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Document C2007/269/49

Causa C-380/07: Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Tribunale Monocratico di Retimno (Grecia) l' 8 agosto 2007 — Georgios Karabousanos e Sofoklis Michopoulos/Dimos Geropotamou

OJ C 269, 10.11.2007, p. 27–29 (BG, ES, CS, DA, DE, ET, EL, EN, FR, IT, LV, LT, HU, MT, NL, PL, PT, RO, SK, SL, FI, SV)

10.11.2007   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 269/27


Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Tribunale Monocratico di Retimno (Grecia) l'8 agosto 2007 — Georgios Karabousanos e Sofoklis Michopoulos/Dimos Geropotamou

(Causa C-380/07)

(2007/C 269/49)

Lingua processuale: il greco

Giudice del rinvio

Tribunale Monocratico di Retimno

Parti

Ricorrenti: Georgios Karabousanos e Sofoklis Michopoulos

Convenuto: Dimos Geropotamou

Questioni pregiudiziali

1)

Se la clausola 5 e la clausola 8, nn. 1 e 3, dell'accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato, che è parte integrante della direttiva del Consiglio 199/70/CE (GU L 175 del 10 luglio 1999, pag. 42), debbano essere interpretate nel senso che il diritto comunitario non consente allo Stato membro, motivando con il richiamo all'applicazione di tale accordo quadro, di adottare provvedimenti quando: a) nell'ordinamento giuridico nazionale già esistono, prima dell'entrata in vigore della direttiva, norme equivalenti, ai sensi della clausola 5, n. 1, dell'accordo quadro e b) quando, con i provvedimenti adottati per l'applicazione dell'accordo quadro, viene ridotto il livello generale di tutela dei lavoratori a tempo determinato nell'ordinamento giuridico nazionale.

2)

In caso di risposta affermativa alla prima questione, qualora nell'ordinamento giuridico nazionale preesistano all'entrata in vigore della direttiva 1999/70/CE norme equivalenti, ai sensi della clausola 5, n. 1, dell'accordo quadro, come l'art. 8, n. 3, della legge n. 2112/1920 di cui si discute nella controversia principale, se costituisca una riduzione non consentita del livello generale di tutela dei lavoratori a tempo determinato nell'ordinamento giuridico nazionale, ai sensi della clausola 8, nn. 1 e 3 dell'accordo quadro, l'adozione di un provvedimento normativo, motivato con richiamo all'applicazione dell'accordo quadro, come l'art. 11 del decreto presidenziale n. 164/2004, di cui si discute nella causa principale:

a)

quando tale provvedimento normativo, diretto all'applicazione dell'accordo quadro, è adottato dopo la scadenza del termine per la trasposizione della direttiva 1999/70/CE, ma nel suo ambito di applicazione rationae temporis rientrano solo contratti e rapporti di lavoro a tempo determinato che erano in corso alla sua entrata in vigore o che sono scaduti entro un determinato lasso di tempo prima della sua entrata in vigore, ma dopo la scadenza del termine di trasposizione della direttiva, mentre le norme equivalenti preesistenti non hanno un ambito di applicazione limitato nel tempo e comprendono tutti i contratti di lavoro a tempo determinato che sono stati stipulati, erano in corso o sono scaduti alla data di entrata in vigore della direttiva 1999/70/CE e di scadenza del termine per la sua trasposizione;

b)

quando nell'ambito di applicazione di tale provvedimento normativo, diretto all'applicazione dell'accordo quadro, rientrano solo contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato che, per essere considerati successivi ai fini del provvedimento summenzionato devono cumulativamente soddisfare le seguenti condizioni:

1)

che tra di essi intercorra un periodo non superiore a tre mesi e, inoltre,

2)

che essi abbiano una durata complessiva di almeno ventiquattro mesi all'entrata in vigore di tale provvedimento, indipendentemente dal numero di rinnovi contrattuali, o che vi sia stato sulla base di essi un periodo di occupazione complessivo di almeno diciotto mesi entro un periodo complessivo di ventiquattro mesi a partire dal contratto iniziale nel caso in cui vi siano almeno tre rinnovi oltre al contratto iniziale, mentre le preesistenti norme equivalenti non stabiliscono tali condizioni, comprendendo invece tutti i contratti (successivi) di lavoro a tempo determinato, a prescindere da un periodo minimo di occupazione e da un numero minimo di rinnovi contrattuali;

c)

quando il provvedimento normativo in esame, diretto all'applicazione dell'accordo quadro, prevede come conseguenza giuridica per la tutela dei lavoratori a tempo determinato e la prevenzione degli abusi ai sensi dell'accordo quadro sul contratto a tempo determinato la qualificazione del contratto di lavoro a tempo determinato come contratto a tempo indeterminato con effetto per il futuro (ex nunc), mentre le preesistenti norme equivalenti prevedono la qualificazione dei contratti di lavoro a tempo determinato come contratti a tempo indeterminato dal momento della loro iniziale stipulazione (ex tunc).

3)

In caso di risposta affermativa alla prima questione, qualora nell'ordinamento giuridico nazionale preesistano all'entrata in vigore della direttiva 1999/70/CE norme equivalenti, ai sensi della clausola 5, n. 1, dell'accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, che costituisce parte integrante di tale direttiva, come l'art. 8, n. 3, della legge n. 2112/1920, di cui si discute nella causa in esame, se costituisca una riduzione non consentita del livello generale di tutela dei lavoratori a tempo determinato nell'ordinamento giuridico nazionale, ai sensi della clausola 8, nn. 1 e 3, dell'accordo quadro, l'adozione di un provvedimento normativo, motivato con il richiamo all'applicazione dell'accordo quadro, come l'art. 7 del decreto presidenziale n. 164/2004, di cui si discute nella causa principale, quando esso prevede come unico mezzo di tutela dei lavoratori a tempo determinato contro gli abusi, l'obbligo per il datore di lavoro di pagare la retribuzione e l'indennità di licenziamento, in caso di occupazione abusiva con contratti di lavoro a tempo determinato successivi, tenuto conto del fatto che:

a)

l'obbligo di pagamento della retribuzione e dell'indennità di licenziamento è previsto dal diritto nazionale in qualsiasi caso di rapporto di lavoro e non è diretto specificamente a evitare gli abusi, ai sensi dell'accordo quadro, e

b)

l'applicazione delle preesistenti norme equivalenti produce come conseguenza giuridica il riconoscimento dei contratti di lavoro a tempo determinato successivi come contratti a tempo indeterminato.

4)

In caso di risposta affermativa alle precedenti questioni, se il giudice nazionale, nell'interpretare il suo diritto nazionale in conformità della direttiva 1999/70/CE, debba disapplicare le disposizioni incompatibili con tale direttiva contenute nel provvedimento legislativo adottato motivando con il richiamo all'applicazione dell'accordo quadro, che però determina una riduzione del livello generale di tutela dei lavoratori a tempo determinato nell'ordinamento giuridico interno, come quelle degli artt. 7 e 11 del decreto presidenziale n. 164/2004 e applicare al loro posto le disposizioni contenute nel provvedimento nazionale equivalente, preesistente all'entrata in vigore della direttiva, come quelle dell'art. 8, n. 3, della legge n. 2112/1920.

5)

Nel caso in cui il giudice nazionale ritenesse in via di principio applicabile, in una causa che riguarda il lavoro a tempo determinato, una disposizione (nella fattispecie l'art. 8, n. 3, della legge n. 2112/1902) che costituisce norma equivalente, ai sensi della clausola 5, n. 1, dell'accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, che è parte integrante della direttiva 1999/70/CE, e sulla base di tale disposizione, la constatazione che la stipulazione di contratti successivi di lavoro come contratti avvenuti a tempo determinato senza ragione obiettiva collegata alla natura, al tipo e alle caratteristiche dell'attività prestata, comporti il riconoscimento che tali contratti sono contratti di lavoro a tempo indeterminato:

a)

se sia compatibile con il diritto comunitario un'interpretazione e applicazione del diritto nazionale da parte del giudice nazionale, secondo cui in ogni caso costituisce una ragione obiettiva per la stipulazione di contratti di lavoro a tempo determinato il fatto che, come fondamento giuridico della loro stipulazione, è stata utilizzata una norma sull'occupazione con contratti di lavoro a tempo determinato per il soddisfacimento di esigenze stagionali, periodiche, temporanee o straordinarie, anche se in realtà le esigenze soddisfatte sono «stabili e durature»;

b)

se sia compatibile con il diritto comunitario un'interpretazione e applicazione del diritto nazionale da parte del giudice nazionale secondo cui una disposizione che vieta la conversione di contratti di lavoro a tempo determinato nel settore pubblico in contratti di lavoro a tempo indeterminato deve interpretarsi nel senso che nel settore pubblico, è assolutamente e in ogni caso vietata la conversione di un contratto o rapporto di lavoro a tempo determinato in un contratto o rapporto a tempo indeterminato, anche qualora abusivamente esso sia stato stipulato a tempo determinato, in quanto in realtà le esigenze soddisfatte sono «stabili e durature» e al giudice nazionale non è lasciata la possibilità, in un caso del genere, di dichiarare il vero carattere del rapporto giuridico di lavoro controverso e la corretta qualificazione di esso come contratto a tempo indeterminato; oppure se tale divieto debba essere circoscritto ai soli contratti di lavoro a tempo determinato che sono stati effettivamente stipulati per il soddisfacimento di esigente temporanee, impreviste, urgenti, straordinarie o simili, e non anche nel caso in cui in realtà siano stati stipulati per il soddisfacimento di esigenze «stabili e durature».


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