operatori economici. Essa non sarebbe quindi pertinente alla fattispecie perché il provvedimento in esame avrebbe riguardato solo una categoria di circa 20 beneficiari (aziende municipalizzate di trasporto ben determinate, prive di personalità giuridica) e perché si sarebbe trattato solo della vendita di prototipi, e non, quindi, di prodotti commerciabili.

    Per soffermarsi brevemente anche su questo punto, si può senz'altro ritenere che in definitiva possa restare aperta la questione se quest'interpretazione della disposizione citata sia effettivamente quella esatta. È infatti noto che la direttiva non aveva lo scopo di stabilire un elenco esauriente delle misure ricomprese nella sfera di applicazione dell'art. 30, ma era intesa soltanto a fornire una serie di esempi particolarmente caratteristici. Pertanto, è sufficiente rilevare che il provvedimento italiano in esame è comunque, per scopo ed effetti, simile alle misure definite sub k). Per di più la ricorrente poteva riferirsi nel caso di specie anche alla parte dell'art. 2, n. 2, in cui è fatta menzione dei provvedimenti che favoriscono i prodotti nazionali. Senza dubbio, nel caso presente, ricorre quanto meno quest'ultima ipotesi.

    Pertanto, giustamente la ricorrente si è richiamata anche alle definizioni della sua dretriva; ne deriva in realtà una conferma della suddetta valutazione del provvedimento italiano.

    4.

    Prima di emettere un giudizio definitivo sul punto di vista della ricorrente, occorre ancora esaminare due obiezioni sollevate dalla convenuta.

    A sua difesa, essa ha, in primo luogo fatto notare che si trattava non di rinnovare per intero il parco veicoli delle aziende di trasporto urbano, ma semplicemente di incoraggiare l'acquisto di alcuni prototipi, e con ciò ha voluto evidenziare la portata economica relativamente limitata dei suoi provvedimenti di incentivazione. Inoltre la convenuta ha osservato che l'art. 30 non è pertinente in quanto nella fattispecie si tratterebbe solo di un provvedimento di sovvenzione. Per tale ipotesi il trattato prescriverebbe un particolare procedimento e la situazione dovrebbe essere valutata unicamente alla luce dell'art. 92.

    a)

    Sul primo punto posso — in ragione delle considerazioni sopra esposte — essere molto breve. Tenuto conto delle somme stanziate dalla legge n. 308 (e con le quali doveva essere finanziato per un quinto l'acquisto di ciascun veicolo), il provvedimento non poteva certo essere considerato insignificante dal punto di vista economico, ma era idoneo ad influire in misura sensibile sul commercio interstatale. Per di più, dalla giurisprudenza della Corte emerge chiaramente che l'applicazione dell'art. 30 non dipende da siffatte considerazioni quantitative e che detto articolo si applica anche quando possano prodursi solo ostacoli di lieve entità (si veda, ad esempio, la sentenza nella causa 269/83 ( 6 )).

    b)

    Per quanto riguarda il secondo punto, non mi soffermerò più lungamente sul fatto che il punto di vista della convenuta — come la ricorrente ha fatto notare — non è privo di contraddizioni. Infatti, in un passo delle sue memorie essa ha sottolineato espressamente che il provvedimento criticato non costituisce in realtà una misura di sovvenzione atta a perturbare la concorrenza in quanto ciascuna azienda di trasporto agevolata opera in regime di monopolio: per questo motivo non sarebbero state inviate comunicazioni alla Commissione e non sarebbe stato aperto un procedimento ai sensi dell'art. 93 del trattato CEE.

    È certamente esatto che una sovvenzione intesa esclusivamente a favorire determinate imprese nazionali non può essere considerata misura di effetto equivalente ai sensi dell'art. 30. Ciò è stato stabilito con assoluta chiarezza nella sentenza emessa nella causa 74/76 ( 7 ). Nel presente caso, tuttavia, si deve constatare come vi siano gravi dubbi sul se il provvedimento italiano rientri effettivamente nella sfera di applicazione dell'art. 92. Inoltre è importante notare che nella sentenza citata è stato anche sottolineato — e su questo punto la ricorrente ha posto particolarmente l'accento — che nell'ambito di un sistema di aiuti è talvolta possibile individuare elementi non necessari ai fini della realizzazione dello scopo degli aiuti e con riguardo ai quali è senz'altro possibile constatare la violazione di altre disposizioni del trattato, anche dell'art. 30.

    In realtà — poiché il provvedimento italiano è inteso ad agevolare le aziende municipalizzate di trasporto ed a promuovere l'uso di veicoli che consumano meno energia — si dovrebbe ritenere che l'art. 92 non sia pertinente in quanto i beneficiari non sono in concorrenza fra di loro e quindi — dato importante per quanto riguarda l'art. 92 — i sussidi statali contemplati non possono falsare la concorrenza. Anche se si considera scopo del provvedimento, e specificamente della clausola sulla nazionalità, anche l'attribuzione indiretta di aiuti ai produttori di autoveicoli, con l'intenzione di favorire la ricerca e lo sviluppo di veicoli che consumano meno energia, è del pari dubbio che per questo si possa parlare di un aiuto ai produttori ai sensi dell'art. 92. Questi, infatti, ricevono non già sussidi finanziari, che consentano di risparmiare sui costi, ma — tramite l'acquirente dei veicoli, al quale lo Stato rimborsa una parte del prezzo d'acquisto — il corrispettivo di una prestazione da loro fornita. Difficilmente, quindi, si può parlare di una sovvenzione per quanto riguarda i fabbricanti di autoveicoli. Non si tratta altro che di una misura volta a orientare la domanda, la quale — come si è detto — rientra pienamente nell'ambito di applicazione dell'art. 30.

    Invero, non è necessario adesso approfondire questo punto, poiché comunque è convincente quanto la ricorrente ha sostenuto riferendosi al secondo principio, sopra citato, della sentenza nella causa 74/76 ( 8 ). Se si dovesse ritenere che nella fattispecie trattasi di un provvedimento avente indole di aiuto, sarebbe anche evidente, per quanto attiene allo scopo di politica energetica con esso perseguito (incoraggiare le aziende di trasporto ad adottare veicoli a trazione elettrica), che la condizione criticata non è necessaria al raggiungimento di detto scopo, il quale deve invece essere realizzato anche incoraggiando l'acquisto di veicoli stranieri. A questo proposito, quindi, si può parlare sicuramente di una modalità di aiuto non necessaria, che senza dubbio può essere giudicata in base ad altre disposizioni del trattato, anche in base all'art. 30. Lo stesso, poi, vale anche per quanto riguarda l'altro scopo perseguito, la promozione dello sviluppo di una produzione nazionale nel settore dei veicoli a trazione elettrica. In realtà è lecito ritenere che — se alle aziende municipalizzate di trasporto viene fornito un incentivo all'acquisto di siffatti veicoli — già la semplice possibilità di acquistare all'estero, restando escluse le discriminazioni come quelle che possono essere provocate dal provvedimento criticato, veicoli analoghi costituisca per le imprese italiane interessate uno sprone sufficiente a sviluppare anche questo settore produttivo. Anche sotto questo profilo, quindi, è difficile argomentare fruttuosamente richiamandosi alla natura di aiuto del provvedimento, e non è pertanto lecito sostenere che la fattispecie dev'essere valutata solo con riguardo all'art. 92 del trattato CEE.

    5.

    Premesso che, come è emerso dall'analisi che precede, il giudizio emesso dalla ricorrente sul provvedimento controverso è ineccepibile e che pertanto detto provvedimento è in contrasto con l'art. 30, è agevole dimostrare brevemente che esso non può essere affatto giustificato — né peraltro la convenuta ha tentato di giustificarlo — con riguardo all'ari. 36. A questo scopo è sufficiente rilevare che — come è stato sottolineato nella sentenza emessa nella causa 238/82 ( 9 ) — l'art. 36 riguarda solo provvedimenti di natura non economica. Orbene, nel caso di specie non si tratta di un provvedimento del genere poiché, com'è stato affermato e ribadito, l'art. 13 della legge n. 308 perseguiva unicamente scopi di politica energetica e di sviluppo, i quali difficilmente possono essere collocati al di fuori del settore economico.

    C —

    Di conseguenza, non posso che proporvi di accogliere la domanda della ricorrente e di dichiarare che la convenuta, disponendo che le aziende municipalizzate che gestiscono servizi di trasporto pubblico possono fruire dei contributi finanziari contemplati dall'art. 13 della legge 29 maggio 1982, n. 308, solo qualora acquistino veicoli di produzione nazionale, è venuta meno agli obblighi impostile dall'art. 30 del trattato CEE. Conformemente alla domanda della ricorrente, la convenuta Repubblica italiana dev'essere inoltre condannata al pagamento delle spese del procedimento.


    ( *1 ) Traduzione dal tedesco.

    ( 1 ) Sentenza 15 gennaio 1986 nella causa 52/84, Commissione/Regno del Belgio, Racc. 1986, pag. 89.

    ( 2 ) La somma di 6 miliardi di lire era sufficiente, negli anni 1982 e 1983, per sovvenzionare, nella misura del 20%, un volume di acquisti di 30 miliardi di lire, pari a circa 4,5 milioni di ECU.

    ( 3 ) Sentenza 11 luglio 1974 nella causa 8/74, Procedimento penale a carico di Benoit e Gustave Dassonville, Racc. 1974, pag. 837.

    ( 4 ) Sentenza 24 novembre 1982 nella causa 249/81, Commis-sione/Irlanda, Race. 1982, pag. 4005.

    ( 5 ) Sentenza 11 dicembre 1985 nella causa 192/84, Commis-sione/Repubblica ellenica, Race. 1985, pag. 3967.

    ( 6 ) Sentenza 14 marzo 1985 nella causa 269/83, Commissione/Repubblica francese, Race. 1985, pag. 837.

    ( 7 ) Sentenza 22 marzo 1977 nella causa 74/76, Iannelli & Volpi SpA/Paolo Meroni, Race. 1977, pag. 557.

    ( 8 ) Sentenza 22 marzo 1977 nella causa 74/76, Iannelli & Volpi SpA/Paolo Meroni, Race. 1977, pag. 557.

    ( 9 ) Sentenza 7 febbraio 1984 nella causa 238/82, Duphar BV ed altri/Stato olandese, Race. 1984, pag. 523.

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