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Document 52018DC0040

    RELAZIONE DELLA COMMISSIONE AL PARLAMENTO EUROPEO, AL CONSIGLIO E AL COMITATO ECONOMICO E SOCIALE EUROPEO sull’applicazione della raccomandazione della Commissione, dell’11 giugno 2013, relativa a principi comuni per i meccanismi di ricorso collettivo di natura inibitoria e risarcitoria negli Stati membri che riguardano violazioni di diritti conferiti dalle norme dell’Unione (2013/396/UE)

    COM/2018/040 final

    Bruxelles, 25.1.2018

    COM(2018) 40 final

    RELAZIONE DELLA COMMISSIONE AL PARLAMENTO EUROPEO, AL CONSIGLIO E AL COMITATO ECONOMICO E SOCIALE EUROPEO

    FMT:Boldsull’applicazione della raccomandazione della Commissione, dell’11 giugno 2013, relativa a principi comuni per i meccanismi di ricorso collettivo di natura inibitoria e risarcitoria negli Stati membri che riguardano violazioni di diritti conferiti dalle norme dell’Unione (2013/396/UE)/FMT


    RELAZIONE DELLA COMMISSIONE AL PARLAMENTO EUROPEO, AL CONSIGLIO E AL COMITATO ECONOMICO E SOCIALE EUROPEO

    sull’applicazione della raccomandazione della Commissione, dell’11 giugno 2013, relativa a principi comuni per i meccanismi di ricorso collettivo di natura inibitoria e risarcitoria negli Stati membri che riguardano violazioni di diritti conferiti dalle norme dell’Unione (2013/396/UE)

    1.Introduzione

    La Commissione si occupa di questioni legate al ricorso collettivo da quasi 20 anni, inizialmente in particolare nel contesto della protezione dei consumatori e della concorrenza 1 . Sulla base di un approccio orizzontale più ampio, l’11 giugno 2013 la Commissione ha adottato una raccomandazione relativa a principi comuni per i meccanismi di ricorso collettivo di natura inibitoria e risarcitoria negli Stati membri che riguardano violazioni di diritti conferiti dalle norme dell’Unione (“la raccomandazione”) 2 . La raccomandazione ha stabilito principi che dovrebbero essere applicabili con riguardo a violazioni di diritti conferiti dalle norme dell’Unione in tutti i settori e in relazione ad azioni di natura sia inibitoria che risarcitoria. In base alla raccomandazione, tutti gli Stati membri dovrebbero dotarsi di sistemi di ricorso collettivo a livello nazionale che seguano gli stessi principi di base in tutta l’Unione, tenendo conto delle tradizioni giuridiche degli Stati membri e adottando garanzie contro potenziali abusi. Allo stesso tempo, alla luce dei rischi associati alle azioni collettive, i principi definiti nella raccomandazione intendono anche raggiungere un adeguato equilibrio tra l’obiettivo di garantire un accesso sufficiente alla giustizia e l’esigenza di impedire abusi attraverso opportune garanzie.

    La Commissione si è impegnata a elaborare una valutazione dell’attuazione pratica della raccomandazione nei quattro anni successivi alla sua pubblicazione. La presente relazione conduce tale valutazione e si concentra sui progressi realizzati nella legislazione degli Stati membri a seguito dell’adozione della raccomandazione. Esamina inoltre se tali sviluppi abbiano comportato un’applicazione più diffusa e coerente dei singoli principi definiti nella raccomandazione (sezione 2). Nel far ciò, la relazione esamina anche l’esperienza pratica maturata in materia di norme sul ricorso collettivo disponibili a livello nazionale o, in loro assenza, il livello di efficacia nella gestione delle situazioni di danno collettivo. In questo contesto, la relazione analizza in quale misura l’attuazione della raccomandazione ha contribuito a raggiungere i suoi obiettivi principali di facilitare l’accesso alla giustizia ed evitare l’abuso del contenzioso. Infine la relazione contiene osservazioni conclusive in merito all’eventuale necessità di ulteriori azioni concernenti il ricorso collettivo a livello dell’Unione europea (sezione 3). In tale contesto, la relazione prende in considerazione sia il principale atto vincolante dell’Unione riguardante il ricorso collettivo - la direttiva sui provvedimenti inibitori 3 - che prevede che il procedimento di ricorso a tutela degli interessi collettivi dei consumatori debba essere disponibile in tutti gli Stati membri, sia il controllo sull’adeguatezza del diritto dell’UE in materia di consumatori e di marketing condotto dalla Commissione nel 2017 4 , con il quale è stata condotta una valutazione della direttiva sui provvedimenti inibitori.

    La presente valutazione viene condotta alla luce del fatto che, quattro anni dopo l’adozione della raccomandazione, i rischi di violazioni transfrontaliere o di violazioni a livello europeo a danno di numerosi cittadini o imprese sono ulteriormente aumentati, soprattutto, ma non solo, a causa di un maggiore utilizzo di internet e del commercio online. Il caso delle emissioni degli autoveicoli, in cui molti consumatori in tutta l’UE hanno subito le conseguenze della vendita di autovetture con informazioni fuorvianti riguardanti il livello di emissioni, illustra le sfide legate alla gestione di situazioni di danno collettivo transfrontaliero. Tali sfide sono dimostrate al meglio dalle disuguaglianze e dalle differenze esistenti all’interno dell’Unione, che hanno creato una situazione in cui le persone o le entità interessate hanno potuto ricorrere a procedimenti collettivi solo in pochi Stati membri, mentre non hanno potuto fare ricorso a strumenti sufficienti o nemmeno ad aiuto nel resto dell’Unione.

    I meccanismi nazionali di ricorso collettivo sono utilizzati negli Stati membri in cui sono disponibili, mentre in quelli in cui tali meccanismi non esistono formalmente i ricorrenti sembrano sempre più spesso far uso di mezzi di ricorso collettivo sotto forma di strumenti giuridici differenti come la riunione delle cause o la cessione di pretese. Ciò può comportare problemi in merito all’efficace prevenzione dell’abuso del contenzioso, poiché le tutele contro l’abuso solitamente presenti nei procedimenti collettivi, ad esempio per quanto concerne la legittimazione ad agire o gli onorari calcolati in percentuale delle somme concordate nella causa (contingency fees), potrebbero non applicarsi a tali percorsi alternativi.

    La presente relazione si basa principalmente sulle seguenti fonti di informazioni:

    - le informazioni fornite dagli Stati membri sulla base di un questionario della Commissione;

    - uno studio di accompagnamento sulla valutazione dell’attuazione della raccomandazione riguardante tutti gli Stati membri 5 ;

    - un invito a presentare contributi al quale la Commissione ha ricevuto 61 risposte;

    - uno studio di accompagnamento sul controllo dell’adeguatezza del diritto dell’UE in materia di consumatori e di marketing 6 .

    2.Attuazione dei principi della raccomandazione

    Le attività legislative interessate dalla raccomandazione sono rimaste in varia misura limitate negli Stati membri. Sette Stati membri hanno attuato riforme delle loro leggi sul ricorso collettivo in seguito all’adozione e, come illustrato nella valutazione dettagliata riportata nella presente relazione, tali riforme non sempre hanno dato seguito ai principi della raccomandazione. BE e LT hanno introdotto per la prima volta il ricorso collettivo di natura risarcitoria nei loro sistemi. FR e UK hanno modificato in modo significativo le loro leggi per migliorare o sostituire alcuni meccanismi che erano già disponibili, ma non erano ritenuti sufficientemente efficaci. Il lavoro sulla nuova legislazione proposta sta avanzando in NL e SI ed è in corso un dibattito attivo su una possibile legislazione futura in DE. Occorre sottolineare che la maggior parte dei progetti che hanno introdotto una nuova legislazione o sono in programma, si limita a questioni riguardanti i consumatori. Inoltre, molti di questi consentono l’uso del principio di “opt-out” 7 in misura considerevole. In conseguenza del limitato seguito dato alla raccomandazione, nove Stati membri attualmente non dispongono ancora di un meccanismo di ricorso collettivo di natura risarcitoria.

    2.1.Questioni orizzontali

    2.1.1Disponibilità del ricorso collettivo

    La raccomandazione sottolinea che tutti gli Stati membri dovrebbero dotarsi di sistemi di ricorso collettivo a livello nazionale, sia di natura inibitoria che risarcitoria, disponibili in tutti i casi in cui i diritti conferiti dalle norme dell’Unione sono o sono stati violati a discapito di una o più persone 8 .

    Il ricorso collettivo sotto forma di azioni di natura inibitoria esiste in tutti gli Stati membri in relazione a casi riguardanti i consumatori che rientrano nel campo d’applicazione della direttiva sui provvedimenti inibitori 9 . In alcuni Stati membri, i provvedimenti inibitori collettivi sono disponibili in modo orizzontale (BG, DK, LT, NL, SE) o in altri settori specifici, in particolare la concorrenza (HU, LU, ES), l’ambiente (FR, HU, PT, SI, ES), l’occupazione (HU, ES) o la lotta alla discriminazione (HR, FR, ES).

    Il ricorso collettivo di natura risarcitoria è disponibile in 19 Stati membri (AT, BE, BG, DE, DK, FI, FR, EL, HU, IT, LT, MT, NL, PL, PT, RO, ES, SE, UK) ma in oltre metà di questi Stati è limitato a settori specifici, principalmente alle controversie riguardanti i consumatori 10 . Altri settori in cui sono solitamente disponibili azioni di natura risarcitoria sono la concorrenza, i servizi finanziari, l’occupazione, l’ambiente e la lotta alla discriminazione. Le differenze concernenti il campo d’applicazione tra gli Stati membri che applicano un approccio settoriale sono sostanziali: per esempio in Belgio solo le controversie riguardanti i consumatori possono essere introdotte collettivamente, mentre in Francia ciò è possibile in relazione a controversie in materia di consumatori, concorrenza, salute, discriminazione e ambiente. Solo 6 Stati membri (BG, DK, LT, NL, PT e UK) hanno adottato un approccio orizzontale nella loro legislazione, consentendo procedimenti collettivi di natura risarcitoria in tutti i settori 11 . In due di questi Stati membri (BG, UK) i meccanismi orizzontali esistono parallelamente a procedimenti settoriali, che sono utilizzati più spesso nella pratica. In uno Stato membro (AT), nonostante la mancanza di una legislazione sulle azioni di natura risarcitoria, le azioni collettive sono attuate sulla base della cessione delle pretese o della riunione delle cause. Tali strumenti giuridici sono disponibili anche in altri Stati membri, tuttavia dai risultati della consultazione pubblica emerge che nella pratica sono utilizzati per azioni collettive solo in DE e NL. In seguito all’adozione della raccomandazione, una nuova legislazione sul ricorso collettivo di natura risarcitoria è stata adottata in 4 Stati membri: in 2 di questi (BE, LT) per la prima volta, mentre in altri 2 (FR, UK) sono state introdotte importanti modifiche legislative. In SI e NL sono stati proposti nuovi disegni di legge che non sono ancora stati adottati. Salvo in BE, dove la legislazione riguarda unicamente i diritti dei consumatori, tali iniziative hanno un’ampia portata. Tutte queste conclusioni dimostrano che, nonostante la raccomandazione, diversi Stati membri non hanno introdotto meccanismi di ricorso collettivo nei loro ordinamenti nazionali. Di conseguenza tra gli Stati membri persiste un’enorme divergenza in termini di disponibilità e natura dei meccanismi di ricorso collettivo.

    Le risposte all’invito a presentare contributi dimostrano che il ricorso collettivo, se disponibile, è utilizzato principalmente nel settore della protezione dei consumatori e in settori correlati, come quelli dei diritti dei passeggeri o dei servizi finanziari. Un altro settore in cui sono stati riferiti numerosi casi è il diritto della concorrenza, in particolare quando le presunte vittime di cartello richiedono un risarcimento in seguito alla decisione di un’autorità di concorrenza in merito ad una violazione (azioni risarcitorie conseguenti). La relativa assenza di impiego del ricorso collettivo in altri settori non è dovuta solo al fatto che in molti Stati membri le azioni di natura risarcitoria o di fatto inibitoria sono disponibili solo per i consumatori o nel diritto della concorrenza; al riguardo rivestono importanza anche altri fattori, quali la complessità e la durata dei procedimenti o l’esistenza di norme restrittive in materia di ricevibilità, spesso legate alla legittimazione ad agire. Allo stesso tempo, in AT, CZ, DE, LU e IE sono state riferite diverse situazioni, in particolare nelle cause riguardanti i consumatori, in cui non è stata esperita alcuna azione a causa dell’assenza di sistemi di ricorso di natura risarcitoria nel diritto nazionale.

    2.1.2Legittimazione in azioni rappresentative

    La raccomandazione richiede la designazione di organizzazioni che siano legittimate ad intentare azioni rappresentative in cui le parti che subiscono direttamente le conseguenze di una violazione siano rappresentate da un’organizzazione che assume da sola lo status di ricorrente nel procedimento. La raccomandazione definisce criteri minimi specifici per tale designazione: che l’organizzazione non sia a scopo di lucro, che vi sia un nesso diretto tra i suoi obiettivi e i diritti violati e che abbia sufficienti capacità per rappresentare una molteplicità di ricorrenti agendo nel loro interesse. La raccomandazione prevede le possibilità di una designazione generale che comporta il diritto generale di un’organizzazione ad agire o di una certificazione apposita solo per un caso particolare, ma, in aggiunta o in alternativa, fa anche riferimento all’autorizzazione delle autorità pubbliche 12 .

     

    Le norme in merito alla legittimazione a intentare azioni rappresentative sono garanzie processuali che vanno a vantaggio dei ricorrenti e dei convenuti nelle azioni collettive. Le norme che garantiscono la competenza delle organizzazioni rappresentative e la loro capacità di gestire cause complesse garantiscono servizi di alta qualità per i ricorrenti e proteggono inoltre i convenuti da azioni pretestuose.

    Il ricorso collettivo sotto forma di azione rappresentativa è presente in quasi tutti gli Stati membri ed è predominante nei provvedimenti inibitori in materia ambientale e di tutela dei consumatori; la sua presenza in quest’ultimo settore è prevista dalla direttiva sui provvedimenti inibitori 13 . Le azioni collettive rappresentative di natura risarcitoria sono disponibili in BE, BG, DK, EL, FI, FR, LT IT, HU, PL, RO, ES, SE. In 2 Stati membri (FI e PL) solo le autorità pubbliche sono autorizzate a intentare azioni rappresentative, mentre in altri tale competenza è condivisa da organizzazioni non governative e autorità pubbliche (HU, DK) 14 .

    Tutti gli Stati membri prevedono alcune condizioni in relazione alla legittimazione ad agire in qualità di organizzazione rappresentativa nelle azioni collettive sia di natura inibitoria che risarcitoria. Per i provvedimenti inibitori riguardanti i consumatori, la direttiva sui provvedimenti inibitori prevede che il procedimento di natura inibitoria può essere proposto da “enti legittimati” debitamente costituiti secondo il diritto nazionale, che perseguono lo scopo della protezione degli interessi collettivi dei consumatori. La direttiva lascia alla discrezione degli Stati membri la possibilità di definire altri criteri specifici cui gli “enti legittimati" devono attenersi. I requisiti più comuni nelle azioni risarcitorie e inibitorie applicati dagli Stati membri riguardano il fatto che l’organizzazione non sia a scopo di lucro e che l’oggetto della causa sia pertinente con le finalità dell’organizzazione. Tenendo conto dei criteri minimi delineati nella raccomandazione, alcuni Stati membri hanno definito condizioni specifiche aggiuntive in relazione alle competenze, all’esperienza e alla natura rappresentativa delle organizzazioni designate. Per esempio, in IT le associazioni dei consumatori devono dimostrare 3 anni di attività continuativa, un numero minimo di iscritti paganti e la presenza in 5 regioni diverse. Condizioni analoghe si applicano in FR dove sono richiesti la rappresentatività a livello nazionale, un anno di esistenza, prove di attività nel settore della protezione dei consumatori e una soglia di singoli iscritti 15 . Alcune risposte date all’invito a presentare contributi hanno citato le norme nazionali sulla legittimazione ad agire in particolare in FR e in IT, ma anche in qualche misura in DK e in RO, come un problema che influisce sull’accesso alla giustizia. In UK, l’azione rappresentativa di natura risarcitoria in questioni riguardanti i consumatori è instaurata principalmente da autorità pubbliche sebbene sia possibile designare altre organizzazioni per le quali è “giusto e ragionevole” agire in qualità di rappresentante della categoria; attualmente un’organizzazione non pubblica designata può agire nelle cause riguardanti i consumatori 16 . In DK un’associazione, un’istituzione privata o un’altra organizzazione possono agire in qualità di rappresentante se l’azione rientra nel quadro degli obiettivi dell’organizzazione.

    Nel complesso si può concludere che il principio è generalmente rispettato, benché con alcune variazioni nei diversi Stati membri che hanno comunque una certa rilevanza in quanto norme più restrittive per le organizzazioni rappresentative potrebbero potenzialmente comportare una limitazione del diritto di intentare un ricorso collettivo e pertanto di accedere alla giustizia.

    2.1.3Ricevibilità

    La raccomandazione invita gli Stati membri a garantire che la ricevibilità delle azioni sia verificata il prima possibile nel corso della controversia e che le cause che non soddisfano le condizioni per il ricorso collettivo e quelle manifestamente infondate non siano proseguite 17 .

    Il principio di archiviazione precoce delle azioni manifestamente infondate o che non rispettano i criteri di ricevibilità per il ricorso collettivo favorisce l’efficienza della giustizia e protegge da azioni pretestuose. La raccomandazione stessa non stabilisce specifici criteri di ricevibilità, né definisce il concetto di “azione manifestamente infondata”. Tuttavia in alcuni Stati membri le norme generali di procedura civile che consentono l’archiviazione precoce di azioni manifestamente infondate sono ugualmente applicabili alle azioni collettive. Alcuni criteri di ricevibilità possono essere dedotti anche da altri principi della raccomandazione, ad esempio per quanto concerne la legittimazione in azioni rappresentative. Infatti per i provvedimenti di natura inibitoria il principale criterio di ricevibilità sembra essere la legittimazione dell’organizzazione. Nelle cause riguardanti i consumatori, la direttiva sui provvedimenti inibitori non richiede uno specifico controllo di ricevibilità né criteri specifici oltre a quelli riguardanti la legittimazione.

    Criteri più specifici, che devono essere rispettati e sono solitamente esaminati dal giudice in una fase iniziale del procedimento, sono stabiliti nella maggior parte degli Stati membri per ricorsi collettivi di natura risarcitoria. Solo ES e SE non hanno norme specifiche riguardanti la ricevibilità del ricorso collettivo e pertanto applicano norme generali di procedura civile. In alcuni Stati membri l’esame della ricevibilità dell’azione collettiva risulterà in una decisione specifica in merito a tale questione (BE, FR, PL, UK), mentre in altri le decisioni processuali sono pronunciate solo se l’azione viene archiviata come inammissibile. Alcuni Stati membri richiedono la motivazione della maggiore efficienza dell’azione collettiva rispetto alla controversia individuale (BE, DK, FI, IT, LT) 18 mentre altri esaminano la capacità di un’organizzazione rappresentativa di tutelare gli interessi delle parti lese (FI, IT, NL, RO, UK) 19 . La natura omogenea (omogeneità) delle singole azioni riunite è una condizione applicabile in tutti gli Stati membri.

    Le risposte all’invito a presentare contributi dimostrano anche l’altro lato del requisito di ricevibilità. Benché nessuno dei soggetti che ha risposto abbia criticato l’introduzione di tale requisito di per sé, diverse risposte hanno messo in guardia contro l’uso di tale principio in quanto esso potrebbe rendere l’intero procedimento più lungo e complicato, limitando così l’accesso a tale procedimento nel suo complesso. Tale aspetto è stato evidenziato da BE, NL, PL e UK 20 .

    In generale, gli Stati membri verificano la ricevibilità delle azioni e a tal fine sono dotati di meccanismi processuali definiti sulla base di norme generali e specifiche predisposte al fine di archiviare azioni collettive di natura risarcitoria manifestamente infondate. Occorre sottolineare che la recente legislazione in materia di azioni collettive attuata in certi Stati membri successivamente alla raccomandazione affronta la ricevibilità in modo coerente con la raccomandazione (BE, LT, SI). D’altro canto, le divergenze esistenti tra le condizioni di ricevibilità potrebbero ancora comportare una disparità di accesso alla giustizia nelle azioni collettive di natura risarcitoria, in quanto norme eccessivamente restrittive in materia di ricevibilità potrebbero limitare l’accesso a tale procedimento. Occorre altresì rilevare che, trattandosi di una fase preliminare dell’azione, la rapidità delle decisioni sulla ricevibilità è importante ai fini della certezza giuridica di tutte le parti coinvolte.

    2.1.4Informazioni sul ricorso collettivo

    La raccomandazione invita gli Stati membri a provvedere affinché sia possibile alla parte ricorrente diffondere informazioni relative a un’azione collettiva prevista e in corso. Senza dimenticare che le informazioni riguardanti le azioni collettive potrebbero avere effetti negativi, in particolare sul convenuto, anche prima che l’azione venga esperita in giudizio, la raccomandazione sottolinea che gli accordi riguardanti la diffusione di informazioni dovrebbero essere adeguati alle circostanze del caso e prendere in considerazione i diritti delle parti, tra cui la libertà di informazione, il diritto d’informazione e il diritto alla tutela dell’immagine aziendale 21 .

    Le persone che hanno pretese che potrebbero essere introdotte mediante azioni collettive dovrebbero poter ricevere informazioni che consentano di prendere una decisione informata in merito alla loro partecipazione. Come promosso dalla raccomandazione, ciò assume particolare importanza nel meccanismo di ricorso collettivo di tipo “opt-in” al fine di garantire che coloro che potrebbero essere interessati a aderire all’azione non perdano tale opportunità per mancanza di informazioni. In caso di azione rappresentativa, le informazioni non dovrebbero costituire solo un diritto ma anche un dovere dell’organizzazione rappresentativa 22 . D’altro canto, la diffusione di informazioni riguardanti l’azione collettiva (prevista) potrebbe avere potenzialmente un effetto negativo sulla situazione economica del convenuto la cui responsabilità non è ancora stata stabilita. Questi due interessi devono essere adeguatamente bilanciati. Sebbene la raccomandazione affronti espressamente la diffusione di informazioni riguardanti l’intenzione di esperire un’azione collettiva, nessuno Stato membro regolamenta tale questione nella fase preparatoria prima che venga avviata l’azione giudiziaria. Quando una causa viene dichiarata ricevibile dal giudice, in particolare quando viene chiesto un risarcimento, in molti Stati membri (BE, DK, EE, FI, FR, HU, LT, NL, PL SE) i giudici sono incaricati di determinare le modalità di diffusione delle informazioni, compreso il metodo di pubblicazione e il periodo durante il quale le informazioni dovrebbero essere accessibili. Gli Stati membri solitamente lasciano una sostanziale discrezione ai giudici in tal senso, facendo riferimento nelle loro leggi alle circostanze del caso da prendere in considerazione ma senza indicare i fattori specifici stabiliti nella raccomandazione. Tuttavia, 5 Stati membri (BG, IT MT, PT, UK) non regolamentano affatto l’informazione nelle azioni risarcitorie collettive. E la regolamentazione dell’informazione in relazione alle azioni inibitorie è persino inferiore rispetto a quella per le azioni risarcitorie.

    L’invito a presentare contributi non ha rivelato problemi significativi con l’informazione. È stata riportata solo una situazione dall’Italia, dove si indicava che l’obbligo di pubblicizzare la causa sulla stampa comportava un significativo onere finanziario per il ricorrente. Inoltre, una risposta ha indicato come problematica anche la mancanza in PL della possibilità di pubblicizzare un’azione di ricorso collettivo su internet.

    Nel complesso, occorre concludere che il principio riguardante l’informazione sull’azione collettiva non è opportunamente rispecchiato nelle leggi degli Stati membri, in particolare in fase precontenziosa e nel caso dei provvedimenti inibitori.

     

    2.1.5Chi perde paga

    La parte soccombente in un’azione di ricorso collettivo rimborsa le necessarie spese legali alla parte vittoriosa, alle condizioni disposte dal diritto nazionale applicabile 23 .

    Il principio “chi perde paga” costituisce una delle principali garanzie processuali per entrambe le parti delle azioni collettive. Da un lato, il rischio di dover rimborsare le spese al convenuto se l’azione viene archiviata dissuade i potenziali ricorrenti dalla promozione di azioni pretestuose. Dall’altro lato, il fatto che un convenuto soccombente dovrà coprire le necessarie spese incoraggia l’introduzione di azioni collettive giustificate. La raccomandazione lascia agli Stati membri la flessibilità di applicare le norme nazionali sul risarcimento dei costi.

    Tutti gli Stati membri dotati di meccanismi di ricorso collettivo, ad eccezione del Lussemburgo 24 , seguono il principio “chi perde paga” nelle proprie leggi di procedura civile. La maggioranza preponderante degli Stati membri applica alle azioni collettive esattamente le stesse norme previste per i procedimenti civili individuali; se esistono, le modalità applicabili al ricorso collettivo riguardano principalmente un’esenzione dalle spese di giudizio per le organizzazioni rappresentative e le autorità pubbliche nelle cause riguardanti i consumatori (HR, HU, MT, PL, RO) 25 . Uno Stato membro (PT) prevede il rimborso solo del 50% delle spese del convenuto in caso di archiviazione dell’azione sia in azioni di gruppo che in azioni rappresentative, limitando così il rischio per coloro che instaurano le azioni collettive.

    Si può concludere che gli Stati membri seguono ampiamente il principio definito nella raccomandazione 26 . Non bisogna tuttavia dimenticare che le norme riguardanti le spese del procedimento civile e la modalità in cui vengono rimborsate (oltre al loro importo) variano sostanzialmente tra gli Stati membri. La loro applicazione potrebbe comportare sostanziali divergenze nell’effettivo rimborso delle spese della parte vittoriosa in procedimenti molto simili a seconda del foro, ad esempio a causa della definizione delle spese rimborsabili 27 . Pertanto l’obiettivo di evitare l’abuso del contenzioso attraverso il principio “chi perde paga” in realtà non viene ugualmente raggiunto in tutti gli Stati membri.

    2.1.6Finanziamento dei ricorsi collettivi

    La raccomandazione propone una norma generale di divulgazione secondo cui la parte ricorrente è tenuta a dichiarare l’origine dei fondi utilizzati per finanziare l’azione in giudizio. Inoltre, il giudice dovrebbe trovarsi nella posizione di sospendere il procedimento se esiste un conflitto d’interessi tra il terzo che mette a disposizione risorse finanziarie e il ricorrente, se il terzo non dispone di risorse sufficienti per far fronte ai suoi impegni finanziari o se il ricorrente non dispone di risorse sufficienti per far fronte a eventuali spese della controparte in caso di soccombenza nell’azione. Sebbene la raccomandazione non intimi il divieto di finanziamenti da parte di un terzo privato di per sé, dovrebbe essere vietato di tentare di influenzare le decisioni processuali, di finanziare un’azione contro un concorrente o un affiliato e di esigere interessi eccessivi. Infine, in particolare nei casi di ricorso collettivo di natura risarcitoria, dovrebbe essere vietato di calcolare la remunerazione concessa al finanziatore o gli interessi da questo imposti sugli importi recuperati, salvo che un accordo specifico al riguardo sia regolato da un’autorità pubblica 28 .

    Le norme della raccomandazione riguardanti i finanziamenti da parte di terzi intendono garantire che le condizioni del finanziamento non creino un incentivo per abuso di contenzioso o conflitti d’interessi.

    Su questo punto, la raccomandazione non è stata attuata in nessuno degli Stati membri e nessuno Stato membro ha regolamentato i finanziamenti da parte dei terzi, tanto meno in conformità alla raccomandazione. EL e IE vietano generalmente i finanziamenti da parte di terzi. La nuova legislazione in attesa di attuazione in SI costituisce tuttavia l’eccezione a tale situazione generale, in quanto ai sensi di tale legislazione il finanziamento da parte di terzi privati è regolamentato in conformità ai principi stabiliti nella raccomandazione.

    Tale generale mancanza di attuazione comporta che i finanziamenti non regolamentati e incontrollati da parte di terzi possono proliferare senza vincoli legali, creando potenziali incentivi per contenziosi in certi Stati membri. Esistono prove che almeno in tre Stati membri, segnatamente AT, NL e UK, i finanziamenti da parte di terzi privati sono disponibili, mentre in altri due (AT e NL) vi si fa ricorso nella pratica senza alcuna regolamentazione (in UK, si applicano limitazioni generali basate sul common law24 29 ed è stata introdotta qualche forma di autoregolamentazione da parte dell’industria).

    I contributi raccolti nel quadro della consultazione pubblica confermano l’esistenza di finanziamenti di terzi: due casi promossi dalle presunte vittime di cartello in cui si è fatto ricorso al finanziamento di terzi sono stati riportati in UK, mentre un caso analogo è stato riportato in NL e uno in DE. Negli ultimi casi tuttavia l’uso del finanziamento da parte di terzi era legato al costo eccessivo del procedimento di ricorso collettivo (in entrambi i casi le pretese sono state cedute ad una società a destinazione specifica). Inoltre in DE è stata riportata una presunta situazione di danno collettivo in cui, in cause in corso tra i consumatori e i soci da una parte e una grande società automobilistica dall’altra, sono stati elargiti finanziamenti di terzi in misura considerevole.

    Gli operatori della giustizia coinvolti in azioni collettive intervistati hanno riferito poche situazioni di (almeno) potenziale conflitto d’interessi: ad esempio l’uso dei risarcimenti non distribuiti per rimborsare il finanziatore, l’organizzazione dell’intera azione da parte del finanziatore, relazioni istituzionali tra lo studio legale che rappresenta i ricorrenti e il finanziatore.

    Questi esempi dimostrano che i finanziamenti da parte di terzi privati sono usati in misura crescente in diversi Stati membri. È inoltre chiaro che questo aspetto chiave del ricorso collettivo ha un’importante dimensione transfrontaliera, in quanto i fondi volti ad avviare la controversia possono essere facilmente forniti oltre confine. Ciò significa che benché la regolamentazione dei finanziamenti da parte di terzi privati in diversi Stati membri costituirebbe certamente un passo nella giusta direzione in linea con la raccomandazione, esisterà sempre la possibilità per i finanziatori con sede in uno Stato membro di evitare norme nazionali rigorose tentando di finanziare azioni collettive in un altro Stato membro dell’UE in cui sono disponibili meccanismi di ricorso collettivo e il finanziamento da parte di terzi privati rimane privo di regolamentazione.

    Si può concludere che questo è uno dei punti in cui la raccomandazione non ha avuto quasi nessun impatto sulle leggi degli Stati membri e in cui sarebbe importante analizzare la modalità in cui gli obiettivi di questo principio potrebbero essere conseguiti al meglio nella pratica.

    2.1.7Controversie transfrontaliere

    La raccomandazione prevede che gli Stati membri non impediscano, mediante norme nazionali relative alla ricevibilità o alla legittimazione, la partecipazione di gruppi di ricorrenti stranieri o di organizzazioni rappresentative straniere in un’unica azione collettiva dinanzi ai loro organi giurisdizionali. Le organizzazioni rappresentative designate dovrebbero poter adire il giudice competente per le loro pretese anche in altri Stati membri 30 .

    Le attività economiche spesso oltrepassano le frontiere e potrebbero far sorgere un pregiudizio per persone di diverse Stati membri derivante da attività identiche o simili. Tali persone non dovrebbero essere private del vantaggio di unire le forze per far valere i propri diritti. Un’organizzazione designata in uno Stato membro dovrebbe poter avviare un’azione in qualsiasi altro Stato membro competente a dirimere la controversia. La raccomandazione ribadisce pertanto il principio di non discriminazione nel contesto dei procedimenti civili e promuove il riconoscimento reciproco dello status di organizzazione designata.

    Non vi sono Stati membri che pongono ostacoli generali alla partecipazione di qualsiasi persona fisica o giuridica di un altro Stato membro ad azioni di gruppo dinanzi ai loro giudici. La partecipazione ad un gruppo di ricorrenti non è limitato alle persone domiciliate o stabilite nello Stato membro in cui viene instaurata l’azione collettiva.

    L’invito a presentare contributi ha rivelato che il caso delle emissioni degli autoveicoli, in cui molti consumatori in tutta l’UE hanno subito le conseguenze della vendita di autovetture con informazioni fuorvianti riguardanti il livello di emissioni, ha attivato l’introduzione di procedimenti di ricorso collettivo in quattro Stati membri diversi. Tali cause in corso possono raggiungere risultati differenti a seconda dello Stato membro in cui verranno pronunciate le sentenze. Tale situazione potrebbe incentivare la scelta opportunistica del foro competente (forum shopping) in cui, in un caso avente una chiara natura transfrontaliera, i potenziali ricorrenti promuoveranno l’azione là dove la possibilità di successo sembra maggiore. Inoltre sono stati identificati altri rischi, come il rischio di doppio risarcimento o, di fatto, di sentenze contrastanti 31 .

    Per quanto concerne il riconoscimento delle organizzazioni rappresentative designate in altri Stati membri, la situazione è più divergente. Non vi sono Stati membri che prevedono espressamente il riconoscimento generale delle organizzazioni rappresentative designate da altri Stati membri. L’unica eccezione riguarda la direttiva sui provvedimenti inibitori che impone agli Stati membri di provvedere affinché gli enti legittimati possano chiedere provvedimenti inibitori agli organi giurisdizionali o alle autorità amministrative in altri Stati membri qualora gli interessi tutelati da tale ente legittimato risultino lesi da una violazione avente origine in tale Stato membro 32 . In tutti gli altri casi, le organizzazioni rappresentative sono tenute a rispettare le condizioni nazionali di legittimazione che potrebbero risultare impossibili per le organizzazioni designate straniere, come il riconoscimento da parte di un’autorità pubblica nazionale specifica (ad esempio in BE) o la presenza e l’attività sul territorio dello Stato membro interessato (ad esempio in FR, BG). La raccomandazione riguardante il riconoscimento non è pertanto rispettata dagli Stati membri in relazione all’azione collettiva di natura risarcitoria e inibitoria al di fuori del campo d’applicazione della direttiva sui provvedimenti inibitori.

    2.2Provvedimenti inibitori

    2.2.1Celerità dei procedimenti inibitori

    La raccomandazione chiede che le azioni per l’ottenimento di provvedimenti inibitori siano trattate con celerità, ove necessario attraverso procedimenti sommari, al fine di evitare qualsiasi ulteriore pregiudizio 33 .

    Tutti gli Stati membri prevedono nelle loro leggi di procedura civile la possibilità di richiedere un provvedimento che obblighi un convenuto ad astenersi da pratiche illecite. La possibilità di chiedere un provvedimento inibitorio attraverso un’azione collettiva esiste in tutti gli Stati membri nel campo d’applicazione della direttiva sui provvedimenti inibitori, ossia per le violazioni delle norme UE sulla protezione dei consumatori elencate nell’allegato I della direttiva, quali recepite negli ordinamenti nazionali, che ledono gli interessi collettivi dei consumatori. Alcuni Stati membri prevedono provvedimenti inibitori collettivi in altri settori specifici 34 .

    Per quanto riguarda la durata del procedimento inibitorio, ai sensi della direttiva sui provvedimenti inibitori le azioni inibitorie collettive nel settore della tutela dei consumatori devono essere trattate “con la dovuta celerità, ove necessario attraverso procedimenti sommari” 35 . Indipendentemente dall’ambito legislativo in questione, tutti gli Stati membri prevedono la possibilità di chiedere misure provvisorie ai sensi delle loro norme generali di procedura civile. Tali richieste vengono per definizione gestite piuttosto rapidamente in quanto il loro stesso scopo è prevenire il verificarsi di ulteriori danni potenzialmente irreversibili fino alla pronuncia di una sentenza di merito. Nelle cause relative ai consumatori, il controllo sull’adeguatezza rivela un’evidente necessità di rendere i provvedimenti inibitori più efficaci e la durata del procedimento viene indicata come una problematica. L’efficacia pratica di tale strumento potrebbe tuttavia essere compromessa qualora non siano disponibili procedimenti inibitori collettivi.

    2.2.2Applicazione efficace dei provvedimenti inibitori

    La raccomandazione invita gli Stati membri a provvedere ad un’applicazione efficace dei provvedimenti inibitori attraverso opportune sanzioni, compresa una sanzione pecuniaria per ogni giorno di inadempienza 36 .

    L’applicazione dei provvedimenti inibitori è generalmente attuata mediante le stesse misure indipendentemente dal fatto che il provvedimento sia stato rilasciato nell’ambito di procedimenti individuali o collettivi.

    La direttiva sui provvedimenti inibitori prevede misure di attuazione specifiche per l’inadempienza ai provvedimenti inibitori in questioni riguardanti i consumatori sotto forma di pagamento al Tesoro pubblico o ad altri beneficiari di un importo fisso per ogni giorno di inadempienza o qualunque altro importo, ma solo “nella misura in cui l’ordinamento giuridico dello Stato membro interessato lo permetta” 37 . Tutti gli Stati membri dispongono di tali sanzioni per inadempienza, compresi quelli in cui la competenza per i provvedimenti inibitori è demandata ad autorità non giudiziarie. Tuttavia, secondo lo studio di accompagnamento sul controllo dell’adeguatezza, in alcuni casi è dubbio se le sanzioni abbiano natura sufficientemente deterrente per scoraggiare il protrarsi delle violazioni 38 .

    Come metodo di applicazione complementare, la direttiva sui provvedimenti inibitori crea la possibilità di ordinare la pubblicazione di provvedimenti inibitori e dichiarazioni rettificative, seppur solo “se del caso”. Tali misure possono rappresentare un rimedio molto efficace in termini di informazione ai consumatori riguardante la violazione oltre che un deterrente per i commercianti che temono danni alla loro immagine. In alcuni Stati membri l’informazione al grande pubblico è stata integrata da un’informazione più mirata ai clienti interessati così che possano prendere in considerazione azioni risarcitorie conseguenti.

    Al di fuori del campo d’applicazione della direttiva sui provvedimenti inibitori, in tutti gli Stati membri sono disponibili sanzioni per indurre il convenuto soccombente ad applicare rapidamente un provvedimento inibitorio 39 . Inoltre in alcuni stati membri (CY, IE, LT, MT, UK), l’inadempienza ad un provvedimento del giudice rappresenta un illecito penale.

    2.3Risarcimento

    2.3.1“Opt-in”

    La raccomandazione invita gli Stati membri ad introdurre nei loro sistemi nazionali di ricorso collettivo il principio dell’adesione, o “opt-in”, secondo il quale le persone fisiche o giuridiche che aderiscono all’azione dovrebbero farlo esclusivamente in base al loro esplicito consenso. Dovrebbero poter aderire all’azione o ritirarsi dalla stessa fino al momento in cui è resa la pronuncia definitiva o è decisa la causa. Eventuali eccezioni a tale principio sono ammissibili, ma dovrebbero essere giustificate da motivi di buona amministrazione della giustizia 40 .

    Il contesto che circonda l’adozione di tale principio è la necessità di evitare l’abuso di contenzioso, in cui le parti sono coinvolte nel contenzioso senza il loro esplicito consenso. L’applicazione del principio opposto, il cosiddetto “opt-out”, in cui le parti appartenenti ad una certa classe o gruppo possono automaticamente partecipare al contenzioso o alla transazione stragiudiziale a meno che si ritirino espressamente, potrebbe essere considerata problematica in certe circostanze, in particolare in cause transfrontaliere. Ciò è legato al fatto che le parti domiciliate in altri paesi potrebbero non essere a conoscenza della controversia in corso e pertanto potrebbero trovarsi nella situazione di partecipare ad una causa in corso senza saperlo. D’altro canto, il principio di “opt-out” potrebbe essere considerato un approccio più efficace e potrebbe essere giustificato quando la tutela degli interessi collettivi appare necessaria, ma il consenso esplicito delle persone interessate è difficile da ottenere, ad esempio nelle cause nazionali riguardanti i consumatori con bassi risarcimenti dei danni individuali, che non incentivino l’esercizio di un “opt-in”, ma con alti risarcimenti dei danni accumulati 41 .

    Tale principio è applicato in modo eterogeneo negli Stati membri che dispongono di meccanismi di ricorso collettivo di natura risarcitoria. Sono 13 gli Stati membri (AT, FI, FR, DE, EL, HU, IT, LT, MT, PL, RO, ES, SE) che applicano esclusivamente il principio di “opt-in” nei loro sistemi nazionali di ricorso collettivo. Quattro Stati membri (BE, BG, DK, UK) applicano sia il principio di “opt-in” che quello di “opt-out”, a seconda del tipo di azione o delle specificità del caso, mentre 2 Stati membri (NL e PT) applicano solo il principio di “opt-out”.

    Tra gli Stati membri che hanno adottato o modificato la loro legislazione successivamente all’adozione della raccomandazione, LT e FR hanno introdotto sistemi di “opt-in”, mentre BE e UK dispongono nei loro sistemi di nuova introduzione (ad esempio nelle cause sulla concorrenza in UK) di un sistema ibrido di “opt-in” o “opt-out”, lasciato alla discrezione del giudice.

    In BE l’applicazione di uno dei due principi viene valutata caso per caso allo scopo di decidere come proteggere al meglio gli interessi dei consumatori. Tuttavia, quando i ricorrenti sono stranieri, il sistema belga prescrive il principio di “opt-in”. La stessa tendenza può essere osservata nel nuovo sistema britannico nelle cause di diritto della concorrenza in cui il provvedimento di “opt-out” emesso dal giudice impedirà un ulteriore contenzioso solo per ricorrenti domiciliati in UK.

    La nuova proposta legislativa in attesa di attuazione in NL porta avanti lo status quo e applica il principio di “opt-out”. La proposta in SI introduce il principio di “opt-in”, mentre l’“opt-out” è reso disponibile come eccezione se giustificato da motivi di buona amministrazione della giustizia (ad esempio basso valore delle pretese individuali).

    Si può concludere che benché la stragrande maggioranza degli Stati membri applichi il principio di “opt-in” in tutte le azioni di ricorso collettivo o in tipologie specifiche delle stesse, la raccomandazione ha avuto un effetto limitato sulle leggi degli Stati membri. Allo stesso tempo, la nuova legislazione in BE e UK dimostra che anche dove il principio di “opt-out” viene applicato, sembra che si percepisca la necessità di attuare una distinzione tra cause puramente nazionali e cause transfrontaliere e di fare maggiore affidamento sul principio “opt-in” nei contesti transfrontalieri.

    2.3.2Risoluzione stragiudiziale collettiva delle controversie

    La raccomandazione invita gli Stati membri ad incoraggiare le parti a dirimere le loro controversie consensualmente o per vie stragiudiziali, prima o durante il contenzioso, e rendere disponibili meccanismi di risoluzione stragiudiziale collettiva delle controversie insieme al ricorso collettivo all’autorità giudiziaria o come elemento facoltativo di quest’ultimo. I termini di prescrizione applicabili alle azioni dovrebbero essere sospesi durante il procedimento di risoluzione alternativa delle controversie. L’esito vincolante di una transazione collettiva dovrebbe essere controllato da un giudice 42 .

    I sistemi di risoluzione stragiudiziale collettiva delle controversie dovrebbero prendere in considerazione gli obblighi disposti dalla direttiva 2008/52/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 maggio 2008, relativa a determinati aspetti della mediazione in materia civile e commerciale 43 , ma dovrebbero anche essere concepiti specificamente per azioni collettive 44 .

    L’introduzione di tali sistemi nei meccanismi di ricorso collettivo costituisce un modo efficiente di gestire situazioni di danno collettivo, con potenziali effetti positivi sulla durata dei procedimenti e sulle spese per le parti e i sistemi giudiziari.

    Tra i 19 Stati membri dotati di sistemi di ricorso di natura risarcitoria, 11 hanno introdotto specifiche disposizioni riguardanti meccanismi di risoluzione stragiudiziale collettiva delle controversie (BE, BG, DK, FR, DE, IT, LT, NL, PL, PT, UK). Tale elenco include i tre Stati membri che hanno adottato una nuova legislazione in seguito all’adozione della raccomandazione (BE, FR e LT) nonché il Regno Unito, che ha introdotto una disposizione specifica sulla risoluzione stragiudiziale delle controversie nel meccanismo riguardante la concorrenza. Nella sua proposta legislativa, SI sta ampiamente seguendo la raccomandazione. I rimanenti 8 Stati membri dotati di sistemi di ricorso collettivo applicano a tali situazioni disposizioni generali riguardanti la risoluzione stragiudiziale delle controversie, per esempio come attuate nella legislazione nazionale ai sensi della direttiva 2008/52/CE.

    Sebbene la disponibilità di sistemi di ADR ai sensi del diritto nazionale sia positiva di per sé, disposizioni designate per le azioni collettive potrebbero prendere meglio in considerazione certe specificità di tali azioni collettive. Per esempio, la raccomandazione prevede che il ricorso alla risoluzione stragiudiziale collettiva delle controversie debba dipendere dal consenso espresso delle parti coinvolte sebbene tale ricorso possa essere obbligatorio in relazione a pretese individuali 45 . Inoltre, un importante elemento per garantire che i diritti delle parti coinvolte siano tutelati è il successivo controllo delle transazioni da parte dei giudici.

    L’invito a presentare contributi ha rivelato un’importante tendenza in relazione alla risoluzione stragiudiziale collettiva delle controversie, ossia la conclusione consensuale delle cause attraverso la negoziazione diretta della transazione, senza il coinvolgimento di un soggetto terzo 46 .

    Si può pertanto concludere che sebbene tutti gli Stati membri che hanno recentemente modificato, introdotto o sono in procinto di introdurre una nuova legislazione abbiano ampiamente seguito la raccomandazione, l’accesso a sistemi di risoluzione stragiudiziale collettiva delle controversie adeguati al contesto specifico del ricorso collettivo non è garantito in un numero significativo di Stati membri.

    2.3.3Onorari degli avvocati

    La raccomandazione prevede che gli onorari degli avvocati e il relativo calcolo non creino incentivi non necessari ad avviare contenziosi che non siano nell’interesse di ciascuna delle parti. In particolare gli onorari calcolati in percentuale delle somme accordate nella causa (contingency fees), che rischiano di creare detti incentivi, dovrebbero essere vietati; qualora siano consentiti a titolo di eccezione, tali onorari dovrebbero essere opportunamente disciplinati nei casi di ricorso collettivo, tenuto conto del diritto dei membri della parte ricorrente a ricevere l’intero risarcimento 47 .

    In linea generale gli onorari degli avvocati non sono regolamentati negli Stati membri a seconda dei tipi di casi, in particolare per le azioni di ricorso collettivo.

    Nove Stati membri (BG, CY, CZ, DE, EL, PL, SI, ES, UK) consentono una qualche forma di onorario calcolato in percentuale all’esito della causa, laddove l’importo da versare all’avvocato è compreso tra il 15% ai sensi della bozza di legislazione in SI al 50% del valore del risarcimento accordato in UK. In tutti questi Stati membri, ad eccezione del Regno Unito, sembrano esistere disposizioni specifiche riguardanti l’applicazione di tale remunerazione nelle azioni di ricorso collettivo. Un’eccezione degna di nota a tale norma si riscontra nel sistema in materia di concorrenza britannico, dove gli accordi riguardanti i contingency fees non sono disponibili nei procedimenti giudiziari di “opt-out” in materia di concorrenza. Inoltre la proposta di legislazione in SI ribadisce la disponibilità di tali onorari nelle cause di ricorso collettivo.

    Occorre sottolineare che non si può ritenere che tutte le forme di contingency fees incoraggino il contenzioso contro l’interesse delle parti coinvolte. Ad esempio in DE tali onorari sono consentiti solo in circostanze eccezionali in cui la presunta vittima non dispone di mezzi finanziari e può introdurre la propria pretesa solo con un accordo sui contingency fees. Allo stesso tempo, sembra più probabile che un onorario che può raggiungere il 50% dell’esito della causa come in UK o il 33% in ES incentivi contenziosi non necessari.

    Altri Stati membri consentono onorari calcolati in percentuale all’esito della causa sotto forma di maggiorazione basata sul successo nella causa (success fee) o, al contrario, una riduzione dell’onorario nel caso in cui certi obiettivi non vengano raggiunti (AT, BE, FR, IT, LT, LU, PL, SE). La principale differenza tra i due tipi di remunerazione è che nel caso degli onorari basati sulla prestazione (performance fees), l’avvocato viene pagato anche se perde la causa ma verrà pagato di più, con la cosiddetta success fee, se vince, mentre in caso di contingency fees l’avvocato viene pagato solo se vince la causa. Benché non costituiscano di per sé un incentivo a contenziosi non necessari e la raccomandazione non ne richieda il divieto, gli onorari basati sulle prestazioni possono, in certe circostanze, produrre effetti simili. Potrebbero infatti incoraggiare pretese non necessarie per importi irrealistici, in particolare quando sono calcolati in percentuale dell’esito della causa. D’altro canto, sembra meno probabile che un onorario fisso basato sulle prestazioni crei un incentivo per pratiche di controversia aggressiva.

    Nell’ambito dell’invito a presentare contributi, due soggetti che hanno risposto da NL e FI hanno indicato gli onorari degli avvocati come problematici – non necessariamente se basati su contingency fees, ma in quanto fattore che contribuisce ai costi elevati dei procedimenti di ricorso collettivo, in particolare se considerati congiuntamente al principio “chi perde paga”. Inoltre un soggetto che ha risposto dal Regno Unito ha riportato l’esempio di un caso in cui il giudice nazionale ha ritenuto che l’azione collettiva, condotta da uno studio legale che lavorava in base ad un onorario calcolato sull’esito della causa, costituisse uno sviamento di procedura. Lo stesso soggetto ha evidenziato il potenziale ricavo elevato per gli avvocati o per i finanziatori terzi come un problema in particolare nei sistemi di “opt-out”, in cui è difficile fornire un risarcimento alle parti lese per via degli elevati costi per determinare se tali parti rientrino in una specifica classe.

    Si può concludere che la raccomandazione ha avuto un impatto molto limitato sul sistema degli onorari degli avvocati negli Stati membri. Tuttavia, gli Stati membri che hanno adottato una nuova legislazione in seguito all’adozione della raccomandazione non hanno introdotto onorari calcolati in base all’esito della causa ad eccezione della Slovenia, che prevede tali onorari nella proposta di legislazione in materia di ricorso collettivo in attesa di attuazione. Il sistema degli onorari degli avvocati sembra radicato nelle tradizioni di diritto processuale nazionale degli Stati membri e non vi sono prove che siano state contemplate modifiche a tali ordinamenti volte ad affrontare le preoccupazioni specifiche delle azioni di ricorso collettivo.

    2.3.4Risarcimenti “punitivi”

    La raccomandazione invita a proibire i risarcimenti cosiddetti “punitivi” nonché altri importi accordati che eccedano il risarcimento che sarebbe stato ottenuto in un’azione individuale 48 .

    Il concetto di risarcimento eccessivo tramite risarcimento “punitivo” è generalmente estraneo alla maggior parte degli ordinamenti giuridici degli Stati membri. L’invito a presentare contributi non ha rivelato alcun caso in cui fossero richiesti o accordati risarcimenti “punitivi” in azioni di ricorso collettivo. Ciò significa che non è stato necessario applicare norme speciali alle azioni di ricorso collettivo.

    Solo tre Stati membri ammettono qualche forma di risarcimento “punitivo”, benché in misura molto limitata. EL ad esempio applica qualche forma di risarcimento simile al risarcimento “punitivo” sotto forma di risarcimento pecuniario per danni morali in azioni rappresentative riguardanti i consumatori. In IE il recupero di un risarcimento “punitivo” è generalmente raro 49 e solitamente limitato a motivi di ordine pubblico. Infine in UK (Inghilterra e Galles) il risarcimento “punitivo” è disponibile in circostanze molto rare in cui il convenuto doveva essere consapevole di agire in modo illecito e aver perseguito la propria condotta auspicando che il suo guadagno avrebbe superato qualsiasi risarcimento che sarebbe stato accordato alle vittime della sua condotta. Tuttavia il risarcimento “punitivo” non è disponibile nei meccanismi sulla concorrenza introdotti dalla direttiva sul risarcimento del danno per violazione delle norme antitrust del 2014 50 dopo l’adozione della raccomandazione.

    Si può concludere che la maggior parte degli Stati membri non ha accordato risarcimenti “punitivi” in situazioni di danno collettivo in conseguenza dell’approccio generale adottato sulla base di un principio di un lunga tradizione negli ordinamenti di diritto civile degli Stati membri.

    2.3.5Azioni risarcitorie conseguenti

    La raccomandazione esorta gli Stati membri a includere nella loro legislazione una norma in base alla quale, se è in corso un procedimento dinanzi ad un’autorità pubblica, l’azione privata dovrebbe essere avviata solo dopo la conclusione dello stesso. Se tale procedimento è stato avviato successivamente all’azione privata, il giudice dinanzi al quale quest’ultima azione è in corso dovrebbe poter sospendere il procedimento per attendere una decisione definitiva dell’autorità pubblica. La decorrenza dei termini di prescrizione prima che l’autorità pubblica abbia emesso una decisione finale non dovrebbe impedire alle parti di chiedere il risarcimento in un’azione privata 51 .

    Per motivi di economia processuale e certezza giuridica, l’azione di natura risarcitoria può essere più efficiente se esperita dopo il completamento della procedura dinanzi ad un’autorità pubblica, sia essa un giudice o un organo amministrativo, come un’autorità di concorrenza. Attendere tale decisione tuttavia non dovrebbe avere il risultato di privare i potenziali ricorrenti del loro diritto di accesso alla giustizia, ad esempio a causa della decorrenza dei termini di prescrizione.

    Ai sensi del diritto vincolante dell’Unione esistono norme a tal riguardo solo nel settore della concorrenza. Ai sensi della direttiva sul risarcimento del danno per violazione delle norme antitrust, la constatazione di una violazione in una decisione definitiva di un’autorità nazionale garante della concorrenza o di un giudice del ricorso è ritenuta definitivamente accertata in azioni nazionali successivamente intentate per il risarcimento del danno e almeno a titolo di prova prima facie in azioni conseguenti intentate in altri Stati membri. La direttiva prevede inoltre una sospensione dei termini di prescrizione applicabile alle azioni collettive qualora queste esistano, ma non richiede agli Stati membri di introdurre azioni collettive nei loro ordinamenti giuridici nazionali.

    Per quanto riguarda il diritto della protezione dei consumatori, la direttiva sui provvedimenti inibitori non regolamenta la questione delle azioni risarcitorie conseguenti. Nella maggior parte degli Stati membri il provvedimento inibitorio ha unicamente un effetto inter partes (tra le parti). Secondo lo studio di accompagnamento sul controllo sull’adeguatezza, questo presenta problemi per l’efficacia del procedimento in quanto i singoli consumatori che promuovono un’azione risarcitoria basata su una violazione che ha fatto sorgere un provvedimento inibitorio sono tenuti a dimostrare nuovamente la violazione. Questo a sua volta ne aumenta il rischio di contenzioso nonché le spese per i consumatori interessati e per il sistema giudiziario in senso lato. Lo studio indica pertanto che dovrebbe essere possibile fare affidamento su provvedimenti inibitori in azioni risarcitorie conseguenti sia di natura individuale che (ove disponibili) di natura collettiva e che i termini di prescrizione per le azioni risarcitorie conseguenti dovrebbero essere sospesi fino alla decisione definitiva riguardante l’inibitoria.

    In DK, BE e IT è possibile fare affidamento su una decisione inibitoria in un’azione risarcitoria collettiva conseguente in cause di diritto della protezione dei consumatori. In BG possono essere avviate azioni orizzontali collettive. In NL le azioni risarcitorie conseguenti non sono possibili in punto di diritto, ma piuttosto nella pratica.

    L’invito a presentare contributi illustra che si ricorre ad azioni risarcitorie conseguenti soprattutto nelle cause di diritto della concorrenza, in cui le azioni risarcitorie seguono una decisione di un’autorità pubblica in merito ad una violazione del diritto della concorrenza. Tali casi sono stati riferiti da NL, FI e UK. Un interessante caso sulla protezione dei consumatori nell’ambito dei servizi finanziari è stato riferito dalla Finlandia, dove successivamente alle decisioni amministrativa e giudiziaria in merito ad una violazione, sono state condotte negoziazioni dirette con esito positivo tra l’associazione dei consumatori e il convenuto.

    Su questo punto si può pertanto concludere che la raccomandazione è attuata nelle leggi degli Stati membri solo in misura molto limitata. Sebbene in numerosi Stati membri siano disponibili azioni risarcitorie collettive conseguenti, non vi sono prove del fatto 52 che i principi della raccomandazione siano stati seguiti in relazione alla priorità da attribuire alla decisione dell’autorità pubblica e ai termini di prescrizione. Tali azioni risarcitorie conseguenti possono pertanto avere un impatto sul diritto di accesso alla giustizia dei ricorrenti per via del fatto che non è stata attuata nessuna norma specifica sui termini di prescrizione, contrariamente a quanto suggerito nella raccomandazione.

    2.3.6Registro delle azioni collettive

    La raccomandazione invita a istituire registri nazionali delle azioni di ricorso collettivo, che diffondano anche informazioni riguardanti i possibili metodi per ottenere il risarcimento, compresi quelli stragiudiziali. Dovrebbe altresì essere garantita la coerenza delle informazioni raccolte nei diversi registri nazionali e la loro interoperabilità 53 .

    Questo principio è stato introdotto nella raccomandazione in particolare in quanto solo se sono disponibili informazioni sul contenzioso in corso è possibile attuare il principio di “opt-in” e pertanto le parti possono decidere se aderire o meno alla controversia in corso. Tale esigenza è ancora più pressante nelle situazioni transfrontaliere in cui i metodi nazionali di diffusione delle informazioni non sono sempre indirizzati a un pubblico straniero.

    Tale principio in linea di massima non è stato seguito nei sistemi di ricorso collettivo degli Stati membri. Solo il Regno Unito si è dotato di un registro nazionale per i provvedimenti legati a controversie di gruppo e di uno per le azioni in materia id concorrenza. Si intende introdurre un simile registro nella sua nuova legislazione sul ricorso collettivo. Su questo punto si può pertanto concludere che la raccomandazione non ha avuto praticamente nessun impatto sulle leggi degli Stati membri.

    3Conclusioni e prossime iniziative

    Come espresso nella raccomandazione, meccanismi di ricorso collettivo adeguatamente concepiti e bilanciati contribuiscono all’efficace protezione e rispetto dei diritti conferiti dalle norme dell’Unione, poiché i rimedi “tradizionali” non sono abbastanza efficienti in tutte le situazioni.

    Senza un sistema di ricorso collettivo chiaro, giusto, trasparente e accessibile, è altamente probabile che vengano sondate altre modalità per chiedere risarcimenti, che sono spesso vulnerabili ad un potenziale abuso che si ripercuote negativamente su entrambe le parti in causa.

    In molti casi le persone interessate che non sono in grado di unire le forze per esperire un ricorso collettivamente abbandoneranno del tutto le loro pretese giustificate, a causa degli eccessivi oneri dei procedimenti individuali.

    La raccomandazione ha creato un parametro di riferimento che comprende i principi di un modello europeo di ricorso collettivo. Ciò è avvenuto in una situazione in cui molti dei suoi elementi erano presenti negli ordinamenti giuridici di gran parte degli Stati membri mentre in un altro, sebbene più ristretto, gruppo di Stati membri il concetto stesso di ricorso collettivo era sconosciuto. L’impatto della raccomandazione dovrebbe quindi essere osservato e valutato tenendo conto di due dimensioni: in primo luogo come punto di riferimento nelle discussioni sulla facilitazione dell’accesso alla giustizia e sulla prevenzione dell’abuso del contenzioso e, in secondo luogo, come incentivo concreto all’adozione di una legislazione conforme a tali principi negli Stati membri.

    Per quanto riguarda la prima dimensione, la raccomandazione ha dato un contributo prezioso ispirando le discussioni in tutta l’Unione. Ha inoltre fornito le basi per un’ulteriore riflessione sul modo in cui alcuni principi come quelli riguardanti la costituzione della parte ricorrente o il finanziamento della controversia possano essere attuati al meglio al fine di garantire l’equilibrio generale tra l’accesso alla giustizia e la prevenzione degli abusi.

    Per quanto riguarda la transizione nella legislazione, l’analisi delle evoluzioni legislative negli Stati membri e gli elementi di prova forniti dimostrano che è stato dato un seguito piuttosto limitato alla raccomandazione. La disponibilità di meccanismi di ricorso collettivo e l’attuazione di garanzie contro il potenziale abuso di tali meccanismi è distribuito in modo ancora molto disomogeneo in tutta l’UE. L’impatto della raccomandazione è visibile nei due Stati membri in cui è stata adottata una nuova legislazione in seguito alla sua adozione (BE e LT) e in SI, dove la nuova legislazione è in attesa di attuazione, e in una certa misura negli Stati membri che hanno modificato la loro legislazione dopo il 2013 (FR e UK).

    Tale seguito limitato comporta che il potenziale dei principi della raccomandazione nel facilitare l’accesso alla giustizia a favore del funzionamento del mercato unico è ancora lungi dall’essere pienamente sfruttato. Nove Stati membri non hanno ancora previsto alcuna possibilità di richiedere collettivamente un risarcimento nelle situazioni di danno collettivo definite nella raccomandazione. Inoltre in alcuni Stati membri che prevedono formalmente tale possibilità, nella pratica le persone interessate non la utilizzano per via delle rigide condizioni stabilite nella legislazione nazionale, della lunghezza dei procedimenti o degli eccessivi costi percepiti rispetto ai benefici previsti di tali azioni. L’invito a presentare contributi ha inoltre dimostrato che in alcuni casi l’azione giudiziaria collettiva può essere proficuamente evitata grazie al successo delle transazioni stragiudiziali, talvolta come azione risarcitoria conseguente ad un’azione amministrativa. Questo mette in evidenza l’importanza di efficaci meccanismi di risoluzione stragiudiziale delle controversie in linea con la raccomandazione.

    Mentre la raccomandazione ha una dimensione orizzontale, dati i diversi settori in cui potrebbero verificarsi danni collettivi, i casi concreti riportati (compreso quello delle emissioni degli autoveicoli) dimostrano chiaramente che i settori del diritto dell’Unione pertinenti per gli interessi collettivi dei consumatori sono quelli in cui il ricorso collettivo viene reso più spesso disponibile, in cui le azioni vengono esperite più spesso e in cui l’assenza di rimedi collettivi è della massima rilevanza pratica. È in questi stessi settori che esistono e hanno dimostrato il proprio valore le norme vincolanti dell’Unione sulla dimensione inibitoria del ricorso collettivo. La direttiva sui provvedimenti inibitori regolamenta le azioni rappresentative avviate da enti legittimati in particolare sotto forma di organizzazioni senza scopo di lucro o autorità pubbliche in relazione alle quali le preoccupazioni riguardanti l’abuso di contenzioso basato sugli interessi di profitto di finanziatori terzi risultano infondate.

    Questo quadro è confermato dai risultati dell’invito a presentare contributi. Mentre le organizzazioni dei consumatori supportano fortemente un intervento a livello dell’UE in questo campo, le organizzazioni commerciali concentrano generalmente le loro preoccupazioni in relazione all’azione dell’UE sul settore della protezione dei consumatori e fanno riferimento a preoccupazioni legate alla proporzionalità o alla sussidiarietà, intimando alla Commissione di concentrarsi sull’applicazione delle norme a livello pubblico o sul ricorso tramite la risoluzione alternativa delle controversie (ADR)/la risoluzione delle controversie online (ODR) o sul procedimento per le controversie di modesta entità.

    In tale contesto, la Commissione intende:

    ·promuovere ulteriormente i principi definiti nella raccomandazione del 2013 in tutti i settori, sia in termini di disponibilità di azioni di ricorso collettivo nelle legislazioni nazionali e pertanto di un maggiore accesso alla giustizia, sia in termini di offerta delle necessarie garanzie contro l’abuso del contenzioso;

    ·condurre ulteriori analisi su certi aspetti della raccomandazione che sono essenziali per prevenire gli abusi e garantire un uso sicuro dei meccanismi di ricorso collettivo, ad esempio per quanto riguarda il finanziamento delle azioni collettive, al fine di ottenere un quadro migliore della concezione e dell’attuazione pratica;

    ·dar seguito alla presente valutazione della raccomandazione del 2013 nel quadro dell’imminente iniziativa su un “New deal per i consumatori”, come annunciato nel Programma di lavoro della Commissione per il 2018 54 , con un’attenzione particolare verso il rafforzamento degli aspetti di ricorso e attuazione della direttiva sui provvedimenti inibitori in settori opportuni. 

    (1)

    Adozione della direttiva 98/27/CE relativa a provvedimenti inibitori a tutela degli interessi dei consumatori; libro verde sulle azioni di risarcimento per danni derivanti dalla violazione di norme antitrust (COM(2005) 672); libro bianco in materia di azioni di risarcimento del danno per violazione delle norme antitrust comunitarie (COM(2008) 165); libro verde sui mezzi di ricorso collettivo dei consumatori (COM(2008) 794).

    (2)

    GU L 201 del 26.7.2013, pag. 60-65.

    (3)

    Direttiva 2009/22/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, relativa a provvedimenti inibitori a tutela degli interessi dei consumatori (GUUE L 110/30 del 1.5.2009 ), che codifica la direttiva 98/27/CE.

    (4)

     COM report of the Fitness Check of EU consumer and marketing law, Bruxelles, 23.5.2017, SWD(2017) 209 final, disponibile all’indirizzo http://ec.europa.eu/newsroom/just/item-detail.cfm?item_id=59332

    (5)

     Di prossima pubblicazione su http://ec.europa.eu/justice/civil/document/index_en.htm .

    (6)

    Disponibile all’indirizzo http://ec.europa.eu/newsroom/just/item-detail.cfm?item_id=59332.

    (7)

    Cfr. punto 2.3.1 della presente relazione.

    (8)

    Paragrafo 2 della raccomandazione della Commissione, dell’11 giugno 2013, relativa a principi comuni per i meccanismi di ricorso collettivo di natura inibitoria e risarcitoria negli Stati membri che riguardano violazioni di diritti conferiti dalle norme dell’Unione (2013/396/UE) (GU L 201 del 26.7.2013, pag. 60).

    (9)

    Il campo d’applicazione della direttiva sui provvedimenti inibitori tratta le violazioni delle norme UE sulla protezione dei consumatori elencate nel suo allegato I.

    (10)

    Ad eccezione della Germania, dove l’unico meccanismo specifico di ricorso collettivo di natura risarcitoria non si applica ai consumatori, ma unicamente alle controversie riguardanti gli investitori.

    (11)

    Tuttavia in NL l’azione collettiva di natura risarcitoria è attualmente disponibile solo sotto forma di sentenze dichiarative, oppure attraverso strumenti giuridici speciali creati allo scopo di riunire le controversie.

    (12)

    Paragrafi da 4 a 7 della raccomandazione della Commissione.

    (13)

    La direttiva 2014/54/UE relativa alle misure intese ad agevolare l’esercizio dei diritti conferiti ai lavoratori nel quadro della libera circolazione dei lavoratori (GU L 128 del 30.4.2014, pag. 8), all’articolo 3, paragrafo 2, prevede che gli Stati membri provvedano affinché le associazioni, le organizzazioni (comprese le parti sociali) o altri soggetti possano rappresentare lavoratori dell’Unione in qualsiasi procedimento giudiziario e/o amministrativo finalizzato all’attuazione di diritti.

    (14)

    Inoltre in DK, in azioni di gruppo private, il rappresentante può essere nominato tra le persone appartenenti alla classe.

    (15)

    È interessante notare che nonostante tali condizioni impegnative, in Italia attualmente sono già registrate 18 organizzazioni e in Francia 15. Tuttavia, solo un numero abbastanza limitato di tali organizzazioni (6 in FR e 3 in IT negli ultimi 4 anni) hanno effettivamente promosso azioni rappresentative.

    (16)

    Inoltre, nelle cause in materia di concorrenza in UK, una persona appartenente alla classe può anche rappresentare l’intera classe, il che rende tale procedimento un’azione di gruppo piuttosto che un’azione rappresentativa ai sensi della raccomandazione.

    (17)

    Paragrafi 8 e 9 della raccomandazione della Commissione.

    (18)

    Per esempio in Belgio il giudice tra le altre cose deve tenere conto delle potenziali dimensioni del gruppo di consumatori interessati, del livello di complessità dell’azione di ricorso collettivo e delle implicazioni per un’efficiente protezione dei consumatori nonché per il corretto funzionamento della giustizia.

    (19)

    Per esempio in Italia, a parte la questione della legittimazione dell’organizzazione, il giudice deve esaminare se è presente un conflitto di interessi.

    (20)

    In BE e NL le norme sulla ricevibilità sono state citate come problematiche, mentre la durata di tale procedimento è stato espressamente menzionato per BE e PL. In Danimarca le norme sulla ricevibilità sono state citate come problematiche nel contesto di norme restrittive riguardanti la legittimazione ad agire. In PL l’obbligo che prevede che gli importi richiesti debbano essere identici almeno in diversi sottogruppi potrebbe dissuadere i potenziali membri del gruppo dal partecipare all’azione o portarli a ridurre le proprie pretese perché siano ammissibili. Analogamente, in UK l’interpretazione restrittiva data nelle cause di diritto della concorrenza all’obbligo di presentare questioni di fatto o di diritto identiche, simili o correlate quale requisito di ricevibilità, secondo uno dei soggetti che ha risposto sarebbe problematico nel contesto dell’ottenimento dell’accesso alla giustizia.

    (21)

    Paragrafi da 10 a 12 della raccomandazione della Commissione.

    (22)

    Come spiegato al punto 3.5 della comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni “Verso un quadro orizzontale europeo per i ricorsi collettivi” (COM/2013/0401 final).

    .

    (23)

    Paragrafo 13 della raccomandazione della Commissione.

    (24)

    In LU alla parte vittoriosa potrebbe essere accordata un’indennità di procedura il cui importo viene stabilito da un giudice; tuttavia ciò richiede un’istanza successiva al giudice e pertanto un impegno aggiuntivo.

    (25)

    O l’assenza di spese nei procedimenti di natura inibitoria dei consumatori che adiscono le autorità amministrative (FI, LV). La direttiva sui provvedimenti inibitori non regolamenta la questione delle spese legate all’azione inibitoria. Ciò nonostante, il rischio finanziario legato ai provvedimenti inibitori è stato identificato come l’ostacolo più rilevante all’uso efficace di provvedimenti inibitori da parte degli enti legittimati. Secondo lo studio di accompagnamento al controllo sull’adeguatezza, la misura più efficace consisterebbe nell’inserire una norma nella direttiva sui provvedimenti inibitori secondo cui, in casi obiettivamente giustificati, gli enti legittimati non sarebbero tenuti a pagare le spese di giudizio o le spese amministrative.

    (26)

    Diversi soggetti che hanno risposto all’invito a presentare contributi da BE, NL, RO e FI hanno identificato tale principio come un potenziale problema in quanto il potenziale rimborso delle spese costituisce un importante fattore di rischio da tenere in considerazione quando si promuove una pretesa. Ciò è tanto più vero quando non è disponibile alcun ricorso collettivo di natura risarcitoria, come in CZ, e tali pretese possono essere promosse solo in cause individuali.

    (27)

    Per esempio, se gli onorari degli avvocati sono rimborsati a livello di corrispettivi di legge che possono essere superati nella pratica.

    (28)

    Paragrafi da 14 a 16 e 32 della raccomandazione della Commissione.

    (29)

    Ai sensi del common law, chiunque finanzi impropriamente il contenzioso di altri può essere ritenuto responsabile di tutte le spese (della controparte) di tale controversia in caso di soccombenza.

    (30)

    Paragrafi 17 e 18 della raccomandazione della Commissione.

    (31)

    Infine, due soggetti che hanno risposto dall’Austria hanno espresso la preoccupazione che la norma di competenza in materia di protezione dei consumatori del regolamento Bruxelles I (regolamento (UE) n. 1215/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2012, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, GU L 351 del 20.12.2012, pag. 1) non si applichi alle organizzazioni rappresentative.

    (32)

    Cfr. articolo 4 della direttiva sui provvedimenti inibitori che istituisce un sistema di notificazione degli enti legittimati da includere in un elenco pubblicato dalla Commissione europea nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Tuttavia, secondo la relazione sul controllo sull’adeguatezza, gli enti legittimati non chiedono quasi mai provvedimenti inibitori in altri Stati membri, in particolare a causa delle spese correlate e poiché nella maggior parte dei casi possono chiedere provvedimenti inibitori nella loro giurisdizione anche per le violazioni aventi implicazioni transfrontaliere.

    (33)

    Paragrafo 19 della raccomandazione della Commissione.

    (34)

    Cfr. punto 2.1.1 della presente relazione.

    (35)

    Articolo 2, paragrafo 1, lettera a).

    (36)

    Paragrafo 20 della raccomandazione della Commissione.

    (37)

    Articolo 2, paragrafo 1, lettera c).

    (38)

    Inoltre in alcuni Stati membri tali sanzioni non sono determinate nel provvedimento inibitorio e richiedono ulteriori azioni in giudizio. In tale contesto, lo studio sul controllo dell’adeguatezza raccomanda chiare norme giuridiche a livello dell’Unione riguardanti le sanzioni per l’inadempienza al provvedimento inibitorio.

    (39)

    Ad eccezione di un soggetto che ha risposto da RO sottolineando che la sanzione imposta dall’autorità nazionale responsabile dei consumatori per l’inadempienza ad una sentenza è estremamente bassa e non ha alcun effetto deterrente, nell’invito a presentare contributi non sono state riferite problematiche specifiche con questo principio.

    (40)

    Paragrafi da 21 a 24 della raccomandazione della Commissione.

    (41)

    Tre risposte all’invito a presentare contributi esprimevano sostegno verso un sistema di “opt-out”, ad esempio in situazioni specifiche in cui è difficile identificare le persone interessate come quando presunte violazioni dei diritti umani sono commesse in paesi terzi, in particolare in relazione alle condizioni di lavoro, ed è possibile agire contro convenuti con sede in uno Stato membro. Tuttavia, un soggetto che ha risposto dal Regno Unito aveva dubbi in merito all’efficacia del sistema di “opt-out”, in quanto l’esperienza dimostra che esso comporta costi elevati e oneri amministrativi al fine di identificare gli individui che rientrano una determinata classe. Infine, un soggetto che ha risposto dai Paesi Bassi ha espresso sostegno nei confronti di un sistema che attui una differenza tra l’“opt-in” per un’azione giudiziaria collettiva e l’“opt-out” per una transazione collettiva, mentre un soggetto che ha risposto dal Belgio ha favorito specificamente il sistema di “opt-in”.

    (42)

    Paragrafi da 25 a 28 della raccomandazione della Commissione.

    (43)

    GU L 136 del 24.5.2008, pag. 3.

    (44)

    Il considerando 27 della direttiva 2013/11/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 maggio 2013, sulla risoluzione alternativa delle controversie dei consumatori, che modifica il regolamento (CE) n. 2006/2004 e la direttiva 2009/22/CE chiarisce che tale direttiva non regolamenta procedure ADR collettive nel settore della protezione dei consumatori ma non impedisce agli Stati membri di mantenere o introdurre tali procedure ADR.

    (45)

    Punto 26 della raccomandazione in confronto all’articolo 1 della direttiva 2013/11/UE che dispone che la direttiva non pregiudica la legislazione nazionale che prevede l’obbligatorietà delle procedure ADR, a condizione che tale legislazione non impedisca alle parti di esercitare il loro diritto di accedere al sistema giudiziario.

    (46)

    Per esempio diverse risposte citano l’esperienza dei Paesi Bassi con la legislazione sulle transazioni collettive riesaminate dai giudici (WCAM), in cui le negoziazioni dirette della transazione e i procedimenti giudiziari procedono parallelamente. Una risposta cita che sulle dieci cause di ricorso collettivo riguardanti consumatori promosse in FR dall’introduzione della legislazione nell’ottobre 2014, due sono state transatte (con la successiva convalida da parte di un giudice). Un’esperienza simile è stata menzionata in SE, FI e BE, dove un giudice ha recentemente convalidato un accordo raggiunto in un caso riguardante i consumatori in relazione ai diritti dei passeggeri.

    (47)

    Paragrafi 29 e 30 della raccomandazione della Commissione.

    (48)

    Paragrafo 31 della raccomandazione della Commissione.

    (49)

    In assenza di un sistema di ricorso collettivo di natura risarcitoria, il risarcimento “punitivo” non è pertinente in questo settore.

    (50)

    Direttiva 2014/104/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 novembre 2014, relativa a determinate norme che regolano le azioni per il risarcimento del danno ai sensi del diritto nazionale per violazioni delle disposizioni del diritto della concorrenza degli Stati membri e dell’Unione europea, GU L 349 del 5.12.2014, pag. 1.

    (51)

    Paragrafi 33 e 34 della raccomandazione della Commissione.

    (52)

    Al di fuori del campo di applicazione della direttiva 2014/104/UE nella misura in cui gli Stati membri consentono le azioni risarcitorie collettive conseguenti nell’ambito del diritto della concorrenza.

    (53)

    Paragrafi da 35 a 37 della raccomandazione della Commissione.

    (54)

    COM(2017) 650 final.

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