EUR-Lex L'accesso al diritto dell'Unione europea

Torna alla homepage di EUR-Lex

Questo documento è un estratto del sito web EUR-Lex.

Documento 62020CJ0184

Sentenza della Corte (Grande Sezione) del 1° agosto 2022.
OT contro Vyriausioji tarnybinės etikos komisija.
Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Vilniaus apygardos administracinis teismas.
Rinvio pregiudiziale – Protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali – Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – Articoli 7, 8 e 52, paragrafo 1 – Direttiva 95/46/CE – Articolo 7, lettera c) – Articolo 8, paragrafo 1 – Regolamento (UE) 2016/679 – Articolo 6, paragrafo 1, primo comma, lettera c), e paragrafo 3, secondo comma – Articolo 9, paragrafo 1 – Trattamento necessario per adempiere un obbligo legale al quale è soggetto il titolare del trattamento – Obiettivo di interesse pubblico – Proporzionalità – Trattamento di categorie particolari di dati personali – Normativa nazionale che impone la pubblicazione su Internet di dati contenuti nelle dichiarazioni di interessi privati di persone fisiche che lavorano nel servizio pubblico o di dirigenti di associazioni o di enti percettori di fondi pubblici – Prevenzione dei conflitti di interessi e della corruzione nel settore pubblico.
Causa C-184/20.

Raccolta della giurisprudenza - generale

Identificatore ECLI: ECLI:EU:C:2022:601

 SENTENZA DELLA CORTE (Grande Sezione)

1o agosto 2022 ( *1 )

«Rinvio pregiudiziale – Protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali – Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – Articoli 7, 8 e 52, paragrafo 1 – Direttiva 95/46/CE – Articolo 7, lettera c) – Articolo 8, paragrafo 1 – Regolamento (UE) 2016/679 – Articolo 6, paragrafo 1, primo comma, lettera c), e paragrafo 3, secondo comma – Articolo 9, paragrafo 1 – Trattamento necessario per adempiere un obbligo legale al quale è soggetto il titolare del trattamento – Obiettivo di interesse pubblico – Proporzionalità – Trattamento di categorie particolari di dati personali – Normativa nazionale che impone la pubblicazione su Internet di dati contenuti nelle dichiarazioni di interessi privati di persone fisiche che lavorano nel servizio pubblico o di dirigenti di associazioni o di enti percettori di fondi pubblici – Prevenzione dei conflitti di interessi e della corruzione nel settore pubblico»

Nella causa C‑184/20,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Vilniaus apygardos administracinis teismas (Tribunale amministrativo regionale di Vilnius, Lituania), con decisione del 31 marzo 2020, pervenuta in cancelleria il 28 aprile 2020, nel procedimento

OT

contro

Vyriausioji tarnybinės etikos komisija,

con l’intervento di:

Fondas «Nevyriausybinių organizacijų informacijos ir paramos centras»,

LA CORTE (Grande Sezione),

composta da K. Lenaerts, presidente, L. Bay Larsen, vicepresidente, A. Arabadjiev, A. Prechal, K. Jürimäe, C. Lycourgos, N. Jääskinen, I. Ziemele e J. Passer, presidenti di sezione, M. Ilešič (relatore), J.‑C. Bonichot, A. Kumin e N. Wahl, giudici,

avvocato generale: P. Pikamäe

cancelliere: A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento,

considerate le osservazioni presentate:

per il governo lituano, da K. Dieninis e V. Vasiliauskienė, in qualità di agenti;

per il governo italiano, da G. Palmieri, in qualità di agente, assistita da M. Russo, avvocato dello Stato;

per il governo finlandese, da M. Pere, in qualità di agente;

per la Commissione europea, da S.L. Kalėda, H. Kranenborg e D. Nardi, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 9 dicembre 2021,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 6, paragrafo 1, primo comma, lettera e), e dell’articolo 9, paragrafo 1, del regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE (regolamento generale sulla protezione dei dati) (GU 2016, L 119, pag. 1, e rettifiche in GU 2016, L 314, pag. 72, GU 2018, L 127, pag. 3 e GU 2021, L 74, pag. 35; in prosieguo: il «RGPD»).

2

Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra OT e la Vyriausioji tarnybinės etikos komisija (commissione superiore per la prevenzione dei conflitti di interessi nel servizio pubblico, Lituania) (in prosieguo: la «commissione superiore») in merito a una decisione di quest’ultima che constata l’inadempimento da parte di OT del suo obbligo di presentare una dichiarazione di interessi privati.

Contesto normativo

Diritto internazionale

Convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione

3

La Convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione, adottata con la risoluzione 58/4, del 31 ottobre 2003, dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite ed entrata in vigore il 14 dicembre 2005, è stata ratificata da tutti gli Stati membri e approvata dall’Unione europea con la decisione 2008/801/CE del Consiglio, del 25 settembre 2008 (GU 2008, L 287, pag. 1).

4

Ai sensi dell’articolo primo di tale convenzione:

«La presente Convenzione ha per oggetto:

a)

[l]a promozione ed il rafforzamento delle misure volte a prevenire e combattere la corruzione in modo più efficace;

(...)

c)

[l]a promozione dell’integrità, della responsabilità e della buona fede nella gestione degli affari pubblici e dei beni pubblici».

5

A termini dell’articolo 7, paragrafo 4, della stessa convenzione:

«Ciascuno [S]tato [Parte] si adopera, conformemente ai principi fondamentali del proprio diritto interno, al fine di adottare, mantenere e rafforzare i sistemi che favoriscono la trasparenza e prevengono i conflitti di interesse».

La Convenzione penale sulla corruzione

6

La Convenzione penale sulla corruzione, adottata dal Consiglio d’Europa il 27 gennaio 1999 e ratificata da tutti gli Stati membri, al quarto considerando così recita:

«sottolineando che la corruzione rappresenta una minaccia per lo Stato di diritto, la democrazia e i diritti dell’uomo, mina i principi di buon governo, di equità e di giustizia sociale, falsa la concorrenza, ostacola lo sviluppo economico e mette in pericolo la stabilità delle istituzioni democratiche e i fondamenti morali della società».

Diritto dell’Unione

Convenzione relativa alla lotta contro la corruzione nella quale sono coinvolti funzionari

7

La convenzione stabilita sulla base dell’articolo K.3, paragrafo 2, lettera c), del Trattato sull’Unione europea, relativa alla lotta contro la corruzione nella quale sono coinvolti funzionari delle Comunità europee o degli Stati membri dell’Unione europea (GU 1997, C 195, pag. 1), entrata in vigore il 28 settembre 2005, all’articolo 2, intitolato «Corruzione passiva», prevede quanto segue:

«1.   Ai fini della presente convenzione vi è corruzione passiva quando il funzionario[,] deliberatamente, direttamente o tramite un intermediario, sollecita o riceve vantaggi di qualsiasi natura, per sé o per un terzo, o ne accetta la promessa per compiere o per omettere un atto proprio delle sue funzioni o nell’esercizio di queste, in violazione dei suoi doveri di ufficio.

2.   Ciascuno Stato membro prende le misure necessarie ad assicurare che le condotte di cui al paragrafo 1 costituiscano illeciti penali».

8

L’articolo 3 di tale convenzione, intitolato «Corruzione attiva», è del seguente tenore:

«1.   Ai fini della presente convenzione vi è corruzione attiva quando una persona deliberatamente promette o dà, direttamente o tramite un intermediario, un vantaggio di qualsivoglia natura ad un funzionario, per il funzionario stesso o per un terzo, affinché questi compia o ometta un atto proprio delle sue funzioni o nell’esercizio di queste, in modo contrario ai suoi doveri d’ufficio.

2.   Ciascuno Stato membro prende le misure necessarie ad assicurare che le condotte di cui al paragrafo 1 costituiscano illeciti penali».

Direttiva 95/46/CE

9

I considerando 10, 30 e 33 della direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 ottobre 1995, relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati (GU 1995, L 281, pag. 31), così recitavano:

«(10)

considerando che le legislazioni nazionali relative al trattamento dei dati personali hanno lo scopo di garantire il rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali, in particolare del diritto alla vita privata, riconosciuto anche dall’articolo 8 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali e dai principi generali del diritto comunitario; che pertanto il ravvicinamento di dette legislazioni non deve avere per effetto un indebolimento della tutela da esse assicurata ma deve anzi mirare a garantire un elevato grado di tutela nella Comunità;

(...)

(30)

considerando che, per essere lecito, il trattamento di dati personali deve essere inoltre basato sul consenso della persona interessata oppure deve essere necessario ai fini della conclusione o dell’esecuzione di un contratto vincolante per la persona interessata, oppure deve essere previsto dalla legge, per l’esecuzione di un compito nell’interesse pubblico o per l’esercizio dell’autorità pubblica, o nell’interesse legittimo di un singolo individuo, a condizione che gli interessi o i diritti e le libertà della persona interessata non abbiano la prevalenza; (...)

(...)

(33)

considerando che i dati che possono per loro natura ledere le libertà fondamentali o la vita privata non dovrebbero essere oggetto di trattamento, salvo esplicito consenso della persona interessata; che tuttavia le deroghe a questo divieto devono essere espressamente previste nei casi di necessità specifiche, segnatamente laddove il trattamento di tali dati viene eseguito da persone assoggettate per legge all’obbligo del segreto professionale per taluni fini connessi alla sanità o per le legittime attività di talune associazioni o fondazioni il cui scopo consista nel permettere l’esercizio delle libertà fondamentali».

10

L’oggetto di tale direttiva era definito all’articolo 1, ai sensi del quale:

«1.   Gli Stati membri garantiscono, conformemente alle disposizioni della presente direttiva, la tutela dei diritti e delle libertà fondamentali delle persone fisiche e particolarmente del diritto alla vita privata, con riguardo al trattamento dei dati personali.

2.   Gli Stati membri non possono restringere o vietare la libera circolazione dei dati personali tra Stati membri, per motivi connessi alla tutela garantita a norma del paragrafo 1».

11

L’articolo 2 della medesima direttiva così disponeva:

«Ai fini della presente direttiva si intende per:

a)

“dati personali”: qualsiasi informazione concernente una persona fisica identificata o identificabile (“persona interessata”); si considera identificabile la persona che può essere identificata, direttamente o indirettamente, in particolare mediante riferimento ad un numero di identificazione o ad uno o più elementi specifici caratteristici della sua identità fisica, fisiologica, psichica, economica, culturale o sociale;

b)

“trattamento di dati personali” (“trattamento”): qualsiasi operazione o insieme di operazioni compiute con o senza l’ausilio di processi automatizzati e applicate a dati personali, come la raccolta, la registrazione, l’organizzazione, la conservazione, l’elaborazione o la modifica, l’estrazione, la consultazione, l’impiego, la comunicazione mediante trasmissione, diffusione o qualsiasi altra forma di messa a disposizione, il raffronto o l’interconnessione, nonché il congelamento, la cancellazione o la distruzione;

(...)».

12

Il capo II della direttiva 95/46, intitolato «Condizioni generali di liceità dei trattamenti di dati personali», era suddiviso in nove sezioni.

13

Nella sezione I, intitolata «Principi relativi alla qualità dei dati», l’articolo 6 della direttiva in parola era così formulato:

«1.   Gli Stati membri dispongono che i dati personali devono essere:

a)

trattati lealmente e lecitamente;

b)

rilevati per finalità determinate, esplicite e legittime, e successivamente trattati in modo non incompatibile con tali finalità. (...)

c)

adeguati, pertinenti e non eccedenti rispetto alle finalità per le quali vengono rilevati e/o per le quali vengono successivamente trattati;

(...)

2.   Il responsabile del trattamento è tenuto a garantire il rispetto delle disposizioni del paragrafo 1».

14

Nella sezione II, intitolata «Principi relativi alla legittimazione del trattamento dei dati», l’articolo 7 della medesima direttiva così disponeva:

«Gli Stati membri dispongono che il trattamento di dati personali può essere effettuato soltanto quando:

(...)

c)

è necessario per adempiere un obbligo legale al quale è soggetto il responsabile del trattamento, oppure

(...)

e)

è necessario per l’esecuzione di un compito di interesse pubblico o connesso all’esercizio di pubblici poteri di cui è investito il responsabile del trattamento o il terzo a cui vengono comunicati i dati, (...)

(...)».

15

Nella sezione III, intitolata «Categorie particolari di trattamenti», l’articolo 8 della direttiva 95/46, relativo ai «[t]rattamenti riguardanti categorie particolari di dati», prevedeva quanto segue:

«1.   Gli Stati membri vietano il trattamento di dati personali che rivelano l’origine razziale o etnica, le opinioni politiche, le convinzioni religiose o filosofiche, l’appartenenza sindacale, nonché il trattamento di dati relativi alla salute e alla vita sessuale.

(...)

4.   Purché siano previste le opportune garanzie, gli Stati membri possono, per motivi di interesse pubblico rilevante, stabilire ulteriori deroghe oltre a quelle previste dal paragrafo 2 sulla base della legislazione nazionale o di una decisione dell’autorità di controllo.

(...)».

Il RGPD

16

Conformemente al suo articolo 94, paragrafo 1, il RGPD ha abrogato la direttiva 95/46 a decorrere dal 25 maggio 2018. In forza del suo articolo 99, paragrafo 2, esso si applica da questa stessa data.

17

I considerando 4, 10, 26, 35, 39 e 51 di tale regolamento così recitano:

«(4)

Il trattamento dei dati personali dovrebbe essere al servizio dell’uomo. Il diritto alla protezione dei dati di carattere personale non è una prerogativa assoluta, ma va considerato alla luce della sua funzione sociale e va contemperato con altri diritti fondamentali, in ossequio al principio di proporzionalità. Il presente regolamento rispetta tutti i diritti fondamentali e osserva le libertà e i principi riconosciuti dalla Carta [dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la “Carta”)], sanciti dai trattati, in particolare il rispetto della vita privata e familiare, del domicilio e delle comunicazioni, la protezione dei dati personali, la libertà di pensiero, di coscienza e di religione, la libertà di espressione e d’informazione, la libertà d’impresa, il diritto a un ricorso effettivo e a un giudice imparziale, nonché la diversità culturale, religiosa e linguistica.

(...)

(10)

Al fine di assicurare un livello coerente ed elevato di protezione delle persone fisiche e rimuovere gli ostacoli alla circolazione dei dati personali all’interno dell’Unione, il livello di protezione dei diritti e delle libertà delle persone fisiche con riguardo al trattamento di tali dati dovrebbe essere equivalente in tutti gli Stati membri. (...) Per quanto riguarda il trattamento dei dati personali per l’adempimento di un obbligo legale, per l’esecuzione di un compito di interesse pubblico o connesso all’esercizio di pubblici poteri di cui è investito il titolare del trattamento, gli Stati membri dovrebbero rimanere liberi di mantenere o introdurre norme nazionali al fine di specificare ulteriormente l’applicazione delle norme del presente regolamento. (...) Il presente regolamento prevede anche un margine di manovra degli Stati membri per precisarne le norme, anche con riguardo al trattamento di categorie particolari di dati personali (“dati sensibili”). In tal senso, il presente regolamento non esclude che il diritto degli Stati membri stabilisca le condizioni per specifiche situazioni di trattamento, anche determinando con maggiore precisione le condizioni alle quali il trattamento di dati personali è lecito.

(...)

(26)

È auspicabile applicare i principi di protezione dei dati a tutte le informazioni relative a una persona fisica identificata o identificabile. (...) Per stabilire l’identificabilità di una persona è opportuno considerare tutti i mezzi, come l’individuazione, di cui il titolare del trattamento o un terzo può ragionevolmente avvalersi per identificare detta persona fisica direttamente o indirettamente. (...)

(...)

(35)

Nei dati personali relativi alla salute dovrebbero rientrare tutti i dati riguardanti lo stato di salute dell’interessato che rivelino informazioni connesse allo stato di salute fisica o mentale passata, presente o futura dello stesso. (...)

(...)

(39)

(...) I dati personali dovrebbero essere adeguati, pertinenti e limitati a quanto necessario per le finalità del loro trattamento. Da qui l’obbligo, in particolare, di assicurare che il periodo di conservazione dei dati personali sia limitato al minimo necessario. I dati personali dovrebbero essere trattati solo se la finalità del trattamento non è ragionevolmente conseguibile con altri mezzi. (...)

(...)

(51)

Meritano una specifica protezione i dati personali che, per loro natura, sono particolarmente sensibili sotto il profilo dei diritti e delle libertà fondamentali, dal momento che il contesto del loro trattamento potrebbe creare rischi significativi per i diritti e le libertà fondamentali. (...) Tali dati personali non dovrebbero essere oggetto di trattamento, a meno che il trattamento non sia consentito nei casi specifici di cui al presente regolamento, tenendo conto del fatto che il diritto degli Stati membri può stabilire disposizioni specifiche sulla protezione dei dati per adeguare l’applicazione delle norme del presente regolamento ai fini della conformità a un obbligo legale o dell’esecuzione di un compito di interesse pubblico o per l’esercizio di pubblici poteri di cui è investito il titolare del trattamento. Oltre ai requisiti specifici per tale trattamento, dovrebbero applicarsi i principi generali e altre norme del presente regolamento, in particolare per quanto riguarda le condizioni per il trattamento lecito. È opportuno prevedere espressamente deroghe al divieto generale di trattare tali categorie particolari di dati personali, tra l’altro se l’interessato esprime un consenso esplicito o in relazione a esigenze specifiche, in particolare se il trattamento è eseguito nel corso di legittime attività di talune associazioni o fondazioni il cui scopo sia permettere l’esercizio delle libertà fondamentali».

18

L’articolo 1 del RGPD, intitolato «Oggetto e finalità», al paragrafo 2 così dispone:

«Il presente regolamento protegge i diritti e le libertà fondamentali delle persone fisiche, in particolare il diritto alla protezione dei dati personali».

19

L’articolo 4 di tale regolamento, intitolato «Definizioni», è del seguente tenore:

«Ai fini del presente regolamento s’intende per:

1)

“dato personale”: qualsiasi informazione riguardante una persona fisica identificata o identificabile (“interessato”); si considera identificabile la persona fisica che può essere identificata, direttamente o indirettamente, con particolare riferimento a un identificativo come il nome, un numero di identificazione, dati relativi all’ubicazione, un identificativo online o a uno o più elementi caratteristici della sua identità fisica, fisiologica, genetica, psichica, economica, culturale o sociale;

2)

“trattamento”: qualsiasi operazione o insieme di operazioni, compiute con o senza l’ausilio di processi automatizzati e applicate a dati personali o insiemi di dati personali, come la raccolta, la registrazione, l’organizzazione, la strutturazione, la conservazione, l’adattamento o la modifica, l’estrazione, la consultazione, l’uso, la comunicazione mediante trasmissione, diffusione o qualsiasi altra forma di messa a disposizione, il raffronto o l’interconnessione, la limitazione, la cancellazione o la distruzione;

(...)

15)

“dati relativi alla salute”: i dati personali attinenti alla salute fisica o mentale di una persona fisica, compresa la prestazione di servizi di assistenza sanitaria, che rivelano informazioni relative al suo stato di salute;

(...)».

20

Il capo II del RGPD, intitolato «Principi», comprende gli articoli da 5 a 11.

21

L’articolo 5 di tale regolamento, vertente sui «[p]rincipi applicabili al trattamento di dati personali», al paragrafo 1 prevede quanto segue:

«I dati personali sono:

a)

trattati in modo lecito, corretto e trasparente nei confronti dell’interessato (“liceità, correttezza e trasparenza”);

b)

raccolti per finalità determinate, esplicite e legittime, e successivamente trattati in modo che non sia incompatibile con tali finalità; (...) (“limitazione della finalità”);

c)

adeguati, pertinenti e limitati a quanto necessario rispetto alle finalità per le quali sono trattati (“minimizzazione dei dati”);

(...)».

22

L’articolo 6 del regolamento succitato, intitolato «Liceità del trattamento», ai paragrafi 1 e 3 così prevede:

«1.   Il trattamento è lecito solo se e nella misura in cui ricorre almeno una delle seguenti condizioni:

(...)

c)

il trattamento è necessario per adempiere un obbligo legale al quale è soggetto il titolare del trattamento;

e)

il trattamento è necessario per l’esecuzione di un compito di interesse pubblico o connesso all’esercizio di pubblici poteri di cui è investito il titolare del trattamento;

(...)

3.   La base su cui si fonda il trattamento dei dati di cui al paragrafo 1, lettere c) ed e), deve essere stabilita:

a)

dal diritto dell’Unione; o

b)

dal diritto dello Stato membro cui è soggetto il titolare del trattamento.

La finalità del trattamento è determinata in tale base giuridica o, per quanto riguarda il trattamento di cui al paragrafo 1, lettera e), è necessaria per l’esecuzione di un compito svolto nel pubblico interesse o connesso all’esercizio di pubblici poteri di cui è investito il titolare del trattamento. (...) Il diritto dell’Unione o degli Stati membri persegue un obiettivo di interesse pubblico ed è proporzionato all’obiettivo legittimo perseguito».

23

L’articolo 9 del medesimo regolamento, intitolato «Trattamento di categorie particolari di dati personali», ai paragrafi 1 e 2 così dispone:

«1.   È vietato trattare dati personali che rivelino l’origine razziale o etnica, le opinioni politiche, le convinzioni religiose o filosofiche, o l’appartenenza sindacale, nonché trattare dati genetici, dati biometrici intesi a identificare in modo univoco una persona fisica, dati relativi alla salute o alla vita sessuale o all’orientamento sessuale della persona.

2.   Il paragrafo 1 non si applica se si verifica uno dei seguenti casi:

(...)

g)

il trattamento è necessario per motivi di interesse pubblico rilevante sulla base del diritto dell’Unione o degli Stati membri, che deve essere proporzionato alla finalità perseguita, rispettare l’essenza del diritto alla protezione dei dati e prevedere misure appropriate e specifiche per tutelare i diritti fondamentali e gli interessi dell’interessato;

(...)».

Diritto lituano

24

Il Lietuvos Respublikos viešųjų ir privačių interesų derinimo valstybinėje tarnyboje įstatymas Nr. VIII‑371 (legge n. VIII‑371 della Repubblica di Lituania sulla conciliazione degli interessi pubblici e privati nel servizio pubblico), del 2 luglio 1997 (Žin., 1997, n. 67‑1659), nella versione vigente alla data dei fatti oggetto del procedimento principale (in prosieguo: la «legge sulla conciliazione degli interessi»), si prefigge, conformemente al suo articolo 1, di conciliare gli interessi privati delle persone che lavorano nel servizio pubblico e gli interessi pubblici della società, di assicurare la prevalenza dell’interesse pubblico al momento dell’adozione di decisioni, di garantire l’imparzialità delle decisioni adottate e di prevenire il verificarsi e il diffondersi della corruzione nel servizio pubblico.

25

In forza dell’articolo 2, paragrafo 1, di tale legge, rientrano nella nozione di «persone che lavorano nel servizio pubblico», in particolare, le persone che lavorano presso associazioni o enti pubblici finanziati dal bilancio o dai fondi dello Stato o di un ente locale e investite di competenze amministrative.

26

L’articolo 3 della stessa legge, intitolato «Obblighi delle persone che si candidano a un posto, che lavorano o che hanno lavorato nel servizio pubblico», ai paragrafi 2 e 3 prevede quanto segue:

«2.   Le persone che si candidano a un posto o lavorano nel servizio pubblico, nonché le altre persone di cui all’articolo 4, paragrafo 1, della presente legge, sono tenute a dichiarare i loro interessi privati.

3.   Le persone i cui incarichi nel servizio pubblico sono cessati sono soggette alle restrizioni previste dalla quinta sezione della presente legge».

27

L’articolo 4 della legge sulla conciliazione degli interessi, intitolato «Dichiarazione di interessi privati», al paragrafo 1 così dispone:

«Chiunque lavori nel servizio pubblico, e chiunque si candidi a ricoprire incarichi nel servizio pubblico, è tenuto a dichiarare i propri interessi privati presentando una dichiarazione di interessi privati (in prosieguo: la «dichiarazione») secondo le modalità previste dalla presente legge e da altri atti. (...)».

28

Ai sensi dell’articolo 5 di tale legge:

«1.   Le persone che dichiarano i loro interessi privati sono tenute a presentare la loro dichiarazione per via elettronica, secondo le modalità definite dalla [commissione superiore], entro 30 giorni dalla data della loro elezione, assunzione o nomina (salvo nei casi di cui all’articolo 4, paragrafo 2, della presente legge e ai paragrafi 2, 3 e 4 del presente articolo).

2.   Le persone che si candidano a un posto nel servizio pubblico (ad eccezione delle persone di cui all’articolo 4, paragrafo 2, della presente legge e delle persone i cui dati sono classificati in forza della legge e/o che esercitano un’attività di intelligence, di controspionaggio o di intelligence criminale) presentano la loro dichiarazione prima della data della loro elezione, assunzione o nomina, salvo se diversamente disposto in altri atti normativi.

3.   Le persone i cui dati sono classificati in forza della legge e/o che esercitano un’attività di intelligence, di controspionaggio o di intelligence criminale presentano la loro dichiarazione, entro 30 giorni dalla data della loro elezione, assunzione o nomina, presso il direttore, o il suo rappresentante debitamente incaricato, dell’istituzione (della persona giuridica) presso la quale esse lavorano, secondo le modalità definite da tale istituzione (da tale persona giuridica).

4.   I membri delle commissioni aggiudicatrici di appalti pubblici, le persone incaricate dal direttore di un’amministrazione aggiudicatrice di aggiudicare appalti secondo la procedura semplificata e gli esperti che intervengono in procedure di aggiudicazione di appalti pubblici presentano la loro dichiarazione di interessi privati per via elettronica (qualora non l’avessero ancora presentata) prima che la loro partecipazione a procedure di aggiudicazione di appalti pubblici abbia inizio. Un membro di una commissione aggiudicatrice di appalti pubblici, una persona incaricata dal direttore di un’amministrazione aggiudicatrice di aggiudicare appalti secondo la procedura semplificata o un esperto che interviene in una procedura di aggiudicazione di appalti pubblici che non abbia presentato alcuna dichiarazione di interessi privati non è autorizzato a partecipare alla procedura di aggiudicazione e deve essere sollevato dagli incarichi di cui trattasi.

5.   Se previsto dal testo che definisce le modalità di funzionamento dell’istituzione (della persona giuridica) in seno alla quale l’interessato lavora, la dichiarazione può essere presentata non solo presso il direttore, o il suo rappresentante debitamente incaricato, di tale istituzione (di tale persona giuridica), ma anche presso il direttore, o il suo rappresentante debitamente incaricato, di una persona giuridica subappaltante di tale istituzione (di tale persona giuridica) o che le renda conto, o di un’altra persona giuridica.

6.   Le istituzioni autorizzate ad accedere alle dichiarazioni le richiedono, nei casi previsti e secondo le modalità definite dalla legge, presso il luogo di lavoro del dichiarante o la [commissione superiore]».

29

L’articolo 6 della legge succitata, intitolato «Contenuto della dichiarazione», così recita:

«1.   Il dichiarante indica nella sua dichiarazione le seguenti informazioni relative a sé stesso, al proprio coniuge, convivente o partner:

1)

nome, cognome, numero identificativo personale, numero di previdenza sociale, datore/i di lavoro e mansioni;

2)

persona giuridica di cui il dichiarante o il coniuge, convivente o partner riveste la qualità di associato o di socio;

3)

attività indipendente, come definita nella legge della Repubblica di Lituania sull’imposta sui redditi;

4)

appartenenza a imprese, enti, associazioni o fondi e funzioni ivi esercitate, fatta eccezione per l’appartenenza a partiti politici e a sindacati;

5)

doni (diversi da quelli di parenti) ricevuti nel corso degli ultimi dodici mesi civili, se il loro valore supera EUR 150;

6)

informazioni sulle operazioni concluse nel corso degli ultimi dodici mesi civili e sulle altre operazioni in corso, se il valore dell’operazione è superiore a EUR 3000;

7)

parenti o altre persone o dati noti al dichiarante idonei a far insorgere un conflitto d’interessi.

2.   Il dichiarante può omettere i dati relativi al coniuge, convivente o partner se vivono separati, non formano un nucleo familiare comune ed egli non dispone pertanto di tali dati».

30

L’articolo 10 della medesima legge, intitolato «Pubblicità dei dati relativi agli interessi privati», così dispone:

«1.   Sono pubblici e vengono pubblicati sul sito Internet della commissione superiore, secondo le modalità da quest’ultima definite, i dati contenuti nelle dichiarazioni degli eletti e delle persone che rivestono cariche politiche, dei funzionari e degli agenti dello Stato, dei giudici, dei direttori e dei direttori aggiunti di istituzioni dello Stato o di un ente locale, dei funzionari e degli agenti di fiducia politica (personale), dei funzionari dello Stato che esercitano le funzioni di direttore e direttore aggiunto di ripartizioni di istituzioni o enti, dei direttori e dei direttori aggiunti di imprese pubbliche e di autorità di bilancio dello Stato o di un ente locale, dei direttori e direttori aggiunti di associazioni o di enti pubblici che ricevono fondi provenienti dal bilancio o da fondi dello Stato o di un ente locale, dei dipendenti della Banca di Lituania investiti di competenze di amministrazione pubblica (incaricati della vigilanza sui mercati finanziari, della definizione stragiudiziale delle controversie tra consumatori e operatori dei mercati finanziari e di altre funzioni di amministrazione pubblica), dei membri dei consigli di vigilanza o di amministrazione e direttori e direttori aggiunti di società per azioni o a responsabilità limitata presso cui lo Stato o un ente locale detiene partecipazioni che gli attribuiscono più della metà dei diritti di voto nell’assemblea generale dei soci, dei membri del consiglio di amministrazione di imprese pubbliche dello Stato o di un ente locale, dei presidenti e vicepresidenti di partiti politici, dei consulenti non retribuiti, degli assistenti e dei consiglieri degli eletti e delle persone che occupano cariche politiche, degli esperti accreditati dalle commissioni del Parlamento della Repubblica di Lituania, dei membri dei collegi ministeriali, dei membri del Consiglio dell’assicurazione sanitaria obbligatoria, dei consiglieri non remunerati del Consiglio dell’assicurazione sanitaria obbligatoria, dei membri del Consiglio nazionale della sanità, dei medici, dentisti e farmacisti che operano presso autorità di bilancio o autorità pubbliche dello Stato o di un ente locale, presso imprese pubbliche dello Stato o di enti locali o presso imprese in cui lo Stato o un ente locale detiene partecipazioni che gli attribuiscono più della metà dei diritti di voto nell’assemblea generale dei soci, dei titolari di una licenza di istituzione sanitaria o di farmacia, e dei membri delle commissioni aggiudicatrici di appalti pubblici, delle persone incaricate dal direttore di un’amministrazione aggiudicatrice di aggiudicare appalti secondo la procedura semplificata e degli esperti che intervengono nelle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici [fatta eccezione per i dati contenuti nelle dichiarazioni delle persone i cui dati sono classificati in forza della legge e (o) che esercitano un’attività di intelligence, di controspionaggio o di intelligence criminale]. Quando una persona i cui dati sono pubblici perde lo status di dichiarante, la commissione superiore ritira, su richiesta dell’interessato, la dichiarazione dal proprio sito Internet.

2.   Non possono essere resi pubblici i dati di seguito indicati forniti all’interno della dichiarazione: il numero identificativo personale, il numero di previdenza sociale, dati personali particolari e le altre informazioni di cui la legge vieta la divulgazione. Non sono inoltre pubblicati i dati della controparte di un’operazione, ove si tratti di una persona fisica».

31

Ai sensi dell’articolo 22 della legge sulla conciliazione degli interessi, intitolato «Autorità e agenti responsabili del controllo»:

«Il modo in cui le persone soggette alla presente legge applicano la stessa è controllato:

1)

dalla [commissione superiore];

2)

dai direttori, o dai loro rappresentanti debitamente incaricati, delle istituzioni o degli enti dello Stato o degli enti locali interessati;

3)

dal direttore dell’amministrazione aggiudicatrice o dai soggetti da costui debitamente incaricati (per quanto riguarda i membri di commissioni aggiudicatrici di appalti pubblici, i soggetti incaricati dal direttore di un’amministrazione aggiudicatrice di aggiudicare appalti secondo la procedura semplificata e gli esperti che intervengono in procedure di aggiudicazione di appalti pubblici);

4)

da altri organi dello Stato, conformemente a quanto previsto dalla legge.

(...)

3.   In presenza di informazioni comprovate secondo le quali un soggetto non rispetta i requisiti della presente legge, i direttori, o i loro rappresentanti debitamente incaricati, delle istituzioni o degli enti dello Stato o degli enti locali o l’istituzione a direzione collegiale dello Stato o dell’ente locale indagano, di propria iniziativa o su istruzione della [commissione superiore], sull’attività di servizio del soggetto che lavora nel servizio pubblico. La [commissione superiore] è informata delle conclusioni dell’indagine; essa ha il potere di stabilire se la valutazione effettuata nella relazione d’indagine sul comportamento dell’interessato sia conforme alle disposizioni della presente legge. (...)».

32

L’articolo 2, paragrafo 5, della legge della Repubblica di Lituania sulla conciliazione degli interessi pubblici e privati, nella versione in vigore dal 1o gennaio 2020 (in prosieguo: la «legge modificata sulla conciliazione degli interessi»), che definisce la nozione di «persone che lavorano nel servizio pubblico», non menziona più, nel novero di queste ultime, le persone che lavorano in associazioni o enti pubblici finanziati dal bilancio o dai fondi dello Stato o di un ente locale e investite di competenze amministrative.

33

A norma dell’articolo 4, paragrafo 3, della legge modificata sulla conciliazione degli interessi:

«Le disposizioni della presente legge relative alla dichiarazione di interessi privati nonché gli articoli 11 e 13 della presente legge sono parimenti applicabili:

(...)

8)

ai direttori di amministrazioni aggiudicatrici o di organismi aggiudicatori (in prosieguo, congiuntamente: l’“organismo aggiudicatore”), ai membri delle commissioni aggiudicatrici di appalti pubblici di un organismo aggiudicatore, ai soggetti incaricati dal direttore di un organismo aggiudicatore di aggiudicare appalti secondo la procedura semplificata, agli esperti che intervengono in procedure di aggiudicazione di appalti pubblici, ai promotori di concessione (…) di un organismo aggiudicatore del settore dei servizi di approvvigionamento, di trattamento delle acque reflue, di energia, di trasporto o postali;

(...)».

34

Ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 8, del Lietuvos Respublikos asmens duomenų teisinės apsaugos įstatymas Nr. I‑1374 (legge n. I‑1374 della Repubblica di Lituania sulla protezione giuridica dei dati personali), dell’11 giugno 1996 (Žin., 1996, n. 63‑1479, nella versione in vigore fino al 16 luglio 2018:

«Per “dati personali particolari” si intendono dati riguardanti l’origine razziale o etnica, le convinzioni politiche, religiose, filosofiche o di altro tipo, l’appartenenza sindacale, la salute, la vita sessuale di una persona, nonché informazioni relative a una condanna penale di tale persona».

Procedimento principale e questioni pregiudiziali

35

La commissione superiore è un’autorità pubblica incaricata, segnatamente, di vigilare sull’applicazione della legge sulla conciliazione degli interessi e, in particolare, di raccogliere le dichiarazioni di interessi privati e di garantirne il controllo.

36

OT svolge l’incarico di direttore di QP, un ente di diritto lituano che percepisce fondi pubblici, attivo nel settore della tutela dell’ambiente.

37

Con decisione del 7 febbraio 2018, la commissione superiore ha constatato che OT, avendo omesso di presentare una dichiarazione di interessi privati, aveva violato l’articolo 3, paragrafo 2, e l’articolo 4, paragrafo 1, della legge sulla conciliazione degli interessi.

38

Il 6 marzo 2018 OT ha proposto dinanzi al giudice del rinvio un ricorso di annullamento avverso tale decisione.

39

A sostegno di quest’ultimo, OT afferma, da un lato, di non rientrare nel novero delle persone soggette all’obbligo di dichiarazione degli interessi privati, quali previste all’articolo 2, paragrafo 1, della legge sulla conciliazione degli interessi. Infatti, nella sua qualità di direttore di QP, egli non sarebbe investito di competenze di amministrazione pubblica e non presterebbe alcun servizio pubblico alla popolazione. Inoltre, QP, in quanto organizzazione non governativa, opererebbe in modo indipendente rispetto ai pubblici poteri.

40

Dall’altro lato, e in ogni caso, quand’anche fosse costretto a presentare una dichiarazione di interessi privati, OT afferma che la pubblicazione di quest’ultima lederebbe sia il suo diritto al rispetto della vita privata sia quello delle altre persone che egli sarebbe eventualmente tenuto a menzionare nella sua dichiarazione.

41

La commissione superiore sostiene che OT, in quanto investito di competenze amministrative in seno a un ente che beneficia di un finanziamento proveniente da fondi strutturali dell’Unione e dal bilancio dello Stato lituano, era tenuto a presentare una dichiarazione di interessi privati, ancorché egli non fosse funzionario e anche supponendo che non esercitasse competenze di amministrazione pubblica. Inoltre, la commissione superiore osserva che, benché la pubblicazione di una simile dichiarazione possa costituire un’ingerenza nella vita privata dell’interessato e del coniuge, tale ingerenza sarebbe tuttavia prevista dalla legge sulla conciliazione degli interessi.

42

Il giudice del rinvio nutre dubbi quanto alla compatibilità del regime previsto dalla legge sulla conciliazione degli interessi con l’articolo 6, paragrafo 1, primo comma, lettere c) ed e), e paragrafo 3, del RGPD nonché con l’articolo 9, paragrafo 1, del medesimo. Esso ritiene che i dati personali contenuti in una dichiarazione di interessi privati possano rivelare informazioni sulla vita privata del dichiarante e del coniuge, convivente o partner nonché dei figli, sicché la loro divulgazione è tale da violare il diritto delle persone interessate al rispetto della loro vita privata. Tali dati potrebbero infatti rivelare informazioni particolarmente sensibili, come il fatto che l’interessato abbia un convivente o che viva con una persona dello stesso sesso, la cui divulgazione rischierebbe di comportare notevoli disagi nella vita privata di tali persone. Anche i dati relativi ai doni ricevuti e alle operazioni effettuate dal dichiarante e dal coniuge, convivente o partner rivelerebbero taluni dettagli della loro vita privata. I dati riguardanti i parenti o i conoscenti del dichiarante che possono essere all’origine di un conflitto di interessi rivelerebbero, per altro verso, informazioni sulla famiglia del dichiarante e sulle sue relazioni personali.

43

Secondo il giudice del rinvio, se è vero che la legge sulla conciliazione degli interessi ha l’obiettivo di garantire il rispetto del principio di trasparenza nell’esercizio delle funzioni pubbliche, in particolare al momento dell’adozione di decisioni riguardanti l’attuazione dell’interesse pubblico, tuttavia la pubblicazione su Internet di dati idonei a influenzare l’adozione di decisioni del genere non è necessaria per conseguire detto obiettivo. La comunicazione dei dati personali agli organismi di cui all’articolo 5 di tale legge e il compito di vigilanza affidato agli organi di cui all’articolo 22 della medesima legge costituirebbero infatti misure sufficienti per garantire la realizzazione dell’obiettivo summenzionato.

44

Ciò considerato, il Vilniaus apygardos administracinis teismas (Tribunale amministrativo regionale di Vilnius, Lituania) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)

Se la condizione stabilita all’articolo 6, paragrafo 1, [primo comma,] lettera e), del [RGPD], secondo cui il trattamento [dei dati personali] deve essere necessario per l’esecuzione di un compito di interesse pubblico o connesso all’esercizio di pubblici poteri di cui è investito il titolare del trattamento, tenuto conto dei requisiti stabiliti all’articolo 6, paragrafo 3, del [RGPD], compreso il requisito secondo cui il diritto dello Stato membro deve perseguire un obiettivo di interesse pubblico ed essere proporzionato all’obiettivo legittimo perseguito, e tenuto conto anche degli articoli 7 e 8 della Carta, debba essere interpretata nel senso che il diritto nazionale non può richiedere la divulgazione dei dati contenuti in dichiarazioni di interessi privati e la loro pubblicazione sul sito web del titolare del trattamento, la [commissione superiore], fornendo in tal modo a chiunque abbia accesso a Internet l’accesso a tali dati.

2)

Se il divieto di trattamento di categorie particolari di dati personali di cui all’articolo 9, paragrafo 1, del [RGPD], tenuto conto delle condizioni stabilite all’articolo 9, paragrafo 2, del [RGPD], compresa la condizione stabilita alla lettera g) [di tale disposizione], secondo cui il trattamento [dei dati personali] deve essere necessario per motivi di interesse pubblico rilevante, sulla base del diritto dell’Unione o degli Stati membri, che deve essere proporzionato alla finalità perseguita, rispettare l’essenza del diritto alla protezione dei dati e prevedere misure appropriate e specifiche per tutelare i diritti fondamentali e gli interessi dell’interessato, debba essere interpretato, tenuto conto anche degli articoli 7 e 8 della Carta, nel senso che il diritto nazionale non può richiedere la divulgazione di dati relativi a dichiarazioni di interessi privati che possono rivelare dati personali, compresi i dati che consentono di determinare le opinioni politiche di una persona, l’appartenenza sindacale, l’orientamento sessuale e altre informazioni personali, e la loro pubblicazione sul sito web del titolare del trattamento, la [commissione superiore], fornendo a chiunque abbia accesso a Internet l’accesso a tali dati».

Sulla ricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale

45

Il governo lituano e la Commissione europea hanno rilevato che, a seguito della modifica della legge sulla conciliazione degli interessi, entrata in vigore il 1o gennaio 2020, il ricorrente nel procedimento principale non rientra più nell’ambito di applicazione ratione personae di tale legge.

46

Per altro verso, la Commissione osserva che, in una sentenza del 20 settembre 2018, il Lietuvos Respublikos Konstitucinis Teismas (Corte costituzionale della Repubblica di Lituania), il quale era stato adito dal giudice del rinvio per valutare la costituzionalità di talune disposizioni della legge sulla conciliazione degli interessi, ha constatato che l’articolo 10 della medesima, che impone la pubblicazione dei dati relativi agli interessi privati, non era in discussione nella controversia principale.

47

Si deve ricordare, al riguardo, che, secondo costante giurisprudenza, il procedimento istituito all’articolo 267 TFUE costituisce uno strumento di cooperazione tra la Corte e i giudici nazionali, per mezzo del quale la prima fornisce ai secondi gli elementi d’interpretazione del diritto dell’Unione necessari per risolvere le controversie dinanzi ad essi pendenti (sentenza del 12 marzo 1998, Djabali, C‑314/96, EU:C:1998:104, punto 17, e ordinanza del 3 dicembre 2020, Fedasil, da C‑67/20 a C‑69/20, non pubblicata, EU:C:2020:1024, punto 18).

48

Secondo una giurisprudenza parimenti costante, le questioni relative all’interpretazione del diritto dell’Unione poste dal giudice nazionale nel quadro normativo e fattuale che questi definisce sotto la propria responsabilità, e di cui non spetta alla Corte verificare l’esattezza, beneficiano di una presunzione di rilevanza. La Corte può rifiutare di pronunciarsi su una domanda di pronuncia pregiudiziale sollevata da un giudice nazionale solo quando risulta manifestamente che l’interpretazione del diritto dell’Unione richiesta non ha alcuna relazione con la realtà effettiva o con l’oggetto del procedimento principale, quando il problema è di natura ipotetica oppure quando la Corte non dispone degli elementi di fatto e di diritto necessari per fornire una risposta utile alle questioni che le vengono sottoposte (sentenza del 22 febbraio 2022, Stichting Rookpreventie Jeugd e a., C‑160/20, EU:C:2022:101, punto 82 e giurisprudenza ivi citata).

49

Nel caso di specie, va rilevato che, in risposta a una richiesta di informazioni rivolta dalla Corte, il giudice del rinvio, da un lato, ha precisato che la legittimità della decisione di cui al procedimento principale doveva essere valutata alla luce delle disposizioni nazionali vigenti alla data di adozione di tale decisione. Orbene, la legge sulla conciliazione degli interessi includeva tra le persone che dovevano presentare una dichiarazione di interessi privati quelle che lavoravano in associazioni o enti pubblici finanziati dal bilancio o dai fondi dello Stato o di un ente locale e investite di competenze amministrative.

50

Il giudice del rinvio ha riferito, inoltre, che il ricorrente nel procedimento principale, pur non potendo più essere assimilato a una persona che lavora nel servizio pubblico, ai sensi della legge modificata sulla conciliazione degli interessi, poteva nondimeno rientrare nella categoria di persone di cui all’articolo 4, paragrafo 3, punto 8, di tale legge e che, a tale titolo, poteva essere tenuto a presentare una dichiarazione di interessi privati.

51

Dall’altro lato, il giudice del rinvio ha precisato che la sentenza del Lietuvos Respublikos Konstitucinis Teismas (Corte costituzionale della Repubblica di Lituania) del 20 settembre 2018, con la quale quest’ultimo ha dichiarato irricevibile la domanda del giudice del rinvio che lo invitava a pronunciarsi sulla conformità dell’articolo 10, paragrafi 1 e 2, della legge sulla conciliazione degli interessi alla Costituzione della Repubblica di Lituania e al principio costituzionale di proporzionalità, era irrilevante ai fini della controversia principale, con la motivazione che la questione da dirimere nel procedimento principale verteva non già sulla pubblicità dei dati forniti nelle dichiarazioni di interessi privati, bensì sull’obbligo di presentare una tale dichiarazione.

52

A tale riguardo, il giudice del rinvio ha chiarito che, sebbene la questione da dirimere nel procedimento principale sia in effetti, come dichiarato dal Lietuvos Respublikos Konstitucinis Teismas (Corte costituzionale della Repubblica di Lituania), quella dell’eventuale violazione dell’articolo 3, paragrafo 2, e dell’articolo 4, paragrafo 1, di tale legge per inadempimento da parte del ricorrente nel procedimento principale del suo obbligo di presentare una dichiarazione di interessi privati, il sindacato di legittimità della decisione di cui al procedimento principale impone di tener conto delle conseguenze imperative, derivanti dall’applicazione dell’articolo 10 di detta legge, di una simile presentazione, ossia la pubblicazione di taluni dati contenuti nella dichiarazione di interessi sul sito Internet della commissione superiore, atteso che tale ricorrente deduce l’illegittimità di tale pubblicazione a sostegno del suo ricorso di annullamento avverso tale decisione.

53

Tenuto conto delle indicazioni così fornite dal giudice del rinvio, gli elementi addotti dal governo lituano e dalla Commissione non sono sufficienti a rovesciare la presunzione di rilevanza di cui beneficiano le questioni pregiudiziali poste e non può ritenersi manifesto che l’interpretazione delle disposizioni del diritto dell’Unione richiesta non abbia alcun rapporto con la realtà effettiva o con l’oggetto della controversia principale, né che il problema sia di natura ipotetica, dal momento che il giudice del rinvio può prendere in considerazione tale interpretazione ai fini dell’adozione della propria decisione. Inoltre, la Corte dispone degli elementi di fatto e di diritto necessari per fornire una risposta utile alle questioni pregiudiziali sottopostele.

54

Pertanto, la domanda di pronuncia pregiudiziale è ricevibile.

Sulle questioni pregiudiziali

Sul diritto applicabile ratione temporis

55

Con le questioni pregiudiziali poste, il giudice del rinvio chiede l’interpretazione del RGPD. Conformemente al suo articolo 99, paragrafo 2, tale regolamento è divenuto applicabile il 25 maggio 2018, data in cui esso, in forza del suo articolo 94, paragrafo 1, ha abrogato la direttiva 95/46.

56

Di conseguenza, la decisione di cui al procedimento principale, adottata dalla commissione superiore il 7 febbraio 2018, era disciplinata dalla direttiva 95/46.

57

Tuttavia, dal fascicolo di cui dispone la Corte risulta che, con tale decisione, la commissione superiore ha contestato al ricorrente nel procedimento principale di aver omesso di presentare una dichiarazione di interessi privati, in violazione della legge sulla conciliazione degli interessi. Ciò posto, alla luce delle informazioni menzionate al punto 50 della presente sentenza e in assenza di elementi che indichino che il ricorrente nel procedimento principale abbia presentato una simile dichiarazione prima del 25 maggio 2018, ossia la data in cui il RGPD è divenuto applicabile, non è escluso che tale regolamento sia applicabile ratione temporis alla controversia principale, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare.

58

Per altro verso, non si devono operare distinzioni tra le disposizioni della direttiva 95/46 e quelle del RGPD menzionate nelle due questioni pregiudiziali, quali riformulate, in quanto tali disposizioni devono essere considerate avere una portata simile ai fini dell’interpretazione che la Corte è chiamata a fornire nell’ambito della presente causa (v., per analogia, sentenza del 21 novembre 2013, Dixons Retail, C‑494/12, EU:C:2013:758, punto 18).

59

Pertanto, al fine di fornire risposte utili alle questioni pregiudiziali poste dal giudice del rinvio, queste devono essere esaminate sulla base sia della direttiva 95/46 sia del RGPD.

Sulla prima questione

60

Con la prima questione pregiudiziale, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 7, lettere c) ed e), della direttiva 95/46 e l’articolo 6, paragrafo 1, primo comma, lettere c) ed e), e paragrafo 3, del RGPD, letti alla luce degli articoli 7 e 8 della Carta, debbano essere interpretati nel senso che ostano a una disposizione nazionale che prevede la pubblicazione in rete di dati personali contenuti nella dichiarazione di interessi privati che qualsiasi direttore di un ente percettore di fondi pubblici è tenuto a presentare presso l’autorità nazionale incaricata di raccogliere tali dichiarazioni e di controllarne il contenuto.

61

In via preliminare, si deve ricordare che, ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, della direttiva 95/46, in combinato disposto con il considerando 10 della stessa, e dell’articolo 1, paragrafo 2, del RGPD, in combinato disposto con i considerando 4 e 10 dello stesso, tale direttiva e tale regolamento mirano, in particolare, a garantire un elevato grado di tutela dei diritti e delle libertà fondamentali delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, diritto questo riconosciuto anche all’articolo 8 della Carta e strettamente collegato al diritto al rispetto della vita privata, sancito all’articolo 7 della medesima.

62

A tal fine, il capo II della direttiva 95/46 nonché i capi II e III del RGPD stabiliscono i principi che disciplinano il trattamento dei dati personali nonché i diritti della persona interessata che devono essere rispettati nell’ambito di tale trattamento. In particolare, qualsiasi trattamento di dati personali doveva, prima che fosse applicabile il RGPD, essere conforme ai principi relativi alla qualità dei dati e alla legittimazione del loro trattamento enunciati agli articoli 6 e 7 di tale direttiva e, una volta divenuto applicabile tale regolamento, ai principi relativi al trattamento dei dati e alle condizioni di liceità del trattamento elencati agli articoli 5 e 6 dello stesso regolamento [v., in tal senso, sentenze del 22 giugno 2021, Latvijas Republikas Saeima (Punti di penalità), C‑439/19, EU:C:2021:504, punto 96, e del 24 febbraio 2022, Valsts ieņēmumu dienests (Trattamento dei dati personali a fini fiscali), C‑175/20, EU:C:2022:124, punto 50].

63

Nel caso di specie, l’articolo 10, paragrafo 1, della legge sulla conciliazione degli interessi prevede che la commissione superiore proceda alla pubblicazione, sul suo sito Internet, delle informazioni figuranti nelle dichiarazioni di interessi privati presentate dai responsabili pubblici indicati in tale disposizione e il cui contenuto è definito all’articolo 6, paragrafo 1, di tale legge, ad eccezione delle informazioni elencate all’articolo 10, paragrafo 2, della stessa legge.

64

Si deve sottolineare, al riguardo, che le questioni sottoposte alla Corte riguardano unicamente la pubblicazione, sul sito Internet della commissione superiore, delle informazioni contenute nella dichiarazione di interessi privati che il direttore di un ente percettore di fondi pubblici è tenuto a presentare, e non l’obbligo dichiarativo in quanto tale o la pubblicazione di una dichiarazione di interessi in altre circostanze.

65

A questo proposito, poiché si riferiscono a persone fisiche identificate con il loro nome e cognome, le informazioni destinate a essere pubblicate sul sito Internet della commissione superiore costituiscono dati personali, ai sensi dell’articolo 2, lettera a), della direttiva 95/46 e dell’articolo 4, punto 1, del RGPD, e la circostanza che dette informazioni si inseriscono nel contesto dell’attività professionale del dichiarante non è idonea a privarle di tale qualificazione (sentenza del 9 marzo 2017, Manni, C‑398/15, EU:C:2017:197, punto 34 e giurisprudenza ivi citata). Inoltre, l’operazione consistente nel far comparire su una pagina Internet dati personali costituisce un trattamento, ai sensi dell’articolo 2, lettera b), della direttiva 95/46 e dell’articolo 4, punto 2, del RGPD (v., in tal senso, sentenza del 1o ottobre 2015, Weltimmo, C‑230/14, EU:C:2015:639, punto 37), di cui è titolare la commissione superiore, ai sensi dell’articolo 2, lettera d), della direttiva 95/46 e dell’articolo 4, punto 7, del RGPD [v., per analogia, sentenza del 22 giugno 2021, Latvijas Republikas Saeima (Punti di penalità), C‑439/19, EU:C:2021:504, punto 101].

66

Ciò premesso, occorre verificare se l’articolo 7 della direttiva 95/46 e l’articolo 6 del RGPD, letti alla luce degli articoli 7 e 8 della Carta, ostino alla pubblicazione su Internet di una parte dei dati personali contenuti nella dichiarazione di interessi privati che qualsiasi direttore di un ente percettore di fondi pubblici è tenuto a presentare, come quella prevista all’articolo 10 della legge sulla conciliazione degli interessi.

67

L’articolo 7 della direttiva 95/46 e l’articolo 6, paragrafo 1, primo comma, del RGPD stabiliscono un elenco esaustivo e tassativo dei casi nei quali un trattamento di dati personali può essere considerato lecito. Pertanto, per poter essere considerato tale, un trattamento deve rientrare in uno dei casi previsti in tali disposizioni (v., in tal senso, sentenza del 22 giugno 2021, Latvijas Republikas Saeima (Punti di penalità), C‑439/19, EU:C:2021:504, punto 99 e giurisprudenza ivi citata].

68

In forza dell’articolo 7, lettera e), della direttiva 95/46 e dell’articolo 6, paragrafo 1, primo comma, lettera e), del RGPD, menzionati dal giudice del rinvio nella prima questione pregiudiziale, è lecito il trattamento che sia necessario per l’esecuzione di un compito di interesse pubblico o connesso all’esercizio di pubblici poteri di cui è investito il titolare del trattamento. Inoltre, a norma dell’articolo 7, lettera c), di tale direttiva e dell’articolo 6, paragrafo 1, primo comma, lettera c), di tale regolamento, al quale tale giudice ha fatto riferimento nella motivazione della propria domanda di pronuncia pregiudiziale, è altresì lecito il trattamento che sia necessario per adempiere un obbligo legale al quale è soggetto il titolare del trattamento.

69

L’articolo 6, paragrafo 3, del RGPD precisa, con riferimento a queste due ipotesi di liceità, che il trattamento deve essere basato sul diritto dell’Unione o sul diritto dello Stato membro cui è soggetto il titolare del trattamento, e che tale base giuridica deve rispondere a un obiettivo di interesse pubblico ed essere proporzionata all’obiettivo legittimo perseguito. Poiché tali requisiti costituiscono espressione di quelli derivanti dall’articolo 52, paragrafo 1, della Carta, essi devono essere interpretati alla luce di tale disposizione e applicarsi mutatis mutandis all’articolo 7, lettere c) ed e), della direttiva 95/46.

70

Occorre infatti ricordare che i diritti fondamentali al rispetto della vita privata e alla protezione dei dati personali, garantiti agli articoli 7 e 8 della Carta, non sono prerogative assolute, ma vanno considerati alla luce della loro funzione sociale e bilanciati con altri diritti fondamentali. Limitazioni possono quindi essere apportate, a condizione che, conformemente all’articolo 52, paragrafo 1, della Carta, esse siano previste dalla legge e che rispettino il contenuto essenziale dei diritti fondamentali nonché il principio di proporzionalità. In virtù di tale principio, possono essere apportate limitazioni solo laddove siano necessarie e rispondano effettivamente a obiettivi di interesse generale riconosciuti dall’Unione o all’esigenza di proteggere i diritti e le libertà altrui. Esse devono operare nei limiti dello stretto necessario e la normativa che comporta l’ingerenza deve prevedere norme chiare e precise che disciplinano la portata e l’applicazione della misura in questione [sentenza del 22 giugno 2021, Latvijas Republikas Saeima (Punti di penalità), C‑439/19, EU:C:2021:504, punto 105 e giurisprudenza ivi citata].

71

Nel caso di specie, giacché la pubblicazione, sul suo sito Internet, di una parte dei dati personali contenuti nella dichiarazione di interessi privati che qualsiasi direttore di un ente percettore di fondi pubblici è tenuto a presentare risulta da una disposizione legislativa del diritto dello Stato membro al quale è soggetta la commissione superiore, ossia dall’articolo 10 della legge sulla conciliazione degli interessi, tale trattamento è necessario per adempiere un obbligo legale cui tale autorità è tenuta in quanto titolare del trattamento e, pertanto, rientra nell’ipotesi di cui all’articolo 7, lettera c), della direttiva 95/46 e all’articolo 6, paragrafo 1, primo comma, lettera c), del RGPD. Ciò posto, non è necessario stabilire se tale trattamento rientri anche nell’ipotesi di cui all’articolo 7, lettera e), di tale direttiva e all’articolo 6, paragrafo 1, primo comma, lettera e), di tale regolamento.

72

Inoltre, dal momento che, come emerge dal punto 63 della presente sentenza, l’articolo 10 della legge sulla conciliazione degli interessi definisce la portata della limitazione dell’esercizio del diritto alla protezione dei dati personali, l’ingerenza che ne risulta deve essere considerata prevista dalla legge, ai sensi dell’articolo 52, paragrafo 1, della Carta [v., in tal senso, sentenza del 24 febbraio 2022, Valsts ieņēmumu dienests (Trattamento dei dati personali a fini fiscali), C‑175/20, EU:C:2022:124, punto 54].

73

Tuttavia, come precisato al punto 69 della presente sentenza, occorre altresì che l’articolo 10 della legge sulla conciliazione degli interessi, quale base giuridica per il trattamento di cui al procedimento principale, soddisfi gli altri requisiti derivanti dall’articolo 52, paragrafo 1, della Carta e dall’articolo 6, paragrafo 3, del RGPD, e in particolare che esso risponda a un obiettivo di interesse pubblico e sia proporzionato all’obiettivo legittimo perseguito.

74

Nel caso di specie, dall’articolo 1 della legge sulla conciliazione degli interessi risulta che, adottando il principio di trasparenza delle dichiarazioni di interessi, tale legge mira ad assicurare la prevalenza dell’interesse pubblico al momento dell’adozione di decisioni da parte delle persone che lavorano nel servizio pubblico, a garantire l’imparzialità di tali decisioni e a prevenire le situazioni di conflitto di interessi nonché il verificarsi e il diffondersi della corruzione nel servizio pubblico.

75

Obiettivi del genere, in quanto consistono nel rafforzare le garanzie di probità e di imparzialità dei responsabili delle decisioni del settore pubblico, nel prevenire i conflitti di interessi e nel contrastare la corruzione nel settore pubblico, sono incontestabilmente di interesse pubblico e, di conseguenza, legittimi.

76

Invero, il fatto di vegliare a che i responsabili delle decisioni del settore pubblico esercitino le loro funzioni in modo imparziale e obiettivo e di evitare che essi siano influenzati da considerazioni attinenti a interessi privati mira a garantire la buona gestione degli affari pubblici e dei beni pubblici.

77

Inoltre, la lotta alla corruzione costituisce un obiettivo che gli Stati membri si sono impegnati a perseguire sia a livello internazionale sia a livello dell’Unione.

78

In particolare, a livello dell’Unione, gli Stati membri hanno aderito alla Convenzione relativa alla lotta contro la corruzione nella quale sono coinvolti funzionari delle Comunità europee o degli Stati membri dell’Unione europea, in forza della quale ciascuno Stato membro è tenuto ad adottare le misure necessarie affinché la corruzione, sia attiva sia passiva, nella quale sono coinvolti funzionari sia penalmente sanzionata.

79

Sul piano internazionale, l’articolo primo della Convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione dispone che essa ha per oggetto, in particolare, la promozione e il rafforzamento delle misure volte a prevenire e a combattere la corruzione in modo più efficace, nonché la promozione dell’integrità, della responsabilità e della buona fede nella gestione degli affari pubblici e dei beni pubblici. A tal fine, l’articolo 7, paragrafo 4, di tale convenzione prevede che «[c]iascuno [S]tato [Parte] si adopera, conformemente ai principi fondamentali del proprio diritto interno, al fine di adottare, mantenere e rafforzare i sistemi che favoriscono la trasparenza e prevengono i conflitti di interesse».

80

Dalle considerazioni che precedono risulta che il trattamento dei dati personali a norma della legge sulla conciliazione degli interessi è teso a rispondere a obiettivi di interesse generale riconosciuti dall’Unione, ai sensi dell’articolo 52, paragrafo 1, della Carta, nonché a obiettivi di interesse pubblico e, quindi, legittimi, ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 3, del RGPD.

81

Di conseguenza, conformemente a tali disposizioni, gli obiettivi menzionati ai punti 74 e 75 della presente sentenza autorizzano limitazioni all’esercizio dei diritti garantiti agli articoli 7 e 8 della Carta, purché, in particolare, esse rispondano effettivamente a tali obiettivi e siano proporzionate agli stessi.

82

Ciò premesso, occorre verificare se la messa in rete, sul sito Internet della commissione superiore, di una parte dei dati personali contenuti nella dichiarazione di interessi privati che ogni direttore di un ente percettore di fondi pubblici è tenuto a presentare presso tale autorità sia idonea a raggiungere gli obiettivi di interesse generale definiti all’articolo 1 della legge sulla conciliazione degli interessi, e non ecceda quanto necessario a raggiungere tali obiettivi [v., per analogia, sentenza del 22 giugno 2021, Latvijas Republikas Saeima (Punti di penalità), C‑439/19, EU:C:2021:504, punto 109].

83

Per quanto riguarda, anzitutto, la questione se la pubblicazione sul sito Internet della commissione superiore di dati personali contenuti nelle dichiarazioni di interessi privati sia idonea a raggiungere l’obiettivo di interesse generale definito all’articolo 1 della legge sulla conciliazione degli interessi, occorre rilevare che il fatto di mettere in rete taluni dei dati personali contenuti nelle dichiarazioni di interessi privati dei responsabili delle decisioni del settore pubblico, in quanto consente di rivelare l’esistenza di eventuali conflitti di interessi che possono influire sull’esercizio delle loro funzioni, è tale da indurre questi ultimi ad agire in modo imparziale. Una simile attuazione del principio di trasparenza è dunque idonea a prevenire i conflitti di interessi e la corruzione, ad accrescere la responsabilità degli attori del settore pubblico e, pertanto, a rafforzare la fiducia dei cittadini nell’azione pubblica.

84

Di conseguenza, la misura di cui al procedimento principale appare idonea a contribuire alla realizzazione degli obiettivi di interesse generale da essa perseguiti.

85

Per quanto riguarda, poi, il requisito di necessità, dal considerando 39 del RGPD risulta che esso è soddisfatto quando l’obiettivo di interesse generale considerato non può ragionevolmente essere conseguito in modo altrettanto efficace mediante altri mezzi meno pregiudizievoli per i diritti fondamentali degli interessati, in particolare per i diritti al rispetto della vita privata e alla protezione dei dati personali garantiti agli articoli 7 e 8 della Carta, atteso che le deroghe e le restrizioni al principio della protezione di simili dati devono applicarsi nei limiti dello stretto necessario [v., in tal senso, sentenza del 22 giugno 2021, Latvijas Republikas Saeima (Punti di penalità), C‑439/19, EU:C:2021:504, punto 110 e giurisprudenza ivi citata]. Di conseguenza, si deve verificare, nel caso di specie, se l’obiettivo di prevenzione dei conflitti di interessi e della corruzione nel settore pubblico attraverso il rafforzamento della probità e dell’imparzialità dei suoi responsabili possa ragionevolmente essere conseguito in modo altrettanto efficace mediante altre misure meno pregiudizievoli per i diritti al rispetto della vita privata e alla protezione dei dati personali dei direttori degli enti percettori di fondi pubblici.

86

Tale valutazione deve essere effettuata tenendo conto di tutti gli elementi di diritto e di fatto propri dello Stato membro interessato, quali l’esistenza di altre misure volte a prevenire i conflitti di interessi e a combattere la corruzione, l’ampiezza di simili conflitti e del fenomeno della corruzione all’interno del servizio pubblico, nonché della natura delle informazioni di cui trattasi e dell’importanza delle funzioni esercitate dal dichiarante, in particolare la sua posizione gerarchica, la portata delle competenze di amministrazione pubblica di cui costui è eventualmente investito e i poteri di cui dispone in materia di impegno e di gestione di fondi pubblici.

87

Nel caso di specie, in primo luogo, occorre rilevare che, come emerge dal punto 43 della presente sentenza, il giudice del rinvio sembra ritenere che l’obbligo di dichiarare i propri interessi privati presso gli organi di cui agli articoli 5 e 22 della legge sulla conciliazione degli interessi nonché il controllo, da parte di questi ultimi, del rispetto di tale obbligo e del contenuto di tale dichiarazione consentirebbero di raggiungere in modo altrettanto efficace gli obiettivi perseguiti da tale legge, ossia la prevenzione dei conflitti di interessi e la lotta alla corruzione nel settore pubblico.

88

Secondo le spiegazioni fornite dal giudice del rinvio, uno dei principali argomenti dedotti dalla commissione superiore nel procedimento principale per giustificare la pubblicazione delle dichiarazioni di interessi privati consiste nel fatto che essa non disporrebbe di risorse umane sufficienti per controllare effettivamente tutte le dichiarazioni che le sono sottoposte.

89

Occorre tuttavia sottolineare che la mancanza di risorse assegnate alle autorità pubbliche non può in alcun caso costituire un motivo legittimo che consenta di giustificare una lesione dei diritti fondamentali garantiti dalla Carta.

90

Si pone altresì la questione se sia strettamente necessario, per raggiungere gli obiettivi di interesse generale di cui all’articolo 1 della legge sulla conciliazione degli interessi, che i direttori di enti percettori di fondi pubblici siano soggetti, al pari delle altre categorie di funzioni previste nell’elenco di cui all’articolo 10, paragrafo 1, di tale legge, alla pubblicità da essa prescritta.

91

A tale riguardo, il governo lituano ha affermato dinanzi alla Corte che l’obbligo di fornire una dichiarazione d’imparzialità, alla quale tali direttori sono soggetti in forza del diritto nazionale, è sufficiente per raggiungere gli obiettivi della legge sulla conciliazione degli interessi e che, pertanto, l’applicazione a questi ultimi dell’articolo 10 di tale legge, prevista fino all’entrata in vigore, il 1o gennaio 2020, della legge modificata sulla conciliazione degli interessi, eccedeva quanto strettamente necessario rispetto a tali obiettivi.

92

In secondo luogo, quand’anche la pubblicazione dei dati di carattere privato di cui al procedimento principale risultasse necessaria per raggiungere gli obiettivi perseguiti dalla legge sulla conciliazione degli interessi, va rilevato che i dati personali di cui trattasi potrebbero essere consultati da un numero potenzialmente illimitato di persone. Orbene, dal fascicolo di cui dispone la Corte non risulta che il legislatore lituano abbia verificato, al momento dell’adozione di tale disposizione, se la pubblicazione su Internet, senza alcuna limitazione di accesso, di tali dati sia strettamente necessaria o se invece gli obiettivi perseguiti dalla legge sulla conciliazione degli interessi non potrebbero essere raggiunti in modo altrettanto efficace pur limitando il numero di persone che possono consultare tali dati.

93

In terzo luogo, in ogni caso, si deve ricordare che la condizione attinente alla necessità del trattamento deve essere esaminata unitamente al principio cosiddetto della «minimizzazione dei dati» sancito all’articolo 6, paragrafo 1, lettera c), della direttiva 95/46 e all’articolo 5, paragrafo 1, lettera c), del RGPD, secondo il quale i dati personali devono essere adeguati, pertinenti e limitati a quanto necessario rispetto alle finalità per le quali sono trattati (v., in tal senso, sentenza dell’11 dicembre 2019, Asociaţia de Proprietari bloc M5A‑ScaraA, C‑708/18, EU:C:2019:1064, punto 48).

94

Pertanto, solo i dati la cui pubblicazione è effettivamente idonea a rafforzare le garanzie di probità e di imparzialità dei responsabili pubblici, a prevenire i conflitti di interessi e a combattere la corruzione nel settore pubblico possono essere oggetto di un trattamento come quello previsto all’articolo 10, paragrafo 1, della legge sulla conciliazione degli interessi.

95

Nel caso di specie, dall’articolo 10, paragrafo 2, della legge sulla conciliazione degli interessi, nonché dalle spiegazioni fornite dal giudice del rinvio in risposta alla richiesta di informazioni rivolta dalla Corte, emerge che la maggior parte dei dati che devono essere contenuti nella dichiarazione di interessi privati, in forza dell’articolo 6, paragrafo 1, di tale legge, è destinata a essere pubblicata sul sito Internet della commissione superiore, ad eccezione, in particolare, dei numeri di identificazione personali delle persone interessate.

96

A tale riguardo, sebbene, in un obiettivo di prevenzione dei conflitti di interessi e della corruzione nel settore pubblico, possa essere pertinente esigere che nelle dichiarazioni di interessi privati figurino informazioni che consentano di identificare la persona del dichiarante nonché informazioni relative alle attività del coniuge, convivente o partner del dichiarante, la divulgazione pubblica, in rete, di dati nominativi relativi al coniuge, convivente o partner di un direttore di un ente percettore di fondi pubblici nonché ai parenti o conoscenti di quest’ultimo che possono dar luogo a un conflitto di interessi risulta tuttavia eccedere quanto è strettamente necessario. Infatti, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 66 delle conclusioni, non risulta che gli obiettivi di interesse pubblico perseguiti non possano essere raggiunti se, ai fini della pubblicazione, si facesse unicamente riferimento alla generica espressione di coniuge, convivente o partner, a seconda dei casi, collegata alla pertinente indicazione degli interessi detenuti da questi ultimi in relazione alle loro attività.

97

Neppure la pubblicazione sistematica, in rete, dell’elenco delle operazioni del dichiarante il cui valore sia superiore a EUR 3000 appare strettamente necessaria alla luce degli obiettivi perseguiti.

98

Infine, va ricordato che un obiettivo di interesse generale non può essere perseguito senza tener conto del fatto che esso deve essere conciliato con i diritti fondamentali interessati dalla misura, effettuando un contemperamento equilibrato tra, da un lato, l’obiettivo di interesse generale e, dall’altro, i diritti di cui trattasi (sentenza del 5 aprile 2022, Commissioner of An Garda Síochána e a., C‑140/20, EU:C:2022:258, punto 52). Di conseguenza, al fine di valutare la proporzionalità del trattamento di cui al procedimento principale, occorre misurare la gravità dell’ingerenza nei diritti fondamentali al rispetto della vita privata e alla protezione dei dati personali che tale trattamento comporta e verificare se l’importanza dell’obiettivo di interesse generale da quest’ultimo perseguito sia in relazione con tale gravità.

99

Al fine di valutare la gravità di tale ingerenza, si deve segnatamente tener conto della natura dei dati personali in questione, e in particolare della loro natura eventualmente sensibile, nonché della natura e delle modalità concrete del trattamento dei dati di cui trattasi, in particolare del numero di persone che hanno accesso a tali dati e delle modalità di accesso a questi ultimi (sentenza dell’11 dicembre 2019, Asociaţia de Proprietari bloc M5A‑ScaraA, C‑708/18, EU:C:2019:1064, punto 57).

100

Nel caso di specie, è necessario rilevare, da un lato, che la divulgazione pubblica, in rete, di dati nominativi relativi al coniuge, partner o convivente del dichiarante o ai parenti o conoscenti del dichiarante che possono dar luogo a un conflitto di interessi, nonché l’indicazione dell’oggetto delle operazioni il cui valore sia superiore a EUR 3000, possono rivelare informazioni su taluni aspetti sensibili della vita privata delle persone interessate, compreso, ad esempio, il loro orientamento sessuale. Inoltre, là dove prevede una simile divulgazione pubblica di dati nominativi relativi a persone diverse dal dichiarante nella sua qualità di responsabile pubblico delle decisioni, il trattamento di dati personali previsto all’articolo 10 della legge sulla conciliazione degli interessi riguarda altresì persone che non rivestono tale qualità e nei confronti delle quali gli obiettivi perseguiti da tale legge non si impongono allo stesso modo che per il dichiarante.

101

La gravità di una simile ingerenza può risultare ulteriormente accresciuta dall’effetto cumulativo dei dati personali oggetto di una pubblicazione come quella di cui al procedimento principale, dal momento che la loro combinazione consente di tracciare un ritratto particolarmente dettagliato della vita privata delle persone interessate [v., in tal senso, parere 1/15 (Accordo PNR UE‑Canada), del 26 luglio 2017, EU:C:2017:592, punto 128].

102

Dall’altro lato, è pacifico che tale trattamento finisce per rendere tali dati personali liberamente accessibili su Internet all’insieme del grande pubblico e, di conseguenza, a un numero potenzialmente illimitato di persone.

103

Di conseguenza, detto trattamento può consentire a persone che, per ragioni estranee all’obiettivo di interesse generale di prevenzione dei conflitti di interessi e della corruzione nel settore pubblico, cercano di ottenere informazioni sulla situazione personale, materiale e finanziaria del dichiarante e dei suoi familiari di accedere liberamente a tali dati [v., in tal senso, sentenza del 22 giugno 2021, Latvijas Republikas Saeima (Punti di penalità), C‑439/19, EU:C:2021:504, punto 118].

104

In tal senso, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 78 delle conclusioni, la pubblicazione di detti dati può, ad esempio, esporre gli interessati a operazioni ripetute di pubblicità mirata e a iniziative a carattere commerciale, o addirittura a rischi di azioni criminali.

105

Pertanto, si deve ritenere che un trattamento, come quello di cui al procedimento principale, dei dati personali indicati al punto 100 della presente sentenza costituisca un’ingerenza grave nei diritti fondamentali al rispetto della vita privata e alla protezione dei dati personali degli interessati.

106

La gravità di tale ingerenza deve essere bilanciata con l’importanza degli obiettivi di prevenzione dei conflitti di interessi e della corruzione nel settore pubblico.

107

A tale riguardo, la Corte ritiene utile, al fine di ricordare l’importanza, all’interno dell’Unione, dell’obiettivo della lotta alla corruzione, prendere in considerazione il contenuto della relazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo, del 3 febbraio 2014, intitolata «Relazione dell’Unione sulla lotta alla corruzione», [COM (2014) 38 final], dalla quale risulta che la corruzione, che si ripercuote sulla buona governance, sulla sana gestione del denaro pubblico e sulla competitività dei mercati, ostacola lo sviluppo economico, mina la democrazia e lede la giustizia sociale e lo Stato di diritto, e che essa può minare la fiducia dei cittadini nelle istituzioni e nei processi democratici. Tale relazione precisa che l’intera Unione è interessata da tale fenomeno, in modo più o meno ampio in funzione degli Stati membri.

108

Analogamente, la Convenzione penale sulla corruzione adottata dal Consiglio d’Europa, al quarto considerando, qualifica la corruzione come «minaccia per lo Stato di diritto, la democrazia e i diritti dell’uomo, [che] mina i principi di buon governo, di equità e di giustizia sociale, falsa la concorrenza, ostacola lo sviluppo economico e mette in pericolo la stabilità delle istituzioni democratiche e i fondamenti morali della società».

109

Alla luce di quanto precede, è incontestabile che la lotta alla corruzione riveste un’importanza fondamentale all’interno dell’Unione.

110

In tale contesto, il bilanciamento dell’ingerenza risultante dalla pubblicazione di dati personali contenuti nelle dichiarazioni di interessi privati con gli obiettivi di interesse generale di prevenzione dei conflitti di interessi e della corruzione nel settore pubblico implica di prendere considerazione, in particolare, la realtà effettiva e la portata del fenomeno della corruzione all’interno del servizio pubblico dello Stato membro interessato, cosicché il risultato del bilanciamento da realizzare tra tali obiettivi, da un lato, e i diritti al rispetto della vita privata e alla protezione dei dati personali della persona interessata, dall’altro, non è necessariamente lo stesso per tutti gli Stati membri [v., per analogia, sentenza del 24 settembre 2019, Google (Portata territoriale della deindicizzazione), C‑507/17, EU:C:2019:772, punto 67].

111

Inoltre, come risulta dal punto 86 della presente sentenza, ai fini di tale bilanciamento deve segnatamente essere preso in considerazione il fatto che l’interesse generale alla pubblicazione di dati personali può variare a seconda dell’importanza delle funzioni esercitate dal dichiarante, in particolare la sua posizione gerarchica, la portata delle competenze di amministrazione pubblica di cui costui è eventualmente investito e i poteri di cui dispone in materia di impegno e di gestione di fondi pubblici (v., per analogia, sentenza del 13 maggio 2014, Google Spain e Google, C‑131/12, EU:C:2014:317, punto 81).

112

Tanto premesso, è necessario constatare che la pubblicazione in rete della maggior parte dei dati personali contenuti nella dichiarazione di interessi privati di qualsiasi direttore di un ente percettore di fondi pubblici, come quella di cui al procedimento principale, non soddisfa i requisiti di un bilanciamento equilibrato. Infatti, rispetto a un obbligo di dichiarazione unito a un controllo del contenuto della medesima esercitato dalla commissione superiore, di cui spetta allo Stato membro interessato garantire l’efficacia dotando detto organo dei mezzi necessari a tal fine, una simile pubblicazione rappresenta una lesione considerevolmente più grave dei diritti fondamentali garantiti dagli articoli 7 e 8 della Carta, senza che tale aggravamento possa essere compensato dagli eventuali benefici che potrebbero derivare dalla pubblicazione dell’insieme di tali dati ai fini della prevenzione dei conflitti di interessi e della lotta alla corruzione.

113

Inoltre, da nessun elemento del fascicolo di cui dispone la Corte risulta che la normativa nazionale applicabile alla controversia principale preveda garanzie contro i rischi di abuso, come quelli menzionati ai punti 103 e 104 della presente sentenza.

114

Per quanto riguarda, tuttavia, i dati relativi all’appartenenza del dichiarante o, in maniera non nominativa, del coniuge, convivente o partner a imprese, enti, associazioni o fondi, nonché alle loro attività indipendenti e alle persone giuridiche presso cui essi rivestono la qualità di socio o associato, si deve ritenere che la trasparenza sull’esistenza o sull’assenza di interessi del genere consenta ai cittadini e agli operatori economici di avere un quadro fedele dell’indipendenza finanziaria delle persone investite di un potere decisionale nella gestione dei fondi pubblici. Inoltre, i dati relativi ai doni ricevuti, diversi da quelli ricevuti da parenti, il cui valore superi EUR 150, sono idonei a rivelare l’esistenza di atti di corruzione.

115

Purché sia garantito un bilanciamento equilibrato in considerazione del grado di potere decisionale del dichiarante, e purché sia rispettato il principio di minimizzazione dei dati, la pubblicazione di simili dati contenuti nella dichiarazione di interessi può essere giustificata dai benefici che una tale trasparenza apporta, a titolo di rafforzamento delle garanzie di probità e di imparzialità dei responsabili pubblici, nella prevenzione dei conflitti di interessi e nella lotta alla corruzione.

116

In considerazione di tutto quanto precede, occorre rispondere alla prima questione pregiudiziale dichiarando che l’articolo 7, lettera c), della direttiva 95/46 e l’articolo 6, paragrafo 1, primo comma, lettera c), e paragrafo 3, del RGPD, letti alla luce degli articoli 7, 8 e 52, paragrafo 1, della Carta, devono essere interpretati nel senso che ostano a una normativa nazionale che prevede la pubblicazione in rete della dichiarazione di interessi privati che qualsiasi direttore di un ente percettore di fondi pubblici è tenuto a presentare, in quanto, in particolare, tale pubblicazione riguardi dati nominativi, relativi al coniuge, convivente o partner nonché ai parenti o conoscenti del dichiarante che possono dar luogo a un conflitto di interessi, nonché qualsiasi operazione conclusa nel corso degli ultimi dodici mesi il cui valore ecceda EUR 3000.

Sulla seconda questione

117

Con la seconda questione pregiudiziale, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 8, paragrafo 1, della direttiva 95/46 e l’articolo 9, paragrafo 1, del RGPD debbano essere interpretati nel senso che la pubblicazione, sul sito Internet dell’autorità pubblica incaricata della raccolta e del controllo del contenuto delle dichiarazioni di interessi privati, di dati personali idonei a divulgare indirettamente le opinioni politiche, l’appartenenza sindacale o l’orientamento sessuale di una persona fisica costituisce un trattamento di categorie particolari di dati personali, ai sensi di tali disposizioni.

118

In forza dell’articolo 8, paragrafo 1, della direttiva 95/46 e dell’articolo 9, paragrafo 1, del RGPD, è vietato, in particolare, trattare dati personali che rivelino l’origine razziale o etnica, le opinioni politiche, le convinzioni religiose o filosofiche o l’appartenenza sindacale nonché trattare dati relativi alla vita sessuale o all’orientamento sessuale della persona. Si tratta, secondo il titolo di tali articoli, di categorie particolari di dati personali, qualificati anche come «dati di natura delicata» al considerando 34 di tale direttiva e come «dati sensibili» al considerando 10 di tale regolamento.

119

Nel caso di specie, sebbene i dati personali la cui pubblicazione è obbligatoria a norma dell’articolo 10, paragrafo 1, della legge sulla conciliazione degli interessi non costituiscano, per loro natura, dati sensibili ai sensi della direttiva 95/46 e del RGPD, il giudice del rinvio ritiene che sia possibile dedurre, sulla base dei dati nominativi relativi al coniuge, al convivente o al partner del dichiarante, talune informazioni sulla vita o sull’orientamento sessuale del dichiarante e del coniuge, convivente o partner.

120

Ciò posto, occorre stabilire se dati idonei a rivelare, mediante un’operazione intellettuale di collegamento o di deduzione, l’orientamento sessuale di una persona fisica rientrino nelle categorie particolari di dati personali, ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 1, della direttiva 95/46 e dell’articolo 9, paragrafo 1, del RGPD.

121

A tale riguardo, secondo una giurisprudenza costante, ai fini dell’interpretazione di una disposizione del diritto dell’Unione, si deve tener conto non soltanto del tenore letterale della stessa, ma anche del suo contesto e degli scopi perseguiti dalla normativa di cui essa fa parte (sentenza del 21 dicembre 2021, Bank Melli Iran, C‑124/20, EU:C:2021:1035, punto 43 e giurisprudenza ivi citata).

122

L’articolo 8, paragrafo 1, della direttiva 95/46 stabilisce che gli Stati membri vietano il trattamento di dati personali che «rivelano» l’origine razziale o etnica, le opinioni politiche, le convinzioni religiose o filosofiche, l’appartenenza sindacale, nonché il trattamento di dati «relativi» alla salute e alla vita sessuale. Quanto all’articolo 9, paragrafo 1, del RGPD, esso dispone che è vietato, in particolare, trattare dati personali che «rivelino» l’origine razziale o etnica, le opinioni politiche, le convinzioni religiose o filosofiche, o l’appartenenza sindacale, nonché trattare dati «relativi» alla salute o alla vita sessuale o all’orientamento sessuale della persona.

123

Come rilevato, in sostanza, dall’avvocato generale al paragrafo 85 delle conclusioni, se è vero che l’impiego, in tali disposizioni, del verbo «rivelare» è coerente con la presa in considerazione di un trattamento che non verte unicamente su dati intrinsecamente sensibili, ma anche su dati che svelano indirettamente, al termine di un’operazione intellettuale di deduzione o di raffronto, informazioni di tale natura, l’aggettivo «relativi» sembra, invece, implicare l’esistenza di un collegamento più diretto e immediato tra il trattamento e i dati interessati, considerati nella loro natura intrinseca.

124

Un’interpretazione del genere, che porti a distinguere a seconda del tipo di dati sensibili in questione, non sarebbe tuttavia coerente con un’analisi contestuale di tali disposizioni, in particolare con l’articolo 4, punto 15, del RGPD, ai sensi del quale costituiscono «dati relativi alla salute» i dati personali attinenti alla salute fisica o mentale di una persona fisica, compresa la prestazione di servizi di assistenza sanitaria, che «rivelano» informazioni relative al suo stato di salute, nonché con il considerando 35 di tale regolamento, secondo il quale nei dati personali relativi alla salute dovrebbero rientrare tutti i dati riguardanti lo stato di salute dell’interessato che «rivelino» informazioni connesse allo stato di salute fisica o mentale passata, presente o futura dello stesso.

125

Inoltre, un’interpretazione ampia delle nozioni di «categorie particolari di dati personali» e di «dati sensibili» è suffragata dall’obiettivo della direttiva 95/46 e del RGPD, ricordato al punto 61 della presente sentenza, consistente nel garantire un elevato grado di tutela dei diritti e delle libertà fondamentali delle persone fisiche, in particolare della loro vita privata, con riguardo al trattamento dei dati personali che li riguardano (v., in tal senso, sentenza del 6 novembre 2003, Lindqvist, C‑101/01, EU:C:2003:596, punto 50).

126

L’interpretazione contraria contrasterebbe, per di più, con la finalità dell’articolo 8, paragrafo 1, della direttiva 95/46 e dell’articolo 9, paragrafo 1, del RGPD, consistente nel garantire una protezione maggiore contro i trattamenti che, a causa della natura particolarmente sensibile dei dati che ne sono oggetto, possono costituire, come risulta dal considerando 33 della direttiva 95/46 e dal considerando 51 del RGPD, un’ingerenza particolarmente grave nei diritti fondamentali al rispetto della vita privata e alla protezione dei dati personali, garantiti dagli articoli 7 e 8 della Carta [v., in tal senso, sentenza del 24 settembre 2019, GC e a. (Deindicizzazione di dati sensibili), C‑136/17, EU:C:2019:773, punto 44].

127

Di conseguenza, tali disposizioni non possono essere interpretate nel senso che il trattamento di dati personali idonei a rivelare, indirettamente, informazioni sensibili riguardanti una persona fisica è sottratto al regime di protezione rafforzato previsto da dette disposizioni, salvo pregiudicare l’effetto utile di tale regime e la tutela dei diritti e delle libertà fondamentali delle persone fisiche che esso mira ad assicurare.

128

Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, occorre rispondere alla seconda questione pregiudiziale dichiarando che l’articolo 8, paragrafo 1, della direttiva 95/46 e l’articolo 9, paragrafo 1, del RGPD devono essere interpretati nel senso che la pubblicazione, sul sito Internet dell’autorità pubblica incaricata di raccogliere le dichiarazioni di interessi privati e di controllarne il contenuto, di dati personali idonei a divulgare indirettamente l’orientamento sessuale di una persona fisica costituisce un trattamento di categorie particolari di dati personali, ai sensi di tali disposizioni.

Sulle spese

129

Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

 

Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara:

 

1)

L’articolo 7, lettera c), della direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 ottobre 1995, relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati, e l’articolo 6, paragrafo 1, primo comma, lettera c), e paragrafo 3, del regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE (regolamento generale sulla protezione dei dati), letti alla luce degli articoli 7, 8 e 52, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, devono essere interpretati nel senso che ostano a una normativa nazionale che prevede la pubblicazione in rete della dichiarazione di interessi privati che qualsiasi direttore di un ente percettore di fondi pubblici è tenuto a presentare, in quanto, in particolare, tale pubblicazione riguardi dati nominativi, relativi al coniuge, convivente o partner nonché ai parenti o conoscenti del dichiarante che possono dar luogo a un conflitto di interessi, nonché qualsiasi operazione conclusa nel corso degli ultimi dodici mesi il cui valore ecceda EUR 3000.

 

2)

L’articolo 8, paragrafo 1, della direttiva 95/46 e l’articolo 9, paragrafo 1, del regolamento 2016/679 devono essere interpretati nel senso che la pubblicazione, sul sito Internet dell’autorità pubblica incaricata di raccogliere le dichiarazioni di interessi privati e di controllarne il contenuto, di dati personali idonei a divulgare indirettamente l’orientamento sessuale di una persona fisica costituisce un trattamento di categorie particolari di dati personali, ai sensi di tali disposizioni.

 

Firme


( *1 ) Lingua processuale: il lituano.

In alto