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Document 62010CC0017

Conclusioni dell'avvocato generale Kokott del 8 settembre 2011.
Toshiba Corporation e altri contro Úřad pro ochranu hospodářské soutěže.
Domanda di pronuncia pregiudiziale: Krajský soud v Brně - Repubblica Ceca.
Concorrenza - Intesa, nel territorio di uno Stato membro, iniziata prima dell’adesione di tale Stato all’Unione europea - Intesa di portata internazionale con effetti nel territorio dell’Unione e dello Spazio economico europeo - Articoli 81 CE e 53 dell’accordo SEE - Attività di indagine e sanzione dell’infrazione per il periodo precedente la data di adesione e per quello successivo a tale data - Ammende - Ripartizione delle competenze tra la Commissione e le autorità nazionali garanti della concorrenza - Irrogazione delle ammende da parte della Commissione e dell’autorità nazionale garante della concorrenza - Principio del ne bis in idem - Regolamento (CE) n. 1/2003 - Articoli 3, paragrafo 1, e 11, paragrafo 6 - Conseguenze dell’adesione di un nuovo Stato membro all’Unione.
Causa C-17/10.

European Court Reports 2012 -00000

ECLI identifier: ECLI:EU:C:2011:552

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

JULIANE KOKOTT

presentate l’8 settembre 2011 ( 1 )

Causa C-17/10

Toshiba Corporation e altri

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Krajský soud v Brně (Repubblica ceca)]

«Concorrenza — Intesa operante a livello internazionale con effetti sul territorio della UE, del SEE e di Stati membri che hanno aderito all’UE dal 1o maggio 2004 — Art. 81 CE e art. 53 dell’accordo SEE — Attività di indagine e repressione dell’infrazione per il periodo precedente e successivo la data di adesione — Ammende — Ripartizione delle competenze tra la Commissione e le autorità garanti della concorrenza nazionali — Principio del “ne bis in idem” — Art. 3, n. 1, e art. 11, n. 6, del regolamento (CE) n. 1/2003– Conseguenze dell’adesione di un nuovo Stato membro all’Unione europea»

I — Introduzione

1.

Quante autorità garanti della concorrenza possono occuparsi in Europa di una medesima intesa e infliggere sanzioni alle imprese che vi fanno parte? È questa, nella sostanza, la questione che la Corte è chiamata a risolvere nel presente procedimento pregiudiziale. Con essa vengono sollevati non solo problemi fondamentali di ripartizione delle competenze tra le autorità garanti della concorrenza europee, ma anche delicati aspetti della tutela dei diritti fondamentali nell’Unione europea per quanto riguarda, in particolare, il divieto di punire due volte il medesimo fatto (ne bis in idem). Dette tematiche rivestono un’importanza non trascurabile per il funzionamento del nuovo regime di applicazione del diritto in materia di intese, introdotto il 1o maggio 2004 con il regolamento (CE) n. 1/2003 ( 2 ). Esse offrono inoltre alla Corte l’occasione per sviluppare ulteriormente la sua giurisprudenza formulata più di quarant’anni fa nella causa Walt Wilhelm ( 3 ).

2.

Sullo sfondo del presente procedimento vi è un’intesa operante a livello internazionale, scoperta nel 2004, della quale facevano parte una serie di note imprese europee e giapponesi del settore dell’elettrotecnica. Contro di esse hanno agito più autorità garanti della concorrenza, infliggendo ammende milionarie: a livello di Unione, la Commissione europea nella sua qualità di autorità garante della concorrenza dello Spazio economico europeo (SEE), a livello nazionale, tra le altre, l’autorità per la tutela della concorrenza ceca ( 4 ).

3.

L’autorità garante della concorrenza ceca applicava soltanto il diritto nazionale in materia di intese e sanzionava esclusivamente gli effetti dell’intesa sul territorio della Repubblica ceca, questo segnatamente per il periodo anteriore al 1o maggio 2004, giorno dell’adesione della Repubblica ceca all’Unione europea. Il relativo procedimento in materia di intese veniva tuttavia avviato molto dopo il 1o maggio 2004, in una fase in cui la Commissione aveva già instaurato, da parte sua, un procedimento ai sensi del regolamento n. 1/2003. La decisione di inflizione dell’ammenda dell’autorità garante della concorrenza ceca veniva anch’essa emanata, cronologicamente parlando, dopo quella della Commissione.

4.

È ora oggetto di controversia dinanzi all’autorità giudiziaria la legittimità del comportamento dell’autorità garante della concorrenza ceca. La Toshiba e numerose altre imprese partecipanti all’intesa sostengono che l’autorità garante della concorrenza ceca era priva, ai sensi dell’art. 11, n. 6, del regolamento n. 1/2003, della competenza a reprimere l’infrazione concernente l’intesa, in quanto la Commissione aveva già avviato un procedimento a livello europeo. Esse richiamano inoltre il principio del ne bis in idem.

II — Contesto normativo

A — La normativa dell’Unione

5.

La normativa dell’Unione rilevante per il presente caso è costituita, oltre che dall’Atto di adesione del 2003 ( 5 ), per un verso dall’art. 81 CE (ora art. 101 TFUE), dall’art. 53 SEE ( 6 ) e dagli artt. 49 e 50 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea ( 7 ) e, per altro verso, dal regolamento n. 1/2003. Occorre, inoltre, tener presente la comunicazione della Commissione sulla cooperazione nell’ambito della rete delle autorità garanti della concorrenza («comunicazione sulla rete») ( 8 ).

1. Le norme di diritto primario

6.

L’adesione della Repubblica ceca all’Unione europea è avvenuta con effetto dal 1o maggio 2004 ( 9 ). L’art. 2 dell’Atto di adesione contiene la seguente disciplina sull’applicabilità ratione temporis del diritto dell’Unione nella Repubblica ceca e negli altri nove nuovi Stati membri:

«Dalla data di adesione le disposizioni dei trattati originari e gli atti adottati dalle istituzioni e dalla Banca centrale europea prima dell’adesione vincolano i nuovi Stati membri e si applicano in tali Stati alle condizioni previste da detti trattati e dal presente atto».

7.

Ai sensi dell’art. 81 CE sono incompatibili con il mercato comune e vietati, tra l’altro, tutti gli accordi tra imprese che possano pregiudicare il commercio tra Stati membri e che abbiano per oggetto e per effetto di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza all’interno del mercato comune.

8.

L’art. 53 SEE contiene un divieto di intese dal contenuto analogo all’art. 81 CE, il cui ambito di applicazione si estende a tutto lo Spazio economico europeo.

9.

Il principio di legalità delle pene (nullum crimen, nulla poena sine lege) è contenuto all’art. 49, n. 1, della Carta dei diritti fondamentali:

«Nessuno può essere condannato per un’azione o un’omissione che, al momento in cui è stata commessa, non costituiva reato secondo il diritto interno o il diritto internazionale. Parimenti, non può essere inflitta una pena più grave di quella applicabile al momento in cui il reato è stato commesso. Se, successivamente alla commissione del reato, la legge prevede l’applicazione di una pena più lieve, occorre applicare quest’ultima».

10.

Il divieto di punire due volte il medesimo fatto (principio del ne bis in idem) è formulato nell’art. 50 della Carta dei diritti fondamentali nei seguenti termini:

«Nessuno può essere perseguito o condannato per un reato per il quale è già stato assolto o condannato nell’Unione a seguito di una sentenza penale definitiva conformemente alla legge».

2. Le norme di diritto derivato del regolamento n. 1/2003

11.

Il «rapporto fra [l’art. 81 CE] e le legislazioni nazionali in materia di concorrenza» è disciplinato come segue all’art. 3 del regolamento n. 1/2003:

«1.   Quando le autorità garanti della concorrenza degli Stati membri o le giurisdizioni nazionali applicano la legislazione nazionale in materia di concorrenza ad accordi, decisioni di associazioni di imprese o pratiche concordate ai sensi dell’articolo 81, paragrafo 1 [CE] che possano pregiudicare il commercio tra Stati membri ai sensi di detta disposizione, esse applicano anche l’articolo 81 [CE] a siffatti accordi, decisioni o pratiche concordate (…).

2.   Dall’applicazione della legislazione nazionale in materia di concorrenza non può scaturire il divieto di accordi, decisioni di associazioni di imprese o pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio tra Stati membri che non impongono restrizioni alla concorrenza ai sensi dell’articolo 81, paragrafo 1 [CE], che soddisfano le condizioni dell’articolo 81, paragrafo 3 [CE] o che sono disciplinati da un regolamento per l’applicazione dell’articolo 81, paragrafo 3 [CE]. Il presente regolamento non impedisce agli Stati membri di adottare e applicare nel loro territorio norme nazionali più rigorose che vietino o sanzionino le condotte unilaterali delle imprese.

3.   Fatti salvi i principi generali ed altre disposizioni di diritto [dell’Unione], i paragrafi 1 e 2 non si applicano quando le autorità garanti della concorrenza e le giurisdizioni degli Stati membri applicano la legislazione nazionale in materia di controllo delle fusioni, né precludono l’applicazione di norme nazionali che perseguono principalmente un obiettivo differente rispetto a quello degli articoli [81 CE e 82 CE]».

12.

Sotto la rubrica «Cooperazione fra la Commissione e le autorità garanti della concorrenza degli Stati membri», l’art. 11, n. 6, prima frase, del regolamento n. 1/2003, contiene, inoltre, la seguente previsione:

«L’avvio di un procedimento da parte della Commissione per l’adozione di una decisione ai sensi del capitolo III priva le autorità garanti della concorrenza degli Stati membri della competenza ad applicare gli articoli [81 CE e 82 CE]».

13.

Infine, sotto la rubrica «Applicazione uniforme del diritto comunitario in materia di concorrenza», l’art. 16, n. 2, del regolamento n. 1/2003 dispone quanto segue:

«Quando le autorità garanti della concorrenza degli Stati membri si pronunciano su accordi, decisioni o pratiche ai sensi dell’articolo [81 CE] o dell’articolo [82 CE] che sono già oggetto di una decisione della Commissione, non possono prendere decisioni che siano in contrasto con la decisione adottata dalla Commissione».

14.

Le citate disposizioni vengono trattate esplicitamente nell’ottavo, nel nono, nel quindicesimo, nel diciassettesimo, nel diciottesimo, nel ventiduesimo e nel trentaquattresimo «considerando» del preambolo del regolamento n. 1/2003, i quali, per quanto qui rilevante, dispongono come segue:

«(8)

Per garantire l’effettiva applicazione delle regole di concorrenza [dell’Unione] e il corretto funzionamento del meccanismo di cooperazione contenuto nel presente regolamento è necessario imporre alle autorità garanti della concorrenza e alle giurisdizioni degli Stati membri di applicare anche gli articoli [81 CE e 82 CE] allorché applicano il diritto nazionale in materia di concorrenza ad accordi e prassi che possono pregiudicare il commercio tra Stati membri. Per creare condizioni eque per gli accordi, per le decisioni di associazioni di imprese e per le pratiche concordate nel mercato interno è inoltre necessario definire, a norma dell’articolo 83, paragrafo 2, lettera e)[, CE], i rapporti fra le legislazioni nazionali e il diritto [dell’Unione] in materia di concorrenza (…).

(9)

Gli articoli [81 CE e 82 CE] hanno l’obiettivo di proteggere la concorrenza sul mercato. Il presente regolamento, che viene adottato per attuare tali disposizioni del trattato, non osta a che gli Stati membri applichino nei rispettivi territori una legislazione nazionale che tutela altri legittimi interessi, a condizione che essa sia compatibile con i principi generali e con le altre disposizioni del diritto [dell’Unione]. Nella misura in cui tale legislazione nazionale persegue prevalentemente un obiettivo diverso da quello della protezione della concorrenza sul mercato, le autorità garanti della concorrenza e le giurisdizioni degli Stati membri possono applicare tale legislazione nei rispettivi territori (…).

(…)

(15)

La Commissione e le autorità garanti della concorrenza degli Stati membri dovrebbero formare insieme una rete di pubbliche autorità che applicano le regole di concorrenza [dell’Unione] in stretta cooperazione (…).

(…)

(17)

Per assicurare un’applicazione coerente delle regole di concorrenza e al contempo una gestione ottimale della rete, è indispensabile mantenere la regola in virtù della quale le autorità garanti della concorrenza degli Stati membri sono automaticamente private della loro competenza qualora la Commissione avvii un procedimento (…).

(18)

Per garantire una ripartizione ottimale dei casi tra le varie autorità nell’ambito della rete occorrerebbe prevedere una disposizione generale che consenta a un’autorità garante della concorrenza di sospendere o chiudere un caso ove un’altra autorità se ne stia già occupando o lo abbia già trattato, affinché ogni caso sia trattato da una sola autorità (…).

(…)

(22)

Per assicurare il rispetto dei principi della certezza del diritto e dell’applicazione uniforme delle regole di concorrenza [dell’Unione] in un sistema di competenze parallele devono essere evitati i conflitti fra decisioni. Occorre pertanto precisare, conformemente alla giurisprudenza della Corte di giustizia, gli effetti delle decisioni e dei procedimenti della Commissione sulle giurisdizioni e sulle autorità garanti della concorrenza degli Stati membri (…).

(…)

(34)

I principi contemplati dagli articoli [81 CE e 82 CE], così come sono stati applicati dal regolamento n. 17, hanno conferito agli organi [dell’Unione] un ruolo centrale che sarebbe opportuno mantenere, pur coinvolgendo maggiormente gli Stati membri nell’applicazione delle regole di concorrenza comunitarie. Conformemente ai principi di sussidiarietà e di proporzionalità enunciati all’articolo [5 CE], il presente regolamento non va al di là di quanto necessario per raggiungere il proprio obiettivo, che è quello di permettere un’applicazione efficace delle regole di concorrenza [dell’Unione]».

15.

Merita, infine, di essere menzionato il trentasettesimo «considerando» del preambolo del regolamento n. 1/2003, dedicato alla tutela dei diritti fondamentali:

«Il presente regolamento ottempera ai diritti fondamentali e osserva i principi sanciti in particolare nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. Esso pertanto dovrebbe essere interpretato e applicato in relazione a detti diritti e principi».

3. La comunicazione sulla rete della Commissione

16.

Nella comunicazione della Commissione sulla cooperazione nell’ambito della rete delle autorità garanti della concorrenza, sotto la rubrica «3.2. Avvio di un procedimento da parte della Commissione conformemente all’articolo 11, paragrafo 6 del regolamento del Consiglio», si trovano, tra l’altro, le seguenti esplicazioni:

«(…)

51.

L’articolo 11, paragrafo 6, del [regolamento n. 1/2003] prevede che l’avvio di un procedimento da parte della Commissione per l’adozione di una decisione ai sensi del [citato regolamento] privi tutte le autorità nazionali garanti della concorrenza della competenza ad applicare gli articoli [81 CE e 82 CE]. Ciò significa che[,] una volta che la Commissione abbia avviato il procedimento, le autorità nazionali garanti della concorrenza non possono intervenire in forza della medesima base giuridica contro i medesimi accordi o pratiche ad opera delle medesime imprese sul medesimo mercato rilevante del prodotto e geografico.

(…)

53.

(…) [Q]ualora la Commissione sia la prima autorità garante della concorrenza ad avviare un procedimento mirante all’adozione di una decisione su un caso, ai sensi del Regolamento del Consiglio, le autorità nazionali garanti della concorrenza non possono più trattare il caso. L’articolo 11, paragrafo 6, del Regolamento del Consiglio prevede che, una volta che la Commissione abbia avviato un procedimento, le autorità nazionali garanti della concorrenza non possano più avviare un loro procedimento ai fini dell’applicazione degli articoli [81 CE e 82 CE] contro i medesimi accordi o pratiche ad opera delle medesime imprese sul medesimo mercato rilevante del prodotto e geografico.

(…)».

B — La normativa nazionale

17.

Del diritto ceco viene in rilievo l’art. 3, nn. 1 e 2, della legge sulla tutela della concorrenza. Tale disposizione fino al 30 giugno 2001 vigeva nella versione di cui alla legge n. 63/1991 Sb. ( 10 ) e, a partire dal 1o luglio 2001, nella versione di cui alla legge n. 143/2001 Sb. ( 11 ). Sia nella versione precedente che in quella successiva tale disposizione formula in sostanza lo stesso divieto di conclusione di intese previsto, a livello di diritto dell’Unione, all’art. 101 TFUE (già art. 81 CE).

III — Fatti, procedimenti amministrativi e causa principale

18.

Il presente caso concerne un’intesa operante a livello internazionale sul mercato delle apparecchiature di comando con isolamento in gas ( 12 ), di cui hanno fatto parte, in diversi periodi compresi tra il 1988 e il 2004, una serie di note imprese europee e giapponesi del settore dell’elettrotecnica. Sia la Commissione europea che l’autorità garante della concorrenza ceca si sono occupate, tra il 2006 e il 2007, di determinati aspetti di questo caso, infliggendo ciascuna ammende alle imprese interessate ( 13 ), quantunque sia chiaro che l’autorità garante della concorrenza ceca ha agito solo in base alla legislazione nazionale in materia di intese e solo per il periodo precedente l’adesione della Repubblica ceca all’Unione europea, avvenuta il 1o maggio 2004.

Il procedimento amministrativo a livello europeo

19.

Il 20 aprile 2006 la Commissione europea avviava un procedimento per l’inflizione di un’ammenda sulla base dell’art. 81 CE e dell’art. 53 SEE in combinato disposto con il regolamento n. 1/2003 ( 14 ). Detto procedimento, preceduto da una domanda di trattamento favorevole ( 15 ) e da accertamenti effettuati nel 2004 nei locali aziendali di varie imprese partecipanti all’intesa ( 16 ), si rivolgeva contro venti persone giuridiche in tutto, tra cui anche la Toshiba Corporation e altre quindici ricorrenti nella causa principale.

20.

Nella sua decisione di chiusura del procedimento del 24 gennaio 2007 ( 17 ) (in prosieguo: la «decisione della Commissione») la Commissione riferisce che tramite la predetta intesa dal 15 aprile 1988 all’11 maggio 2004 è stata integrata un’infrazione unica e continuata all’art. 81 CE e all’art. 53 SEE ( 18 ), in cui le singole imprese partecipanti all’intesa hanno concorso per periodi di differente durata. Dagli accertamenti della Commissione risultava trattarsi di una complessa intesa a livello mondiale — con l’eccezione degli USA e del Canada –, produttiva di effetti sull’Unione europea e sullo Spazio economico europeo ( 19 ), nel cui ambito le imprese partecipanti, tra l’altro, si scambiavano informazioni commerciali sensibili, si spartivano tra loro mercati ( 20 ), concludevano accordi sui prezzi e interrompevano la collaborazione con le imprese non partecipanti all’intesa.

21.

Ad eccezione di un’impresa ( 21 ), che ha fruito del programma di trattamento favorevole della Commissione, tutti i soggetti coinvolti nel procedimento, tra cui figurano anche tutte le ricorrenti del procedimento principale, sono stati sanzionati con ammende per un ammontare complessivo di più di EUR 750 milioni ( 22 ). La singola ammenda più elevata — dell’importo di ben EUR 396 milioni — è stata inflitta alla tedesca Siemens AG.

22.

Per quanto rilevante nel presente caso, si segnala che il Tribunale dell’Unione europea ha di recente sostanzialmente confermato la decisione della Commissione del 24 gennaio 2007 ( 23 ).

Il procedimento amministrativo a livello nazionale

23.

In relazione alla medesima intesa, il 2 agosto 2006 l’autorità garante della concorrenza ceca avviava a sua volta contro le stesse imprese partecipanti un procedimento per violazione della legge ceca sulla tutela della concorrenza. Il 9 febbraio 2007 essa emanava una prima decisione ( 24 ), contro la quale, tuttavia, le ricorrenti presentavano un ricorso amministrativo interno. A seguito di tale opposizione, il presidente dell’autorità garante della concorrenza ceca modificava, con decisione 26 aprile 2007, l’originaria decisione ( 25 ).

24.

Con detta decisione sull’opposizione del 26 aprile 2007 si accertava che le imprese coinvolte avevano dato vita ad un’intesa relativa al territorio della Repubblica ceca. In tal modo esse, in qualità di concorrenti sul mercato, fino al 3 marzo 2004 avevano violato la legge ceca sulla tutela della concorrenza ( 26 ). Ad eccezione di un’impresa ( 27 ), che ha fruito del programma nazionale di trattamento favorevole, tutte le imprese coinvolte venivano sanzionate con ammende ( 28 ).

Il procedimento dinanzi alle giurisdizioni ceche

25.

Contro la decisione dell’autorità garante della concorrenza ceca le ricorrenti nella causa principale proponevano ricorso dinanzi al Tribunale regionale di Brno ( 29 ). Esse lamentavano, tra l’altro, che l’autorità garante della concorrenza ceca avrebbe erroneamente determinato la durata dell’intesa, intenzionalmente spostando la sua cessazione al periodo precedente l’adesione della Repubblica ceca all’Unione europea, così da giustificare l’applicabilità della legge ceca sulla tutela della concorrenza. In base all’art. 11, n. 6, del regolamento n. 1/2003, la competenza dell’autorità garante della concorrenza ceca ad espletare un procedimento a livello nazionale sarebbe venuta meno in quanto la Commissione aveva già avviato su questo caso un procedimento a livello europeo. Il procedimento a livello nazionale violerebbe il divieto di punire due volte il medesimo fatto (ne bis in idem).

26.

Con sentenza 25 giugno 2008 ( 30 ) il Tribunale regionale di Brno ha annullato sia la decisione sull’opposizione adottata dall’autorità garante della concorrenza ceca il 26 aprile 2007, che l’originaria decisione adottata dalla stessa il 9 febbraio 2007. Il Tribunale regionale ha ritenuto che il comportamento in esame delle ricorrenti avesse integrato un illecito amministrativo continuato, durato — come accertato dalla Commissione — fino all’11 maggio 2004. Poiché la Commissione in relazione a questa intesa «mondiale» aveva condotto un procedimento ai sensi dell’art. 81 CE adottando una decisione «di condanna», un ulteriore procedimento relativo alla medesima fattispecie violerebbe il principio del ne bis in idem. L’autorità garante della concorrenza ceca avrebbe inoltre perso, a norma dell’art. 11, n. 6, prima frase, del regolamento n. 1/2003, la competenza ad occuparsi di tale comportamento in relazione all’art. 81 CE.

27.

Secondo il Tribunale regionale sarebbe, peraltro, in contrasto con la finalità di un’applicazione uniforme del diritto in materia di concorrenza l’eventualità che l’autorità garante della concorrenza ceca, anche dopo il 1o maggio 2004, fosse ancora competente per il periodo precedente il 1o maggio 2004 e potesse applicare retroattivamente la legge ceca sulla tutela della concorrenza. In questa legge sarebbe formulato un divieto di intese dal contenuto identico a quello previsto all’art. 81 CE. La disposizione in parola della legge ceca sulla tutela della concorrenza sarebbe stata formulata nello spirito del ravvicinamento della legislazione interna alla normativa europea nella fase antecedente all’adesione della Repubblica ceca all’Unione europea.

28.

Contro questa sentenza di primo grado del Tribunale regionale l’autorità garante della concorrenza ceca ha, tuttavia, proposto ricorso per cassazione dinanzi alla Corte suprema amministrativa della Repubblica ceca ( 31 ). Essa si ritiene tuttora competente a procedere contro il comportamento delle ricorrenti nella causa principale fino alla data di adesione della Repubblica ceca, dal momento che fino a tale data la Commissione non ha potuto perseguire le infrazioni concernenti la Repubblica ceca. A suo avviso, la repressione di un’intesa internazionale nell’ambito di diverse istanze competenti non viola il principio del ne bis in idem. La Commissione e l’autorità garante della concorrenza ceca si sarebbero occupate di conseguenze territorialmente diverse di detto comportamento. Infine, la giurisprudenza Walt Wilhelm ( 32 ) consentirebbe l’applicazione parallela del diritto dell’Unione e della legislazione nazionale in materia di concorrenza.

29.

Con sentenza 10 aprile 2009 ( 33 ) la Corte suprema amministrativa ha annullato la sentenza del Tribunale regionale di Brno. A suo avviso, il Tribunale regionale ha errato a considerare in termini di condotta continuata la partecipazione all’intesa delle imprese coinvolte. Fino all’adesione della Repubblica ceca all’Unione europea sul territorio ceco l’intesa sarebbe stata soggetta esclusivamente alla competenza nazionale e avrebbe potuto essere perseguita esclusivamente in base alla normativa nazionale. Con la data di adesione e il connesso cambio di competenze si sarebbe verificata una cesura. Benché in realtà le ricorrenti non avessero formalmente posto fine all’infrazione da esse commessa nella Repubblica ceca prima della data di adesione, a parere della Corte suprema amministrativa tale infrazione deve considerarsi finita. Da un punto di vista formale, il comportamento successivo alla data di adesione costituirebbe un’infrazione diversa — un’infrazione rilevante ai sensi del diritto dell’Unione, soggetta alla competenza condivisa dell’autorità garante della concorrenza nazionale e della Commissione, nel rispetto della precedenza stabilita a favore della Commissione (art. 11, n. 6, del regolamento n. 1/2003).

30.

Al momento il procedimento è di nuovo pendente dinanzi al Tribunale regionale di Brno, attuale giudice a quo, cui la causa è stata rinviata per una nuova decisione. Il Tribunale regionale, pur essendo vincolato in base alla legislazione nazionale ( 34 ) all’opinione di diritto della Corte suprema amministrativa, ritiene tuttavia necessario il chiarimento di alcuni profili del diritto dell’Unione concernenti, da un lato, l’adesione della Repubblica ceca all’Unione europea avvenuta il 1o maggio 2004 e, dall’altro, l’entrata in vigore del regolamento n. 1/2003. In tal modo vengono, in definitiva, sottoposti alla decisione pregiudiziale della Corte di giustizia dell’Unione europea anche le divergenze di opinione tra il Tribunale regionale e la Corte suprema amministrativa.

IV — Domanda di pronuncia pregiudiziale e procedimento dinanzi alla Corte

31.

Con ordinanza 11 dicembre 2009 ( 35 ), pervenuta alla Corte il 13 gennaio 2010, il Tribunale regionale di Brno ha sottoposto alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)

Se l’art. 81 CE (ora art. 101 TFUE) e il regolamento n. 1/2003 debbano essere interpretati nel senso che tali disposizioni (in un procedimento avviato dopo il 1o maggio 2004) siano applicabili all’intero periodo di esistenza di un’intesa che, nella Repubblica ceca, ha avuto inizio ed è proseguita prima dell’adesione di quest’ultima all’Unione europea (vale a dire prima del 1o maggio 2004), ed è cessata dopo l’adesione della Repubblica ceca all’Unione europea.

2)

Se l’art. 11, n. 6, in combinato disposto con l’art. 3, n. 1, e il diciassettesimo «considerando» del regolamento n. 1/2003, nonché con il punto 51 della comunicazione della Commissione sulla cooperazione nell’ambito della rete delle autorità garanti della concorrenza, con il principio del ne bis in idem risultante dall’art. 50 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, e con i principi generali del diritto europeo, debba essere interpretato nel senso che, qualora dopo il 1o maggio 2004 la Commissione avvii un procedimento per violazione dell’art. 81 CE adottando una decisione in merito:

a)

le autorità garanti della concorrenza degli Stati membri perdano in tal modo definitivamente la competenza ad occuparsi di una siffatta infrazione;

b)

le autorità garanti della concorrenza degli Stati membri perdano la competenza ad applicare alla medesima infrazione le norme del diritto interno aventi lo stesso contenuto dell’art. 81 CE (ora art. 101 TFUE)».

32.

Nel procedimento dinanzi alla Corte hanno presentato osservazioni scritte e orali la Toshiba, la Mitsubishi, la Fuji ( 36 ), la Hitachi ( 37 ), l’Alstom e la Siemens ( 38 ), nonché i governi ceco, irlandese, spagnolo e polacco, la Commissione europea e l’Autorità di vigilanza EFTA. Alla fase scritta del procedimento ha partecipato altresì il governo slovacco; all’udienza è inoltre comparsa l’autorità garante della concorrenza ceca.

V — Valutazione

33.

La domanda di pronuncia pregiudiziale del Tribunale regionale di Brno è rivolta ad ottenere chiarimenti, in relazione ad una fattispecie in materia di intese, sulle conseguenze dell’adesione della Repubblica ceca all’Unione europea. Si tratta, da un lato, dell’individuazione del diritto applicabile (prima questione) e, dall’altro, della ripartizione delle competenze all’interno della rete europea delle autorità garanti della concorrenza «ECN» ( 39 ) (seconda questione), in relazione ad una serie di illeciti transfrontalieri in materia di intese commessi, dando luogo ad un’infrazione continuata, in parte prima e in parte dopo la data di adesione, i quali erano idonei a produrre effetti sul territorio della Repubblica ceca.

34.

Circa la ricevibilità della presente domanda di pronuncia pregiudiziale non vi sono dubbi. Vero è che la prima questione pregiudiziale assomiglia, a prima vista, al caso Ynos, in cui la Corte si è dichiarata incompetente ad interpretare una direttiva ( 40 ). A differenza della causa Ynos, tuttavia, nel presente caso la Corte, con la prima questione pregiudiziale, non è chiamata ad interpretare il contenuto del diritto dell’Unione per il periodo precedente l’adesione di un nuovo Stato membro, bensì soltanto a chiarire l’ambito di applicazione ratione temporis del diritto dell’Unione. Al riguardo la Corte è indubbiamente competente.

35.

Anche il fatto che il giudice a quo sia vincolato, in forza del diritto processuale nazionale, all’opinione di diritto di un giudice ad esso sovraordinato ( 41 ), non osta ad una domanda di pronuncia pregiudiziale alla Corte, né all’efficacia vincolante della soluzione fornita dalla Corte ( 42 ).

36.

Poiché oggetto della causa principale è la valutazione della legittimità di una decisione dell’autorità garante della concorrenza ceca del 2007, per risolvere la domanda di pronuncia pregiudiziale occorre fare riferimento ancora alle disposizioni dei Trattati nella versione del Trattato di Amsterdam ( 43 ); in particolare, andrà applicato l’art. 81 CE, e non l’art. 101 TFUE.

A — Prima questione pregiudiziale: l’ambito di applicazione ratione temporis del diritto europeo in materia di concorrenza

37.

Con la prima questione il giudice a quo desidera sostanzialmente sapere se, in uno Stato membro che ha aderito all’Unione europea il 1o maggio 2004, l’art. 81 CE e l’art. 3, n. 1, del regolamento n. 1/2003, trovino applicazione a periodi precedenti alla data di adesione ( 44 ).

38.

Sullo sfondo di tale questione si colloca il fatto che l’intesa controversa ha integrato un’infrazione unica e continuata alle regole di concorrenza ( 45 ), i cui effetti anticoncorrenziali per il territorio della Repubblica ceca si sono manifestati già prima della sua adesione all’Unione europea e sono continuati fin dopo tale adesione. I procedimenti per l’inflizione di un’ammenda per sanzionare detta infrazione anticoncorrenziale si sono addirittura integralmente svolti, sia a livello di Unione che a livello nazionale, in epoca successiva alla data di adesione.

39.

Una tale conformazione dei fatti comporta, ad avviso del giudice a quo e delle ricorrenti nella causa principale, l’applicabilità dell’art. 81 CE e del regolamento n. 1/2003 all’intera durata dell’intesa controversa. Grazie all’applicazione delle citate disposizioni del diritto dell’Unione le imprese partecipanti all’intesa sperano, in definitiva, di potersi sottrarre del tutto ad una sanzione da parte dell’autorità garante della concorrenza ceca.

1. Sulle indicazioni promananti dall’Atto di adesione e dai principi generali di diritto

40.

Per determinare l’ambito di applicazione ratione temporis di disposizioni di diritto dell’Unione all’interno della Repubblica ceca occorre partire dall’art. 2 dell’Atto di adesione. In base ad esso le disposizioni dei Trattati originari e gli atti adottati dalle istituzioni dell’Unione prima dell’adesione vincolano i nuovi Stati membri dalla data della loro adesione, quindi con effetto dal 1o maggio 2004.

41.

Da tale disposizione dell’Atto di adesione risulta, pertanto, solamente che l’art. 81 CE e il regolamento n. 1/2003 si applicano nella Repubblica ceca a partire dal 1o maggio 2004. L’Atto di adesione non fornisce, invece, alcuna indicazione circa l’applicabilità dell’art. 81 CE e del regolamento n. 1/2003 a infrazioni continuate, i cui effetti anticoncorrenziali si sono manifestati sul territorio ceco in parte prima e in parte dopo l’adesione della Repubblica ceca all’Unione europea. A tal proposito occorre fare riferimento ai principi generali del diritto dell’Unione, e segnatamente al principio di certezza del diritto e di tutela del legittimo affidamento, nonché al divieto di retroattività ( 46 ).

a) Il divieto di applicazione retroattiva delle norme sostanziali

42.

Dai summenzionati principi generali di diritto risulta che occorre distinguere, in relazione agli effetti nel tempo delle modifiche normative, tra norme di procedura e norme sostanziali: secondo la costante giurisprudenza, le norme di procedura si applicano, come si ritiene in generale, a tutte le controversie pendenti all’atto della loro entrata in vigore, a differenza delle norme sostanziali, che, secondo la comune interpretazione, non riguardano, in linea di principio, rapporti giuridici definiti anteriormente alla loro entrata in vigore ( 47 ).

43.

Il regolamento n. 1/2003 contiene, invero, numerose norme di procedura ( 48 ). Tuttavia, il suo art. 3, n. 1, al pari dell’art. 81 CE, fornisce indicazioni in merito alla valutazione degli accordi tra imprese da parte delle autorità garanti della concorrenza. L’art. 81 CE e l’art. 3, n. 1, del regolamento n. 1/2003 sono, quindi, norme sostanziali del diritto dell’Unione.

44.

In via di principio, tali norme sostanziali non possono essere applicate retroattivamente, e ciò a prescindere dalle conseguenze favorevoli o sfavorevoli che una siffatta applicazione potrebbe avere per l’interessato; il principio della certezza del diritto esige, infatti, che qualsiasi situazione di fatto venga di regola, purché non sia espressamente disposto il contrario, valutata alla luce delle norme giuridiche vigenti al momento in cui essa si è prodotta ( 49 ). Le nuove norme sostanziali sono direttamente applicabili, in via di principio, solo agli effetti futuri di situazioni di fatto sorte sotto la vigenza della vecchia norma ( 50 ).

45.

Ne consegue che ad un’intesa operante a livello internazionale, la quale, dando luogo ad un’infrazione unica e continuata, ha prodotto o ha potuto produrre effetti ( 51 ) sul territorio di un nuovo Stato membro sia prima che dopo la data di adesione, si applicano, a seconda del periodo di riferimento, regole sostanziali diverse: in relazione al periodo precedente la data di adesione, le conseguenze anticoncorrenziali dell’intesa nello Stato membro interessato devono essere valutate esclusivamente in base al suo diritto interno in materia di concorrenza. In relazione, invece, al periodo successivo, esse devono essere valutate uniformemente a livello di Unione in base all’art. 81 CE e all’art. 3, n. 1, del regolamento n. 1/2003 ( 52 ).

46.

In relazione al presente caso di specie ciò significa che l’art. 81 CE e l’art. 3, n. 1, del regolamento n. 1/2003 possono essere applicati nella Repubblica ceca all’intesa controversa solo per sanzionare le sue eventuali conseguenze anticoncorrenziali verificatesi a partire dal 1o maggio 2004. Per contro, le conseguenze anticoncorrenziali di questa intesa concernenti il periodo fino al 30 aprile 2004 possono essere valutate nella Repubblica ceca solo sulla scorta del diritto nazionale in materia di concorrenza. Quantunque sia stata integrata un’infrazione unica e continuata, le sue conseguenze anticoncorrenziali sottostanno, tuttavia, per il periodo precedente e per il periodo successivo all’adesione della Repubblica ceca all’Unione europea, a normative differenti.

b) Nessuna deroga al divieto di retroattività

47.

Diversamente da quanto sostenuto dalla Siemens, dalla Hitachi e dalla Fuji, nel presente caso non vi è nulla che giustifichi un’applicazione retroattiva del diritto dell’Unione in modo tale da sottoporre all’art. 81 CE e all’art. 3, n. 1, del regolamento n. 1/2003 anche le conseguenze anticoncorrenziali dell’intesa controversa verificatesi nella Repubblica ceca prima della sua adesione all’Unione europea.

48.

Vero è che le norme sostanziali del diritto dell’Unione possono eccezionalmente essere applicate retroattivamente, qualora dalla lettera, dallo scopo o dallo spirito di tali norme risulti chiaramente che dev’essere loro attribuita efficacia retroattiva ( 53 ). Nel presente caso, tuttavia, né la lettera, né lo scopo, né lo spirito dell’art. 81 CE e dell’art. 3 del regolamento n. 1/2003 forniscono elementi univoci a favore di una loro applicazione retroattiva. Piuttosto, la presenza, nel diritto dell’Unione in materia di intese, di tratti simili al diritto penale ( 54 ) depone decisamente contro una siffatta applicazione retroattiva, giacché essa potrebbe violare il principio di legalità delle pene (nullum crimen, nulla poena sine lege), cui a livello di Unione è riconosciuto rango di diritto fondamentale (art. 49, n. 1, della Carta dei diritti fondamentali) ( 55 ).

49.

In particolare, non si può sostenere che il diritto in materia di concorrenza vigente nella Repubblica ceca prima del 1o maggio 2004 si sarebbe già sostanzialmente orientato, nei suoi contenuti, all’art. 81 CE sicché quest’ultimo costituirebbe semplicemente una sorta di sua prosecuzione, la cui entrata in vigore non avrebbe comportato alcuna novità sostanziale per le imprese di questo Stato membro.

50.

Può essere che il diritto nazionale ceco ( 56 ), già prima dell’adesione della Repubblica ceca, presentasse significative convergenze contenutistiche con l’art. 81 CE. Può anche essere che l’accordo europeo ( 57 ), che aveva per obiettivo l’avvicinamento della Repubblica ceca all’Unione europea, contenesse già, all’art. 64, una previsione simile all’art. 81 CE.

51.

Prima del 1o maggio 2004, tuttavia, sia il diritto nazionale che l’accordo europeo potevano trovare applicazione ed esecuzione nella Repubblica ceca solo da parte delle autorità nazionali. La loro interpretazione ed applicazione sul territorio della Repubblica ceca in conformità alle previsioni dell’art. 81 CE spettava all’epoca esclusivamente alle autorità amministrative e giudiziarie ceche. La Commissione, pur lavorando, quale autorità garante della concorrenza europea, in stretta collaborazione con le autorità ceche, prima del 1o maggio 2004 non poteva, tuttavia, direttamente applicare nella Repubblica ceca né l’art. 64 dell’accordo europeo, né l’art. 81 CE, e neppure era possibile per le autorità giudiziarie ceche adire la Corte di giustizia per la loro interpretazione.

52.

Per quanto riguarda, in particolare, l’art. 81 CE, occorre altresì sottolineare che tale disposizione, prima del 1o maggio 2004, non poteva vantare alcun primato nell’applicazione rispetto al diritto ceco. Peraltro, prima del 1o maggio 2004 non era in vigore, né nei vecchi né nei nuovi Stati membri, il regolamento n. 1/2003, il cui art. 3, n. 1, obbliga per la prima volta le autorità garanti della concorrenza dei singoli Stati, alle condizioni ivi specificate, all’applicazione parallela dell’art. 81 CE e del diritto nazionale in materia di intese, nonché al rispetto delle valutazioni prioritarie espresse dal diritto dell’Unione ( 58 ).

53.

Nel complesso, pertanto, fino al 30 aprile 2004 vigeva un regime completamente diverso da quello vigente dal 1o maggio 2004. Con il 1o maggio 2004 è intervenuta, sia a livello sostanziale che procedurale, un’importante cesura nella disciplina delle intese, il che depone non già a favore, bensì contro un’applicazione retroattiva dell’art. 81 CE e dell’art. 3, n. 1, del regolamento n. 1/2003.

54.

Sicuramente l’applicazione retroattiva dell’art. 81 CE e del regolamento n. 1/2003 potrebbe ridurre il rischio di una valutazione divergente di una medesima intesa da parte di differenti autorità amministrative e giudiziarie nei loro rispettivi procedimenti per l’inflizione di ammende. A tali considerazioni deve, tuttavia, opporsi che prima del 1o maggio 2004 l’esistenza di decisioni dal contenuto differente era immanente al sistema ed era accettata, purché non comportasse un pregiudizio per la piena efficacia del diritto dell’Unione in materia di intese e per il primato del diritto dell’Unione ( 59 ). Per quanto auspicabili possano essere un’interpretazione ed un’applicazione del diritto in materia di concorrenza il più possibile uniformi ed effettive all’interno dell’Unione europea, esse non possono essere perseguite al prezzo di una violazione di principi dello Stato di diritto.

c) Sul principio dell’applicazione retroattiva della legge penale più favorevole

55.

La Hitachi richiama il principio dell’applicazione retroattiva della legge penale più favorevole (lex mitior) per sostenere che le conseguenze anticoncorrenziali dell’intesa controversa nella Repubblica ceca risalenti a prima del 1o maggio 2004 devono essere valutate sulla scorta dell’art. 81 CE e del regolamento n. 1/2003.

56.

Il principio dell’applicazione retroattiva della legge penale più favorevole fa parte delle tradizioni costituzionali comuni degli Stati membri e deve essere considerato come parte integrante dei principi generali del diritto dell’Unione ( 60 ). Nel frattempo esso è stato accolto anche nell’art. 49, n. 1, terza frase, della Carta dei diritti fondamentali.

57.

Non vi è dubbio, quindi, che l’autorità garante della concorrenza ceca dovrebbe valutare le conseguenze anticoncorrenziali dell’intesa controversa verificatesi nella Repubblica ceca prima del 1o maggio 2004 sulla scorta dell’art. 81 CE e dell’art. 3, n. 1, del regolamento n. 1/2003, qualora ciò comportasse l’esenzione dalla pena o una sanzione più lieve rispetto al diritto nazionale. Ciò, tuttavia, pare poco probabile.

58.

Né l’art. 81 CE, né il regolamento n. 1/2003 contengono, infatti, indicazioni di qualsivoglia tipo sulla gravità delle sanzioni che le autorità garanti della concorrenza nazionali possono infliggere per le infrazioni in materia di intese. All’art. 5 del regolamento n. 1/2003 si precisa soltanto che le autorità garanti della concorrenza degli Stati membri possono adottare decisioni con le quali vengono comminate ammende, penalità di mora o qualunque altra sanzione prevista dal diritto nazionale. Pertanto, anche qualora l’autorità garante della concorrenza ceca dovesse applicare l’art. 81 CE a periodi precedenti il 1o maggio 2004, le sanzioni da infliggere in tale ipotesi sarebbero determinate dal diritto nazionale ( 61 ).

59.

Il vero scopo perseguito dalla Hitachi col suo richiamo al principio della lex mitior è, in effetti, completamente diverso: per il periodo precedente il 1o maggio 2004 l’impresa non vuole ottenere dall’autorità garante della concorrenza ceca una decisione più mite, ma nessuna decisione affatto. Essa, in definitiva, vorrebbe che la regola della lex mitior venisse intesa nel senso che l’autorità garante della concorrenza ceca ha perso la sua competenza a reprimere l’infrazione in materia di intese per il periodo precedente il 1o maggio 2004 e che le conseguenze anticoncorrenziali dell’intesa risalenti a tale periodo fossero considerate ricomprese nella decisione della Commissione.

60.

In tal modo, tuttavia, il contenuto del principio dell’applicazione retroattiva della legge penale più favorevole viene radicalmente stravolto. Tale principio si limita a consentire, per motivi di equità, una deroga al fondamentale principio di legalità delle pene (nullum crimen, nulla poena sine lege) ( 62 ). Esso consente all’interessato di beneficiare delle nuove valutazioni del legislatore e, quindi, di essere punito in modo più lieve di quanto previsto al momento della commissione del fatto ( 63 ). Tale principio non attribuisce, invece, alcun diritto ad essere giudicato da un’autorità diversa da quella che sarebbe stata competente al momento della commissione del fatto. La regola della lex mitior ha natura puramente sostanziale. Essa non fornisce alcuna indicazione circa il procedimento e la ripartizione di competenze tra le varie autorità deputate a perseguire gli illeciti.

61.

I rilievi delle ricorrenti nella causa principale rivolti a contestare, in sé e per sé, la competenza dell’autorità garante della concorrenza ceca ad infliggere ammende, pongono un problema concernente l’art. 11, n. 6, del regolamento n. 1/2003 e il divieto di punire due volte il medesimo fatto (ne bis in idem) ( 64 ), ma non un problema concernente la legge penale più favorevole (lex mitior).

62.

Tutto ciò considerato, pertanto, nemmeno il principio dell’applicazione retroattiva della legge penale più favorevole conduce al risultato sperato dalla Hitachi e a.

2. Su alcune repliche dei soggetti che hanno presentato osservazioni alla Corte

63.

Nel procedimento dinanzi alla Corte si è sostenuta, con riferimento all’attuale giurisprudenza, ancora una serie di ulteriori argomenti, sui quali desidero brevemente soffermarmi qui di seguito. Anticipo che nessuno di questi argomenti è condivisibile.

64.

Per quanto riguarda, prima di tutto, la sentenza Dow Chemical Ibérica ( 65 ) citata da alcuni dei soggetti che hanno presentato osservazioni alla Corte, essa non è idonea a deporre a favore di un’applicazione dell’art. 81 CE e dell’art. 3, n. 1, del regolamento n. 1/2003 sul territorio di un nuovo Stato membro in relazione a periodi precedenti la sua adesione. Nella causa Dow Chemical Ibérica, infatti, non veniva in rilievo l’applicazione di norme sostanziali, bensì solo l’applicazione di norme di procedura, segnatamente l’applicazione delle norme concernenti gli accertamenti (le indagini) della Commissione nei locali aziendali delle imprese. Che la Corte ritenga applicabili siffatte norme di procedura non appena un nuovo Stato membro aderisca all’Unione è assolutamente conforme ai principi generali di diritto sopra esposti ( 66 ). La sentenza Dow Chemical Ibérica non fornisce, invece, alcuna indicazione sulla questione qui rilevante dell’applicabilità anche delle norme sostanziali del diritto europeo in materia di concorrenza alle conseguenze anticoncorrenziali di un’intesa, prodottesi sul territorio di un nuovo Stato membro nel periodo precedente la sua adesione all’Unione europea ( 67 ).

65.

In secondo luogo, anche le conclusioni presentate dall’avvocato generale Geelhoed nella causa Asnef-Equifax ( 68 ), sulle quali fanno leva alcuni dei soggetti che hanno presentato osservazioni alla Corte, non divergono dai menzionati principi generali di diritto ( 69 ), ma addirittura li confermano: l’avvocato generale afferma che l’art. 3 del regolamento n. 1/2003 può contenere indicazioni per la valutazione degli effetti presenti e futuri di un accordo tra imprese, concluso ben prima dell’entrata in vigore del regolamento n. 1/2003 ( 70 ). Egli non si esprime affatto a favore di un’applicazione retroattiva di detta disposizione ad un periodo passato.

66.

Anche la giurisprudenza, da taluno richiamata, concernente l’applicazione ratione temporis delle libertà fondamentali e del divieto generale di discriminazioni ( 71 ) non contiene alcun elemento che deponga a favore di un’applicazione retroattiva del diritto dell’Unione sul territorio di un nuovo Stato membro per l’epoca anteriore alla sua adesione. Ciò risulta con particolare evidenza nella sentenza Saldanha, secondo cui l’art. 6 Trattato CE (ora art. 18 TFUE) «da questo momento si applica agli effetti delle situazioni sorte prima dell’adesione» ( 72 ).

67.

Nulla di diverso deriva, infine, dall’allegato II, sezione 5, dell’Atto di adesione, richiamato dalla Siemens ( 73 ). Infatti, anche le disposizioni ivi menzionate presuppongono l’applicabilità dell’art. 81 CE agli effetti futuri di accordi tra imprese conclusi prima della data di adesione. Esse prevedono una deroga solo per quegli accordi tra imprese sottoposti entro sei mesi all’adeguamento ai vigenti regolamenti di esenzione per categoria. Diversamente da quanto ritenuto dalla Siemens, l’allegato II, sezione 5, dell’Atto di adesione non contiene alcun elemento che giustifichi un’inclusione retroattiva degli effetti di accordi tra imprese risalenti a prima del 1o maggio 2004 nell’ambito di applicazione dell’art. 81 CE.

3. Conclusione intermedia

68.

Tutto ciò considerato, è possibile giungere alla seguente conclusione intermedia:

In uno Stato membro che ha aderito all’Unione europea il 1o maggio 2004, l’art. 81 CE e l’art. 3, n. 1, del regolamento n. 1/2003 non si applicano a periodi precedenti tale data di adesione, nemmeno nel caso in cui si debba perseguire un’intesa, operante a livello internazionale, che, integrando un’infrazione unitaria e continuata, poteva produrre effetti sul territorio dello Stato membro in questione sia prima che dopo la data di adesione.

B — Seconda questione pregiudiziale: le competenze delle autorità garanti della concorrenza e il divieto di punire due volte il medesimo fatto (principio del ne bis in idem)

69.

Con la seconda questione il giudice a quo desidera sostanzialmente sapere se un procedimento per l’inflizione di un’ammenda avviato dalla Commissione europea dopo il 1o maggio 2004 precluda in via permanente all’autorità garante della concorrenza nazionale di uno Stato membro, che in tale data abbia aderito all’Unione europea, di perseguire in base al diritto nazionale in materia di concorrenza un’intesa operante a livello internazionale, che, integrando un’infrazione unitaria e continuata, poteva produrre effetti sul territorio dello Stato membro in questione sia prima che dopo la data di adesione.

70.

A questo proposito il giudice a quo richiede, innanzitutto, indicazioni sull’interpretazione dell’art. 11, n. 6, in combinato disposto con l’art. 3, n. 1, del regolamento n. 1/2003, nonché del principio del ne bis in idem. Esso richiama inoltre il diciassettesimo «considerando» del regolamento n. 1/2003 e il punto 51 della comunicazione sulla rete.

71.

Le due parti di questa seconda questione concernono, da un lato, la competenza dell’autorità garante della concorrenza nazionale a svolgere un procedimento per l’inflizione di un’ammenda [seconda questione, lett. a)] e, dall’altro, la facoltà di detta autorità di applicare il proprio diritto nazionale in materia di concorrenza [seconda questione, lett. b)]. Poiché questi profili sono tra loro strettamente intrecciati, li affronterò congiuntamente, prendendo a tal fine in esame, una dopo l’altra, due grosse tematiche: la ripartizione delle competenze delle autorità garanti della concorrenza europee nei procedimenti in materia di intese (v. infra, sezione 1), e il divieto di punire due volte il medesimo fatto (principio del ne bis in idem; v. infra, sezione 2).

1. La ripartizione delle competenze delle autorità garanti della concorrenza europee

72.

Il giudice a quo e le ricorrenti nella causa principale sono dell’avviso che l’autorità garante della concorrenza ceca abbia definitivamente perso, a norma dell’art. 11, n. 6, in combinato disposto con l’art. 3, n. 1, del regolamento n. 1/2003, la propria competenza a perseguire l’intesa controversa nel momento in cui la Commissione europea ha avviato il proprio procedimento per l’inflizione di un’ammenda.

73.

Questo non è esatto. Vero è che l’art. 11, n. 6, del regolamento n. 1/2003 è in vigore, in quanto norma di procedura ( 74 ), dal 1o maggio 2004 in tutti gli Stati membri, anche per le situazioni insorte prima di tale data ( 75 ). Esso, tuttavia, ha un contenuto dispositivo completamente diverso da quello attribuitogli dal giudice a quo e dalle ricorrenti nella causa principale. Ciò è stato giustamente segnalato dai governi che hanno presentato osservazioni alla Corte e dalla Commissione.

a) Considerazioni generali sul contenuto dispositivo dell’art. 11, n. 6, del regolamento n. 1/2003

74.

In base all’art. 11, n. 6, del regolamento n. 1/2003, l’avvio da parte della Commissione di un procedimento per l’adozione di una decisione ai sensi del capitolo III di detto regolamento priva le autorità garanti della concorrenza degli Stati membri della competenza ad applicare gli artt. 81 CE e 82 CE (ora artt. 101 TFUE e 102 TFUE) ( 76 ). Questa perdita di competenza delle autorità nazionali interviene automaticamente ( 77 ), per l’esattezza il giorno in cui la Commissione decide formalmente di avviare il procedimento ( 78 ).

75.

Se si considera solo la lettera dell’art. 11, n. 6, del regolamento n. 1/2003, sembra che la perdita di competenza riguardi solo la facoltà delle autorità garanti della concorrenza nazionali di applicare il diritto dell’Unione in materia di intese (artt. 81 CE e 82 CE, ovverosia artt. 101 TFUE e 102 TFUE), non invece la loro facoltà di applicare il diritto interno. Anche i punti 51 e 53 della comunicazione sulla rete della Commissione possono essere intesi in tal senso ( 79 ).

76.

Tuttavia, ai fini dell’interpretazione di una norma del diritto dell’Unione si deve tener conto non soltanto della sua lettera, ma anche del suo contesto e degli scopi perseguiti dalla normativa di cui essa fa parte ( 80 ). Inoltre, con specifico riferimento al regolamento n. 1/2003, la Corte ha statuito che un’autorità garante della concorrenza nazionale può applicare le sue regole nazionali solo quando il diritto dell’Unione non prevede alcuna regola specifica ( 81 ).

77.

Occorre in proposito rilevare che l’art. 11, n. 6, del regolamento n. 1/2003 si trova in stretto rapporto contenutistico con l’art. 3, n. 1, del medesimo regolamento. Da una lettura congiunta di queste due norme risulta che le autorità garanti della concorrenza nazionali non possono più applicare non solo il diritto dell’Unione in materia di concorrenza, ma anche una parte del loro diritto interno in materia di concorrenza ( 82 ) non appena la Commissione avvii un procedimento per l’adozione di una decisione ai sensi del capitolo III del regolamento n. 1/2003.

78.

Le cose stanno per la precisione nei seguenti termini ( 83 ): l’art. 3, n. 1, prima frase, del regolamento n. 1/2003 instaura uno stretto collegamento tra il divieto di intese di cui all’art. 81 CE (art. 101 TFUE) e le corrispondenti disposizioni del diritto interno in materia di intese. Se ad un accordo tra imprese che possa pregiudicare il commercio tra Stati membri viene applicato il divieto interno di intese, allora, a norma dell’art. 3, n. 1, prima frase, del regolamento n. 1/2003, deve in parallelo applicarsi anche l’art. 81 CE (art. 101 TFUE). Poiché, tuttavia, all’autorità garante della concorrenza nazionale, ai sensi dell’art. 11, n. 6, prima frase, del regolamento n. 1/2003, non è consentito applicare l’art. 81 CE (art. 101 TFUE) dopo l’avvio di un procedimento da parte della Commissione, ne consegue che detta autorità nazionale non può più applicare nemmeno il divieto interno di intese.

79.

Contrariamente alla tesi del giudice a quo e delle ricorrenti nella causa principale, tuttavia, questo non significa che, con l’avvio di un procedimento da parte della Commissione, le autorità garanti della concorrenza nazionali perdano in via permanente e definitiva la loro facoltà di applicare il diritto interno in materia di concorrenza. A seconda di come la Commissione chiuda il proprio procedimento, può senz’altro residuare, in connessione con tale esito, ancora spazio per l’applicazione del diritto interno in materia di concorrenza da parte delle autorità garanti della concorrenza nazionali ( 84 ).

80.

La tutela della concorrenza all’interno dell’Unione europea viene, infatti, garantita dalla convivenza di norme dell’Unione e di norme nazionali in materia di concorrenza. Secondo una costante giurisprudenza i due ordinamenti si applicano parallelamente ( 85 ). Sul punto anche la modernizzazione del sistema europeo di attuazione del diritto in materia di intese, realizzata con il regolamento n. 1/2003, non ha modificato le cose: diversamente, infatti, da quanto originariamente proposto dalla Commissione ( 86 ), a norma dell’art. 3 del regolamento n. 1/2003 ad un medesimo caso possono tuttora applicarsi sia regole di concorrenza del diritto dell’Unione (art. 81 CE e/o art. 82 CE, ora art. 101 TFUE e/o art. 102 TFUE), sia regole di concorrenza interne.

81.

Indubbiamente le regole di concorrenza sia a livello europeo che a livello nazionale perseguono in fondo il medesimo scopo, vale a dire assicurare la protezione della concorrenza sul mercato di volta in volta in questione ( 87 ). Esse, tuttavia, considerano le pratiche restrittive sotto aspetti diversi ( 88 ) e i loro ambiti di applicazione non sono identici ( 89 ). La fondamentale sentenza della Corte nella causa Walt Wilhelm, cui risalgono quest’ultime considerazioni, anche dopo oltre quarant’anni ha conservato integra — perlomeno a questo proposito — la sua validità ( 90 ). È senz’altro incontestabile che nel frattempo l’integrazione economica nell’Unione europea ha fatto importanti progressi e la costante rimozione di ostacoli al commercio tra gli Stati membri ha favorito la realizzazione di un autentico mercato interno. Nondimeno ancor oggi numerosi prodotti sono commercializzati solo su mercati nazionali o regionali; le condizioni della concorrenza per questi prodotti possono differire da paese a paese — talvolta addirittura da regione a regione — in maniera troppo forte per poter fare completamente riferimento a mercati di scala europea o addirittura mondiale. Conseguentemente non può escludersi che in un determinato caso, oltre ai problemi di concorrenza di dimensione transfrontaliera di cui si occupano gli artt. 81 CE e 82 CE (artt. 101 TFUE e 102 TFUE), sorgano in loco, in considerazione delle peculiarità nazionali o regionali, ulteriori problemi di concorrenza, che le autorità garanti della concorrenza possono gestire solo mediante l’applicazione del proprio diritto interno in materia di concorrenza.

82.

Anche dopo l’entrata in vigore del regolamento n. 1/2003 è conforme agli obiettivi e alla sistematica del diritto europeo in materia di intese il fatto che più autorità garanti della concorrenza si occupino di un caso analizzandolo sotto differenti punti di vista ( 91 ). Con il nuovo sistema decentrato le autorità nazionali devono essere coinvolte nell’applicazione del diritto in materia di intese in modo addirittura più intenso di prima. Da questo punto di vista sussiste una differenza fondamentale tra il sistema europeo di applicazione del diritto in materia di intese, così come è stato modernizzato dal regolamento n. 1/2003, e la riforma del controllo delle concentrazioni, entrata in vigore nello stesso periodo ( 92 ).

83.

L’obiettivo di un’applicazione il più possibile uniforme ed effettiva delle regole di concorrenza sul mercato interno europeo ( 93 ) viene realizzato, nel regolamento n. 1/2003, non attraverso la previsione di competenze esclusive di singole autorità garanti della concorrenza, bensì piuttosto attraverso la cooperazione della Commissione europea e delle autorità garanti della concorrenza nazionali in una rete (ECN), all’interno della quale si coordinano tra di loro ( 94 ). In tale contesto il primato del diritto dell’Unione viene garantito dalle disposizioni degli artt. 3 e 16 del regolamento n. 1/2003.

84.

Che un intervento delle autorità garanti della concorrenza degli Stati membri sia ancora possibile anche nel caso in cui la Commissione abbia già adottato, da parte sua, una decisione, emerge non da ultimo da uno sguardo all’art. 16, n. 2, del regolamento n. 1/2003. Tale disposizione, infatti, non sottrae alle autorità nazionali la competenza ad intervenire cronologicamente dopo la Commissione, ma si limita a vietare loro di porsi in conflitto con una precedente decisione della Commissione ( 95 ).

85.

Vero è che la lettera dell’art. 16, n. 2, del regolamento n. 1/2003 prende in considerazione solo l’applicazione del diritto dell’Unione in materia di intese da parte delle autorità garanti della concorrenza nazionali (vale a dire l’applicazione degli artt. 81 CE e 82 CE, ora artt. 101 TFUE e 102 TFUE). La medesima regola deve valere, tuttavia, a fortiori nel caso in cui le autorità garanti della concorrenza nazionali intendano applicare il diritto interno in materia di intese. Se, infatti, alle autorità garanti della concorrenza nazionali è ancora consentita, dopo una decisione della Commissione, l’applicazione del diritto dell’Unione, allora a fortiori deve essere loro permessa anche l’applicazione del diritto interno, a condizione che rispettino, ai sensi dell’art. 3 del regolamento n. 1/2003, le valutazioni prioritarie espresse dal diritto dell’Unione.

86.

Non sarebbe adeguato intendere l’ambito di applicazione dell’art. 16, n. 2, del regolamento n. 1/2003 in termini così ristretti come sembrano voler fare il giudice a quo e le ricorrenti nella causa principale ( 96 ).

87.

Le ricorrenti nella causa principale sostengono che l’art. 16, n. 2, del regolamento n. 1/2003 consentirebbe alle autorità garanti della concorrenza nazionali di perseguire quei partecipanti all’intesa nei cui confronti la Commissione europea non ha in precedenza proceduto con la sua decisione. A tal proposito occorre, tuttavia, rilevare che l’art. 16, n. 2, si limita a regolare in termini assolutamente generali il rapporto delle decisioni delle autorità garanti della concorrenza nazionali «su accordi, decisioni o pratiche» rispetto a decisioni già esistenti della Commissione europea, quali che siano l’oggetto e i destinatari di tali decisioni della Commissione. In particolare, esso vieta alle autorità garanti della concorrenza nazionali di porsi in conflitto nelle loro decisioni con una decisione precedentemente adottata dalla Commissione. Esso, quindi, pone un divieto di divergenza, assicurando in tal modo il primato del diritto dell’Unione.

88.

L’art. 16, n. 2, del regolamento n. 1/2003 non può essere del pari limitato all’ipotesi, estremamente rara, di una previa constatazione di inapplicabilità dell’art. 81 CE o dell’art. 82 CE (ora artt. 101 TFUE e 102 TFUE) da parte della Commissione europea ai sensi dell’art. 10 del regolamento n. 1/2003 ( 97 ). Diversamente, infatti, da quanto ritengono il giudice a quo e alcuni dei soggetti che hanno presentato osservazioni alla Corte, l’art. 16, n. 2, del regolamento n. 1/2003, in virtù della sua formulazione letterale estremamente generale e della sua collocazione sistematica nel capitolo relativo alla «cooperazione», si riferisce a tutte le decisioni immaginabili che la Commissione può aver adottato sulla base del regolamento n. 1/2003, senza limitarsi affatto ad una determinata tipologia di decisioni.

89.

Neanche il diciottesimo «considerando» del regolamento n. 1/2003 può essere frainteso nel senso che il legislatore dell’Unione abbia voluto sottrarre alle autorità garanti della concorrenza nazionali la competenza ad applicare il diritto nazionale in materia di intese ogni qualvolta la Commissione abbia da parte sua adottato una decisione. Benché detto diciottesimo «considerando» esprima l’obiettivo che «ogni caso sia trattato da una sola autorità», tuttavia non si tratta di una regola generale, caratteristica dell’intero sistema europeo di attuazione del diritto in materia di intese istituito dal regolamento n. 1/2003. Tale obiettivo si ricollega, invece, ad una ben specifica disposizione del regolamento n. 1/2003, ovverosia l’art. 13. Vero è che in base a tale disposizione ogni autorità garante della concorrenza ha la possibilità, all’interno dell’ECN, di sospendere il suo procedimento o di respingere una denuncia presentatale, qualora un’altra autorità dell’ECN si stia occupando del medesimo caso. Le autorità interessate, tuttavia, non sono affatto costrette a procedere in tal modo. Piuttosto, l’art. 13 e il diciottesimo «considerando» del regolamento n. 1/2003 sono espressione dell’ampia discrezionalità di cui godono le autorità riunite nell’ECN in vista di una ripartizione ottimale dei casi tra le varie autorità nell’ambito della rete.

90.

Infine, anche il principio di proporzionalità quale regola di delimitazione delle competenze (art. 5, n. 4, TUE, già art. 5, n. 3, CE) milita contro un’interpretazione dell’art. 11, n. 6, del regolamento n. 1/2003, in virtù della quale le autorità garanti della concorrenza nazionali perderebbero in via permanente e definitiva la loro competenza ad applicare il diritto interno in materia di intese non appena la Commissione europea avviasse, da parte sua, un procedimento. A tale principio di proporzionalità, richiamato espressamente dal legislatore dell’Unione nel preambolo del regolamento n. 1/2003 ( 98 ), spetta, nel sistema dei Trattati, un’importanza fondamentale, autenticamente costituzionale. Esso stabilisce che il contenuto e la forma dell’azione dell’Unione si limitano a quanto necessario per il conseguimento degli obiettivi dei Trattati. Obiettivo del regolamento n. 1/2003 è contribuire, in un sistema decentrato, ad un’effettiva attuazione delle regole di concorrenza dell’Unione ( 99 ), assicurando l’applicazione uniforme del diritto dell’Unione ( 100 ). A tal fine non è necessario vietare in via permanente e definitiva alle autorità garanti della concorrenza degli Stati membri di applicare il loro diritto interno in materia di intese. È sufficiente privarle di detta competenza per la durata del procedimento avviato dalla Commissione e vincolarle, dopo la chiusura di tale procedimento, al rispetto della decisione della Commissione ( 101 ).

91.

Già sulla base di queste considerazioni generali sul contenuto dispositivo dell’art. 11, n. 6, del regolamento n. 1/2003 è possibile concludere che le autorità garanti della concorrenza nazionali non perdono in via permanente e definitiva la loro facoltà di applicare il diritto interno in materia di concorrenza quando la Commissione avvia un procedimento per l’adozione di una decisione ai sensi del capitolo III del regolamento n. 1/2003. Piuttosto le autorità garanti della concorrenza nazionali, dopo la conclusione del procedimento della Commissione, possono esse stesse adottare una decisione nei limiti del divieto di punire due volte il medesimo fatto (principio del ne bis in idem).

b) Ulteriori considerazioni in relazione al periodo precedente l’adesione di un nuovo Stato membro all’Unione europea

92.

Nel presente caso occorre altresì considerare che la controversa decisione dell’autorità garante della concorrenza ceca si occupa — in base a quanto riferito dal giudice a quo — esclusivamente delle conseguenze anticoncorrenziali dell’intesa in questione anteriori al 1o maggio 2004, riguardando, quindi, solo il periodo precedente l’adesione della Repubblica ceca all’Unione europea.

93.

Come sopra esposto ( 102 ), durante quel periodo l’art. 81 CE non era applicabile nella Repubblica ceca, né può essere esteso retroattivamente ad eventuali conseguenze anticoncorrenziali di un’infrazione continuata verificatesi in quel periodo nella Repubblica ceca.

94.

Pertanto, in relazione a quel periodo passato, neanche dal combinato disposto dell’art. 11, n. 6, e dell’art. 3, n. 1, del regolamento n. 1/2003 può sorgere uno sbarramento all’applicazione delle disposizioni di diritto interno in materia di concorrenza, previste nella Repubblica ceca all’art. 3 della legge sulla tutela della concorrenza. Per siffatto periodo anteriore al 1o maggio 2004 non si deve temere alcun conflitto di competenze tra la Commissione e l’autorità garante della concorrenza ceca, né si devono evitare conflitti normativi tra l’art. 81 CE e il diritto interno in materia di concorrenza. Va a priori esclusa la possibilità che il diritto interno entri in conflitto con una norma del diritto dell’Unione non applicabile nel periodo in questione.

95.

Tuttavia, anche nell’ipotesi in cui per il periodo anteriore al 1o maggio 2004 ci si volesse già orientare verso gli obiettivi del nuovo sistema delineato dal regolamento n. 1/2003, ciò deporrebbe univocamente a favore, e non contro, l’applicazione del diritto interno in materia di concorrenza da parte dell’autorità garante della concorrenza ceca. Sarebbe, infatti, radicalmente in contrasto con la fondamentale esigenza di creare condizioni eque nel mercato interno ( 103 ) e di «proteggere la concorrenza sul mercato» ( 104 ) il fatto di non poter perseguire, in una determinata zona del mercato interno e per un determinato periodo, un illecito in materia di intese (sempreché siano per il resto soddisfatti i requisiti dello Stato di diritto, e l’azione non sia ancora prescritta). Proprio nel presente caso l’applicazione del diritto interno in materia di intese costituiva l’unica possibilità per sanzionare eventuali conseguenze anticoncorrenziali della controversa intesa nella Repubblica ceca nel periodo precedente la sua adesione all’Unione europea.

c) Conclusione intermedia

96.

Tutto ciò considerato, dall’art. 11, n. 6, prima frase, in combinato disposto con l’art. 3, n. 1, prima frase, del regolamento n. 1/2003 non si può, quindi, desumere alcuno sbarramento permanente e definitivo all’applicazione del diritto interno in materia di concorrenza. Ciò vale, tuttavia, solo entro gli eventuali limiti che potrebbero derivare dal divieto di punire due volte il medesimo fatto (principio del ne bis in idem). A quest’ultimo problema di diritto posto dal presente caso è dedicata la seguente sezione.

2. Il divieto di punire due volte il medesimo fatto (principio del ne bis in idem)

97.

Resta da verificare se in un caso come il presente il divieto di punire due volte il medesimo fatto (principio del ne bis in idem) osti all’applicazione del diritto interno in materia di concorrenza da parte dell’autorità garante della concorrenza nazionale.

98.

Secondo la tesi sostenuta dal giudice a quo e dalle ricorrenti nella causa principale, con la decisione della Commissione del 24 gennaio 2007 sarebbero già state punite le conseguenze anticoncorrenziali della controversa intesa prodottesi nella Repubblica ceca prima della sua adesione all’Unione europea. Essi ritengono pertanto che l’ammenda separatamente inflitta dall’autorità garante della concorrenza ceca violi il principio del ne bis in idem.

99.

Il principio del ne bis in idem è riconosciuto, a livello di Unione, quale principio generale di diritto ( 105 ) e ha acquisito, grazie all’art. 50 della Carta dei diritti fondamentali, rango di diritto fondamentale dell’Unione.

100.

Il suo riconoscimento a livello di Unione comporta che l’ambito di validità del principio del ne bis in idem vada oltre i casi meramente interni, estendendosi alle fattispecie transfrontaliere ( 106 ), il che favorisce la libera circolazione dei cittadini dell’Unione e l’obiettivo di una circolazione delle merci nel mercato interno europeo il più possibile priva di ostacoli.

a) Applicabilità del divieto di punire due volte il medesimo fatto

101.

A dire il vero, è pacifico che nei procedimenti in materia di concorrenza per l’inflizione di un’ammenda, avendo essi tratti simili al diritto penale ( 107 ), il principio del ne bis in idem debba essere rispettato ( 108 ). Nondimeno, la Commissione dubita dell’applicabilità nel presente caso del principio del ne bis in idem, perlomeno per quanto riguarda l’art. 50 della Carta dei diritti fondamentali.

i) Applicabilità ratione materiae

102.

La Commissione ritiene che la Carta dei diritti fondamentali sia applicabile solo nell’attuazione del diritto dell’Unione. Poiché nel presente caso l’autorità garante della concorrenza ceca si sarebbe basata nella sua decisione controversa solo sul diritto nazionale in materia di concorrenza, essa non sarebbe stata vincolata alla Carta.

103.

Questo rilievo non coglie nel segno. Vero è che la Carta dei diritti fondamentali, a norma del suo art. 51, n. 1, si applica «agli Stati membri esclusivamente nell’attuazione del diritto dell’Unione» ( 109 ). Il solo fatto che nel presente caso il diritto sostanziale applicabile sia il diritto interno in materia di concorrenza, non significa tuttavia che per la trattazione del caso vengano meno i precetti del diritto dell’Unione.

104.

Come sopra esposto ( 110 ), infatti, le norme di procedura del regolamento n. 1/2003 — a differenza delle sue norme sostanziali — sono applicabili nella Repubblica ceca dal giorno della sua adesione all’Unione europea. Tra di esse rientrano, non da ultimo, anche le norme e i principi sulla ripartizione delle competenze all’interno della rete delle autorità garanti della concorrenza europee, istituita con il regolamento n. 1/2003 ( 111 ). Tali norme e principi devono essere interpretati ed applicati in conformità del diritto primario dell’Unione, compresi i diritti fondamentali dell’Unione.

105.

L’autorità garante della concorrenza ceca, pertanto, dal 1o maggio 2004 può espletare un procedimento per l’inflizione di un’ammenda in materia di intese in base al diritto interno della concorrenza solo se e nei limiti in cui lo consenta il regolamento n. 1/2003, interpretato ed applicato alla luce dei diritti fondamentali dell’Unione.

106.

Tra questi diritti fondamentali dell’Unione, che devono essere rispettati in fase di verifica del margine residuo per l’intervento dell’autorità garante della concorrenza ceca, figura, in particolare, il principio del ne bis in idem, come formulato all’art. 50 della Carta dei diritti fondamentali. Il principio del ne bis in idem, infatti, non ha effetti solo sostanziali, ma anche processuali. Oltre che alla tutela dell’imputato, il principio del ne bis in idem è in effetti rivolto anche a prevenire conflitti di competenza (cosiddetti conflitti positivi di giurisdizione) tra le diverse autorità che si stiano eventualmente occupando di un caso di reato o di illecito amministrativo ( 112 ).

ii) Applicabilità ratione temporis

107.

Per completezza aggiungo anche due brevi riflessioni sulla questione dell’applicabilità ratione temporis del principio del ne bis in idem.

108.

Per un verso, occorre ricordare che negli anni 2006 e 2007 la Carta dei diritti fondamentali non aveva ancora effetti giuridici vincolanti paragonabili a quelli del diritto primario ( 113 ). Nondimeno già all’epoca la Carta — qui rileva, in particolare, il suo art. 50 — forniva, quale fonte di cognizione giuridica, indicazioni sui diritti fondamentali garantiti a livello di Unione ( 114 ). Ciò vale a maggior ragione nell’ambito di applicazione del regolamento n. 1/2003, in quanto il suo preambolo contiene un espresso rinvio alla Carta ( 115 ). Nell’ambito del regolamento n. 1/2003, pertanto, i diritti fondamentali della Carta devono essere rispettati dal 1o maggio 2004, vale a dire dal giorno in cui tale regolamento è entrato in vigore sia nei vecchi che nei nuovi Stati membri.

109.

Per altro verso, occorre rilevare che la controversa decisione di inflizione dell’ammenda dell’autorità garante della concorrenza ceca si riferisce ad un periodo precedente l’adesione della Repubblica ceca all’Unione europea. Tuttavia, ai fini dell’applicabilità ratione temporis del principio del diritto dell’Unione del ne bis in idem non è decisivo il momento della commissione del fatto perseguito, bensì il momento dell’avvio del relativo procedimento penale o di inflizione dell’ammenda ( 116 ). Nel 2006, allorché l’autorità garante della concorrenza ceca avviava il suo procedimento per l’inflizione dell’ammenda in relazione a questo caso, la Repubblica ceca era già Stato membro dell’Unione europea e, pertanto, era vincolata al rispetto del principio del diritto dell’Unione del ne bis in idem.

110.

Tutto ciò considerato, pertanto, anche ratione temporis nulla osta all’applicazione del principio del diritto dell’Unione del ne bis in idem.

b) Portata garantistica del divieto di punire due volte il medesimo fatto: che cosa significa idem?

111.

Nel merito, il principio del ne bis in idem, così come formulato all’art. 50 della Carta dei diritti fondamentali, stabilisce che nessuno può essere perseguito o condannato per un reato per il quale è già stato assolto o condannato nell’Unione a seguito di una sentenza penale definitiva conformemente alla legge.

112.

Trasposto nell’ambito del diritto della concorrenza, il principio del ne bis in idem vieta che un’impresa venga condannata o perseguita di nuovo per un comportamento anticoncorrenziale per il quale sia stata sanzionata o dichiarata non responsabile in forza di una precedente decisione non più suscettibile di impugnazione ( 117 ).

113.

Nel presente caso — come spesso avviene nei procedimenti in materia di intese — è controverso in base a quali criteri si debba stabilire se le imprese coinvolte siano state perseguite o condannate di nuovo per il medesimo comportamento anticoncorrenziale allorché l’autorità garante della concorrenza ceca ha inflitto loro un’ammenda. Occorre quindi chiarire che cosa si nasconde dietro la nozione di idem.

114.

Finora nei procedimenti in materia di concorrenza i giudici dell’Unione sono partiti dal presupposto che l’applicazione del principio del ne bis in idem sia soggetta alla triplice condizione della identità dei fatti, del contravventore e del bene giuridico tutelato ( 118 ). Il principio del ne bis in idem vieterebbe, quindi, di sanzionare lo stesso soggetto più di una volta per un medesimo comportamento illecito al fine di tutelare lo stesso bene giuridico ( 119 ).

115.

Delle tre citate condizioni la validità delle prime due — identità dei fatti e identità del contravventore — non è controversa. È, invece, controversa la validità della terza condizione, vale a dire del criterio dell’identità del bene giuridico tutelato o dell’interesse giuridico tutelato. Facendo leva su tale ultimo criterio la Corte ha negato, in casi concernenti intese, l’esistenza di un divieto di punire due volte il medesimo fatto nei rapporti dell’Unione con Stati terzi ( 120 ).

116.

In settori giuridici diversi dal diritto in materia di concorrenza la Corte, tuttavia, non ha utilizzato questa terza condizione. Così, in relazione ad un procedimento disciplinare in materia di pubblico impiego, essa ha dato rilevanza solo alla vicenda di fatto (chiedendosi se si trattasse di «fatti diversi») ( 121 ). Nel settore delle normative sullo spazio di libertà, sicurezza e giustizia (art. 54 della CAAS ( 122 ) e mandato d’arresto europeo ( 123 )) la Corte, in termini addirittura espressi, ha dichiarato irrilevante il criterio dell’identità dell’interesse giuridico tutelato ( 124 ). Quale unico criterio pertinente in tale materia essa, in una giurisprudenza consolidata, individua l’identità dei fatti materiali, intesi come esistenza di un insieme di circostanze concrete inscindibilmente collegate tra loro ( 125 ).

117.

Una tale variabilità nell’interpretazione e nell’applicazione del principio del ne bis in idem a seconda del settore giuridico nuoce all’unità dell’ordinamento giuridico dell’Unione. Dall’importanza basilare di tale principio quale principio portante del diritto dell’Unione, fornito del rango di diritto fondamentale, consegue che il suo contenuto non può essere sostanzialmente diverso a seconda del settore giuridico interessato ( 126 ). Per la determinazione del contenuto garantistico del principio del ne bis in idem, come ora formulato all’art. 50 della Carta dei diritti fondamentali, dovrebbero valere, in tutti i settori dell’intero diritto dell’Unione, i medesimi criteri. Sul punto ha giustamente richiamato l’attenzione l’Autorità di vigilanza EFTA.

118.

Non vi è alcun motivo oggettivo per sottoporre, in materia di concorrenza, il principio del ne bis in idem a condizioni diverse rispetto alle altre materie. Infatti, come nell’ambito dell’art. 54 della CAAS questo principio serve ad assicurare la libera circolazione dei cittadini dell’Unione nel territorio dell’Unione quale «spazio di libertà, sicurezza e giustizia» ( 127 ), così esso, nel diritto in materia di concorrenza, contribuisce a migliorare e ad agevolare le attività commerciali delle imprese nel mercato interno e, in definitiva, a creare condizioni di concorrenza uniformi in tutto il SEE (cosiddetto «level playing field»).

119.

Nell’individuare i criteri determinanti per la nozione di idem occorre tener presente che il divieto di punire due volte il medesimo fatto nel diritto dell’Unione è ampiamente modellato su un diritto fondamentale della CEDU ( 128 ), e precisamente sull’art. 4, n. 1, del protocollo n. 7 alla CEDU, per quanto tale protocollo finora non sia stato ratificato da tutti gli Stati membri dell’Unione ( 129 ). Questa stretta vicinanza alla CEDU è rimarcata non solo dalle spiegazioni sull’art. 50 della Carta dei diritti fondamentali, che i giudici dell’Unione e degli Stati membri devono tenere nel debito conto ( 130 ), ma anche dalla giurisprudenza della nostra Corte relativa al generale principio del diritto dell’Unione del ne bis in idem ( 131 ).

120.

In tal modo trova applicazione il canone dell’omogeneità ( 132 ), secondo cui, laddove la Carta contenga diritti corrispondenti a quelli garantiti dalla CEDU, il significato e la portata degli stessi sono uguali a quelli conferiti dalla Convenzione. In altre parole, l’art. 4, n. 1, del protocollo n. 7 alla CEDU, così come interpretato dalla Corte europea dei diritti dell’uomo (Corte eur. D.U.), segna la soglia minima che deve essere assicurata nel diritto dell’Unione in sede di interpretazione e applicazione del principio del ne bis in idem.

121.

Dopo un lungo periodo in cui la sua giurisprudenza sulla nozione di idem non era uniforme, la Corte eur. D.U. ha statuito in una sentenza di principio del 2009 che l’art. 4 del protocollo n. 7 alla CEDU vieta di perseguire o condannare taluno per un secondo reato qualora questo si riferisca agli stessi fatti o a fatti sostanzialmente uguali ( 133 ). Ciò significa che la Corte eur. D.U. dà rilievo soltanto all’identità dei fatti, e non — lo si dice espressamente — alla qualificazione giuridica del fatto ( 134 ). A tale riguardo, peraltro, essa si rifà a sua volta, in modo determinante, alla giurisprudenza della nostra Corte sullo spazio di libertà, sicurezza e giustizia ( 135 ). Di più: la Corte eur. D.U. utilizza formulazioni del tutto simili a quelle della nostra Corte per descrivere che cosa si debba intendere per identità dei fatti. Non vi è alcun elemento per ritenere che la Corte eur. D.U. potrebbe essere propensa ad attribuire al principio del ne bis in idem nello specifico settore del diritto in materia di concorrenza una portata garantistica meno ampia ( 136 ). Al contrario: la nostra sentenza Aalborg Portland col criterio della identità del bene giuridico tutelato viene sì citata dalla Corte eur. D.U., ma non viene assunta quale base per la sua interpretazione del principio del ne bis in idem ( 137 ).

122.

Ciò considerato, anche in sede di interpretazione ed applicazione della nozione di idem nell’ambito del divieto, posto dal diritto dell’Unione, di punire due volte il medesimo fatto, in avvenire dovrebbe essere rilevante soltanto l’identità dei fatti (la quale implica necessariamente l’identità del contravventore) ( 138 ).

123.

La conservazione del criterio dell’identità del bene giuridico tutelato comporterebbe, in definitiva, che l’ambito di applicazione del divieto, posto dal diritto dell’Unione, di punire due volte il medesimo fatto sarebbe più ristretto e la sua portata garantistica sarebbe inferiore rispetto a quanto previsto come soglia minima dall’art. 4, n. 1, del protocollo n. 7 alla CEDU. Ciò non sarebbe conforme al canone di omogeneità. Come dimostrerò nel prosieguo ( 139 ), i problemi concernenti il rapporto con Stati terzi, finora risolti dalla Corte ricorrendo al criterio dell’identità del bene giuridico tutelato, possono essere affrontati anche in altro modo — in sede di valutazione dell’identità dei fatti — con esiti adeguati.

124.

Si può, pertanto, affermare che, per la determinazione della nozione di idem ai sensi del principio del ne bis in idem, viene in rilievo soltanto l’identità dei fatti materiali, intesi come esistenza di un insieme di circostanze concrete inscindibilmente collegate tra loro. In altre parole, deve trattarsi degli stessi fatti o di fatti sostanzialmente uguali.

c) Applicazione al presente caso: assenza di un idem

125.

Trasposta al presente caso, l’interpretazione della nozione di idem testé esposta impone di verificare se la decisione della Commissione ( 140 ) e la decisione dell’autorità garante della concorrenza ceca ( 141 ) si riferiscano ai medesimi fatti materiali, vale a dire agli stessi fatti o a fatti sostanzialmente uguali.

i) Il territorio e il periodo in cui l’intesa produce o può produrre i suoi effetti sono elementi essenziali del fatto.

126.

Si potrebbe pensare di affermare sempre l’identità dei fatti materiali ogni qual volta due decisioni di autorità garanti della concorrenza riguardino la medesima intesa. Il giudice a quo e alcuni dei soggetti che hanno presentato osservazioni alla Corte sembrano propendere per una siffatta, estremamente ampia, concezione della nozione di idem.

127.

In tal modo, tuttavia, verrebbero trascurate le peculiarità che le infrazioni in materia di concorrenza, e in particolare quelle concernenti le intese, in genere presentano.

128.

Le intese sono vietate e vengono perseguite proprio perché producono effetti nocivi per la concorrenza o, perlomeno, sono idonee a influenzare negativamente la concorrenza. Per dirlo con le parole dell’art. 81, n. 1, CE (art. 101, n. 1, TFUE), le imprese che partecipano ad un’intesa sono sanzionate dalle autorità garanti della concorrenza perché il loro comportamento ha per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza.

129.

Se in un caso un comportamento ha avuto per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza, non lo si può valutare in astratto, ma deve essere verificato sempre con riguardo ad un determinato periodo e a un determinato territorio ( 142 ). La condotta sanzionata dall’art. 81 CE (art. 101 TFUE), infatti, non è tanto da individuarsi nel patto di intesa, quanto nella sua attuazione ( 143 ). Con essa si sferra un attacco alla struttura della concorrenza che, alla fine, può ripercuotersi anche a danno dei consumatori di quel territorio in quel periodo.

130.

Nell’ambito degli illeciti in materia di intese fanno, quindi, sempre necessariamente parte del fatto materiale, al quale trova poi applicazione il principio del ne bis in idem, il periodo e il territorio in cui il patto di intesa ha prodotto i suoi effetti anticoncorrenziali (cosiddetta limitazione della concorrenza «per effetto»), o poteva produrre tali effetti (cosiddetta limitazione della concorrenza «per oggetto»). Questo non ha nulla a che fare con l’interesse giuridico tutelato o con la qualificazione giuridica dei fatti; piuttosto gli effetti reali o potenziali di un’intesa costituiscono un elemento imprescindibile del fatto per il quale le imprese partecipanti ad un’intesa vengono perseguite da un’autorità garante della concorrenza e non possono poi essere perseguite una seconda volta (ne bis in idem) ( 144 ).

131.

Il divieto, posto dal diritto dell’Unione, di punire due volte il medesimo fatto (principio del ne bis in idem) vieta che all’interno dello Spazio economico europeo più autorità garanti della concorrenza o più autorità giudiziarie infliggano sanzioni per le conseguenze anticoncorrenziali di una medesima intesa in relazione allo stesso territorio e allo stesso periodo ( 145 ). Per contro, il principio del ne bis in idem non vieta affatto che all’interno del SEE più autorità garanti della concorrenza o più autorità giudiziarie sanzionino le limitazioni della concorrenza — per oggetto o per effetto — di una medesima intesa su differenti territori o in differenti periodi.

132.

Il principio di diritto dell’Unione del ne bis in idem a fortiori non osta a che un’intesa operante a livello internazionale sia perseguita, da una parte, da autorità all’interno del SEE e, dall’altra, da autorità di Stati terzi, ciascuna in relazione al rispettivo territorio ( 146 ). Ciò è espresso anche dalla lettera dell’art. 50 della Carta dei diritti fondamentali che fa riferimento ad una prima condanna o ad una prima assoluzione con sentenza definitiva «nell’Unione».

133.

L’obiettivo del principio del ne bis in idem è evitare che le imprese siano più volte perseguite ed eventualmente più volte punite per le conseguenze anticoncorrenziali — per oggetto o per effetto — del loro comportamento collusivo. Esso non è invece rivolto a far sì che rimangano impunite le conseguenze anticoncorrenziali di un siffatto comportamento per un determinato territorio in un determinato periodo.

134.

Ciò considerato, anche nel presente caso il divieto di punire due volte il medesimo fatto può intervenire solo se e nei limiti in cui la decisione della Commissione e la decisione dell’autorità garante della concorrenza ceca riguardino gli stessi territori e gli stessi periodi. Il solo fatto che si trattava di un’unica intesa su scala internazionale (un’intesa «mondiale»), che ha operato in modo continuativo per un periodo prolungato, non basta per affermare la presenza di un idem.

ii) La decisione della Commissione e la decisione dell’autorità garante della concorrenza ceca non riguardano gli stessi effetti dell’intesa

135.

Accertare se le decisioni di due autorità garanti della concorrenza si riferiscano agli stessi fatti o a fatti sostanzialmente uguali sì da avere per oggetto i medesimi fatti materiali è, in via di principio, una questione di valutazione dei fatti, che nel procedimento pregiudiziale non compete alla Corte, ma deve rimanere affidata al giudice a quo ( 147 ).

136.

Nel presente caso occorre, tuttavia, rilevare che una delle decisioni in questione è un atto giuridico della Commissione europea ai sensi dell’art. 249, quarto comma, CE (ora art. 288, quarto comma, TFUE), vale a dire un atto compiuto da un’istituzione dell’Unione. L’interpretazione di un tale atto rientra nell’originaria competenza della Corte nel procedimento pregiudiziale [art. 267, primo comma, lett. b), TFUE]. La Corte può pertanto fornire al giudice a quo indicazioni sulla portata della decisione di inflizione dell’ammenda della Commissione del 24 gennaio 2007. Essendo compito della Corte fornire al giudice nazionale tutte le informazioni utili per agevolarlo nella decisione della causa principale ( 148 ), essa dovrebbe fare uso di tale possibilità.

137.

Purtroppo la decisione 24 gennaio 2007 non chiarisce in termini espressi, né nella sua parte dispositiva, né nei suoi «considerando», se le ammende inflitte siano rivolte a sanzionare eventuali limitazioni della concorrenza — per oggetto o per effetto — sul territorio della Repubblica ceca nel periodo precedente la sua adesione all’Unione europea, prima, quindi, del 1o maggio 2004 ( 149 ). La precisa estensione del territorio al quale si riferiscono la decisione della Commissione e le ammende ivi inflitte, deve pertanto essere ricostruita in via interpretativa.

138.

Il giudice a quo e le ricorrenti nella causa principale ritengono che il territorio della Repubblica ceca — sia per il periodo precedente che per il periodo successivo al 1o maggio 2004 — sia compreso nella decisione della Commissione. Essi basano tale opinione in particolare sul fatto che la Commissione parla di un’intesa mondiale senza escludere espressamente il territorio della Repubblica ceca dall’ambito di validità della propria decisione.

139.

La decisione della Commissione può, tuttavia, essere intesa anche diversamente. Depone in primo luogo in tal senso il fatto che in nessun punto della sua motivazione si trova un’indicazione espressa circa la sua effettiva estensione ad eventuali conseguenze anticoncorrenziali dell’intesa sul territorio della Repubblica ceca per il periodo precedente l’adesione della stessa all’Unione europea. La Commissione in più punti si riferisce, invece, specificamente agli effetti dell’intesa all’interno della Comunità europea e del SEE ( 150 ), talora menzionando addirittura espressamente gli «Stati membri dell’epoca» della Comunità e gli «Stati contraenti dell’epoca» del SEE ( 151 ).

140.

Il fatto che nella decisione della Commissione si parli di un’intesa mondiale può essere interpretato quale spiegazione delle modalità di funzionamento dell’intesa, e non contiene necessariamente un’indicazione su quali conseguenze anticoncorrenziali dell’intesa la Commissione abbia alla fine sanzionato con le ammende da essa inflitte. Inoltre, il riferimento, da parte della Commissione, al fatturato mondiale dei partecipanti all’intesa ( 152 ), è servito solo a comparare le dimensioni relative delle imprese interessate al fine di tener conto della loro effettiva capacità di arrecare un danno consistente al mercato delle apparecchiature di comando con isolamento in gas nel SEE ( 153 ).

141.

Anche dal calcolo delle ammende risulta che la Commissione non aveva ancora ricompreso nella sua decisione gli Stati membri che hanno aderito all’Unione europea il 1o maggio 2004. La base di calcolo delle ammende era infatti costituita dai fatturati dei partecipanti all’intesa nel SEE relativi al 2003, quindi relativi all’anno precedente l’ampliamento ad est dell’Unione europea ( 154 ).

142.

Peraltro, a favore di un’interpretazione della decisione della Commissione nel senso che essa riguarda soltanto le conseguenze anticoncorrenziali dell’intesa all’interno del SEE, depone ancora un ulteriore importante motivo: l’ambito d’applicazione degli atti giuridici delle istituzioni dell’Unione non può essere più ampio di quello della loro base giuridica ( 155 ). Come sopra esposto, l’art. 81 CE non era applicabile al territorio della Repubblica ceca nel periodo precedente la sua adesione all’Unione europea, e la Commissione non poteva esercitare alcuna giurisdizione su quel territorio prima del 1o maggio 2004 ( 156 ). Se ciò nonostante la Commissione avesse adottato una decisione infliggendo un’ammenda ad imprese in relazione al territorio della Repubblica ceca per il periodo anteriore al 1o maggio 2004, allora avrebbe esorbitato dai limiti della sua competenza.

143.

È conforme ad una costante giurisprudenza che un atto giuridico dell’Unione, secondo un principio ermeneutico generale, sia interpretato, nei limiti del possibile, in modo da non rimettere in discussione la sua validità ( 157 ). Allorché un atto giuridico del diritto derivato dell’Unione ammetta più di un’interpretazione, si deve dare la preferenza a quella che lo rende conforme ai Trattati rispetto a quella che porti a constatare la sua incompatibilità coi Trattati ( 158 ).

144.

In applicazione di tali principi la decisione della Commissione 24 gennaio 2007 deve, quindi, essere interpretata nel senso che con le ammende da essa inflitte non vengono sanzionate violazioni in materia di concorrenza sul territorio della Repubblica ceca nel periodo precedente la sua adesione all’Unione europea.

145.

Occorre, pertanto, constatare che la decisione della Commissione non riguarda conseguenze anticoncorrenziali — per oggetto o per effetto — della controversa intesa sul territorio della Repubblica ceca per il periodo precedente il 1o maggio 2004, mentre con la decisione dell’autorità garante della concorrenza ceca — stando a quanto riferito dal giudice a quo — sono state inflitte ammende soltanto per quel territorio e per il detto periodo. Conseguentemente, le due decisioni, pur avendo per oggetto infrazioni riconducibili alla medesima intesa operante a livello internazionale, per il resto, tuttavia, si basano su fatti diversi ( 159 ).

146.

Tutto ciò considerato, quindi, la decisione della Commissione e la decisione dell’autorità garante della concorrenza ceca non riguardano gli stessi fatti materiali, sicché l’autorità garante della concorrenza ceca con la sua decisione non ha violato il divieto di punire due volte il medesimo fatto (principio del ne bis in idem).

3. Conclusione intermedia

147.

Riepilogando, si può constatare che il principio del diritto dell’Unione del ne bis in idem non osta a sanzioni contro le imprese partecipanti ad un’intesa, che l’autorità garante della concorrenza nazionale dello Stato membro interessato infligga per le conseguenze anticoncorrenziali dell’intesa sul territorio di detto Stato membro prima della sua adesione all’Unione europea, purché precedenti ammende inflitte dalla Commissione europea contro le stesse imprese partecipanti all’intesa non abbiano avuto per oggetto proprio queste conseguenze.

VI — Conclusione

148.

Sulla base delle motivazioni che precedono, suggerisco alla Corte di risolvere le questioni pregiudiziali nel seguente modo:

1)

In uno Stato membro che ha aderito all’Unione europea il 1o maggio 2004, l’art. 81 CE e l’art. 3, n. 1, del regolamento n. 1/2003 non si applicano a periodi precedenti tale data di adesione, nemmeno nel caso in cui si debba perseguire un’intesa, operante a livello internazionale, che, integrando un’infrazione unitaria e continuata, poteva produrre effetti sul territorio dello Stato membro in questione sia prima che dopo la data di adesione.

2)

Se la Commissione europea avvia un procedimento ai sensi del capitolo III del regolamento n. 1/2003 in relazione ad una siffatta intesa, l’autorità garante della concorrenza nazionale dello Stato membro interessato non perde, a norma dell’art. 11, n. 6, in combinato disposto con l’art. 3, n. 1, del regolamento n. 1/2003, la propria competenza a sanzionare in base al diritto interno in materia di concorrenza le conseguenze anticoncorrenziali dell’intesa sul territorio di detto Stato membro in relazione a periodi precedenti la sua adesione all’Unione europea.

3)

Il principio del diritto dell’Unione del ne bis in idem non osta a sanzioni contro le imprese partecipanti ad un’intesa, che l’autorità garante della concorrenza nazionale dello Stato membro interessato infligga per le conseguenze anticoncorrenziali dell’intesa sul territorio di detto Stato membro prima della sua adesione all’Unione europea, purché precedenti ammende inflitte dalla Commissione europea contro le stesse imprese partecipanti all’intesa non abbiano avuto per oggetto proprio queste conseguenze.


( 1 ) Lingua originale: il tedesco.

( 2 ) Regolamento (CE) del Consiglio 16 dicembre 2002, n. 1/2003, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli 81 e 82 del trattato (GU 2003, L 1, pag. 1). Detto regolamento è entrato in vigore, in base a quanto previsto dal suo art. 45, n. 2, il 1o maggio 2004.

( 3 ) Sentenza 13 febbraio 1969, causa 14/68, Walt Wilhelm e a. (Racc. pag. 1).

( 4 ) Úřad pro ochranu hospodářské soutěže.

( 5 ) Atto relativo alle condizioni di adesione della Repubblica ceca, della Repubblica di Estonia, della Repubblica di Cipro, della Repubblica di Lettonia, della Repubblica di Lituania, della Repubblica di Ungheria, della Repubblica di Malta, della Repubblica di Polonia, della Repubblica di Slovenia e della Repubblica slovacca e agli adattamenti dei trattati sui quali si fonda l’Unione europea (GU 2003, L 236, pag. 33).

( 6 ) Accordo sullo Spazio economico europeo («SEE»; GU 1994, L 1, pag. 3).

( 7 ) La Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea è stata solennemente proclamata prima il 7 dicembre 2000 a Nizza (GU 2000, C 364, pag. 1), e successivamente il 12 dicembre 2007 a Strasburgo (GU 2007, C 303, pag. 1, e GU 2010, C 83, pag. 389).

( 8 ) GU 2004, C 101, pag. 43.

( 9 ) Art. 2, n. 2, del Trattato di adesione [Trattato tra il Regno del Belgio, il Regno di Danimarca, la Repubblica federale di Germania, la Repubblica ellenica, il Regno di Spagna, la Repubblica francese, l’Irlanda, la Repubblica italiana, il Granducato di Lussemburgo, il Regno dei Paesi Bassi, la Repubblica d’Austria, la Repubblica portoghese, la Repubblica di Finlandia, il Regno di Svezia, il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del nord (Stati membri dell’Unione europea) e la Repubblica ceca, la Repubblica di Estonia, la Repubblica di Cipro, la Repubblica di Lettonia, la Repubblica di Lituania, la Repubblica di Ungheria, la Repubblica di Malta, la Repubblica di Polonia, la Repubblica di Slovenia, e la Repubblica slovacca relativo all’adesione della Repubblica ceca, della Repubblica di Estonia, della Repubblica di Cipro, della Repubblica di Lettonia, della Repubblica di Lituania, della Repubblica di Ungheria, della Repubblica di Malta, della Repubblica di Polonia, della Repubblica di Slovenia e della Repubblica slovacca all’Unione europea (GU 2003, L 236, pag. 17)].

( 10 ) Zákon č. 63/1991 Sb., o ochraně hospodářské soutěže.

( 11 ) Zákon č. 143/2001 Sb., o ochraně hospodářské soutěže.

( 12 ) Le apparecchiature di comando con isolamento in gas servono a controllare il flusso di energia nelle reti elettriche. Si tratta di apparecchiature elettriche pesanti, utilizzate come componente principale nelle sottostazioni elettriche «chiavi in mano» di cui rappresentano circa il 30-60% del prezzo totale. Le apparecchiature di comando servono a proteggere il trasformatore da sovraccarichi e/o ad isolare il circuito e un trasformatore in caso di guasto. L’isolamento delle apparecchiature di comando può essere ottenuto mediante l’impiego di gas, di aria o attraverso una combinazione di entrambi.

( 13 ) L’autorità garante della concorrenza ceca non è stata l’unica ad occuparsi di questo caso. Dinanzi alla Corte alcuni dei soggetti che hanno presentato osservazioni hanno segnalato che anche l’autorità garante della concorrenza slovacca ha perseguito l’intesa in questione (decisioni 27 dicembre 2007, 2007/KH/1/1/109, e 14 agosto 2009, 2009/KH/R/2/035), con successiva apertura, anche in questo caso, di un procedimento giurisdizionale dinanzi al Tribunale regionale (Krajský soud) di Bratislava (numero di ruolo 4 S 232/09).

( 14 ) V. la quarta annotazione introduttiva della decisione della Commissione.

( 15 ) La domanda di trattamento favorevole è stata presentata il 3 marzo 2004 dall’impresa svizzera ABB.

( 16 ) In base a quanto riferito dalla Commissione, gli accertamenti furono effettuati l’11 e il 12 maggio 2004 presso l’AREVA, la Siemens, la VA Tech e la Hitachi (v. «considerando» 90 della decisione della Commissione).

( 17 ) Decisione della Commissione 24 gennaio 2007 relativa ad un procedimento ai sensi dell’articolo 81 del trattato che istituisce la Comunità europea e dell’articolo 53 dell’accordo SEE (caso COMP/38.899 — Apparecchiature di comando con isolamento in gas), notificata con il numero C(2006) 6762 def., di cui una sintesi è pubblicata in GU 2008, C 5, pag. 7; il testo integrale di questa decisione è consultabile solo in lingua inglese all’indirizzo Internet < http://ec.europa.eu/competition/antitrust/cases/index.html > in una versione non ufficiale.

( 18 ) La Commissione parla di un «single and continuous infringement» («considerando» 270 e 290 della decisione della Commissione); l’accertata infrazione all’art. 53 SEE riguarda solo il periodo successivo al 1o gennaio 1994, data di entrata in vigore dell’accordo SEE (v. «considerando» 2 e 322 della decisione della Commissione).

( 19 ) «Considerando» 3, 218 e 248 della decisione della Commissione.

( 20 ) Nella sua decisione la Commissione ha svelato un accordo generale in forza del quale le imprese giapponesi si tenevano fuori dal mercato europeo e le imprese europee dal mercato giapponese.

( 21 ) Si tratta della ABB Ltd.

( 22 ) V. in proposito anche il comunicato stampa della Commissione IP/07/80 del 24 gennaio 2007.

( 23 ) Il ricorso di annullamento presentato dalla tedesca Siemens AG contro la decisione della Commissione è stato integralmente respinto con sentenza del Tribunale 3 marzo 2011, causa T-110/07, Siemens/Commissione (Racc. pag. II-477). I ricorsi di annullamento presentati dalla Siemens AG Österreich e a. sono stati accolti solo in via marginale per quanto riguarda la durata dell’infrazione accertata e la misura delle ammende; v. sentenza del Tribunale 3 marzo 2011, cause riunite da T-122/07 a T-124/07, Siemens e a./Commissione (Racc. pag. II-793). I ricorsi di annullamento presentati dalla AREVA e a. sono stati parimenti accolti solo in parte, portando ad una certa diminuzione delle ammende inflitte; v. sentenza del Tribunale 3 marzo 2011, cause riunite T-117/07 e T-121/07, AREVA e a./Commissione (Racc. pag. II-633). Tutte le menzionate sentenze sono attualmente oggetto di ricorsi di impugnazione dinanzi alla Corte, v. cause C-231/11 P, Commissione/Siemens e a.; C-232/11 P, Siemens Transmission & Distribution/Commissione; C-233/11 P, Siemens Transmission & Distribution/Commissione; C-239/11 P, Siemens/Commissione; C-247/11 P, Areva/Commissione e a., nonché causa C-253/11 P, Alstom e a./Commissione. Ulteriori ricorsi di annullamento, ancora pendenti all’epoca dell’udienza dinanzi alla Corte nel presente procedimento pregiudiziale, sono stati taluni accolti, altri respinti: v. sentenze del Tribunale 12 luglio 2011, causa T-112/07, Hitachi e a./Commissione; causa T-113/07, Toshiba/Commissione; causa T-132/07, Fuji Electric/Commissione, nonché causa T-133/07, Mitsubishi Electric/Commissione.

( 24 ) Numero di ruolo S 222/06-3113/2007/710.

( 25 ) Numero di ruolo R 059-070, 075-078/2007/01-08115/2007/310.

( 26 ) Per il periodo fino al 30 giugno 2001 è stata accertata un’infrazione all’art. 3, n. 1, della legge n. 63/1991, mentre per il periodo a partire dal 1o luglio 1991 fino al 3 marzo 2004 un’infrazione all’art. 3, n. 1, della legge n. 143/2001.

( 27 ) Si tratta anche in questo caso della ABB Ltd.

( 28 ) La singola ammenda più elevata ammontava a CZK 107248000.

( 29 ) Krajský soud v Brně.

( 30 ) Numero di ruolo 62 Ca 22/2007-489.

( 31 ) Nejvyšší správní soud.

( 32 ) Sentenza cit. alla nota 3.

( 33 ) Numero di ruolo Afs 93/2008-920.

( 34 ) Art. 110, n. 3, della legge n. 150/2002 Sb., concernente il processo amministrativo (Zákon č. 150/2002 Sb., soudní řád správní).

( 35 ) Numero di ruolo 62 Ca 22/2007-124.

( 36 ) Le società Fuji Electric Holdings Co. e Fuji Electric Systems Co. Ltd. hanno presentato osservazioni scritte e orali in comune.

( 37 ) Le società Hitachi Ltd., Hitachi Europe Ltd. e Japan AE Power Systems Corporation hanno presentato osservazioni scritte e orali in comune.

( 38 ) Una memoria scritta è stata prodotta solo dalla società tedesca Siemens AG; in udienza questa società è stata rappresentata insieme alla Siemens Transmission & Distribution SA e alla Nuova Magrini Galileo SA.

( 39 ) European Competition Network.

( 40 ) Sentenza 10 gennaio 2006, causa C-302/04, Ynos (Racc. pag. I-371, punti 35-37); nello stesso senso, da ultimo, ordinanza 11 maggio 2011, causa C-32/10, Semerdzhiev, punto 25.

( 41 ) V. sul punto supra, paragrafo 30 delle presenti conclusioni.

( 42 ) Sentenza 5 ottobre 2010, causa C-173/09, Elchinov (Racc. pag. I-8889, in particolare punti 24, 25, 27, 30 e 32).

( 43 ) Sottoscritto il 2 ottobre 1997 ed entrato in vigore il 1o maggio 1999.

( 44 ) Il giudice a quo ed alcuni dei soggetti che hanno presentato osservazioni alla Corte hanno preso posizione sull’art. 11, n. 6, del regolamento n. 1/2003 e sul principio del ne bis in idem già nell’ambito di questa prima questione pregiudiziale. Io, invece, non ritengo necessario affrontare qui questi due aspetti, sicché in questa sede mi limito a rinviare alle mie osservazioni relative alla seconda questione pregiudiziale (v. infra, paragrafi 69-147 delle presenti conclusioni).

( 45 ) La qualificazione come infrazione unica e continuata è alla base sia della decisione della Commissione che della decisione dell’autorità garante della concorrenza ceca. La scelta della Corte suprema amministrativa ceca di ravvisare due distinte infrazioni alle regole di concorrenza a seconda che ci si riferisca al periodo precedente o successivo al 1o maggio 2004, potrebbe costituire soltanto una differente valutazione giuridica di una vicenda unitaria in punto di fatto.

( 46 ) In tal senso sentenze 10 febbraio 1982, causa 21/81, Bout (Racc. pag. 381, punto 13); 22 dicembre 2010, causa C-120/08, Bayerischer Brauerbund (Racc. pag. I-13393, punti 40 e 41), nonché sentenza 24 marzo 2011, causa C-369/09 P, ISD Polska e a. (Racc. pag. I-2011, punto 98).

( 47 ) Sentenze 12 novembre 1981, cause riunite da 212/80 a 217/80, Meridionale Industria Salumi e a. («Salumi»; Racc. pag. 2735, punto 9); 7 settembre 1999, causa C-61/98, De Haan (Racc. pag. I-5003, punto 13), nonché sentenza 14 febbraio 2008, causa C-450/06, Varec (Racc. pag. I-581, punto 27).

( 48 ) Sulla qualificazione dell’art. 11, n. 6, del regolamento n. 1/2003 quale norma di procedura, v. infra, paragrafo 73 delle presenti conclusioni.

( 49 ) Sentenza Bayerischer Brauerbund, cit. alla nota 46 (punto 41).

( 50 ) Sentenze 5 dicembre 1973, causa 143/73, SOPAD (Racc. pag. 1433, punto 8); 29 gennaio 2002, causa C-162/00, Pokrzeptowicz-Meyer (Racc. pag. I-1049, punto 50); 6 luglio 2010, causa C-428/08, Monsanto Technology (Racc. pag. I-6765, punto 66), nonché sentenza Bayerischer Brauerbund, cit. alla nota 46 (punto 41).

( 51 ) È sufficiente l’idoneità dell’intesa a produrre tali effetti (sentenza 4 giugno 2009, causa C-8/08, T-Mobile Netherlands e a., Racc. pag. I-4529, punti 38, 39 e 43; nello stesso senso, sentenze 20 novembre 2008, causa C-209/07, Beef Industry Development Society e Barry Brothers, Racc. pag. I-8637, in particolare punti 16 e 17, e 6 ottobre 2009, cause riunite C-501/06 P, C-513/06 P, C-515/06 P e C-519/06 P, GlaxoSmithKline Services/Commissione, Racc. pag. I-9291, punti 55 e 63).

( 52 ) In precedenza, nello stesso senso, sentenza 18 febbraio 1971, causa 40/70, Sirena (Racc. pag. 69, punto 12), in relazione all’art. 85 Trattato CEE.

( 53 ) Sentenze Bout, cit. alla nota 46 (punto 13); Salumi, cit. alla nota 47 (punto 9); Pokrzeptowicz-Meyer, cit. alla nota 50 (punto 49); Bayerischer Brauerbund, cit. alla nota 46 (punto 40), nonché sentenza ISD Polska e a., cit. alla nota 46 (punto 98).

( 54 ) Sul punto, v. da ultimo le mie conclusioni presentate il 14 aprile 2011 nelle due cause C-109/10 P, Solvay/Commissione (pendente dinanzi alla Corte, paragrafo 329), e C-110/10 P, Solvay/Commissione (pendente dinanzi alla Corte, paragrafo 170), entrambe con ulteriori rinvii.

( 55 ) Ciò è ammesso anche dalla Hitachi nella sua memoria.

( 56 ) Art. 3, nn. 1 e 2, della legge sulla tutela della concorrenza, prima nella versione di cui alla legge n. 63/1991 Sb., e dopo nella versione di cui alla legge n. 143/2001 Sb.

( 57 ) Accordo europeo che istituisce un’associazione tra le Comunità europee e i loro Stati membri, da una parte, e la Repubblica ceca, dall’altra (GU 1994, L 360, pag. 2), sottoscritto a Lussemburgo il 4 ottobre 1993, ed entrato in vigore il 1o febbraio 1995.

( 58 ) Il regolamento n. 1/2003 è in vigore, ai sensi del suo art. 45, n. 2, dal 1o maggio 2004.

( 59 ) Sentenza Walt Wilhelm, cit. alla nota 3 (punti 4 e 6).

( 60 ) Sentenze 3 maggio 2005, cause riunite C-387/02, C-391/02 e C-403/02, Berlusconi e a. (Racc. pag. I-3565, punti 68 e 69); 11 marzo 2008, causa C-420/06, Jager (Racc. pag. I-1315, punto 59), nonché sentenza 28 aprile 2011, causa C-61/11 PPU, El Dridi (Racc. pag. I-3015, punto 61).

( 61 ) Indubbiamente nel far ciò dovrebbero essere rispettati i principi generali del diritto dell’Unione, in particolare il principio di proporzionalità.

( 62 ) V. sul punto le mie conclusioni presentate il 14 ottobre 2004 nella causa Berlusconi e a., cit. alla nota 60 (paragrafi 159 e 160).

( 63 ) V. sul punto le mie conclusioni nella causa Berlusconi e a., cit. alla nota 60 (paragrafo 161).

( 64 ) V. sul punto infra, paragrafi 69-147 delle presenti conclusioni.

( 65 ) Sentenza 17 ottobre 1989, cause riunite da 97/87 a 99/87, Dow Chemical Ibérica e a./Commissione («Dow Chemical Ibérica»; Racc. pag. 3165, in particolare punti 62 e 63).

( 66 ) V. paragrafi 42 e 44 delle presenti conclusioni.

( 67 ) Nelle sue conclusioni presentate il 21 febbraio 1989 nelle cause riunite 46/87 e 227/88, Hoechst/Commissione (Racc. pag. 2859, in particolare pag. 2875), connesse alla causa Dow Chemical Ibérica, l’avvocato generale Mischo rileva che le ricorrenti nella causa Dow Chemical Ibérica non avevano contestato la competenza della Commissione a sanzionare un loro comportamento risalente a prima dell’adesione in quanto produttivo, in passato o al momento, di effetti anticoncorrenziali all’interno del mercato comune (paragrafo 213). L’avvocato generale sostiene altresì che i controlli effettuati dalla Commissione presso società spagnole dopo l’adesione della Spagna possono essere anche intesi a procurare prove avverso imprese che abbiano sede in altri Stati membri (paragrafo 215). L’avvocato generale aggiunge inoltre che gli accertamenti, per loro natura, possono vertere unicamente su fatti già verificatisi nel passato, anche qualora il comportamento di cui trattasi sia ancora presente (paragrafo 216).

( 68 ) Conclusioni presentate dall’avvocato generale Geelhoed il 29 giugno 2006 nella causa C-238/05, Asnef-Equifax e Administración del Estado (Racc. pag. I-11125, paragrafi 28 e 29).

( 69 ) V. paragrafi 42 e 44 delle presenti conclusioni.

( 70 ) Al paragrafo 29 delle sue conclusioni, cit. alla nota 68, l’avvocato generale Geelhoed osserva che «la situazione attuale è disciplinata» dall’art. 3 del regolamento n. 1/2003. Per quanto riguarda gli effetti futuri, l’avvocato generale rileva che la decisione da emanare (nel rispetto dell’art. 3 del regolamento n. 1/2003) «avrà un impatto sul funzionamento del registro in oggetto».

( 71 ) Sentenze 26 settembre 1996, causa C-43/95, Data Delecta e Forsberg (Racc. pag. I-4661); 2 ottobre 1997, causa C-122/96, Saldanha e MTS (Racc. pag. I-5325, punto 14); 1o giugno 1999, causa C-302/97, Konle (Racc. pag. I-3099); 7 settembre 1999, causa C-355/97, Beck e Bergdorf (Racc. pag. I-4977); 30 novembre 2000, causa C-195/98, Österreichischer Gewerkschaftsbund (Racc. pag. I-10497, punto 55), nonché sentenza 11 gennaio 2001, causa C-464/98, Stefan (Racc. pag. I-173, punto 21).

( 72 ) Sentenza Saldanha e MTS, cit. alla nota 71 (punto 14; il corsivo è mio); nello stesso senso, da ultimo, sentenza 12 maggio 2011, causa C-391/09, Runevič-Vardyn e Wardyn (Racc. pag. I-3787, punto 53), sul principio di non discriminazione dei cittadini dell’Unione; in senso analogo, già prima, sentenza Stefan, cit. alla nota 71, secondo cui l’art. 73 B Trattato CE (ora art. 63 TFUE) non si applicava in Austria prima della data di adesione (punto 22) e un negozio giuridico già nullo non è regolarizzato da tale disposizione (punto 25).

( 73 ) GU 2003, L 236, pag. 344.

( 74 ) V. sul punto supra, paragrafo 42 delle presenti conclusioni.

( 75 ) Il 1o maggio 2004 non segna solo la data di adesione della Repubblica ceca e di altri nove Stati membri all’Unione europea, ma anche il giorno di entrata in vigore del regolamento n. 1/2003 ai sensi del suo art. 45, n. 2.

( 76 ) Tra i procedimenti previsti al capitolo III rientrano, in particolare, quelli destinati alla constatazione ed eliminazione delle infrazioni agli artt. 81 CE e 82 CE, ora artt. 101 TFUE e 102 TFUE (art. 7 del regolamento n. 1/2003), a conclusione dei quali possono essere inflitte anche ammende (art. 23 del regolamento n. 1/2003).

( 77 ) Diciassettesimo «considerando», prima frase, del regolamento n. 1/2003.

( 78 ) Per l’avvio del procedimento è necessario un atto d’imperio della Commissione, col quale questa manifesti la propria volontà di adottare una decisione ai sensi del capitolo III del regolamento n. 1/2003 (in tal senso — in relazione alla precedente situazione normativa — sentenza 6 febbraio 1973, causa 48/72, Brasserie de Haecht, Racc. pag. 77, punto 16). Nel presente caso tale atto è stato emesso il 20 aprile 2006 (v. supra, paragrafo 19 delle presenti conclusioni). Precedenti attività di indagine non equivalgono, contrariamente a quanto sostenuto da alcuni dei soggetti che hanno presentato osservazioni alla Corte, ad un formale avvio del procedimento.

( 79 ) In base al punto 51 della comunicazione sulla rete, viene meno la competenza delle autorità garanti della concorrenza nazionali ad applicare gli artt. 81 CE e 82 CE, il che significa che le autorità nazionali non possono più procedere sulla stessa base giuridica. Il punto 53 della comunicazione sulla rete aggiunge che dopo l’avvio di un procedimento da parte della Commissione le autorità garanti della concorrenza nazionali non possono più avviare un loro procedimento ai fini dell’applicazione degli artt. 81 CE e 82 CE.

( 80 ) V. in tal senso giurisprudenza costante, ad esempio, sentenze 17 novembre 1983, causa 292/82, Merck (Racc. pag. 3781, punto 12); 19 novembre 2009, cause riunite C-402/07 e C-432/07, Sturgeon e a. (Racc. pag. I-10923, punto 41), nonché sentenza 7 ottobre 2010, causa C-162/09, Lassal (Racc. pag. I-9217, punto 49).

( 81 ) Sentenza 3 maggio 2011, causa C-375/09, Tele 2 Polska (Racc. pag. I-3055, punto 33).

( 82 ) Le parti del diritto interno in materia di concorrenza che possono continuare ad essere applicate sono indicate all’art. 3, nn. 2 e 3, del regolamento n. 1/2003, il quale viene ulteriormente esplicato all’ottavo e al nono «considerando» di detto regolamento.

( 83 ) Nel prosieguo mi limito ad illustrare il rapporto tra l’art. 81 CE (art. 101 TFUE) e le corrispondenti normative nazionali. In relazione al presente caso non occorre occuparsi separatamente dell’art. 82 CE (art. 102 TFUE).

( 84 ) Se, ad esempio, la Commissione respinge una denuncia di terzi per mancanza di interesse dell’Unione, le autorità garanti della concorrenza nazionali sono libere di procedere sul relativo caso e di applicarvi gli artt. 81 CE o 82 CE (ora artt. 101 TFUE o 102 TFUE), nonché eventualmente il loro diritto interno in materia di intese, purché rispettino l’art. 3 del regolamento n. 1/2003.

( 85 ) Sentenze Walt Wilhelm, cit. alla nota 3 (punto 3, ultima frase); 9 settembre 2003, causa C-137/00, Milk Marque e National Farmers’ Union (Racc. pag. I-7975, punto 61), nonché sentenza 13 luglio 2006, cause riunite da C-295/04 a C-298/04, Manfredi e a. (Racc. pag. I-6619, punto 38).

( 86 ) In base all’originaria proposta della Commissione, l’art. 3 del regolamento n. 1/2003 avrebbe dovuto avere il seguente tenore: «Quando un accordo, una decisione di associazione di imprese o una pratica concordata ai sensi dell’articolo [81 CE] oppure lo sfruttamento abusivo di una posizione dominante ai sensi dell’articolo [82 CE] sono tali da pregiudicare il commercio fra Stati membri, si applica il diritto [dell’Unione] della concorrenza ad esclusione delle legislazioni nazionali in materia» [proposta COM(2000) 582 def., GU 2000, C 365 E, pag. 284].

( 87 ) V. in tal senso il nono «considerando», prima frase, del regolamento n. 1/2003, dove si parla di «proteggere la concorrenza sul mercato».

( 88 ) Sentenza Walt Wilhelm, cit. alla nota 3 (punto 3); v. altresì sentenze 10 luglio 1980, cause riunite 253/78 e da 1/79 a 3/79, Giry e Guerlain e a. (Racc. pag. 2327, punto 15); 16 luglio 1992, causa C-67/91, Asociación Española de Banca Privada e a. (Racc. pag. I-4785, punto 11); 26 novembre 1998, causa C-7/97, Bronner (Racc. pag. I-7791, punto 19); Milk Marque e National Farmers’ Union, cit. alla nota 85 (punto 61), nonché sentenza Manfredi e a., cit. alla nota 85 (punto 38).

( 89 ) Sentenza 1o ottobre 2009, causa C-505/07, Compañía Española de Comercialización de Aceite (Racc. pag. I-8963, punto 52).

( 90 ) La sentenza Manfredi e a., cit. alla nota 85 (punto 38), in cui la Corte ha nuovamente confermato la giurisprudenza Walt Wilhelm, è stata emessa dopo l’entrata in vigore del regolamento n. 1/2003, quantunque in relazione a fatti risalenti a prima di quella riforma. Di diverso avviso sull’attuale validità della giurisprudenza Walt Wilhelm sembra essere l’avvocato generale Geelhoed nelle sue conclusioni presentate il 19 gennaio 2006 nella causa C-308/04 P, SGL Carbon/Commissione (Racc. pag. I-5977, nota 23); si tratta, tuttavia, di un’annotazione assolutamente incidentale, contenuta in una nota a piè di pagina, e priva di ulteriore motivazione.

( 91 ) La comunicazione sulla rete ai punti 12 e 14 afferma che di un medesimo caso possono occuparsi contemporaneamente fino a tre autorità garanti della concorrenza nazionali.

( 92 ) Nel controllo europeo delle concentrazioni il diritto nazionale, ormai da tempo, soccombe ogni qual volta si applichi il diritto dell’Unione; inoltre il diritto dell’Unione può essere applicato solo dalla Commissione (principio della doppia esclusività); v. in proposito art. 21, nn. 2 e 3, del regolamento (CE) del Consiglio 20 gennaio 2004, n. 139, relativo al controllo delle concentrazioni tra imprese («Regolamento comunitario sulle concentrazioni») (GU L 24, pag. 1).

( 93 ) Ottavo, diciassettesimo e ventiduesimo «considerando» del regolamento n. 1/2003; v. anche sentenze 7 dicembre 2010, causa C-439/08, VEBIC (Racc. pag. I-12471, punto 19), e 14 giugno 2011, causa C-360/09, Pfleiderer (Racc. pag. I-5161, punto 19).

( 94 ) Quindicesimo «considerando» del regolamento n. 1/2003, nonché ottavo «considerando», prima frase, e diciassettesimo «considerando». V. inoltre sentenze 11 giugno 2009, causa C-429/07, X (Racc. pag. I-4833, punti 20 e 21), e Tele 2 Polska, cit. alla nota 81 (punto 26), in cui parimenti si sottolinea che attraverso il regolamento n. 1/2003 è stato istituito un meccanismo di cooperazione tra la Commissione e le autorità garanti della concorrenza nazionali nell’ambito del principio generale di leale cooperazione al fine di assicurare un’applicazione uniforme delle regole di concorrenza negli Stati membri.

( 95 ) Con tale previsione l’art. 16, n. 2, del regolamento n. 1/2003 codifica, in definitiva, solo una giurisprudenza già precedentemente formatasi; v. sentenze 28 febbraio 1991, causa C-234/89, Delimitis (Racc. pag. I-935, punto 47), e 29 aprile 2004, causa C-418/01, IMS Health (Racc. pag. I-5039, punto 19).

( 96 ) L’interpretazione di una disposizione non può avere il risultato di privare di qualsiasi effetto utile la formulazione chiara e precisa di tale disposizione (sentenze 26 ottobre 2006, causa C-199/05, Comunità europea, Racc. pag. I-10485, punto 42, e 22 marzo 2007, causa C-437/04, Commissione/Belgio, Racc. pag. I-2513, punto 56, alla fine).

( 97 ) Come precisa il quattordicesimo «considerando» del regolamento n. 1/2003, decisioni ai sensi dell’art. 10 di detto regolamento sono adottate solo «in casi eccezionali dettati da ragioni di interesse pubblico [dell’Unione]».

( 98 ) Trentaquattresimo «considerando» del regolamento n. 1/2003.

( 99 ) V. l’ottavo e il trentaquattresimo «considerando» del regolamento n. 1/2003 nonché, per completezza, il primo, il quinto e il sesto «considerando» di detto regolamento.

( 100 ) Diciassettesimo e ventiduesimo «considerando» del regolamento n. 1/2003.

( 101 ) V. sul punto il già citato art. 16, n. 2, del regolamento n. 1/2003.

( 102 ) V. in proposito le mie considerazioni sulla prima questione pregiudiziale (paragrafi 37-68 delle presenti conclusioni).

( 103 ) Ottavo «considerando» del regolamento n. 1/2003.

( 104 ) Nono «considerando», prima frase, del regolamento n. 1/2003 (nello stesso senso, anche il venticinquesimo «considerando»).

( 105 ) Giurisprudenza costante; v. sentenze 5 maggio 1966, cause riunite 18/65 e 35/65, Gutmann/Commissione CEEA (Racc. pag. 154, in particolare pag. 178); 15 ottobre 2002, cause riunite C-238/99 P, C-244/99 P, C-245/99 P, C-247/99 P, da C-250/99 P a C-252/99 P e C-254/99 P, Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione («LVM»; Racc. pag. I-8375, punto 59), nonché sentenza 29 giugno 2006, causa C-289/04 P, Showa Denko/Commissione («Showa Denko»; Racc. pag. I-5859, punto 50).

( 106 ) V. le spiegazioni relative all’art. 50 della Carta dei diritti fondamentali (GU 2007, C 303, pag. 17, in particolare pag. 31). In termini particolarmente evidenti la componente transfrontaliera del divieto, posto dal diritto dell’Unione, di punire due volte il medesimo fatto risulta all’art. 54 della CAAS (v. sul punto, tra le tante, sentenza 11 dicembre 2008, causa C-297/07, Bourquain, Racc. pag. I-9425).

( 107 ) Sui tratti di somiglianza al diritto penale, v. i rinvii formulati supra, alla nota 54.

( 108 ) Giurisprudenza costante; v. sentenze LVM, cit. alla nota 105 (punto 59); 7 gennaio 2004, cause riunite C-204/00 P, C-205/00 P, C-211/00 P, C-213/00 P, C-217/00 P e C-219/00 P, Aalborg Portland e a./Commissione («Aalborg Portland»; Racc. pag. I-123, punti 338-340), nonché sentenza Showa Denko, cit. alla nota 105 (punto 50).

( 109 ) Sull’interpretazione dell’art. 51, n. 1, della Carta dei diritti fondamentali, v. in particolare le conclusioni presentate dall’avvocato generale Bot il 5 aprile 2011 nella causa C-108/10, Scattolon (sentenza 6 settembre 2011, Racc. pag. I-7491, paragrafi 116-120).

( 110 ) V. paragrafi 42 e 44 delle presenti conclusioni.

( 111 ) Quindicesimo «considerando» del regolamento n. 1/2003.

( 112 ) V. in proposito il Libro verde sui conflitti di giurisdizione e il principio del ne bis in idem nei procedimenti penali, presentato dalla Commissione il 23 dicembre 2005 [COM(2005) 696 def.], ed ivi in particolare le considerazioni introduttive contenute nella sezione 1 («Contesto»).

( 113 ) Solo dall’entrata in vigore del Trattato di Lisbona il 1o dicembre 2009 la Carta dei diritti fondamentali ha lo stesso valore giuridico dei Trattati (art. 6, n. 1, primo comma, TUE).

( 114 ) V., tra le tante, sentenze 13 marzo 2007, causa C-432/05, Unibet (Racc. pag. I-2271, punto 37), e 27 giugno 2006, causa C-540/03, Parlamento/Consiglio (Racc. pag. I-5769, punto 38), nonché le mie conclusioni presentate l’8 settembre 2005 nella causa C-540/03, Parlamento/Consiglio (paragrafo 108), e il 29 aprile 2010 nella causa C-550/07 P, Akzo Nobel Chemicals e Akcros Chemicals/Commissione e a. (Racc. pag. I-8301, nota 36).

( 115 ) Trentasettesimo «considerando» del regolamento n. 1/2003.

( 116 ) In tal senso, sentenza 9 marzo 2006, causa C-436/04, Van Esbroeck (Racc. pag. I-2333, punti 21-24).

( 117 ) Sentenza LVM, cit. alla nota 105 (punto 59).

( 118 ) Sentenza Aalborg Portland, cit. alla nota 108 (punto 338).

( 119 ) Sentenza Aalborg Portland, cit. alla nota 108 (punto 338).

( 120 ) Sentenze Showa Denko, cit. alla nota 105 (in particolare punti 52-56); 29 giugno 2006, causa C-308/04 P, SGL Carbon/Commissione (Racc. pag. I-5977, punti 28-32), nonché sentenza 10 maggio 2007, causa C-328/05 P, SGL Carbon/Commissione (Racc. pag. I-3921, punti 24-30).

( 121 ) Sentenza Gutmann/Commissione CEEA, cit. alla nota 105 (pag. 178).

( 122 ) Convenzione di applicazione dell’Accordo di Schengen («CAAS»), firmata a Schengen il 19 giugno 1990 (GU 2000, L 239, pag. 19).

( 123 ) Decisione quadro del Consiglio 13 giugno 2002, 2002/584/GAI, relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri (GU L 190, pag. 1).

( 124 ) Sentenza Van Esbroeck, cit. alla nota 116 (punto 32).

( 125 ) Sentenze Van Esbroeck, cit. alla nota 116 (punti 27, 32 e 36); 28 settembre 2006, causa C-467/04, Gasparini e a. (Racc. pag. I-9199, punto 54); 28 settembre 2006, causa C-150/05, Van Straaten (Racc. pag. I-9327, punti 41, 47 e 48); 18 luglio 2007, causa C-367/05, Kraaijenbrink (Racc. pag. I-6619, punti 26 e 28), nonché sentenza 16 novembre 2010, causa C-261/09, Mantello (Racc. pag. I-11477, punto 39).

( 126 ) In tal senso anche le conclusioni presentate dall’avvocato generale Sharpston il 15 giugno 2006 nella causa Gasparini e a., cit. alla nota 125 (paragrafo 156).

( 127 ) Sentenza Van Esbroeck, cit. alla nota 116 (punti 33-35); v. inoltre sentenze Gasparini e a. (punto 27), e Van Straaten (punti 45-47, 57 e 58), entrambe cit. alla nota 125, nonché sentenza 18 luglio 2007, causa C-288/05, Kretzinger (Racc. pag. I-6441, punto 33).

( 128 ) Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali («CEDU», firmata a Roma il 4 novembre 1950).

( 129 ) Quattro Stati membri dell’Unione europea (Belgio, Germania, Paesi Bassi e Regno Unito) finora non hanno ratificato il protocollo n. 7 alla CEDU.

( 130 ) Art. 6, n. 1, terzo comma, TUE, e art. 52, n. 7, della Carta dei diritti fondamentali.

( 131 ) Sentenze LVM, cit. alla nota 105 (punto 59), e Showa Denko, cit. alla nota 105 (punto 50).

( 132 ) Art. 6, n. 1, terzo comma, TUE, e art. 52, n. 3, prima frase, della Carta dei diritti fondamentali.

( 133 ) Corte eur. D.U., sentenza 10 febbraio 2009, Zolotukhin/Russia (Grande Camera; ricorso n. 14939/03, non ancora pubblicata nel Recueil des arrêts et décisions, punto 82): «(…) l’article 4 du Protocole n° 7 doit être compris comme interdisant de poursuivre ou de juger une personne pour une seconde “infraction” pour autant que celle-ci a pour origine des faits identiques ou des faits qui sont en substance les mêmes».

( 134 ) Sentenza Zolotukhin/Russia, cit. alla nota 133 (punto 81).

( 135 ) La Corte eur. D.U. si riferisce, in particolare, alle sentenze Van Esbroeck, cit. alla nota 116, e Kraaijenbrink, cit. alla nota 125, di cui riporta alcuni passaggi nella propria sentenza Zolotukhin/Russia, cit. alla nota 133 (punti 37 e 38).

( 136 ) La Corte eur. D.U. — nella sua sentenza 23 novembre 2006, Jussila/Finlandia (Grande Camera; ricorso n. 73053/01, Recueil des arrêts et décisions 2006-XIV, punto 43), relativa all’art. 6 della CEDU — non ricomprende il diritto in materia di concorrenza nel diritto penale classico, e ritiene che le garanzie penalistiche scaturenti dall’art. 6, n. 1, della CEDU non debbano essere necessariamente applicate in tutto il loro rigore al di fuori del «nocciolo duro» del diritto penale. Nella sentenza Zolotukhin/Russia, cit. alla nota 133, mancano, tuttavia, analoghe considerazioni che potrebbero far pensare ad una posizione particolare del diritto in materia di concorrenza anche ai fini dell’applicazione del principio del ne bis in idem.

( 137 ) Nella sentenza Zolotukhin/Russia, cit. alla nota 133 (punto 36), è riportato il passaggio della sentenza Aalborg Portland, cit. alla nota 108 (punto 338), in cui si parla della identità del bene giuridico tutelato.

( 138 ) Il requisito dell’identità del contravventore è accolto anche dalla Corte eur. D.U. nella sentenza Zolotukhin/Russia, cit. alla nota 133 (punto 84). Ivi si fa riferimento all’«insieme di circostanze concrete che riguardano il medesimo autore, inscindibilmente collegate tra loro nel tempo e nello spazio» («un ensemble de circonstances factuelles concrètes impliquant le même contrevenant et indissociablement liées entre elles dans le temps et l’espace»); il corsivo è mio.

( 139 ) V. sul punto infra, paragrafi 125-134 delle presenti conclusioni, in particolare paragrafi 131-133.

( 140 ) V. sul punto supra, paragrafo 20 delle presenti conclusioni.

( 141 ) V. sul punto supra, paragrafi 23 e 24 delle presenti conclusioni.

( 142 ) Con l’espressione «territorio» qui non si vuole intendere il mercato geografico rilevante ai fini dell’analisi della concorrenza, bensì il luogo in cui si è impedito, ristretto o falsato il gioco della concorrenza, o si è cercato di farlo.

( 143 ) Sentenza 14 dicembre 1972, causa 7/72, Boehringer/Commissione (Racc. pag. 1281, punto 6); nello stesso senso, sentenza 27 settembre 1988, cause riunite 89/85, 104/85, 114/85, 116/85, 117/85 e da 125/85 a 129/85, Ahlström Osakeyhtiö e a./Commissione (Racc. pag. 5193, punto 16).

( 144 ) In tal senso può essere intesa anche la sentenza 18 maggio 2006, causa C-397/03 P, Archer Daniels Midland e Archer Daniels Midland Ingredients/Commissione («Archer Daniels Midland», Racc. pag. I-4429, punti 68 e 69, in combinato disposto con il punto 64). In tale sentenza la Corte sottolinea che «non c’è identità di fatti» (punto 69) allorché vengono inflitte sanzioni per le applicazioni o gli effetti di un’intesa su differenti «mercati» (punto 69) o «territori» (punto 66); nel caso di specie si trattava del territorio di uno Stato terzo, da un lato, e del territorio dell’allora Comunità europea, dall’altro.

( 145 ) In tal senso, sentenza Showa Denko, cit. alla nota 105 (punto 54).

( 146 ) V. nuovamente sentenza Archer Daniels Midland, cit. alla nota 144 (punti 68 e 69).

( 147 ) Giurisprudenza costante; v., tra le tante, sentenze 15 novembre 1979, causa 36/79, Denkavit Futtermittel (Racc. pag. 3439, punto 12); 19 gennaio 2006, causa C-265/04, Bouanich (Racc. pag. I-923, punto 54); 8 settembre 2010, causa C-409/06, Winner Wetten (Racc. pag. I-8015, punto 41), nonché sentenza 8 settembre 2010, cause riunite C-316/07, C-358/07, C-359/07, C-360/07, C-409/07 e C-410/07, Stoß e a. (Racc. pag. I-8069, punto 62).

( 148 ) Giurisprudenza costante; v. sentenze 1o luglio 2008, causa C-49/07, MOTOE (Racc. pag. I-4863, punto 30); 11 settembre 2008, causa C-279/06, CEPSA (Racc. pag. I-6681, punto 31), nonché sentenza 2 dicembre 2009, causa C-358/08, Aventis Pasteur (Racc. pag. I-11305, punto 50).

( 149 ) Così, ad esempio, la Commissione al «considerando» 478 della sua decisione afferma che «l’infrazione si estendeva perlomeno a tutto il territorio del SEE» («the infringement covered at least the whole territory of the EEA»).

( 150 ) V., ad esempio, «considerando» 2, 218, 248 e 300 della decisione della Commissione; v. altresì art. 1 della decisione della Commissione, ove viene accertata, come infrazione, la partecipazione ad accordi e pratiche concordate nel SEE.

( 151 ) «Considerando» 218 della decisione della Commissione; nello stesso senso, «considerando» 321 e 322.

( 152 ) V. in particolare «considerando» 478, 481 e 482 della decisione della Commissione.

( 153 ) Sentenza Archer Daniels Midland, cit. alla nota 144 (punti 73 e 74).

( 154 ) «Considerando» 478 della decisione della Commissione.

( 155 ) In questo senso, sentenza 9 marzo 2006, causa C-65/04, Commissione/Regno Unito (Racc. pag. I-2239, punto 27).

( 156 ) V. in proposito le mie osservazioni sulla prima questione pregiudiziale (paragrafi 37-68 delle presenti conclusioni); nello stesso senso, sentenza del Tribunale 28 aprile 2010, cause riunite T-456/05 e T-457/05, Gütermann/Commissione (Racc. Pag. II-1443, punto 40).

( 157 ) Sentenza Sturgeon e a., cit. alla nota 80 (punto 47); nello stesso senso, sentenza 4 ottobre 2001, causa C-403/99, Italia/Commissione (Racc. pag. I-6883, punto 37).

( 158 ) Sentenze 13 dicembre 1983, causa 218/82, Commissione/Consiglio (Racc. pag. 4063, punto 15); 29 giugno 1995, causa C-135/93, Spagna/Commissione (Racc. pag. I-1651, punto 37), nonché sentenza 26 giugno 2007, causa C-305/05, Ordre des barreaux francophones et germanophone e a. (Racc. pag. I-5305, punto 28).

( 159 ) Qualora dovesse, tuttavia, emergere che l’autorità garante della concorrenza ceca abbia inflitto sanzioni anche per il periodo successivo al 1o maggio 2004, allora solo per questa parte — vale a dire solo per le conseguenze anticoncorrenziali dell’intesa nella Repubblica ceca dopo la sua adesione all’Unione europea — sussisterebbe un idem.

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