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Document 52013IE2634

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Sicurezza alimentare e bioenergia» (parere d'iniziativa)

OJ C 341, 21.11.2013, p. 16–20 (BG, ES, CS, DA, DE, ET, EL, EN, FR, HR, IT, LV, LT, HU, MT, NL, PL, PT, RO, SK, SL, FI, SV)

21.11.2013   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 341/16


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Sicurezza alimentare e bioenergia» (parere d'iniziativa)

2013/C 341/04

Relatore: CHIRIACO

Il Comitato economico e sociale europeo, in data 14 febbraio 2013, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 29, paragrafo 2, del Regolamento interno, di elaborare un parere d'iniziativa sul tema:

Sicurezza alimentare e bioenergia.

La sezione specializzata Agricoltura, sviluppo rurale, ambiente, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 3 settembre 2013.

Alla sua 492a sessione plenaria, dei giorni 18 e 19 settembre 2013 (seduta del 18 settembre), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 173 voti favorevoli, 3 voti contrari e 13 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) ritiene che il tema della sicurezza alimentare debba essere messo al centro delle politiche dell'Unione europea quale precondizione per una strategia di stabilità globale.

1.2

Nel dibattito "Food vs Fuel" il CESE, pur concordando con l'Unione europea sulla necessita di ridurre la dipendenza dalle importazioni di combustibili fossili, impegna la Commissione a mettere in primo piano la sicurezza dell'approvvigionamento alimentare, la difesa del territorio, la competitività della agricoltura europea, la destinazione dei terreni (1) in un rapporto stretto tra certezza della sicurezza alimentare e produzione di bioenergie (2).

1.3

Il CESE ritiene che il futuro dell'Unione europea dovrà basarsi sulla sostenibilità sociale, economica e ambientale, e che la produzione di energie rinnovabili dovrà essere strettamente legata al raggiungimento di questi obiettivi.

1.4

Il CESE concorda con la decisione della Commissione di includere nelle direttive 98/70/CE e 2009/28/CE disposizioni vincolanti che affrontino il cambiamento della destinazione d'uso dei terreni in quanto i biocarburanti attuali sono prodotti da colture agricole.

1.5

Il CESE, nel confermare quanto già presente nel parere TEN/502 (3), dichiara la propria contrarietà alla scelta fatta dalla Commissione di valutare il "cambiamento indiretto della destinazione dei terreni" nel confronto con le fonti energetiche fossili e biogeniche, considerando solo il bilancio dei gas ad effetto serra e sottovalutando temi quali la sicurezza degli approvvigionamenti e l'impatto delle fonti fossili.

1.6

Il CESE concorda con la proposta della Commissione di limitare, tenendo conto degli investimenti già effettuati, la produzione di biocarburanti prodotti da colture alimentari e sostenere con incentivi i carburanti "avanzati". Il CESE tuttavia ritiene che la produzione di carburanti di seconda generazione che utilizzano legno e paglia potrebbe ridurre i cicli di assorbimento del carbonio causando di conseguenza un aumento di anidride carbonica (4).

1.7

Per il CESE diversa sarebbe la valutazione se come materia prima per la produzione di biocarburanti fossero anche utilizzate le micro alghe, che pur non essendo ancora una realtà commerciale, farebbero, al contrario dei carburanti di prima generazione, ridurre, in prospettiva, le preoccupazioni relative alla concorrenza con la terra e le risorse idriche.

1.8

Su questi temi il CESE conferma pienamente le conclusioni della Conferenza CESE sulla sicurezza alimentare in 2011: "la produzione di biocarburanti dovrà essere conforme ai principi comuni e essere sottomessa agli studi di impatto ambientale ai quali sarà strettamente associate la comunità locale, ciò garantirà che si possa tenere strettamente in considerazione la questione del diritto alla alimentazione".

1.9

Con questa valutazione del CESE si suggerisce alla Commissione di adottare a livello europeo strumenti quali gli "Operator Level Indicator", per valutare gli impatti potenziali di progetti delle bioenergie sulla sicurezza alimentare a livello dei singoli Stati membri.

2.   Osservazioni generali

2.1.1

Il sistema energetico sta attraversando a livello internazionale una fase di grande difficoltà, dovuta non solo alla crisi economica globale ma soprattutto alla situazione geopolitica dei paesi del Nord Africa e del Medio Oriente.

2.1.2

L'OCSE, con riferimento all'anno 2009, ha valutato una riduzione dei consumi energetici del 4,4 % a livello globale, del 5 % negli USA e del 5,5 % nell'UE, mentre nei paesi non appartenenti all'OCSE la domanda è cresciuta del 2 %. A questa valutazione si aggiunge l'incidente alla centrale nucleare di Fukushima in Giappone, che ha spinto alcuni Stati tra cui la Germania ad abbandonare l'uso del nucleare per produrre energia.

2.1.3

Attualmente l'Europa importa l'80 % del petrolio, il 60 % del gas naturale e il 40 % del carbone necessari per soddisfare il proprio fabbisogno energetico, stimato in 1 583,3 Mtep (Nomisma). Le fonti energetiche non rinnovabili incidono per il 91 % (petrolio 36,6 %, gas naturale 24,5 %, carbone 15,7 %, energia nucleare 13,6 %) e le fonti rinnovabili per il 9 % (6,1 % biomasse, biogas, rifiuti municipali, 1,7 % energia idroelettrica, 0,7 % energia eolica, 0,3 % energia geotermica, 0,1 % fotovoltaica e solare).

2.1.4

L'Europa è sempre più legata alle importazioni di energia. L'UE a 28 paesi nel 2030 importerà l'84 % del gas naturale, il 59 % del carbone e il 94 % del petrolio di cui ha bisogno (EREC). Con riferimento all'anno 2009, i trasporti sono il settore con la quota più elevata di consumi energetici, pari al 33 %, il settore abitativo rappresenta il 26,5 %, l'industria il 24,2 %, i servizi il 14 %; ultima è l'agricoltura con il 2,3 %.

2.1.5

Gli obiettivi che l'UE vuole raggiungere si possono sintetizzare in:

ridurre la dipendenza dalla importazione di fonti non rinnovabili, che rappresentano il 75 % del consumo energetico europeo, pari a 890,5 Mtep;

migliorare la sicurezza negli approvvigionamenti;

aumentare la produzione primaria della UE-28 dalle attuali 812 Mtep;

lottare contro il cambiamento climatico e le emissioni di CO2 e gas serra.

2.2   Il cambiamento nelle politiche energetiche

2.2.1

Negli ultimi anni il sistema di energia basato sull'impiego di fonti fossili ha mostrato molti aspetti critici che ne mettono in dubbio la sostenibilità futura e la sicurezza degli approvvigionamenti, evidenziando la necessità di traguardare fonti energetiche sicure in un sistema di importazione dell'energia controllato.

A fronte della continua crescita della domanda d'energia (IEA), il futuro e inarrestabile esaurimento della produzione di risorse fossili pone a rischio la capacità di soddisfare il crescente fabbisogno energetico. Tale esaurimento è dovuto alla non rinnovabilità delle stesse risorse fossili; il loro processo di trasformazione richiede tempi estremamente lunghi, incompatibili con le esigenze energetiche della società contemporanea.

2.2.2

Le principali tipologie di energie rinnovabili sono:

l'energia solare,

l'energia eolica,

l'energia idroelettrica,

l'energia geotermica,

l'energia da biomasse.

Esse non esauriscono il possibile panorama, soprattutto in riferimento ai risultati della ricerca scientifica.

2.2.3

Le bioenergie possono essere definite come energia ottenuta dalle biomasse, che classificate in base al loro stato fisico si dividono in:

biomasse solide, di origine forestale o da coltivazione, scarti di origine vegetale e animale derivanti da attività agricole;

biogas: il gas che si origina dalla fermentazione di biomasse in assenza di ossigeno quali rifiuti urbani, reflui zootecnici, scarti agricoli e agroindustriali, fanghi industriali, biomasse legnose;

bioliquidi e biocarburanti ottenuti da olii vegetali (colza, soia, semi di girasole, frutti di palma), da colture zuccherine, amidacee cellulosiche (barbabietola, canna da zucchero, mais, frumento, canna comune) e inoltre il bioliquido ottenuto da processo di pirolisi di biomasse.

2.2.4

La fonte rinnovabile che sviluppa un utilizzo energetico già efficiente è rappresentata dalle biomasse. Queste comprendono ogni sostanza di origine organica che durante il processo di fotosintesi clorofilliana ha accumulato direttamente o indirettamente energia solare. La biomassa deriva da colture energetiche o da residui organici provenienti da prodotti forestali e di trasformazione tecnologica dei prodotti e agricoli.

2.2.5

A livello globale circa il 50 % dei residui potenzialmente disponibili è originato dal settore forestale, l'altro 50 % proviene dal settore agricolo, dove particolare rilevanza hanno gli impianti alimentati da biomasse agro-zootecniche (IEA).

2.3   Le iniziative dell'Unione europea per lo sviluppo delle energie rinnovabili

Protocollo di Kyoto, entrato in vigore il 21 marzo 1994;

Programma Altener sulla promozione delle energie rinnovabili (decisione del Consiglio 1993/500/CEE);

Libro verde sulle fonti energetiche rinnovabili, (1996);

Libro bianco che fissa l'obiettivo di utilizzare il 12 % di energia da fonti rinnovabili entro il 2010;

Direttiva 2001/77/CE sulla promozione dell'energia elettrica da FER;

Direttiva 2003/30/CE sulla promozione dell'uso dei biocarburanti;

Direttiva 2003/96/CE che ristruttura il quadro comunitario per la tassazione dei prodotti energetici e dell'elettricità;

COM(2005) 628 final - Piano d'azione per la biomassa;

COM(2006) 34 final - Strategia dell'UE per i biocarburanti;

Libro verde Una strategia europea per un'energia sostenibile, competitiva e sicura (2006);

Pacchetto Clima-energia (20-20-20), Consiglio europeo, 9 marzo 2007;

Direttiva 2009/28/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE (testo rilevante ai fini del SEE);

Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo Tabella di marcia per le energie rinnovabili – Le energie rinnovabili nel 21o secolo: costruire un futuro più sostenibile, COM(2006) 848 final;

Comunicazione della Commissione Il sostegno a favore dell'elettricità prodotta da fonti energetiche rinnovabili, SEC(2005) 1571 – COM(2005) 627 final.

3.   Osservazioni specifiche

3.1   Bioenergie e problematiche socio economiche

3.1.1

Gli impatti socioeconomici delle bioenergie sono per buona parte subordinati alle voci di costo: incentivi, costi carenze strutturali e di benefici: indotto, effetti sul PIL riduzione CO2, effetti occupazionali, riduzione del Fuel risk, mancati costi smaltimento rifiuti, produzione di fertilizzanti e altri sottoprodotti (Althesys). Inoltre quando i prezzi del petrolio superano i 70 $ al barile, la produzione di bioenergie diventa competitiva.

3.1.2

L'attuale sistema produttivo delle biomasse a fini energetici ha effetti sul territorio, sull'economia, sui prezzi, sulla società nel suo complesso. Il CESE ritiene che questi effetti debbano essere valutati per correggere inefficienze e storture.

3.1.3

Il CESE valuta che lo sviluppo delle bioenergie abbia ripercussioni sulla sicurezza alimentare per motivi strettamente legati ai prezzi e ai fattori territoriali. Il primo effetto diretto sui prezzi deriva dalla domanda di biocarburanti in quanto i mercati dell'energia sono più grandi di quelli agricoli in termini di valori. I prezzi dell'energia determinano i prezzi agricoli di colture energetiche in quanto l'aumento della domanda di energia legata ai prodotti agricoli determina il prezzo minimo di zucchero, mais e colza e il loro prezzo massimo, che se superato rende non competitivo l'utilizzo di colture agricole in confronto con altre fonti di energia quali eolico, fotovoltaico, geotermico. Va inoltre ricordato il problema generale per cui prezzi energetici più elevati fanno aumentare il costo dei fattori di produzione agricoli.

3.1.4

Le bioenergie si presentano come una potenziale soluzione possibile, che potrebbe risollevare zone economicamente depresse e sottoutilizzate dal punto di vista agricolo, in particolare nell'accrescimento delle filiere nelle varie fasi di produzione, raccolta, trasporto e trasformazione. Anche dal punto di vista economico e occupazionale è possibile traguardare obiettivi positivi: secondo la comunicazione della Commissione, COM(2005) 628 final, Piano d'azione per la biomassa, l'occupazione diretta nel 2010 è stata calcolata in 300 000 nuovi lavoratori, in particolare nelle zone rurali.

3.1.5

L'utilizzazione di superfici boscose per finalità energetiche può consentire il ripristino di "comunità territoriali" agroforestali con una maggiore vigilanza sul territorio e presidio delle aree boschive. Inoltre, si potrebbe rafforzare la capacità degli ecosistemi forestali di svolgere le loro funzioni principali, che consistono nella produzione di biomasse legnose e nella protezione del patrimonio naturalistico e della fertilità del suolo.

3.2   La terra

3.2.1

Il CESE deplora il fatto che, come avvenuto in passato per il petrolio, dei paesi ricchi sprovvisti di terre arabili per garantire l'approvvigionamento delle loro popolazioni, delle multinazionali o dei fondi sovrani realizzino investimenti considerevoli nei paesi terzi per sfruttarne le terre. In questo modo, ci ritroviamo di fronte a una "corsa alla terra" che rischia di destrutturare le comunità rurali esistenti e di danneggiare le risorse agricole e forestali delle popolazioni locali. Il CESE ritiene che questa situazione sia lungi dal costituire un esempio di sviluppo sostenibile sul piano economico, sociale e ambientale.

3.2.2

La problematica del conflitto nell'uso della terra è dirompente soprattutto nel caso dei paesi in via di sviluppo o di quelli caratterizzati da enormi territori scarsamente urbanizzati (Brasile o Iowa negli USA). Il concetto di conflitto nell'uso della terra, sebbene intuitivo, può essere reso in maniera più esplicita se si considera che per la produzione di 25 galloni di bioetanolo è necessaria una quantità di mais sufficiente a nutrire una persona per un anno (World Watch Institute).

3.2.3

Il conflitto dell'uso del suolo è un problema legato all'importazione dei biocarburanti da parte dell'Unione europea e all'approvvigionamento alimentare nei paesi in via di sviluppo, soprattutto nei paesi africani e del Sud-Est asiatico, per le tensioni legate al possesso della terra vista l'assenza del catasto dei terreni e del diritto consuetudinario.

3.2.4

Il CESE concorda con la strategia dell'UE per i biocarburanti, COM(2006) 34 final, essenzialmente per la parte dove si dichiara che è fondamentale prevedere adeguate norme ambientali minime da applicare alla produzione di materie prime per i biocarburanti sollevando perplessità sull'utilizzo dei terreni ritirati dalla produzione alimentare per il potenziale impatto negativo sulla biodiversità e sul suolo.

3.3   L'acqua

3.3.1

In un mondo sempre più sviluppato l'utilizzo senza controllo delle risorse idriche è in costante aumento. Le cause sono la crescita della popolazione mondiale e la sua allocazione, i cambiamenti di abitudine nell'alimentazione e il peso dei biocarburanti. L'attuale strategia di sviluppo dei biocarburanti aggraverà sicuramente la crisi idrica, e l'accesso alle risorse idriche potrebbe diventare un fattore limitante nello sviluppo della produzione di materie prime quali mais e canna da zucchero.

3.3.2

Il CESE ritiene che per quanto riguarda le colture dedicate ai biocarburanti ci si dovrebbe orientare verso colture non irrigue e in grado di svilupparsi anche in aree interne e svantaggiate, in quanto per produrre un litro di biodiesel servono 4 000 litri di acqua per l'irrigazione delle colture e durante il processo chimico di trasformazione.

3.4   Ambiente

3.4.1

Esistono dei rischi potenziali derivanti dall'utilizzo distorto del suolo e in particolare dei terreni agricoli sia per le produzioni destinate alla alimentazione sia per quelle destinate alle bioenergie quali:

aumento della pressione sull'intero settore agricolo dovuto all'intensificazione delle coltivazioni (compattamento del suolo, eccesso di nutrienti, consumo eccessivo delle risorse idriche, erosione);

trasformazione dei prati e dei pascoli in terreni arabili per le colture energetiche, con perdita delle riserve di carbonio immagazzinate;

perdita della biodiversità a causa di modelli di produzione intensiva;

omogeneizzazione del paesaggio (EEA report 7/2006).

3.4.2

Per contro il CESE ritiene che un uso razionale del suolo strettamente legato alle buone pratiche agricole utilizzate nell'Unione europea, basate su colture legate alla produzione delle diverse tipologie di bioenergie, possa al contrario accrescere la biodiversità e ridurre l'omogeneizzazione del paesaggio. Per il CESE questa in Europa è una strada senza ritorno.

3.4.3

In questo quadro è necessario puntare sui biocarburanti di seconda generazione, anche se, poiché questi si prestano a essere gestiti in un'ottica industriale e intensiva, gli agricoltori saranno relegati al solo ruolo di fornitori della materia prima, senza alcuna garanzia sulla remunerazione economica. Il CESE ritiene necessario riequilibrare il ruolo degli agricoltori in rapporto alla produzione e alla commercializzazione delle colture energetiche al fine di favorire le organizzazioni dei produttori in tutta la filiera; queste ultime potranno così svolgere un ruolo determinante nella negoziazione di contratti equilibrati con gli operatori a valle.

3.5   La scelta europea sulle bioenergie

3.5.1

Il ricorso su larga scala a colture energetiche terrestri richiede una gestione sostenibile di terreni forestali e agricoli. La produzione di biomasse per finalità energetiche presenta un rapporto positivo con l'ambiente solo se realizzata in maniera corretta. Ad esempio l'abbandono delle zone rurali ha favorito il manifestarsi di fattori naturali destabilizzanti. I terreni non preservati da positive attività antropiche possono presentare un elevato rischio di frane, desertificazione e incendi.

3.5.2

Il CESE ritiene che per favorire lo sviluppo integrato delle bioenergie sul territorio sia necessario lo sviluppo di un modello di generazione distribuita e di filiera energetica corta, con impianti di piccole dimensioni che trasformino la biomassa prodotta localmente con conseguenti vantaggi sotto il profilo degli impatti ambientali e per la reale possibilità di un coinvolgimento diretto degli agricoltori nella filiera (singoli o associato).

3.5.3

Il CESE approva le linee di buone pratiche da attuare per le diverse colture bioenergetiche presentate dall'Agenzia europea per l'ambiente quali:

garantire la coltivazione dei terreni per tutto l'anno;

la coltivazione sui pendii;

creare frangivento attraverso l'introduzione di colture di diverse altezze;

mantenere e creare frangivento lungo i confini poderali e introdurre pratiche che impediscano le perdite di materia organica del suolo.

3.5.4

Il CESE ritiene che lo sviluppo di una corretta agricoltura energetica possa favorire una costante presenza dell'uomo sul territorio assicurandone la vigilanza e la valorizzazione delle risorse, in particolare quelle forestali.

3.5.5

Inoltre nel settore dell'agricoltura le produzioni bioenergetiche si prospettano come una parziale e controllata integrazione alle produzioni agroalimentari, contribuendo a diversificare i canali di mercato, rendendo meno critico il passaggio a una agricoltura sempre più competitiva e offrendo soluzioni non conflittuali per l'allocazione di prodotti agricoli da parte dei nuovi Stati membri.

3.6   Sistemi di controllo della qualità delle produzioni bioenergetiche

3.6.1

Le metodologie usate per studiare gli effetti ambientali delle bioenergie sono tra le più diverse, tra queste il CESE ne segnala due:

l'impronta ecologica per la produzione di biomasse;

le indagini DPSIR (Determinati-Pressioni-Stato-Impatto-Risposte).

3.6.2

Nella stima degli impatti ambientali la valutazione del ciclo di vita (LCA - Life Cycle Assessment) permette di determinare e quantificare i carichi energetici e ambientali, concreti e potenziali, presenti nelle varie fasi del ciclo di produzione e consumo delle bioenergie. Tale tecnica permette di confrontare il profilo ambientale delle varie bioenergie con quello delle energie fossili che svolgono analoghe funzioni.

3.6.3

Il CESE ritiene coerente con i principi su esposti la posizione dei paesi aderenti al "Global Energy Partnership", tra cui USA e Cina, che hanno siglato un accordo internazionale sul controllo dell'uso dei biocarburanti e le ricadute sull'ambiente e l'equilibrio alimentare. Ogni singolo Stato sarà in grado di misurare la sostenibilità ambientale delle bioenergie attraverso 24 criteri e indicatori volontari.

3.6.4

In questo quadro, per il CESE, nell'utilizzo del surplus di terra per la produzione di materie prime destinate alle bioenergie occorre identificare non solo i vincoli ambientali, economici e sociali ma verificare attraverso il fattore ILUC (indirect land-use change) se la terra destinata alle colture energetiche può provocare un incremento di CO2.

3.6.5

Il CESE concorda con la Commissione sulla scelta di monitorare i rischi derivanti nel sistema di trasporti dai biocarburanti (Direttiva 28/2009), di limitare il contributo dei biocarburanti e bioliquidi prodotti da coltivazioni a scopo alimentare modulati in funzione del grado di maturità delle diverse tecnologie e di incentivare la produzione di bioenergie a partire da prodotti che non generano ulteriori domande di terreno quali per esempio la combustione di rifiuti urbani.

3.6.6

Il CESE ritiene che l'utilizzo dei biocombustibili di prima generazione non debba impedire all'Unione europea di investire nella ricerca di nuove fonti pulite di energia (5).

Bruxelles, 18 settembre 2013

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Henri MALOSSE


(1)  GU C 198 del 10.7.2013, pag. 56.

(2)  GU C 110 del 9.5.2006, pag. 49.

(3)  GU C 198 del 10.7.2013, pag. 56.

(4)  GU C 198 del 10.7.2013, pag. 56.

(5)  GU C 271 del 19.9.2013, pagg. 111-115.


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