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Document 52013IE2788

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Il consumo collaborativo o partecipativo: un modello di sviluppo sostenibile per il XXI secolo» (parere d’iniziativa)

OJ C 177, 11.6.2014, p. 1–8 (BG, ES, CS, DA, DE, ET, EL, EN, FR, HR, IT, LV, LT, HU, MT, NL, PL, PT, RO, SK, SL, FI, SV)

11.6.2014   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 177/1


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Il consumo collaborativo o partecipativo: un modello di sviluppo sostenibile per il XXI secolo» (parere d’iniziativa)

(2014/C 177/01)

Relatore: HERNÁNDEZ BATALLER

Il Comitato economico e sociale europeo, in data 14 febbraio 2013, ha deciso, conformemente al disposto dell’articolo 29, paragrafo 2, del Regolamento interno, di elaborare un parere di iniziativa sul tema:

Il consumo collaborativo o partecipativo: un modello di sviluppo sostenibile per il XXI secolo.

La sezione specializzata Mercato unico, produzione e consumo, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 16 dicembre 2013.

Alla sua 495a sessione plenaria, dei giorni 21 e 22 gennaio 2014 (seduta del 21 gennaio), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 121 voti favorevoli, 2 voti contrari e 3 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Il consumo collaborativo o partecipativo si estende a una serie sempre maggiore di comunità e città di tutto il mondo, che utilizzano le reti tecnologiche per fare di più con meno grazie ad attività come l’affitto, il prestito, lo scambio, il baratto, il regalo oppure condividendo prodotti su una scala che precedentemente non era immaginabile.

1.2

La sua incidenza economica (1) è accompagnata da una trasformazione concettuale del lavoro che farà del consumo collaborativo o partecipativo un’importante fonte potenziale di occupazione nei prossimi anni.

1.3

Ne consegue che il consumo collaborativo o partecipativo rappresenta un’integrazione innovativa e vantaggiosa sotto il profilo economico, sociale ed ecologico per l’economia della produzione e del consumo. Esso costituisce anche una soluzione alla crisi economica e finanziaria in quanto rende possibile lo scambio in caso di necessità.

1.4

La complessità e l’importanza dell’emergere del consumo collaborativo o partecipativo esigono che le istituzioni competenti affrontino, sulla base di studi specifici, il compito di regolare e disciplinare le pratiche che si sviluppano in tale settore, affinché possano essere stabiliti i diritti e i doveri di tutti i soggetti che vi operano. Il consumo collaborativo o partecipativo può, da un lato, provvedere alle necessità sociali nei casi in cui il suo approccio non sia commerciale e, dall’altro, contribuire in quanto attività lucrativa alla creazione di posti di lavoro in osservanza della legislazione fiscale, delle norme in materia di sicurezza, responsabilità, protezione del consumatore e di altre norme vincolanti.

1.5

La Commissione dovrebbe occuparsi del consumo collaborativo o partecipativo nel quadro del suo programma di lavoro, intervenendo in diverse fasi:

in un primo momento, raccogliendo i diritti e principi fondamentali che sono già sanciti nel diritto dell’Unione europea e che proteggono i cittadini, come ha fatto con il codice dei diritti online dell’Unione;

successivamente, elaborando studi al riguardo, indispensabili in quanto azioni volte a identificare gli eventuali ostacoli allo sviluppo di queste attività e i problemi da risolvere, sottolineando il valore europeo dell’adozione di una misura di ambito unionale; per tale motivo la Commissione dovrebbe mettere a disposizione risorse finanziarie sufficienti, sia nell’ambito della DG Sanco sia nell’ambito della DG Giustizia;

creando inoltre una banca di dati e scambi di esperienze e buone pratiche del consumo collaborativo o partecipativo che risulti accessibile a tutti i consumatori. Inoltre, potrebbe lanciare campagne di sensibilizzazione e informazione sul consumo collaborativo o partecipativo;

infine, facendo tesoro di tutte queste esperienze per procedere all’armonizzazione delle norme volte alla soluzione dei problemi transfrontalieri e di quelli che apportano una dimensione europea a questa materia.

2.   Introduzione

2.1

Il progressivo esaurimento del sistema attuale e la sua incapacità di soddisfare le richieste individuali e collettive dei cittadini rende conveniente l’emergere di alternative adatte alle necessità e alle sfide aperte da un futuro costituito dalle reti digitali.

2.2

Il presente parere d’iniziativa è in linea con quanto stabilito dalla strategia Europa 2020, che propone un consumo di beni e servizi conforme a una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva e, inoltre, capace d’incidere sulla creazione di posti di lavoro, la produttività e la coesione economica, sociale e territoriale. Inoltre vi sono altre strategie dell’UE che incidono in modo più o meno diretto sulla sfera del consumo collaborativo, ad esempio la comunicazione sul piano d’azione «Produzione e consumo sostenibili» e «Politica industriale sostenibile» (2), l’iniziativa sull’innovazione sociale in Europa e l’Agenda digitale per l’Europa.

2.3

Il consumo collaborativo o partecipativo può implicare un comportamento resiliente rispetto all’attuale situazione economica e finanziaria, e può offrire risposte alle crescenti incertezze causate dalla crisi. Esso può anche rappresentare un’opportunità per riprendere la strada di uno sviluppo sostenibile in campo economico, umano e sociale, nonché di uno sviluppo armonico con il pianeta in campo ambientale.

2.4

D’altra parte, gli eccessi dell’iperconsumo hanno contribuito a creare enormi disparità fra le regioni produttrici e quelle consumatrici aventi come conseguenza l’innaturale coesistenza di esclusione sociale e obesità, sprechi e precarietà. Il consumo collaborativo o partecipativo può rappresentare uno strumento di mercato complementare con cui rilanciare e rigenerare il mercato interno, risanandolo e rendendolo più equilibrato e sostenibile, a condizione di poter disporre di strutture fisse.

2.5

Di fronte alla patente insostenibilità della sovrapproduzione e dell’iperconsumo, il consumo collaborativo o partecipativo promuove valori cooperativi e l’esercizio della solidarietà. La rivista Forbes ha stimato recentemente che il flusso di redditi dovuti al consumo collaborativo supererà quest’anno i 3,5 miliardi di dollari, con una crescita superiore al 25 %.

2.6

Ciò è possibile in quanto l’offerta e il consumo sono concepiti non come un semplice possesso di beni, ma come l’accesso condiviso al loro utilizzo, per la soddisfazione di necessità reali e una realizzazione personale non tributaria del consumo simbolico e del perseguimento di esigenze indotte e create artificialmente.

2.7

Mentre i prodotti della società di consumo convenzionale sono pensati per la proprietà individuale, il consumo rapido e un’eliminazione prematura, la creazione di prodotti durevoli e destinati a un uso intensivo affinché possano essere utilizzati da diverse persone, oppure nel corso di tutta la vita dello stesso consumatore o utente, sono marchi di identità del consumo collaborativo o partecipativo, e contribuiscono a un comportamento più ecologico nei cicli di vita dei beni utilizzati. Le nuove tecnologie (peer to peer e reti sociali) mettono in risalto l’importanza della comunità virtuale e di quella reale.

2.8

Con la crisi economica si sta estendendo la tendenza a possedere meno, fare attenzione alle spese e tener conto della retribuzione percepita nel coprire o soddisfare le necessità, secondo il principio per cui al fine di godere del benessere non è necessario accumulare.

2.9

La questione affonda le radici nella relazione fra le persone che hanno bisogno di accedere a una risorsa e quelle che dispongono di tali risorse che rimangono però sottoutilizzate e che possono essere prestate, regalate, scambiate, affittate ecc. Questa relazione si basa su un sentimento di comunità, di condivisione e partecipazione fra gli utenti, in un contesto in cui la fiducia è il vincolo che consente di stabilire tali contatti, sviluppare un consumo alternativo e, alla lunga, mantenere le relazioni create. Tutto questo avviene necessariamente in un contesto di trasparenza, specie a livello finanziario, e di responsabilità delle piattaforme che promuovono il consumo collaborativo.

2.10

Al riguardo, il potere della collaborazione e la condivisione mediante la tecnologia tendono a cambiare il nostro modo di concepire la proprietà e le relazioni commerciali (3). Il prodotto non soltanto si vende ma si affitta, ridistribuisce o condivide, come avviene con i servizi.

2.11

I consumatori vogliono possedere meno ma avere maggiori benefici. I benefici razionali percepiti sono imperniati sulla riduzione e sugli aspetti pratici, ma gli aspetti emotivi forniscono un senso di autoaffermazione e di appartenenza (4). Offrendo alternative comode e spesso più economiche, con le iniziative di consumo collaborativo si ottimizzano le risorse già disponibili e si evita di fabbricare nuovi prodotti superflui. In definitiva, condividere è una pratica redditizia e sostenibile.

2.12

Basta riflettere sulla digitalizzazione dei contenuti (fotografie, musica, video, libri ecc.) per constatare che questa ha consentito a molte persone di rendersi conto che, spesso, ciò che si vuole non è il disco in quanto tale, bensì la musica che in esso è registrata. Accedendo al bene nel momento in cui se ne ha bisogno si può ottenere soddisfazione, ancor più se questo richiede una minore disponibilità o un minore utilizzo dello spazio personale.

2.13

La proposta del consumo collaborativo o partecipativo apre anche una soluzione a tutte le categorie più vulnerabili, in particolare alle famiglie in una situazione economica difficile o che, nelle attuali circostanze sociali, si sono trovate escluse dai canali convenzionali di accesso al credito per l’acquisizione dei beni loro necessari. Inoltre, il consumo collaborativo o partecipativo apre una nuova possibilità a coloro che, potendo accedere al mercato dei beni e servizi nella maniera tradizionale, scelgono deliberatamente di non farlo in conformità dei propri valori personali.

2.14

A partire dal 1999, il consumo sostenibile è stato riconosciuto dalle Nazioni Unite in quanto diritto fondamentale del consumatore, mentre i testi legislativi dell’Unione europea per la protezione dei consumatori, essendo precedenti a tale data, non contemplano tale diritto anche se sarebbe opportuno riconoscerlo, come ha già chiesto espressamente il CESE (5), mediante una modifica dei trattati che preveda il «principio di sviluppo di una politica del consumo [...] sostenibile».

Il CESE ha anche approvato dei pareri relativi all’economia verde (6) e un parere sull’obsolescenza programmata (7). Recentemente il Parlamento europeo, nella sua risoluzione sull’agenda dei consumatori, ha chiesto espressamente alla Commissione di occuparsi dell’argomento.

3.   Consumo collaborativo o partecipativo: approccio concettuale

3.1

È abituale definire il consumo collaborativo o partecipativo come la maniera tradizionale di condividere, scambiare, prestare, affittare e regalare ridefinita attraverso la tecnologia moderna e le comunità.

Da questa definizione risulta che il consumo collaborativo o partecipativo non è affatto un’idea nuova, ma il riscatto di una pratica che si avvale della tecnologia moderna affinché il servizio sul mercato sia molto più efficiente ed estensibile. Allo stesso tempo, il consumo collaborativo o partecipativo deve sempre essere conseguenza di un’iniziativa propria e basarsi sulla partecipazione volontaria.

3.2

Esso rappresenta una terza ondata di Internet, in cui le persone si incontrano sulla rete per condividere cose al di fuori della rete stessa. Viene anche descritto, in modo molto azzeccato, in base alla sua funzione di mettere in circolazione tutto quello che esiste.

3.3

Appare chiaro che la genesi del consumo collaborativo o partecipativo ha tre precursori: la crisi economica (e di valori), l’espansione delle reti sociali e il comportamento collaborativo o partecipativo su Internet. Ciononostante, per il suo progresso nel contesto delle economie sviluppate, sono fondamentali i seguenti fattori: fiducia nel bene comune, capacità inutilizzata e tecnologia (8).

3.4

La fiducia tra sconosciuti è forse il punto critico per il successo del consumo collaborativo o partecipativo. Da parte sua, la tecnologia consente alle persone di accedere a servizi nel mondo virtuale (online) che le aiutano anche a creare connessioni nel mondo reale (offline) con un maggior grado di fiducia.

3.5

Per la condivisione delle risorse occorrono fiducia e buona reputazione, in particolare quando si tratta di attrarre nuovi utenti. Le iniziative di consumo collaborativo o partecipativo devono riuscire a far sì che le loro comunità risultino sicure.

3.6

In questo modo, si può prevedere che la condivisione online è un buon segno circa la propensione a condividere offline. Nel mondo offline, il modo più semplice di creare fiducia nei confronti della condivisione è limitare le dimensioni della comunità o ricorrere a un tipo di comunità esistente in cui si è già instaurato un certo grado di fiducia e affinità. Alcuni progetti di consumo collaborativo o partecipativo consentono di creare gruppi chiusi in cui coprire le necessità degli utenti e generare fiducia, dal momento che simili gruppi sono più facili da gestire.

3.7

Quando si crea un sentimento di comunità fra gli utenti del servizio si potenzia anche la fiducia nello stesso servizio e fra i suoi utenti. Questi ultimi vigileranno sulle proprie azioni e interazioni in modo da costruire e proteggere la propria reputazione, dal momento che quest’ultima è l’elemento che consente loro di interagire con la comunità e di utilizzare il sistema, come succede in tutti i mercati.

3.8

Per quanto riguarda i rischi, è impossibile eliminarli completamente. In ogni caso, le piattaforme che agevolano gli scambi devono assicurarsi che i loro componenti conoscano tali rischi e dispongano delle informazioni sufficienti per gestirli in modo efficace.

3.9

D’altra parte, la tecnologia rappresenta un fattore essenziale per ottimizzare la localizzazione delle risorse, aggregare gruppi di persone con interessi comuni e costruire comunità. Le tecnologie mobili e in tempo reale aumentano la velocità e la comodità sia nell’aggiungere informazioni sulla localizzazione sia per facilitare un sistema di pagamento semplice qualora sia necessario.

3.10

Per quel che concerne la concezione del flusso del servizio, gli sforzi dovranno tuttavia essere orientati a far sì che questo sia accessibile e di facile uso, promuovendo un rapporto di vicinanza e fiducia tra gli utenti e con il fornitore del servizio stesso, mettendo a disposizione misure di sicurezza sufficienti e rassicuranti e raccogliendo le esperienze degli utenti per stabilire banche della reputazione grazie alle banche dati centralizzate adeguate.

3.11

Quest’ultimo aspetto della reputazione acquista una particolare importanza in quanto catalizzatore di trasformazioni di tipo economico e sociale. Di fatto, si è stimato che il «capitale di reputazione» (9) potrà fungere da seconda moneta, il cui valore è rappresentato da un’offerta di fiducia. Si potrebbe argomentare che questo capitale di reputazione si sta trasformando nell’elemento fondamentale dell’economia del XXI secolo, nella misura in cui significa coniugare la potenza antica del passaparola con la capacità «virale» di una società in rete.

3.12

I cittadini stanno già esprimendo le proprie esigenze e i propri interessi comportandosi e consumando in modo più logico e trasparente, includendo fra i propri criteri d’acquisto elementi di marcato carattere sociale e aggiungendo con la propria partecipazione un contenuto emotivo alle decisioni che prendono.

3.13

In pratica, il consumatore impegnato presta la propria influenza e il proprio sostegno a una marca, partecipando attivamente al successo dell’iniziativa condivisa, il che consolida e rafforza ulteriormente il processo.

3.14

In sintesi, si tratta di riformulare l’equazione: credito + pubblicità + proprietà individuale = iperconsumo, che riflette lo spirito del XX secolo, con un’altra, che si propone di rappresentare il secolo attuale: reputazione + comunità + accesso condiviso = consumo collaborativo o partecipativo.

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3.15

Il consumo collaborativo condivide numerosi obiettivi delle politiche dell’Unione, specie la politica del mercato interno, ad esempio l’obiettivo di incrementare l’efficienza delle risorse o di fare progressi in termini di innovazione sociale, creando occupazione e benessere economico. Molte nuove imprese impegnate nel consumo collaborativo operano sul territorio dell’Unione, e per questo motivo il continente può diventare una «incubatrice» di modelli innovativi di transazione, capace di creare uno sviluppo economico maggiormente sostenibile.

3.16

Dato che il consumo collaborativo costituisce un cambiamento di rilievo sul piano economico, sociale e culturale, la Commissione deve rimuovere gli ostacoli che potrebbero frenare a livello europeo lo sviluppo di queste attività, definendo un quadro regolamentare che crei certezza a lungo termine nel settore.

4.   Migliori pratiche di consumo collaborativo o partecipativo

4.1

Esiste già un ampio spettro di proposte ed esperienze di consumo collaborativo o partecipativo a livello globale le quali rendono evidente che un altro modo di consumare non solo è possibile ma consente di contribuire, in buona misura, a migliorare il mondo in cui viviamo e, ancor più importante, a preservare quello delle generazioni future.

4.2

In risposta alla crisi economica sono apparse, ad esempio, piattaforme per la compravendita di vestiti da sposa e relativi accessori di seconda mano, per l’accoglienza in casa, l’affitto di veicoli o di abiti di gala, anche per quanto riguarda capi di alta moda o accessori di lusso, nonché comunità i cui utenti indicano un incarico, come montare un mobile o ritirare un pacco, e il prezzo che offrono alla persona disposta ad effettuarlo.

4.3

Un esempio paradigmatico del valore del consumo collaborativo o partecipativo è fornito dall’elevato numero di apparecchi e utensili di cui non si fa mai un uso frequente malgrado il prezzo pagato per acquistarli oppure, in modo del tutto analogo, dal sottoutilizzo dei beni o dalla mancata ottimizzazione del rendimento derivato dal loro utilizzo o dal godimento integrale delle loro prestazioni. Basti pensare a esempi tipici, come acquistare un trapano per utilizzarlo solo venti minuti in tutta la propria vita, oppure comprare un’automobile affinché stia più tempo parcheggiata che in movimento.

4.4

Il 55 % degli europei desidera un consumo sostenibile, anche se significa pagare di più. Le intenzioni dei consumatori per gli anni a venire nei confronti dei modi di consumo alternativi si ripartiscono come segue (10):

baratto — 19 %;

affitto — 22 % nel caso degli apparecchi;

acquisti in gruppo — 19 %;

fai da te — 12 % nel caso del cucito;

acquisti a chilometro zero — il 75 % degli intervistati vuole evitare gli eccessi nella distribuzione;

acquisto di prodotti di seconda mano — 19 %.

4.5

Anche se il consumo collaborativo o partecipativo comprende iniziative molto diverse, tutte hanno in comune, come già detto, il fatto di agevolare il rapporto fra quanti dispongono di risorse sottoutilizzate e quanti hanno bisogno di quelle stesse risorse. Tale caratteristica è illustrata al meglio dal fatto che si tende a parlare di fabbricare prodotti più ecologici: in realtà, è ancor più ecologico fare un uso ottimale dei prodotti di cui già si dispone.

4.6

Il consumo collaborativo presenta effetti diretti, ad esempio un minor consumo di risorse, emissioni limitate di CO2 o una maggiore richiesta di prodotti di buona qualità visto che sono destinati al prestito, alla locazione o alla riparazione; esso promuove un design ecocompatibile per consentire a più utilizzatori di sperimentare un prodotto, favorisce la sostenibilità e il ripetuto adeguamento di prodotti compatibili alle esigenze personali, migliora l’interazione sociale, lo sviluppo delle comunità e la fiducia tra i cittadini e infine favorisce l’accesso dei consumatori a basso reddito a prodotti di alta qualità. Il consumo collaborativo può avere anche altri effetti indiretti.

4.7

Dal punto di vista del diritto dell’Unione europea, il concetto più vicino a quello di consumo collaborativo o partecipativo sarebbe la prestazione di un servizio ai sensi dell’articolo 57 del TFUE, ma si aprono numerosi interrogativi. Nell’ambito del consumo collaborativo, tuttavia, occorre fare una distinzione tra le attività senza fini di lucro e le attività destinate a creare un utile. Solo queste ultime meritano l’attenzione del legislatore europeo.

4.8

Al fine di mettere ordine nella crescente eterogeneità delle iniziative che fanno capo al concetto di consumo collaborativo o partecipativo, vanno considerati quattro settori dell’economia della condivisione: da consumatore a consumatore (C2C), da consumatore a consumatore passando per un’impresa (C2B) da impresa a consumatore (B2C) e da impresa a impresa (B2B).

4.9

D’altro canto, si propone una categorizzazione secondo tre sistemi (11): sistemi basati sul prodotto, mercati di redistribuzione e stili di vita collaborativi.

4.10

Come è possibile constatare, qualunque ambito della vita quotidiana può essere oggetto di consumo collaborativo o partecipativo (12):

mobilità (carsharing, affitto e uso condiviso di veicoli, taxi, biciclette e posti di parcheggio, carpooling o occupazione dei posti vuoti delle auto con altri passeggeri che si dirigano verso la stessa destinazione),

efficienza energetica (uso condiviso degli apparecchi domestici),

alloggio e spazi per la coltivazione (affitto di abitazioni, uso condiviso di alloggi e orti urbani e rurali),

imprese (coworking o condivisione dello spazio ufficio),

comunicazioni (piattaforme per il telefono mobile in cui gli utenti possono comprare e vendere beni e servizi a persone che vivono nella stessa comunità),

lavoro (piccoli incarichi, assunzione di persone per compiti determinati, soluzioni a domicilio in cui si aggiudicano al migliore offerente compiti che vanno dall’appendere quadri al montare mobili),

cultura (bookcrossing o «giralibri», nonché baratto di libri, promozione di scambi culturali fra giovani di diversi paesi),

istruzione (comunità digitali per imparare le lingue),

tempo e capacità (banche del tempo),

tempo libero (condivisione di contenuti digitali),

finanze (prestiti fra privati, prestiti diretti di privati a piccole e medie imprese, crowdfunding o «finanziamento collettivo», crowdfunding for crowdbenefits, cioè finanziamento collettivo per il bene comune),

turismo (esperienze gastronomiche in case private e scambio peer to peer di generi alimentari),

arte, e anche mercatini di scambio e regalo di vestiti e oggetti per bambini, riparazione e riciclaggio di oggetti, fra le tante iniziative che si potrebbero aggiungere ma la cui analisi esaustiva esula dagli obiettivi del presente parere),

maggiore uso di energie rinnovabili condividendo se possibile l’energia in eccesso attraverso reti intelligenti.

4.11

In genere, basterebbe individuare quali beni, conoscenze e servizi presentino una capacità inutilizzata e possano essere condivisi in un quadro favorevole allo sviluppo del consumo collaborativo o partecipativo come quello che riunisce una situazione economica di debolezza persistente, una domanda crescente di sviluppo etico e sostenibile e una vita quotidiana in cui i cittadini sono sempre più interconnessi. Tutte queste condizioni sono presenti al momento attuale.

5.   Proposta di iniziative e strategia d’azione

5.1

Per i motivi su esposti, si esorta la Commissione europea a adottare misure di protezione dei consumatori affinché, a partire dagli studi necessari, possano essere elaborate le iniziative qui descritte.

5.2

Qui di seguito si passano in rassegna in modo schematico le linee di azione che si ritiene debbano far parte di una strategia per uno sviluppo ordinato del consumo collaborativo o partecipativo, in quanto misure a sostegno, integrazione e supervisione della politica di protezione dei consumatori portata avanti dagli Stati membri:

a)

definire il contesto giuridico e fiscale delle attività comprese nel concetto di consumo collaborativo o partecipativo, regolamentando e disciplinando, se del caso, aspetti come la responsabilità giuridica, l’assicurazione, i diritti di utilizzo, i diritti contro l’obsolescenza programmata (13), le imposte sulla proprietà, gli standard qualitativi, la definizione dei diritti e dei doveri, eventualmente l’eliminazione delle restrizioni e degli ostacoli al commercio intracomunitario e le possibili distorsioni dovute alla legislazione;

b)

educare, sensibilizzare e rendere consapevole la popolazione circa le iniziative di consumo collaborativo o partecipativo e i vantaggi individuali e collettivi che comportano; far conoscere gli aspetti vincolanti del quadro giuridico esistente in materia di prodotti condivisi (ad esempio il riciclaggio, il riutilizzo, la manutenzione e la sostenibilità);

c)

informare e fornire un orientamento ai consumatori e agli utenti per quanto riguarda una partecipazione responsabile alle iniziative, promuovendo i progetti pilota e le azioni sul consumo collaborativo;

d)

promuovere il consumo collaborativo o partecipativo a partire dalle esperienze del tipo di ShareableCities, i trasporti condivisi e altri ambiti come quelli relativi ai pasti, agli alloggi e ai lavori condivisi;

e)

incoraggiare strutture stabili creando spazi per lo sviluppo del consumo collaborativo o partecipativo, in particolare per quanto riguarda le tecnologie e le reti;

f)

potenziare ed estendere il consumo collaborativo o partecipativo attivando e rendendo più dinamiche le reti promosse;

g)

far partecipare le istituzioni europee ad iniziative di consumo collaborativo o partecipativo, sia in qualità di utenti sia mettendo a disposizione le proprie risorse;

h)

coinvolgere la società civile affinché svolga un ruolo attivo nell’accesso ai beni pubblici garantendo il massimo beneficio per la società e creando infrastrutture collettive condivise;

i)

si propone inoltre che la strategia di azione si svolga specificamente nei seguenti settori:

educativo: in ambito scolastico l’azione deve essere proattiva, ossia il lavoro realizzato coi bambini in tenera età deve essere finalizzato all’acquisizione e al consolidamento di capacità, abitudini e valori in linea con la creazione di iniziative di consumo collaborativo o partecipativo;

associativo nel mondo del consumo: le organizzazioni dei consumatori e degli utenti, costituite in reti, possono svolgere un duplice ruolo nella strategia, sia attivamente con il lancio di iniziative sia reattivamente partecipando alle stesse;

cooperativismo: il movimento cooperativo può diventare il principale alleato del consumo collaborativo o partecipativo, poiché le due sfere condividono principi e valori. Per questo, il movimento cooperativo può rafforzare le iniziative, sia in modo attivo che reattivo, ospitando nel proprio tessuto le reti di consumo collaborativo o partecipativo che risultino funzionali ai rispettivi obiettivi (14). Le cooperative di consumo e le cosiddette cooperative a chilometro zero (15) sono già una realtà;

cittadinanza: la popolazione adulta, e i cittadini in generale, ricercando e partecipando alle iniziative di consumo collaborativo o partecipativo di cui sono destinatari, possono esercitare un’azione reattiva che, in più, risulta utile per la loro realizzazione personale mediante l’integrazione e aiuta la coesione sociale per il fatto che si gode collettivamente dei beni comuni.

Bruxelles, 21 gennaio 2014

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Henri MALOSSE


(1)  http://www.web-strategist.com/blog/2013/07/27/collaborative-economy-industry-stats.

(2)  COM(2008) 397 final.

(3)  Botsman, Rachel. What's Mine is Yours: The Rise of Collaborative Consumption («Ciò che è mio è tuo: la nascita del consumo collaborativo»).

(4)  Studio realizzato da Carbonview Research per Campbell Mithun, 2012.

(5)  GU C 185 dell'8.8.2006, pag. 71.

(6)  GU C 271 del 19.9.2013, pag.18.

(7)  CESE 1904/2013, Durata di vita dei prodotti e informazione del consumatore (non ancora pubblicato in GU).

(8)  Albert Cañigueral www.consumocolaborativo.com.

(9)  Rachel Botsman parla di «capitale della reputazione» intendendo il valore della reputazione nelle comunità e sui mercati, nonché in termini di intenzioni, capacità e valori.

(10)  Studio «I consumatori europei in modo alternativo». Osservatorio Cetelem, 2013.

(11)  Rachel Botsman.

(12)  Alcuni elenchi di progetti di consumo collaborativo o partecipativo:

http://www.collaborativeconsumption.com/directory/

http://www.consumocolaborativo.com/directorio-de-proyectos/

http://consocollaborative.com/1704-100-sites-de-consommation-collaborative.html

http://collaboriamo.org/

http://www.kokonsum.org/plattformen

http://www.gsara.tv/~ouishare/.

(13)  Programmazione della fine della vita utile di un prodotto o di un servizio in modo che la sua concezione abbrevi la durata della sua capacità reale di funzionamento o utilità.

(14)  Salcedo Aznal, Alejandro — Cooperativismo 3.0 — 100 años de cooperativismo de consumidores y usuarios: historia y futuro («Cooperativismo 3.0 — Cento anni di cooperativismo di consumatori e utenti: storia e futuro»), pagg. 65-68. UNCCUE, 2013.

(15)  Cooperative di produzione o attività connesse con l'economia locale che riducono al minimo l'impatto dovuto alla distribuzione e al trasporto su lunghe distanze.


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