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Document 52005IE0692

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Strumenti di misura e di informazione sulla responsabilità sociale delle imprese in un'economia globalizzata

OJ C 286, 17.11.2005, p. 12–19 (ES, CS, DA, DE, ET, EL, EN, FR, IT, LV, LT, HU, NL, PL, PT, SK, SL, FI, SV)

17.11.2005   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 286/12


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Strumenti di misura e di informazione sulla responsabilità sociale delle imprese in un'economia globalizzata

(2005/C 286/04)

Il Comitato economico e sociale europeo, in data 15 settembre 2004, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 29, paragrafo 2, del proprio Regolamento interno, di elaborare un parere di iniziativa sul tema: Strumenti di misura e di informazione sulla responsabilità sociale delle imprese in un'economia globalizzata.

La sezione specializzata Occupazione, affari sociali, cittadinanza, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 24 maggio 2005, sulla base del progetto predisposto dalla relatrice PICHENOT.

Il Comitato economico e sociale europeo, in data 8 giugno 2005, nel corso della 418a sessione plenaria, ha adottato il seguente parere con 135 voti favorevoli, 2 voti contrari e 18 astensioni.

1.   Introduzione

1.1

Con l'adozione, nel luglio 2002, di un nuovo orientamento sulla responsabilità sociale delle imprese (RSI), la Commissione ha inserito le imprese nella propria strategia sullo sviluppo sostenibile. La RSI è un'espressione sul piano microeconomico del concetto macroeconomico di sviluppo sostenibile e viene definita in concreto dalla Commissione come «l'integrazione su base volontaria dei problemi sociali e ambientali delle imprese nelle loro attività commerciali e nelle loro relazioni con le altre parti». In seguito a una serie di attività in questo campo, la Commissione sta per presentare una nuova comunicazione riguardante una strategia per la promozione e lo sviluppo della RSI nell'Unione europea.

1.2

La direttiva 2003/51/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 giugno 2003 (1), modifica la 4a direttiva del 1978 sui conti annuali e la 7a direttiva del 1983 sui conti consolidati introducendovi il seguente capoverso: «L'analisi comporta, nella misura necessaria alla comprensione dell'andamento, dei risultati degli affari della società o della sua situazione, sia gli indicatori finanziari fondamentali di prestazione sia, se del caso, quelli non finanziari pertinenti per l'attività specifica della società, comprese informazioni attinenti all'ambiente e al personale».

1.3

La corretta gestione dell'impresa, nel rispetto dei principi dell'OCSE in materia, e l'investimento socialmente responsabile vengono così ad assumere rilievo nel mondo degli affari. Investire in modo socialmente responsabile significa gestire un portafoglio di valori mobiliari non solo in funzione del rendimento finanziario, ma anche tenendo conto di criteri sociali e ambientali.

1.4

Per il Comitato economico e sociale europeo è molto importante che la RSI diventi una forza di impulso nel quadro di una strategia planetaria sullo sviluppo sostenibile. Nell'osservazione conclusiva del precedente parere elaborato al riguardo (2), si affermava che la responsabilità sociale delle imprese rappresenta un tema centrale per il Comitato, il quale intende seguirne e accompagnarne gli sviluppi con estrema attenzione e in modo attivo. Il parere considera che un atteggiamento socialmente responsabile dovrebbe basarsi su un'applicazione effettiva e dinamica delle disposizioni vigenti (legislazione e accordi collettivi) e che, al di là delle norme, necessiti di un impegno volontario con le parti interessate. Il documento del Comitato prevedeva inoltre l'elaborazione di una RSI propria al contesto specifico dell'UE.

1.5

Oggigiorno, in tutti gli Stati membri dell'Unione ampliata sono in corso dibattiti sulla RSI, anche se le legislazioni e le prassi al riguardo sono quanto mai eterogenee. Lo sforzo di sensibilizzazione nei nuovi Stati membri deve essere portato avanti: ciò giustifica l'elaborazione del presente parere di iniziativa nel contesto di una nuova comunicazione che si iscrive nel solco del Libro verde e dei lavori del forum multilaterale sulla RSI.

1.6

Il forum multilaterale europeo sulla RSI ha riunito, tra ottobre 2002 e giugno 2004, una ventina di organizzazioni dei datori di lavoro, delle reti di imprese, dei lavoratori dipendenti, della società civile rappresentativa delle altre parti interessate in una prima esperienza di dialogo civile o sociale in senso lato (3). Il metodo, fondato tra l'altro sulla ricerca del consenso per promuovere il ricorso a strumenti trasparenti e convergenti, puntava a ottenere una diagnosi comune dei fattori favorevoli e di quelli avversi alla RSI e, se possibile, a emettere raccomandazioni congiunte sull'azione futura. Oltre ad analizzare i fattori suscettibili di incoraggiare o di ostacolare la promozione della RSI, il forum ha enucleato con chiarezza una serie di opportuni incentivi per la sensibilizzazione e la formazione degli interessati, raccomandando inoltre di fondare la valutazione sui grandi testi internazionali già sottoscritti da tutti gli Stati membri.

1.7

Il progetto di Trattato costituzionale ricorda, all'articolo I-3, che «l'Unione europea si adopera per lo sviluppo sostenibile dell'Europa, basato su […] un'economia sociale di mercato fortemente competitiva che mira alla piena occupazione e al progresso sociale […]». La RSI è uno degli strumenti volti a mantenere l'equilibrio tra i tre pilastri della strategia di Lisbona: economia e crescita, occupazione e modello sociale europeo, e ambiente. In altri termini è un mezzo per rafforzare la coesione sociale e avanzare ulteriormente in direzione della società della conoscenza. Ciò rafforzerà l'efficienza economica dell'Unione e la competitività (4) delle sue imprese.

1.8

Lo sviluppo degli scambi internazionali riguarda le imprese di ogni dimensione, anche se particolarmente rilevante è il ruolo delle multinazionali al riguardo. Da un paese all'altro e all'interno di uno stesso gruppo di imprese si registrano movimenti di prodotti, di servizi e di capitali. È chiaro che si tratta di una globalizzazione dell'economia, e non più solo di un'internazionalizzazione degli scambi. Questo ruolo crescente delle imprese conferisce loro una responsabilità sempre maggiore nei confronti della società, la quale va al di là delle frontiere nazionali.

1.9

In tale contesto non basta più ragionare in termini di mercato interno europeo. Per numerose imprese, il riferimento d'obbligo è divenuto il mercato mondiale, nel quale si vanno sviluppando diverse prassi riconducibili, in modo più o meno esplicito, a concezioni differenti della RSI. Per quanto si voglia universale, ognuna di tali concezioni esprime una certa visione dell'etica, della società, del sociale e dell'ambiente.

2.   Dalla sperimentazione alla maturità: verso una maggiore trasparenza

2.1   Convenzioni, norme e principi internazionali (5)

2.1.1

Nel mondo è in atto una presa di coscienza su valori quali i diritti dell'uomo, la dignità sul luogo di lavoro, il futuro del pianeta e il funzionamento etico dell'attività economica, che trovano precise espressioni al livello internazionale ed europeo.

2.1.2

Le convenzioni, le norme e i principi di riferimento su scala internazionale si compongono della dichiarazione sulle imprese internazionali dell'OIL, della dichiarazione sui diritti fondamentali dell'OIL, dei principi direttivi dell'OCSE per le imprese multinazionali e della dichiarazione universale dei diritti dell'uomo dell'ONU.

2.1.3

A tali testi fondamentali sono da aggiungere le linee guida delle Nazioni Unite per la protezione del consumatore e le norme di sicurezza e di qualità dei prodotti alimentari incluse nel Codex alimentarius. In materia ambientale e di buona governance è opportuno inoltre richiamarsi alle convenzioni che informano le nuove misure su SPG+ (6).

2.1.4

La comunità internazionale si è impegnata a raggiungere i cosiddetti Obiettivi del Millennio entro il 2015. Il piano d'azione adottato a Johannesburg annovera la RSI fra gli strumenti volti a conseguire una globalizzazione più equa e più generalizzata. Si tratta di un invito pressante alle imprese nella loro diversità e a tutti i loro finanziatori affinché contribuiscano allo sviluppo sostenibile del pianeta.

2.1.5

Nel suo rapporto su una globalizzazione più equa (7), il gruppo di redazione della Commissione mondiale sulla dimensione sociale della globalizzazione sottolinea che, per essere credibili, le iniziative volontarie devono accompagnarsi a una ricerca della trasparenza e alla volontà di rendere conto del proprio operato, il che presuppone l'esistenza di sistemi efficaci per la valutazione dei risultati, l'informazione pubblica e il controllo.

2.1.6

Il Comitato incoraggia tutti gli Stati membri dell'Unione a ratificare tutte le convenzioni dell'OIL che li riguardano e a recepirle nelle rispettive legislazioni nazionali.

2.2   Il corpus normativo europeo (8)

2.2.1

Alle norme di riferimento internazionali illustrate nel capitolo precedente il Consiglio d'Europa ha aggiunto la Convenzione europea di tutela dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali e la Carta sociale europea. Gli stati membri dell'Unione si sono dotati di un corpus proprio noto con il nome di acquis comunitario, del quale sono garanti la Corte europea dei diritti dell'uomo, con sede a Strasburgo, e la Corte di giustizia delle Comunità europee, con sede a Lussemburgo. La Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, proclamata a Nizza nel 2000, segna una nuova tappa in quanto abolisce la divisione tra diritti civili e politici, da un lato, ed economici e sociali, dall'altro. Il forum multilaterale delle parti interessate ha ribadito i principi alla base dell'iniziativa sulla RSI in tutto questo corpus.

2.2.2

L'impresa non è solo un anello del sistema economico, ma un elemento della società umana. La sua funzione primaria è produrre beni o fornire servizi, creando così occupazione, distribuendo ricchezza e pagando le imposte, e in questo senso si tratta di una componente della società umana. I risultati economici di un'impresa si misurano già da tempo attraverso sistemi di gestione e strumenti contabili affinati su base periodica.

2.2.3

Il modello europeo di economia sociale di mercato vede l'impresa non solo come una società di capitali o un intreccio di contratti, ma anche, anzi soprattutto come una collettività che funga idealmente da sede di dialogo sociale. La società di capitali non esiste che per opera degli azionisti e l'impresa, qualunque sia il suo statuto, non è solo un anello del sistema economico, ma un elemento della società umana.

2.2.4

Il modello orientato alle parti interessate (stakeholders) presenta un interesse reale accanto a quello unicamente incentrato sui risultati conseguiti dagli azionisti (shareholders). Un'impresa può gestire al meglio le proprie responsabilità solo se è attenta alle aspettative delle diverse parti in causa.

2.2.5

Il Libro verde «Promuovere un quadro europeo per la responsabilità sociale delle imprese» afferma: «Il concetto di responsabilità sociale delle imprese significa essenzialmente che esse decidono di propria iniziativa di contribuire a migliorare la società e rendere più pulito l'ambiente». Il parere del CESE su questo Libro verde e quello in merito alla comunicazione della Commissione «La dimensione sociale della globalizzazione — Il contributo della politica dell'UE perché tutti possano beneficiare dei vantaggi» sostengono: «Un comportamento socialmente responsabile da parte delle imprese significa impegnarsi ad applicare le norme sociali esistenti e sforzarsi di creare uno spirito di collaborazione con le parti interessate».

2.2.6

È necessario che l'Unione rafforzi la percezione di ciò che significa essere un'impresa europea. Ad esempio, potrebbe incoraggiare il dialogo e lo scambio di vedute tra diversi soggetti e tipi di esperienze sul piano degli strumenti di misura della RSI, in modo tale che le pratiche di RSI continuino a stimolare l'innovazione e a diffondersi attraverso categorie diverse di imprese.

2.3   Gli strumenti della RSI: sistemi di riferimento che danno concretezza al corpus normativo (9)

2.3.1

Il corpus normativo si concretizza in una serie di strumenti messi a punto da organismi pubblici o privati (per lo più in paesi regolati da norme di diritto consuetudinario), ovvero sistemi di riferimento e relativi metodi d'applicazione. Tali strumenti forniscono interpretazioni diverse del corpus in base al contesto socioculturale dei loro ideatori: associazioni di imprese, enti pubblici di normalizzazione, organismi di revisione contabile, agenzie di valutazione, università, associazioni civiche e poteri pubblici. Si tratta di molteplici strumenti per lo più privati, spesso in concorrenza e a volte incompatibili fra loro.

2.3.2

Alcuni di tali sistemi sono a diffusione pubblica, indipendentemente dal fatto che la loro portata sia internazionale (come ISO 9000, ISO 14000, SA 8000, AA 1000, GRI), europea (come EMAS, SME Key, Eurosif, bilancio societario (10)) o nazionale (leggi, decreti e raccomandazioni).

2.3.3

Gli operatori, cioè gli analisti specializzati dei gestori di fondi e delle agenzie di valutazione sociale e ambientale, fanno riferimento al corpus normativo internazionale, esprimendone i principi (valori) in criteri più precisi. L'adeguatezza ai criteri viene quindi misurata — in termini qualitativi o quantitativi — attraverso indicatori significativi, utili, intelligibili e comparabili.

2.3.4

Tali operatori hanno la responsabilità di rendere credibile la valutazione dei rischi extrafinanziari presso investitori e consumatori, il che tende a fare della RSI un fattore di differenziazione concorrenziale sul mercato. È necessario quindi garantire l'affidabilità di tali operatori attraverso un'autoregolamentazione della professione. La creazione di uno standard CSRR-QS 1.0 testimonia la volontà di andare in questa direzione.

2.3.5

Il Patto mondiale lanciato dal Segretario generale dell'ONU figura tra gli strumenti volontari cui aderiscono quasi 2000 imprese in tutto il mondo.

2.3.6

Gli orientamenti del GRI (Global Reporting Initiative) vengono utilizzati con frequenza da un numero non trascurabile di multinazionali. L'Organizzazione internazionale di normalizzazione (International Standardization Organization — ISO) ha avviato nel 2005 una specifica attività di orientamento sulla responsabilità sociale (11) (ISO 26000).

2.3.7

Nel quadro di comitati settoriali del dialogo sociale, le parti sociali hanno trovato un terreno d'intesa in materia di RSI (12), adottando le seguenti iniziative congiunte: un codice sulla RSI nel settore alberghiero, una dichiarazione congiunta sulla RSI nel commercio e un codice di condotta nel settore dello zucchero, del tessile, del cuoio e dell'abbigliamento e, più recentemente, nel settore bancario.

2.3.8

A ciò si aggiungano i codici di condotta e i codici etici aziendali, a volte decisi unilateralmente dalla direzione, altre volte redatti previa consultazione di vari soggetti interessati ed eventualmente negoziati con i rappresentanti del personale. Alcuni di essi, tuttavia, si rivelano meno incisivi delle norme OIL.

2.3.9

Altri strumenti non vengono diffusi. Infatti, l'esatta metodologia seguita da un'agenzia di valutazione, cioè gli indicatori da essa adottati per misurare l'adeguatezza a ciascun criterio, rappresenta lo strumento di lavoro volto a perseguire l'attività economica dell'agenzia, la quale si trova in una situazione concorrenziale rispetto ai suoi omologhi.

2.3.10

Gli strumenti possono servire alle stesse imprese nell'ambito di un approccio volontario o agli investitori socialmente responsabili, e possono anche rivolgersi ai consumatori finali. I marchi di commercio equo o di qualità ambientale contribuiscono a precisare le scelte del singolo cliente. Le campagne di sensibilizzazione, ad esempio quelle sul rispetto di principi etici da parte dei marchi di fabbrica, hanno contribuito a una presa di coscienza collettiva in tal senso, dando inizio a un consumo responsabile. I sistemi di etichettatura possono a volte avere difficoltà a definire criteri uniformi e validi tali da dare un grado sufficiente di fiducia e fornire informazioni realmente attendibili.

3.   Misurare la RSI in modo più attendibile e trasparente

3.1   Osservazioni generali

3.1.1

Gli strumenti di misura della RSI devono rispondere a requisiti di coerenza, di pertinenza e di affidabilità. Queste caratteristiche e la loro interrelazione vanno tenute in considerazione nell'ambito di un approccio che, pur ispirandosi a valori universali e a principi pertinenti, sia rispettoso delle diversità.

3.2   La coerenza degli strumenti

3.2.1

Gli strumenti devono essere coerenti con l'insieme dei principi internazionali.

3.2.2

Devono inoltre essere rispettosi del corpus normativo europeo e dell'acquis comunitario.

3.2.3

Le imprese possono essere sempre obbligate ad applicare la legislazione locale, ma il valore aggiunto della responsabilità delle imprese nei riguardi della società varia a seconda del contesto socioeconomico (paesi industrializzati da tempo, paesi emergenti, paesi poveri).

3.2.4

Nei paesi meno progrediti, la grande impresa può essere indotta a compensare le carenze dei pubblici poteri assumendo a proprio carico aspetti come la sanità, l'alloggio e l'istruzione dei lavoratori o persino delle loro famiglie. In questo contesto, gli strumenti della RSI possono servire a ottenere un quadro chiaro dell'efficienza delle azioni poste volontariamente in atto dalle imprese e dell'interesse che esse rivestono per tutti i soggetti interessati.

3.3   La pertinenza degli strumenti

3.3.1

Uno stesso criterio può essere misurato da vari indicatori: ad esempio, il grado di discriminazione tra i sessi può essere misurato attraverso la percentuale di donne presenti nei consigli di amministrazione o al livello dirigenziale, il rapporto tra le remunerazioni delle donne e degli uomini, il numero di ore di formazione rispettivamente ricevute, ecc. Quanto al criterio della creazione di posti di lavoro, e in caso di delocalizzazione della produzione, l'indicatore sarà parziale se assumerà un unico territorio come punto di vista: un indicatore globale deve infatti tenere conto dei licenziamenti nel paese di partenza e delle assunzioni in quello di arrivo.

3.3.2

Grande attenzione va rivolta all'intorno significativo dell'oggetto misurato. Per esempio, la retribuzione media dei lavoratori non è un indicatore pertinente della politica sociale dell'impresa se quest'ultima impone ai subappaltatori condizioni che impediscono loro di garantire una retribuzione decente ai loro dipendenti.

3.3.3

Dato che la RSI trascende le norme giuridiche dei singoli Stati, l'eterogeneità delle legislazioni nazionali può dar luogo a effetti perversi. Per esempio, un'impresa mediamente inquinante sarà valutata positivamente in un paese in cui non esiste alcuna normativa sui rifiuti atmosferici, mentre sarà oggetto di una valutazione negativa in uno Stato in cui vi è una rigorosa regolamentazione in materia. Per questo è indispensabile assumere a base le norme sociali e ambientali dell'acquis comunitario, pur continuando al tempo stesso a migliorarle.

3.4   L'attendibilità degli strumenti

3.4.1

L'indicatore deve consentire il confronto nel tempo e nello spazio. In altri termini, deve permettere:

di misurare l'evoluzione di uno stesso fenomeno da un anno all'altro,

di misurare lo stesso fenomeno in luoghi diversi. Al riguardo occorre perciò eliminare qualsiasi ambiguità: ad esempio, gli investimenti nella formazione professionale possono comprendere solo le somme versate a un ente di formazione o includere lo stipendio dei lavoratori mentre sono in formazione.

3.4.2

Non è necessario tendere all'aggregazione di tutti i dati. Per esempio, includere le emissioni di gas a effetto serra ha senso poiché i loro effetti si collocano su scala mondiale, ma non altrettanto avviene per il consumo di acqua, il cui impatto si misura in funzione delle risorse locali.

3.4.3

L'indicatore deve essere corredato di una «scheda di qualità» che indichi tra l'altro chi compili i dati e in base a quali metodi. In particolare:

gli strumenti che misurano una grandezza fisica (per esempio, i rilevatori di emissioni di gas) devono essere collocati al posto giusto ed essere ben tarati. Per gli indicatori più qualitativi (per esempio, la formazione professionale), il concetto deve essere preciso e il metodo di valutazione esplicito,

è necessario indicare chi raccoglie i dati, giacché lo status e la posizione del compilatore hanno una certa incidenza. È opportuno che il responsabile locale faccia confermare le cifre dalla parte interessata o da un terzo di fiducia: ad esempio, i dati tecnici da un'impresa di valutazione, i dati sociali dai rappresentanti del personale, i dati ambientali da una ONG specializzata.

3.4.4

La procedura, che ha un costo per l'impresa, si conclude con una forma di riconoscimento (attribuzione di un marchio, certificazione, ecc.), fase in cui interviene un terzo esterno competente e indipendente. Gli ambienti professionali interessati hanno un ruolo importante da svolgere a questo riguardo sul piano tanto della procedura quanto dei risultati.

4.   Ampliare il ricorso agli strumenti e migliorarne la qualità

4.1   Sviluppare la pratica dell'informazione

4.1.1

La pratica del rendiconto (reporting) annuale tende a generalizzarsi nelle grandi imprese, riflettendo in ciò le richieste di trasparenza sulla strategia dell'impresa, anche nelle pratiche di RSI. Ciò non toglie che la qualità dell'informazione resti molto disuguale e vada quindi migliorata.

4.1.2

Le PMI e le società non quotate figurano solo di rado negli studi sulla qualità dell'informazione, i quali si concentrano piuttosto sulle grandi imprese. Eppure, quelle fra loro che hanno ottenuto una certificazione EMAS o ISO 14001 sono tenute a presentare una dichiarazione ambientale a cadenza periodica. Il costo della certificazione impedisce a numerose PMI di impegnarsi in tale operazione, tanto più che si tratta di una verifica condotta in un particolare momento e che necessita quindi di una rivalutazione periodica.

4.1.3

Data la mancanza di risorse finanziarie e umane delle PMI, non si può pretendere che l'informazione loro richiesta abbia da subito lo stesso grado di approfondimento di quella domandata alle grandi imprese. Ciò detto, le PMI devono essere incoraggiate a informare le parti interessate sulle proprie pratiche responsabili — siano esse modeste o apprezzabili — nell'ambito di un'iniziativa di progresso.

4.1.4

Esistono anche reti di enti privati, pubblici o semipubblici, incluso il mondo della ricerca universitaria, che forniscono informazioni in materia di RSI e assicurano la promozione di quest'ultima su scala nazionale ed europea (per esempio, CSR Europe e la Fondazione di Dublino) o mondiale (per esempio, WBCSD e la banca dati dell'OIL). Sarebbe utile aiutare tali reti a diramare i risultati delle loro attività, pur informando gli utenti, in uno spirito di trasparenza, sui diversi operatori e metodi.

4.1.5

Nei programmi scolastici di alcuni Stati membri sono state introdotte novità pedagogiche volte alla sensibilizzazione dei consumatori. È opportuno che il corpus internazionale costituisca parte integrante dell'istruzione dei giovani europei.

4.2   Differenziare gli strumenti

4.2.1

L'unitarietà dei principi va contemperata con il rispetto della diversità.

4.2.1.1

Unitarietà: ove opportuno, gli indicatori devono poter essere aggregati per consentire una visione globale della politica dell'impresa esaminata.

4.2.1.2

Diversità: gli indicatori devono tenere conto delle realtà socioeconomiche, giuridiche e culturali, come pure del tipo e delle dimensioni dell'impresa nelle varie zone geografiche e nei vari settori professionali.

4.2.2

Sarebbe opportuno che gli indicatori consentissero dei raffronti (benchmark) sul piano sia geografico che settoriale: tra le entità di una stessa impresa o di uno stesso gruppo, di uno stesso settore di attività o di uno stesso territorio.

4.2.3

Conviene al riguardo prevedere alcuni strumenti specifici. Gli indicatori non possono essere esattamente gli stessi per l'industria e per i servizi. In base ai medesimi concetti teorici, gli indicatori concreti vanno adattati rispettivamente ai servizi di interesse generale e ai produttori di beni e servizi ordinari, alle attività commerciali e non commerciali, alle multinazionali e alle PMI, a seconda dei settori di attività.

4.2.4

Nei grandi comparti dell'industria e dei servizi, la coesione settoriale richiede che i sistemi di riferimento settoriali e i relativi strumenti vengano negoziati tra le confederazioni settoriali di datori di lavoro e di lavoratori, al livello europeo o ad altri livelli pertinenti. L'aumento degli accordi quadro conclusi tra confederazioni sindacali internazionali e società multinazionali apre una serie di prospettive in tal senso. Sarebbe positivo che tali criteri e indicatori fossero concepiti di concerto dai partecipanti al dialogo sociale settoriale, senza per questo rinunciare all'eventuale apporto di altre parti interessate.

4.3   Ampliare la portata degli strumenti

4.3.1

Gli strumenti della RSI sono destinati a essere utilizzati da un numero sempre più elevato di soggetti. Rischi extrafinanziari come il rischio di reputazione, il rischio di coesione (clima sociale malsano nell'impresa) e il rischio di malversazione (corruzione, insider trading, frode, concorrenza sleale, falsificazione) stanno ormai acquisendo crescente importanza. Gli investitori, in particolare alcuni gestori di fondi di risparmio salariale, di fondi etici o di investimenti socialmente responsabili (ISR), tengono conto di tali rischi extrafinanziari che assurgono così a criteri di mercato.

4.3.2

Nella classificazione (rating) dei finanziamenti all'esportazione concessi dalle banche e delle assicurazioni-credito offerte da società specializzate, bisognerebbe tenere conto, più di quanto non si faccia oggi, della politica di sviluppo sostenibile del paese in questione e della strategia di RSI delle imprese ivi attive.

4.3.3

Quando le pratiche di RSI si traducono in un'apprezzabile diminuzione dei rischi per un'impresa, sarebbe giusto che il sistema bancario e quello assicurativo ne tenessero conto nelle rispettive tariffe.

4.3.4

Gli appalti pubblici si basano per lo più sulla sola regola dell'offerta più bassa. Sarebbe invece utile che nelle norme delle gare d'appalto si includessero criteri più qualitativi quali l'atteggiamento in materia di RSI, come farà l'Unione per la categoria SPG+ nell'ambito del sistema delle preferenze commerciali.

4.3.5

In effetti, l'Unione sta integrando i propri accordi bilaterali, come l'accordo di associazione UE-Cile, con riferimenti ai principi guida dell'OCSE, e mostra così di voler promuovere il rispetto delle norme fondamentali nelle proprie relazioni commerciali con i paesi emergenti, ad esempio Brasile, India e Cina. È necessario che il tema della convergenza in materia di RSI sia sistematicamente incluso nell'agenda del dialogo transatlantico e che questo approccio venga portato avanti anche nel dialogo UE-Canada.

4.3.6

Estendere il ricorso agli strumenti della RSI presuppone il rafforzamento dei meccanismi dell'OCSE, in particolare la qualità dei punti di contatto nazionali di tutti i suoi Stati membri. L'Unione europea deve incoraggiare i paesi non affiliati all'OCSE ad aderire ai principi guida di tale organizzazione. I pubblici poteri di tutti gli Stati membri dell'OCSE hanno un ruolo particolarmente importante da svolgere ai fini dell'efficacia del sistema di controllo.

4.4   Ideare una nuova generazione di strumenti

4.4.1

Gli orientamenti del GRI costituiscono un sistema di riferimento privato ormai consolidato, ma perfettibile. Nel quadro della loro revisione, intrapresa nel biennio 2005-2006, è opportuno che i soggetti europei partecipino attivamente ai lavori di questo organismo, al fine di rendere più consoni al contesto europeo i loro metodi e criteri.

4.4.2

Nel giugno 2004 l'ISO ha deciso di procedere all'elaborazione di una serie di orientamenti in materia di responsabilità sociale. Contrariamente alle norme ISO 9000 (gestione della qualità) e ISO 14000 (gestione ambientale), questi nuovi orientamenti, denominati ISO 26000, non costituiranno standard generici di gestione e non saranno certificabili. La presidenza e la segreteria del gruppo di lavoro sono assicurati congiuntamente da un paese emergente, il Brasile, e da un paese da tempo industrializzato, la Svezia. I lavori, avviati nel marzo 2005, dovrebbero durare tre anni e la relativa guida essere pubblicata agli inizi del 2008. Il CESE rivolge particolare attenzione a tale iniziativa.

4.4.3

Il CESE propone la creazione di un portale informativo sulle pratiche delle grandi imprese in materia di RSI, basate su dati provenienti dalle imprese stesse. In un primo momento, i dati sarebbero oggetto di dichiarazioni spontanee e non andrebbero corroborati dai soggetti interessati. Sarebbe opportuno che un osservatore istituzionale svolgesse un'opera di ravvicinamento tra le dichiarazioni dell'impresa e le valutazioni delle parti interessate. Tale compito di analisi qualitativa potrebbe essere affidato a un organismo come la Fondazione di Dublino. Il Comitato propone che questo punto venga discusso nel quadro del programma di lavoro dell'Osservatorio europeo del cambiamento (EMCC).

5.   Dall'impulso gestionale della RSI all'adozione di iniziative volontarie con i soggetti interessati

5.1   La trasparenza dell'azione

5.1.1

Gli impegni volontari dell'impresa devono essere resi pubblici e la loro efficacia essere sempre verificabile. Per esempio, un'impresa che affermi di voler consentire ai disabili l'accesso all'occupazione deve pubblicare la percentuale di assunzioni interessata e indicare le modalità di adeguamento dei relativi posti di lavoro. Un'informazione fattuale e il più possibile completa permette di accertare meglio il grado di adempimento degli impegni da parte dell'impresa. Dato che la responsabilità si misura dagli atti e non dalle parole, l'impresa deve dare prova di trasparenza.

5.2   Distinguere la comunicazione dal reporting

5.2.1   Il reporting

5.2.1.1

Il reporting consiste nel rendere conto, in un documento pubblico, del modo in cui l'impresa affronta l'impatto economico, ambientale e sociale delle proprie attività. Così facendo essa ammette che le parti interessate sono legittimate a interrogarla a tale riguardo.

5.2.1.2

Il consiglio d'amministrazione rende conto all'assemblea generale degli azionisti sin dalle origini della società di capitali, e da altrettanto tempo i pubblici poteri esigono informazioni dalle imprese, quanto meno riguardo ai prelievi fiscali e sociali. Una notifica parziale in tal senso viene quindi trasmessa da vari decenni ai dipendenti in numerosi paesi europei. La novità della RSI è dunque che tale informativa è ora più completa e si rivolge a tutte le componenti della società civile.

5.2.1.3

Un reporting globale risponde dunque alle domande esplicite o implicite delle parti interessate. È uno strumento di dialogo e può includere sistemi interattivi di consultazione o di concertazione. Partendo da un'analisi dettagliata degli indicatori, la relazione annuale fa emergere le prestazioni globali dell'impresa, cioè la sua capacità di conciliare le costrizioni inerenti ai risultati economici, all'efficacia sociale e all'impatto ambientale. Essa indica inoltre obiettivi, scadenze e strumenti posti in atto, ed è pertanto un'azione di progressione globale.

5.2.2   La comunicazione

5.2.2.1

Tutt'altra cosa è l'attività di comunicazione, prassi anch'essa esistente nell'ambito dei rapporti con il pubblico, la quale indica la diffusione di informazioni volte a valorizzare l'impresa, a costruirne una raffigurazione o un'immagine positiva presso il pubblico.

5.2.2.2

A tal fine, i servizi di comunicazione scelgono di puntare il riflettore sugli impegni e sui risultati dell'impresa in materia di buone pratiche. Per far trasparire i punti di forza dell'impresa, la comunicazione può effettuare confronti con imprese concorrenti e mettere in rilievo l'avvenuto conseguimento di marchi di qualità. La comunicazione non deve sostituirsi al reporting.

5.3   La qualità dell'informazione

5.3.1

Spesso si rilevano devianze in materia di informazione, tanto finanziaria (falso in bilancio) quanto extrafinanziaria (pubblicità menzognera). Tali pratiche sono punite dalla legge.

5.3.2

Per essere di qualità, l'attività di informazione necessita di un'organizzazione tale da coinvolgere la direzione generale per espletare, ad esempio, le seguenti funzioni: interfaccia con le parti interessate, controllo interno attraverso la creazione di una rete di corrispondenti, raccolta e diffusione delle migliori pratiche nel gruppo, reporting e definizione di una procedura di raccolta interna dei dati. Quest'ultima procedura dovrebbe a sua volta comprendere una consultazione degli interessati sulla raccolta di informazioni, un confronto con i rappresentanti sindacali, test di coerenza e la convalida da parte dell'unità responsabile.

5.3.3

In effetti, gli interessati non sono sempre gli stessi e variano a seconda del settore di produzione, del paese e del territorio, per cui occorre registrarli nel modo più esauriente possibile. L'impresa sarà tanto più credibile nei confronti dei media e della società civile quanto più avrà associato gli interessati all'elaborazione della propria strategia in materia di RSI.

5.3.4

Gli interessati e/o dei terzi di fiducia sono inclusi, se la situazione lo consente, nel processo di raccolta dei dati e di elaborazione dei rapporti. Quando mancano organi competenti a tal fine, i codici di condotta devono quanto meno fare capo a un comitato di sorveglianza. In mancanza di organizzazioni sindacali, i comitati di igiene e di sicurezza sul luogo di lavoro e le associazioni locali di difesa dei diritti umani andrebbero riconosciuti come interlocutori validi ai fini di tale monitoraggio. Nel caso invece della sicurezza alimentare, a intervenire saranno gli istituti di ricerca e le associazioni dei consumatori. I distributori di beni e i fornitori di servizi devono associare i rappresentanti dei consumatori e degli utenti all'elaborazione delle rispettive strategie di sviluppo sostenibile.

5.4   Il dialogo con gli interessati

5.4.1

L'impegno volontario e un dialogo strutturato con le parti interessate sono aspetti indissociabili. L'impegno volontario costituisce solo uno strumento ai fini di un obiettivo, che permane la creazione di valore e di risultati economici, sociali e ambientali. Di conseguenza, l'impresa afferma la volontà di «fare» e dunque di «far sapere».

5.4.2

Ne consegue che l'impresa si impegna volontariamente a tenere conto delle aspettative e degli interessi delle parti in causa, accrescendo la trasparenza del proprio operato in quest'ambito. Accettare il dialogo con gli interessati presuppone che l'impresa conservi il controllo di ciò che costituisce l'oggetto del proprio impegno. Data la molteplicità delle aspettative e degli interessi, l'impresa può operare una gerarchizzazione in funzione dei sistemi di riferimento oggettivi e della propria strategia.

5.4.3

Tutti gli interessati hanno il diritto di esprimere le proprie aspettative, ma non tutti hanno la stessa legittimità. È lecito supporre, ad esempio, che spesso gli interessati interni godano di una legittimità superiore a quella di soggetti più distanti. Inoltre, non tutte le pur legittime istanze possono essere esaminate dall'impresa, la quale dispone di un numero di strumenti finito. L'arbitrato tra le varie istanze può avvenire attraverso negoziati e consultazioni, ma in ultima analisi fa capo alla decisione imprenditoriale.

5.4.4

Questo dialogo è particolarmente importante per i soggetti che prendono parte alla catena del valore. Il committente deve aiutare i propri fornitori e subappaltatori a migliorare le loro prassi in materia di responsabilità sociale. Esso deve evitare di sottoporre i propri partner a ingiunzioni paradossali, imponendo ad esempio standard sociali elevati e prezzi di acquisto insufficienti, ma viceversa deve sostenere i subappaltatori in un'azione di progresso.

5.4.5

La strategia volontaria dell'impresa presuppone un dialogo sociale in materia di RSI. Il coinvolgimento dei rappresentanti dei lavoratori nell'impresa riguarda tre fasi: l'ideazione della strategia specifica dell'impresa nel rispetto dei principi dello sviluppo sostenibile, la messa a punto degli strumenti necessari a perseguire tale strategia e il controllo indipendente dell'efficacia delle misure intraprese a tutti i livelli dell'impresa.

5.4.6

Al livello europeo, l'azione volontaria e/o negoziata sulle sfide della RSI rappresenta un momento decisivo per tutte le multinazionali che dispongono di un comitato aziendale europeo, e permette di associare a tale dinamica anche i nuovi Stati membri. I comitati aziendali europei dovrebbero svolgere un ruolo nell'integrazione della RSI nella politica dell'impresa, anche perché sono la sede privilegiata degli interessati interni. Ciò detto, una politica coerente di RSI deve tenere conto anche degli interessati esterni: in particolare, l'intera comunità di lavoro (lavoratori con contratti a termine, dipendenti delle società subappaltatrici presenti in situ, artigiani o altri autonomi che lavorano per l'impresa), ma nella misura del possibile anche tutti i partecipanti alla catena del valore (subappaltatori, fornitori, ecc.).

Bruxelles, 8 giugno 2005.

La Presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Anne-Marie SIGMUND


(1)  Cfr. il parere del Comitato economico e sociale europeo del 22 gennaio 2003 sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica le direttive 78/660/CEE, 83/349/CEE e 91/674/CEE del Consiglio relative ai conti annuali e ai conti consolidati di taluni tipi di società e delle imprese di assicurazione (relatore: RAVOET), GU C 85 dell'8.4.2003, e la raccomandazione 2001/453/CE del 30 maggio 2001 relativa alla rilevazione, alla valutazione e alla divulgazione di informazioni ambientali nei conti annuali e nelle relazioni sulla gestione delle società.

(2)  Parere del Comitato economico e sociale sul tema «Libro verde - Promuovere un quadro europeo per la responsabilità sociale delle imprese» (relatrice: HORNUNG-DRAUS), GU C 125 del 27.5.2002.

(3)  Si noti che il termine social non ha la stessa accezione in francese e in inglese, il che ha indotto talvolta a distinguere in francese tra social (in riferimento alle relazioni industriali) e sociétal (in riferimento alla comunità in cui si colloca l'impresa, il bacino di occupazione e di vita), per far trasparire meglio la responsabilità nei riguardi dei destinatari interni o esterni.

[N.d.T.: Nella versione italiana si è preferito evitare di tradurre il termine sociétal con il calco «societale», non sufficientemente attestato nella letteratura in materia. Si sono quindi utilizzate perifrasi del tipo «sociale in senso lato», «relativo alla società nel suo insieme» o, nei casi meno dubbi, al semplice aggettivo «sociale».]

(4)  L'importante e complessa problematica dell'articolazione tra competitività e RSI esula dai contenuti del presente parere.

(5)  Per un elenco più esauriente, si vedano le conclusioni del forum multilaterale delle parti interessate.

(6)  Convenzioni relative all'ambiente ed ai principi di buona governance :

Protocollo di Montreal relativo alle sostanze che riducono lo strato d'ozono,

Convenzione di Basilea sul controllo dei movimenti transfrontalieri di rifiuti pericolosi e del loro smaltimento,

Convenzione di Stoccolma sugli inquinanti organici persistenti,

Convenzione sul commercio internazionale delle specie di fauna e di flora selvatiche minacciate di estinzione,

Convenzione sulla diversità biologica,

Protocollo di Cartagena sulla prevenzione dei rischi biotecnologici,

Protocollo di Kyoto alla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici,

Convenzione delle Nazioni Unite sulle sostanze psicotrope (1971),

Convenzione delle Nazioni Unite contro il traffico illecito di stupefacenti e di sostanze psicotrope (1988),

Convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione (Convenzione di Città del Messico).

Parere del Comitato economico e sociale europeo del 9.2.2005 in merito alla «Proposta di regolamento del Consiglio relativo all'applicazione di uno schema di preferenze tariffarie generalizzate» (relatore: PEZZINI) (CESE 132/2005).

(7)  Commissione mondiale sulla dimensione sociale della globalizzazione, A fair globalisation: Creating opportunities for all («Una globalizzazione equa: creare opportunità per tutti»), febbraio 2004.

Parere del Comitato economico e sociale europeo del 9 marzo 2005 in merito alla comunicazione della Commissione «La dimensione sociale della globalizzazione - Il contributo della politica dell'UE perché tutti possano beneficiare dei vantaggi» (relatori: ETTY e HORNUNG-DRAUS) (CESE 252/2005).

(8)  Per un elenco più completo, si rimanda alle conclusioni del forum multilaterale delle parti interessate.

(9)  Cfr. la pubblicazione «ABC of CSR instruments» («L'ABC degli strumenti di RSI») della direzione generale della Commissione europea Occupazione, affari sociali e pari opportunità.

(10)  Il bilancio societario promosso dall'economia sociale è uno strumento diagnostico globale basato sul principio di valutazione incrociata delle parti interessate interne ed esterne all'impresa.

(11)  Guidance on social responsibility («Orientamento in materia di responsabilità sociale»).

(12)  Relazione informativa del Comitato economico e sociale europeo sul tema «La situazione attuale della coregolamentazione e della autoregolamentazione nel mercato unico» (relatore: VEVER).


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