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Document 52006AE0238

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema La rappresentanza femminile negli organi decisionali dei gruppi di interesse economici e sociali dell'Unione europea

OJ C 88, 11.4.2006, p. 32–36 (ES, CS, DA, DE, ET, EL, EN, FR, IT, LV, LT, HU, NL, PL, PT, SK, SL, FI, SV)

11.4.2006   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 88/32


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema La rappresentanza femminile negli organi decisionali dei gruppi di interesse economici e sociali dell'Unione europea

(2006/C 88/09)

Il Parlamento europeo, in data 11 marzo 2003, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 262 del Trattato che istituisce la Comunità europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo sul tema: La rappresentanza femminile negli organi decisionali dei gruppi di interesse economici e sociali dell'Unione europea.

La sezione specializzata Occupazione, affari sociali, cittadinanza, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 24 gennaio 2006, sulla base del progetto predisposto dal relatore ETTY.

Il Comitato economico e sociale europeo, in data 14 febbraio 2006, nel corso della 424a sessione plenaria, ha adottato il seguente parere con 88 voti favorevoli, 13 voti contrari e 11 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) concorda con la posizione del Parlamento europeo secondo cui il rafforzamento della rappresentanza femminile negli organi decisionali delle categorie socioeconomiche UE è una questione di rilievo. Sostiene l'appello del Parlamento alle organizzazioni nazionali interessate e alle rispettive federazioni europee, come pure alla Commissione europea, per destinare a tale questione un'attenzione più approfondita e sistematica di quanto non si sia fatto finora. Come richiesto dal Parlamento, la Commissione dovrà partire dalla raccolta di informazioni statistiche e dalla creazione di una banca dati sulla presenza femminile negli organi decisionali delle categorie socioeconomiche UE. Il Comitato constata che nel frattempo ci si è già attivati in tal senso, e ritiene che l'Istituto europeo per l'uguaglianza di genere e la Fondazione europea per il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro possano apportare un sostanziale contributo a questo riguardo. Quanto agli indicatori, il Comitato osserva che la Commissione lavora al momento con i nove criteri enunciati dalla presidenza italiana nel 2003.

1.2

Il Parlamento ha concentrato la propria analisi soprattutto sulle organizzazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori. Gli sviluppi verificatisi nelle organizzazioni di lavoratori appaiono più positivi di quanto non emerga dalla risoluzione e dalla relazione del Parlamento. D'altro canto, ai fini di una valutazione obiettiva della situazione e dei progressi registratisi in ambito imprenditoriale e con riguardo alle altre categorie socioeconomiche, bisogna tenere maggiormente conto del fatto che questi tipi di organizzazioni operano in modo diverso rispetto a quelle composte di persone fisiche.

1.2.1

Ciascuna categoria socioeconomica rappresentata al CESE ha caratteristiche proprie, per cui non è detto che le politiche che hanno effetti positivi per un tipo di organizzazione abbiano effetti analoghi in altre.

1.2.2

Ciò detto, il Comitato ha preso atto con compiacimento del quadro d'azione sulla parità di genere elaborato dalla Confederazione europea dei sindacati, dall'UNICE/Ueapme e dal CEEP (Centro delle imprese a partecipazione pubblica), e plaude in particolare alla priorità accordata da queste organizzazioni al ruolo delle donne nel processo decisionale. Il Comitato attende con interesse le relazioni annuali (nazionali ed europee) sui progressi realizzati in materia.

1.3

Il CESE, al pari del Parlamento, sottoscrive le politiche attuate dall'UE per promuovere una partecipazione equilibrata di uomini e donne al processo decisionale. Il CESE concorda con il Parlamento sulla necessità di mostrare una reale volontà politica per introdurre le opportune modifiche e raggiungere una rappresentanza equilibrata, e aggiunge che numerose organizzazioni, anche al di fuori della cerchia dei datori di lavoro e dei lavoratori, stanno effettivamente manifestando una tale volontà. Il CESE raccomanda che tutte le organizzazioni rappresentate informino regolarmente la Commissione sui risultati del proprio lavoro, e che la Commissione allestisca la banca dati proposta in stretta cooperazione con le federazioni europee, e stabilisca, a seguito dell'iniziativa della presidenza italiana del 2003, indicatori appropriati per il potenziamento del ruolo delle donne negli organi decisionali socioeconomici.

1.4

Chiaramente, per quanto riguarda le organizzazioni che inviano rappresentanti a forum nazionali e internazionali e eventualmente alle iniziative di dialogo sociale, particolare attenzione è rivolta al livello esecutivo. Comunque, è importante che i soggetti che intendono migliorare la rappresentanza femminile prestino attenzione anche al livello più prettamente politico, dal quale numerose organizzazioni attingono i rispettivi delegati mandatari.

1.5

La presenza di strutture distinte e di supporto e le reti di lavoratrici hanno contribuito significativamente agli sviluppi positivi verificatisi in alcune organizzazioni. Se è vero che tali strumenti non sono sempre e necessariamente una panacea per tutti, il CESE ritiene comunque opportuno che siano promossi in misura maggiore e più estesa, anche per quanto riguarda la rappresentanza esterna dell'organizzazione.

1.6

Le strategie più efficaci per migliorare le carriere delle donne nelle organizzazioni in questione sembrano essere quelle relative ai sistemi di formazione e istruzione e alle modalità di lavoro e di assistenza. Estremamente importante resta quindi la promozione di tali politiche da parte dei servizi della Commissione incaricati di mettere a punto misure volte a combattere la discriminazione e a favorire l'integrazione della politica di genere. Nella realizzazione di tali politiche un ruolo importante spetta alle organizzazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori.

1.7

Il sistema delle quote viene raccomandato da numerosi esperti. I regimi di quote, che in alcuni paesi hanno avuto una buona riuscita sul piano politico e hanno dato buona prova di sé anche in certe organizzazioni sociali, andrebbero analizzati con attenzione sul piano dell'efficacia e dei risultati da parte delle organizzazioni interessate e dalla Commissione.

1.8

Il Comitato desidererebbe vedere raggiunto l'obiettivo del 30 % minimo di presenze femminili nelle nomine effettuate dagli Stati membri (e proposte dalle categorie economiche e sociali) per il mandato 2006-2010 del CESE, nella prospettiva di innalzare tale percentuale al 40 % per il mandato successivo.

1.9

I risultati del sondaggio appena condotto saranno riesaminati dal CESE nel 2006/2007, dopo il rinnovo del proprio mandato quadriennale: sarà tra l'altro l'occasione per capire in quale misura le politiche e le prassi delle organizzazioni dei nuovi Stati membri differiscano da quelle dei vecchi Stati membri. Pertanto, si propone al Parlamento di procedere, entro tale data, a un analogo riesame della situazione attuale sulla base della risoluzione e della relazione del 2002.

2.   Osservazioni

2.1   Contesto

2.1.1

Nel gennaio 2003 il Parlamento europeo ha invitato il Comitato economico e sociale europeo a esprimere un parere sulla rappresentanza femminile negli organi decisionali delle parti sociali (1). Scopo della richiesta era completare i dati statistici a disposizione del Parlamento al momento di redigere la risoluzione e la relazione sulla «Rappresentanza delle donne in seno alle parti sociali dell'Unione europea» (2002/2026 INI), e fornire raccomandazioni sulla strategia da seguire per rafforzare la rappresentanza femminile negli organismi interni alle parti sociali.

2.1.2

Nella risoluzione il Parlamento osserva che le donne sono sottorappresentate negli organi e nelle strutture preposti alla concertazione tra le parti sociali in materia di politica sociale, e afferma che ai fini di una rappresentanza più equilibrata servono programmi e strategie appositi. Esorta quindi la Commissione europea e le parti sociali a raccogliere i relativi dati su base sistematica e a prendere provvedimenti atti a rafforzare il ruolo delle donne negli organi decisionali a carattere socioeconomico, non solo migliorando al proprio interno la rappresentanza femminile, ma anche integrando nelle proprie politiche la dimensione di genere.

2.1.2.1

In tale contesto il Parlamento afferma che le dichiarazioni di intenti non vincolanti non bastano e che per realizzare cambiamenti e ottenere una rappresentanza equilibrata serve un'effettiva volontà politica all'interno delle organizzazioni di parti sociali.

2.1.3

Il Parlamento non si rivolge al CESE né nella risoluzione né nella relazione.

2.1.4

Il CESE è l'assemblea più rappresentativa delle categorie socioeconomiche UE (cioè la società civile organizzata). Per quanto non spetti a esso consigliare le organizzazioni rappresentate sugli approcci relativi alla presenza femminile nei loro organi decisionali o sulle loro politiche di genere, la sua composizione può senz'altro essere vista come un parziale riflesso di tali politiche. Si tratta infatti di una delle organizzazioni, menzionate dal Parlamento, in cui le organizzazioni di interesse socioeconomico si incontrano e uno di quegli organi e di quelle strutture in cui esse si consultano in materia di politica sociale. È lecito quindi attendersi che i suoi membri si riveleranno delle fonti attendibili per il tipo di informazioni e di pareri richiesti dal Parlamento.

2.2   Osservazioni generali

2.2.1

Il CESE concorda con il Parlamento sull'importanza della questione della presenza femminile nelle strutture decisionali delle categorie socioeconomiche nell'UE. Condivide inoltre il giudizio secondo cui una migliore base statistica e una maggiore informazione sulle politiche di queste organizzazioni sono presupposti importanti per l'attuazione delle politiche UE relative a una rappresentanza equilibrata di uomini e donne nel processo decisionale.

2.2.1.1

Constata che la Commissione europea ha cominciato a raccogliere i dati relativi. La creazione della banca dati sollecitata dal Parlamento e la definizione di indicatori volti a rafforzare l'influenza delle donne negli organi decisionali dell'UE a carattere socioeconomico dell'UE rappresentano un inizio promettente. Tuttavia, la Commissione reputa difficoltoso ottenere dati sui gruppi di interesse in questione. È perciò da sperare che l'Istituto europeo per l'uguaglianza di genere possa in futuro apportare un contributo fattivo in tal senso, come già fa la Fondazione europea per il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro.

2.2.1.2

Oltre a ciò la Commissione dovrebbe continuare a mettere a punto politiche generali volte a favorire una più forte partecipazione femminile ai processi decisionali: ad esempio, misure per combattere la discriminazione che ancora oggi permane sul mercato del lavoro, migliorare l'equilibrio tra vita professionale e familiare e promuovere la parità di trattamento e le pari opportunità sul mercato del lavoro in tutti gli Stati membri dell'UE.

2.2.2

Le domande e gli appelli rivolti dal Parlamento ai datori di lavoro, ai lavoratori e all'intera società civile organizzata nell'UE, sono in generale sostenuti dal CESE. Nel 2003, peraltro, il Comitato ha incluso la maggior parte di tali domande in un sondaggio in forma di questionario trasmesso a tutti i suoi membri (222 all'epoca) (2). Il questionario è stato compilato da 107 membri, con un tasso di risposta pari a circa il 50 % (3).

2.2.2.1

La distribuzione delle risposte fra i tre gruppi del CESE è risultata piuttosto equilibrata: 34 % per il I Gruppo (datori di lavoro), 31 % per il II Gruppo (lavoratori) e 34 % per il III Gruppo (attività diverse).

2.2.2.2

Il tasso di presenza femminile al CESE al momento del sondaggio era del 23 % (4).

2.2.2.3

È da supporre che vi sia stata una lieve preponderanza di risposte da parte di organizzazioni con un'elevata presenza femminile: per questo, il quadro globale potrebbe apparire per certi versi più favorevole alle donne di quanto non sia in realtà.

2.2.3

Le domande del questionario si sono di volta in volta soffermate sui seguenti aspetti: il tipo e la natura dell'organizzazione, le sue strutture gestionali, la sua rappresentanza presso forum e altri organi a livello nazionale e internazionale, la presenza femminile in seno all'organizzazione e la politica di quest'ultima in materia di parità di genere.

2.2.4

Si è inoltre esaminata la documentazione diffusa nel corso di un'audizione di esperti riguardante la situazione e le esperienze maturate in Belgio, Spagna e paesi scandinavi, e quella resa disponibile da alcuni membri del CESE. Tale materiale, tuttavia, si riferiva per lo più alle associazioni sindacali. Come è avvenuto anche per la risoluzione e la relazione del Parlamento, la base fattuale per le valutazioni inerenti ai datori di lavoro era scarsa e mancavano dati su altre organizzazioni (5).

2.2.5

Il sondaggio e il materiale aggiuntivo hanno rafforzato l'impressione iniziale destata dalla risoluzione del Parlamento, e cioè che: a) la base statistica è effettivamente assai labile (l'unica eccezione sono le associazioni sindacali, anche se i dati disponibili non tengono in debito conto gli sviluppi positivi registratisi nel recente passato (6)), e b) non è facile, anzi è problematico, istituire un confronto tra i risultati relativi a organizzazioni diverse, ad esempio quelle composte di persone fisiche (come i sindacati) e quelle composte di altre organizzazioni (come le federazioni imprenditoriali). Le diverse caratteristiche organizzative (per esempio nelle organizzazioni di agricoltori o di PMI) possono rendere necessari metodi diversi per misurare la presenza equilibrata di uomini e donne. È anche da osservare che un'esigua rappresentanza femminile negli organi decisionali non significa di per sé che manchino politiche di genere in un'organizzazione.

2.2.6

Una critica rivolta alla risoluzione del PE è che essa si limita agli aspetti quantitativi della rappresentanza, trascurando la componente qualitativa delle politiche di quelle organizzazioni in cui le donne hanno spesso un ruolo più forte rispetto a quanto la loro presenza sul piano quantitativo potrebbe far supporre. Pur riconoscendo l'importanza di quest'ultimo aspetto, il CESE ha deciso di non approfondirlo, ma ha incluso nella sua analisi la rappresentanza femminile nelle strutture preposte alla definizione delle politiche. Esaminare la dimensione qualitativa del processo di definizione delle politiche significa rivolgere una maggiore attenzione, anche da parte del Parlamento e della Commissione europea, alle categorie socioeconomiche e alle loro federazioni europee.

2.2.7

Nell'esaminare le politiche e le prassi delle categorie socioeconomiche UE, il CESE ha scelto di analizzare le politiche di rappresentanza secondo un approccio integrato (livello nazionale ed europeo, compreso il dialogo sociale, e livello internazionale).

2.2.7.1

Nel sondaggio non sono stati inclusi i consigli di fabbrica europei. Tale inclusione avrebbe infatti reso necessaria un'apposita e approfondita ricerca, per compiere la quale altre organizzazioni appaiono più adatte del CESE (7).

2.2.8

Il Comitato rimanda al quadro d'azione sulla parità di genere elaborato dalla Confederazione europea dei sindacati, dall'UNICE/Ueapme e dal CEEP, in cui una delle quattro priorità è proprio la promozione del ruolo delle donne nel processo decisionale.

2.3   Osservazioni specifiche (in base ai risultati del sondaggio)

2.3.1

Quasi il 50 % delle due grandi categorie di organizzazioni rappresentate al CESE (le organizzazioni di categoria e quelle basate sull'affiliazione individuale) registra un alto livello di presenza femminile (40 % o più), mentre tale livello appare esiguo (0-19 %) solo per il 10-15 % di esse. Il tasso globale di presenza femminile è pari al 36 % (come si è detto, al momento del sondaggio la rappresentanza femminile presso il CESE era del 23 %).

2.3.2

Le donne attive in tali organizzazioni si ritrovano per lo più nel personale direttivo, meno spesso come membri di gruppi di gestione e in misura ancora inferiore nell'ambito dei consigli esecutivi.

2.3.3

Forse uno dei principali motivi della percentuale relativamente bassa di donne al CESE è proprio il fatto che molti dei suoi membri provengono dai consigli esecutivi.

2.3.4

In effetti, le organizzazioni che con più frequenza inviano donne al CESE le scelgono tra il personale direttivo o sulla base di altre disposizioni (per esempio sistemi misti), e non solo all'interno dei massimi livelli decisionali.

2.3.5

Per quanto riguarda la rappresentanza a forum nazionali o internazionali, l'opzione preferita è il sistema misto, nel qual caso i consigli esecutivi risultano il secondo ambito di provenienza dei delegati.

2.3.6

Gran parte (circa un quarto) delle organizzazioni rappresentate al CESE non partecipano alle iniziative di dialogo sociale: tra quante lo fanno, circa un terzo segue un sistema di rappresentanza misto o invia personale di livello esecutivo.

2.3.7

Il Parlamento fa presente che uno dei modi per giungere a una rappresentanza maggiormente equilibrata di donne negli organi decisionali consiste nel creare organi inerenti alle problematiche femminili in seno alle organizzazioni, anche se — aggiunge — spesso la loro istituzione non è che un fatto simbolico e si tratta solo di gruppi di discussione isolati. Osserva pertanto che tali organi non devono escludere le donne dal processo decisionale, ma integrarle e concedere loro un maggior accesso al processo decisionale. Il Comitato condivide tale posizione.

2.3.7.1

Il Parlamento fa inoltre presente che affidare alle donne compiti di formazione e di coordinamento è molto importante per prepararle ad assumere incarichi dirigenziali.

2.3.8

Tra le organizzazioni che hanno risposto al questionario del CESE, solo una minoranza (33 %) dispone di strutture distinte, affiliate o accessorie, per i membri donne. Nella quasi totalità dei casi tali strutture sono rappresentate negli organi esecutivi delle rispettive organizzazioni, e circa la metà di esse dispone anche di altri canali di influenza. Nel 15 % delle organizzazioni sono state istituite reti dei dipendenti o dei membri donne, e entrambi i tipi nel 4 % dei casi (organizzazioni distinte/di sostegno e reti).

2.3.8.1

È soprattutto nelle organizzazioni del II Gruppo (lavoratori) che si trovano strutture e reti distinte per le donne: ciò avviene nel 50-75 % dei casi. Nel III Gruppo la percentuale si aggira tra il 19 e il 39 %, laddove il fenomeno è significativamente meno frequente nel I Gruppo e va dal 6 al 19 %. La presenza di strutture accessorie non è rara nelle organizzazioni di agricoltori (33 %), ma scende al 10 % circa nelle organizzazioni dei consumatori e sanitarie.

2.3.9

Il 46 % dei partecipanti al sondaggio riferisce che le organizzazioni di appartenenza hanno politiche di promozione delle carriere delle donne, in particolare allo scopo di prepararle ad assumere incarichi dirigenziali. Le politiche maggiormente apprezzate sono quelle in materia di formazione (26 %), agevolazioni sul piano lavorativo o assistenziale (22 %) e monitoraggi o benchmarking (19 %). Tuttavia, solo un quarto delle organizzazioni prevedono tali forme di promozione della carriera.

2.3.10

La particolare attenzione rivolta al personale femminile è inoltre attestata dalla raccolta di dati statistici sulla presenza delle donne nelle organizzazioni. Quasi la metà delle organizzazioni rappresentate (48 %) ha dichiarato di procedere a tale raccolta e la maggior parte afferma che i dati vengono aggiornati annualmente (67 %).

2.3.10.1

Le organizzazioni del II Gruppo sono decisamente le più attive in questo tipo di attività (ben oltre il 50 %), seguite da quelle del III Gruppo (circa un terzo). Le percentuali appaiono invece basse nel I Gruppo, dove si riscontra una notevole discrepanza tra il livello quasi nullo di raccolta di dati (1 %) e la presenza di politiche intese a promuovere le carriere delle donne (11 %).

2.3.11

Il 75 % dei 61 casi menzionati di politiche volte a migliorare le carriere delle donne viene giudicato positivamente dai partecipanti al sondaggio. 40 organizzazioni dispongono di un dipartimento o di un funzionario preposto alle politiche di genere, e nella metà dei casi tale incarico equivale a un impiego a tempo pieno.

2.3.11.1

Il 49 % dei partecipanti considera che tali politiche abbiano portato a una maggiore presenza femminile negli incarichi di inquadramento superiore, mentre il 46 % ne associa la riuscita a un aumento del numero di donne con funzioni direttive.

2.3.12

Le politiche di genere sono più comuni nei sindacati appartenenti al II Gruppo (68 %), mentre la percentuale scende al 25 % nel III Gruppo e al 5 % nel I Gruppo.

2.3.13

Alcune organizzazioni (33 membri) hanno affermato che le domande sulle politiche per migliorare le carriere delle donne e sulle pari opportunità non erano pertinenti alla loro situazione.

2.3.14

Il rapporto tra uomini e donne nella rappresentanza delle organizzazioni in seno al CESE appare fortemente legato a quello relativo alla rappresentanza presso gli organi internazionali, molto meno a quello riguardante il dialogo sociale e del tutto svincolato da quello relativo ai rappresentanti presso i forum nazionali.

2.3.15

Tenuto conto che la proporzione uomini/donne nelle organizzazioni del I Gruppo è stimata al 70/30 % dai partecipanti al sondaggio, essa appare relativamente elevata presso il CESE (35 %) e decisamente più alta delle percentuali relative al II Gruppo (25 %, con una proporzione uomini/donne pari al 60/40 %) e al III Gruppo (rispettivamente 27 % e 65/35 %).

2.3.16

Stando al sondaggio, la proporzione tra uomini e donne nel personale direttivo delle organizzazioni ha inciso in misura rilevante sull'alto tasso di rappresentanza femminile registrato presso il CESE (cfr. punti 3.2 e 3.3 del presente parere). Il Parlamento ha invitato le parti sociali (i gruppi di interesse socioeconomico) «a rivedere i [loro] meccanismi di rappresentanza e le [loro] procedure di selezione e ad iscrivere la rappresentanza equilibrata delle donne e degli uomini in una posizione centrale nei loro atti costitutivi» (8).

2.3.16.1

Il sondaggio del CESE affronta il tema delle procedure di assunzione nei consigli esecutivi in termini di proporzione tra uomini e donne negli organi decisionali. Particolarmente svantaggiosa per le donne è risultata la prassi della cooptazione, seguita dalle nomine ai consigli esecutivi effettuate dalle organizzazioni affiliate. Alcuni partecipanti menzionano procedure con effetti a loro giudizio maggiormente positivi, ma tale tipo di risposte è troppo limitato per costituire una solida base di conclusioni.

2.3.17

Rapportando i rapporti proporzionali medi di rappresentanza maschile/femminile negli organi decisionali alle varie politiche di promozione della carriera delle donne si è scoperto che solo gli obiettivi sembrano collegati a una forte presenza femminile negli organi decisionali. Le prassi della duplice candidatura e delle quote (a proposito delle quali molto resta da fare nel quadro dei dibattiti sulle strategie dei partiti politici UE) vengono citate di rado dai partecipanti.

Bruxelles, 14 febbraio 2006

La Presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Anne-Marie SIGMUND


(1)  Contatti successivi hanno permesso di chiarire che il concetto di «parti sociali» comprende non solo le organizzazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori, ma anche altre categorie socioeconomiche quali quelle rappresentate in seno al CESE.

(2)  Cfr. J. Oldersma, N. Lepeshko, A. Woodward: Report on balanced decision-making in the EESC («Relazione su un processo decisionale equilibrato in seno al CESE»), VUB Bruxelles/Università di Leida, settembre 2004, disponibile sul sito Internet della sezione SOC del CESE: http://www.esc.eu.int/sections/soc/docs/balanced_decisionmaking_eesc.pdf (in inglese).

(3)  Nei casi in cui il questionario era stato compilato da due o più persone in rappresentanza della stessa organizzazione, le risposte sono state trattate come una sola.

(4)  Dopo l'ultimo ampliamento dell'Unione (maggio 2004), questa percentuale è salita leggermente al 26 %.

(5)  Nel 2002 l'UNICE ha fornito al Parlamento, in due riprese, altri dati oltre a quelli inclusi in questo documento.

(6)  Per esempio, tra i primi anni '90 e i primi anni 2000, la presenza femminile ai congressi della CES è cresciuta dal 10-12 % al 30 %, mentre è attualmente del 25 % nel consiglio esecutivo e del 32 % nel comitato di coordinamento. Anche le organizzazioni affiliate fanno registrare evoluzioni positive: la maggior parte, ad esempio, dispone ormai di dipartimenti di politiche femminili.

(7)  La Fondazione europea per il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro ha svolto uno studio sui consigli di fabbrica europei (European works councils in practice, 2004), che comprende diversi case studies e mostra che, salvo poche eccezioni, la rappresentanza delle donne non riflette correttamente la composizione del personale. Ciò è probabilmente dovuto alla composizione dei consigli di fabbrica delle società in questione a livello nazionale.

(8)  PE 315.516, A5-0279/2002.


ALLEGATO

al parere del Comitato economico e sociale europeo

Il seguente testo del parere della sezione specializzata, pur avendo ottenuto almeno un quarto dei voti espressi, è stato respinto a favore di emendamenti adottati dall'Assemblea.

Punto 1.8

Il sistema delle quote viene raccomandato da numerosi esperti, anche se non viene precisato che tali raccomandazioni valgono per le organizzazioni economiche e sociali. Ciò non esclude tuttavia l'opportunità di insistere affinché tale strumento, che in alcuni paesi ha avuto una buona riuscita sul piano politico, venga analizzato con maggiore attenzione da parte delle organizzazioni interessate e dalla Commissione.

Esito della votazione:

voti favorevoli: 42

voti contrari: 55

astensioni: 8


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