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Document 61994CJ0283

Massime della sentenza

Parole chiave
Massima

Parole chiave

1. Ravvicinamento delle legislazioni ° Regime fiscale comune applicabile alle società capogruppo e consociate di Stati membri diversi ° Direttiva 90/435 ° Esenzione, nello Stato membro della consociata, dalla ritenuta alla fonte dell' imposta sugli utili distribuiti alla società capogruppo ° Presupposti ° Detenzione di una partecipazione minima nel capitale della consociata ° Facoltà riconosciuta agli Stati membri di subordinare l' esenzione alla detenzione della partecipazione durante un periodo minimo ° Interpretazione restrittiva ° Legislazione nazionale che riconosce il diritto all' esenzione, e unicamente per il futuro, solo una volta decorso il periodo minimo fissato ° Inammissibilità ° Errata trasposizione da parte di uno Stato membro ° Obbligo per lo Stato di risarcire i danni subiti da una società capogruppo ° Insussistenza

(Direttiva del Consiglio 90/435/CEE, artt. 3, n. 2, e 5, n. 1)

2. Ravvicinamento delle legislazioni ° Regime fiscale comune applicabile alle società capogruppo e consociate di Stati membri diversi ° Direttiva 90/435 ° Art. 5, nn. 1 e 3 ° Esenzione, nello Stato membro della consociata, dalla ritenuta alla fonte dell' imposta sugli utili distribuiti alla società capogruppo ° Carattere chiaro ° Invocabilità da parte della società capogruppo che rispetta l' obbligo di conservare la sua partecipazione nel capitale della sua consociata durante il periodo fissato dallo Stato membro interessato

(Direttiva del Consiglio 90/435, artt. 3, n. 2, e 5, nn. 1 e 3)

3. Diritto comunitario ° Violazione da parte di uno Stato membro ° Attuazione di una direttiva ° Obbligo di risarcire il danno provocato ai singoli ° Presupposti ° Violazione grave e manifesta ° Nozione

Massima

1. L' art. 3, n. 2, della direttiva 90/435, concernente il regime fiscale comune applicabile alle società madri e figlie di Stati membri diversi, quando autorizza gli Stati membri a concedere l' esenzione dalla ritenuta alla fonte sugli utili distribuiti da una consociata alla sua società capogruppo, che la controlla per almeno il 25% del suo capitale, prevista dall' art. 5, n. 1, della direttiva, solo nei limiti in cui la società capogruppo conservi tale partecipazione minima durante un periodo che le spetta di fissare, ma che non può essere superiore a due anni, introduce una facoltà di deroga all' obbligo di concedere l' esenzione che, in quanto tale, dev' essere interpretata in senso restrittivo. Esso non può quindi essere interpretato nel senso che autorizza uno Stato membro a subordinare la suddetta esenzione alla condizione che, al momento della distribuzione degli utili, la società capogruppo abbia detenuto la partecipazione richiesta nel capitale della sua consociata durante un periodo almeno pari a quello fissato nell' ambito della facoltà che gli viene riconosciuta.

Spetta agli Stati membri stabilire le norme intese a far rispettare tale periodo minimo, in conformità alle procedure previste nel loro ordinamento interno. In ogni caso, tali Stati non sono tenuti, in forza della direttiva, a concedere l' agevolazione in modo immediato quando la società capogruppo s' impegna unilateralmente a rispettare il periodo minimo di partecipazione.

Ciò posto, il diritto comunitario non obbliga uno Stato membro ° il quale, in sede di attuazione della direttiva nel proprio diritto nazionale, ha previsto che il periodo minimo di partecipazione stabilito ai sensi dell' art. 3, n. 2, dev' essere scaduto al momento della distribuzione degli utili oggetto dell' agevolazione fiscale stabilita dall' art. 5 ° a risarcire alla società capogruppo i danni che essa avrebbe subito a causa dell' errore così commesso.

Infatti, nella specie non sussistono i presupposti necessari perché una violazione del diritto comunitario commessa da uno Stato membro, in occasione dell' attività normativa comportante un margine di valutazione costituito dalla trasposizione di una direttiva, faccia sorgere a carico di questo un obbligo di risarcire il danno provocato a singoli. Non sussiste in ogni caso la violazione grave e manifesta del diritto comunitario, dato che risulta, fra altri elementi, che l' interpretazione della direttiva accolta dallo Stato membro corrisponde a quella della maggior parte degli altri Stati membri che si sono avvalsi della facoltà di deroga.

2. L' art. 5, n. 1, della direttiva 90/435, concernente il regime fiscale comune applicabile alle società madri e figlie di Stati membri diversi, prevede, in modo chiaro e inequivoco, l' esenzione dalla ritenuta dell' imposta alla fonte per le società capogruppo che detengono una partecipazione minima del 25% nel capitale della loro consociata.

Anche se l' art. 3, n. 2, della direttiva dà agli Stati membri la facoltà di derogare a tale principio quando la società capogruppo non conserva la sua partecipazione nella consociata per un periodo minimo e rimette loro un margine di discrezionalità quanto alla durata di tale periodo, che non può superare due anni, e quanto alle procedure amministrative vigenti, ciò non esclude tuttavia che si possano determinare alcuni diritti imprescindibili in base alle disposizioni di principio contenute nell' art. 5 della direttiva. Ne consegue che, nel caso in cui uno Stato membro si sia avvalso della facoltà prevista dall' art. 3, n. 2, della direttiva, le società capogruppo, purché si conformino all' obbligo di conservare la loro partecipazione durante il periodo fissato da tale Stato membro, possono far valere direttamente i diritti loro conferiti dall' art. 5, nn. 1 e 3, della stessa direttiva dinanzi ai giudici nazionali.

3. Un diritto al risarcimento a favore dei singoli lesi da una violazione del diritto comunitario imputabile ad uno Stato membro viene riconosciuto dal diritto comunitario qualora sussistano tre presupposti: occorre che la norma giuridica violata sia preordinata a conferire diritti ai singoli, che si tratti di violazione grave e manifesta e che esista un nesso causale diretto tra la violazione dell' obbligo incombente allo Stato e il danno subito dai soggetti lesi. Tali condizioni si applicano nel caso in cui uno Stato membro non trasponga correttamente una direttiva comunitaria nel suo ordinamento nazionale. Al riguardo, una violazione è grave e manifesta qualora un' istituzione o uno Stato membro, nell' esercizio del suo potere normativo, abbia violato, in modo manifesto e grave, i limiti imposti all' esercizio dei suoi poteri. Tra gli elementi che possono essere presi in considerazione figura in particolare il grado di chiarezza e di precisione della norma violata.

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