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Document 62009CJ0352
Massime della sentenza
Massime della sentenza
1. Concorrenza — Intese — Intese soggette ratione materiae e ratione temporis al regime giuridico del Trattato CECA — Scadenza del Trattato CECA — Mantenimento di un controllo da parte della Commissione che agisce nel contesto giuridico del regolamento n. 1/2003
(Art. 65, n. 1, CA; regolamento del Consiglio n. 1/2003)
2. Atti delle istituzioni — Applicazione nel tempo — Scadenza del Trattato CECA — Decisione della Commissione adottata nei confronti di un’impresa dopo la scadenza del Trattato CECA e riguardante fatti anteriori alla scadenza di detto Trattato — Principio della legalità dei reati e delle pene — Principio del legittimo affidamento — Portata — Responsabilità delle imprese per i loro comportamenti che violano le norme in materia di concorrenza, nell’ambito della successione del contesto giuridico del Trattato CE a quello del Trattato CECA — Norme sostanziali — Norme di procedura
(Art. 65, nn. 1, e 5, CA; Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, art. 49, n. 1; regolamento del Consiglio n. 1/2003, artt. 7, n. 1, e 23, n. 2)
3. Ricorso di annullamento — Sentenza di annullamento — Portata — Autorità assoluta di cosa giudicata — Portata
4. Impugnazione — Motivi d’impugnazione — Motivi di una sentenza viziati da una violazione del diritto dell’Unione — Dispositivo fondato per altri motivi di diritto — Rigetto
5. Concorrenza — Regole dell’Unione — Infrazioni — Imputazione — Infrazione commessa da un ente che non ha cessato di esistere e proseguita da un altro ente che gli succede nell’attività economica sul mercato di cui trattasi — Imputazione dell’intera infrazione a tale altro ente
(Artt. 81, n. 1, e 230, quarto comma, CE)
6. Concorrenza — Procedimento amministrativo — Prescrizione in materia di azioni — Imputazione dell’infrazione a una persona giuridica diversa dalla persona responsabile della gestione dell’impresa al momento dell’infrazione
(Regolamento del Consiglio n. 1/2003, art. 25, nn. 1‑6; decisione generale n. 715/78, art. 1, nn. 1‑3)
7. Concorrenza — Ammende — Importo — Determinazione — Criteri — Riduzione dell’importo dell’ammenda come corrispettivo di una cooperazione dell’impresa incriminata — Presupposti
(Comunicazione della Commissione 96/C 207/04)
8. Impugnazione — Motivi d’impugnazione — Erronea valutazione dei fatti — Irricevibilità — Controllo da parte della Corte della valutazione dei fatti sottoposti al Tribunale — Esclusione, salvo il caso di snaturamento
(Artt. 225, n. 1, e 229 CE; Statuto della Corte di giustizia, art. 58, primo comma; regolamento del Consiglio n. 1/2003, art. 31)
1. Conformemente ad un principio comune agli ordinamenti giuridici degli Stati membri, le cui origini risalgono al diritto romano, qualora venga mutata la legge ed il legislatore non esprima una volontà contraria, è opportuno favorire la continuità degli istituti giuridici. Tale principio si applica alle modifiche del diritto primario dell’Unione.
Non sussiste, a tale riguardo, alcun indizio del fatto che il legislatore dell’Unione avrebbe inteso sottrarre i comportamenti collusivi vietati dal Trattato CECA all’applicazione di qualsivoglia sanzione successivamente alla scadenza del Trattato medesimo. La successione dei Trattati CECA, CE e FUE assicura, al fine di garantire una libera concorrenza, che qualsiasi comportamento corrispondente alla fattispecie prevista dall’art. 65, n. 1, CA, indipendentemente dal fatto che si sia verificato anteriormente o successivamente alla scadenza del Trattato CECA, il 23 luglio 2002, potesse essere sanzionato dalla Commissione e possa continuare ad esserlo.
In tale contesto, risulterebbe contrario alla finalità nonché alla coerenza dei Trattati ed inconciliabile con la continuità dell’ordinamento giuridico dell’Unione il fatto che la Commissione sia priva di legittimazione per garantire l’uniforme applicazione delle norme risultanti dal Trattato CECA che continuano a produrre effetti anche successivamente alla scadenza di quest’ultimo. Pertanto, il Tribunale non commette errori di diritto interpretando il regolamento n. 1/2003 nel senso che consente alla Commissione di accertare e sanzionare, successivamente alla scadenza del Trattato CECA, le intese realizzate nei settori rientranti nella sfera di applicazione del Trattato CECA ratione materiae e ratione temporis.
(v. punti 72-74, 77-78)
2. Il principio della legalità dei reati e delle pene, sancito, segnatamente, dall’art. 49, n. 1, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, esige che la normativa dell’Unione definisca chiaramente le infrazioni e le relative sanzioni. Inoltre, il principio della certezza del diritto esige che detta normativa consenta agli interessati di conoscere esattamente la portata degli obblighi che essa impone loro e che tali interessati possano conoscere senza ambiguità i propri diritti ed obblighi e regolarsi di conseguenza. A tal riguardo, considerato che i Trattati definiscono con chiarezza le infrazioni nonché la natura e l’entità delle sanzioni che possono essere inflitte alle imprese per infrazione alle norme in materia di concorrenza, il principio della legalità dei reati e delle pene ed il principio della certezza del diritto non sono volti a garantire alle imprese che successive modifiche dei fondamenti normativi e delle disposizioni procedurali consentano loro di sfuggire a qualsivoglia sanzione relativa ai loro comportamenti illeciti tenuti in passato.
Nel caso di una decisione della Commissione che riguardi una situazione giuridica definitivamente consolidatasi anteriormente alla scadenza del Trattato CECA e che sia stata adottata nei confronti di un’impresa successivamente alla scadenza di detto Trattato, il Tribunale non commette errori dichiarando, da un lato, che il rispetto dei principi che disciplinano l’applicazione della legge nel tempo nonché le esigenze relative ai principi della certezza del diritto e della tutela del legittimo affidamento impongono l’applicazione delle norme sostanziali previste all’art. 65, nn. 1 e 5, CA a fatti avvenuti prima della scadenza del Trattato CECA e che ricadono nella sua sfera di applicazione ratione materiae e ratione temporis. A tal riguardo, l’art. 65, nn. 1 e 5, CA, prevedeva un fondamento normativo chiaro per infliggere una sanzione per infrazione alle norme in materia di concorrenza, ragion per cui un’impresa diligente non poteva in alcun momento ignorare le conseguenze del proprio comportamento, né fare affidamento sul fatto che la successione del contesto normativo del Trattato CE a quello del Trattato CECA avrebbe prodotto la conseguenza di sottrarla a qualsiasi sanzione per le infrazioni all’art. 65 CA da essa commesse nel passato.
Per quanto riguarda, d’altro lato, le disposizioni procedurali applicabili, il Tribunale ha correttamente concluso che la Commissione è competente ad esperire il procedimento conformemente agli artt. 7, n. 1, e 23, n. 2, del regolamento n. 1/2003. Infatti, la disposizione che costituisce il fondamento giuridico di un atto e legittima l’istituzione dell’Unione ad adottare l’atto medesimo dev’essere in vigore al momento dell’adozione di quest’ultimo e si presume, in linea generale, che le regole procedurali si applichino dal momento della loro entrata in vigore.
(v. punti 79-83, 86-88)
3. Il principio dell’autorità di cosa giudicata riveste importanza fondamentale sia nell’ordinamento giuridico dell’Unione sia negli ordinamenti giuridici nazionali. L’autorità di cosa giudicata riguarda unicamente i punti di fatto e di diritto effettivamente o necessariamente decisi dalla pronuncia giudiziale di cui trattasi.
Quando il giudice dell’Unione deve limitarsi a determinare il contenuto di una dichiarazione effettuata da un’impresa, al fine di accertare che detta dichiarazione è volta ad operare un trasferimento della responsabilità per il comportamento illecito da un’impresa a un’altra, la statuizione relativa alla legittimità di tale operazione costituisce un obiter dictum pronunciato al di là dei limiti della controversia sottoposta al giudice dell’Unione, che non risolve, né effettivamente né necessariamente, un punto di diritto. Essa non può, quindi, rivestire autorità di cosa giudicata.
(v. punti 123, 131-132)
4. Se dalla motivazione di una sentenza del Tribunale risulta una violazione del diritto dell’Unione, ma il dispositivo della stessa appare fondato per altri motivi di diritto, l’impugnazione deve essere respinta.
(v. punto 136)
5. In linea di principio, incombe alla persona fisica o giuridica che dirigeva un’impresa al momento in cui un’infrazione alle norme in materia di concorrenza è stata commessa rispondere della medesima, pur se, alla data di adozione della decisione di accertamento dell’infrazione, la gestione dell’impresa non era più posta sotto la sua responsabilità. Per quanto attiene alla questione relativa all’individuazione delle circostanze in presenza delle quali un ente che non sia l’autore dell’infrazione possa nondimeno essere sanzionato per questa, rientra in tale ipotesi la situazione in cui l’ente che abbia commesso un’infrazione abbia cessato di esistere giuridicamente o economicamente, atteso che una sanzione inflitta ad un’impresa che non eserciti più attività economiche rischia di essere priva di effetto dissuasivo.
Quando un’impresa, nata per effetto di una concentrazione delle attività di due società, conferma espressamente, tramite una dichiarazione, di voler assumere, in quanto impresa che prosegue le attività economiche oggetto dell’intesa, la responsabilità del comportamento illecito di un ente appartenente ad una di dette società ai fini dell’ammenda che la Commissione può infliggergli nell’ambito dei procedimenti avviati contro l’intesa medesima, la conseguenza giuridica del trasferimento di responsabilità che l’impresa si è accollata con la suddetta dichiarazione è del tutto precisa e prevedibile per la stessa.
L’impresa che ha assunto tale responsabilità non può più chiedere la revoca della propria dichiarazione nel momento in cui la Commissione, sulla base di quest’ultima, le ha effettivamente irrogato un’ammenda. Tuttavia, la conseguente irrevocabilità di tale dichiarazione non impedisce alla suddetta impresa di contestare, mediante ricorso dinanzi ai giudici dell’Unione, l’interpretazione del suo contenuto o il riconoscimento esplicito o implicito di elementi di fatto o di diritto durante il procedimento amministrativo dinanzi alla Commissione, non potendo tale irrevocabilità limitare l’esercizio stesso del diritto di proporre ricorso dinanzi al Tribunale, diritto attribuito alle persone fisiche o giuridiche dall’art. 230, quarto comma, CE.
(v. punti 143-144, 149-150, 153-155)
6. Tanto l’art. 1, n. 1, della decisione generale n. 715/78, relativa alla prescrizione in materia di azioni e di esecuzione nel campo di applicazione del trattato che istituisce la Comunità europea del carbone e dell’acciaio, quanto l’art. 25, n. 1, del regolamento n. 1/2003 assoggettano il potere della Commissione di infliggere ammende per infrazioni alle disposizioni in materia di concorrenza ad un termine di prescrizione di cinque anni. Tale termine decorre, ai sensi dell’art. 1, n. 2, della decisione n. 715/78 e dell’art. 25, n. 2, del regolamento n. 1/2003, dal giorno in cui l’infrazione è stata commessa o è cessata e, per effetto degli artt. 2 e 3 della decisione n. 715/78 e dell’art. 25, nn. 3‑6, del regolamento n. 1/2003, può essere interrotto e sospeso.
Nel caso di una decisione della Commissione che infligge un’ammenda per infrazioni alle norme in materia di concorrenza ad un’impresa che, in quanto acquirente di un ente economico, ha assunto la responsabilità del comportamento illecito di detto ente, la prescrizione può essere valutata unicamente riguardo all’impresa che si è accollata la responsabilità, dato che la decisione della Commissione infligge un’ammenda unicamente a quest’ultima. In particolare, se è pur vero che taluni atti dell’ente trasferito possono continuare a produrre effetti nei confronti dell’impresa che assume la responsabilità e che una prescrizione maturata nei confronti di tale ente non può essere esclusa da un trasferimento di responsabilità, non ne consegue che la prescrizione debba essere valutata riguardo all’ente medesimo.
(v. punti 166-168)
7. Una riduzione dell’importo dell’ammenda inflitta per infrazione alle norme in materia di concorrenza, sulla base della comunicazione della Commissione sulla non imposizione o sulla riduzione delle ammende nei casi di intesa, è giustificabile solo ove le informazioni fornite e il comportamento dell’impresa interessata possano essere considerati una prova di un’effettiva cooperazione da parte sua.
(v. punto 176)
8. Laddove il Tribunale affermi che la Commissione ha correttamente ritenuto che un’impresa non dovesse beneficiare di una riduzione supplementare dell’ammenda superiore al 20% già concesso, esso compie, nell’esercizio della propria competenza anche di merito, conferita, in applicazione dell’art. 229 CE, dall’art. 31 del regolamento n. 1/2003, una valutazione in punto di fatto, sottratta, in quanto tale, al sindacato della Corte nell’ambito di un’impugnazione.
A tale riguardo, dagli artt. 225 CE e 58, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia risulta che il Tribunale è il solo competente, da un lato, ad accertare i fatti, salvo il caso in cui l’inesattezza materiale dei suoi accertamenti risulti dagli atti di causa ad esso sottoposti e, dall’altro, a valutare tali fatti. Una volta che il Tribunale abbia accertato o valutato i fatti, la Corte è competente, ai sensi dell’art. 225 CE, ad effettuare un controllo sulla qualificazione giuridica di tali fatti e sulle conseguenze di diritto che il Tribunale ne ha tratto. La valutazione dei fatti, salvo il caso di snaturamento degli elementi di prova addotti dinanzi al Tribunale, non costituisce una questione di diritto, come tale soggetta al sindacato della Corte.
(v. punti 179-180)