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Document 61995CJ0073

Sentenza della Corte (Sesta Sezione) del 24 ottobre 1996.
Viho Europe BV contro Commissione delle Comunità europee.
Concorrenza - Gruppi di imprese - Art. 85, n. 1, del Trattato.
Causa C-73/95 P.

European Court Reports 1996 I-05457

ECLI identifier: ECLI:EU:C:1996:405

61995J0073

Sentenza della Corte (Sesta Sezione) del 24 ottobre 1996. - Viho Europe BV contro Commissione delle Comunità europee. - Concorrenza - Gruppi di imprese - Art. 85, n. 1, del Trattato. - Causa C-73/95 P.

raccolta della giurisprudenza 1996 pagina I-05457


Massima
Parti
Motivazione della sentenza
Decisione relativa alle spese
Dispositivo

Parole chiave


1. Concorrenza ° Intese ° Accordi tra imprese ° Nozione ° Accordi tra società madre e consociate prive di autonomia ° Esclusione ° Applicazione eventuale dell' art. 86 del Trattato

[Trattato CE, artt. 2, 3, lett. c) e g), 85, n. 1, e 86]

2. Ricorso contro una pronuncia del Tribunale di primo grado ° Motivi ° Semplice ripetizione dei motivi e degli argomenti presentati dinanzi al Tribunale ° Irricevibilità ° Rigetto

[Statuto CE della Corte di giustizia, art. 49; regolamento di procedura della Corte, art. 112, n. 1, lett. c)]

Massima


1. Quando una società madre e le sue consociate costituiscono un' unità economica all' interno della quale le consociate non godono di reale autonomia nella determinazione della loro linea di condotta sul mercato, bensì applicano le istruzioni loro impartite dalla società madre, che le controlla interamente, la circostanza che la politica praticata da quest' ultima, consistente in sostanza nel ripartire diversi mercati nazionali tra le sue consociate, possa sortire effetti al di fuori della sfera del gruppo, eventualmente pregiudizievoli per la posizione concorrenziale dei terzi, non è atta a rendere applicabile l' art. 85, n. 1, del Trattato, neppure in combinato disposto con gli artt. 2 e 3, lett. c) e g), del Trattato. Per contro, un comportamento unilaterale del genere potrebbe, ove ne ricorressero i presupposti di applicazione, essere riconducibile all' art. 86 del Trattato.

2. Risulta dall' art. 112, n. 1, lett. c), del regolamento di procedura della Corte di giustizia che il ricorso deve indicare in modo preciso gli elementi criticati della sentenza del Tribunale di cui si chiede l' annullamento nonché gli argomenti di diritto presentati a specifico sostegno di tale domanda.

Non è conforme a tale precetto il ricorso che si limiti a ripetere o a riprodurre pedissequamente i motivi e gli argomenti già presentati dinanzi al Tribunale, ivi compresi gli argomenti di fatto da questo espressamente disattesi; infatti un ricorso del genere costituisce in realtà una domanda diretta ad ottenere un semplice riesame dell' atto introduttivo presentato dinanzi al Tribunale, il che, in base all' art. 49 dello Statuto della Corte di giustizia, esula dalla competenza di questa.

Parti


Nel procedimento C-73/95 P,

Viho Europe BV, società di diritto olandese, con sede a Maastricht (Paesi Bassi), con l' avv. Werner Kleinmann, del foro di Stoccarda, con domicilio eletto in Lussemburgo presso lo studio dell' avv. Marc Loesch, 8, rue Zithe,

ricorrente,

avente ad oggetto il ricorso diretto all' annullamento della sentenza pronunciata dal Tribunale di primo grado delle Comunità europee il 12 gennaio 1995, nella causa T-102/92, Viho/Commissione (Racc. pag. II-17),

procedimento in cui l' altra parte è:

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dal signor Bernd Langeheine, membro del servizio giuridico, in qualità di agente, con domicilio eletto in Lussemburgo presso il signor Carlos Gómez de la Cruz, membro del servizio giuridico, Centre Wagner, Kirchberg,

sostenuta da

Parker Pen Ltd, società di diritto inglese, stabilita a Newhaven (Regno Unito),

interveniente,

LA CORTE (Sesta Sezione),

composta dai signori G.F. Mancini, presidente di sezione, C.N. Kakouris e H. Ragnemalm (relatore), giudici,

avvocato generale: C.O. Lenz

cancelliere: R. Grass

vista la relazione del giudice relatore,

sentite le conclusioni dell' avvocato generale, presentate all' udienza del 25 aprile 1996,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

Motivazione della sentenza


1 Con ricorso depositato presso la cancelleria della Corte il 14 marzo 1995, la Viho Europe BV ha impugnato, ai sensi dell' art. 49 dello Statuto CE della Corte di giustizia, la sentenza 12 gennaio 1995, causa T-102/92, Viho/Commissione (Racc. pag. II-17; in prosieguo: la "sentenza impugnata"), con la quale il Tribunale di primo grado ha respinto il suo ricorso volto all' annullamento della decisione della Commissione 30 settembre 1992, che aveva respinto la sua denuncia 22 maggio 1991 (in prosieguo: la "decisione controversa").

2 Nella sentenza impugnata, il Tribunale ha dichiarato quanto segue:

"1 La ricorrente, la società di diritto olandese Viho Europe BV (in prosieguo: la 'Viho' ), svolge attività nell' ambito del commercio di articoli di cancelleria consistente in vendita all' ingrosso, importazione ed esportazione.

(...)

4 La Parker Pen Ltd (in prosieguo: la 'Parker' ), società di diritto inglese, produce un' ampia gamma di penne e di altri articoli simili che vende in tutta Europa avvalendosi della intermediazione di filiali o di distributori indipendenti. La vendita e lo smercio dei prodotti Parker attraverso la rete delle filiali, nonché la politica delle filiali sotto il profilo della gestione del personale sono affidati ad un ufficio regionale composto da tre direttori, vale a dire un direttore di zona, un direttore finanziario e un direttore di marketing. Il direttore di zona è membro del consiglio di amministrazione della società madre.

5 Dopo aver inutilmente tentato di avviare relazioni commerciali con la Parker e di ottenere i prodotti Parker a condizioni equivalenti a quelle applicate alle filiali e ai distributori indipendenti della Parker medesima, la Viho presentava, in data 19 maggio 1988, una denuncia ai sensi dell' art. 3 del regolamento del Consiglio 6 febbraio 1962, n. 17, primo regolamento d' applicazione degli artt. 85 e 86 del Trattato (GU 1962, n. 13, pag. 204; in prosieguo: il 'regolamento n. 17' ), in cui contestava alla Parker il fatto di vietare ai suoi distributori l' esportazione dei suoi prodotti, di suddividere il mercato comune in mercati nazionali degli Stati membri e di mantenere sui mercati nazionali prezzi per i prodotti Parker artificiosamente elevati.

6 A seguito di tale denuncia, la Commissione avviava un procedimento amministrativo vertente sulla verifica degli accordi conclusi tra la Parker e i propri distributori indipendenti.

7 Il 22 maggio 1991 la Viho presentava nei confronti della Parker una nuova denuncia, registrata presso la Commissione il 29 maggio seguente, in cui sosteneva che la politica di distribuzione attuata dalla Parker, consistente nell' obbligare le proprie filiali a limitare la distribuzione dei prodotti Parker a territori determinati, costituiva violazione dell' art. 85, n. 1, del Trattato CEE (divenuto Trattato CE, in prosieguo: il 'Trattato' ).

8 A seguito delle osservazioni presentate dalla Parker il 16 aprile e il 31 maggio 1991 in risposta agli addebiti contestatile dalla Commissione il 21 gennaio 1991 nell' ambito dell' istruttoria vertente sugli accordi conclusi tra la stessa Parker e i propri distributori indipendenti, aveva luogo a Bruxelles il 4 giugno 1991 un' udienza alla quale partecipavano i rappresentanti della Viho, dell' API, della Herlitz e della Parker.

9 Nelle osservazioni supplementari presentate il 21 giugno 1991, la Parker, su richiesta della Commissione, ammetteva che, all' interno del proprio gruppo, le richieste di forniture provenienti da clienti locali vengono rinviate alle filiali locali della Parker stessa, atteso che queste ultime si trovano nelle migliori condizioni per potervi rispondere. Per tale motivo, la Viho, società olandese, dopo aver fatto richiesta di forniture presso la filiale tedesca della Parker, sarebbe stata rinviata da quest' ultima alla filiale olandese, incaricata di provvedere alle forniture richieste.

10 Il 5 marzo 1992 la Commissione informava la Viho che, ai sensi dell' art. 6 del regolamento della Commissione 25 luglio 1963, n. 99/63/CEE, relativo alle audizioni previste all' art. 19, nn. 1 e 2, del regolamento n. 17 del Consiglio (GU 1963, n. 127, pag. 2268), essa intendeva respingere la denuncia del 22 maggio 1991 in base al rilievo che le filiali della Parker apparivano totalmente dipendenti dalla Parker Pen UK e che esse non godevano di alcuna reale autonomia. Considerato che il sistema di distribuzione attuato dalla Parker non esulava dai limiti tracciati dalla giurisprudenza della Corte per escludere l' applicazione dell' art. 85, n. 1, del Trattato, la Commissione dichiarava di non ravvisare alcun elemento nel detto sistema di distribuzione che andasse al di là di una normale ripartizione dei compiti all' interno di un gruppo di imprese. Essa faceva inoltre presente che una diversa eventuale conclusione era subordinata alla previa effettuazione di nuove inchieste e di nuove indagini.

11 Nelle osservazioni rivolte alla Commissione il 6 aprile 1992, la Viho contestava che la politica di rinvio attuata dal gruppo Parker, laddove essa priva i terzi della libertà di approvvigionarsi secondo le proprie preferenze all' interno del mercato comune e laddove viene loro imposto di approvvigionarsi esclusivamente presso la filiale del luogo del loro stabilimento, possa costituire un atto puramente interno. Se nulla vieta che un gruppo possa liberamente organizzare la propria distribuzione affidando ad una filiale la distribuzione dei propri prodotti in uno Stato membro, non si potrebbe tuttavia costringere gli acquirenti, senza incorrere in un comportamento illecito, ad approvvigionarsi esclusivamente presso una determinata filiale.

12 Il 15 luglio 1992 la Commissione, rispondendo alla denuncia presentata dalla Viho il 19 maggio 1988, emanava la decisione 92/426/CEE, relativa ad un procedimento in forza dell' art. 85 del Trattato CEE (IV/32.725 ° Viho/Parker Pen; GU L 233, pag. 27), in cui, da un lato, rilevava che la Parker e la Herlitz, includendo il divieto di esportazione in un accordo tra di esse stipulato, avevano violato l' art. 85, n. 1, del Trattato e, dall' altro, infliggeva alla Parker un' ammenda pari a 700 000 ECU e alla Herlitz un' ammenda pari a 40 000 ECU. I ricorsi proposti dalla Herlitz e dalla Parker, rispettivamente il 16 e il 24 settembre 1992, avverso tale decisione sono oggetto delle due sentenze pronunciate dal Tribunale il 14 luglio 1994, Herlitz/Commissione e Parker/Commissione (rispettivamente cause T-66/92 e T-77/92, Racc. pag. II-531 e pag. II-549), passate nel frattempo in giudicato.

La decisione impugnata

13 Il 30 settembre 1992 la Commissione respingeva la denuncia della Viho del 22 maggio 1991. In tale decisione la Commissione dichiarava che il sistema di distribuzione integrata istituito dalla Parker al fine di garantire la vendita dei propri prodotti in Germania, Francia, Belgio, Spagna e nei Paesi Bassi, per mezzo di filiali stabilite in tali paesi, rispondeva a quei requisiti fissati dalla Corte in presenza dei quali deve essere esclusa l' applicazione dell' art. 85, n. 1, del Trattato, in base al rilievo che 'le filiali e la società madre costituiscono un' unica entità economica in cui le filiali non possono stabilire autonomamente la propria condotta sul mercato' e che 'l' attribuzione di un' area di vendita determinata ad ognuna delle filiali della Parker non oltrepassa i limiti di quanto è normalmente considerato come indispensabile per assicurare una corretta distribuzione delle funzioni all' interno di un gruppo' . La Commissione riteneva inoltre che la Parker potesse legittimamente negare alla Viho prezzi e condizioni analoghi a quelli riconosciuti ai propri distributori indipendenti senza che ciò comportasse la violazione del divieto di accordi".

3 Risulta dalla sentenza impugnata che la ricorrente aveva concluso, in particolare, chiedendo l' annullamento da parte del Tribunale della decisione controversa, mentre la Commissione aveva chiesto di respingere il ricorso.

4 A sostegno delle sue conclusioni, la ricorrente deduceva tre motivi. Il primo verteva sulla violazione dell' art. 85, n. 1, del Trattato, il secondo sulla violazione dell' art. 86 del Trattato, il terzo sulla violazione dell' art. 190 del Trattato.

5 Sul primo motivo, vertente sulla violazione dell' art. 85, n. 1, del Trattato, il Tribunale ha dichiarato preliminarmente quanto segue:

"31 Il motivo attinente alla violazione dell' art. 85, n. 1, del Trattato si articola in due parti. La ricorrente fa valere, anzitutto, che il sistema di distribuzione della Parker, consistente nell' obbligare le filiali a rinviare gli ordinativi provenienti da clienti stabiliti in altri Stati membri alla filiale situata nel paese del rispettivo cliente, persegue lo stesso obiettivo dei divieti espressi di esportazione rivolti ai distributori esclusivi, vale a dire il mantenimento dei mercati nazionali e la compartimentazione degli uni rispetto agli altri al fine di impedire, di limitare o di falsare i meccanismi della concorrenza all' interno del mercato comune. Essa sostiene, inoltre, che tale sistema costituisce una discriminazione collettiva dei contraenti commerciali derivante dall' applicazione, in contrasto con l' art. 85, n. 1, lett. d), di condizioni differenti a prestazioni equivalenti".

6 Con riferimento alla prima parte del primo motivo, relativa al divieto rivolto alle filiali della Parker di fornire prodotti Parker ai clienti stabiliti in Stati membri diversi da quello della filiale, il Tribunale ha dichiarato:

"47 Si deve ricordare, in limine, che, per quanto riguarda il trattamento cui assoggettare, con riguardo all' art. 85, n. 1, del Trattato, gli accordi conclusi nell' ambito di un gruppo di imprese, la Corte ha affermato che 'qualora l' affiliata non goda di reale autonomia nella determinazione della propria linea di condotta, va ritenuto che i divieti sanciti dall' art. 85, n. 1, si applicano ai rapporti fra la stessa affiliata e la società madre, che insieme formano un' unità economica' (v. sentenza della Corte 14 luglio 1972, causa 48/69, ICI/Commissione, Racc. pag. 619, punto 134). Parimenti, nella menzionata sentenza Ahmed Saeed Flugreisen e a. (punto 35) la Corte ha affermato che 'non è l' art. 85 che va applicato qualora la concertazione di cui trattasi sia opera di imprese che appartengono a uno stesso gruppo in quanto società madre e affiliata e tali imprese costituiscano un' unità economica nell' ambito della quale l' affiliata non dispone di reale autonomia nella determinazione della propria linea d' azione sul mercato' , aggiungendo che 'il comportamento di una siffatta unità sul mercato può tuttavia ricadere nella sfera di applicazione dell' art. 86' . Dalla giurisprudenza del Tribunale emerge inoltre che l' art. 85, n. 1, del Trattato riguarda unicamente i rapporti tra entità economiche in grado di entrare in concorrenza l' una nei confronti dell' altra con esclusione degli accordi e delle pratiche concordate tra imprese appartenenti ad uno stesso gruppo che costituiscano una unità economica (v. sentenza 10 marzo 1992, cause riunite T-68/89, T-77/89 e T-78/89, SIV e a./Commissione, Racc. pag. II-1403, punto 357).

48 Da un lato, è pacifico nella specie che la Parker detiene il 100% del capitale delle proprie filiali stabilite in Germania, Francia, Belgio e nei Paesi Bassi. Dall' altro, dalla descrizione fatta dalla Parker del funzionamento delle proprie filiali, non contestata dalla ricorrente, emerge che le attività di vendita e di marketing delle filiali medesime vengono dirette da un ufficio regionale designato dalla società madre e che controlla, in particolare, gli obiettivi di vendita, gli utili lordi, i costi di vendita, il 'cash flow' e le giacenze. Tale ufficio regionale stabilisce anche la gamma dei prodotti da vendere, controlla le attività pubblicitarie e fissa direttive per quanto attiene ai prezzi e agli sconti.

49 Il Tribunale ne trae la conclusione che la Commissione, al punto 2 della decisione, ha legittimamente qualificato il gruppo Parker quale 'unità economica in cui le filiali non possono stabilire autonomamente la loro condotta sul mercato' .

50 Si deve ricordare inoltre che, secondo la giurisprudenza della Corte, la nozione di impresa, 'nell' ambito del diritto della concorrenza, (...) deve essere intesa nel senso che essa si riferisce ad una unità economica dal punto di vista dell' oggetto dell' accordo, anche se, sotto il profilo giuridico, questa unità economica è costituita da più persone, fisiche o giuridiche' (sentenza 12 luglio 1984, causa 170/83, Hydrotherm, Racc. pag. 2999, punto 11). Parimenti il Tribunale ha affermato che 'l' art. 85, n. 1, del Trattato (...) si rivolge ad entità economiche, ognuna delle quali costituita da un' organizzazione unitaria di elementi personali, materiali e immateriali, che persegue stabilmente un determinato fine di natura economica, organizzazione che può concorrere alla realizzazione di un' infrazione della stessa disposizione' (v. sentenza 10 marzo 1992, causa T-11/89, Shell/Commissione, Racc. pag. II-757, punto 311). Così, ai fini dell' applicazione delle norme in materia di concorrenza, l' unicità della condotta sul mercato della società madre e delle proprie filiali prevale sulla separazione formale tra tali società derivante dalla loro distinta personalità giuridica.

51 Ne consegue che, in assenza di un concorso di volontà di soggetti economicamente indipendenti, le relazioni nell' ambito di una unità economica non possono dar luogo ad un accordo o una pratica concertata tra imprese, restrittivi della concorrenza ai sensi dell' art. 85, n. 1, del Trattato. Quando, come nella specie, la filiale, ancorché munita di una personalità giuridica distinta, non determini in modo autonomo la propria condotta sul mercato, bensì applichi le istruzioni impartitele, direttamente o indirettamente, dalla società madre che la controlla al 100%, i divieti sanciti dall' art. 85, n. 1, non possono essere applicati alle relazioni tra la filiale e la società madre con cui essa formi una unità economica.

52 Se è pur vero che non può essere escluso che la politica di distribuzione attuata dalla Parker, consistente nel vietare alle proprie filiali di fornire prodotti Parker ai clienti stabiliti in Stati membri diversi da quello in cui sia situata la filiale, può contribuire a mantenere compartimentati e separati i vari mercati nazionali, ponendosi in tal modo in contrasto con uno degli obiettivi fondamentali della realizzazione del mercato comune, resta il fatto che dalla giurisprudenza precedentemente menzionata emerge che una siffatta politica, attuata da un' unità economica quale il gruppo Parker, in seno alla quale le filiali non godano di alcuna autonomia nella determinazione della propria condotta sul mercato, non rientra nella sfera di applicazione dell' art. 85, n. 1, del Trattato.

53 Il Tribunale ne trae quindi la conclusione che la Commissione ha legittimamente ritenuto che 'la condotta delle filiali è quindi riferibile alla società madre' e che 'il sistema di distribuzione integrata che consente la vendita dei prodotti Parker in Spagna, Francia, Germania, Belgio e nei Paesi Bassi per mezzo di filiali interamente stabilite in tali paesi, risponde ai requisiti fissati dalla Corte di giustizia circa la non applicazione dell' art. 85' .

54 Inutilmente la ricorrente deduce, pertanto, che gli accordi contestati violerebbero l' art. 85, n. 1, in quanto esulerebbero da una ripartizione interna dei compiti nell' ambito del gruppo. Infatti, si deve necessariamente rilevare che l' art. 85, n. 1, alla luce del suo stesso tenore, non riguarda quelle condotte attuate in realtà da un' unità economica. Orbene, non è consentito al Tribunale, con il pretesto che taluni comportamenti, come quelli denunciati dalla ricorrente, possano sfuggire alla normativa in materia di concorrenza, sviare l' art. 85 dalla propria funzione al fine di colmare un' eventuale lacuna nei sistemi di controllo previsti dal Trattato.

55 Ne consegue che la prima parte del motivo attinente alla violazione dell' art. 85, n. 1, del Trattato non può ritenersi fondata".

7 Sulla seconda parte del primo motivo, vertente sul trattamento discriminatorio nei confronti della ricorrente con riguardo ai prezzi e alle condizioni di vendita, si legge nella sentenza impugnata:

"61 Si deve ricordare che l' art. 85, n. 1, lett. d), del Trattato vieta gli accordi fra imprese, le decisioni di associazioni di imprese e le pratiche concordate consistenti nell' applicare, nei rapporti commerciali con gli altri contraenti, condizioni dissimili per prestazioni equivalenti, così da determinare per questi ultimi uno svantaggio nella concorrenza. La discriminazione oggetto del divieto di cui all' art. 85, n. 1, deve quindi risultare da un accordo, da una decisione o da una pratica concordata tra entità economiche indipendenti ed autonome e non essere il prodotto di un comportamento unilaterale attuato da una sola impresa.

62 Il Tribunale osserva, anzitutto, che i rapporti intercorrenti tra la Parker e i propri distributori indipendenti restano irrilevanti ai fini della soluzione della presente controversia. In ogni caso, il Tribunale rileva che, nella specie, la ricorrente non ha indicato quale accordo, decisione o pratica concordata tra la Parker ed i propri distributori indipendenti avrebbe determinato la discriminazione.

63 Questo Tribunale ha peraltro già rilevato in precedenza (v. il punto 51) che la Parker e le proprie filiali formano una sola entità economica, la cui condotta unilaterale non rientra nella sfera di applicazione dell' art. 85, n. 1, lett. d), del Trattato. Conseguentemente non sussiste, nella specie, alcuna discriminazione nei confronti della Viho atta ad essere sanzionata ai sensi dell' art. 85, n. 1, lett. d).

64 Ne consegue che anche la seconda parte del motivo attinente alla violazione dell' art. 85, n. 1, del Trattato deve essere respinta".

8 Sul secondo motivo, attinente alla violazione dell' art. 86 del Trattato, il Tribunale ha dichiarato quanto segue:

"68 (...) ai sensi dell' art. 19, primo comma, del Protocollo sullo Statuto (CE) della Corte, da applicare al Tribunale in forza dell' art. 46, primo comma, di detto Statuto, e ai sensi dell' art. 44, n. 1, del regolamento di procedura del Tribunale, il ricorso deve contenere un' esposizione sommaria dei motivi dedotti. Ciò significa che il ricorso deve chiarire il motivo sul quale il ricorso stesso si basa, di modo che la semplice enunciazione astratta dei motivi non risponde alle prescrizioni dello Statuto e del regolamento (v. sentenza Rendo e a./Commissione, citata, punto 130).

69 Il Tribunale rileva che, nella specie, la ricorrente ° che si limita ad affermare, senza fornire alcun' altra precisazione, che gli altri principali fornitori di matite e penne e di altri articoli di cancelleria praticano la stessa politica di distribuzione della Parker ° sostiene che occorre accertare se l' art. 86 del Trattato non debba trovare applicazione per effetto della posizione dominante collettiva che occuperebbero i principali fabbricanti sul mercato di cui trattasi.

70 Orbene, il solo riferimento, contenuto nel ricorso, all' art. 86 del Trattato, in assenza di allegazioni precise attinenti alla posizione sul mercato delle imprese interessate, al loro eventuale comportamento uniforme o ai loro legami economici, non può essere considerato sufficiente con riguardo allo Statuto e al regolamento di procedura.

71 Il Tribunale ritiene, inoltre, che la Commissione non fosse tenuta a procedere ad un' istruttoria relativa ad un' eventuale posizione dominante collettiva dei fabbricanti di articoli di cancelleria, atteso che la denuncia della ricorrente del 22 maggio 1991 non conteneva alcun elemento tale da far sorgere l' obbligo a carico della Commissione di avviare un' istruzione in merito.

72 Conseguentemente il secondo motivo, attinente alla violazione dell' art. 86 del Trattato, deve essere respinto".

9 Infine, per quanto riguarda il terzo motivo, vertente sulla violazione dell' art. 190 del Trattato, il Tribunale ha dichiarato:

"75 Si deve ricordare, anzitutto, che, secondo costante giurisprudenza della Corte e del Tribunale (v. sentenze della Corte 30 settembre 1982, causa 110/81, Roquette Frères/Consiglio, Racc. pag. 3159, punto 24, e del Tribunale 29 giugno 1993, causa T-7/92, Asia Motor France e a./Commissione, Racc. pag. II-669, punto 30), la motivazione di una decisione che arreca pregiudizio deve consentire all' interessato di prendere conoscenza delle ragioni del provvedimento adottato, al fine di poter far eventualmente valere i propri diritti e di verificare la fondatezza o meno della decisione, e al giudice comunitario di esercitare il proprio controllo.

76 Si deve sottolineare, inoltre, che la Commissione, nella motivazione delle decisioni che essa adotta al fine di garantire il rispetto delle norme sulla concorrenza, non è obbligata a prendere posizione su tutti gli argomenti che gli interessati fanno valere a sostegno della loro domanda. E' sufficiente, infatti, che la Commissione esponga i fatti e le considerazioni giuridiche che hanno un ruolo essenziale nell' adozione della decisione (v. sentenze del Tribunale 24 gennaio 1992, causa T-44/90, La Cinq/Commissione, Racc. pag. II-1, punto 35, e Asia Motor France e a./Commissione, citata, punto 31).

77 Orbene, il Tribunale rileva che dalla lettura della decisione controversa emerge come in essa siano indicati gli elementi essenziali di fatto e di diritto assunti a fondamento per respingere la denuncia della ricorrente, consentendo così alla ricorrente stessa di contestarne la fondatezza e al Tribunale di esercitare il proprio sindacato di legittimità. Ne consegue che la decisione controversa non è viziata da alcun difetto di motivazione.

78 Alla luce di tutte le suesposte considerazioni il ricorso deve essere interamente respinto".

10 Con il presente ricorso, la ricorrente chiede l' annullamento della sentenza impugnata e della decisione controversa, nonché la condanna della Commissione alle spese, ivi comprese quelle della Parker. La Commissione conclude per il rigetto dell' impugnazione e, verosimilmente in subordine, del ricorso in quanto infondato. La Commissione chiede infine la condanna della ricorrente alle spese.

11 A sostegno del presente ricorso, la ricorrente deduce tre motivi. Il primo verte sulla violazione degli artt. 2, 3, lett. c) e g), e 85, n. 1, del Trattato CE, il secondo sulla violazione dell' art. 86 del Trattato CE e il terzo sulla violazione dell' art. 190 del Trattato CE.

Sul primo motivo d' impugnazione

12 Il motivo vertente sulla violazione dell' art. 85, n. 1, del Trattato si articola in due parti. Secondo la ricorrente, anzitutto, erroneamente il Tribunale ha ritenuto che il sistema di distribuzione istituito dalla Parker, consistente nel vietare alle sue filiali di fornire prodotti Parker ai clienti stabiliti in Stati membri diversi da quello della filiale, obbligando le filiali a rinviare i loro ordini alla filiale locale competente, non rientri nell' ambito di applicazione dell' art. 85, n. 1, del Trattato. Sempre erroneamente, inoltre, il Tribunale avrebbe ritenuto che il trattamento discriminatorio attuato nei suoi confronti dalla Parker e dai suoi distributori indipendenti non fosse in contrasto con l' art. 85, n. 1, lett. d).

Sulla prima parte del primo motivo

13 Secondo la ricorrente, il fatto che i comportamenti contestati si manifestino nell' ambito di un gruppo non osta all' applicazione dell' art. 85, n. 1, in quanto la ripartizione delle competenze tra le società del gruppo Parker sarebbe intesa a mantenere e a compartimentare i mercati nazionali per mezzo di una protezione territoriale assoluta. Un simile comportamento d' impresa, che sortirebbe effetti nefasti sulla concorrenza, non dovrebbe pertanto essere valutato in modo diverso a seconda che avvenga in seno ad un gruppo o tra la Parker e distributori indipendenti. La ricorrente osserva in particolare che una protezione territoriale del genere impedisce ai terzi, come la ricorrente, di rifornirsi liberamente nell' ambito della Comunità presso la filiale che propone le migliori condizioni economiche e di poter così ripercuotere tali vantaggi sul consumatore.

14 Di conseguenza, la ricorrente ritiene che l' art. 85, n. 1, interpretato alla luce degli artt. 2 e 3, lett. c) e g), del Trattato CE [precedentemente art. 3, lett. f), del Trattato CEE] debba trovare applicazione, atteso che la politica di rinvio di cui trattasi eccede i confini di una semplice ripartizione interna delle mansioni nell' ambito del gruppo Parker.

15 Occorre precisare anzitutto che è pacifico che la Parker detiene il 100% del capitale delle sue filiali stabilite in Germania, Belgio, Spagna, Francia e nei Paesi Bassi e che le attività di vendita e di marketing delle filiali sono dirette da un ufficio regionale designato dalla società madre che controlla, in particolare, gli obiettivi di vendita, gli utili lordi, i costi di vendita, il "cash flow" e le giacenze. Tale ufficio regionale stabilisce altresì la gamma dei prodotti da vendere, controlla le attività pubblicitarie e fissa direttive per quanto attiene ai prezzi e agli sconti.

16 La Parker e le sue filiali costituiscono dunque un' unità economica all' interno della quale le filiali non godono di reale autonomia nella determinazione della loro linea di condotta sul mercato, bensì applicano le istruzioni loro impartite dalla società madre, che le controlla (sentenze ICI/Commissione, citata, punti 133 e 134, 31 ottobre 1974, causa 15/74, Sterling Drug, Racc. pag. 1147, punto 41, e causa 16/74, Winthrop, Racc. pag. 1183, punto 32; 4 maggio 1988, causa 30/87, Bodson, Racc. pag. 2479, punto 19, e 11 aprile 1989, causa 66/86, Ahmed Saeed Flugreisen e Silver Line Reisebuero, Racc. pag. 803, punto 35).

17 Alla luce di quanto sopra, la circostanza che la politica di rinvio praticata dalla Parker, consistente in sostanza nel ripartire i diversi mercati nazionali tra le sue filiali, possa sortire effetti al di fuori della sfera del gruppo Parker, eventualmente pregiudizievoli per la posizione concorrenziale dei terzi, non è atta a rendere applicabile l' art. 85, n. 1, neppure in combinato disposto con gli artt. 2 e 3, lett. c) e g), del Trattato. Per contro, un comportamento unilaterale del genere potrebbe, ove ne ricorrano i presupposti di applicazione, essere riconducibile all' art. 86 del Trattato.

18 Correttamente, pertanto, il Tribunale si è fondato esclusivamente sull' esistenza di un' unità economica per escludere l' applicabilità dell' art. 85, n. 1, al gruppo Parker.

Sulla seconda parte del primo motivo

19 A parere della ricorrente, parimenti a torto il Tribunale avrebbe ritenuto che il sistema di distribuzione istituito dalla Parker non fosse in contrasto con l' art. 85, n. 1, lett. d), in quanto esso non costituirebbe un trattamento discriminatorio applicato nei confronti della ricorrente dal gruppo Parker o dai suoi distributori indipendenti con riferimento ai prezzi e alle condizioni di vendita.

20 Per quanto riguarda il trattamento discriminatorio che si asserisce imputabile al gruppo Parker, è già stato detto innanzi che un comportamento del genere, quand' anche fosse dimostrato, non rientrerebbe nell' ambito del divieto sancito dall' art. 85, n. 1.

21 Quanto al trattamento discriminatorio che sarebbe applicato congiuntamente dalla Parker e dai suoi distributori indipendenti nei confronti della ricorrente, invece, quest' ultima contesta al Tribunale di aver dichiarato che i rapporti intercorrenti fra la Parker e i suoi distributori indipendenti erano irrilevanti ai fini della soluzione della controversia.

22 Occorre rilevare che la sentenza impugnata respinge, al punto 62, l' argomento della ricorrente ricorrendo a due motivazioni successive. Nell' impugnazione, la ricorrente contesta soltanto la prima motivazione, attinente alla rilevanza. Non impugna invece la seconda motivazione, secondo la quale la ricorrente, in ogni caso, non è stata in grado di provare quale accordo, decisione o pratica concordata tra la Parker e i suoi distributori indipendenti avrebbe determinato la discriminazione. Di conseguenza, non occorre esaminare la fondatezza di questo argomento.

23 Risulta da quanto sopra che il primo motivo dev' essere respinto.

Sul secondo e terzo motivo dell' impugnazione

24 La ricorrente contesta in sostanza al Tribunale di aver misconosciuto gli artt. 86 e 190 del Trattato, senza precisare tuttavia, sul punto, le proprie censure nei confronti della sentenza impugnata e limitandosi a far rinvio al ricorso in primo grado nonché ai relativi allegati depositati dinanzi al Tribunale.

25 Va ricordato che, ai sensi dell' art. 112, n. 1, lett. c), del regolamento di procedura della Corte, l' atto di impugnazione deve precisare i motivi e gli argomenti di diritto presentati a sostegno delle conclusioni che la parte ricorrente chiede alla Corte di accogliere. Ne deriva che l' atto d' impugnazione deve indicare in modo preciso gli elementi criticati della sentenza di cui si chiede l' annullamento nonché gli argomenti di diritto presentati a specifico sostegno di tale domanda.

26 Non è conforme a tali precetti il ricorso che si limiti a ripetere o a riprodurre pedissequamente i motivi e gli argomenti già presentati dinanzi al Tribunale, ivi compresi gli argomenti di fatto da questo espressamente disattesi; infatti, un ricorso del genere costituisce in realtà una domanda diretta a ottenere un semplice riesame dell' atto introduttivo presentato dinanzi al Tribunale, il che, ai sensi dell' art. 49 dello Statuto CE della Corte di giustizia, esula dalla competenza di questa (v., in particolare, ordinanza 26 settembre 1994, causa C-26/94 P, X/Commissione, Racc. pag. I-4379, punto 10-13).

27 Nel caso di specie, con i due motivi dedotti, la ricorrente si limita a richiamare i motivi già presentati in primo grado e disattesi dal Tribunale.

28 Alla luce di quanto sopra, il secondo e il terzo motivo devono essere respinti in quanto irricevibili.

29 Atteso che nessuno dei motivi dedotti può essere accolto, il ricorso dev' essere integralmente respinto.

Decisione relativa alle spese


Sulle spese

30 Ai sensi dell' art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, applicabile al procedimento di impugnazione in forza dell' art. 118, la parte soccombente è condannata alle spese. Poiché la ricorrente è rimasta soccombente, dev' essere condannata alle spese del presente giudizio.

Dispositivo


Per questi motivi,

LA CORTE (Sesta Sezione)

dichiara e statuisce:

1) Il ricorso è respinto.

2) La ricorrente è condannata alle spese.

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