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Document 61979CC0035

    Conclusioni dell'avvocato generale Mayras del 13 dicembre 1979.
    Spa Grosoli ed altri contro ministero del commercio con l'estero ed altri.
    Domanda di pronuncia pregiudiziale: Tribunale amministrativo regionale del Lazio - Italia.
    Contingente tariffario comunitario: "pre-ripartizione".
    Causa 35/79.

    Raccolta della Giurisprudenza 1980 -00177

    ECLI identifier: ECLI:EU:C:1979:288

    CONCLUSIONI DELL'AVVOCATO GENERALE HENRI MAYRAS

    DEL 13 DICEMBRE 1979 ( *1 )

    Signor Presidente,

    signori Giudici,

    I —

    La Comunità si è impegnata, nell'ambito degli accordi GATT, a procedere, verso la fine di ogni anno, all'apertura di un contingente per l'importazione di carne bovina congelata al dazio del 20 %.

    A partire dal 1975, il volume totale di questo contingente, espresso in carne disossata, è stato di 38500 t, diviso in due parti, una di 22000 t e l'altra di 16500 t, quest'ultima corrispondente in origine ad un ulteriore contingente aperto autonomamente dalla Comunità, dal 1971, per importazioni dall'Argentina.

    La distinzione fra le due frazioni del contingente è stata conservata per poter assoggettare il secondo quantitativo al regime degli importi compensativi, creato per far fronte alle oscillazioni dei tassi di cambio, mentre non è ammessa l'applicazione di questo regime al quantitativo di 22000 t, che può essere assoggettato, in forza degli accordi GATT, solamente al dazio consolidato.

    L'esistenza, nella Comunità, di ingenti scorte inutilizzate di carne bovina congelata implica la necessità che tanto la Commissione quanto le autorità nazionali, onde evitare che si creino squilibri sul mercato comunitario delle carni bovine, esercitino un severo controllo sulle importazioni, autorizzando unicamente le importazioni giustificate da esigenze immediate; d'altronde, non va trascurata l'importante funzione assolta dal contingente nel contenimento della lievitazione dei prezzi, grazie all'espansione dell'offerta.

    Il regolamento del Consiglio 19 dicembre 1977, n. 2861, ripartiva fra gli Stati membri l'intero volume del contingente per l'anno 1978.

    All'Italia venivano assegnate complessivamente, dall'art. 2 di detto regolamento, 11050 t.

    Ai sensi dell'art. 6, qualora il volume delle quote assegnate a ciascuno Stato membro non fosse stato esaurito entro il 1° ottobre 1978, il Consiglio avrebbe proceduto ad una nuova ripartizione; questo provvedimento non si rendeva peraltro necessario.

    II —

    La presente causa verte sul sistema di gestione dell'aliquota assegnata all'Italia, ed in particolare sul sistema della «pre-ripartizione», adottato dalle autorità di questo Stato membro.

    In attuazione di quanto disposto dall'art. 3 del regolamento n. 2861/77, il ministero italiano del commercio con l'estero provvedeva a disciplinare, con decreto 20 maggio 1978, il sistema di «gestione» del contingente nazionale, con il dichiarato intento di evitare l'eccessiva polverizzazione del contingente e di rendere operative le singole quote da distribuire.

    Ai sensi del decreto summenzionato, la ripartizione veniva effettuata sulla base dei seguenti criteri:

    il 10 % dell'aliquota complessiva, pari a 1105 t, al ministero della difesa, in base ai titoli d'importazione rilasciati per l'aliquota GATT del 1977,

    il 10 % agli enti comunali di consumo, con gli stessi criteri,

    il restante 80 %, pari a 8840 t, alle imprese che svolgono attività commerciale ed industriale nel settore.

    Quest'ultimo quantitativo veniva suddiviso come segue:

    10 %, in parti uguali, a tutte le imprese ammesse alla ripartizione,

    30 % sulla base dei pagamenti del-l'IVA per importazioni dai paesi terzi durante il 1977,

    60 % in proporzione alle quantità importate nel 1977 dai paesi terzi, con la maggiorazione del 10 % a favore delle imprese industriali.

    In seguito ad iniziative delle associazioni di categoria, il ministero del commercio con l'estero procedeva, con decreto 22 giugno 1978, ad una nuova ripartizione del contingente nazionale, per «considerare alcune istanze formulate dagli esercenti la vendita al dettaglio delle carni bovine congelate».

    Questo decreto manteneva inalterate le quote attribuite al ministero della difesa ed agli enti comunali di consumo, attribuendo il restante 80 %, pari a 8840 t, oltre che alle imprese che svolgono attività commerciale ed industriale nel settore, anche gli esercenti la vendita al dettaglio, sì che detto quantitativo veniva suddiviso come segue:

    30 %, in parti uguali, a tutte le categorie ammesse alla ripartizione,

    10 % sulla base dei pagamenti del-l'IVA per importazioni dai paesi terzi durante il 1977,

    50 % in proporzione alla quantità di carne bovina congelata importata dai paesi terzi nel 1977, indipendentemente dal fatto che l'importazione rientri o meno nel regime del contingente GATT,

    10 % in proporzione agli acquisti di carne bovina congelata effettuati presso l'AIMA (ente italiano d'intervento) sulla base del regolamento del Consiglio 5 ottobre 1976, n. 2453, relativamente al trasferimento a questo ente di carni bovine congelate detenute dagli organismi d'intervento di altri Stati membri.

    Talune imprese commerciali ed industriali, fra le quali la società Grosoli, impugnavano il decreto del giugno 1978 davanti al Tribunale amministrativo regionale del Lazio, il quale ha sottoposto in via pregiudiziale a questa Corte vari quesiti, che si possono ricondurre alla questione del se il sistema di gestione italiano sia compatibile con il principio del libero accesso al contingente.

    Sembra superfluo ricordare che, giacché il presente procedimento non verte su un ricorso per inadempimento di uno Stato membro, la Corte è chiamata non già a pronunziarsi sulla legittimità del decreto ministeriale italiano, bensì ad interpretare la normativa comunitaria.

    III —

    In mancanza di una presa di posizione da parte del Consiglio, autore del testo normativo in oggetto, mi sembra di poter affermare che:

    1°)

    Analogamente ai regolamenti precedenti e successivi aventi lo stesso oggetto, il regolamento controverso afferma, nel preambolo, che, trattandosi di un contingente tariffario di volume relativamente poco elevato, «sembra possibile, senza con ciò derogare alla sua natura comunitaria, prevedere, nel caso specifico, un sistema di utilizzazione basato su un'unica ripartizione fra gli Stati membri». Questa frase sembra riferirsi al mancato accoglimento delle varie proposte (presenti e passate) della Commissione, le quali contemplano due successive ripartizioni dei quantitativi iniziali di 22000 e 16500 t, in modo da costituire una riserva.

    2°)

    La proposizione successiva che, pur non apportando nuovi elementi, mi pare abbia un rilievo decisivo, recita: «sembra ugualmente opportuno lasciare a ciascuno Stato membro la scelta del sistema di gestione delle proprie aliquote». Da questa proposizione, e tenendo conto che il regolamento ha per oggetto, secondo quanto indicato dallo stesso titolo, «l'apertura, la ripartizione e le modalità di gestione» del contingente, si desume che le istituzioni comunitarie, adottando detto regolamento, hanno posto un limite al proprio potere discrezionale e che, per il resto, la scelta delle modalità pratiche è lasciata a ciascuno Stato membro, purché venga rispettato il principio di «uguaglianza e continuità di accesso di tutti gli operatori interessati».

    Questa interpretazione è del tutto convincente, trattandosi di un contingente di volume poco elevato, anche perché non si vede come la scelta dell'uno o dell'altro sistema di gestione possa influire in modo sensibile sulla libera circolazione delle merci o sul funzionamento dell'organizzazione comune dei mercati nel settore delle carni bovine (purché la ripartizione dell'aliquota attribuita a ciascuno Stato membro non sia attuata in modo da escludere, in pratica, una categoria di operatori interessati).

    3°)

    Per converso, il regolamento contiene un'innovazione rispetto alla formulazione dei regolamenti precedenti: all'art. 3 si parla di «operatori» interessati, stabiliti nel territorio degli Stati membri, mentre i regolamenti precedenti (ad esempio il regolamento 21 dicembre 1976, n. 3167) parlavano di importatori.

    Come è ovvio, le ricorrenti nella causa principale, alle quali si associa, in parte, la Commissione, tendono a sminuire il significato dell'uso di questo termine.

    Non mi sembra però possibile ignorarne l'importanza.

    Nella risposta del 23 marzo 1978 ad un'interrogazione scritta del 31 gennaio 1978 la stessa Commissione ha chiarito che tale nozione, in linea di massima, non è soggetta ad alcun limite. Così stando le cose, mi sembra arduo sostenere, come le ricorrenti nella causa principale, che essa si riferisce unicamente agli «importatori abituali e professionali», in quanto il Consiglio ha impiegato a ragion veduta una diversa espressione.

    D'altronde, gli enti comunali di consumo ed i dettaglianti (se del caso, riuniti in cooperative costituite per effettuare gli acquisti in comune) avevano partecipato già in passato alle vendite effettuate dal-l'AIMA ed avevano proceduto o fatto procedere allo sdoganamento di carne bovina congelata destinata ad essere consumata in Italia.

    Quanto agli operatori di questa categoria, occorre ricordare che essi erano già stati ammessi (dal regolamento della Commissione 18 novembre 1976, n. 2793, adottato in base al regolamento del Consiglio 5 ottobre 1976, n. 2453) all'acquisto, presso l'ente italiano di intervento, di carni bovine congelate, a condizione, tra l'altro, di essere abilitati all'esercizio di detta attività e di destinare la carne acquistata al consumo in Italia.

    Quanto al ministero della difesa, faccio osservare che la stessa Commissione ha affermato, nel regolamento 11 aprile 1978, n. 732, che la vendita alle forze armate ed alle unità assimilate è un provvedimento atto a favorire lo smaltimento delle carni stesse.

    L'espressione «tutti gli operatori interessati» va dunque interpretata in modo da garantire il libero accesso alle aliquote a tutti gli operatori (importatori, dettaglianti, gruppi di consumatori), nel rispetto della «par condicio» di tutti i cittadini della Comunità, non già unicamente degli «importatori tradizionali». In particolare, qualora fosse stata esclusa la categoria dei dettaglianti, ciò avrebbe costituito una violazione del principio del libero accesso di tutti gli operatori.

    Salvo restando che lo Stato membro non può né adottare un sistema il cui effetto pratico sia quello di riservare arbitrariamente una frazione rilevante del contingente ad una determinata categoria di operatori, a danno di altre, né vietare totalmente determinate destinazioni (ad esempio, la lavorazione industriale, come avete già affermato nella sentenza 12 febbraio 1973, Grosoli, Racc. pag. 1555) delle carni congelate importate nell'ambito del contingente, non gli è però precluso di disciplinare l'accesso al contingente in modo aderente al concreto andamento del mercato, sulla scorta delle prospettive economiche per l'anno considerato.

    Il regolamento del Consiglio 18 dicembre 1978, n. 3063, relativo al contingente del 1979 e che la Corte dovrà fra breve interpretare in un altro procedimento pregiudiziale, esprime ancora più chiaramente questo indirizzo nel preambolo, dove si afferma che «sembra egualmente opportuno lasciare a ciascuno Stato membro la scelta del sistema di gestione delle proprie aliquote in modo da assicurare una ripartizione adeguata da un punto di vista economico».

    Il sistema adottato dalle autorità italiane per la gestione del contingente del 1979 è quasi identico a quello dell'anno 1978, e la Commissione non ha mai negato, almeno fino alla fase orale del presente procedimento, la conformità di tale sistema al principio del libero accesso.

    IV —

    Se questa Corte riterrà, come mi permetto di suggerire, che anche prima del 1979 ogni Stato membro era libero di strutturare il sistema di gestione della propria aliquota nel modo da esso ritenuto più opportuno dal punto di vista economico, apparrà evidente che le modalità pratiche della gestione potevano, entro certi limiti, essere diverse nei vari Stati membri.

    Il sistema adottato dalle autorità italiane si basa anzitutto sulla «pre-ripartizione», espressamente dichiarata ammissibile dalla Commissione nella risposta del 26 maggio 1971 ad un'interrogazione scritta del 17 marzo 1971 (in cui riconosceva

    che non esiste un sistema veramente comunitario per la gestione delle aliquote) e nella summenzionata risposta del 23 marzo 1978.

    Detto sistema mira ad evitare l'eccessivo frazionamento che si verificherebbe inevitabilmente, almeno in Italia, qualora si ricorresse all'imputazione al contingente «man mano» che le importazioni vengono presentate in dogana accompagnate da dichiarazioni di destinazione al consumo, visto il volume relativamente modesto del contingente ed il carattere artificioso di talune domande. Per il resto, il Governo italiano, non diversamente dai governi degli altri Stati membri, effettua la ripartizione fra gli utilizzatori che ne fanno domanda prima di una data detcrminata, in ordine di precedenza nelle importazioni.

    Infine, con l'adozione di questa procedura si è mirato altresì ad esercitare un'azione calmieratrice sui prezzi. L'impostazione adottata può lasciar adito a dubbi, ma, in fin dei conti, si tratta di scelte lasciate alla discrezionalità di ciascuno Stato membro.

    A questo proposito, mi sembra che il regolamento in questione — e, ancor più chiaramente, il regolamento n. 3063/78 — abbia ampliato l'ambito del potere di gestione delegato agli Stati membri o, se si preferisce, abbia ripristinato diritti che gli Stati membri avevano a titolo originario.

    D'altronde, degli scopi di politica economica perseguiti dal Governo italiano tiene conto anche la Comunità: fra i motivi ispiratori del regolamento n. 2453/76, relativo al trasferimento al-l'AIMA di carni bovine detenute dagli enti d'intervento degli altri Stati membri, il Consiglio indicava la particolare situazione economica dell'Italia, dovuta ad un tasso d'inflazione molto elevato, precisando che tali carni erano destinate ad essere vendute sul mercato italiano, deficitario per tale prodotto, al fine di contribuire così ad una certa stabilizzazione dei prezzi al consumo.

    Naturalmente, qualora sia questa l'esatta interpretazione dell'art. 3 del regolamento, ci si potrebbe chiedere se la libertà di valutazione in tal modo lasciata ad ogni Stato membro sia compatibile con il Trattato e con il diritto comunitario, e cioè se il regolamento del Consiglio non «deroghi alla natura comunitaria» del contingente tariffario, nonostante quanto affermato nel preambolo. Non essendo state sollevate contestazioni su questo punto, ed in mancanza di una presa di posizione da parte del Consiglio, non ritengo di approfondire l'argomento.

    Concludo proponendo che la Corte risolva come segue le questioni formulate dal giudice a quo:

    La normativa nazionale adottata per l'attuazione del regolamento CEE n. 2861/77 e avente l'effetto di rendere accessibile una frazione dell'aliquota nazionale ad una categoria di operatori fino a quel momento non ammessa alla ripartizione del contingente, per importazioni ai sensi del regolamento CEE n. 2453/76, non è incompatibile con il principio del libero accesso ai contingenti nazionali che gli Stati membri devono garantire a tutti gli operatori interessati stabiliti sul loro territorio, né con altre norme del Trattato o altre norme o principi di diritto comunitario aventi carattere imperativo.


    ( *1 ) Traduzione dal francese.

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