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Document C2006/206/06

    Parere del Comitato delle regioni in merito alla Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni - Un'agenda comune per l'integrazione - Quadro per l'integrazione dei cittadini di paesi terzi nell'Unione europea alla Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni - Migrazione e sviluppo: orientamenti concreti e alla Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi soggiornanti illegalmente

    GU C 206 del 29.8.2006, p. 27–39 (ES, CS, DA, DE, ET, EL, EN, FR, IT, LV, LT, HU, NL, PL, PT, SK, SL, FI, SV)

    29.8.2006   

    IT

    Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

    C 206/27


    Parere del Comitato delle regioni in merito alla

    Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni - Un'agenda comune per l'integrazione - Quadro per l'integrazione dei cittadini di paesi terzi nell'Unione europea alla

    Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni - Migrazione e sviluppo: orientamenti concreti e alla

    Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi soggiornanti illegalmente

    (2006/C 206/06)

    IL COMITATO DELLE REGIONI,

    viste le comunicazioni della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni Migrazione e sviluppo: orientamenti concreti (COM(2005) 390 def.), e Un'agenda comune per l'integrazione - Quadro per l'integrazione dei cittadini di paesi terzi nell'Unione europea (COM(2005) 389 def.),

    vista la Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi soggiornanti illegalmente (COM(2005) 391 def.),

    vista la decisione della Commissione europea, del 1° settembre 2005, di consultarlo sull'argomento a norma dell'articolo 265, primo comma, del Trattato che istituisce la Comunità europea,

    vista la decisione del proprio Presidente, del 23 settembre 2005, di incaricare la commissione Relazioni esterne di elaborare un parere in materia,

    visto l'articolo 63 del Trattato che istituisce la Comunità europea,

    vista la direttiva 2004/83/CE del Consiglio, del 29 aprile 2004, recante norme minime sull'attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di rifugiato o di persona altrimenti bisognosa di protezione internazionale, nonché norme minime sul contenuto della protezione riconosciuta,

    vista la direttiva 2004/81/CE del Consiglio, del 29 aprile 2004, riguardante il titolo di soggiorno da rilasciare ai cittadini di paesi terzi vittime della tratta di esseri umani o coinvolti in un'azione di favoreggiamento dell'immigrazione illegale che cooperino con le autorità competenti,

    vista la direttiva 2003/109/CE del Consiglio, del 25 novembre 2003, relativa allo status dei cittadini di paesi terzi che siano soggiornanti di lungo periodo,

    visto il proprio parere in merito al Libro verde sull'approccio dell'Unione europea alla gestione della migrazione economica (CdR 82/2005 fin),

    visto il proprio parere in merito alla Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni su immigrazione, integrazione e occupazione (CdR 223/2003 fin, GU C 109 del 30.4.2004, pagg. 46-49),

    visto il progetto di parere (CdR 51/2006 riv. 1), adottato il 2 marzo 2006 dalla commissione Affari costituzionali, governance europea, spazio di libertà, sicurezza e giustizia (relatore: Andreas SCHIEDER (AT/PSE)),

    ha adottato il seguente parere in data 27 aprile 2006, nel corso della 64a sessione plenaria.

    I.   COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE AL CONSIGLIO, AL PARLAMENTO EUROPEO, AL COMITATO ECONOMICO E SOCIALE EUROPEO E AL COMITATO DELLE REGIONI - UN'AGENDA COMUNE PER L'INTEGRAZIONE - QUADRO PER L'INTEGRAZIONE DEI CITTADINI DI PAESI TERZI NELL'UNIONE EUROPEA (COM(2005) 389 DEF.)

    1.   Osservazioni del Comitato delle regioni

    Il Comitato delle regioni

    1.1

    si compiace che la Commissione, con la comunicazione in esame, faccia seguito all'invito del Consiglio europeo a presentare proposte relative a un quadro europeo coerente per l'integrazione dei cittadini di paesi terzi;

    1.2

    rileva che la Commissione, nella sua prima risposta al Consiglio, si concentra soprattutto su proposte di misure concrete per un'applicazione rigorosa dei principi fondamentali comuni della politica di integrazione e sui meccanismi di sostegno dell'UE (nuove possibilità di azione a livello nazionale e comunitario, nuovi modi per garantire la coerenza fra le misure adottate a livello dell'Unione e quelle nazionali);

    1.3

    riconosce che le tabelle contenute nella comunicazione in questione, nelle quali sono riportate misure esemplari a livello sia nazionale che comunitario, prendono le mosse dai Principi fondamentali comuni della politica di integrazione degli immigrati nell'Unione europea (adottati dal Consiglio nel novembre 2004), nonché dal Manuale sull'integrazione, dalle misure preparatorie INTI e dai preparativi per la creazione di un Fondo europeo per l'integrazione;

    1.4

    deplora che l'ordine delle proposte presentate dalla Commissione non rifletta alcuna priorità; la Commissione auspica infatti che siano gli stessi Stati membri a stabilire le priorità;

    1.5

    è favorevole alla posizione della Commissione secondo la quale l'integrazione è un processo bilaterale;

    1.6

    ritiene importante che siano previste misure intese a rafforzare la capacità di adattamento della popolazione dello Stato membro di accoglienza (in termini di sensibilizzazione interculturale, di trasmissione di conoscenze e di accettazione del fenomeno migratorio), e che vengano potenziati sia il ruolo degli organismi privati nella gestione della diversità sia la cooperazione con i media (mediante la promozione di codici di condotta volontari per i giornalisti);

    1.7

    si compiace che l'integrazione debba avvenire sulla base del rispetto dei valori fondamentali dell'Unione europea: al riguardo va evidenziato anzitutto l'aspetto dell'educazione civica nei programmi di accoglienza;

    1.8

    si compiace dell'attenzione che la Commissione dedica all'istruzione e ribadisce la necessità, in tale contesto, di attuare misure e strumenti specifici al fine di consentire la totale integrazione degli immigrati nel sistema educativo del paese di accoglienza, e in tal modo, nella società nel suo insieme;

    1.9

    sottolinea che l'occupazione va considerata come una componente fondamentale del processo d'integrazione. Sono importanti in modo particolare le strategie innovative intese, da una parte, a prevenire le discriminazioni e, dall'altra, ad assicurare il riconoscimento della formazione e dell'esperienza professionale - mediante la definizione di procedure in materia comuni a tutti gli Stati membri - il coinvolgimento delle parti sociali nelle varie misure, il sostegno delle capacità di formazione dei piccoli imprenditori, delle organizzazioni professionali e dei sindacati, nonché le azioni positive volte a incoraggiare l'assunzione dei migranti. Fa notare inoltre che andrebbero stabiliti criteri uniformi in tutta l'UE, chiari e non discriminatori per la valutazione dei sistemi di istruzione dei singoli Stati membri e dell'esperienza professionale dei cittadini comunitari;

    1.10

    ribadisce che l'integrazione costituisce un processo dinamico e bilaterale di adeguamento reciproco; in questo contesto le attività di «accoglienza» e l'aiuto offerto da una guida educativa (mentoring) al fine di promuovere la fiducia sono strumenti rilevanti;

    1.11

    sottolinea l'importanza di sensibilizzare sia i migranti che la popolazione residente ai valori fondamentali dell'Unione europea;

    1.12

    evidenzia che la promozione dell'accesso al mercato del lavoro e alle possibilità di formazione è un fattore essenziale del processo d'integrazione, come pure il riconoscimento delle qualifiche e dell'esperienza professionale;

    1.13

    si compiace dell'intenzione di rafforzare la capacità degli organismi pubblici e privati fornitori di servizi di interagire con i cittadini di paesi terzi (servizi di traduzione, competenze interculturali, gestione dell'integrazione e della diversità e programmi di mentoring);

    1.14

    concorda sul fatto che occorrerebbe promuovere contatti frequenti tra gli immigrati e la popolazione dello Stato membro di accoglienza, forum comuni, il dialogo interculturale, l'informazione sugli immigrati e sulla loro cultura, nonché condizioni di vita propizie all'integrazione nelle città;

    1.15

    sottolinea che la Carta europea dei diritti fondamentali garantisce il rispetto della diversità culturale e sancisce il diritto alla libertà di culto a condizione che ciò non sia in conflitto con altri diritti inviolabili sanciti a livello europeo, con la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo o con le legislazioni nazionali;

    1.16

    ribadisce l'importanza della partecipazione degli immigrati al processo democratico e alla formulazione delle politiche e delle misure d'integrazione, specie a livello locale;

    1.17

    si compiace che l'elenco delle misure esemplari sia esauriente ed abbracci tutti gli aspetti fondamentali dell'integrazione. Esso può dunque costituire un punto di partenza prezioso per il coordinamento delle politiche d'integrazione negli Stati membri;

    1.18

    sottolinea la necessità di definire obiettivi chiari, che andranno controllati mediante indicatori e meccanismi di valutazione per adattare la politica, valutare i progressi compiuti verso l'integrazione e rendere più efficace lo scambio d'informazioni;

    1.19

    ritiene particolarmente importanti la cooperazione e lo scambio d'informazioni (cellule nazionali di contatto in materia d'integrazione, Manuale sull'integrazione, sito Internet sull'integrazione).

    2.   Raccomandazioni del Comitato delle regioni

    Il Comitato delle regioni

    2.1

    evidenzia che la scelta delle misure e le modalità della loro attuazione potranno dipendere dalle condizioni e dalle tradizioni dei singoli Stati membri, fermo restando che in ogni Stato membro le proposte sono considerate come i cardini di tutte le politiche d'integrazione;

    2.2

    sottolinea che andrebbe posto un accento sulla prospettiva di genere e sulla situazione dei giovani migranti e dei figli di famiglie di migranti;

    2.3

    raccomanda che una conoscenza di base della lingua, della storia e delle istituzioni della società ospite venga considerata come un presupposto indispensabile per l'integrazione;

    2.4

    esorta a compiere sforzi nel settore dell'istruzione per preparare gli immigrati ad una partecipazione più effettiva e più attiva alla società, fra l'altro prevedendo programmi scolastici che riflettano la diversità e particolari misure di sostegno scolastico per i giovani migranti. Occorrerebbe inoltre sottolineare l'importanza della formazione prescolare, nonché la necessità di adottare progetti per agevolare la transizione dalla scuola al mondo del lavoro, obiettivo che richiede la messa a punto di programmi adeguati a livello degli Stati membri;

    2.5

    sottolinea che, oltre alla necessità - evidenziata dalla Commissione - di «affrontare con efficacia il problema della delinquenza giovanile fra i migranti», vi sia anche quella di promuovere un'efficace politica di prevenzione e d'informazione a monte;

    2.6

    insiste sul fatto che si dovrebbero offrire agli immigrati possibilità di accesso senza discriminazioni ai beni e servizi pubblici e privati, come condizione essenziale per una migliore integrazione;

    2.7

    sottolinea che l'accettazione di altri stili di vita e di altri modi di vedere incontra un limite invalicabile: il rispetto dei diritti umani e la lotta contro ogni tipo di discriminazione, specie di genere, in conformità con il diritto comunitario e internazionale. Occorre, da un lato, offrire una protezione speciale alle donne immigrate, garantendo loro l'accesso pieno e paritario a un'attività lavorativa, alla formazione e alla vita politica della società democratica europea, e dall'altro, tutelare l'esercizio della loro libertà di scelta, evitando la celebrazione di matrimoni forzati, combattendo la violenza domestica, garantendo i loro diritti sessuali e riproduttivi, vietando pratiche vessatorie come l'infibulazione, ecc. I diritti umani non sono negoziabili e la loro violazione non può essere giustificata da nessuna tradizione e/o cultura. Occorre pertanto definire e attuare misure specifiche di informazione, prevenzione, sostegno e sensibilizzazione, allo scopo di combattere qualsiasi pratica o tradizione discriminatoria e/o umiliante e progredire in tal modo verso il raggiungimento delle pari opportunità sia per gli uomini che per le donne migranti;

    2.8

    sottolinea che la comunicazione tende ad essere poco vincolante e poco precisa nell'analisi. Nel complesso, infatti, si nota che essa mette in primo piano le misure non vincolanti (come il dialogo, i forum, la trasmissione di informazioni, ecc.), la cui rilevanza non va certo sottovalutata. Le misure strutturalmente importanti per l'integrazione invece, come la partecipazione dei migranti alla vita politica, sembrano avere un peso piuttosto marginale (principio n. 9);

    2.9

    chiede di operare una chiara distinzione e classificazione a seconda delle diverse competenze politiche, giuridiche, strutturali e istituzionali della società di accoglienza e in funzione dell'importanza delle misure contemplate. In quest'ottica occorrerebbe anche sviluppare meglio i principi fondamentali comuni, rafforzandoli in quanto strumento;

    2.10

    appoggia i provvedimenti a favore di un approccio coerente a livello dell'UE; in tale contesto sarebbe opportuno consolidare il quadro giuridico per l'ammissione e il soggiorno dei cittadini di paesi terzi, compresi i loro diritti e doveri;

    2.11

    rileva che nella comunicazione viene sottolineata l'importanza della tematica relativa alle questioni di genere; per questo motivo il testo all'esame andrebbe redatto in un linguaggio che rifletta meglio le specificità di genere;

    2.12

    chiede che, nel quadro giuridico relativo all'ingresso e al soggiorno, ogni futuro strumento in materia di migrazione tenga conto delle questioni connesse alla parità di trattamento e ai diritti dei migranti;

    2.13

    sottolinea, soprattutto per quanto riguarda la partecipazione, l'importanza di coinvolgere i gruppi d'interesse e insiste sull'idea d'istituire un forum europeo dell'integrazione a cui partecipino l'UE e le organizzazioni di coordinamento (consultazione, raccomandazioni, stretta cooperazione con le cellule nazionali di contatto in materia d'integrazione). Il Parlamento europeo, il Comitato economico e sociale europeo e il Comitato delle regioni dovrebbero essere invitati a partecipare. Il forum europeo dell'integrazione andrebbe associato ai lavori della conferenza che verrà organizzata per preparare ulteriori nuovi manuali sull'integrazione. I lavori relativi alla relazione annuale sulla migrazione e sull'integrazione andrebbero portati avanti e approfonditi ulteriormente;

    2.14

    sottolinea che molte delle misure citate (iniziative per l'accoglienza, offerte di aiuto, miglioramento delle conoscenze della popolazione residente, possibilità di corsi di formazione, ecc.) vanno attuate da organismi locali; è quindi indispensabile che questi ultimi dispongano delle risorse necessarie. Lo stesso dicasi per il livello regionale (messa a punto di strumenti d'informazione, di programmi culturali e di accoglienza, ecc.);

    2.15

    chiede di concedere ai comuni e alle regioni risorse finanziarie adeguate per l'attuazione delle misure di integrazione;

    2.16

    propone di creare una banca dati (contenente p. es. informazioni sul riconoscimento dei percorsi formativi e delle qualifiche, sulle necessità dei migranti, ecc.);

    2.17

    insiste sul fatto che il livello regionale e quello locale forniscono un contributo importante e indispensabile e possono apportare ampie conoscenze e know-how. Andrebbero pertanto coinvolti ampiamente e in una fase precoce sia nell'elaborazione di strategie che nell'intero processo;

    2.18

    esorta a prevedere misure ed incentivi per fare in modo che i migranti utilizzino davvero le strategie proposte (p. es. incentivi a cercare un lavoro o a frequentare corsi di formazione);

    2.19

    sottolinea la necessità di migliorare i metodi di calcolo del numero degli immigrati per poter in tal modo adeguare e sviluppare correttamente le misure di integrazione che si è deciso di applicare.

    II.   COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE AL CONSIGLIO, AL PARLAMENTO EUROPEO, AL COMITATO ECONOMICO E SOCIALE EUROPEO E AL COMITATO DELLE REGIONI - MIGRAZIONE E SVILUPPO: ORIENTAMENTI CONCRETI (COM(2005) 390 DEF.)

    1.   Osservazioni del Comitato delle regioni

    Il Comitato delle regioni

    1.1

    constata che la comunicazione prevede azioni per migliorare le ricadute della migrazione sullo sviluppo. Il documento, che si basa su una comunicazione del dicembre 2002, è incentrato sulla migrazione sud-nord;

    1.2

    osserva che, oltre agli effetti dell'emigrazione sullo sviluppo dei paesi di origine, è altrettanto importante studiare gli effetti della cooperazione allo sviluppo sull'emigrazione, poiché si tratta di un fattore determinante per quest'ultima. Sul lungo termine sarà possibile controllare i flussi migratori solo a patto di aiutare i paesi dai quali proviene l'immigrazione ad offrire opportunità adeguate ai loro cittadini;

    1.3

    riconosce che la comunicazione punta molto sul sostegno al rimpatrio temporaneo e virtuale per promuovere il trasferimento delle conoscenze e delle esperienze a vantaggio dei paesi d'origine e del loro sviluppo («circolazione» anziché «fuga» dei cervelli);

    1.4

    si compiace che l'integrazione della politica migratoria nella politica di sviluppo, il contributo che il rientro dei migranti apporta sul piano dello sviluppo, l'agevolazione del trasferimento dei capitali e delle rimesse e il cofinanziamento di progetti basati sulle rimesse vengano giudicati particolarmente importanti;

    1.5

    approva il fatto che la comunicazione, in modo del tutto generale, intenda appoggiare il mantenimento dei contatti fra i paesi d'origine e i migranti (tendenza che si va peraltro delineando sempre più anche nelle politiche dei singoli Stati membri in materia di cittadinanza);

    1.6

    sottolinea l'importanza di adottare una prospettiva maggiormente incentrata sui migranti quali intermediari nei confronti dei paesi di origine. Questo approccio dovrebbe essere un argomento a favore di un complemento alla formazione effettuata nella lingua del paese di accoglienza mediante corsi complementari di alfabetizzazione e insegnamento nella lingua materna dei migranti;

    1.7

    rileva che dal dibattito riguardo al Libro verde sull'immigrazione legale emerge chiaramente che in avvenire si punterà anzitutto sull'impiego temporaneo e sull'immigrazione di manodopera altamente qualificata.

    2.   Raccomandazioni del Comitato delle regioni

    Il Comitato delle regioni

    2.1

    constata che i flussi finanziari possono sì contribuire alla realizzazione degli obiettivi di sviluppo, però, avendo carattere puramente privato, non possono sostituirsi agli aiuti pubblici. Si tratta dunque di un aspetto che andrebbe tenuto in debito conto;

    2.2

    sottolinea che i costi e le condizioni dei trasferimenti di denaro sono insoddisfacenti; chiede pertanto provvedimenti intesi a ridurre tali costi, a garantire una maggiore sicurezza e ad accelerare lo svolgimento delle operazioni. Si tratta di misure attuabili nel breve periodo, ma le cui conseguenze sullo sviluppo vanno iscritte in una prospettiva a più lungo termine;

    2.3

    propone di prevedere misure relative ai seguenti aspetti:

    trasferimenti di denaro meno costosi, più rapidi e più sicuri,

    dati più affidabili,

    trasparenza,

    quadro normativo,

    quadro tecnico,

    accesso ai servizi finanziari;

    2.4

    si compiace dell'intenzione di assistere i paesi in via di sviluppo a individuare le comunità dei loro emigrati e ad instaurare dei contatti con esse. Occorre creare basi di dati che permettano ai governi dei paesi di origine d'individuare, fra i propri cittadini emigrati, quelli dotati delle maggiori qualifiche. Queste persone potrebbero essere invitate a rientrare in patria in caso di necessità. Andrebbe però precisato chiaramente che la registrazione delle comunità di emigrati nelle banche dati potrà avvenire solo su base volontaria;

    2.5

    riconosce che le migrazioni temporanee serviranno ad accrescere il potenziale del paese d'origine, ma precisa che ciò non dovrebbe costituire un quadro troppo generale applicabile ai lavoratori stagionali;

    2.6

    sottolinea che le disposizioni in vigore (direttiva 2003/109/CE del Consiglio, del 25 novembre 2003, relativa allo status dei cittadini di paesi terzi che siano soggiornanti di lungo periodo) non consentono né il «rientro dei migranti» né il loro ritorno virtuale o temporaneo cui accenna la comunicazione in esame: infatti anche i migranti che beneficiano del diritto di soggiorno a tempo indeterminato perdono questo status se cessano di risiedere nel paese di accoglienza per un periodo prolungato. Per questo motivo accoglie con favore l'intento, annunciato nella comunicazione della Commissione, di esaminare come i cittadini di paesi terzi potrebbero mantenere il diritto di soggiorno nel paese ospitante quando, nel quadro di un programma di rientro, ritornano temporaneamente nel proprio paese di origine;

    2.7

    propone la definizione di una normativa comune che consenta agli immigrati, già in possesso di un permesso di soggiorno a tempo indeterminato ovvero che ne abbiano diritto, di recarsi nel loro paese di origine e di restarvi per il periodo di tempo che ritengano opportuno senza che questo comporti la perdita nel paese di accoglienza dello status di cittadino di paese terzo residente di lunga durata o a tempo indeterminato;

    2.8

    riconosce che la comunicazione in esame rispecchia il dibattito sempre più acceso a livello internazionale che tende a vedere nei migranti dei fattori di sviluppo per i paesi d'origine (rimesse, trasferimento di conoscenze, …). Sotto questo profilo la migrazione temporanea è un fattore positivo; sarebbe tuttavia opportuno esaminare in prima istanza misure che prevedano il rientro volontario o basato su un sistema di incentivi;

    2.9

    chiede pertanto che in questo contesto si rifletta nuovamente sul significato che la nozione di «transnazionalità» dovrebbe avere per la politica dell'integrazione;

    2.10

    si compiace che la comunicazione parta da un punto di vista interessante, considerando cioè i paesi d'origine come parti coinvolte nella gestione delle migrazioni. Questi aspetti positivi della migrazione temporanea e del rientro temporaneo richiederebbero tuttavia il riconoscimento di un diritto illimitato al reingresso nei paesi di accoglienza per i migranti che abbiano soggiornato per un periodo più o meno lungo (in netto contrasto con la direttiva 2003/109/CE del Consiglio, del 25 novembre 2003, relativa allo status dei cittadini di paesi terzi che siano soggiornanti di lungo periodo, che prevede il decadimento immediato di un diritto di soggiorno già acquisito qualora venga abbandonato il territorio dell'UE);

    2.11

    accoglie con favore il fatto che la comunicazione ponga l'accento sulla promozione della migrazione temporanea a condizione che essa avvenga su base volontaria e mediante un sistema di incentivi. La migrazione temporanea può essere uno strumento utile ai fini dello sviluppo dei paesi del terzo mondo;

    2.12

    ritiene che la migrazione temporanea possa funzionare efficacemente solo se ai migranti viene consentito, dopo un ritorno temporaneo nel loro paese di provenienza, di rientrare nel paese ospitante. Chiede pertanto agli Stati membri che attualmente proibiscono gli ingressi multipli di riesaminare il divieto;

    2.13

    riconosce che l'impiego stagionale offre agli interessati un vantaggio a breve termine in quanto consente loro di percepire un reddito e di maturare un'esperienza lavorativa in tempi brevi. Tuttavia gli interessati ritornano nei paesi d'origine senza la speranza di poter migliorare le proprie condizioni economiche e sociali. Il Comitato delle regioni ritiene che si debba dare la priorità a una prospettiva più a lungo termine;

    2.14

    si compiace del sostegno accordato ai programmi di rientro, ma sottolinea che questi possono funzionare solo se si attua una politica di sviluppo efficace anche rafforzando gli interventi coordinati di cooperazione decentrata;

    2.15

    chiede pertanto d'investire a sufficienza nelle infrastrutture e nella formazione e di esercitare controlli sull'impiego delle risorse in loco;

    2.16

    raccomanda che, con riferimento all'immigrazione per lavori stagionali, potenzialmente più esposta al rischio di sfruttamento, siano predisposte misure adeguate a scongiurare tale rischio;

    2.17

    rileva che, per quanto le proposte formulate nella comunicazione in esame comportino degli approcci ben mirati e lungimiranti, ci si dovrebbe comunque impegnare per risolvere le summenzionate contraddizioni;

    2.18

    insiste sulla necessità di evitare che nell'UE finiscano per prevalere gli approcci restrittivi;

    2.19

    sottolinea l'opportunità di evitare che si arrivi ad una situazione negativa in cui si legittimano ampi provvedimenti di rimpatrio forzato con il pretesto della promozione dello sviluppo, senza che vi sia un sistema che offra ampie possibilità d'immigrazione legale per tutti i diversi livelli di qualificazione (cfr. la Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi soggiornanti illegalmente - COM(2005) 391 def.);

    2.20

    sottolinea che l'aiuto allo sviluppo dei paesi dai quali provengono i migranti deve avere la massima importanza, e che è necessario promuovere la cooperazione con tali paesi in tutti i settori, mediante accordi e programmi specifici;

    2.21

    insiste sul fatto che il livello regionale e locale forniscono un contributo importante e indispensabile e possono offrire ampie conoscenze e know-how. Andrebbero pertanto coinvolti largamente e in una fase molto precoce sia nell'elaborazione di strategie che nell'intero processo.

    III.   PROPOSTA DI DIRETTIVA DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO RECANTE NORME E PROCEDURE COMUNI APPLICABILI NEGLI STATI MEMBRI AL RIMPATRIO DI CITTADINI DI PAESI TERZI SOGGIORNANTI ILLEGALMENTE (COM(2005) 391 DEF.)

    1.   Osservazioni del Comitato delle regioni

    Il Comitato delle regioni

    1.1

    sottolinea che una politica di rimpatrio efficace è una componente necessaria di una politica d'immigrazione opportunamente concepita e credibile;

    1.2

    fa notare che la direttiva intende garantire procedure eque e trasparenti;

    1.3

    rileva che una procedura armonizzata in due fasi (decisione di rimpatrio ed esecuzione del provvedimento di allontanamento) dovrà permettere di applicare il principio del rimpatrio volontario (incentivi);

    1.4

    si compiace che l'introduzione di divieti di reingresso validi in tutta l'UE offra anche lo spunto per creare un sistema d'informazione comune (SIS II).

    2.   Raccomandazioni del Comitato delle regioni

    Il Comitato delle regioni

    2.1

    chiede di fare in modo che i principi dello Stato di diritto e del diritto ad un «giusto processo» non vengano sacrificati a favore delle xenofobia e di una visione improntata unicamente alla redditività;

    2.2

    sottolinea che, nel quadro dell'introduzione di garanzie procedurali minime, occorre prestare particolare attenzione alla proporzionalità delle misure coercitive. Dato che al loro ritorno in patria i migranti rischiano spesso gravi rappresaglie, sarebbe necessario adottare le misure necessarie per garantire la salvaguardia dei diritti umani, dando priorità assoluta alla loro tutela piuttosto che all'esecuzione del rimpatrio;

    2.3

    si rammarica che non siano state previste norme di tutela specifiche per le donne adulte, le giovani, i minori e i disabili;

    2.4

    chiede che anche le vittime e i testimoni del traffico di esseri umani e di altri reati commessi nel contesto dei movimenti migratori godano della protezione dell'UE;

    2.5

    sottolinea che i diritti dell'uomo, così come sanciti nelle disposizioni di diritto comunitario, ma anche e in primo luogo nella Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), e menzionati nella Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, devono costituire la base per l'adozione di nuove norme. Con il richiamo esplicito e vincolante ad articoli ben precisi della CEDU e della suddetta Carta s'intende garantire che gli Stati membri ne tengano conto nel quadro dell'attuazione della direttiva. Le formulazioni deboli (quali ad esempio l'espressione «tengono nella dovuta considerazione» o «conformemente») rischiano infatti di essere interpretate in modo da consentire un margine di manovra eccessivamente ampio;

    2.6

    chiede che un semplice soggiorno illegale nel territorio di uno Stato membro non venga di per sé considerato un indizio determinante del rischio di fuga. Ciò equivarrebbe infatti a una condanna a priori, inammissibile perché viola l'articolo 6 della CEDU (diritto a un processo equo);

    2.7

    sottolinea l'importanza di tutelare le vittime e i testimoni della tratta degli esseri umani, evitando di utilizzarli solo ai fini di processi penali. Prima del rimpatrio andrebbe piuttosto presa in considerazione la situazione nel paese d'origine in modo da non favorire ricatti e pericolose minacce da parte di criminali;

    2.8

    auspica che, nella nozione della «minaccia per l'ordine pubblico o per la sicurezza nazionale», vengano fatte rientrare solo le lesioni degli interessi vitali degli Stati membri che oltrepassano una certa soglia di gravità, e che solo tali violazioni giustifichino l'imposizione del divieto di reingresso. Pertanto, questa sanzione non va comminata nel caso di infrazioni aventi conseguenze modeste per il bene comune, come ad esempio un semplice soggiorno illegale;

    2.9

    raccomanda di concedere il patrocinio a spese dello Stato a coloro che non dispongono di mezzi sufficienti, indipendentemente dalle previsioni relative alla necessità di un tale aiuto. In corso di procedimento non è infatti possibile valutarne seriamente la necessità in anticipo. Per la concessione del patrocinio dovrebbe quindi essere determinante lo stato di indigenza;

    2.10

    chiede che le misure coercitive (custodia temporanea) siano proporzionate, in quanto i migranti, in caso di rientro in patria, rischiano spesso gravi rappresaglie. Nonostante taluni individui tendano a comportamenti estremi, si dovrà evitare di perdere di vista i diritti umani;

    2.11

    precisa che gli Stati membri devono essere obbligati a garantire un'assistenza medica adeguata durante la custodia temporanea;

    2.12

    si pronuncia a favore della trasposizione integrale della Convenzione sui diritti del fanciullo del 20 novembre 1989. In tale contesto vanno sottolineati in modo particolare il diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione, la tutela della sfera privata, la protezione contro la violenza, i maltrattamenti e l'abbandono, il diritto alle cure sanitarie, all'istruzione, all'insegnamento scolastico e alla formazione professionale, nonché la tutela delle minoranze;

    2.13

    sottolinea che, ai fini del buon funzionamento del sistema previsto dalla direttiva in esame, occorre garantire che sul territorio di ogni Stato membro siano consentite e vengano riconosciute le notifiche da parte di altri Stati membri. Ciò dovrà avvenire mediante la conclusione di accordi bilaterali o multilaterali che contemplino anche la necessaria assistenza reciproca;

    2.14

    è favorevole all'istituzione di un sistema telematico centrale per la registrazione dei dati personali; le autorità di esecuzione dei singoli Stati membri avranno accesso a questo sistema e saranno tenute ad effettuare il necessario trasferimento dei dati.

    Raccomandazione n. 1

    Articolo 5

    Proposta della Commissione europea COM(2005) 391 def. - 2005/0167 (COD)

    Emendamento

    Articolo 5

    Vincoli familiari e interesse superiore del minore

    Quando applicano la presente direttiva, gli Stati membri tengono nella dovuta considerazione la natura e la solidità dei vincoli familiari del cittadino di paesi terzi, la durata del suo soggiorno nello Stato membro e l'esistenza di legami familiari, culturali o sociali con il paese d'origine. Tengono altresì conto dell'interesse superiore del minore conformemente alla convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo del 1989.

    Articolo 5

    Vincoli familiari e interesse superiore del minore

    Quando applicano la presente direttiva, gli Stati membri prendono in tengono nella dovuta considerazione i la natura e la solidità dei vincoli familiari del cittadino di paesi terzi, conformemente all'articolo 8 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), la durata del suo soggiorno nello Stato membro e l'esistenza di legami familiari, culturali o sociali con il paese d'origine. Tengono Rispettano altresì conto dell' l'interesse superiore del minore, conformemente al disposto della alla convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo del 1989.

    Motivazione

    Per il Comitato delle regioni è particolarmente importante che i diritti dell'uomo, così come sanciti nelle disposizioni di diritto comunitario, ma anche e in primo luogo nella Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), costituiscano la base per l'adozione di nuove norme. Con il richiamo esplicito e vincolante ad un articolo ben preciso della CEDU viene garantito che gli Stati membri, nel quadro dell'attuazione della direttiva, ne tengano conto.

    C'è il rischio che formulazioni deboli (come ad esempio le espressioni «tengono nella dovuta considerazione» o «conformemente») vengano interpretate in modo da consentire un margine di manovra eccessivamente ampio.

    Raccomandazione n. 2

    Articolo 6, paragrafo 2

    Proposta della Commissione europea COM(2005) 391 def. - 2005/0167 (COD)

    Emendamento

    Articolo 6

    Decisione di rimpatrio

    2.

    La decisione di rimpatrio fissa un termine congruo per la partenza volontaria di quattro settimane al massimo, salvo quando sussistono elementi oggettivi per ritenere che l'interessato possa tentare la fuga in quel periodo. Per la durata del termine, possono essere imposti obblighi diretti a evitare il rischio di fuga, come la presentazione periodica alle autorità, la costituzione di una garanzia finanziaria, la consegna dei documenti o l'obbligo di dimorare in un determinato luogo.

    Articolo 6

    Decisione di rimpatrio

    2.

    La decisione di rimpatrio fissa un termine congruo per la partenza volontaria di quattro settimane al massimo, salvo quando sussistono elementi oggettivi per ritenere che l'interessato possa tentare la fuga in quel periodo. Per la durata del termine, possono essere imposti obblighi diretti a evitare il rischio di fuga, come la presentazione periodica alle autorità, la costituzione di una garanzia finanziaria, la consegna dei documenti o l'obbligo di dimorare in un determinato luogo.

    2. bis

    La presunzione di rischio di fuga non sussiste per il solo fattoche un cittadino di un paese terzo soggiorna illegalmente nel territorio di uno Stato membro.

    Motivazione

    L'emendamento proposto è inteso a chiarire che un semplice soggiorno illegale nel territorio di uno Stato membro non costituisce di per sé un indizio determinante del rischio di fuga. Ciò equivarrebbe infatti a una condanna a priori, inammissibile perché viola l'articolo 6 della CEDU (diritto a un processo equo).

    Raccomandazione n. 3

    Articolo 6, paragrafo 5

    Proposta della Commissione europea COM(2005) 391 def. - 2005/0167 (COD)

    Emendamento

    Articolo 6

    Decisione di rimpatrio

    5.

    In qualsiasi momento, gli Stati membri possono decidere di rilasciare un permesso di soggiorno autonomo o altra autorizzazione che conferisca un diritto di soggiorno per motivi umanitari o altri motivi, a cittadini di paesi terzi soggiornanti illegalmente sul loro territorio. In questi casi la decisione di rimpatrio non è presa o, qualora sia stata già presa, è revocata.

    Articolo 6

    Decisione di rimpatrio

    5.

    In qualsiasi momento, gli Stati membri possono decidere di rilasciare un permesso di soggiorno autonomo o altra autorizzazione che conferisca un diritto di soggiorno per motivi umanitari o altri motivi, a cittadini di paesi terzi soggiornanti illegalmente sul loro territorio. In questi casi la decisione di rimpatrio non è presa o, qualora sia stata già presa, è revocata.

    5. bis

    Gli Stati membri offrono protezione alle vittime e ai testimoni della tratta di esseri umani. In questi casi non viene presa alcuna decisione di rimpatrio o, qualora una decisione sia già stata presa, essa viene revocata fino a quando non sia garantito che le vittime e i testimoni del traffico di esseri umani potranno essere rimpatriati in un paese terzo sicuro per loro. Per agevolare tali attività di difesa del diritto degli immigrati da parte degli Stati membri, l'Unione europea dovrà introdurre una serie di meccanismi di aiuto finanziario loro destinati.

    Motivazione

    Con la modifica proposta, il Comitato delle regioni intende sottolineare l'importanza della tutela di questo gruppo di persone perseguitato. Le vittime e i testimoni del traffico di essere umani non vanno utilizzati solo ai fini di processi penali. Prima di rimpatriarli va piuttosto presa in considerazione la situazione nel paese d'origine, per non favorire ricatti e pericolose minacce da parte di criminali.

    L'Unione europea deve essere corresponsabile di tutte le politiche di lotta all'immigrazione illegale, un fenomeno che, vista l'attuale situazione, non rappresenta un problema individuale di alcuni Stati membri, bensì una sfida per l'Unione nel suo insieme. Le prospettive finanziarie dell'Unione europea per il periodo 2007-2013 prevedono meccanismi di aiuto economico nell'ambito del programma destinato allo spazio di libertà, sicurezza e giustizia. Alcuni aspetti di tale programma riguardano le politiche in materia di migrazione ed integrazione e potrebbero quindi venir destinati in parte a tali obiettivi.

    Raccomandazione 4

    Articolo 8, paragrafo 2

    Proposta della Commissione europea COM(2005) 391 def. - 2005/0167 (COD)

    Emendamento

    Articolo 8

    Rinvio dell'esecuzione

    1.

    Gli Stati membri possono differire l'esecuzione di una decisione di rimpatrio per un congruo periodo, tenendo conto delle circostanze specifiche per ciascun caso.

    2.

    Gli Stati membri possono differire l'esecuzione di un provvedimento di allontanamento se e fino a quando ricorrano le seguenti circostanze:

    (a)

    incapacità del cittadino di paesi terzi di viaggiare o essere trasportato nel paese di ritorno, dovuta alle sue condizioni fisiche o mentali;

    (b)

    ragioni tecniche, come l'assenza di mezzi di trasporto o altre difficoltà che impediscano di eseguire l'allontanamento in maniera umana e nel pieno rispetto dei diritti fondamentali del cittadino di paesi terzi e della sua dignità;

    (c)

    non è garantito che il minore non accompagnato possa essere consegnato al punto di partenza o di arrivo a un familiare, rappresentante equivalente, tutore o funzionario competente del paese di ritorno, in base a una valutazione delle condizioni di rimpatrio di quel minore.

    3.

    Ove sia disposto il rinvio dell'esecuzione di una decisione di rimpatrio o di un provvedimento di allontanamento ai sensi dei paragrafi 1 e 2, al cittadino di paesi terzi interessato possono essere imposti obblighi diretti a evitare il rischio di fuga, come la presentazione periodica alle autorità, la costituzione di una garanzia finanziaria, la consegna dei documenti o l'obbligo di dimorare in un determinato luogo.

    Articolo 8

    Rinvio dell'esecuzione

    1.

    Gli Stati membri possono differire l'esecuzione di una decisione di rimpatrio per un congruo periodo, tenendo conto delle circostanze specifiche per ciascun caso.

    2.

    Gli Stati membri possono differire l'esecuzione di un provvedimento di allontanamento se e fino a quando ricorrano le seguenti circostanze:

    (a)

    incapacità del cittadino di paesi terzi di viaggiare o essere trasportato nel paese di ritorno, dovuta alle sue condizioni fisiche o mentali;

    (b)

    ragioni tecniche, come l'assenza di mezzi di trasporto o altre difficoltà che impediscano di eseguire l'allontanamento in maniera umana e nel pieno rispetto dei diritti fondamentali del cittadino di paesi terzi e della sua dignità;

    (c)

    non è garantito che il minore non accompagnato possa essere consegnato al punto di partenza o di arrivo a un familiare, rappresentante equivalente, tutore o funzionario competente del paese di ritorno, in base a una valutazione delle condizioni di rimpatrio di quel minore.

    2.bis

    In ogni caso gli Stati membri debbono differire l'esecuzione di un provvedimento di allontanamento di un minore non accompagnato fino a quando non è garantito che quest'ultimo può essere consegnato, al punto di partenza o di arrivo, a un familiare, rappresentante equivalente, tutore o a un funzionario competente del paese di ritorno, in base a una valutazione del superiore interesse del minore e delle condizioni di rimpatrio.

    3.

    Ove sia disposto il rinvio dell'esecuzione di una decisione di rimpatrio o di un provvedimento di allontanamento ai sensi dei paragrafi 1 e 2, al cittadino di paesi terzi interessato possono essere imposti obblighi diretti a evitare il rischio di fuga, come la presentazione periodica alle autorità, la costituzione di una garanzia finanziaria, la consegna dei documenti o l'obbligo di dimorare in un determinato luogo.

    Motivazione

    Sarebbe grave e in contrasto con tutte le convenzioni internazionali di tutela dei diritti dell'uomo, in particolare la Convenzione di New York sui diritti del fanciullo, lasciare agli Stati membri la possibilità di operare il rimpatrio di minori senza tale verifica: questa è infatti essenziale ai fini della valutazione del superiore interesse del minore, vale a dire il criterio fondamentale che dovrebbe improntare ogni decisione in materia.

    Raccomandazione n. 5

    Articolo 9, paragrafo 3

    Proposta della Commissione europea COM(2005) 391 def. - 2005/0167 (COD)

    Emendamento

    Articolo 9

    Divieto di reingresso

    3.

    Il divieto di reingresso può essere annullato, in particolare se il cittadino di paesi terzi:

    (a)

    è per la prima volta destinatario di una decisione di rimpatrio o di un provvedimento di allontanamento;

    (b)

    si è presentato al consolato di uno Stato membro;

    (c)

    ha rimborsato l'intero costo della precedente procedura di rimpatrio.

    Articolo 9

    Divieto di reingresso

    3.

    Il divieto di reingresso può essere annullato in qualsiasi momento., in particolare se il cittadino di paesi terzi:

    (a)

    è per la prima volta destinatario di una decisione di rimpatrio o di un provvedimento di allontanamento;

    (b)

    si è presentato al consolato di uno Stato membro;

    (c)

    ha rimborsato l'intero costo della precedente procedura di rimpatrio.

    Motivazione

    La modifica proposta è intesa a precisare le disposizioni previste nel presente articolo. Soprattutto il legame esplicito tra l'annullamento del divieto di reingresso e il rimborso dei costi della precedente procedura di rimpatrio di cui alla lettera (c) potrebbe portare ad una ingiustificata discriminazione positiva a favore dei più abbienti o addirittura delle bande dotate di notevoli mezzi finanziari che praticano la tratta degli esseri umani. Secondo il Comitato delle regioni resta altresì da stabilire che senso abbia l'obbligo di presentarsi a un consolato.

    Raccomandazione n. 6

    Articolo 12, paragrafo 3

    Proposta della Commissione europea COM(2005) 391 def. - 2005/0167 (COD)

    Emendamento

    Articolo 12

    Impugnazione

    3.

    Gli Stati membri dispongono che il cittadino di paesi terzi interessato abbia la facoltà di farsi consigliare e rappresentare da un legale e possa, ove necessario, avvalersi di un'assistenza linguistica. A coloro che non dispongono di mezzi sufficienti è concesso il patrocinio a spese dello Stato qualora ciò sia necessario per assicurare un accesso effettivo alla giustizia.

    Articolo 12

    Impugnazione

    3.

    Gli Stati membri dispongono che il cittadino di paesi terzi interessato abbia la facoltà di farsi consigliare e rappresentare da un legale e possa, ove necessario, avvalersi di un'assistenza linguistica. A coloro che non dispongono di mezzi sufficienti è concesso il patrocinio a spese dello Stato qualora ciò sia necessario per assicurare un accesso effettivo alla giustizia.

    Motivazione

    Il Comitato delle regioni raccomanda di concedere il patrocinio a spese dello Stato a coloro che non dispongono di mezzi sufficienti, indipendentemente dalle previsioni relative alla necessità di tale aiuto. In corso di procedimento non è infatti possibile valutarne seriamente la necessità in anticipo. Per la concessione del patrocinio dovrebbe quindi essere determinante lo stato di indigenza.

    Raccomandazione n. 7

    Articolo 14, paragrafo 1

    Proposta della Commissione europea COM(2005) 391 def. - 2005/0167 (COD)

    Emendamento

    Articolo 14

    Custodia temporanea

    1.

    Se vi è fondato sospetto che sussista un rischio di fuga e l'uso di misure meno coercitive come la presentazione periodica alle autorità, la costituzione di una garanzia finanziaria, la consegna dei documenti, l'obbligo di dimorare in un determinato luogo o altre misure dirette a evitare quel rischio, non è sufficiente, gli Stati membri tengono sotto custodia temporanea il cittadino di paesi terzi nei cui confronti è o sarà disposto l'allontanamento o il rimpatrio.

    Articolo 14

    Custodia temporanea

    1.

    Se vi è fondato sospetto che sussista un rischio di fuga e l'uso di misure meno coercitive come la presentazione periodica alle autorità, la costituzione di una garanzia finanziaria, la consegna dei documenti, l'obbligo di dimorare in un determinato luogo o altre misure dirette a evitare quel rischio, non è sufficiente, gli Stati membri tengono sotto custodia temporanea il cittadino di paesi terzi nei cui confronti è o sarà disposto l'allontanamento o il rimpatrio. Si applica l'articolo 6, paragrafo 2 bis.

    Motivazione

    La modifica proposta è intesa a chiarire che un semplice soggiorno illegale nel territorio di uno Stato membro non può essere considerato di per sé un indizio determinante del rischio di fuga. Ciò equivarrebbe infatti a una condanna a priori, inammissibile perché viola l'articolo 6 della CEDU (diritto a un processo equo).

    Raccomandazione n. 8

    Articolo 15, paragrafo 1

    Proposta della Commissione europea COM(2005) 391 def. - 2005/0167 (COD)

    Emendamento

    Articolo 15

    Condizioni della custodia temporanea

    1.

    Gli Stati membri garantiscono un trattamento umano e dignitoso ai cittadini di paesi terzi sotto custodia temporanea, nel pieno rispetto dei loro diritti fondamentali e in conformità con il diritto nazionale e internazionale. Su richiesta, è data loro facoltà, senza indugio, di entrare in contatto con rappresentanti legali, familiari e autorità consolari competenti, e con le pertinenti organizzazioni internazionali e non governative.

    Articolo 15

    Condizioni della custodia temporanea

    1.

    Gli Stati membri garantiscono un trattamento umano e dignitoso ai cittadini di paesi terzi sotto custodia temporanea, nel pieno rispetto dell'articolo 3 della CEDU dei loro diritti fondamentali e in conformità con il diritto nazionale e internazionale. Viene prestata particolare attenzione alla proporzionalità delle necessarie misure coercitive. Su richiesta, è data loro facoltà, senza indugio, di entrare in contatto con rappresentanti legali, familiari e autorità consolari competenti, e con le pertinenti organizzazioni internazionali e non governative.

    Motivazione

    L'emendamento proposto serve a precisare il divieto, di cui all'art. 3 della CEDU, di sottoporre un individuo a tortura, nonché a pene o trattamenti inumani o degradanti.

    Il Comitato tiene a sottolineare in modo particolare la richiesta della proporzionalità delle misure coercitive in quanto i migranti, in caso di rientro in patria, rischiano spesso gravi rappresaglie. Nonostante taluni individui tendano a comportamenti estremi, si dovrà evitare di perdere di vista i diritti umani.

    Raccomandazione n. 9

    Articolo 15, paragrafi 2 e 3

    Proposta della Commissione europea COM(2005) 391 def. - 2005/0167 (COD)

    Emendamento

    Articolo 15

    Condizioni della custodia temporanea

    2.

    La custodia temporanea avviene presso gli appositi centri di custodia temporanea. Lo Stato membro che non possa ospitare il cittadino di paesi terzi interessato in un apposito centro di custodia temporanea e debba sistemarlo in un istituto penitenziario, provvede affinché quel cittadino sia tenuto costantemente separato, fisicamente, dai detenuti ordinari.

    3. Particolare attenzione merita la situazione delle persone vulnerabili. Gli Stati membri dispongono che i minori non siano tenuti sotto custodia temporanea nei normali istituti penitenziari. I minori non accompagnati sono separati dagli adulti, salvo se ritenuto contrario all'interesse superiore del minore.

    Articolo 15

    Condizioni della custodia temporanea

    2.

    La custodia temporanea avviene presso gli appositi centri di custodia temporanea. Lo Stato membro che non possa ospitare il cittadino di paesi terzi interessato in un apposito centro di custodia temporanea e debba sistemarlo in un istituto penitenziario, provvede affinché quel cittadino sia tenuto costantemente separato, fisicamente, dai detenuti ordinari. È garantita un'assistenza sanitaria adeguata in caso di problemi fisici e psichici. Viene riservata un'attenzione particolare all'assistenza alle persone traumatizzate.

    Si tiene conto specialmente delle esigenze specifiche delle donne. In ogni caso, nella custodia temporanea gli uomini vengono separati dalle donne.

    3. Particolare attenzione merita la situazione delle persone vulnerabili. Gli Stati membri garantiscono il rispetto della Convenzione sui diritti del fanciullo del 20 novembre 1989 e Gli Stati membri dispongono in particolare che i minori non siano tenuti sotto custodia temporanea nei normali istituti penitenziari. I minori non accompagnati sono separati dagli adulti, salvo se ritenuto contrario all'interesse superiore del minore.

    Motivazione

    L'emendamento proposto è inteso a precisare che durante la custodia temporanea gli Stati membri sono tenuti a garantire un'assistenza medica adeguata.

    I diritti delle donne giovani e adulte vanno sanciti esplicitamente.

    La Convenzione sui diritti del fanciullo del 20 novembre 1989 va attuata integralmente. In tale contesto vanno sottolineati in modo particolare il diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione, la tutela della sfera privata, la protezione contro la violenza, i maltrattamenti e l'abbandono, il diritto alle cure sanitarie, all'istruzione, all'insegnamento scolastico e alla formazione professionale, nonché la tutela delle minoranze.

    Raccomandazione n. 10

    Articolo 11, paragrafo 1

    Proposta della Commissione europea COM(2005) 391 def. - 2005/0167 (COD)

    Emendamento

    Articolo 11

    Forma

    1.

    La decisione di rimpatrio e il provvedimento di allontanamento sono adottati in forma scritta.

    Gli Stati membri provvedono affinché la decisione e/o il provvedimento siano adeguatamente motivati in fatto e in diritto e al cittadino di paesi terzi interessato siano notificate per iscritto le modalità di impugnazione disponibili.

    Articolo 11

    Forma

    1.

    La decisione di rimpatrio e il provvedimento di allontanamento sono adottati in forma scritta.

    Gli Stati membri provvedono affinché la decisione e/o il provvedimento siano adeguatamente motivati in fatto e in diritto e al cittadino di paesi terzi interessato siano notificate per iscritto le modalità di impugnazione disponibili.

    1. bis

    Gli Stati membri riconoscono e consentono la notifica di documenti ufficiali e decisioni di altri Stati membri nel quadro dei summenzionati procedimenti.

    Motivazione

    Ai fini del buon funzionamento del sistema previsto dalla direttiva in esame occorre garantire che sul territorio dei singoli Stati membri siano consentite e vengano riconosciute le notifiche emesse da altri Stati membri. Ciò dovrà avvenire mediante la conclusione di accordi bilaterali o multilaterali che contemplino anche la necessaria assistenza reciproca.

    Raccomandazione n. 11

    Articolo 16 bis (nuovo)

    Bruxelles, …

    COM(2005) 391 def.

    DIRETTIVA DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO

    recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi soggiornanti illegalmente

    Finora il summenzionato documento è formato dai capitoli I-VI.

    Il Comitato delle regioni chiede di integrare il testo con il seguente capitolo V bis:

    Capitolo V bis

    SISTEMA TELEMATICO CENTRALE

    Articolo 16 bis

    Sistema telematico centrale per la registrazione dei dati personali

    1.

    Gli Stati membri registrano in un sistema telematico centrale messo a disposizione dall'UE i dati personali, rilevanti ai fini del procedimento, dei cittadini di paesi terzi che soggiornano illegalmente e devono o dovranno essere rimpatriati. Provvedono inoltre al loro aggiornamento.

    2.

    Le autorità di esecuzione dei singoli Stati membri hanno accesso a questo sistema e sono tenute ad effettuare il trasferimento dei dati di cui al paragrafo 1.

    Bruxelles, 27 aprile 2006

    Il Presidente

    del Comitato delle regioni

    Michel DELEBARRE


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