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Document 52006DC0712

Green - Paper Diplomatic and consular protection of Union citizens in third countries

52006DC0712




[pic] | COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE |

Bruxelles, 28.11.2006

COM(2006)712 definitivo

LIBRO VERDE

La protezione diplomatica e consolare dei cittadini dell'Unione nei paesi terzi

(presentato dalla Commissione)

1. INTRODUZIONE

1.1. A norma dell'articolo 20 del trattato che istituisce la Comunità europea (di seguito CE), se un cittadino dell'Unione si trova in un paese terzo nel quale lo Stato membro di cui ha la cittadinanza non dispone di un'ambasciata o di un posto consolare, può godere della tutela da parte delle autorità diplomatiche e consolari di qualsiasi Stato membro ivi rappresentato, alle stesse condizioni dei cittadini di detto Stato.

La decisione 95/553/CE[1] contiene un elenco degli interventi possibili degli Stati membri, in casi quali:

- arresto o detenzione;

- incidente o malattia grave;

- l'atto di violenza subito dal cittadino;

- il decesso del cittadino;

- l'aiuto al cittadino in difficoltà o

- il suo rimpatrio.

La decisione prevede inoltre alcune procedure in relazione agli anticipi pecuniari che possono essere concessi ai cittadini in difficoltà.

L'elenco che precede non è esaustivo. La decisione precisa che, sempreché siano competenti, le rappresentanze diplomatiche o consolari degli Stati membri possono venire in aiuto anche in altri casi al cittadino dell'Unione che lo richieda.

Inoltre, in particolare al fine di organizzare scambi di informazioni sulle buone pratiche nazionali, in seno al Consiglio dell'UE è stato istituito un gruppo di lavoro per la cooperazione consolare ("COCON"), che nel giugno 2006 ha elaborato delle linee direttrici sulla tutela dei cittadini dell'UE nei paesi terzi[2]. Non vincolanti, le linee direttrici sottolineano l'importanza dello scambio di informazioni tra gli Stati membri per una stretta cooperazione, cui sono associate le delegazioni della Commissione.[3].

1.2. Numerose ragioni portano la Commissione a presentare una serie di percorsi di riflessione per rafforzare la protezione dei cittadini in tale settore:

- l'articolo 46 della Carta dei diritti fondamentali, proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000, ha sancito il diritto alla protezione consolare e diplomatica come uno dei diritti fondamentali del cittadino europeo;

- la decisione 95/553/CE prevede che ne sia fatto un riesame a cinque anni dalla sua entrata in vigore, avvenuta nel maggio 2002;

- nel 2007 la Commissione presenterà la quinta relazione sulla cittadinanza dell'Unione, in cui potrebbero essere annunciate iniziative relative al diritto alla protezione diplomatica e consolare;

- la comunicazione della Commissione del giugno 2006 sull'attuazione del programma dell'Aia[4] ha presentato alcuni suggerimenti relativi alla protezione diplomatica e consolare;

- la necessità di definire i rapporti tra la protezione consolare e diplomatica e gli altri settori (protezione civile, interventi in occasione di crisi, aiuti umanitari), evidenziata dalla relazione presentata il 9 maggio 2006, dal sig. Michel Barnier[5] (di seguito la "relazione Barnier").

1.3. La protezione diplomatica e consolare può riguardare casi individuali o collettivi.

1.4. Per affrontare situazioni di crisi, come catastrofi naturali, atti di terrorismo, pandemie o conflitti militari, l'Unione si è dotata di diversi strumenti:

- il meccanismo di protezione civile, che può intervenire all'interno e all'esterno dell'Unione;

- gli aiuti umanitari alle popolazioni civili colpite da una catastrofe nei paesi terzi;

- strumenti specifici per affrontare situazioni di gestione di crisi come il meccanismo di reazione rapida;

- missioni civili di gestione delle crisi nel quadro della Politica estera di sicurezza e di difesa.

Tutti questi strumenti richiedono una stretta cooperazione tra il Consiglio e la Commissione, per garantire la coerenza delle attività esterne dell'Unione e dei suoi Stati membri.

I settori di intervento menzionati possono essere utilmente integrati da un rafforzamento della protezione dei cittadini prevista dall'articolo 20 CE.

1.5. L'articolo 20 CE assume un'importanza particolare per il massiccio aumento dei viaggi dei cittadini dell'Unione verso i paesi terzi[6], e per il crescente numero di cittadini UE che fissa la propria residenza in tali paesi. Va ricordato che non tutti gli Stati membri dispongono di una rappresentanza permanente ed accessibile in ciascuno dei paesi terzi.

Attualmente, sono solo tre i paesi in cui gli Stati membri sono tutti rappresentati: la Repubblica popolare cinese, la Federazione russa e gli Stati Uniti d'America, e su 167 paesi terzi se ne contano 107 in cui è rappresentato un massimo di 10 Stati membri[7]. Tale situazione è risultata particolarmente evidente quando si è verificato lo tsunami che ha colpito le regioni del sud-est asiatico alla fine del 2004 ed è apparso che la maggior parte degli Stati membri non disponevano di un ufficio di rappresentanza nei diversi paesi colpiti dalla catastrofe. Infatti, in Thailandia sono rappresentati 17 Stati membri, mentre soltanto 6 sono rappresentati nello Sri Lanka e 3 nel Brunei. Analogamente, in occasione del conflitto del Libano del luglio 2006 si è constatato che non tutti gli Stati membri disponevano di una rappresentanza permanente e accessibile sul posto. Al contrario, la relazione Barnier ha dimostrato che la presenza europea – per mezzo delle delegazioni della Commissione europea – è garantita in quei paesi in cui le rappresentanze nazionali sono talvolta molto scarse. Pur non disponendo di competenze consolari, le delegazioni potrebbero essere coinvolte in uno sforzo comune di condivisione delle risorse.

1.6. Dinanzi ai limiti delle reti consolari e diplomatiche degli Stati membri, l'acquis comunitario risulta scarsamente sviluppato, dal momento che è limitato alla decisione 95/553/CE e agli scambi di informazioni tra gli Stati membri nell'ambito del COCON.

I cittadini chiedono tuttavia un rafforzamento della dimensione europea. A questo proposito, un recente sondaggio di Eurobarometro[8] ha dimostrato che, se da un lato i cittadini europei non conoscono i propri diritti, al tempo stesso in questo campo hanno grandi aspettative nei confronti dell'Europa. Inoltre, è interessante notare che la metà delle persone residenti nell'Unione europea intende recarsi in un paese terzo nei prossimi tre anni e che solamente il 23% degli interpellati dichiara di essere a conoscenza delle possibilità offerte dall'articolo 20 del trattato CE, mentre il 17% pensa che sia possibile ricevere protezione dalle delegazioni della Commissione.

Infine, nella comunicazione al Consiglio europeo del 10 maggio 2006 "Un’agenda dei cittadini"[9], la Commissione ha evidenziato che l'Unione deve da un lato sviluppare la cooperazione consolare per tutelare al meglio i cittadini dell’UE nei paesi terzi e dall'altro dare a ciascun cittadino europeo la possibilità di conoscere e esercitare pienamente i suoi diritti.

La Commissione propone alcuni percorsi per migliorare l'informazione dei cittadini e per riflettere sulla portata della protezione che è opportuno offrire loro, sulle strutture e sulle risorse di cui l'Unione dovrebbe disporre in materia e sui rapporti da sviluppare con le autorità dei paesi terzi.

2. INFORMARE I CITTADINI

È INDISPENSABILE GARANTIRE UNA MIGLIORE INFORMAZIONE DEI CITTADINI IN MATERIA DI PROTEZIONE CONSOLARE.

A questo scopo la Commissione suggerisce numerose misure, alcune a breve termine, altre che richiedono una presa di decisioni più complessa a livello europeo.

2.1. Informazione sul diritto alla protezione diplomatica e consolare

Le istituzioni e gli Stati membri dovrebbero garantire l'informazione periodica dei cittadini e degli operatori professionali coinvolti nel trasporto delle persone, come le agenzie di viaggi.

Alcuni esempi possibili sono la diffusione di opuscoli informativi, l'affissione di manifesti in luoghi come gli aeroporti, i porti, le stazioni o gli uffici di rilascio dei passaporti, l'informazione sul sito "Europa" e sul sito internet delle delegazioni della Commissione nei paesi terzi. Un altro esempio è costituito dalla possibilità di telefonare o inviare messaggi di posta elettronica a EUROPE DIRECT[10], permettendo ai cittadini di rivolgere domande in materia di protezione consolare e diplomatica nei paesi terzi.

Azioni suggerite:

- Diffusione di opuscoli, anche negli ambienti professionali coinvolti.

- Diffusione di informazioni sul sito "Europa" e sul sito internet delle delegazioni della Commissione nei paesi terzi.

- Affissione di manifesti negli aeroporti, nei porti, nelle stazioni o altri luoghi opportuni.

- Servizi di informazione ai cittadini.

2.2. Informazioni sulle rappresentanze degli Stati membri nei paesi terzi

In mancanza di un'ambasciata o di un consolato del proprio paese, nel paese terzo in cui è diretto il cittadino deve disporre di informazioni sulle ambasciate e i consolati degli altri Stati membri.

La Commissione ritiene che potrebbe venirle affidato il compito di gestire questa attività informativa, con l'assistenza degli Stati membri. A questo fine, gli Stati membri potrebbero essere invitati a fornire alla Commissione un elenco aggiornato di tutte le loro ambasciate e i loro consolati nei paesi terzi, con i recapiti necessari.

Azione suggerita:

- pubblicazione e aggiornamento dei recapiti delle ambasciate e dei consolati degli Stati membri rappresentati in ciascun paese terzo.

2.3. L'utilizzazione del passaporto come mezzo di informazione

La relazione Barnier ha suggerito che in tutti i passaporti sia inserito il testo dell'articolo 20 CE.

Nella sua relazione del 15 giugno 2006 al Consiglio europeo[11], la Presidenza del Consiglio dell'Unione ha invitato gli Stati membri a riprodurre il testo dell'articolo 20 CE nei passaporti.

La Commissione ritiene che ciò servirebbe a ricordare efficacemente al cittadino quali siano i suoi diritti.

Azione suggerita:

- Adozione di una raccomandazione della Commissione che inviti gli Stati membri a riprodurre nei passaporti il testo dell'articolo 20 CE.

2.4. I consigli ai viaggiatori

Per evitare che i cittadini partano per un paese terzo che presenta rischi per la loro sicurezza e la loro salute, ciascuno degli Stati membri formula consigli per i cittadini, esprimendo la sua percezione dei rischi, che può discostarsi da quella degli altri Stati membri, in funzione della sua conoscenza del paese interessato o della natura dei rapporti che intercorrono con tale paese [12].

È necessario quindi esaminare la possibilità di presentare tali consigli in maniera coordinata.

Ad esempio, le decisioni 2119/98/CE[13] e 2000/57/CE[14] hanno istituito, a livello comunitario, una rete per promuovere la cooperazione, il coordinamento e lo scambio di informazioni necessari per migliorare la prevenzione e il controllo delle malattie trasmissibili. Le informazioni, che riguardano le misure di sanità pubblica prese dagli Stati membri per affrontare una minaccia, comprese le minacce di pandemie, sono trasmesse mediante un sistema di allerta rapida (Early Warning and Response System - EWRS).

La Commissione e gli Stati membri informano anche i professionisti coinvolti e il grande pubblico di tutti gli orientamenti decisi a livello comunitario. Inoltre, sarà importante anche fornire pareri preventivi sui rischi con informazioni adeguate e uniformi veicolate ai cittadini dalle autorità competenti e in funzione dei pareri del Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (CEPCM).

Azione suggerita:

- Presentazione coordinata dei consigli ai viaggiatori.

2.5. Pubblicazione di tutte le misure attuative dell'articolo 20 CE

Per ragioni di trasparenza, i cittadini devono essere informati in maniera efficace dei diritti che vengono loro garantiti dall'articolo 20 CE. Ad esempio, gli orientamenti per l'applicazione di detto articolo dovrebbero essere pubblicati nella Gazzetta ufficiale.

Azione suggerita:

- Pubblicazione di tutte le misure attuative dell'articolo 20 CE.

3. LA PORTATA DELLA PROTEZIONE DEL CITTADINO

POICHÉ L'ARTICOLO 20 CE IMPONE ALLO STATO MEMBRO DI PROTEGGERE I CITTADINI DELL'UNIONE ALLE STESSE CONDIZIONI CHE ACCORDA AI PROPRI CITTADINI, LA PROTEZIONE NON RISULTA UNIFORME, E DI CONSEGUENZA I CITTADINI DELL'UNIONE SI TROVANO DI FRONTE A TANTI REGIMI DI PROTEZIONE QUANTI SONO GLI STATI MEMBRI.

Tali regimi possono avere una portata e una forza giuridica diverse[15].

La Commissione ritiene che le divergenze tra i diversi aspetti della protezione meriterebbero di essere analizzate più a lungo termine, per esaminare la possibilità di offrire ai cittadini una protezione simile, indipendentemente dalla loro nazionalità.

Nell'immediato, è opportuno esplorare le seguenti possibilità:

3.1. La protezione dei cittadini che lavorano e risiedono nei paesi terzi

Con la decisione 88/384/CEE che istituisce una procedura di comunicazione preliminare e di concertazione sulle politiche migratorie nei confronti dei paesi terzi [16], la Commissione ha istituito una procedura di consultazione tra Stati membri per promuovere tra l'altro l'inserimento negli accordi bilaterali del maggior numero di disposizioni comuni e migliorare la protezione dei cittadini degli Stati membri che lavorano e risiedono nei paesi terzi.

L'inclusione negli accordi bilaterali con i paesi terzi di disposizioni in materia di protezione dei cittadini dell'Unione europea sarebbe necessaria a garanzia di tale protezione, prevista dall'articolo 20 CE.

Azione suggerita:

- l'inclusione negli accordi bilaterali con i paesi terzi di disposizioni per la protezione dei cittadini degli Stati membri che lavorano e risiedono in tali paesi, per garantire la piena applicazione della decisione 88/384/CEE.

3.2. I familiari del cittadino dell'Unione che non possiedono la nazionalità di uno Stato membro

La necessità di protezione congiunta del cittadino e dei suoi familiari che non sono cittadini UE si è manifestata durante il conflitto libanese nel luglio 2006, in occasione delle procedure di evacuazione e di rimpatrio via Cipro di familiari dei cittadini il cui Stato membro era privo di rappresentanze. È essenziale mettere fine alle notevoli difficoltà che incontrano i cittadini e i loro familiari in situazioni del genere e di conseguenza definire le modalità necessarie per garantire la protezione congiunta del cittadino in difficoltà e dei suoi familiari che non possiedono la nazionalità di uno Stato membro dell'UE .

Azione suggerita:

- Estensione della protezione consolare ai familiari del cittadino dell'Unione che abbiano la nazionalità di un paese terzo, con i mezzi adeguati (modifica della decisione 95/553/CE o proposta della Commissione sulla base dell'articolo 22 CE).

3.3. L'identificazione e il rimpatrio delle salme

Le conseguenze dello tsunami della fine del 2004 hanno evidenziato la portata del problema relativo all'identificazione e al rimpatrio delle salme. Può accadere che le autorità locali del paese terzo richiedano una serie di formalità, come il rilascio di un lasciapassare mortuario (da parte delle autorità consolari) o di certificati sanitari e di polizia che attestino il decesso e le sue cause, il rispetto di determinate norme di sanità pubblica relative al feretro o la traduzione legalizzata dei documenti amministrativi.

Le famiglie delle vittime si trovano quindi alle prese con la complessità delle procedure e i costi del rimpatrio.

Alcuni Stati membri hanno aderito all'Accordo di Strasburgo del 26 ottobre 1973 sul trasferimento delle persone decedute[17], che mira a semplificare le formalità amministrative per il rimpatrio delle salme. Tale strumento lascia tuttavia agli Stati membri un ampio margine di discrezionalità. È importante persuadere tutti gli Stati membri ad aderirvi, continuando al tempo stesso a portare avanti un'azione di semplificazione.

Per quanto riguarda le spese legate al rimpatrio delle salme, si potrebbe prevedere come azione complementare la creazione di un sistema europeo di compensazione.

L'identificazione delle salme è un requisito necessario per il loro rimpatrio. A questo fine, la Commissione incoraggerà la ricerca e lo sviluppo di strumenti efficienti che consentano l'analisi del DNA e siano meno dispendiosi di quelli esistenti.

Azioni suggerite:

A breve termine:

- Modifica della decisione 95/553/CE per inserirvi l'identificazione e il rimpatrio delle salme.

- Raccomandazione agli Stati membri che non sono ancora parte contraente dell'Accordo di Strasburgo del 1973 invitandoli ad aderire.

A lungo termine:

- Semplificazione delle procedure di rimpatrio delle salme.

- Eventuale creazione di un sistema europeo di compensazione.

- Promozione della ricerca e dello sviluppo di strumenti di analisi del DNA, nonché della specializzazione nell'identificazione delle vittime di alcuni laboratori europei.

3.4. La semplificazione delle procedure per la concessione di anticipi pecuniari

La decisione 95/553/CE sottolinea la complessità della procedura di rimborso delle spese e degli anticipi versati al cittadino in difficoltà: colui che li richiede deve ottenere un'autorizzazione dallo Stato di cui è cittadino e firmare un documento di promessa di rimborso; lo Stato di cui è cittadino rimborsa allo Stato che presta l'assistenza tutte le spese sostenute, dietro richiesta di questo; il cittadino rimborsa il proprio Stato. Talvolta può essere chiesto ai cittadini di alcuni Stati membri di lasciare il proprio passaporto allo Stato che presta l'assistenza, a titolo di garanzia.

Come soluzione si potrebbero trattare i casi in forma centralizzata presso un ufficio comune nei paesi terzi, con la semplificazione delle procedure amministrative descritte nella decisione 95/553/CE.

Azione suggerita:

- Semplificazione delle procedure di concessione di anticipi pecuniari.

4. STRUTTURE E RISORSE

4.1. La creazione di uffici comuni

La richiesta di protezione non dovrebbe comportare problemi particolari quando si tratti di rimediare a situazioni individuali, come la perdita di documenti. La situazione può tuttavia essere diversa nei casi collettivi, dovuti a cataclismi, pandemie, atti di terrorismo o conflitti militari.

Sarebbe opportuno stabilire una ripartizione equa dei compiti tra gli Stati membri per le richieste di assistenza o di rimpatrio provenienti da un numero elevato di cittadini sprovvisti di rappresentanze dei loro Stati. Nelle linee direttrici summenzionate si è tentata una ripartizione.

Una risposta a questo genere di situazioni potrebbe comportare la creazione di uffici comuni, proposta dalla relazione Barnier e ripresa nella suddetta comunicazione del 28 giugno 2006 sull'attuazione del programma dell'Aia[18]. Proposte simili erano state avanzate anche dal Parlamento europeo[19].

La creazione di uffici comuni permetterebbe di garantire la coerenza delle funzioni e di economizzare sui costi fissi delle strutture delle reti diplomatiche e consolari degli Stati membri.

Le funzioni esercitate in detti uffici comuni potrebbero basarsi su un sistema di supplenza tra Stati membri, così da realizzare le proposte seguenti:

- In funzione dei paesi e della presenza di rappresentanze degli Stati membri, tali uffici potrebbero essere installati nelle varie rappresentanze o ambasciate nazionali, o in una sola, o potrebbero condividere la delegazione della Commissione secondo modalità da definire. In ogni caso gli agenti consolari eserciterebbero le proprie funzioni in uffici comuni, sotto l'autorità del proprio Stato. In una prima fase, potrebbero essere scelte le quattro zone sperimentali proposte nella relazione Barnier: i Caraibi, i Balcani, l’Oceano indiano e l’Africa occidentale. Dette zone sono state proposte a causa della frequentazione turistica europea, della relativa scarsità di rappresentanze degli Stati membri e della presenza di delegazioni della Commissione, che potrebbero fornire l'appoggio adeguato. Il programma di scambio di personale tra i servizi diplomatici nazionali degli Stati membri, la Commissione e il Segretariato del Consiglio potrebbe essere sfruttato in questa occasione, nello spirito della comunicazione della Commissione al Consiglio europeo dell'8 giugno 2006 sull'Europa nel mondo[20].

- Per l'esercizio delle funzioni, gli Stati membri potrebbero fissare e pubblicare a uso dei cittadini delle regole che stabiliscano un sistema di supplenza e di condivisione dei compiti, da attuare all'interno dell'ufficio in ciascun paese terzo.

- Per facilitare il compito degli uffici comuni, si potrebbero organizzare campagne di informazione che invitino i cittadini a iscriversi su base volontaria, facilitando così le eventuali azioni di soccorso.

- Sono state adottate importanti misure nel quadro della politica comune in materia di visti, mediante le decisioni del Consiglio che modificano l'Istruzione consolare comune (ICC). Queste misure specifiche rappresentano un esempio del valore aggiunto che l'Europa può apportare. Per compensare l'inconveniente di una presenza consolare insufficiente in alcuni paesi terzi, è stata ulteriormente ampliata la possibilità già esistente che uno Stato membro possa rappresentarne un altro rilasciando visti per suo conto[21]. Inoltre, altre modifiche dell'Istruzione consolare comune hanno rafforzato la cooperazione consolare locale, ampliandone il ruolo nell'applicazione della politica comune in materia di visti[22]. Prorogando tali misure, la Commissione ha recentemente presentato alcune iniziative per completare l'acquis in materia. Si tratta innanzitutto di una proposta per l'istituzione di centri comuni per l’introduzione delle domande di visto[23], per agevolare l'introduzione della biometria ed estendere il campo di applicazione della rappresentanza. In seguito, ha presentato una proposta di regolamento che istituisce un Codice dei visti, strumento unico che modifica e raggruppa le disposizioni relative alle procedure di rilascio dei visti[24]. La proposta di Codice mira innanzitutto a rafforzare e a rendere più efficace la cooperazione consolare locale in materia di visti. A lungo termine, sarà opportuno esaminare la convergenza tra l'evoluzione verso uffici comuni nell'ambito della protezione consolare e l'evoluzione relativa ai centri comuni nel quadro della politica in materia di visti.

Azioni suggerite:

- Creazione di "uffici comuni", in un primo tempo nei Caraibi, nei Balcani, nell'Oceano indiano e nell'Africa occidentale.

- Pubblicazione delle norme che istituiscono un sistema di supplenza tra gli Stati membri nei paesi terzi.

- Campagne di informazione per incoraggiare il cittadino a iscriversi presso l'ufficio comune.

- A lungo termine, esercizio, da parte degli uffici comuni, delle funzioni consolari, come il rilascio dei visti o la legalizzazione dei documenti.

4.2. La formazione dei funzionari degli Stati membri

Per garantire una formazione efficace, in particolare per quanto riguarda il personale degli "uffici comuni", la Commissione potrebbe organizzare attività di formazione comune, dirette ai funzionari degli Stati membri e delle istituzioni comunitarie che si occupano, ad esempio, dei controlli presso le frontiere esterne dell'UE, del rimpatrio delle salme o di quanto previsto dal diritto alla protezione diplomatica e consolare .

Azione suggerita:

- Formazione destinata ai funzionari degli Stati membri e delle istituzioni comunitarie.

5. IL CONSENSO DELLE AUTORITÀ DEI PAESI TERZI

L'ATTUAZIONE DELL'ARTICOLO 20 CE PRESUPPONE IL CONSENSO DEI PAESI TERZI.

Secondo un principio generale del diritto internazionale, la protezione del cittadino di uno Stato da parte di un altro Stato è legata al consenso del paese terzo[25].

L'articolo 20 CE impone agli Stati membri l'obbligo di avviare i negoziati internazionali necessari a questo fine.

Pertanto, ciò comporta che ciascuno Stato membro avvii negoziati bilaterali[26] con i paesi terzi. Tuttavia, sarebbe possibile anche prevedere di inserire negli accordi misti conclusi dalla Comunità e i suoi Stati membri una clausola standard di consenso alla protezione diplomatica e consolare comunitaria. In virtù di detta clausola, i paesi terzi accetterebbero che i cittadini dell'Unione europea possano essere assistiti da qualunque Stato membro presente sul posto.

Un caso specifico riguarda il fermo dei battelli da pesca che battono bandiera di uno Stato membro e l'arresto del capitano e dell'equipaggio. Secondo alcuni accordi di pesca, le autorità dei paesi terzi sono tenute a informare la delegazione della Commissione europea in loco, che ha un "dovere di protezione diplomatica"[27], evidenziato nella sentenza "Odigitria"[28].

Pur non essendo in effetti possibile ricavare alcun insegnamento generale dalla sentenza "Odigitria" al di fuori dell'accordo sulla pesca che ne è l'oggetto, a lungo termine tuttavia si potrebbe porre la questione dell'applicazione di tale dovere di protezione diplomatica, se questa facesse parte delle competenze comunitarie.

Azioni suggerite:

- Inserimento di una clausola di consenso negli accordi misti conclusi con i paesi terzi.

- A lungo termine: esame delle possibilità di prevedere il consenso dei paesi terzi per l'esercizio di un dovere di protezione da parte dell'Unione, per mezzo delle delegazioni della Commissione, nei casi legati alle competenze comunitarie.

6. CONCLUSIONI

CON IL PRESENTE LIBRO VERDE LA COMMISSIONE PROPONE ALCUNI PERCORSI DI RIFLESSIONE PER IL RAFFORZAMENTO DEL DIRITTO ALLA PROTEZIONE DIPLOMATICA E CONSOLARE COMUNITARIA. PRIMA DI INTRAPRENDERE LE AZIONI NECESSARIE A TALE SCOPO CHE RICHIEDANO INIZIATIVE DA PARTE SUA O UN COORDINAMENTO CON GLI STATI MEMBRI, LA COMMISSIONE INTENDE APRIRE UN VASTO DIBATTITO PUBBLICO CON IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE, OLTRE CHE CON TUTTE LE PARTI INTERESSATE: STATI MEMBRI, ONG E SOCIETÀ CIVILE, NONCHÉ I CITTADINI EUROPEI.

A tale scopo, la Commissione sollecita l'invio di contributi che prendano posizione sulle azioni suggerite sopra, fino al 31/3/2007, tramite posta elettronica, all'indirizzo seguente: "JLS-DIPLOCONSUL-PROTECTION@ec.europa.eu".

I contributi ricevuti saranno pubblicati su "La vostra voce in Europa" con l'indicazione degli autori, a meno che questi non preferiscano conservare l'anonimato o chiedano che l'intero contributo resti riservato.

Il dialogo si concluderà con l'organizzazione di un'audizione con la partecipazione di tutti gli interessati.

[1] Decisione dei rappresentanti dei governi degli Stati membri, riuniti in sede di Consiglio, del 19 dicembre 1995, riguardante la tutela dei cittadini dell'Unione europea da parte delle rappresentanze diplomatiche e consolari (GU L 314 del 28/12/1995, pag. 73).

[2] Doc. 10109/06 del Consiglio dell'Unione europea del 2.6.2006.

[3] Le linee direttrici chiedono a ogni Stato membro di elaborare piani di emergenza che dovranno essere resi noti a tutti gli altri Stati membri. Gli Stati membri sono inoltre invitati a comunicarsi qualsiasi modifica dei consigli di viaggio. Inoltre, gli Stati membri dovrebbero incoraggiare i cittadini dell'UE a segnalare la propria presenza fornendo i loro dati alle missioni, per permettere l'efficace attuazione dei piani di emergenza.

[4] COM (2006) 331 del 28 giugno 2006 "Attuazione del programma dell’Aia : prospettive per il futuro".

[5] Relazione di Michel Barnier al Presidente del Consiglio dell'Unione e al Presidente della Commissione europea: " Per una forza europea di protezione civile: Europeaid."

[6] Il gruppo COCON, nell'aprile 2006, ha stimato che tali viaggi ammontano a circa 180 milioni ogni anno.

[7] Doc. del Consiglio 15646/05 del 12 dicembre 2005, Rappresentanza diplomatica della Presidenza dell'Unione nei paesi terzi, non pubblicato. Esistono zone in cui le rappresentanze diplomatiche e consolari degli Stati membri sono scarse: l'America centrale e i Caraibi (ad esempio, 1 Stato membro è rappresentato in Belize, 3 a Haiti, 4 in Salvador, nessuno alle Bahamas), l'Asia centrale (in Tagikistan un solo Stato membro e 3 in Turkmenistan); l'Africa centrale e occidentale (1 Stato membro è rappresentato in Liberia e a Sao-Tomé e 3 lo sono in Mali e nel Congo-Brazzaville).

[8] Eurobarometro n. 188 del luglio 2006.

[9] COM (2006) 211 def.

[10] http://.eu.int/europedirect/index_en.htm.

[11] Doc. 10551/06 del 15 giugno 2006: Rafforzamento delle capacità di risposta dell'Unione europea in caso di emergenza e di crisi.

[12] Per un quadro sinottico: http://www.travel-voyage.consilium.europa.eu.

[13] GU L 268 del 3.10.1998.

[14] Decisione 2000/57/CE della Commissione del 22.12. 1999 (GU L 21del 26.1.2000, pag. 32).

[15] Ad esempio, solo alcuni Stati membri riconoscono il diritto di ricorso contro il rifiuto della protezione.

[16] GU L 183 del 14.7.1988, pag. 35.

[17] Convenzione 80 della Serie dei Trattati del Consiglio d'Europa (ratificato da 15 Stati membri).

[18] Vedere nota di pagina 4.

[19] Risoluzione del 5 settembre 2000 sulla diplomazia comune comunitaria.

[20] COM (2006) 278 def. "L'Europa nel mondo: proposte pratiche per una maggiore coerenza, efficacia e visibilità".

[21] Decisione 2004/15/CE del 22.12.2003, GU L 5 del 9.1.2004.

[22] Decisione 2002/585/CE del 16.7.2002, GU L 187 del 16.7.2002 relativa alla cooperazione con le agenzie di viaggio e decisione 2004/17/CE del 22.12.2003, GU L 5 del 9.1.2004, che introduce l'obbligo di una assicurazione di viaggio.

[23] COM(2006)269 def. del 31.5.2006.

[24] COM(2006)403 def. del 13.7.2006.

[25] Articolo 45, lettera c) e articolo 46 della Convenzione di Vienna del 1961 sulle relazioni diplomatiche e articolo 8 della Convenzione di Vienna del 1963 sulle relazioni consolari

[26] Tali accordi completano quelli previsti dalla decisione 88/384/CE : vedere paragrafo 3.1 della presente comunicazione

[27] Ad esempio, l'accordo tra la C.E.E. e la Repubblica della Costa d'Avorio in materia di pesca (GUCE L 379/90, pagina 3).

[28] Sentenza del Tribunale di primo grado del 6 luglio 1995, causa T-572/93.

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