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Document 62016CJ0183

Sentenza della Corte (Prima Sezione) del 20 settembre 2017.
Tilly-Sabco SAS contro Commissione europea.
Impugnazione – Agricoltura – Carni di pollame – Polli congelati – Restituzioni all’esportazione – Regolamento di esecuzione (UE) n. 689/2013 che fissa la restituzione a zero – Legittimità – Regolamento (CE) n. 1234/2007 – Articoli 162 e 164 – Oggetto e natura delle restituzioni – Criteri di fissazione del quantum – Competenza del direttore generale della direzione generale (DG) dell’agricoltura e dello sviluppo rurale alla sottoscrizione del regolamento controverso – Sviamento di potere – “Comitatologia” – Regolamento (UE) n. 182/2011 – Articolo 3, paragrafo 3 – Consultazione del comitato di gestione per l’organizzazione comune dei mercati agricoli – Presentazione del progetto di regolamento di esecuzione in occasione della riunione di tale comitato – Rispetto dei termini – Violazione di forme sostanziali – Annullamento con mantenimento degli effetti.
Causa C-183/16 P.

Court reports – general – 'Information on unpublished decisions' section

ECLI identifier: ECLI:EU:C:2017:704

SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione)

20 settembre 2017 ( *1 )

«Impugnazione – Agricoltura – Carni di pollame – Polli congelati – Restituzioni all’esportazione – Regolamento di esecuzione (UE) n. 689/2013 che fissa la restituzione a zero – Legittimità – Regolamento (CE) n. 1234/2007 – Articoli 162 e 164 – Oggetto e natura delle restituzioni – Criteri di fissazione del quantum – Competenza del direttore generale della direzione generale (DG) dell’agricoltura e dello sviluppo rurale alla sottoscrizione del regolamento controverso – Sviamento di potere – “Comitatologia” – Regolamento (UE) n. 182/2011 – Articolo 3, paragrafo 3 – Consultazione del comitato di gestione per l’organizzazione comune dei mercati agricoli – Presentazione del progetto di regolamento di esecuzione in occasione della riunione di tale comitato – Rispetto dei termini – Violazione di forme sostanziali – Annullamento con mantenimento degli effetti»

Nella causa C‑183/16 P,

avente ad oggetto l’impugnazione proposta, ai sensi dell’articolo 56 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, il 23 marzo 2016,

Tilly-Sabco SAS, con sede in Guerlesquin (Francia), rappresentata da R. Milchior, F. Le Roquais e S. Charbonnel, avocats,

ricorrente,

procedimento in cui le altre parti sono:

Commissione europea, rappresentata da A. Lewis e K. Skelly, in qualità di agenti,

convenuta in primo grado,

Doux SA, con sede in Châteaulin (Francia),

interveniente in primo grado,

LA CORTE (Prima Sezione),

composta da R. Silva de Lapuerta, presidente di sezione, J-C. Bonichot, A. Arabadjiev (relatore), C.G. Fernlund e S. Rodin, giudici,

avvocato generale: N. Wahl

cancelliere: K. Malacek, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 1o marzo 2017,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 4 maggio 2017,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

Con la presente impugnazione, la Tilly-Sabco SAS chiede l’annullamento della sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 14 gennaio 2016, Tilly-Sabco/Commissione (T‑397/13, EU:T:2016:8; in prosieguo: la «sentenza impugnata»), con cui è stato respinto il suo ricorso diretto all’annullamento del regolamento di esecuzione (UE) n. 689/2013 della Commissione, del 18 luglio 2013, recante fissazione delle restituzioni all’esportazione nel settore del pollame (GU 2013, L 196, pag. 13; in prosieguo: il «regolamento controverso»).

Contesto normativo

Regolamento n. 1234/2007

2

Ai sensi dei considerando 65 e 77 del regolamento (CE) n. 1234/2007 del Consiglio, del 22 ottobre 2007, recante organizzazione comune dei mercati agricoli e disposizioni specifiche per taluni prodotti agricoli (regolamento «unico OCM») (GU 2007, L 299, pag. 1), come modificato dal regolamento (UE) n. 517/2013 del Consiglio, del 13 maggio 2013 (GU 2013, L 158, pag. 1) (in prosieguo: il «regolamento n. 1234/2007»):

«(65)

Un mercato unico [dell’Unione] implica un regime unico di scambi alle frontiere esterne dell’[Unione]. Tale regime di scambi dovrebbe comprendere i dazi all’importazione e le restituzioni all’esportazione, e dovrebbe stabilizzare, in linea di massima, il mercato [interno]. Il regime di scambi dovrebbe basarsi sugli impegni assunti nell’ambito dei negoziati commerciali multilaterali dell’Uruguay Round.

(…)

(77)

La possibilità di concedere restituzioni all’esportazione verso i paesi terzi sulla base della differenza tra i prezzi praticati nell’[Unione] e quelli praticati sul mercato mondiale, entro i limiti stabiliti dagli impegni assunti dall’[Unione] in sede OMC, dovrebbe essere finalizzata a garantire la partecipazione dell’[Unione] al commercio internazionale di alcuni dei prodotti contemplati dal presente regolamento. È opportuno limitare, in termini di valore e di quantità, le esportazioni sovvenzionate».

3

L’articolo 162 del regolamento n. 1234/2007 prevedeva, al paragrafo 1, segnatamente, quanto segue:

«Nella misura necessaria per consentire l’esportazione sulla base delle quotazioni o dei prezzi praticati sul mercato mondiale ed entro i limiti che scaturiscono dagli accordi conclusi conformemente all’articolo [218 TFUE], la differenza tra queste quotazioni o prezzi e i prezzi nell’[Unione] può essere coperta da una restituzione all’esportazione per:

a)

i prodotti dei settori seguenti da esportare come tali:

(…)

viii)

carni di pollame».

4

Il successivo articolo 164, rubricato «Fissazione delle restituzioni all’esportazione», ai paragrafi da 1 a 3 così disponeva:

«1.   Le restituzioni all’esportazione sono le stesse per tutta [l’Unione]. Esse possono essere differenziate secondo le destinazioni, allorché ciò sia reso necessario dalla situazione del mercato mondiale o dalle particolari esigenze di taluni mercati, o dagli obblighi che scaturiscono dagli accordi conclusi a norma dell’articolo [218 TFUE].

2.   Le restituzioni sono fissate dalla Commissione.

In particolare, tale fissazione può aver luogo:

a)

periodicamente;

b)

mediante gara per i prodotti per i quali tale procedura era applicata prima della data di applicazione del presente regolamento a norma dell’articolo 204, paragrafo 2.

Tranne in caso di fissazione mediante gara, l’elenco dei prodotti per i quali è accordata una restituzione all’esportazione e l’importo di tali restituzioni sono fissati almeno una volta ogni tre mesi. L’importo della restituzione può tuttavia essere mantenuto allo stesso livello per più di tre mesi e nel periodo intercorrente può, se necessario, essere adattato dalla Commissione, senza l’assistenza del comitato di cui all’articolo 195, paragrafo 1, su richiesta di uno Stato membro o di propria iniziativa.

3.   Le restituzioni per un determinato prodotto sono fissate tenendo conto di uno o più dei seguenti aspetti:

a)

la situazione e le prospettive di evoluzione:

sul mercato [interno], dei prezzi del prodotto in questione e delle sue disponibilità,

dei prezzi di tale prodotto sul mercato mondiale;

b)

gli obiettivi dell’organizzazione comune del mercato, volti a garantire a tale mercato una situazione equilibrata e uno sviluppo naturale sul piano dei prezzi e degli scambi;

c)

la necessità di evitare perturbazioni tali da provocare uno squilibrio prolungato tra la domanda e l’offerta sul mercato della Comunità;

d)

l’aspetto economico delle esportazioni previste;

e)

i limiti che derivano dagli accordi conclusi a norma dell’articolo [218 TFUE];

f)

la necessità di stabilire un equilibrio tra l’utilizzazione dei prodotti di base [dell’Unione] nella fabbricazione di merci trasformate ai fini dell’esportazione verso i paesi terzi e l’utilizzazione dei prodotti di paesi terzi, che siano stati ammessi al regime di perfezionamento;

g)

le spese di commercializzazione e le spese di trasporto più favorevoli dai mercati dell’[Unione] fino ai porti o altri luoghi di esportazione dell’[Unione], nonché le spese d’inoltro ai paesi di destinazione;

h)

la domanda sul mercato [interno];

i)

con riguardo ai settori delle carni suine, delle uova e delle carni di pollame, la differenza tra i prezzi nell’[Unione] e i prezzi sul mercato mondiale del quantitativo di cereali da foraggio necessario per produrre nell’[Unione] i prodotti di tali settori».

5

L’articolo 195 del regolamento medesimo, rubricato «Comitato», prevedeva, ai suoi paragrafi 1 e 2, quanto segue:

«1.   La Commissione è assistita dal comitato di gestione per l’organizzazione comune dei mercati agricoli (di seguito «il comitato di gestione»);

2.   Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano gli articoli 4 e 7 della decisione 1999/468/CE.

Il periodo di cui all’articolo 4, paragrafo 3, della decisione 1999/468/CE è fissato ad un mese».

6

Il successivo articolo 196, rubricato «Organizzazione del comitato di gestione», così recitava:

«L’organizzazione delle riunioni del comitato di gestione di cui all’articolo 195, paragrafo 1, tiene conto, in particolare, dell’ambito delle sue competenze, delle specificità dell’argomento da trattare e della necessità di disporre di competenze adeguate».

7

Il regolamento n. 1234/2007 è stato abrogato dal regolamento (UE) n. 1308/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, recante organizzazione comune dei mercati dei prodotti agricoli e che abroga i regolamenti (CEE) n. 922/72, (CEE) n. 234/79, (CE) n. 1037/2001 e (CE) n. 1234/2007 del Consiglio (GU 2013, L 347, pag. 671).

Regolamento n. 182/2011

8

Il primo visto del regolamento (UE) n. 182/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 febbraio 2011, che stabilisce le regole e i principi generali relativi alle modalità di controllo da parte degli Stati membri dell’esercizio delle competenze di esecuzione attribuite alla Commissione (GU 2011, L 55, pag. 13), così recita:

«visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 291, paragrafo 3».

9

Ai sensi dei considerando da 4 a 9 del regolamento n. 182/2011:

«(4)

Il trattato sul funzionamento dell’Unione europea dispone adesso che il Parlamento europeo e il Consiglio stabiliscano le regole e i principi generali relativi alle modalità di controllo da parte degli Stati membri dell’esercizio delle competenze di esecuzione attribuite alla Commissione.

(5)

Occorre assicurare che le procedure relative a tale controllo siano chiare, efficaci e proporzionate alla natura degli atti di esecuzione e che riflettano sia le disposizioni istituzionali del TFUE, sia l’esperienza acquisita e la prassi in uso per l’attuazione della decisione 1999/468/CE.

(6)

Per quegli atti di base che richiedono il controllo degli Stati membri per l’adozione di atti di esecuzione da parte della Commissione è opportuno, ai fini di un tale controllo, istituire comitati composti da rappresentanti degli Stati membri e presieduti dalla Commissione.

(7)

Se del caso, il meccanismo di controllo dovrebbe includere il rinvio ad un comitato di appello che dovrebbe riunirsi al livello adeguato.

(8)

Per motivi di semplificazione la Commissione dovrebbe esercitare le competenze di esecuzione secondo una delle due sole procedure, vale a dire la procedura consultiva o la procedura d’esame.

(9)

Allo scopo di semplificare ulteriormente, ai comitati si dovrebbero applicare norme procedurali comuni, incluse le disposizioni fondamentali riguardanti il loro funzionamento e la possibilità di esprimere un parere con procedura scritta».

10

L’articolo 2 del regolamento medesimo, rubricato «Scelta delle procedure», ai suoi paragrafi 1 e 2, così dispone:

«1.   Un atto di base può prevedere l’applicazione della procedura consultiva o della procedura d’esame tenendo presente la natura o l’impatto degli atti di esecuzione richiesti.

2.   La procedura d’esame si applica, in particolare, per l’adozione di:

a)

atti di esecuzione di portata generale;

b)

altri atti di esecuzione riguardanti:

i)

programmi con implicazioni sostanziali;

ii)

la politica agricola comune e la politica comune della pesca;

iii)

l’ambiente, la sicurezza, o la protezione della salute o la sicurezza delle persone, degli animali o delle piante;

iv)

la politica commerciale comune

v)

la fiscalità».

11

Il successivo articolo 3, rubricato «Disposizioni comuni», prevede, ai paragrafi da 1 a 4 e 7, quanto segue:

«1.   Le disposizioni comuni di cui al presente articolo si applicano a tutte le procedure di cui agli articoli da 4 a 8.

2.   La Commissione è assistita da un comitato composto da rappresentanti degli Stati membri. Il comitato è presieduto da un rappresentante della Commissione. Il presidente non prende parte alle votazioni del comitato.

3.   Il presidente sottopone al comitato il progetto di atto di esecuzione che deve essere adottato dalla Commissione.

Salvo in casi debitamente giustificati, il presidente convoca una riunione entro un termine non inferiore a quattordici giorni dalla presentazione del progetto di atto di esecuzione e del progetto di ordine del giorno al comitato. Il comitato esprime il suo parere sul progetto di atto di esecuzione entro un termine che il presidente può fissare in funzione dell’urgenza della questione. I termini sono proporzionati e offrono ai membri del comitato tempestive e effettive opportunità di esaminare il progetto di atto di esecuzione ed esprimere la loro posizione.

4.   Fino a quando il comitato non esprime un parere, ogni suo membro può proporre modifiche e il presidente può presentare versioni modificate del progetto di atto di esecuzione.

Il presidente si adopera per trovare soluzioni che incontrino il più ampio sostegno possibile in seno al comitato. Il presidente informa il comitato del modo in cui si è tenuto conto delle discussioni e delle proposte di modifiche, in particolare per quanto riguarda le proposte che sono state ampiamente sostenute in seno al comitato.

(…)

7.   Se del caso, il meccanismo di controllo prevede il rinvio a un comitato di appello.

Il comitato di appello adotta il suo regolamento interno a maggioranza semplice dei suoi membri, su proposta della Commissione.

Qualora una questione sia sottoposta al comitato di appello, esso si riunisce non prima di quattordici giorni, salvo in casi debitamente giustificati, e non oltre sei settimane dopo la data del rinvio. Fatto salvo il paragrafo 3, il comitato di appello esprime il suo parere entro due mesi dalla data del rinvio.

Un rappresentante della Commissione presiede il comitato di appello.

Il presidente fissa la data della riunione del comitato di appello in stretta cooperazione con i membri del comitato, in modo da permettere agli Stati membri e alla Commissione di essere rappresentati a un livello appropriato. Entro il 1o aprile 2011 la Commissione convoca la prima riunione del comitato di appello al fine di adottare il suo regolamento interno».

12

L’articolo 5 del regolamento n. 182/2011, rubricato «Procedura d’esame», ai suoi paragrafi da 1 a 4, così recita:

«1.   Nei casi in cui si applica la procedura d’esame, il comitato esprime il proprio parere con la maggioranza prevista dall’articolo 16, paragrafi 4 e 5, [TUE] e, ove applicabile, dall’articolo 238, paragrafo 3, [TFUE], per gli atti che devono essere adottati su proposta della Commissione. I voti dei rappresentanti degli Stati membri all’interno del comitato sono ponderati nel modo stabilito nei suddetti articoli.

2.   Nei casi in cui il comitato esprime un parere positivo, la Commissione adotta il progetto di atto di esecuzione.

3.   Fatto salvo l’articolo 7, se il comitato esprime un parere negativo, la Commissione non adotta il progetto di atto di esecuzione. Qualora ritenga che sia necessario un atto di esecuzione, il presidente può sottoporre una versione modificata del progetto di atto di esecuzione allo stesso comitato entro due mesi dalla presentazione del parere negativo, ovvero presentare il progetto di atto di esecuzione entro un mese dalla suddetta presentazione al comitato di appello per una nuova delibera.

4.   Nei casi in cui non è espresso alcun parere, la Commissione può adottare il progetto di atto di esecuzione, tranne nel caso di cui al secondo comma. Se la Commissione non adotta il progetto di atto di esecuzione, il presidente può presentare al comitato una versione modificata dello stesso.

(…)».

13

L’articolo 8 del regolamento medesimo, rubricato «Atti di esecuzione immediatamente applicabili», prevede, ai suoi paragrafi da 1 a 4, quanto segue:

«1.   In deroga agli articoli 4 e 5, un atto di base può prevedere, per imperativi motivi di urgenza debitamente giustificati, che si debba applicare il presente articolo.

2.   La Commissione adotta un atto di esecuzione che è immediatamente applicabile senza previa presentazione ad un comitato e rimane in vigore per un periodo non superiore a sei mesi, salvo che l’atto di base preveda altrimenti.

3.   Al massimo quattordici giorni dopo la sua adozione, il presidente sottopone l’atto di cui al paragrafo 2 al comitato competente al fine di ottenerne il parere.

4.   Laddove si applica la procedura d’esame, nel caso in cui il comitato presenti un parere negativo, la Commissione abroga immediatamente l’atto di esecuzione adottato a norma del paragrafo 2».

14

L’articolo 9 del regolamento n. 182/2011, rubricato «Regolamento interno», al paragrafo 1 precisa:

«Ogni comitato adotta a maggioranza semplice dei suoi membri il proprio regolamento interno su proposta del presidente, basandosi su un regolamento di procedura tipo da redigersi ad opera della Commissione previa consultazione con gli Stati membri. La Commissione pubblica tale regolamento di procedura tipo nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.

I comitati esistenti adattano, per quanto necessario, il proprio regolamento interno al regolamento di procedura tipo».

Decisioni sulla comitatologia

15

Il secondo comma e i primi due periodi del sesto comma dell’articolo 2 della decisione 87/373/CEE del Consiglio, del 13 luglio 1987, che stabilisce le modalità per l’esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione (GU 1987, L 197, pag. 33), nonché l’articolo 3, paragrafo 2, e i due primi periodi dell’articolo 4, paragrafo 2, della decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l’esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione (GU 1999, L 184, pag. 23), che ha abrogato la decisione 87/373, (in prosieguo, congiuntamente: le «decisioni sulla comitatologia»), in termini identici così recitavano:

«Il rappresentante della Commissione sottopone al comitato un progetto delle misure da adottare. Il comitato esprime il suo parere sul progetto entro un termine che il presidente può fissare in funzione dell’urgenza della questione in esame».

16

La decisione 1999/468 è stata abrogata dal regolamento n. 182/2011.

Regolamento interno del comitato di gestione

17

Ai sensi dell’articolo 3 del regolamento interno del comitato di gestione:

«1.   Ai fini dell’articolo 3, paragrafo 3, secondo comma, del regolamento (UE) n. 182/2011, il presidente trasmette ai membri del comitato l’invito, il progetto di ordine del giorno e il progetto di atto di esecuzione per il quale si richiede il parere del comitato con congruo anticipo rispetto alla data della riunione, tenendo conto dell’urgenza e della complessità della materia, e comunque non oltre quattordici giorni di calendario prima di tale data. Ogni altro documento attinente alla riunione, in particolare i documenti che corredano il progetto di atto di esecuzione, viene trasmesso per quanto possibile entro lo stesso termine.

Tuttavia, nel caso in cui sia richiesta un’azione rapida con cadenza periodica o quando l’atto di base prevede termini di azione specifici e obbligatori, possono essere applicati dei termini più brevi. (…)

2.   In casi debitamente giustificati, il presidente può, di propria iniziativa o su richiesta di un membro del comitato, abbreviare il termine per la trasmissione dei documenti di cui al paragrafo 1, primo comma. Tranne in casi di estrema urgenza, in particolare per evitare il verificarsi di crisi significative dei mercati nel settore dell’agricoltura e per proteggere gli interessi finanziari dell’Unione ai sensi dell’articolo 325 (…) TFUE, il termine non può essere inferiore a 5 giorni di calendario».

Fatti

18

La Tilly-Sabco è un’impresa francese operante nel settore dell’esportazione di polli interi congelati nei paesi del Medio Oriente.

19

Conformemente, in particolare, agli articoli 162 e 164 del regolamento n. 1234/2007, la Commissione fissava periodicamente, mediante regolamenti di esecuzione, l’importo delle restituzioni all’esportazione nel settore delle carni di pollame.

20

Successivamente all’adozione del regolamento (UE) n. 525/2010 della Commissione, del 17 giugno 2010, recante fissazione delle restituzioni all’esportazione nel settore del pollame (GU 2010, L 152, pag. 5), l’importo di tali restituzioni era oggetto di progressiva riduzione, per quanto riguarda tre categorie di polli congelati. L’importo delle restituzioni all’esportazione veniva dapprima ridotto da EUR 40/100 kg a EUR 32,50/100 kg. Quest’ultimo importo, dopo essere stato mantenuto per otto regolamenti di esecuzione consecutivi, veniva poi ridotto a EUR 21,70/100 kg, per effetto del regolamento di esecuzione (UE) n. 962/2012 della Commissione, del 18 ottobre 2012, recante fissazione delle restituzioni all’esportazione nel settore del pollame (GU 2012, L 288, pag. 6).

21

Una nuova riduzione, che portava l’importo delle restituzioni a EUR 10,85/100 kg per le tre categorie di polli congelati in questione, veniva operata con il regolamento di esecuzione (UE) n. 33/2013 della Commissione, del 17 gennaio 2013, recante fissazione delle restituzioni all’esportazione nel settore del pollame (GU 2013, L 14, pag. 15). Tale importo veniva poi mantenuto dal regolamento di esecuzione (UE) n. 360/2013 della Commissione, del 18 aprile 2013, recante fissazione delle restituzioni all’esportazione nel settore del pollame (GU 2013, L 109, pag. 27).

22

Con il regolamento controverso, la Commissione abrogava il regolamento di esecuzione n. 360/2013 e fissava a zero l’importo delle restituzioni all’esportazione per tre categorie di polli congelati, corrispondenti ai codici 0207 12 10 9900, 0207 12 90 9190 e 0207 12 90 9990. L’importo delle restituzioni per altri sei prodotti, essenzialmente pulcini, elencati nell’allegato del regolamento controverso, già fissato a zero dal regolamento di esecuzione (UE) n. 1056/2011 della Commissione, del 20 ottobre 2011, recante fissazione delle restituzioni all’esportazione nel settore del pollame (GU 2011, L 276, pag. 31), non veniva modificato. Come emerge dall’allegato del regolamento controverso, le destinazioni interessate dalle restituzioni all’esportazione sono, in particolare, paesi del Medio Oriente.

23

Il progetto del regolamento controverso veniva presentato e votato in occasione della riunione del 18 luglio 2013 dal comitato di gestione.

24

Relativamente alla procedura seguita a tal riguardo, la Commissione precisava dinanzi al Tribunale quanto segue.

25

Il 16 luglio 2013, ossia due giorni prima della riunione del comitato di gestione, la Commissione inviava ai membri del comitato di gestione, tramite messaggio di posta elettronica, un documento intitolato «EU Market situation for poultry» (Situazione del mercato avicolo dell’Unione).

26

Nel corso della mattinata in cui si svolgeva la riunione del comitato di gestione del 18 luglio 2013, la Commissione procedeva all’esposizione della situazione del mercato avicolo. Nel prosieguo pomeridiano della riunione, dopo le ore 13:00, la Commissione presentava al comitato di gestione il progetto del regolamento controverso. Si trattava di un regolamento standard nel quale erano state aggiornate soltanto le cifre. Più in particolare, si trattava di una fotocopia del regolamento precedente che fissava le restituzioni all’esportazione, nel quale erano stati barrati a matita i riferimenti agli importi delle restituzioni.

27

Il progetto del regolamento controverso veniva poi sottoposto a votazione. Il direttore generale della direzione generale (DG) dell’agricoltura e dello sviluppo rurale procedeva alle formalità di autocertificazione in pari data alle ore 15:46, al fine di consentire, il giorno successivo, la pubblicazione del regolamento controverso nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea, affinché entrasse in vigore e fosse applicato immediatamente.

28

I considerando da 1 a 3, 6 e 7 del regolamento controverso così recitano:

«(1)

Ai sensi dell’articolo 162, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 1234/2007, la differenza tra i prezzi dei prodotti elencati nell’allegato I, parte XX, di detto regolamento praticati sul mercato mondiale e i prezzi degli stessi prodotti nell’Unione europea può essere coperta da una restituzione all’esportazione.

(2)

Vista la situazione attualmente esistente sul mercato del pollame, occorre fissare restituzioni all’esportazione nel rispetto delle norme e dei criteri previsti dagli articoli 162, 163, 164, 167 e 169 del regolamento (CE) n. 1234/2007.

(3)

Ai sensi dell’articolo 164, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 1234/2007, le restituzioni possono essere differenziate secondo le destinazioni, in particolare quando ciò sia reso necessario dalla situazione del mercato mondiale o dalle particolari esigenze di taluni mercati, o dagli obblighi che scaturiscono dagli accordi conclusi a norma dell’articolo [218 TFUE].

(…)

(6)

Per prevenire ogni divergenza rispetto all’attuale situazione del mercato e le speculazioni sul mercato, nonché per garantire l’efficienza della gestione, è necessario che il presente regolamento entri in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.

(7)

Il [comitato di gestione] non ha emesso un parere entro il termine stabilito dal suo presidente».

29

L’articolo 1, paragrafo 1, del regolamento impugnato così dispone:

«Le restituzioni all’esportazione di cui all’articolo 164 del regolamento (CE) n. 1234/2007 sono concesse per i prodotti e per gli importi indicati nell’allegato del presente regolamento (…)».

30

Nel citato allegato, gli importi delle restituzioni all’esportazione sono fissati a zero per tutti i prodotti di cui trattasi.

31

Il regolamento controverso è stato firmato dal direttore generale della DG dell’agricoltura e dello sviluppo rurale, pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea il 19 luglio 2013 ed è entrato in vigore in pari data.

Procedimento dinanzi al Tribunale e sentenza impugnata

32

Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 6 agosto 2013, la Tilly-Sabco presentava ricorso diretto all’annullamento del regolamento controverso.

33

A sostegno del ricorso, deduceva cinque motivi, vertenti, il primo, sulla violazione delle forme sostanziali e su uno sviamento di procedura, il secondo, su un vizio di procedura e di incompetenza, il terzo, sulla carenza di motivazione, il quarto, sulla violazione di legge o su un manifesto errore di valutazione e, il quinto, sulla violazione del principio di tutela del legittimo affidamento.

34

Con la sentenza impugnata, il Tribunale, previa dichiarazione di ricevibilità del ricorso, in base al rilievo che il regolamento controverso rientrerebbe tra gli atti regolamentari che non comportano misure di esecuzione, ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, TFUE, successivamente, respingeva il ricorso nel merito condannando quindi la Tilly-Sabco alle proprie spese.

Conclusioni delle parti

35

La Tilly-Sabco chiede che la Corte voglia:

annullare la sentenza impugnata,

annullare il regolamento controverso, e

condannare la Commissione alle spese.

36

La Commissione chiede che la Corte voglia:

respingere il ricorso e

condannare la Tilly-Sabco alle spese.

Sull’impugnazione

37

La Tilly-Sabco deduce quattro motivi a sostegno della propria impugnazione. Il primo, articolato su cinque capi, si fonda sull’erronea interpretazione sia dell’articolo 3, paragrafo 3, del regolamento n. 182/2011 sia degli articoli 162 e 164 del regolamento n. 1234/2007, il secondo, sull’incompetenza del direttore generale della DG dell’agricoltura e dello sviluppo rurale a sottoscrivere il regolamento controverso, il terzo, articolato su cinque capi, sulla violazione dell’articolo 296 TFUE, su talune contraddizioni nella motivazione, nonché su violazioni dell’articolo 164, paragrafo 3, del regolamento n. 1234/2007 e, il quarto, articolato su tre capi, sulla contraddittorietà della motivazione, su violazioni dell’articolo 164, paragrafo 3, lettera b), del regolamento n. 1234/2007 e sullo snaturamento degli elementi di prova.

38

In primo luogo, occorre esaminare congiuntamente il quinto capo del primo motivo, il secondo motivo, il terzo capo del terzo motivo nonché il primo e il secondo capo del quarto motivo, vertenti, in sostanza, sull’erronea interpretazione degli articoli 162 e 164 del regolamento n. 1234/2007, nonché, in secondo luogo, unitamente i primi quattro capi del primo motivo, fondato sull’erronea interpretazione dell’articolo 3, paragrafo 3, del regolamento n. 182/2011.

Sul quinto capo del primo motivo, sul secondo motivo, sul terzo capo del terzo motivo, nonché sul primo e secondo capo del quarto motivo, vertenti sull’erronea interpretazione degli articoli 162 e 164 del regolamento n. 1234/2007

Argomenti delle parti

39

Con il quinto capo del primo motivo, la Tilly-Sabco deduce la contraddittorietà della motivazione accolta dal Tribunale che, respingendo il secondo capo del primo motivo di ricorso, avrebbe viziato la sentenza impugnata,.

40

A tale riguardo, la Tilly-Sabco ritiene che la ricostruzione da parte del Tribunale, ai punti 149 e 255 della sentenza impugnata, del ragionamento della Commissione evidenzierebbe uno sviamento di potere, in quanto la Commissione si sarebbe basata sull’articolo 164 del regolamento n. 1234/2007, strumentalizzando il comitato di gestione, al fine di adottare la decisione politica di abolire le restituzioni all’esportazione, decisione che sarebbe dovuta essere assunta in base al solo articolo 162 di detto regolamento.

41

In particolare, il Tribunale avrebbe ignorato, ai punti da 162 a 164 della sentenza impugnata, l’impatto della mancata adozione, da parte della Commissione, nel mese di ottobre del 2013, di un nuovo regolamento periodico che mantiene, se del caso, a zero l’importo delle restituzioni, a causa della situazione del mercato, così come avrebbe fatto in precedenza in caso di mantenimento del livello delle restituzioni all’esportazione.

42

Con il secondo motivo, la Tilly-Sabco contesta al Tribunale di aver violato l’articolo 164, paragrafo 2, del regolamento n. 1234/2007 e viziato la sentenza impugnata per contraddittorietà della motivazione per aver respinto il secondo motivo di ricorso, vertente sull’incompetenza del direttore generale della DG dell’agricoltura e dello sviluppo rurale a sottoscrivere il regolamento controverso, avendo disatteso, al punto 200 della sentenza impugnata, il proprio argomento secondo cui il regolamento controverso non potrebbe essere qualificato come strumento agricolo periodico.

43

A tal riguardo, la Tilly-Sabco rileva che è pacifico che il regolamento controverso non sia stato rinnovato e ne deduce che non può essere qualificato quale strumento agricolo periodico. Ricorda che la prassi della Commissione era quella di adottare regolamenti sulle restituzioni con cadenza trimestrale, avendo poi deciso di non convocare il comitato di gestione per valutare nuovamente, nel mese di ottobre 2013, il livello delle restituzioni all’esportazione. Orbene, qualora si trattasse di uno strumento agricolo periodico, la Commissione avrebbe dovuto procedere a tale ulteriore valutazione.

44

Con il terzo capo del terzo motivo, la Tilly-Sabco sostiene che i punti da 253 a 259 della sentenza impugnata sono viziati da contraddittorietà della motivazione nella parte in cui prevedono che la fissazione a zero delle restituzioni all’esportazione rientrasse nella riduzione progressiva dell’importo di tali restituzioni e che quest’ultima riduzione non fosse strutturalmente diversa dalle riduzioni precedenti. Infatti, secondo la Tilly-Sabco, siffatta riduzione progressiva costituiva una decisione politica e non l’applicazione dei criteri fissati dall’articolo 164, paragrafo 3, del regolamento n. 1234/2007, come la Commissione stessa avrebbe riconosciuto nel proprio controricorso nel giudizio di primo grado, richiamandosi a un obbligo internazionale assunto a tal riguardo.

45

Con il primo capo del quarto motivo, la Tilly-Sabco contesta al Tribunale di aver viziato la sentenza impugnata per contraddittorietà della motivazione e violato l’articolo 164, paragrafo 3, lettera a), del regolamento n. 1234/2007 per aver assunto, ai punti 301 e 302 della sentenza impugnata, periodi di riferimento differenti e per aver ripartito su diversi anni la valutazione prevista da tale disposizione della «situazione» dei mercati mondiali e interno.

46

Con il secondo capo del quarto motivo, la Tilly-Sabco sostiene che il Tribunale ha violato l’articolo 164, paragrafo 3, lettera b), del regolamento n. 1234/2007 per aver avallato un manifesto errore di valutazione commesso dalla Commissione. La Tilly-Sabco rileva che il Tribunale ha rilevato, al punto 289 della sentenza impugnata, che la differenza di prezzo rispetto al pollame originario del Brasile era stimata in EUR 44,73 per 100 kg, sottolineando che tale differenza è considerevole e impone la concessione di restituzioni all’esportazione. Inoltre, il Tribunale avrebbe considerato solamente il mercato mondiale e non, parimenti, il mercato interno, come postulato da tale disposizione.

47

La Commissione contesta l’argomento della Tilly-Sabco e sostiene, in particolare, che tale argomento deriva da una scarsa comprensione degli obiettivi perseguiti nell’ambito della politica agricola comune con la concessione delle restituzioni all’esportazione.

Giudizio della Corte

48

Occorre rilevare in limine che, con l’argomento attinente alla contraddittorietà della motivazione con cui il Tribunale avrebbe viziato la sentenza impugnata, la Tilly-Sabco contesta, in realtà, la valutazione del Tribunale in merito alla legittimità del regolamento controverso alla luce degli articoli 162 e 164 del regolamento n. 1234/2007, avendo il Tribunale respinto tutti i motivi e gli argomenti della ricorrente diretti a far valere vizi di legittimità.

49

Peraltro, si deve rilevare che da una lettura d’insieme degli articoli 39 e 40 TFUE, dei considerando 65 e 77 del regolamento n. 1234/2007, nonché dell’articolo 164, paragrafo 3, lettera b), di tale regolamento risulta che l’obiettivo principale perseguito dall’eventuale concessione di restituzioni all’esportazione è stabilizzare il mercato interno, come correttamente fatto valere dalla Commissione.

50

A tale riguardo, l’articolo 162 del regolamento n. 1234/2007 riconosce un margine di discrezionalità alla Commissione per fissare o meno restituzioni all’esportazione nonché, quindi, per ridurre tutte le restituzioni stabilite.

51

Conformemente al successivo articolo 164, paragrafo 2, la Commissione, in particolare, fissa periodicamente le restituzioni, con cadenza quantomeno trimestrale, potendo tali restituzioni essere peraltro mantenute allo stesso livello per più di tre mesi o, in caso di necessità, essere adattate nel periodo intercorrente.

52

Il paragrafo 3 dell’articolo 164 del regolamento n. 1234/2007precisa gli elementi rilevanti ai fini della fissazione dell’importo delle restituzioni, consentendo peraltro alla Commissione di tener conto di uno o più di tali elementi.

53

A termini della lettera a) del menzionato paragrafo 3 dell’articolo 164, si può così tener conto della situazione attuale e delle prospettive di evoluzione per quanto riguarda i prezzi del prodotto de quo e la sua disponibilità sul mercato nonché dei prezzi del prodotto medesimo sul mercato mondiale. Ai sensi della successiva lettera b), possono essere presi in considerazione gli obiettivi dell’organizzazione comune del mercato, volti a garantire a tale mercato una situazione equilibrata e uno sviluppo naturale sul piano dei prezzi e degli scambi.

54

Ne deriva anzitutto che, non essendo stato segnatamente imposto alcun importo specifico né alcun metodo di calcolo particolare dall’articolo 164, paragrafo 3, del regolamento n. 1234/2007, nulla osta a che l’esame, da parte della Commissione, degli elementi previsti dalla disposizione medesima possa condurre alla fissazione provvisoria di un importo pari a zero.

55

Inoltre, poiché l’articolo 164, paragrafo 2, di tale regolamento consente alla Commissione sia di mantenere le restituzioni allo stesso livello per più di tre mesi, sia di adattarle nel periodo intercorrente, non si può ritenere che tale disposizione imponga all’Istituzione di convocare sistematicamente, ogni tre mesi, le riunioni del comitato di gestione, al solo scopo di formalizzare la proroga delle restituzioni precedentemente stabilite. Infatti, un’interpretazione di tal genere, che obbligherebbe la Commissione e il comitato di gestione a svolgere inutilmente delle riunioni, risulterebbe incompatibile con il principio di buona amministrazione.

56

Infine, posto che la Commissione, ai sensi dell’articolo 164, paragrafo 3, del regolamento n. 1234/2007, può fissare le restituzioni all’esportazione in base a uno o più degli elementi ivi menzionati, si deve ritenere che un regolamento adottato ai sensi della disposizione medesima non è viziato da un errore manifesto di valutazione, laddove tale valutazione risulti validamente fondata almeno su uno di detti elementi.

57

Nella specie, in primo luogo, risulta dall’articolo 1, paragrafo 1, del regolamento controverso, nonché dai suoi considerando 2 e 3 che, nell’adottare tale regolamento, la Commissione non ha proceduto alla cancellazione, ai sensi dell’articolo 162 del regolamento n. 1234/2007, delle restituzioni all’esportazione precedentemente concesse e fissate ad un importo positivo, ma ha stabilito le restituzioni all’esportazione controverse ad un importo pari a zero, in forza dell’articolo 164 del regolamento n. 1234/2007.

58

In secondo luogo, è pacifico che tale fissazione si sia basata, segnatamente, sul criterio di cui all’articolo 164, paragrafo 3, lettera b), del regolamento n. 1234/2007.

59

Orbene, la censura dedotta dalla Tilly-Sabco al Tribunale di non aver tenuto in considerazione, nella propria valutazione, il mercato interno e di aver ignorato che la differenza di prezzo rispetto al pollame originario del Brasile richiedesse la concessione di restituzioni all’esportazione, si fonda su un’erronea lettura della sentenza impugnata, avendo il Tribunale dettagliatamente esaminato, ai punti da 282 a 294 della sentenza stessa, la situazione predominante sul mercato interno alla data di adozione del regolamento controverso.

60

Inoltre, come giustamente osservato dalla Commissione, tale ragionamento si fonda su un’erronea interpretazione degli obiettivi delle restituzioni all’esportazione in generale e dell’articolo 164, paragrafo 3, lettera b), del regolamento n. 1234/2007, in particolare, in quanto una differenza di prezzo non impone affatto, di per sé, la concessione di restituzioni all’esportazione.

61

Ne consegue che l’argomento della Tilly-Sabco relativo alla violazione, da parte del Tribunale, dell’articolo 164, paragrafo 3, lettera b), del regolamento n. 1234/2007 è totalmente destituito di fondatezza.

62

In tale contesto e conformemente a quanto rilevato supra al punto 56, l’argomento con il quale la Tilly-Sabco contesta la valutazione del Tribunale in merito alla legittimità del regolamento controverso ai sensi dell’articolo 164, paragrafo 3, lettera a), del regolamento n. 1234/2007 dev’essere respinto in quanto inconferente.

63

In terzo luogo, l’argomento della Tilly-Sabco relativo alla mancata adozione, da parte della Commissione, nel mese di ottobre 2013, di un nuovo regolamento, anche ammettendone la ricevibilità, non può, in ogni caso, essere accolto, alla luce delle considerazioni svolte supra al punto 55. Ne consegue, quindi, che la competenza del direttore generale della DG dell’agricoltura e dello sviluppo rurale a sottoscrivere il regolamento controverso non viene assolutamente messa in discussione da tale argomento.

64

In quarto luogo, laddove la Tilly-Sabco ritiene che gli elementi sollevati dinanzi al Tribunale siano idonei a dimostrare uno sviamento di potere, occorre ricordare che un atto è viziato da sviamento di potere solo se, sulla base di indizi oggettivi, pertinenti e concordanti, risulta adottato allo scopo esclusivo, o quanto meno determinante, di raggiungere fini diversi da quelli dichiarati o di eludere una procedura appositamente prevista dal Trattato per far fronte alle circostanze del caso di specie (sentenza del 4 dicembre 2013, Commissione/Consiglio, C‑117/10, EU:C:2013:786, punto 96).

65

Orbene, si deve necessariamente rilevare che la Tilly-Sabco non ha fornito tali indizi.

66

Infatti, da un lato, per quanto riguarda i fini perseguiti dalla Commissione con l’adozione del regolamento controverso, nessun elemento risultante dagli atti consente di affermare che l’Istituzione perseguisse uno scopo esclusivo, o quanto meno determinante, diverso da quello previsto dai considerando 2 e 3 del regolamento de quo, ossia stabilire le restituzioni all’esportazione conformemente all’articolo 164 del regolamento n. 1234/2007.

67

Al riguardo, si deve rilevare che tale disposizione attribuisce un ampio potere discrezionale alla Commissione e che la mancata adozione, nel mese di ottobre 2013, da parte dell’Istituzione, di un nuovo regolamento, nonché l’asserito richiamo di quest’ultima a obblighi internazionali assunti precedentemente all’adozione del regolamento controverso, non possono essere considerati indizi oggettivi, pertinenti e concordanti tali da dimostrare che essa perseguisse obiettivi diversi da quelli previsti, segnatamente, dall’articolo 164, paragrafo 3, lettera b), del regolamento n. 1234/2007.

68

Dall’altro, la Tilly-Sabco non contesta che la Commissione abbia cercato di eludere una procedura prevista dal diritto primario.

69

Dalle considerazioni suesposte non emerge alcun errore di diritto commesso dal Tribunale tale da poter giustificare l’annullamento della sentenza impugnata.

70

Ciò premesso, il quinto capo del primo motivo, il secondo motivo, il terzo capo del terzo motivo, nonché il primo e il secondo capo del quarto motivo devono essere respinti in quanto infondati.

Sui primi quattro capi del primo motivo, vertente sull’erronea interpretazione dell’articolo 3, paragrafo 3, del regolamento n. 182/2011

Argomenti delle parti

71

La Tilly-Sabco sostiene, con il primo capo del primo motivo d’impugnazione, che il Tribunale non ha correttamente valutato, ai punti 89 e 90 della sentenza impugnata, la nozione di «termine proporzionato», di cui all’articolo 3, paragrafo 3, del regolamento n. 182/2011.

72

Tale disposizione, nella parte in cui prevede che «i termini sono proporzionati e offrono ai membri del [comitato di gestione] tempestive e effettive opportunità di esaminare il progetto di atto di esecuzione ed esprimere la loro posizione», mirerebbe a garantire a tale comitato un periodo di riflessione e analisi sufficiente.

73

Orbene, la presentazione ai membri del comitato di gestione, dopo le 13:00, del progetto di regolamento controverso nel quale figuravano le cifre in merito alle restituzioni, laddove la riunione di tale comitato si è conclusa alle ore 15:46, non avrebbe loro offerto «tempestive e effettive opportunità, sin dalle prime fasi, di esaminare il progetto di atto di esecuzione ed esprimere la loro posizione» e non costituirebbe, dunque, un «termine proporzionato» ai sensi di tale disposizione.

74

Con il secondo capo del primo motivo di impugnazione, la Tilly-Sabco sostiene che il Tribunale ha ignorato la stessa disposizione per aver ritenuto che la situazione in oggetto fosse caratterizzata dalla sua urgenza, sebbene nessuna urgenza fosse stata invocata dalla Commissione.

75

La Tilly-Sabco rileva che l’articolo 3, paragrafo 3, del regolamento n. 182/2011 consente di discostarsi dal termine previsto in «casi debitamente giustificati», potendo infatti il termine essere ridotto «in funzione dell’urgenza della questione». A suo parere, il Tribunale ha rilevato, ai punti 111 e 112 della sentenza impugnata, che la Commissione non aveva invocato l’esistenza di un’urgenza nel caso di specie laddove il Tribunale ha invece affermato, ai punti da 113 a 119 della sentenza impugnata, che la situazione in oggetto si caratterizzava per la sua urgenza, la quale giustificava che tale termine non fosse rispettato.

76

Con l’accoglimento di tale motivazione il Tribunale non avrebbe soltanto fornito una giustificazione che la Commissione non avrebbe invece invocato, ma avrebbe parimenti viziato la sentenza impugnata per contraddittorietà della motivazione. Inoltre, il rischio di fuga di notizie dei valori proposti non sarebbe stata dimostrata, non ricadrebbe nella fattispecie contemplata dall’articolo 3, paragrafo 3, del regolamento n. 182/2011 e non potrebbe dunque giustificare l’assenza di un termine per la valutazione del progetto considerato. Il regolamento interno tipo prevederebbe, infatti, la sussistenza di un’estrema urgenza «in particolare qualora la salute umana o degli animali sia minacciata».

77

Con il terzo capo del primo motivo, la Tilly-Sabco sostiene che il Tribunale ha ignorato lo scopo del termine previsto da tale disposizione.

78

La Tilly-Sabco rileva, da un lato, che la stessa disposizione esige che il progetto di atto di esecuzione, nel quale figura l’importo delle restituzioni proposte, sia presentato nel termine previsto e che, dall’altro, il Tribunale ha spiegato, al punto 93 della sentenza impugnata, che gli elementi in merito alla situazione del mercato considerato erano stati comunicati in tempo utile ai membri del comitato di gestione. Orbene, l’invio di detti documenti non potrebbe sanare il mancato rispetto del termine per la presentazione del progetto di regolamento controverso.

79

Contrariamente a quanto lascerebbe intendere il Tribunale al punto 95 della sentenza impugnata, la presentazione di tali documenti non avrebbe consentito ai membri medesimi di interrogare gli operatori interessati, tra i quali la ricorrente, in merito all’importo considerato dalle restituzioni. Inoltre, tali documenti non sarebbero stati in alcun caso sufficienti per consentire ai membri del comitato di gestione di fornire un parere ragionato, mancando l’importo proposto.

80

Di conseguenza, non vi sarebbe stato un reale dibattito tra gli Stati membri, prima della riunione del comitato di gestione, o tra i membri di tale comitato nel corso della riunione svoltasi nella mattinata del 18 luglio 2013, in violazione dell’articolo 3, paragrafo 3, del regolamento n. 182/2011, che richiederebbe espressamente che siano offerte «effettive opportunità» ai membri del comitato di esaminare il progetto di atto di esecuzione e esprimere la propria opinione.

81

Con il quarto capo, la Tilly-Sabco contesta al Tribunale di aver violato la citata disposizione per aver convalidato una prassi illegale della Commissione, descritta come costante dal 1962, derogando ad ogni obbligo di giustificare la fondatezza del ricorso con un termine ridotto. A suo parere, se tale prassi fosse stata effettivamente costante e necessaria, nulla avrebbe impedito alla Commissione di tenerne conto, dopo 39 anni di siffatta prassi, per l’adozione del regolamento n. 182/2011.

82

La Commissione ritiene che i primi quattro capi del primo motivo siano unicamente diretti a censurare la sentenza impugnata nella parte in cui il Tribunale avrebbe erroneamente ritenuto che la consultazione da parte della Commissione del comitato di gestione fosse regolare. Orbene, la sentenza impugnata, per quanto riguarda l’interpretazione dell’articolo 3, paragrafo 3, del regolamento n. 182/2011 e dell’articolo 3 del regolamento interno del comitato di gestione, non sarebbe viziata da alcun errore.

83

Inoltre, il Tribunale avrebbe rilevato, in modo insindacabile, che i membri del comitato di gestione erano stati in grado, grazie alle informazioni in merito alla situazione del mercato fornite dalla Commissione, di deliberare sul progetto di regolamento controverso nel corso della mattinata precedente l’adozione del medesimo e che essi non hanno protestato contro il modus operandi della Commissione.

84

In ogni caso, il Tribunale avrebbe correttamente rilevato, ai punti 123 e 124 della sentenza impugnata, che le regole di consultazione di un comitato sono volte a garantire il rispetto delle prerogative dei suoi membri e non alla tutela dei diritti degli operatori economici. Di conseguenza, questi ultimi non potrebbero far valere un’eventuale violazione di tali regole.

85

La Commissione aggiunge che il Tribunale ha ritenuto, ad abundantiam, ai punti da 125 a 129 della sentenza impugnata, che la Tilly-Sabco non ha dimostrato, come richiesto dalla giurisprudenza della Corte, che, in assenza della pretesa violazione, l’esito del procedimento sarebbe stato diverso. Orbene, l’impugnazione non conterrebbe alcun elemento idoneo ad inficiare tale affermazione, mentre nessun ostacolo legale o materiale osterebbe a che una tale prova possa essere fornita nella specie. Orbene, si dovrebbe ritenere che il risultato della deliberazione del comitato di gestione sarebbe stato analogo se quest’ultimo avesse avuto a disposizione un termine di una decina di giorni ulteriori per esaminare il progetto di regolamento controverso, in quanto tutti i dati avrebbero portato a fissare le restituzioni a zero.

Giudizio della Corte

86

Ai punti da 83 a 120 della sentenza impugnata, il Tribunale ha ritenuto conforme ai requisiti dettati dall’articolo 3, paragrafo 3, del regolamento n. 182/2011 la prassi controversa della Commissione descritta ai punti da 76 a 78 della sentenza medesima e consistente, in sostanza, a sottoporre solo nel corso delle riunioni del comitato di gestione i progetti di regolamento, qualificati come «standard», che differiscono da quelli che sostituiscono per la sola modifica delle cifre ivi stabilite.

87

Mentre la Tilly-Sabco contesta la conformità ai detti requisiti di una prassi di tal genere, la Commissione sostiene che la motivazione accolta dal Tribunale è fondata e fa valere, inoltre, che la Tilly Sabco non può, in ogni caso, invocare una violazione di detta disposizione, quand’anche risultasse dimostrata.

88

A tal riguardo, in primo luogo, occorre ricordare che, se la nozione di «regolamento» risponde, ai sensi dell’articolo 288, secondo comma, TFUE, ad un’unica definizione, il Trattato FUE distingue i regolamenti «legislativi» adottati secondo la procedura legislativa ordinaria o speciale e previsti all’articolo 289 TFUE, i regolamenti «delegati» adottati dalla Commissione e volti a integrare o a modificare taluni elementi non essenziali di atti legislativi, disciplinati all’articolo 290 TFUE, e, infine, i regolamenti «di esecuzione» definiti all’articolo 291 TFUE.

89

Ai sensi dell’articolo 291, paragrafo 1, TFUE, spetta, in via di principio, agli Stati membri adottare tutte le misure di diritto interno per l’attuazione degli atti giuridicamente vincolanti dell’Unione. In forza del paragrafo 2 di tale articolo, salvo in casi specifici, unicamente nel caso in cui siano necessarie condizioni uniformi di esecuzione degli atti giuridicamente vincolanti dell’Unione e questi conferiscano competenze di esecuzione alla Commissione l’Istituzione medesima può adottare atti di esecuzione.

90

A quest’ultimo riguardo, l’articolo 291, paragrafo 3, TFUE istituisce un controllo da parte degli Stati membri dell’esercizio di tali competenze di esecuzione attribuite alla Commissione e precisa che spetta al Parlamento e al Consiglio stabilire preventivamente, mediante regolamento «legislativo», le regole e i principi generali relativi alle modalità di siffatto controllo.

91

Risulta dal primo visto e dal considerando 4 del regolamento n. 182/2011, che rinviano all’articolo 291, paragrafo 3, TFUE e ricalcano il tenore letterale di tale disposizione, dal considerando 7 di detto regolamento e dal suo articolo 3, paragrafo 7, i quali precisano che il medesimo regolamento istituisce il meccanismo di controllo richiesto dall’articolo 291, paragrafo 3, TFUE, nonché dal considerando 5 del regolamento n. 182/2011, secondo cui il menzionato regolamento è diretto a riflettere le disposizioni istituzionali del Trattato FUE, che detto regolamento costituisce tale regolamento «legislativo».

92

Pertanto, il regolamento n. 182/2011, che ha sostituito la decisione 1999/468, stabilisce le regole e i principi generali relativi alle modalità di tale controllo.

93

A termini dei considerando 8 e 9 del regolamento n. 182/2011, per motivi di semplificazione, il numero di procedure è stato ridotto a due, in modo tale da mantenere la procedura consultiva e la procedura d’esame, e da stabilire norme procedurali comuni ai comitati, tra cui le disposizioni fondamentali riguardanti il loro funzionamento.

94

Nell’ambito della procedura d’esame, di cui all’articolo 5 del regolamento n. 182/2011 e applicabile al caso di specie, il comitato esprime il proprio parere con la maggioranza prevista, a seconda dei casi, dall’articolo 16, paragrafi 4 e 5, TUE o dall’articolo 238, paragrafo 3, TFUE. Ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 3, del regolamento n. 182/2011, un tale parere, se è negativo, osta all’adozione del progetto di atto di esecuzione.

95

Le disposizioni fondamentali che disciplinano le procedure consultive e d’esame figurano all’articolo 3 del regolamento n. 182/2011.

96

Per quanto riguarda il contenuto delle norme stabilite dall’articolo 3, paragrafo 3, del regolamento n. 182/2011, occorre paragonarle alle corrispondenti disposizioni delle decisioni sulla comitatologia vigenti nel periodo in cui è stata avviata la prassi controversa della Commissione.

97

A tale riguardo, in primo luogo, occorre rilevare che, mentre le decisioni sulla comitatologia prevedevano che un progetto sulle misure da adottare dovesse essere presentato al comitato, il regolamento n. 182/2011 esige, all’articolo 3, paragrafo 3, che il progetto di atto di esecuzione da adottare sia sottoposto al comitato stesso.

98

In secondo luogo, mentre le decisioni sulla comitatologia non imponevano alcun termine tra la presentazione del progetto delle misure, l’invio di un progetto di ordine del giorno e lo svolgimento della relativa riunione del comitato di gestione, il regolamento n. 182/2011 stabilisce un termine non inferiore a quattordici giorni, salvo in casi debitamente giustificati, tra la presentazione del progetto di atto di esecuzione e del progetto di ordine del giorno al comitato di gestione e la convocazione di una riunione di tale comitato.

99

In terzo luogo, si deve rilevare che i termini del regolamento n. 182/2011 relativi alla fissazione del termine entro il quale il comitato esprime il proprio parere sono uguali a quelli applicati nelle decisioni sulla comitatologia. Tale secondo termine può dunque essere fissato dal presidente in funzione dell’urgenza della questione in esame.

100

In quarto luogo, l’introduzione, da parte dell’articolo 3, paragrafo 3, del regolamento n. 182/2011, di due termini differenti da dover rispettare trova conferma nell’utilizzo al plurale, nella gran maggior parte delle versioni linguistiche dell’ultimo periodo di tale disposizione, dell’espressione «i termini sono proporzionati e offrono», nonché nel fatto che detto articolo, paragrafo 7, terzo comma, stabilisce due termini simili nell’ambito della nuova procedura di appello.

101

In quinto luogo, va rilevato che, se il primo di tali due termini può essere ridotto «in casi debitamente giustificati» e il secondo può essere fissato «in funzione dell’urgenza della questione», entrambi devono essere «proporzionati e [offrire] ai membri del comitato tempestive e effettive opportunità di esaminare il progetto di atto di esecuzione ed esprimere la loro posizione».

102

Alla luce di tali rilievi, si deve ritenere che il primo termine mira a consentire un esame sereno, prima di ogni riunione, da parte dei membri del comitato di gestione, del progetto di atto di esecuzione e che il secondo deve loro consentire di esprimere la propria opinione in merito al progetto stesso. Tale considerazione trova conferma all’articolo 3, paragrafo 4, del regolamento n. 182/2011 il quale precisa che, fino «a quando il comitato non esprime un parere, ogni suo membro può proporre modifiche».

103

Peraltro, poiché l’articolo 291, paragrafo 3, TFUE prevede espressamente un controllo degli Stati membri sull’esercizio da parte della Commissione delle competenze di esecuzione ad essa attribuite ai sensi del precedente paragrafo 2, si deve ritenere che il primo termine sia parimenti volto a garantire che i governi degli Stati membri siano informati, tramite i rispettivi membri del comitato di gestione, delle proposte della Commissione, affinché i governi stessi possano, attraverso consultazioni interne ed esterne, definire una posizione diretta a tutelare, all’interno del comitato di gestione, gli interessi propri di ognuno di essi.

104

Come emerge dall’articolo 3, paragrafo 7, del regolamento n. 182/2011, i membri del comitato di gestione sono infatti i rappresentanti dei governi ai quali spetta decidere in merito alla congruità della loro rappresentazione nelle varie fasi della procedura.

105

Orbene, alla luce di tali considerazioni, si deve rilevare che una prassi consistente nel presentare il progetto di atto di esecuzione al comitato di gestione solo durante la riunione convocata per l’esame di quest’ultimo è incompatibile sia con il testo sia con gli obiettivi perseguiti dall’articolo 3, paragrafo 3, del regolamento n. 182/2011. Così facendo, la Commissione non rispetta, infatti, il primo termine di quattordici giorni.

106

Inoltre, tale prassi è in contrasto con la ratio del regolamento n. 182/2011 il cui articolo 8 consente alla Commissione di adottare, in caso di necessità, regolamenti direttamente applicabili senza previa consultazione del comitato di gestione.

107

Infine, tale prassi, che pone i membri del comitato di gestione nell’impossibilità di esprimere la propria opinione e di proporre modifiche al di fuori della relativa riunione, contrasta con l’articolo 3, paragrafo 4, primo comma, del citato regolamento, secondo cui i membri medesimi devono essere in grado di procedervi in qualsiasi momento prima dell’adozione dell’atto.

108

Quanto alla giustificazione in merito al mancato rispetto del primo termine di 14 giorni sostenuto dalla Commissione, ossia il rischio di fughe di notizie, occorre rilevare che ammettere una giustificazione di tal genere condurrebbe a esonerare, in maniera sistematica, la Commissione dal rispetto di tale primo termine, in quanto siffatti rischi sussistono, in linea di principio, sempre, come riconosciuto dalla Commissione stessa. Analogamente, ritenere, come ha fatto il Tribunale ai punti da 113 a 115 della sentenza impugnata, che un’urgenza sorga improvvisamente, ogni volta che un regolamento di esecuzione debba essere adottato, finirebbe per attribuire carattere sistematico all’eccezione prevista.

109

Inoltre, nessun’altra conclusione può essere desunta dal riferimento, contenuto nel considerando 5 del regolamento n. 182/2011, all’efficacia delle procedure, nonché all’esperienza acquisita e alla prassi in uso per l’attuazione della decisione 1999/468 nella parte che riguarda, più particolarmente, l’adozione dei regolamenti di esecuzione standard che divergano da quelli sostituiti per la sola variazione dei dati numerici aggiornati e adottati in seguito a ogni riunione del comitato di gestione.

110

A tal riguardo, occorre ricordare che l’articolo 3, paragrafo 3, del regolamento n. 182/2011 non consolida una prassi corrente ma la modifica sostanzialmente, in particolare, introducendo un primo termine di quattordici giorni e distinguendo l’oggetto di tale termine da quello del termine precedente alla presentazione del parere del comitato di gestione, e vieta di ridurre detti termini in maniera sproporzionata o in modo da svuotarli del loro contenuto.

111

Occorre altresì ricordare che il Parlamento e il Consiglio hanno ridotto il numero di procedure di controllo a due e che tali procedure sono disciplinate da un complesso di disposizioni comuni per motivi di semplificazione. Orbene, seguire una prassi differente per l’adozione dei regolamenti di esecuzione più comuni equivarrebbe, in sostanza, a creare una nuova sotto categoria di procedure soggette a regole distinte.

112

La scelta di tale opzione non solo non troverebbe alcun fondamento nel regolamento n. 182/2011, ma risulterebbe altresì contraria agli obiettivi espressi dal legislatore dell’Unione.

113

Ne consegue che, per quanto la prassi costante della Commissione abbia potuto iscriversi nel contesto giuridico anteriore all’adozione di tale regolamento, ossia quello definito dalle decisioni sulla comitatologia, le modifiche al diritto primario, conseguenti all’adozione del Trattato FUE, nonché, successivamente, quelle di diritto derivato, risultanti dall’adozione del regolamento n. 182/2011, ostano alla possibilità di una sua ulteriore applicazione.

114

In secondo luogo, alla luce dei rilievi effettuati supra, segnatamente ai punti 90, 91, 94, 95 e da 102 a 104, si deve ritenere che i requisiti dettati dall’articolo 3, paragrafo 3, del regolamento n. 182/2011 rappresentano norme procedurali essenziali contemplate dal Trattato FUE, che costituiscono forme sostanziali della regolarità del procedimento e la cui violazione comporta la nullità dell’atto interessato (v., in tal senso e per analogia, sentenze del 10 febbraio 1998, Germania/Commissione, C‑263/95, EU:C:1998:47, punto 32; del 24 giugno 2014, Parlamento/Consiglio, C‑658/11, EU:C:2014:2025, punto 80, e del 23 dicembre 2015, Parlamento/Consiglio, C‑595/14, EU:C:2015:847, punto 35).

115

In particolare, secondo costante giurisprudenza della Corte, l’inosservanza delle norme procedurali relative all’adozione di un atto lesivo costituisce una violazione delle forme sostanziali e che, se, nell’esaminare l’atto di cui trattasi, il giudice dell’Unione accerta che quest’ultimo non sia stato regolarmente adottato, deve trarre le conseguenze derivanti dalla violazione di una forma sostanziale e, quindi, annullare l’atto affetto da tale vizio (sentenze del 4 settembre 2014, Spagna/Commissione, C‑197/13 P, EU:C:2014:2157, punto 103, e del 24 giugno 2015, Spagna/Commissione, C‑263/13 P, EU:C:2015:415, punto 56).

116

Orbene, senza che sia necessario pronunciarsi sull’argomento della Commissione concernente l’inammissibilità per la Tilly-Sabco di far valere la violazione dell’articolo 3, paragrafo 3, del regolamento n. 182/2011, è sufficiente rilevare che spetta al giudice dell’Unione, laddove rilevi un’inosservanza di tal genere, esaminarla d’ufficio (sentenza del 24 giugno 2015, Spagna/Commissione, C‑263/13 P, EU:C:2015:415, punto 56).

117

Alla luce delle suesposte considerazioni, occorre dichiarare fondati i primi quattro capi del primo motivo.

118

Ciò premesso, la sentenza impugnata deve essere annullata, senza che sia necessario procedere all’esame degli altri motivi.

Sul ricorso di primo grado

119

Conformemente all’articolo 61, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, quest’ultima, in caso di annullamento della decisione del Tribunale, può statuire definitivamente sulla controversia, qualora lo stato degli atti lo consenta, o rinviare la causa dinanzi al Tribunale affinché sia decisa da quest’ultimo.

120

Nella specie, lo stato degli atti consente la decisione della causa.

121

Alla luce delle considerazioni esposte supra ai punti da 86 a 118, il regolamento controverso dev’essere annullato per violazione di forme sostanziali.

Sul mantenimento degli effetti del regolamento controverso fino alla sua sostituzione con un nuovo regolamento

122

Occorre ricordare che, ai sensi dell’articolo 264, secondo comma, TFUE, la Corte può, ove lo reputi necessario, precisare gli effetti di un atto annullato che devono essere considerati definitivi.

123

Nel caso di specie, il procedimento d’impugnazione, sebbene abbia accertato che il regolamento controverso è stato adottato in violazione di forme sostanziali, non ha viceversa rilevato alcun errore che comprometta la conformità dell’atto, il quale richiede misure necessarie ai fini dell’attuazione del regolamento n. 1234/2007, rispetto al regolamento medesimo.

124

Pertanto, annullare il regolamento controverso senza prevedere il mantenimento dei suoi effetti fino a quando sia sostituito da un nuovo atto sarebbe tale non solo da pregiudicarne l’attuazione, ma anche da compromettere la certezza del diritto.

125

Alla luce di tali rilievi, gli effetti del regolamento controverso devono essere mantenuti fino all’entrata in vigore di un nuovo atto diretto a sostituirlo.

Sulle spese

126

Ai sensi dell’articolo 184, paragrafo 2, del regolamento di procedura della Corte, quando l’impugnazione è accolta e la Corte statuisce definitivamente sulla controversia, quest’ultima statuisce sulle spese.

127

Ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 1, di tale regolamento, applicabile al procedimento di impugnazione in forza del suo articolo 184, paragrafo 1, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.

128

La Commissione, essendo rimasta soccombente e avendone la Tilly‑Sabco fatto domanda, dev’essere condannata alle spese.

 

Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara e statuisce:

 

1)

La sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 14 gennaio 2016, Tilly‑Sabco/Commissione (T‑397/13, EU:T:2016:8), è annullata.

 

2)

Il regolamento di esecuzione (UE) n. 689/2013 della Commissione, del 18 luglio 2013, recante fissazione delle restituzioni all’esportazione nel settore del pollame, è annullato.

 

3)

Gli effetti del regolamento di esecuzione n. 689/2013 sono mantenuti fino all’entrata in vigore di un nuovo atto diretto a sostituirlo.

 

4)

La Commissione europea è condannata alle spese.

 

Firme


( *1 ) Lingua processuale: il francese.

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