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Document 62005CJ0263

Massime della sentenza

Parole chiave
Massima

Parole chiave

1. Ambiente — Rifiuti — Direttiva 75/442 — Nozione di rifiuti

[Art. 174, n. 2, CE; direttiva del Consiglio 75/442, come modificata dalla direttiva 91/156, art. 1, lett. a)]

2. Ambiente — Rifiuti — Direttiva 75/442 — Nozione di rifiuti

[Direttiva del Consiglio 75/442, come modificata dalla direttiva 91/156, art. 1, lett. a)]

3. Ambiente — Rifiuti — Direttiva 75/442 — Ambito di applicazione

[Direttiva del Consiglio 75/442, come modificata dalla direttiva 91/156, artt. 1, lett. a), e 2, n. 1]

Massima

1. La qualificazione come «rifiuto» di una sostanza o di un oggetto ai sensi dell’art. 1, lett. a), della direttiva 75/442 sui rifiuti, come modificata dalla direttiva 91/156, discende anzitutto dal comportamento del detentore e dal significato del termine «disfarsi». Tale termine deve essere interpretato non solo alla luce della finalità essenziale della direttiva, la quale, stando al suo terzo ‘considerando’, è la protezione della salute umana e dell’ambiente contro gli effetti nocivi della raccolta, del trasporto, del trattamento, dell’ammasso e del deposito dei rifiuti, bensì anche dell’art. 174, n. 2, CE, il quale dispone che la politica della Comunità in materia ambientale mira a un elevato livello di tutela ed è fondata sui principi della precauzione e dell’azione preventiva. Ne consegue che il termine suddetto e pertanto la nozione di rifiuto non possono essere interpretati in senso restrittivo.

(v. punti 32-33)

2. L’effettiva esistenza di un «rifiuto» ai sensi dell’art. 1, lett. a), della direttiva 75/442 sui rifiuti, come modificata dalla direttiva 91/156, va accertata alla luce del complesso delle circostanze, tenendo conto della finalità della stessa e in modo da non pregiudicarne l’efficacia.

In tal senso, alcune circostanze possono costituire indizi del fatto che il detentore della sostanza od oggetto se ne disfi ovvero abbia deciso o abbia l’obbligo di «disfarsene» ai sensi della detta disposizione. Ciò si verifica in particolare se una sostanza è un residuo di produzione o di consumo, cioè un prodotto che non è stato ricercato in quanto tale, tenendo presente che il metodo di trasformazione o le modalità di utilizzo di una sostanza non sono determinanti per stabilire se si tratti o no di un rifiuto.

Oltre al criterio relativo alla natura o meno di residuo di produzione di una sostanza, il grado di probabilità di riutilizzo di tale sostanza, senza operazioni di trasformazione preliminare, costituisce un criterio utile ai fini di valutare se tale sostanza sia o meno un rifiuto ai sensi della direttiva. Se, oltre alla mera possibilità di riutilizzare la sostanza di cui trattasi, il detentore consegue un vantaggio economico nel farlo, la probabilità di tale riutilizzo è alta. In un’ipotesi del genere la sostanza in questione non può più essere considerata un onere di cui il detentore cerchi di disfarsi, bensì un autentico prodotto.

Tuttavia, la sola circostanza che una sostanza sia destinata a essere riutilizzata, o possa esserlo, non può essere determinante per la sua qualifica o meno come rifiuto. Un bene, un materiale o una materia prima risultante da un processo di fabbricazione che non è destinato a produrlo può essere considerato come un sottoprodotto di cui il detentore non desidera disfarsi solo se il suo riutilizzo, incluso quello per i bisogni di operatori economici diversi da colui che l’ha prodotto, è non semplicemente eventuale, ma certo, non necessita di trasformazione preliminare e interviene nel corso del processo di produzione o di utilizzazione.

(v. punti 34-35, 38, 40, 49-50)

3. Atteso che la direttiva 75/442 sui rifiuti, come modificata dalla direttiva 91/156, non suggerisce alcun criterio determinante per individuare la volontà del detentore di disfarsi di una determinata sostanza o di un determinato materiale, in mancanza di disposizioni comunitarie gli Stati membri sono liberi di scegliere le modalità di prova dei diversi elementi definiti nelle direttive da essi recepite, purché ciò non pregiudichi l’efficacia del diritto comunitario. Pertanto, gli Stati membri possono, ad esempio, definire varie categorie di rifiuti, in particolare per facilitare l’organizzazione e il controllo della loro gestione, purché gli obblighi risultanti dalla direttiva o da altre disposizioni di diritto comunitario relative a tali rifiuti siano rispettati e l’eventuale esclusione di determinate categorie dall’ambito di applicazione dei testi adottati per dare attuazione agli obblighi derivanti dalla direttiva si verifichi in conformità all’art. 2, n. 1, di quest’ultima.

(v. punto 41)

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