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Document 62004CJ0409

    Massime della sentenza

    Parole chiave
    Massima

    Parole chiave

    1. Disposizioni tributarie — Armonizzazione delle legislazioni — Imposte sulla cifra di affari — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Regime transitorio di tassazione degli scambi fra gli Stati membri

    [Direttiva del Consiglio 77/388, artt. 28 bis, n. 3, primo comma, e 28 quater, parte A, lett. a), primo comma]

    2. Disposizioni tributarie — Armonizzazione delle legislazioni — Imposte sulla cifra di affari — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Regime transitorio di tassazione degli scambi fra gli Stati membri

    [Direttiva del Consiglio 77/388, art. 28 quater, parte A, lett. a), primo comma]

    3. Disposizioni tributarie — Armonizzazione delle legislazioni — Imposte sulla cifra di affari — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Regime transitorio di tassazione degli scambi fra gli Stati membri

    [Direttiva del Consiglio 77/388, art. 28 quater, parte A, lett. a), primo comma]

    Massima

    1. Gli artt. 28 bis, n. 3, primo comma, e 28 quater, parte A, lett. a), primo comma, della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari, come modificata dalla direttiva del Consiglio 2000/65, devono essere interpretati, in considerazione del termine «spedito(i)» contenuto in tali due disposizioni, nel senso che l’acquisto intracomunitario di un bene si perfeziona e l’esenzione della cessione intracomunitaria diviene applicabile solo quando il potere di disporre del bene come proprietario è stato trasmesso all’acquirente e quando il fornitore prova che tale bene è stato spedito o trasportato in un altro Stato membro e che, in seguito a tale spedizione o trasporto, esso ha lasciato fisicamente il territorio dello Stato membro di cessione.

    La condizione preliminare per l’applicazione del regime transitorio previsto al titolo XVI bis della sesta direttiva è il carattere intracomunitario di un’operazione e, segnatamente, un movimento fisico di beni da uno Stato membro verso un altro. Infatti tale condizione relativa al passaggio di frontiere tra Stati membri è un elemento costitutivo di un’operazione intracomunitaria che la distingue da quella che avviene all’interno del paese.

    Inoltre, al pari di altre nozioni che definiscono le operazioni imponibili ai sensi della sesta direttiva, le nozioni di cessione intracomunitaria e di acquisto intracomunitario hanno un carattere obiettivo e si applicano indipendentemente dagli scopi e dai risultati delle operazioni di cui trattasi. È quindi necessario che la qualificazione di una cessione o di un acquisto intracomunitari venga effettuata in base ad elementi oggettivi, quale l’esistenza di un movimento fisico dei beni di cui trattasi fra Stati membri.

    (v. punti 37-38, 40, 42, dispositivo 1)

    2. L’art. 28 quater, parte A, lett. a), primo comma, della sesta direttiva 77/388, come modificata dalla direttiva 2000/65, va interpretato nel senso che osta a che le autorità competenti dello Stato membro di cessione obblighino un fornitore, che ha agito in buona fede e ha presentato prove che giustificano prima facie il suo diritto all’esenzione di una cessione intracomunitaria di beni, ad assolvere successivamente l’imposta sul valore aggiunto su tali beni, quando tali prove si rivelano essere false senza che risulti tuttavia provata la partecipazione del fornitore medesimo alla frode fiscale, purché quest’ultimo abbia adottato tutte le misure ragionevoli in suo potere al fine di assicurarsi che la cessione intracomunitaria effettuata non lo conducesse a partecipare ad una frode siffatta.

    In primo luogo, sarebbe contrario al principio di certezza del diritto che uno Stato membro, il quale ha stabilito i requisiti per l’applicazione dell’esenzione di una cessione intracomunitaria, fissando in particolare un elenco di documenti da presentare alle autorità competenti, ed ha accettato in un primo tempo i documenti presentati dal fornitore in quanto prove giustificative del diritto all’esenzione, possa successivamente obbligare il fornitore medesimo ad assolvere l’imposta sul valore aggiunto relativa a tale cessione allorché consti che, a causa di una frode commessa dall’acquirente di cui il fornitore non aveva e non poteva aver conoscenza, i beni in questione non hanno in realtà lasciato il territorio dello Stato membro di cessione.

    In secondo luogo, qualsiasi ripartizione del rischio tra il fornitore e l’amministrazione finanziaria, in seguito ad una frode commessa da un terzo, dev’essere compatibile con il principio di proporzionalità. Un regime che faccia ricadere l’intera responsabilità del pagamento dell’imposta sul valore aggiunto sul fornitore, indipendentemente dal coinvolgimento o meno di quest’ultimo nella frode, non preserva necessariamente il sistema armonizzato dell’imposta sul valore aggiunto dalla frode e dall’abuso dell’acquirente. Quest’ultimo, se fosse esentato da qualsiasi responsabilità, potrebbe infatti essere indotto a non spedire o a non trasportare i beni fuori dallo Stato membro di cessione e a non dichiararli ai fini dell’imposta sul valore aggiunto negli Stati membri di destinazione previsti.

    In terzo luogo, se i fornitori fossero tenuti ad assolvere essi stessi l’imposta sul valore aggiunto a posteriori, il principio di neutralità fiscale non sarebbe rispettato, poiché sui fornitori che effettuano le operazioni all’interno del paese non grava mai l’imposta a valle, trattandosi di un’imposta indiretta sui consumi. Conseguentemente, i soggetti passivi che effettuino un’operazione intracomunitaria si troverebbero in una posizione meno vantaggiosa rispetto ai soggetti passivi che effettuino un’operazione interna.

    In quarto luogo, secondo una giurisprudenza della Corte applicabile in via analogica, non sarebbe contrario al diritto comunitario esigere che il fornitore adotti tutte le misure che gli si possono ragionevolmente richiedere al fine di assicurarsi che l’operazione effettuata non lo conduca a partecipare ad una frode fiscale. Pertanto, le circostanze che il fornitore abbia agito in buona fede, che abbia adottato tutte le misure ragionevoli in suo potere e che sia esclusa la sua partecipazione ad una frode costituiscono elementi importanti per determinare la possibilità di obbligare tale fornitore ad assolvere l’imposta sul valore aggiunto a posteriori. Viceversa, qualora il fornitore abbia adempiuto i suoi obblighi relativi alla prova di una cessione intracomunitaria, laddove l’obbligo contrattuale di spedire o trasportare i beni fuori dallo Stato membro di cessione non sia stato assolto dall’acquirente, è quest’ultimo che dovrebbe essere considerato debitore dell’imposta sul valore aggiunto in tale Stato membro.

    (v. punti 50, 58, 60, 65-67, dispositivo 2)

    3. Il fatto che l’acquirente abbia presentato alle autorità tributarie dello Stato membro di destinazione una dichiarazione relativa all’acquisto intracomunitario può costituire una prova supplementare diretta a dimostrare che i beni hanno effettivamente lasciato il territorio dello Stato membro di cessione, ma non costituisce una prova determinante ai fini dell’esenzione dall’imposta sul valore aggiunto di una cessione intracomunitaria.

    (v. punto 72, dispositivo 3)

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