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Document 52014AE3156

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Lo sviluppo locale di tipo partecipativo (CLLD) come strumento della politica di coesione 2014-2020 per lo sviluppo locale, rurale, urbano e periurbano» (parere esplorativo su richiesta della presidenza greca)

OJ C 230, 14.7.2015, p. 1–8 (BG, ES, CS, DA, DE, ET, EL, EN, FR, HR, IT, LV, LT, HU, MT, NL, PL, PT, RO, SK, SL, FI, SV)

14.7.2015   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 230/1


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Lo sviluppo locale di tipo partecipativo (CLLD) come strumento della politica di coesione 2014-2020 per lo sviluppo locale, rurale, urbano e periurbano»

(parere esplorativo su richiesta della presidenza greca)

(2015/C 230/01)

Relatore:

M. Roman HAKEN

Con lettera del 2 aprile 2014, Theodoros N. Sotiropoulos, presidente del comitato dei rappresentanti permanenti, ha chiesto al Comitato economico e sociale europeo, a nome della presidenza greca del Consiglio, di elaborare un parere esplorativo sul tema:

«Lo sviluppo locale di tipo partecipativo (CLLD) come strumento della politica di coesione 2014-2020 per lo sviluppo locale, rurale, urbano e periurbano».

La sezione specializzata unione economica e monetaria, coesione economica e sociale, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 18 novembre 2014.

Alla sua 503a sessione plenaria, dei giorni 10 e 11 dicembre 2014 (seduta dell’11 dicembre), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 133 voti favorevoli, 2 voti contrari e 1 astensione.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) constata che negli ultimi vent’anni il metodo Leader ha dimostrato la propria vitalità. Questo approccio, infatti, ha aiutato gli operatori rurali a valutare il potenziale a lungo termine della propria regione e ha dato prova di efficacia ed efficienza come strumento per l’attuazione di politiche di sviluppo. La Commissione europea ha promosso questo metodo, basato sul partenariato, per finanziare progetti anche attraverso le iniziative europee Urban, Urbact ed Equal, o ancora l’Agenda 21 locale, Transition Towns («Città in transizione») e i patti territoriali per l’occupazione. Per questo è nato lo Sviluppo locale di tipo partecipativo (Community Led Local Development — CLLD), una versione aggiornata del metodo Leader che, in un certo senso, costituisce un cambiamento transitorio.

1.2.

Il CLLD è uno strumento specifico da utilizzare a livello subregionale e a titolo complementare rispetto ad altre forme di sostegno allo sviluppo a livello locale. Il CLLD è in grado di attivare e coinvolgere le comunità e le organizzazioni locali affinché contribuiscano a una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva. Rafforza la coesione territoriale e permette di raggiungere obiettivi politici specifici, anche nel quadro delle relazioni con partner di paesi terzi. Consente di realizzare una crescita a lungo termine grazie a un impiego efficace dei fondi strutturali e d’investimento europei (fondi SIE) per creare posti di lavoro di qualità e stimolare le imprese, comprendendo anche le attività di tipo partecipativo in materia di cambiamenti climatici e sostenibilità, in linea con la strategia Europa 2020.

1.3.

Il CLLD deve essere trasformato al più presto in uno strumento «SMART», affinché assista gli attori locali nel trovare una via di uscita dalla crisi economica e sociale e riacquistare la fiducia nella politica dell’Unione europea. Occorre porre l’accento sui progetti innovativi, su nuovi posti di lavoro di qualità e sull’imprenditoria, come pure rafforzare le attività volte a gestire i cambiamenti climatici, lo sviluppo sostenibile e l’inclusione sociale nel quadro della nuova strategia Europa 2020. Il CLLD rappresenta un nuovo tipo di partenariato, inteso a sostenere la creazione di innovazioni sociali.

1.4.

La maggior parte degli Stati membri ha adottato il CLLD negli accordi di partenariato, il che denota l’importanza attualmente attribuita allo sviluppo locale (1). Questo approccio di gestione multilaterale dovrebbe essere esteso a tutte le attività finanziate con i fondi SIE, fissando eventualmente un livello di utilizzo obbligatorio per tutti i fondi (minimo 5 %). Il CESE è favorevole a che tutti gli Stati membri dell’UE ricorrano progressivamente a questo strumento, nel quadro dell’attuazione del principio di partenariato e dello scambio delle migliori pratiche.

1.5.

Il CESE si compiace della grande importanza attribuita dalle presidenze greca e italiana del Consiglio (2014) alla politica di coesione, in quanto strumento efficace per promuovere la crescita sostenibile e superare la crisi economica che imperversa in Europa.

1.6.

Il CESE si aspetta che anche il presente parere diventi un punto di partenza per realizzare progetti pilota (finanziati anche con risorse della Commissione europea) al fine di sperimentare lo strumento CLLD laddove non viene attualmente impiegato, ossia in particolare nei contesti periurbani e soprattutto urbani, ampliandone così le prospettive di utilizzo. Per il periodo 2014-2020, il CESE sostiene l’applicazione del metodo CLLD a tutti i fondi e alle zone sia rurali che urbane, laddove vi sia interesse per tale approccio. Si tratta di una combinazione di democrazia rappresentativa e partecipativa: uno strumento, quindi, che consente ai rappresentanti della pubblica amministrazione di cooperare in partenariato con la società civile organizzata e i cittadini.

1.7.

Il CESE ritiene opportuno consentire ai soggetti locali — cittadini, partner economici e sociali, organizzazioni non governative senza fini di lucro ed enti locali — di partecipare, ad esempio, alla strategia di sviluppo locale nel loro luogo di residenza tramite il metodo CLLD. Al tempo stesso è necessario, partendo dalle esperienze acquisite con il metodo Leader nelle zone rurali, dare un contenuto al CLLD urbano, in modo che le città e i cittadini siano consapevoli di quali misure si potranno proporre in tale contesto.

1.8.

Il CESE constata con rammarico che in molti casi le autorità pubbliche non sono inclini a utilizzare il metodo CLLD, nonostante la sua efficacia. È fondamentale lavorare a una strategia che informi e orienti in modo qualificato tutti gli attori, rivolgendosi in particolare alle autorità pubbliche al fine di favorire il ricorso a questa opportunità di sviluppare ed attuare strategie di sviluppo locale. La questione della «proprietà dei risultati» in gruppi analoghi è fondamentale per la stabilità delle strategie di sviluppo a lungo termine e per il conseguimento degli obiettivi della strategia Europa 2020. Per il successo di tale strumento è indispensabile garantire un sostegno politico a tutti i livelli (UE, nazionale, regionale e locale).

1.9.

Il CESE rileva che le parti sociali ed economiche, come pure la società civile organizzata, devono essere maggiormente coinvolte nel CLLD, a condizione, però, che siano rafforzate le loro capacità in materia. La partecipazione diretta di tutti questi soggetti al partenariato con la pubblica amministrazione è fondamentale per assicurare una rappresentanza effettiva degli interessi e delle esigenze dei cittadini.

1.10.

Il CESE ritiene che il CLLD, in quanto innovazione nel campo della politica regionale, non sia sufficientemente noto né a livello locale, né a livello di alcuni Stati membri, né in seno alle piattaforme dei potenziali utenti di tale approccio. Per favorire l’attuazione del nuovo strumento CLLD nelle politiche europee, occorre effettuare un’analisi dettagliata e una valutazione dell’approccio adottato al riguardo da determinati Stati membri, formulando raccomandazioni per un’applicazione efficace. Si disporrà così anche di uno studio che, oltre a illustrare esempi di buone pratiche, descriva i fallimenti da evitare in futuro. Il CESE è interessato a partecipare all’elaborazione di questo studio, insieme con i servizi pertinenti della Commissione europea, del Parlamento europeo, del Consiglio e del Comitato delle regioni. Lo studio potrebbe servire da base per la creazione di un intergruppo CLLD, come piattaforma interistituzionale.

1.11.

Riguardo allo sviluppo locale di tipo partecipativo, il CESE raccomanda quanto segue:

a)

finanziamenti plurifondo — monitorare e rafforzare l’attuazione del metodo CLLD nel quadro di un finanziamento plurifondo che si applichi in modo trasversale in tutta Europa e a tutti i programmi UE, nonché adoperarsi per lanciare quanto prima il prossimo periodo di programmazione;

b)

uniformazione delle prassi e degli approcci — sostenere un livello qualitativo elevato del CLLD nell’UE, standardizzare il funzionamento dei GAL (2) (gruppi di azione locale) e condividere le buone pratiche; sostenere la copertura delle «zone bianche» sulla carta, in modo da poter estendere il metodo Leader sul piano sia territoriale che tematico — condizione, questa, necessaria al buon funzionamento del metodo Leader/CLLD nel quadro dei vari programmi dell’UE;

c)

creazione di reti e cooperazione — presupposto fondamentale per un buon funzionamento del metodo CLLD; realizzare progetti di cooperazione tra le reti già esistenti e crearne di nuove a livello regionale, nazionale ed europeo; garantire l’ammissibilità delle spese di adesione e utilizzo della rete — compresi i contributi dei membri;

d)

estensione del metodo — sostenere l’applicazione del metodo CLLD anche spingendosi al di là del territorio europeo, nonché al di fuori di esso — nel quadro, ad esempio, dei negoziati di preadesione o della politica di sviluppo;

e)

semplificazione del processo — non imporre oneri amministrativi eccessivi ai piccoli enti locali in questione e, ovunque possibile, ridurre la rendicontazione al minimo necessario affinché resti credibile, non permettere alle autorità competenti di modificare le regole nel quadro dell’attuazione dei fondi SIE, lanciare dappertutto e immediatamente dei programmi di informazione, avviare seminari che consentano di scambiare le esperienze positive e sostengano gli attori locali pubblici e privati;

f)

rafforzamento delle capacità delle parti socioeconomiche, insieme con i soggetti della società civile, in modo che il maggior numero possibile di partner possa proporre un approccio attivo in materia di CLLD prima della conclusione del periodo previsto (31 dicembre 2017).

1.12.

Il metodo CLLD è pienamente applicabile non solo per quanto riguarda le risorse dei fondi SIE, ma anche a fini di redistribuzione delle risorse proprie (dal livello locale, regionale e nazionale). Per questo motivo è importante che le strategie di sviluppo, i progetti concreti e le modalità della loro attuazione non siano elaborate in funzione della dotazione prevista da parte dell’UE, bensì in modo tale da rispecchiare le esigenze reali di cambiamento della qualità della vita delle comunità locali.

1.13.

Il CESE ritiene essenziale rispettare rigorosamente i principi fondamentali del metodo CLLD. L’esistenza di un partenariato equilibrato con la partecipazione delle comunità locali è una condizione preliminare per l’ottenimento delle sovvenzioni. Per uno sviluppo locale efficace, non vanno però tollerati i partenariati puramente formali, ossia i casi in cui, per ottenere delle sovvenzioni, ci si limita a dichiarare un approccio di partenariato che di fatto non viene adottato. Per impedire gli abusi del principio del CLLD, è necessario mettere a punto un sistema efficace di controllo e sorveglianza.

1.14.

Riguardo a questo strumento il CESE osserva che, tra gli aspetti da non trascurare, e non soltanto in tempi di crisi economica, figurano la trasparenza dei flussi dal bilancio pubblico, l’aumento della fiducia tra gli organi della pubblica amministrazione e i cittadini, nonché l’efficacia delle risorse investite. Simili approcci di partenariato vengono promossi anche dall’ONU, dall’OCSE, dalla Banca mondiale e da altre istituzioni. Si tratta di un’estensione del ricorso al metodo CLLD anche al di fuori dell’UE, ad esempio nel quadro dei negoziati di preadesione in materia di politica di sviluppo, come pure degli sforzi compiuti per realizzare gli obiettivi ONU relativi allo sviluppo sostenibile per il 2015 e rispettare gli impegni in materia di cambiamenti climatici.

1.15.

Ad avviso del CESE, nel prossimo periodo il CLLD dovrà confrontarsi a una serie di sfide, che attengono alla semplificazione e alla riduzione degli oneri amministrativi:

a)

sostenere la creazione e lo sviluppo di sistemi alternativi e indipendenti di arbitrato/conciliazione, ossia piattaforme composte da esperti, per risolvere in modo rapido e semplice i problemi amministrativi e finanziari e gli eventuali conflitti tra gli enti di gestione dei programmi operativi e la gestione di progetto dei singoli partenariati (sul modello dei revisori contabili, benché non soltanto in ambito finanziario);

b)

mettere in pratica il principio per cui gli organi di attuazione (anche quando controllano le relazioni di monitoraggio) si occupano di: a) esiti, risultati, contributi ed effetti dei progetti; b) ammissibilità delle spese; e c) rispetto dei termini, e non dei dettagli che si incontrano sulla via del raggiungimento di tali risultati;

c)

pubblicare anche inviti a presentare progetti integrati per più candidati su un determinato territorio (sul modello dell’approccio Equal);

d)

in ambito finanziario, modificare la definizione di irregolarità utilizzata finora e l’interpretazione del concetto di violazione della disciplina di bilancio:

evitare un’interpretazione troppo rigorosa per i casi minori che ammontano a pochi euro: non verificare e non considerare come irregolarità i casi in cui non vengano contabilizzati correttamente o manchino importi inferiori, ad esempio, a 10 (o 40) euro,

allo stesso modo, se l’importo dei danni è inferiore al costo della loro riparazione (per il beneficiario o l’organo di controllo), il caso non dovrebbe essere trattato, a meno che l’importo in questione non venga registrato e cumulato con altri danni di entità limitata.

1.16.

Il CESE raccomanda di impiegare una terminologia differenziata per le diverse modalità di utilizzo del programma CLLD, così come avviene nel caso dei gruppi di azione locale rurali e dei gruppi d’azione locale per la pesca. I GAL urbani, ad esempio, potrebbero essere definiti «partenariati urbani», e il CLLD attuato nelle zone urbane sarebbe il CLLD-U. Ciò aiuterebbe a distinguere meglio il tipo di zona interessata, nonché i flussi finanziari in base alla loro destinazione. Al tempo stesso, visto l’esempio di successo del programma Leader, sarebbe opportuno considerare la possibilità di ridenominare anche il CLLD, ricorrendo a un acronimo accattivante, che venga meglio accettato da tutti i soggetti. Il nome, infatti, è parte integrante della campagna di promozione, mentre l’attuale acronimo CLLD dovrebbe restare, in quanto definizione del metodo, come «nota a piè pagina».

2.   Introduzione alla problematica: lo strumento CLLD e le sue origini (il programma Leader) — storia, effetti e pareri delle istituzioni europee

2.1.

I principi fondamentali dell’approccio Leader, il loro valore aggiunto e la loro applicazione nel quadro del metodo CLLD:

2.1.1.   Approccio rivolto a un determinato territorio

Il programma sfrutta le potenzialità effettive di un dato territorio di piccole dimensioni per promuoverne lo sviluppo sostenibile. Tiene conto dei suoi punti di forza e delle sue carenze, e la strategia di sviluppo elaborata risponde alle sue esigenze reali. I confini del territorio non vengono definiti soltanto in base alle frontiere amministrative, e sono flessibili.

2.1.2.   Approccio dal basso verso l’alto

Nella decisione e definizione delle priorità di una strategia di sviluppo, si attribuisce una grande importanza al coinvolgimento dell’amministrazione locale e dei cittadini. L’accento posto sul livello più basso rappresenta il più importante dei sette punti del programma. Tuttavia, il programma non cerca di sostituire il livello nazionale più elevato, bensì di favorire gli scambi tra i due livelli.

2.1.3.   Gruppo di azione locale

Un elemento importante del programma è il sostegno alla creazione di gruppi locali, che devono riunire partner della sfera pubblica, del settore privato e del volontariato, e innescare un dialogo sull’orientamento da dare allo sviluppo del territorio.

2.1.4.   Approccio innovativo

Il programma sostiene l’innovazione, e si sforza di creare nuovi prodotti, processi, organizzazioni e mercati. L’innovazione si ottiene assicurando la massima flessibilità ai gruppi locali.

2.1.5.   Approccio integrato e multisettoriale

Nel suo approccio, il programma pone l’accento sull’integrazione di diversi settori. Esso tenta di coordinare i settori economico, sociale, culturale e ambientale e di integrarli in progetti globali.

2.1.6.   Creazione di reti

Il programma sostiene la creazione di reti per permettere lo scambio di esperienze tra i partecipanti. Si tratta di reti sia istituzionali — finanziate dalla Commissione europea — sia meno formali — a livello nazionale, territoriale e locale.

2.1.7.   Cooperazione

La cooperazione nel quadro del programma, tuttavia, non si esaurisce nello scambio di esperienze. I gruppi locali possono infatti cooperare direttamente a un progetto tematico specifico.

2.1.8.   Animazione del territorio

Per lavorare realmente con gli abitanti di un dato territorio, occorre non soltanto informarli, ma anche creare un ambiente favorevole alla comunicazione e costruire la fiducia nel principio per cui le loro idee saranno valutate con obiettività e prese in considerazione.

2.2.

Il Comitato delle regioni ritiene che il CLLD sia «uno strumento fondamentale ai fini dello sviluppo armonioso delle aree urbane e rurali, in quanto rafforza la capacità di sviluppare legami con le aree periurbane e rurali circostanti» (3).

2.3.

Il Comitato economico e sociale europeo ha dedicato alla cooperazione e alla partecipazione in partenariato tutta una serie di pareri, alcuni dei quali sono qui menzionati nelle note a piè di pagina (4).

2.4.

Sulla base dell’esperienza del metodo Leader, la Commissione europea ha pubblicato alcuni documenti introduttivi al CLLD: European Structural and Investment Funds, Guidance for Member States and Programme Authorities, Guidance for Beneficiaries — Guidance on Community-Led Local Development for Local Actors (Fondi strutturali e d’investimento europei, indicazioni per gli Stati membri, le autorità di programma e i beneficiari — Orientamento in merito allo sviluppo locale di tipo partecipativo per i soggetti locali) (5) e Guidance on Community Led Local Development in European Structural and Investment Funds (Orientamento sullo sviluppo locale di tipo partecipativo nell’ambito dei fondi strutturali e d’investimento europei) (6).

2.5.

Tali documenti dovrebbero essere diffusi in modo più efficace, nel quadro di una strategia di informazione veramente proattiva. Al tempo stesso occorre prevedere uno spazio per lo svolgimento di riunioni congiunte di attori del CLLD ed esperti, con la possibilità di discutere e confrontare gli approcci adottati nelle diverse regioni dell’UE. Le strutture necessarie per queste attività potrebbero, ad esempio, essere messe a disposizione dal CESE.

3.   I gruppi di azione locale (GAL) nelle zone rurali e il sostegno al loro ruolo nel periodo 2014-2020 — bilanci pubblici sotto controllo pubblico

3.1.

Il gruppo di azione locale è l’unità di base del programma Leader. Si tratta di un partenariato locale in cui vi è una rappresentanza proporzionale tanto dei settori quanto degli ambiti di intervento. Il GAL è dotato di personalità giuridica e dispone di una serie di procedure gestionali e decisionali. Nell’UE i GAL sostenuti da programmi di sviluppo rurale e da altre misure di tipo Leader sono in tutto 2  402, e coprono il 77 % del territorio dell’Unione (7), ossia circa il 90 % dello spazio rurale, in cui vive oltre il 50 % della popolazione dell’UE (8).

3.2.

Il metodo Leader si è rivelato talmente efficace che dovrebbe essere esteso, nella misura del possibile, all’intero territorio rurale dell’UE. Al tempo stesso occorre assicurare la compatibilità delle norme che disciplinano la cooperazione internazionale tra GAL di diversi Stati membri.

3.3.

Tra le priorità del programma proposte per il periodo 2014-2020 occorre ricordare anche:

a)

gioventù nelle aree rurali — i giovani dai centri verso le zone rurali: un’azione realizzabile tramite un uso adeguato del CLLD, il rafforzamento dell’attrattività delle zone rurali per le giovani generazioni, il sostegno allo sviluppo e all’accessibilità delle tecnologie dell’informazione, la promozione dell’istruzione;

b)

economia locale — sostegno all’economia locale, alle piccole imprese non agricole (ad esempio, rilancio dell’artigianato e delle microimprese) e alle piccole e medie imprese;

c)

imprenditoria sociale — rafforzamento dell’imprenditoria sociale a livello locale in settori innovativi, con effetti sulla creazione di posti di lavoro e sullo sviluppo sostenibile (ad esempio, turismo, fonti di energia rinnovabili oppure attività culturali e sportive). È fondamentale che l’economia sociale sia riconosciuta dagli attori locali, nazionali ed europei e dagli altri partner economici come un fattore essenziale per lo sviluppo socioeconomico locale. Le istituzioni europee dovrebbero proporre delle campagne per mettere in luce il contributo dell’economia sociale allo sviluppo locale. Occorre inoltre definire degli orientamenti generali per includere le imprese sociali nei partenariati di sviluppo locale. Per questo motivo, il CESE propone di creare delle cooperative e altre imprese sociali ricorrendo a servizi pubblici e privati di consulenza a sostegno degli imprenditori e degli incubatori di imprese a livello locale. Il CESE sostiene la promozione di partenariati tra le imprese sociali locali e gli enti locali e regionali per la fornitura dei servizi necessari (ad esempio, inclusione sociale, istruzione);

d)

produzione di alimenti sani e prodotti regionali;

e)

sviluppo di infrastrutture tecniche (ad esempio, impianti di trattamento delle acque reflue, domestici e per fitodepurazione);

f)

passaggio a una società sostenibile a basse emissioni di carbonio — questo aspetto potrebbe figurare tra gli indicatori e gli obiettivi del CLLD in materia di sostenibilità, emissioni di carbonio, resilienza e conseguimento degli obiettivi dell’UE nel campo dello sviluppo sostenibile e dei cambiamenti climatici, così come tra gli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’ONU per il 2015 e gli obblighi in materia di cambiamenti climatici;

g)

utilizzo efficace delle reti esistenti (ad esempio, le reti rurali nazionali).

4.   Le zone periurbane e i gruppi d’azione locale per la pesca — sfide specifiche

4.1.

I territori che si trovano tra le città e la campagna e sono molto vicini ad entrambe si prestano a un impiego efficace del CLLD. Questo tipo di strumento permette di reagire agli sviluppi del territorio e tiene conto delle relazioni funzionali esistenti al suo interno. Le relazioni tra città e zone periurbane sono infatti molto strette e richiedono un approccio specifico.

4.2.

Le zone periurbane presentano problematiche (sfide) specifiche, che il CLLD consente di affrontare, tra cui spiccano la mobilità sostenibile, la costruzione di una comunità socialmente coesa e l’indicazione di priorità per l’utilizzo dei suoli. Le zone periurbane rappresentano l’hinterland delle città con più di 25  000 abitanti. In proposito merita di essere citato il progetto comune di ricerca «Rurban» dell’OCSE e della CE, inteso a individuare e valutare i partenariati, formali e informali, tra le città e le campagne e il loro contributo allo sviluppo locale (9).

4.3.

Dal 2007 si fa ricorso allo sviluppo locale anche nell’ambito del Fondo europeo per la pesca, a sostegno dello sviluppo sostenibile delle comunità di pescatori mediante i gruppi d’azione locale per la pesca (GALP).

5.   Zone urbane — mobilitare i cittadini e assicurare il finanziamento dello sviluppo locale

5.1.

Poiché non esiste una definizione unica delle «zone urbane», ci si baserà sulle regole e sulle consuetudini adottate a livello nazionale e locale. Per le «zone rurali», invece, vale il criterio delle dimensioni dei centri interessati, ossia del numero dei loro abitanti (non superiore a 25  000). Per analogia, si può utilizzare tale criterio anche per le zone urbane (nel qual caso il numero di abitanti andrebbe da un minimo di 10  000 a un massimo di 1 50  000). L’amministrazione pubblica parteciperebbe mediante propri rappresentanti, competenti per il territorio interessato, e l’ideale sarebbe che essi provenissero sia dall’amministrazione cittadina (il comune) che da una o più circoscrizioni (sub)urbane (ad esempio, da determinati quartieri, da località contraddistinte dall’esclusione sociale, da zone della città che presentano problemi specifici ecc.).

5.2.

Al riguardo si può trarre ispirazione dall’esperienza maturata da alcune città tramite la partecipazione al programma operativo (PO) Urbact II e alla piattaforma europea per lo sviluppo delle conoscenze (10) (nonché, tra breve, alla piattaforma per lo sviluppo urbano) (11). È opportuno ricordare anche l’esperienza delle Transition Towns (Città in transizione) e delle comunità di permacultura, nel cui ambito migliaia di comunità locali di ogni parte dell’UE hanno promosso con successo uno sviluppo sostenibile di tipo partecipativo.

5.3.

Vent’anni di esperienza in ambito rurale significano anche che le campagne insegneranno alle città: inizialmente, ad esempio, per un periodo transitorio che sarà oggetto di valutazione. Nella pratica, avvalendosi anche del sostegno di esperti e di forme di coaching, si riuscirà a trasferire con successo il suddetto metodo.

5.4.

Sin dal periodo di programmazione 2007-2013, nelle singole città sono stati istituiti organi consultivi sotto forma di gruppi di sostegno locale Urbact, che partecipavano al processo di elaborazione dei piani di azione locali. Al contrario di quanto richiesto per il metodo Leader e il CLLD, si trattava di gruppi consultivi di esperti organizzati in modo relativamente informale, che non esigevano una rappresentanza dei singoli settori. La composizione di tali gruppi era infatti determinata dagli orientamenti tematici dello specifico progetto affrontato. Il programma operativo Urbact II non sosteneva finanziariamente le attività dei gruppi di sostegno locale. Per rendere più efficace il funzionamento del principio di partenariato anche nelle zone urbane, occorre che il partenariato sia creato sulla base del CLLD e abbia a disposizione risorse finanziarie che ne garantiscano il funzionamento. «Questo approccio può essere applicato anche ad aree urbane o ad aree che coprono città di dimensioni medie e piccole, insieme con i loro territori funzionali, in quanto centri locali e subregionali  (12)».

5.5.

Tenuto conto dei problemi affrontati dalle città, sono numerosi i programmi operativi che potrebbero costituire uno strumento adeguato per finanziare progetti pilota tramite il CLLD. Si propone, quindi, di ricorrere a questo metodo e alle strategie che esso genera nel quadro di programmi pilota per i finanziamenti sul territorio delle città (ad esempio, in campo ambientale, della tutela dei siti e del patrimonio culturale ecc.) (13).

5.6.

Sarebbe opportuno raccogliere gli esempi di buone pratiche, provenienti da diversi Stati membri, in materia di sviluppo delle città tramite approcci di partenariato, così da poterli includere nello studio di cui al punto 1.10. Come guida per lavorare in partenariato si potrebbe utilizzare anche il codice intitolato Il principio di partenariato nell’attuazione dei fondi del quadro strategico comune — elementi di un codice di condotta europeo sul partenariato  (14).

6.   Come riuscire ad applicare il CLLD in modo più esteso e più frequente?

6.1.

Lo sviluppo locale di tipo partecipativo è inteso ad aiutare i cittadini a sviluppare in modo adeguato e sostenibile i loro comuni e le loro città. Grazie a questo strumento, i cittadini possono contribuire direttamente a migliorare la qualità della vita nelle loro comunità: si tratta di una crescita inclusiva autentica, con risultati visibili a livello locale. Evidentemente, per l’introduzione del CLLD occorre destinare risorse alla creazione di capacità, in modo che tutti i partner possano svolgere il proprio ruolo, non si limitino ad essere semplici osservatori di tale processo e possano partecipare attivamente al partenariato orizzontale, nello spirito della governance multilivello. Occorre inoltre sostenere l’assistenza e il tutoraggio offerti da esperti e altri soggetti con maggiore esperienza, ovvero l’istruzione e la formazione. La proposta attuale deve al tempo stesso analizzare e spiegare le ragioni dell’efficacia e del successo del metodo Leader, e indicare i motivi per cui occorre estendere il metodo CLLD a tutti i programmi dei fondi SIE per realizzare con successo la politica di coesione.

6.2.

Dove non si è mai fatto ricorso a tale metodo, occorre effettuare una valutazione a medio termine per il lancio di questo approccio nel quadro dei fondi SIE 2014-2020.

6.3.

Un aspetto importante, che dovrebbe essere sostenuto da molte parti, è lo scambio di conoscenze specifiche tra partner socioeconomici, rappresentanti della società civile, enti locali e amministrazione statale.

6.4.

L’elaborazione di strategie di CLLD richiede effettivamente un certo tempo: tuttavia, è importante che nel periodo stabilito si disponga anche di margini sufficienti per la loro attuazione, nonché di una dotazione adeguata per finanziare le diverse misure. Tanto una preparazione troppo lunga senza effetti sul territorio (sotto forma di progetti realizzati) quanto un finanziamento accelerato delle attività (in vista del termine ultimo per l’utilizzo) creerebbero sfiducia nei confronti di tale strumento.

6.5.

Gli altri problemi da risolvere per un impiego corretto del CLLD sono la burocrazia e gli ostacoli amministrativi eccessivi, il rimborso tardivo dei pagamenti, il prefinanziamento dei progetti tramite risorse proprie o prestiti i cui interessi sono a carico dei beneficiari. A questo proposito si possono immaginare dei modelli di finanziamento partecipativo, un finanziamento pubblico-privato e una partecipazione organizzata del settore bancario, con la garanzia dello Stato.

6.6.

Spesso gli Stati membri, accanto alle norme stabilite dalla Commissione europea, introducono disposizioni non richieste e proprie alla loro burocrazia «nazionale», le quali complicano notevolmente il ricorso alle sovvenzioni e scoraggiano i richiedenti a causa della loro complessità e potenziali conseguenze. Talune autorità nazionali, inoltre, si sforzano di ridurre al minimo gli oneri legati all’animazione dei territori e all’amministrazione dei GAL di piccole dimensioni; tuttavia, ciò rischia di provocare una crisi nel funzionamento dell’intero sistema.

6.7.

Il CESE chiede un addestramento per i formatori: occorre assicurare la formazione degli attori nazionali/regionali nel quadro dell’assistenza tecnica prevista all’articolo 5 del regolamento (UE) n. 1303/2013 recante disposizioni generali. Al tempo stesso, occorre mettere in atto le condizioni per un’efficace creazione e utilizzo delle reti a livello regionale, nazionale e internazionale, dato che il lavoro in rete apporta un considerevole valore aggiunto.

6.8.

Sarebbe opportuno raccogliere gli esempi di buone pratiche provenienti da diversi Stati membri, così da poterli includere nello studio di cui al punto 1.10.

Bruxelles, 11 dicembre 2014

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Henri MALOSSE


(1)  Per il periodo 2014-2020, nel regolamento n. 1303/2013 recante disposizioni comuni vengono definiti tre approcci integrati diversi: il CLLD è uno di essi, insieme con gli investimenti territoriali integrati (ITI) e i piani d’azione comuni.

(2)  Esigere e garantire le medesime condizioni per il funzionamento dello strumento CLLD nei diversi Stati membri dell’UE, in linea con i principi di tale metodo e nel rispetto delle specificità nazionali e regionali.

(3)  Parere del Comitato delle regioni Sviluppo locale di tipo partecipativo, GU C 17 del 19.1.2013, pag. 18.

(4)  Pareri del CESE: Governance e partenariato a livello nazionale e regionale e per progetti di politica regionale (GU C 77 del 31.3.2009, pag. 143), Strategie e programmi della politica di coesione per il periodo di programmazione 2007-2013 (GU C 228 del 22.9.2009, pag. 141), Partenariati efficaci nella gestione dei programmi della politica di coesione (GU C 44 dell’11.2.2011, pag. 1), Il ruolo e le priorità della politica di coesione nel quadro della strategia Europa 2020 (GU C 248 del 25.8.2011, pag. 1), Il contributo della politica regionale alla crescita intelligente nell’ambito di Europa 2020 (GU C 318 del 29.10.2011, pag. 82), Leader in quanto strumento di sviluppo locale (GU C 376 del 22.12.2011, pag. 15), Disposizioni generali sui fondi strutturali (GU C 191 del 29.6.2012, pag. 30).

(5)  http://ec.europa.eu/regional_policy/sources/docgener/informat/2014/guidance_clld_local_actors.pdf

(6)  http://ec.europa.eu/regional_policy/sources/docgener/informat/2014/guidance_community_local_development.pdf

(7)  Rete europea per lo sviluppo rurale (ENRD), Leader Infographic.

(8)  Depoele, van L., Local development strategies in the EU, The Case of Leader in Rural Development (Le strategie di sviluppo locale nell’UE: il caso di Leader per lo sviluppo rurale), pag. 4: http://www.eurolocaldevelopment.org/wp-content/uploads/2013/03/local_development_strategies_in_the_eu-.pdf

(9)  http://www.oecd.org/regional/rurbanrural-urbanpartnerships.htm

(10)  www.eukn.org

(11)  http://www.emi-network.eu/Sharing_knowledge/News_on_EU_policy/Cohesion_Policy_2014_2020_negotiations_about_the_urban_dimension

(12)  Associazione dei comuni polacchi, gennaio 2014, http://ldnet.eu/CLLD+in+urban+areas

(13)  In parallelo all’attuazione dello strumento CLLD, si tratta di uno strumento integrato pertinente, come anche gli investimenti territoriali integrati (ITI). L’applicazione simultanea di questi strumenti produrrà effetti sinergici.

(14)  http://ec.europa.eu/regional_policy/sources/docoffic/working/strategic_framework/swd_2012_106_it.pdf


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