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Document 52007IE0610

    Parere del Comitato economico e sociale europeo su: La politica portuale comune nell'UE

    GU C 168 del 20.7.2007, p. 57–62 (BG, ES, CS, DA, DE, ET, EL, EN, FR, IT, LV, LT, HU, MT, NL, PL, PT, RO, SK, SL, FI, SV)

    20.7.2007   

    IT

    Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

    C 168/57


    Parere del Comitato economico e sociale europeo su: La politica portuale comune nell'UE

    (2007/C 168/12)

    Il Comitato economico e sociale europeo, in data 6 luglio 2006, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 29, paragrafo 2, del proprio Regolamento interno, di elaborare un parere su: La politica portuale comune nell'UE.

    La sezione specializzata Trasporti, energia, infrastrutture, società dell'informazione, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 22 marzo 2007, sulla base del progetto predisposto dal relatore SIMONS.

    Il Comitato economico e sociale europeo, in data 26 aprile 2007, nel corso della 435a sessione plenaria, ha adottato il seguente parere con 137 voti favorevoli, 2 voti contrari e 7 astensioni.

    1.   Conclusioni

    1.1

    Il presente parere d'iniziativa si concentra su aspetti della politica portuale europea sui quali le parti interessate dovrebbero poter raggiungere un consenso. Per questo motivo esso viene elaborato in stretta consultazione con le organizzazioni del settore portuale, che sono state invitate a manifestare il loro punto di vista durante due audizioni pubbliche svoltesi il 20 novembre 2006 e il 20 febbraio 2007 (1).

    1.2

    Le audizioni hanno confermato che una politica portuale comune nell'UE dovrebbe perseguire i seguenti obiettivi:

    a)

    assicurare lo sviluppo sostenibile della capacità dei porti e delle strutture connesse;

    b)

    predisporre un quadro chiaro e trasparente per il finanziamento degli investimenti nei porti;

    c)

    chiarire le procedure relative all'accesso al mercato dei servizi portuali;

    d)

    rimuovere le strozzature operative che ostacolano l'efficienza dei porti;

    e)

    promuovere condizioni e ambienti di lavoro favorevoli e sicuri, e instaurare relazioni di lavoro costruttive nei porti;

    f)

    promuovere la competitività globale e una percezione positiva dei porti.

    1.3

    Questi temi coincidono in larga misura con quelli presentati dalla Commissione europea nel processo di consultazione su una futura politica portuale europea, che è stato avviato dopo il ritiro delle due proposte di direttiva sull'accesso al mercato dei servizi portuali (2) e che dovrebbe concludersi entro il giugno 2007.

    1.4

    Il dibattito sulla direttiva riguardante l'accesso al mercato dei servizi portuali ha già offerto ampie informazioni su temi come il finanziamento dei porti e le procedure di accesso al mercato dei servizi portuali. I progressi compiuti in questi ambiti dovrebbero pertanto portare a risultati tangibili a breve scadenza.

    1.5

    Le strozzature operative, e in particolare quelle riguardanti le procedure amministrative e i collegamenti con l'hinterland, possono essere affrontate nel contesto di iniziative già avviate, quali i programmi per l'ammodernamento delle dogane, la liberalizzazione delle ferrovie e la navigazione interna (NAIADES). È una problematica che rientra anche nel contesto più ampio del riesame intermedio del Libro bianco sui trasporti (3) e della Comunicazione della Commissione sulla logistica (4).

    1.6

    L'Unione europea può favorire un livello elevato di affidabilità e sicurezza nei porti europei, offrendo un adeguato sostegno (finanziario) ai programmi d'istruzione e di formazione e assicurando l'effettiva applicazione della legislazione vigente in materia di sicurezza.

    1.7

    Grande importanza riveste lo sviluppo di una buona politica sociale nei porti. Essa deve essere messa a punto in stretta cooperazione con le parti sociali, che ne sono i principali responsabili. Importanti strumenti per una buona politica sociale che sia al servizio delle autorità nazionali e delle parti sociali sono le convenzioni OIL sul lavoro nei porti, che tra l'altro possono prestare anche un significativo contributo alla creazione di un contesto omogeneo (level playing field). La Commissione deve incoraggiare gli Stati membri a ratificare queste convenzioni.

    1.8

    L'UE può inoltre incoraggiare i giovani a impegnarsi in una carriera professionale nei porti adottando interventi analoghi a quelli intrapresi a favore della navigazione marittima. Una formazione nautica di alto livello contribuirà a garantire in futuro un numero sufficiente di ottimi piloti, capitani di porto e altri operatori professionali del settore portuale.

    1.9

    Inoltre un dialogo sociale europeo per i porti marittimi può apportare un valore aggiunto, a condizione che le organizzazioni europee rappresentative degli stakeholder si accordino su un'agenda di interesse comune.

    1.10

    Un dibattito di fondo sullo sviluppo sostenibile dei porti è vitale per la definizione di una politica portuale europea. I porti hanno una grande responsabilità sotto il profilo degli standard ambientali e dovrebbero essere incoraggiati a compiere ulteriori investimenti in questo campo. Nel frattempo è tuttavia risultato chiaro che i problemi sono imputabili in larga misura anche all'ambiguità della legislazione ambientale dell'UE.

    1.11

    Occorrerà un esame più approfondito per stabilire se programmi di assetto territoriale possano contribuire a creare una maggiore certezza giuridica e maggiori opportunità di sviluppo portuale. Al tempo stesso si deve riconoscere che i porti sono frequentemente ubicati vicino ad aree importanti sotto il profilo della conservazione della natura che devono essere preservate e di cui si deve tener conto nel considerare lo sviluppo portuale.

    1.12

    Al CESE sembra di capire che il concetto di «spazio comune marittimo europeo» contenuto nel Libro verde sulla politica marittima dell'UE si riferisca ad uno spazio marittimo virtuale. Se ciò corrisponde effettivamente alla visione della Commissione e se quest'ultima lo esprime chiaramente, il Comitato può approvare il concetto, a condizione che rispetti nelle acque internazionali (alto mare) la Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare (UNCLOS) e la Convenzione OMI compresa la «libertà di navigazione» e il «diritto di passaggio inoffensivo» all'interno della zona economica esclusiva.

    1.13

    Infine, l'UE dovrebbe sostenere il mantenimento della competitività dei porti dell'UE nel contesto globale, e incoraggiare iniziative dirette a ristabilire una percezione positiva dei porti, in modo da suscitare un ampio sostegno da parte dell'opinione pubblica. Ciò richiede un approccio innovativo che tenga conto del potenziale culturale, turistico e ricreativo delle città portuali.

    1.14

    Una politica portuale europea non presuppone necessariamente una nuova produzione legislativa. In particolare, la cosiddetta soft law  (5) può costituire un'alternativa valida sia alla legislazione sia ad un approccio caso per caso.

    1.15

    In linea generale, una politica portuale europea dovrebbe astenersi da un interventismo inutile, concentrandosi invece sui seguenti punti: a) applicare le norme del Trattato laddove necessario, b) assicurare che i porti adempiano adeguatamente al loro ruolo pubblico, c) incoraggiare comportamenti attenti al mercato e d) promuovere un'immagine pubblica positiva del settore. Ove necessario occorrerà rivedere quegli aspetti della vigente legislazione dell'UE che ostacolano lo sviluppo sano e sostenibile dei porti marittimi.

    2.   Le sfide con cui devono misurarsi i porti marittimi europei

    2.1

    La principale critica mossa alla proposta di direttiva sui servizi portuali era che non teneva conto degli sviluppi del mercato e delle sfide che essi rappresentavano per i porti europei, che cercava di imporre un unico modello valido per tutti in materia di gestione dei porti e che ignorava la componente sociale dei porti. Sono tutti aspetti che non dovranno essere trascurati quando si procederà a un'analisi più esauriente della politica portuale comune (6).

    2.2

    I porti marittimi costituiscono uno dei principali vettori di crescita nel settore dei trasporti dell'economia europea e ciò vale in particolare per il traffico di container. In varie regioni europee la loro capacità fa tuttavia difetto, provocando seri problemi di congestione (7).

    2.3

    Ciò impone di utilizzare in modo ottimale le attrezzature portuali esistenti e di sviluppare nuove capacità portuali (8) laddove necessario. Analogamente occorre garantire ai porti vie di accesso marittimo ottimali (dragaggio), e sviluppare infrastrutture nell'hinterland. Per ovvie ragioni i porti possono essere ubicati solo nelle regioni costiere, estuari compresi, dove lo spazio è oggetto di una concorrenza feroce. I porti sono consapevoli del loro impatto sull'ambiente e negli anni passati hanno compiuto notevoli investimenti per raggiungere elevati standard di qualità ambientale. Ciò tuttavia non impedisce che i porti marittimi incontrino resistenze da parte delle amministrazioni cittadine e delle comunità locali, che tendono a concentrarsi sulle esternalità negative dei porti e non sono sempre consapevoli del valore aggiunto e degli aspetti positivi ad essi legati. Per di più l'incertezza giuridica generata dalla legislazione dell'UE sulla conservazione della natura è fonte di ulteriori tensioni nell'attuazione di progetti fondamentali di sviluppo portuale provocando gravi ritardi.

    2.4

    Lo sviluppo della capacità portuale richiede forti investimenti, e le limitazioni imposte ai bilanci pubblici rendono indispensabile ricorrere ai capitali privati per finanziare le infrastrutture e le sovrastrutture portuali, richiedendo un impegno di lungo periodo degli investitori privati nei porti.

    2.5

    Oltre che da una forte crescita, il settore portuale europeo è anche caratterizzato da processi di globalizzazione e di consolidamento. I porti marittimi europei operano con spedizionieri appartenenti a gruppi internazionali e sono inoltre sorti grandi gruppi di operatori di terminal che attualmente offrono i loro servizi in numerosi porti europei (9).

    2.6

    La concorrenza fra i porti europei dovrebbe concentrarsi sulle catene logistiche (10). La tradizionale divisione dei compiti all'interno della catena logistica è sempre meno netta a causa delle strategie d'integrazione verticale. I porti europei si trovano a competere sempre più spesso con operatori all'interno delle catene di fornitura e sono diventati la sede naturale di servizi logistici. I porti marittimi hanno bisogno che tutti i modi di trasporto funzionino in modo ottimale.

    2.7

    Dato che i porti marittimi sono snodi intermodali, la loro efficienza dipende molto dall'efficienza dei servizi offerti sia nell'hinterland, sia nelle zone costiere. I porti marittimi sono inoltre località ideali per effettuare controlli di frontiera sulla sicurezza delle navi, la sicurezza in generale, questioni doganali, la salute pubblica, la qualità ambientale, le prestazioni sociali, le condizioni a bordo, ecc. Molti di questi controlli sono propri del settore marittimo e non sono sempre coordinati e armonizzati adeguatamente.

    2.8

    Per effetto degli sviluppi testé illustrati, in molti casi gli enti di gestione dei porti stanno rivedendo il loro ruolo tradizionale di autorità portuale nel quadro dei processi di riforma.

    3.   Temi per una politica portuale comune nell'UE

    3.1

    Come precedentemente indicato, la politica portuale comune dell'UE dovrebbe anzitutto perseguire l'obiettivo di stimolare la crescita sostenibile, creare un clima favorevole agli investimenti nei porti, accrescere la certezza normativa, ottimizzare l'integrazione dei porti nella catena di fornitura, rafforzare la competitività globale, nonché assicurare una politica sociale valida e rapporti di lavoro costruttivi, in modo che questi aspetti contribuiscano a un'immagine positiva dei porti, rendendoli attraenti come luoghi di lavoro.

    3.2

    Quest'obiettivo generale può essere suddiviso in sei aree tematiche, riconosciute anche dalla Commissione europea:

    a)

    assicurare lo sviluppo sostenibile dei porti e delle strutture connesse;

    b)

    creare un quadro normativo chiaro e trasparente per il finanziamento degli investimenti portuali;

    c)

    chiarire le procedure per l'accesso al mercato dei servizi portuali;

    d)

    rimuovere le strozzature operative che ostacolano l'efficienza dei porti;

    e)

    favorire un funzionamento operativo sicuro e affidabile e condizioni di lavoro ottimali nei porti;

    f)

    promuovere la competitività globale e una percezione positiva dei porti.

    I capitoli che seguono approfondiscono queste aree tematiche.

    4.   Assicurare lo sviluppo sostenibile della capacità dei porti e delle strutture connesse

    4.1

    I porti sono spesso ubicati in prossimità di aree di notevole importanza e significato per la conservazione della natura. Conciliare valori ecologici ed economici si è rivelato essere per molti porti un difficile esercizio di apprendimento, che spesso è sfociato in situazioni conflittuali. I porti marittimi europei hanno tuttavia compiuto notevoli progressi per raggiungere elevati standard di qualità ambientale e migliorare la gestione ambientale (11), e nel corso degli anni sono riusciti a sviluppare accordi costruttivi con ONG e stakeholder locali che hanno portato a soluzioni vincenti sia per l'ambiente naturale che per i porti.

    4.2

    Le incertezze giuridiche legate all'applicazione della legislazione relativa alla conservazione della natura continuano tuttavia a causare notevoli ritardi a molti progetti. Si riconosce in generale che questi ritardi sono dovuti in larga misura alle ambiguità della legislazione UE vigente in materia, fra cui le direttive riguardanti gli uccelli selvatici e gli habitat naturali e la direttiva quadro sull'acqua. La definizione di concetti essenziali resta vaga (12) dando luogo a interpretazioni divergenti nei vari Stati membri.

    4.3

    La Commissione può contribuire a porre rimedio a questa situazione fornendo indicazioni su come interpretare la legislazione in vigore. Al tempo stesso dovrebbe invitare i porti marittimi europei ad assumersi le proprie responsabilità nel campo della gestione ambientale, per esempio incoraggiando la diffusione delle migliori pratiche attraverso iniziative, come Ecoports (13), imperniate su singoli settori.

    4.4

    Tuttavia anche la scarsa attenzione prestata ai fattori economici e i conflitti con i regimi giuridici preesistenti, applicabili a zone designate per lo sviluppo portuale dallo stesso quadro normativo, sono fonte di notevoli problemi. Lo sviluppo sostenibile comporta un equilibrio fra esigenze economiche, sociali ed ambientali, equilibrio che attualmente non è stato ancora del tutto raggiunto.

    4.5

    Le lacune di fondo dell'attuale legislazione ambientale dell'UE sono state evidenziate in uno studio recente, patrocinato dalla Commissione europea nel quadro del suo progetto Piattaforma per il coordinamento dei trasporti marittimi (MTCP) (14). Lo studio elenca anche una serie di raccomandazioni concrete sulle politiche da seguire per accrescere la sicurezza giuridica dei progetti di sviluppo portuale, compresa la creazione di una rete coerente di zone strategiche per lo sviluppo portuale.

    4.6

    Nel suo recente Libro verde sulla politica marittima (15) la Commissione europea introduce l'idea di pianificazione spaziale delle attività marittime (16), che, insieme a una gestione integrata delle zone costiere, a quanto sembra nelle acque territoriali, mira a controllare la concorrenza crescente fra attività marittime per l'utilizzazione delle acque costiere europee e a offrire una maggiore certezza giuridica.

    4.6.1

    L'idea di considerare l'UE come un unico Stato ai fini doganali e amministrativi non può che essere accolta con favore, a condizione che nelle acque internazionali (alto mare) essa rispetti la Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare (UNCLOS) e la Convenzione OMI, compresa la «libertà di navigazione» e il «diritto di passaggio inoffensivo» all'interno della zona economica esclusiva. Al CESE sembra di capire che il concetto di «spazio comune marittimo europeo» contenuto nel Libro verde sulla politica marittima dell'UE si riferisca ad uno spazio marittimo virtuale caratterizzato da una semplificazione delle formalità amministrative e doganali per i servizi marittimi intracomunitari, che saranno assoggettati ad un regime analogo a quello in vigore nel mercato interno per i trasporti stradali, ferroviari o la navigazione interna. Se ciò corrisponde effettivamente alla visione della Commissione e se quest'ultima lo esprime chiaramente, il Comitato può approvare l'idea (17).

    4.7

    Infine, l'attuale approccio relativo ai porti marittimi nel contesto delle Reti transeuropee di trasporto (TEN-T) potrebbe essere riveduto per garantire un maggiore sostegno europeo a progetti per infrastrutture vitali nell'hinterland che risultino importanti per i porti. I progetti che presentano un interesse comune nel quadro delle TEN-T possono essere considerati di rilevante interesse pubblico sotto il profilo della normativa ambientale (18), dato che i progetti TEN-T soddisfano già criteri ambientali.

    4.8

    Le soluzioni illustrate sopra non dovrebbero tuttavia tradursi in una pianificazione centralizzata dei porti a livello dell'UE, né sfociare in politiche rigorose di pianificazione dei porti a livello nazionale. Sostanzialmente dovrebbero promuovere il principio «dal basso verso l'alto», in base al quale le proposte relative a progetti andrebbero definite dall'ente di gestione del porto di concerto, a seconda dei casi, con gli enti regionali o nazionali e tenendo conto di valutazioni economiche obiettive che rispondono a standard metodologici comuni e rispettano il quadro normativo applicabile.

    5.   Creare un quadro normativo chiaro e trasparente per il finanziamento degli investimenti portuali

    5.1

    I cospicui investimenti necessari per i porti marittimi presuppongono un chiaro quadro normativo in materia finanziaria a livello dell'Unione europea. In particolare occorre assicurare la certezza normativa sulle condizioni per la concessione di finanziamenti pubblici nei porti evitando al tempo stesso distorsioni di concorrenza. Le opinioni convergono nel ritenere che il sistema migliore per realizzare questo obiettivo consisterebbe in linee guida sugli aiuti di Stato.

    5.2

    Esse dovrebbero soprattutto servire a chiarire le disposizioni del Trattato UE sugli aiuti di Stato (segnatamente gli articoli 73, 86, 87 e 88) applicabili ai porti. Dovrebbero indicare in quali casi un finanziamento vada considerato come un aiuto di Stato e debba essere notificato alla Commissione in vista di un suo esame. Se tale aiuto soddisfa i criteri di esenzione previsti dal Trattato, la Commissione potrà dichiararlo compatibile col Trattato stesso.

    5.3

    Si ammette generalmente che il finanziamento pubblico delle attività e degli investimenti indicati qui di seguito non vada considerato come aiuto di Stato, e che pertanto gli Stati membri non debbano notificare tali progetti di finanziamento alla Commissione:

    a)

    fornitura e gestione (compresa la manutenzione) delle infrastrutture, situate al di fuori della zona portuale, che collegano il porto alle vie di accesso terrestri e marittime. La manutenzione delle vie di accesso marittime comprende le operazioni di dragaggio e i servizi rompighiaccio per mantenere aperte tali vie;

    b)

    compensazione per le attività dell'ente di gestione del porto che non sono di natura economica e che normalmente rientrano nelle normali competenze dell'ente di gestione del porto per l'esercizio delle sue prerogative ufficiali in quanto pubblica autorità sia all'interno che all'esterno del porto.

    5.4

    La fornitura e la gestione delle infrastrutture portuali costituiscono tuttavia una problematica più complessa. In proposito si può distinguere tra, da un lato, le infrastrutture di accesso e di protezione e, dall'altro, le infrastrutture portuali interne. Le prime possono essere definite come tutte quelle infrastrutture che consentono l'accesso al porto via terra e via mare, ivi compreso l'accesso marittimo e le opere di protezione, i collegamenti terrestri ai servizi pubblici di trasporto e le infrastrutture per i servizi necessari nella zona portuale. Le infrastrutture portuali interne possono invece essere definite come tutti quegli edifici civili della zona portuale che servono ad agevolare la fornitura di servizi per le navi e per i cargo.

    5.5

    Un fattore importante in tale ambito consiste nello stabilire se l'infrastruttura portuale sia nell'interesse generale del porto stesso, oppure sia specificamente riservata ad un utente od operatore particolare. Le linee guida dovrebbero introdurre una distinzione utile ai fini pratici.

    5.6

    Vi è un consenso sugli aiuti pubblici concessi per la creazione e la gestione delle sovrastrutture portuali, ad es. i dispositivi di superficie, gli edifici e le attrezzature mobili e fisse necessarie per la prestazione dei servizi. Il finanziamento pubblico in questi ambiti viene generalmente considerato aiuto di Stato.

    5.7

    Ammettendo che sia possibile operare una distinzione chiara fra investimenti e attività, a prescindere dal fatto che essi beneficino o meno di finanziamenti nel quadro delle disposizioni sugli aiuti di Stato, sembra logico seguire il principio secondo cui l'ente di gestione del porto dovrebbe godere di piena autonomia finanziaria per ripercuotere sugli utenti il costo degli investimenti e delle attività che non beneficiano di aiuti di Stato ammissibili.

    5.8

    Analogamente, la direttiva sulla trasparenza (19) dovrebbe essere modificata in modo tale da essere applicabile a tutti i porti. In questo modo gli enti di gestione dei porti sarebbero tenuti a indicare i flussi dei finanziamenti pubblici nella loro contabilità e a tenere bilanci distinti qualora forniscano sia servizi di pubblico interesse che normali servizi di natura economica. Quest'ultimo punto è particolarmente importante, data la possibilità di ottenere finanziamenti pubblici in compensazione degli obblighi di servizio pubblico.

    6.   Chiarire le procedure riguardanti l'accesso al mercato dei servizi portuali

    6.1

    Alla luce delle esperienze relative alle due proposte legislative della Commissione europea sull'accesso al mercato dei servizi portuali, può essere utile fornire linee guida sulla base del quadro normativo vigente nell'UE ed esaminare quali strumenti potrebbero essere utili ai porti e come dovrebbero essere applicati.

    6.2

    Per numerosi porti, anziché disposizioni legislative, sarebbero molto utili linee guida o raccomandazioni sull'uso delle procedure di selezione, quali gare d'appalto e altri strumenti accettabili, le condizioni per le concessioni e il leasing fondiario, ecc.

    6.3

    Tali linee guida possono essere anche utili per chiarire lo status giuridico di quei servizi (per es. alcuni aspetti del compito di pilotaggio) che fungono da servizi pubblici, per esempio per la sicurezza generale dei porti.

    7.   Rimuovere le strozzature operative che ostacolano l'efficienza dei porti

    7.1

    Oltre ai problemi strutturali relativi alla mancanza di un'adeguata capacità infrastrutturale, già citati sopra, vengono spesso segnalate strozzature di carattere più operativo che ostacolano l'efficienza dei porti. In generale, esse emergono (a) nella burocrazia amministrativa, nei controlli e nelle ispezioni e (b) per le inefficienze nei trasporti da e verso l'hinterland.

    7.2

    C'è una convergenza di vedute sulla necessità che l'UE compia ulteriori progressi nella modernizzazione delle dogane (20) e faccia in modo che le sue politiche riguardanti le dogane, la sicurezza marittima, la sicurezza in generale, la salute pubblica e la qualità ambientale siano adeguatamente coordinate e armonizzate e non trasferiscano indebitamente ai porti delle competenze che spettano ai pubblici poteri.

    7.3

    L'idea di uno «spazio marittimo comune» suggerita dalla Commissione potrebbe contribuire ad assicurare che sotto il profilo delle procedure amministrative e doganali i servizi di trasporto marittimo a corto raggio ricevano un trattamento più in linea con quello riservato ai trasporti terrestri, non dovrebbe tentare di introdurre nelle acque internazionali dell'UE (alto mare) restrizioni legislative che contraddicono il principio della libertà di navigazione e il diritto di passaggio inoffensivo o impongono restrizioni non compatibili con le norme e regolamentazioni internazionali. L'idea di considerare l'UE come un unico Stato ai fini amministrativi e doganali è senz'altro ben accetta. Al CESE sembra di capire che il concetto di «spazio marittimo comune europeo» si riferisca ad uno spazio marittimo virtuale caratterizzato da una semplificazione delle formalità amministrative e doganali per i servizi marittimi intracomunitari che verranno assoggettati ad un regime simile a quello dei trasporti stradali o ferroviari nel mercato interno.

    7.4

    Inoltre, la Commissione dovrebbe intensificare gli sforzi per rimuovere le strozzature rimaste nell'entroterra attuando il programma NAIADES per la navigazione interna, i «pacchetti ferroviari» e le politiche per l'efficienza del trasporto stradale. Si tratta peraltro di modi di trasporto per i quali la politica sociale non va dimenticata, né deve formare solo oggetto di attenzione minima, cosa che, ad esempio, è purtroppo avvenuta in documenti recenti della Commissione sulla navigazione interna (Riesame intermedio del Libro bianco sui trasporti; Programma NAIADES).

    8.   Promuovere condizioni di lavoro corrette e sicure nonché rapporti di lavoro costruttivi nei porti europei

    8.1

    L'efficacia delle attività portuali dipende da elementi quali l'affidabilità e la sicurezza che, malgrado i progressi tecnologici, sono determinati in larga misura dal fattore umano. Di qui la necessità di disporre, nei porti, di una forza lavoro qualificata e ben formata in grado di fornire tutti i servizi e di effettuare tutti i compiti sia a terra che a bordo delle navi. Questa esigenza vale indipendentemente dal regime di proprietà — pubblico o privato — dei porti e dei fornitori dei servizi portuali.

    8.2

    Un ruolo importante ai fini della realizzazione e del mantenimento di tali competenze spetta alle parti sociali. È quindi opportuno che al livello europeo la Commissione ne sostenga gli sforzi facilitando il dialogo sociale.

    8.3

    I porti europei hanno la responsabilità di mantenere elevati standard di affidabilità e di sicurezza. L'Unione europea può favorirli offrendo un adeguato sostegno (finanziario) a programmi di istruzione e formazione e assicurando l'effettiva applicazione della legislazione vigente in materia di sicurezza. L'Unione europea può inoltre incoraggiare i giovani a impegnarsi in una carriera professionale nei porti, adottando interventi analoghi a quelli intrapresi per attirare i giovani verso le professioni marittime. Quest'ultimo fattore ha un impatto anche sul lavoro nei porti. Una formazione nautica di alto livello contribuirà a garantire in futuro un numero sufficiente di ottimi piloti, capitani di porto e altri operatori professionali del settore portuale.

    8.4

    Per una buona politica portuale è essenziale mantenere relazioni industriali costruttive. Anche in questo ambito la Commissione deve creare condizioni quadro favorevoli in stretta concertazione con i governi degli Stati membri.

    8.4.1

    In quest'ottica la Commissione dovrebbe pronunciarsi in merito alla compatibilità delle convenzioni 137 e 152 dell'OIL sul lavoro nei porti con i principi del Trattato e con l'acquis comunitario, prima di chiedere agli Stati membri di ratificarle.

    8.5

    Per creare condizioni di lavoro ottimali nei porti e un clima sociale positivo in generale, è essenziale un adeguato dialogo sociale. Tale dialogo esiste nella maggior parte dei porti europei e dovrebbe essere introdotto laddove non esiste ancora. Se le organizzazioni europee rappresentative degli stakeholder si accordano su un'agenda comune, tale dialogo può anche creare un valore aggiunto a livello europeo.

    9.   Promuovere la competitività globale e ristabilire una percezione positiva dei porti

    9.1

    Data l'importanza vitale dei porti per l'Europa, l'Unione europea ha il compito di promuovere la competitività globale e un'immagine positiva del settore portuale, anzitutto affrontando i problemi sopraelencati, ma anche attuando gli interventi specifici citati nel presente capitolo.

    9.2

    Attraverso la sua politica in materia di relazioni esterne l'UE dovrebbe prestare un'attenzione particolare ai casi di concorrenza sleale da parte di porti situati in paesi terzi limitrofi, specie nelle zone del Mar Baltico, del Mar Nero e del Mediterraneo.

    9.3

    L'Unione europea dovrebbe anche ristabilire una percezione positiva dei porti fra i cittadini europei, evidenziando il valore aggiunto che essi offrono per il commercio, il benessere, la coesione e la cultura in Europa, in modo da indurre un atteggiamento più favorevole dell'opinione pubblica nei confronti dei porti europei.

    9.4

    Infine, l'UE può stimolare la cooperazione e lo scambio di buone pratiche e di innovazioni fra i porti appoggiando progetti di ricerca pragmatici, non teorici e promossi dall'industria.

    Bruxelles, 26 aprile 2007

    Il Presidente

    del Comitato economico e sociale europeo

    Dimitris DIMITRIADIS


    (1)  Alle audizioni sono state invitate le seguenti organizzazioni:

    European Association for Forwarding, Transport, Logistic and Customs Services (CLECAT), European Community Shipowners' Association (ECSA), European Community Association of Ship Brokers and Agents (ECASBA) [Associazione Europea degli Agenti Marittimi], European Shippers' Council (ESC) [Consiglio Europeo degli Spedizionieri], Association of European Chambers of Commerce and Industry (EUROCHAMBRES) [Associazione delle Camere di Commercio europee], European Maritime Pilots' Association (EMPA) [Associazione europea dei piloti marittimi], European Boatmen's Association (EBA) [Associazione europea della nautica da diporto], European Tugowners Association (ETA), European Transport Workers' Federation (ETF) [Federazione europea dei lavoratori dei trasporti], International Docker's Council (IDC) [Organizzazione mondiale dei lavoratori portuali], European Sea Ports Organisation (ESPO) [Organizzazione europea dei porti marittimi], European Federation of Inland Ports (EFIP) [Federazione europea dei porti interni], Federation of European Private Port Operators (FEPORT) [Federazione europea degli operatori portuali privati] European Harbour Masters'committee (EHMC) [Comitato europeo dei capitani di porto]., Federation of European Tank Storage Associations (FETSA) [Federazione Europea Costieristi Indipendenti], EUROGATE GmbH dco KgaA, KG e Federal Association of German Seaport Operators [Associazione federale degli operatori portuali tedeschi].

    (2)  Cfr. i seguenti due pareri del CESE sull'argomento: Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sull'accesso al mercato dei servizi portuali (GU C 48 del 21.2.2002, pagg. 122-129) e Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sull'accesso al mercato dei servizi portuali (COM(2004) 654 def. — 2004/0240 (COD)), GU C 294 del 25.11.2005, pagg. 25-32.

    Cfr. inoltre il parere del CESE in merito alla Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo sulla formazione professionale e l'arruolamento della gente di mare (GU C 80 del 3.4.2002, pagg. 9-14) e il parere del CESE sul tema La futura accessibilità dell'Europa via mare: anticipare gli sviluppi (GU C 157 del 28.6.2005 pagg. 141-146,).

    (3)  Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento Europeo — Mantenere l'Europa in movimento — Una mobilità sostenibile per il nostro continente — Riesame intermedio del Libro bianco sui trasporti pubblicato nel 2001 dalla Commissione europea, COM(2006) 314 def.

    (4)  Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento Europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — La logistica delle merci in EuropaLa chiave per una mobilità sostenibile, COM(2006) 336 def.

    (5)  Per soft law si intendono regole di comportamento previste da strumenti che non sono giuridicamente vincolanti ma che possono avere effetti giuridici indiretti e sono destinati a produrre effetti pratici: si tratta ad esempio di comunicazioni interpretative, linee guida e codici di comportamento.

    (6)  Per un quadro più completo degli sviluppi del mercato e delle sfide che essi comportano cfr. ESPO e ITIMMA, Factual Report on the European Port Sector, 2004.

    (7)  Per un'analisi recente cfr.: Ocean Shipping Consultants, The European and Mediterranean Container port Markets to 2015, 2006.

    (8)  Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema La futura accessibilità dell'Europa via mare: anticipare gli sviluppi, GU C 157 del 28.6.2005, pagg. 141-146.

    (9)  Ciò avviene soprattutto nel settore del trasporto containerizzato, in cui già nel 2002 il 70 % del mercato era controllato da sei grandi operatori (ESPO e ITIMMA, pag. 38), ma il fenomeno è presente anche nei settori delle rinfuse e delle merci varie.

    (10)  Per maggiori dettagli cfr. il parere TEN/262 del CESE in merito alla Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni La logistica delle merci in Europala chiave per una mobilità sostenibile, COM(2006) 336 def.

    (11)  Per un quadro d'insieme cfr. per es. ESPO Environmental Survey 2004Review of European Performance in Port Environmental Management

    (12)  Ad esempio, la direttiva europea riguardante la conservazione degli uccelli selvatici e la direttiva Habitat danno luogo a interpretazioni divergenti circa le valutazioni appropriate, gli accordi preesistenti, l'analisi delle alternative, i cosiddetti «motivi imperativi di rilevante interesse pubblico», gli obblighi di compensazione, ecc.

    (13)  Il progetto Ecoports sostenuto dalla Commissione è durato fino al 2005 e ha incoraggiato i responsabili dei porti all'autoregolamentazione in materia ambientale. Questo tipo di lavoro viene ora svolto dalla Ecoports Foundation (www.ecoports.com)

    (14)  E. Van Hoydonk, Rapporto della MTCP (Maritime Transport Coordination Platform) riguardante l'impatto della legislazione UE sulle vie navigabili e sui porti, 2006.

    (15)  Libro verde Verso una politica marittima dell'Unione: una visione europea degli oceani e dei mari, COM(2006) 275 def.

    (16)  Secondo il Libro verde, la pianificazione spaziale delle attività marittime ha un ruolo chiave nel ridurre la vulnerabilità delle aree marittime e costiere. Un sistema globale di pianificazione spaziale potrebbe contribuire alla definizione di un ambiente normativo stabile per i settori in cui vanno fatti consistenti investimenti che incidono sull'insediamento delle attività economiche. Coordinare tutte le attività marittime mediante una pianificazione dello spazio marittimo potrebbe contribuire a garantire uno sviluppo sostenibile delle regioni costiere sotto il profilo economico ed ambientale.

    (17)  Cfr. TEN/255 Parere in merito al Libro verde Verso una politica marittima dell'Unione: una visione europea degli oceani e dei mari (GU C 93 del 27.4. 2007).

    (18)  Come raccomandato nel summenzionato rapporto della MTCP.

    (19)  Direttiva 1980/723/CEE, modificata dalla direttiva 2000/52/CE.

    (20)  Sono state presentate varie proposte intese ad ammodernare le dogane, fra cui due proposte legislative per la revisione del Codice doganale e il Programma d'azione Dogana 2013:

    http://ec.europa.eu/taxation_customs/customs/policy_issues/customs_strategy/index_en.htm


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