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Documento 62019CJ0012

Sentenza della Corte (Quarta Sezione) del 17 settembre 2020.
Mylène Troszczynski contro Parlamento europeo.
Impugnazione – Diritto istituzionale – Membro del Parlamento europeo – Protocollo sui privilegi e sulle immunità dell’Unione europea – Articolo 8 – Immunità parlamentare – Attività non connessa alle funzioni parlamentari – Pubblicazione sul conto Twitter del deputato – Articolo 9 – Inviolabilità parlamentare – Portata – Decisione di revoca dell’immunità parlamentare.
Causa C-12/19 P.

Identificatore ECLI: ECLI:EU:C:2020:725

 SENTENZA DELLA CORTE (Quarta Sezione)

17 settembre 2020 ( *1 )

«Impugnazione – Diritto istituzionale – Membro del Parlamento europeo – Protocollo sui privilegi e sulle immunità dell’Unione europea – Articolo 8 – Immunità parlamentare – Attività non connessa alle funzioni parlamentari – Pubblicazione sul conto Twitter del deputato – Articolo 9 – Inviolabilità parlamentare – Portata – Decisione di revoca dell’immunità parlamentare»

Nella causa C‑12/19 P,

avente ad oggetto l’impugnazione, ai sensi dell’articolo 56 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, proposta il 7 gennaio 2019,

Mylène Troszczynski, residente in Noyon (Francia), rappresentata da F. Wagner, avocat,

ricorrente,

procedimento in cui l’altra parte è:

Parlamento europeo, rappresentato da S. Alonso de León e C. Burgos, in qualità di agenti,

convenuto in primo grado

LA CORTE (Quarta Sezione),

composta da M. Vilaras, presidente di Sezione, S. Rodin, D. Šváby, K. Jürimäe e N. Piçarra (relatore), giudici,

avvocato generale: P. Pikamäe

cancelliere: A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 2 aprile 2020,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

Con la propria impugnazione, la ricorrente chiede l’annullamento della sentenza del Tribunale dell’Unione europea dell’8 novembre 2018, Troszczynski/Parlamento (T‑550/17, non pubblicata, EU:T:2018:754; in prosieguo: la «sentenza impugnata»), con la quale quest’ultimo ha respinto il suo ricorso volto ad ottenere l’annullamento della decisione del Parlamento europeo, del 14 giugno 2017, recante revoca dell’immunità parlamentare della ricorrente (in prosieguo: la «decisione controversa»).

Contesto normativo

2

L’articolo 8 del protocollo (n. 7) sui privilegi e sulle immunità dell’Unione europea, allegato ai trattati UE e FUE (GU 2016, C 202, pag. 266, in prosieguo: il «protocollo») così dispone:

«I membri del Parlamento europeo non possono essere ricercati, detenuti o perseguiti a motivo delle opinioni o dei voti espressi nell’esercizio delle loro funzioni».

3

L’articolo 9 del protocollo dispone quanto segue:

«Per la durata delle sessioni del Parlamento europeo, i membri di esso beneficiano:

a)

sul territorio nazionale, delle immunità riconosciute ai membri del parlamento del loro paese,

b)

sul territorio di ogni altro Stato membro, dell’esenzione da ogni provvedimento di detenzione e da ogni procedimento giudiziario.

L’immunità li copre anche quando essi si recano al luogo di riunione del Parlamento europeo o ne ritornano.

L’immunità non può essere invocata nel caso di flagrante delitto e non può inoltre pregiudicare il diritto del Parlamento europeo di togliere l’immunità ad uno dei suoi membri».

4

L’articolo 5 del regolamento interno del Parlamento europeo (8a legislatura – gennaio 2017), intitolato «Privilegi e immunità», così prevede, al suo paragrafo 2, seconda frase:

«L’immunità parlamentare non è un privilegio personale del deputato, ma una garanzia di indipendenza del Parlamento, in quanto istituzione, e dei suoi membri».

Fatti

5

I fatti della controversia, narrati ai punti da 1 a 10 della sentenza impugnata, possono, ai fini del presente procedimento, essere riassunti come segue.

6

La ricorrente è stata eletta deputata al Parlamento europeo nelle elezioni della 8a legislatura, che si sono tenute dal 22 al 25 maggio 2014.

7

Il 23 settembre 2015, sull’account Twitter della ricorrente, è stata pubblicata una fotografia, nella quale compariva un gruppo di donne che portava un abbigliamento il quale nascondeva totalmente il loro viso, ad eccezione degli occhi, e che sembrava essere in attesa davanti ad una cassa per gli assegni familiari (CAF). La fotografia era accompagnata dal seguente commento: «CAF a Rosny-sous-Bois il 9.12.14. Il porto del velo integrale dovrebbe essere vietato dalla legge …» (in prosieguo: il «tweet controverso»).

8

In seguito ad una denuncia depositata il 27 novembre 2015 dal direttore generale della CAF di Seine-Saint-Denis per diffamazione contro una pubblica amministrazione, il procureur de la République de Bobigny (procuratore della Repubblica di Bobigny, Francia) ha avviato, il 19 gennaio 2016, un’indagine giudiziaria per istigazione «all’odio o alla violenza a danno di una persona o di un gruppo di persone in virtù della loro origine o della loro appartenenza o non appartenenza a un’etnia, a una nazione, a una razza o una religione determinata» e diffamazione pubblica.

9

La ricorrente è stata convocata da un magistrato istruttore ad una prima comparizione il 20 settembre 2016. Essa ha opposto a tale convocazione la propria immunità parlamentare.

10

Con istanza del 23 settembre 2016, il magistrato istruttore del tribunal de grande instance de Bobigny (tribunale di primo grado di Bobigny, Francia) ha chiesto che fosse presentata al Parlamento una domanda di revoca di tale immunità.

11

Il 1o dicembre 2016, il Ministro della Giustizia francese ha trasmesso tale domanda al presidente del Parlamento.

12

La ricorrente è stata sentita dalla commissione affari giuridici del Parlamento l’11 aprile 2017.

13

Il 14 giugno 2017 il Parlamento ha adottato la decisione controversa.

14

Con ordinanza del 26 aprile 2018, il vicepresidente incaricato dell’istruttoria del tribunal de grande instance de Bobigny (tribunale di primo grado di Bobigny) ha rinviato la ricorrente dinanzi al tribunale penale.

Procedimento dinanzi al Tribunale e sentenza impugnata

15

Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 12 agosto 2017, la ricorrente ha proposto un ricorso volto ad ottenere l’annullamento della decisione controversa, nonché il risarcimento del danno morale asseritamente causato da tale decisione.

16

A sostegno delle proprie conclusioni, la ricorrente ha dedotto quattro motivi: il primo, vertente sulla violazione dell’articolo 8 del protocollo; il secondo, sulla violazione dell’articolo 9 del protocollo; il terzo, sulla violazione dell’obbligo di motivazione, nonché dei principi di parità di trattamento e di buona amministrazione; il quarto, sulla violazione dei diritti della difesa e su un’eccezione di illegittimità degli articoli 9, paragrafo 9, e 150, paragrafo 2, del regolamento interno del Parlamento.

17

Il Tribunale ha trattato i primi due motivi congiuntamente ricordando, preliminarmente, al punto 34 della sentenza impugnata, che, se il Parlamento, chiamato a decidere su una domanda di revoca dell’immunità parlamentare, perviene alla conclusione che ai fatti all’origine di tale domanda non si applica l’articolo 8 del protocollo, esso è tenuto a verificare se il deputato benefici dell’immunità prevista dall’articolo 9 del protocollo per tali fatti e, se ricorre tale ipotesi, a decidere se occorra o meno revocare detta immunità.

18

Il Tribunale ha poi suddiviso in cinque parti l’argomentazione elaborata dalla ricorrente a sostegno dei due motivi summenzionati: la prima, vertente sulla circostanza che l’articolo 26 della Costituzione francese si applicherebbe al tweet controverso; la seconda, sul fatto che detto tweet costituirebbe un’opinione espressa nell’esercizio delle funzioni parlamentari della ricorrente ai sensi dell’articolo 8 del protocollo; la terza, sulla violazione del diritto fondamentale alla libertà di espressione che il Parlamento avrebbe commesso revocando indebitamente l’immunità parlamentare della ricorrente; la quarta, sulla circostanza che la ricorrente non sarebbe l’autrice del tweet controverso; la quinta, su una lesione dell’indipendenza della ricorrente nonché di quella del Parlamento.

19

Il Tribunale ha respinto la prima parte in quanto inoperante. Al punto 41 della sentenza impugnata, esso ha constatato che il motivo per il quale il Parlamento ha considerato che la ricorrente non poteva beneficiare dell’articolo 26 della Costituzione francese non riguardava la circostanza che la dichiarazione controversa fosse stata fatta su Twitter, ma piuttosto il fatto che il tweet controverso non fosse qualificabile come opinione o voto espresso nell’esercizio delle funzioni parlamentari della ricorrente ai sensi dell’articolo 8 del protocollo.

20

La seconda parte è stata respinta in quanto infondata. Il Tribunale ha constatato, in sostanza, al punto 53 della sentenza impugnata, che il tweet controverso aveva lo scopo di deplorare il mancato rispetto di una legge francese che vietava la dissimulazione del viso negli spazi pubblici a proposito di un preciso evento che doveva svolgersi dinanzi ad un organismo incaricato di servizio pubblico sul territorio francese e non poteva essere assimilato ad una generica presa di posizione in merito ad argomenti di corrente attualità o trattati dal Parlamento. Il Tribunale ne ha dedotto, al punto 54 della sentenza impugnata, che non esisteva alcun nesso diretto ed evidente tra il tweet controverso e le funzioni parlamentari della ricorrente e che, pertanto, il Parlamento non aveva commesso errori manifesti di valutazione considerando che gli addebiti accolti contro la ricorrente non riguardassero opinioni o voti emessi nell’esercizio delle sue funzioni parlamentari, ai sensi dell’articolo 8 del protocollo.

21

Anche la terza parte è stata respinta in quanto infondata. Anche se il Tribunale ha ricordato, al punto 58 della sentenza impugnata, che l’articolo 8 del protocollo è strettamente legato alla tutela della libertà d’espressione, esso ha tuttavia considerato, al punto 59 di tale sentenza, che i fatti contestati alla ricorrente non ricadevano nell’ambito di applicazione di tale articolo e, di conseguenza, che il Parlamento non aveva violato tale libertà.

22

Il Tribunale ha disatteso la quarta parte in quanto inoperante. Ai punti 61 e 62 della sentenza impugnata, esso ha dichiarato, da un lato, che la questione se le condizioni per una revoca dell’immunità ricorressero alla data in cui ne è stata fatta richiesta è distinta da quella consistente nello stabilire se i fatti contestati al deputato interessato siano dimostrati e, dall’altro lato, che non compete al Parlamento pronunciarsi sull’imputabilità di tali fatti.

23

Infine, la quinta parte è stata respinta in quanto infondata. Ai punti 66 e 67 della sentenza impugnata, il Tribunale ha osservato che, poiché l’articolo 9 del protocollo autorizza il Parlamento a revocare l’immunità di cui godono i deputati, non si può contestare a tale istituzione di aver ritenuto opportuno revocare, alla luce delle circostanze di specie e in seguito alla domanda trasmessa dal Ministro della Giustizia francese, l’immunità della ricorrente per permettere alle autorità giudiziarie francesi di proseguire l’istruzione da esse avviata.

24

Per quanto attiene al terzo motivo, la prima parte del quale verte sulla violazione dell’obbligo di motivazione nonché del principio di parità di trattamento e la seconda sulla violazione del principio di buona amministrazione, al punto 102 della sentenza impugnata il Tribunale l’ha respinto in toto.

25

Riguardo alla prima parte di tale motivo, con cui la ricorrente ha sostenuto che il Parlamento l’aveva trattata in modo diverso dai deputati che si trovavano in situazioni paragonabili senza sufficienti giustificazioni, il Tribunale ha precisato preliminarmente, al punto 76 della sentenza impugnata, che il documento della commissione affari giuridici e mercato interno del Parlamento, del 6 giugno 2003, intitolato «Comunicazione ai deputati n. 11/2003», avente ad oggetto: «Revoca dell’immunità conformemente all’articolo [9] del protocollo sui privilegi e sulle immunità. Principi fissati in base alle controversie relative all’espressione di opinioni» (in prosieguo: la «comunicazione n. 11/2003»), invocata dalla ricorrente a sostegno di questa prima parte, non è un atto del Parlamento, ai sensi dell’articolo 288 TFUE, e non ha effetto vincolante. Il Tribunale ha rilevato poi, ai punti 80 e 81 della sentenza impugnata, da un lato, che la ricorrente, non avendo precisato né le affermazioni o gli atti che erano contestati ai deputati da lei indicati come beneficiari di detta comunicazione, né le circostanze nelle quali i fatti controversi si sarebbero svolti, non aveva dimostrato che la situazione di tali deputati fosse paragonabile alla sua. D’altro lato, poiché, nella specie, non esisteva alcun nesso diretto tra il tweet controverso e le funzioni parlamentari della ricorrente, quest’ultima non aveva dimostrato che il Parlamento avrebbe derogato al principio enunciato in tale comunicazione secondo cui, se gli atti di cui il deputato è accusato rientrano nell’ambito della sua attività politica o sono ad essa direttamente connessi, l’immunità non viene revocata.

26

Per quanto riguarda la seconda parte dello stesso motivo, il Tribunale ha osservato, ai punti 88 e 99 della sentenza impugnata, che la ricorrente non aveva fornito alcun elemento concreto, al di fuori della differenza di ideologia politica, idoneo a dimostrare che il governo francese e, in particolare, il suo Ministro della Giustizia, era dedito ad una persecuzione del Front national, di cui essa è una dei rappresentanti, né che era stata esclusivamente, o almeno in parte, la sua appartenenza a tale partito ad aver scatenato l’avvio di un’indagine giudiziaria. Il Tribunale ha del pari constatato, al punto 94 della sentenza impugnata, che nessun elemento consentiva di ritenere che la domanda di revoca dell’immunità parlamentare della ricorrente fosse stata presentata nel contesto di un procedimento giudiziario che si sarebbe svolto in maniera anomala, in particolare in materia di termini. Infine, esso ha considerato, al punto 96 della sentenza impugnata, che nessuno degli elementi dedotti dalla ricorrente in tale contesto, cioè che il tweet controverso era stato redatto dal suo assistente, che essa lo aveva cancellato appena ne aveva avuto conoscenza e che, in caso di condanna, essa rischiava di vedersi infliggere, come pena accessoria, l’ineleggibilità nonché la perdita del suo mandato di deputata europea e dell’insieme dei suoi mandati elettivi, figurava tra le circostanze che il Parlamento doveva prendere in considerazione per determinare se le condizioni per una revoca dell’immunità parlamentare a norma dell’articolo 9 del protocollo ricorressero nella fattispecie.

27

Il Tribunale ha constatato, ad abundantiam, al punto 101 della sentenza impugnata, che l’ordinanza di rinvio dinanzi al tribunale penale, menzionata al punto 14 della presente sentenza, era successiva alla decisione controversa e era diretta a contrastare l’argomentazione della ricorrente relativa all’esistenza di un fumus persecutionis da parte delle autorità giudiziarie francesi. Il Tribunale ha sottolineato in tale contesto che, secondo la suddetta ordinanza, la circostanza, in particolare, che la ricorrente non sia autrice del tweet controverso non osta al fatto che essa sia perseguita in base alla legge francese del 29 luglio 1881 sur la liberté de la presse (JORF del 30 luglio 1881, pag. 4201), nella sua versione applicabile (legge sulla libertà di stampa; in prosieguo: la «legge del 29 luglio 1881»).

Conclusioni delle parti

28

La ricorrente chiede che la Corte voglia:

annullare la sentenza impugnata;

annullare la decisione controversa;

statuire sull’importo da attribuire alla ricorrente a titolo delle spese processuali, e

condannare il Parlamento alle spese.

29

Il Parlamento chiede che la Corte voglia respingere l’impugnazione e condannare la ricorrente alle spese.

Sull’impugnazione

30

A sostegno della propria impugnazione, la ricorrente deduce due motivi, raggruppati in un’unica sezione intitolata «Violazione da parte del Tribunale del diritto dell’Unione – errore di diritto e errore di qualificazione della natura giuridica dei fatti – errore manifesto di valutazione». In particolare, la ricorrente contesta al Tribunale di aver commesso due «errori manifesti di valutazione» nell’analisi sia del secondo sia del terzo motivo dedotti in primo grado, errori che avrebbero prodotto «conseguenze sulla qualificazione giuridica che il Tribunale [ha fornito] dei propositi perseguiti e del loro contesto» e avrebbero comportato, a torto, la mancata applicazione delle disposizioni degli articoli 8 e 9 del protocollo a beneficio della ricorrente.

Sul primo motivo

Argomenti delle parti

31

Con il suo primo motivo, la ricorrente, facendo riferimento ai punti 47 e da 52 a 54 della sentenza impugnata, contesta al Tribunale di non aver considerato il tweet controverso come opinione emessa nell’esercizio delle sue funzioni parlamentari. A sostegno di tale motivo, la ricorrente deduce tre argomenti.

32

In primo luogo, il Tribunale avrebbe erroneamente constatato che l’evento commentato nel tweet controverso, per la sua localizzazione geografica in Francia, non appartiene ai soggetti di interesse di un deputato europeo, laddove ogni deputato è eletto nel suo paese, rappresenta i suoi elettori e deve mantenere durante il suo mandato un collegamento necessario con essi, facendo segnatamente riferimento a fatti che li interessano o li riguardano.

33

In secondo luogo, il Tribunale avrebbe considerato, a torto, che un’opinione costituisce necessariamente una presa di posizione generica, che esclude qualsiasi riferimento ad un evento preciso. Secondo la ricorrente, tale constatazione è in contrasto sia con la comunicazione n. 11/2003 e, in particolare, con il suo principio n. 2, sia con la legge del 29 luglio 1881, in applicazione della quale il tweet controverso sarebbe da considerare un’opinione. Infine, la ricorrente fa valere la sentenza dell’8 ottobre 2009, Brunet-Lecomte e Tanant c. France (CE:CEDU:2009:1008JUD 001266206), in cui la Corte europea dei diritti dell’uomo avrebbe dichiarato che l’intenzione ingiuriosa o diffamatoria può divenire elemento di dibattito politico ed essere protetta a titolo del diritto fondamentale costituito dalla libertà d’espressione, allorché esiste un interesse generale ad un simile dibattito.

34

In terzo luogo, il Tribunale avrebbe considerato a torto che il fatto, per un parlamentare, di evidenziare un comportamento contrastante con la legge francese non è argomento di corrente attualità. Al riguardo, la ricorrente afferma, da una parte, che il porto del velo integrale negli spazi pubblici, come manifestazione esteriore di appartenenza all’Islam, è un «argomento di interesse generale che riguarda la vita pubblica come i diritti delle donne». D’altra parte, il Tribunale avrebbe dovuto applicare la giurisprudenza consolidata nella sentenza del 6 settembre 2011, Patriciello (C‑163/10, EU:C:2011:543), in forza della quale, per negare la revoca dell’immunità parlamentare di un deputato, occorrerebbe indagare se quest’ultimo sia intervenuto nell’interesse generale dei suoi elettori, nell’ambito delle sue attività politiche.

35

Il Parlamento, per parte sua, ritiene che i tre argomenti suddetti siano basati su un’errata lettura della sentenza impugnata e che, quindi, il primo motivo debba essere dichiarato infondato.

Giudizio della Corte

36

Con il suo primo motivo, la ricorrente contesta, in sostanza, al Tribunale di aver travisato l’articolo 8 del protocollo avendo giudicato che il tweet controverso non costituiva un’opinione emessa nell’esercizio delle sue funzioni parlamentari, ai sensi di detta disposizione.

37

Al riguardo, va ricordato, in primo luogo, che l’articolo 8 del protocollo costituisce una disposizione speciale diretta a proteggere la libertà di espressione e l’indipendenza dei deputati europei, di modo che esso osta a qualsiasi procedimento giudiziario dovuto alle opinioni e ai voti espressi da tali deputati nell’esercizio delle funzioni parlamentari (v., in tal senso, sentenza del 6 settembre 2011, Patriciello, C‑163/10, EU:C:2011:543, punto 26 e giurisprudenza ivi citata).

38

In secondo luogo, l’articolo 8 del protocollo – vista la sua finalità e considerato il suo tenore letterale, fa espresso riferimento, oltre che alle opinioni, anche ai voti espressi dai deputati europei, ed è essenzialmente destinato ad applicarsi alle dichiarazioni effettuate da questi ultimi nelle aule stesse del Parlamento. Tuttavia, non si può escludere che una dichiarazione effettuata da un deputato europeo fuori da tali aule possa costituire un’opinione espressa nell’esercizio delle sue funzioni parlamentari, atteso che l’esistenza di un’opinione siffatta dipende non dal luogo in cui la dichiarazione è stata effettuata, bensì dalla natura e dal contenuto di quest’ultima. La nozione di «opinione», ai sensi di tale disposizione, deve quindi essere intesa in senso ampio, cioè nel senso che include i discorsi o le dichiarazioni che, per il loro contenuto, corrispondono ad asserzioni costitutive di valutazioni soggettive (v., in tal senso, sentenza del 6 settembre 2011, Patriciello, C‑163/10, EU:C:2011:543, punti 29, 3032).

39

In terzo luogo, poiché l’immunità prevista dall’articolo 8 del protocollo è idonea a precludere in modo definitivo alle autorità giudiziarie e alle giurisdizioni nazionali l’esercizio delle loro competenze rispettive in materia di azioni penali e sanzioni degli illeciti penali e, correlativamente, a privare le persone lese da tali opinioni dell’accesso alla giustizia, compresa un’eventuale azione per ottenere dinanzi ai giudici civili il risarcimento del danno subìto, il nesso richiesto tra l’opinione espressa dal deputato e le sue funzioni parlamentari deve essere diretto e imporsi con evidenza (v., in tal senso, sentenza del 6 settembre 2011, Patriciello, C‑163/10, EU:C:2011:543, punti da 33 a 35).

40

In quarto luogo, contrariamente all’inviolabilità parlamentare prevista dall’articolo 9, primo comma, lettera a), del protocollo, la quale dipende dal diritto nazionale, la portata dell’immunità prevista dall’articolo 8 del medesimo protocollo deve essere determinata, in mancanza di un rinvio ai diritti nazionali, soltanto sulla scorta del diritto dell’Unione (v., in tal senso, sentenza del 6 settembre 2011, Patriciello, C‑163/10, EU:C:2011:543, punto 25).

41

Nella specie, con riferimento al primo argomento invocato a sostegno del primo motivo, si deve constatare, come ha osservato l’avvocato generale ai paragrafi da 61 a 63 delle sue conclusioni, che, contrariamente a quanto fatto valere dalla ricorrente, il Tribunale non ha affermato che l’asserito evento commentato nel tweet controverso, per la sua localizzazione geografica in Francia, non rientrava tra gli argomenti di interesse per un deputato europeo. Non è neppure escluso che eventi che potevano essere collegati a problematiche connesse all’islamismo e all’intento di pregiudicare i diritti delle donne possano costituire questioni rientranti nell’interesse generale. Il Tribunale ha dichiarato, in sostanza, al punto 53 della sentenza impugnata, che il tweet controverso, poiché esprimeva più la volontà di porre l’accento su un comportamento in contrasto con la legge francese che la preoccupazione di difendere i diritti delle donne, non poteva essere assimilato a una presa di posizione più generale su argomenti di corrente attualità o trattati dal Parlamento.

42

Ne consegue che il primo argomento presentato a sostegno del primo motivo deriva da un’errata lettura della sentenza impugnata e va disatteso.

43

Riguardo al secondo argomento invocato a sostegno del primo motivo, si deve constatare, in primo luogo, che, come ha osservato l’avvocato generale ai paragrafi 64 e 65 delle sue conclusioni, il Tribunale, al punto 46 della sentenza impugnata, non ha limitato la nozione di «opinione», ai sensi dell’articolo 8 del protocollo, a prese di posizione generali, escludendo qualsiasi riferimento a un evento preciso. Al contrario, il Tribunale, invocando la giurisprudenza della Corte sulla nozione di «opinione», ha ricordato che tale nozione deve essere intesa in senso ampio, cioè nel senso che include i discorsi o le dichiarazioni che, per il loro contenuto, corrispondono ad asserzioni costituenti valutazioni soggettive. Il Tribunale non ha pertanto indebitamente circoscritto tale nozione, ma si è limitato a constatare, al termine della sua analisi, l’assenza di un nesso diretto, che si imponesse con evidenza, tra il tweet controverso e le funzioni parlamentari della ricorrente.

44

In secondo luogo, la comunicazione n. 11/2003, invocata dalla ricorrente, fatta salva la sua natura giuridicamente non vincolante, si limita a precisare, al suo principio n. 2, che sono considerate espressioni d’opinione rientranti nell’attività politica del deputato, in modo tale che l’immunità non può essere revocata, le manifestazioni, anche a partire dalla tribuna riservata al pubblico di un parlamento nazionale, in sede di pubbliche riunioni, di pubblicazioni politiche, nella stampa, in un libro, alla televisione, alla sottoscrizione di un accordo politico, e anche in un tribunale, senza tuttavia pronunciarsi sulle condizioni necessarie perché tali opinioni possano rientrare specificamente nell’ambito di applicazione dell’articolo 8 del protocollo, come opinioni o voti emessi dai deputati nell’esercizio delle funzioni parlamentari. Nessuna parte di tale comunicazione può pertanto essere invocata contro la conclusione del Tribunale secondo cui il tweet controverso non rientrava nell’esercizio delle funzioni parlamentari della ricorrente, ai sensi dell’articolo 8 del protocollo, come interpretato segnatamente dalla sentenza del 6 settembre 2011, Patriciello (C‑163/10, EU:C:2011:543, punti da 32 a 35).

45

In terzo luogo, poiché, come si è ricordato al punto 40 della presente sentenza, la portata dell’immunità prevista dall’articolo 8 del protocollo deve essere determinata solo sulla scorta del diritto dell’Unione, l’argomento della ricorrente basato sulla legge del 29 luglio 1881 è privo di rilievo e va escluso, in quanto inoperante.

46

In quarto luogo, è parimenti inoperante la sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo dell’8 ottobre 2009, Brunet-Lecomte e Tanant c. France (CE:CEDU:2009:1008JUD 001266206), invocata dalla ricorrente nel presente contesto. È sufficiente constatare che detta sentenza non riguarda la questione se una dichiarazione costituisca un’opinione emessa da un parlamentare nell’esercizio delle sue funzioni, ma riguarda, come la ricorrente stessa indica, la possibilità di considerare che la dichiarazione diffamatoria sia protetta a titolo del diritto fondamentale alla libertà di espressione.

47

Riguardo al terzo argomento invocato a sostegno del primo motivo, si deve osservare che, contrariamente a quanto fatto valere dalla ricorrente, il Tribunale non ha constatato che il fatto che un deputato evidenzi un comportamento contrario a una legge nazionale non sia argomento di corrente attualità. Infatti, al punto 53 della sentenza impugnata, il Tribunale si è limitato a constatare che il tweet controverso appariva più come volontà di evidenziare un comportamento contrario alla legge francese che come preoccupazione di difendere i diritti delle donne, di modo che il fatto che la ricorrente sia membro supplente della commissione per i diritti della donna e per la parità di genere del Parlamento non può consentire di collegare il tweet controverso alle sue funzioni parlamentari.

48

Ne consegue che il primo motivo, vertente sulla violazione dell’articolo 8 del protocollo da parte del Tribunale, dev’essere respinto in quanto infondato.

Sul secondo motivo

Argomenti delle parti

49

Con il suo secondo motivo, la ricorrente, facendo riferimento ai punti 61, 62, 96, 100 e 101 della sentenza impugnata, contesta in sostanza al Tribunale di aver confermato la decisione controversa dichiarando, a torto, che ricorrevano le condizioni richieste per la revoca della sua immunità parlamentare. La ricorrente deduce tre argomenti a sostegno di tale motivo.

50

In primo luogo, il Tribunale avrebbe constatato a torto che non spettava al Parlamento verificare se i fatti contestati al deputato, di cui si richiede la revoca dell’immunità parlamentare, siano dimostrati, sebbene il Parlamento abbia esaminato e riconosciuto tali fatti.

51

In secondo luogo, il Tribunale non avrebbe tratto conseguenze giuridiche corrette dall’articolo 42 della legge del 29 luglio 1881, il quale, prevedendo una «responsabilità a cascata», consentirebbe alle autorità nazionali competenti di perseguire il vero autore del tweet controverso, cioè, nella specie, l’assistente della ricorrente.

52

In terzo luogo, il Tribunale, al punto 101 della sentenza impugnata, avrebbe tratto dall’ordinanza di rinvio dinanzi al tribunale penale, menzionata al punto 14 della presente sentenza, la conseguenza giuridica inversa a quella che avrebbe dovuto trarne, dato che la ricorrente non sarebbe stata autrice del tweet controverso e lo avrebbe ritirato non appena ne ha avuto conoscenza, il che dimostrerebbe che essa non aveva intenzione di commettere un reato. Peraltro il fatto che la ricorrente sia stata l’unica persona ad essere rinviata dinanzi a un tribunale penale, mentre il vero autore del tweet controverso avrebbe beneficiato della prescrizione dell’azione, manifesterebbe «l’accanimento di un magistrato» nei suoi confronti e rivelerebbe una «intenzione di nuocerle sul piano politico, comportamento caratteristico del fumus persecutionis».

53

Il Parlamento ritiene che il secondo motivo sia irricevibile in quanto i tre argomenti invocati a suo sostegno non corrispondono né ai requisiti derivanti dall’articolo 58, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, dall’articolo 168, paragrafo 1, lettera d), e dall’articolo 169 del regolamento di procedura della Corte, nonché dalla giurisprudenza della Corte relativa all’individuazione degli errori del Tribunale che possono essere invocati a sostegno di un’impugnazione, né alle condizioni in cui errori di valutazione degli elementi di prova possono essere assoggettati al sindacato della Corte nell’ambito di un’impugnazione. Il Parlamento si basa segnatamente sulle ordinanze del 27 giugno 2013, Concal/Commissione (C‑570/12 P, non pubblicata, EU:C:2013:440, punto 13), e del 16 settembre 2010, Dominio de la Vega/UAMI (C‑459/09 P, non pubblicata, EU:C:2010:533, punto 44).

Giudizio della Corte

54

Con il suo secondo motivo, la ricorrente contesta in sostanza al Tribunale di aver travisato l’articolo 9 del protocollo confermando la decisione controversa.

55

Occorre rilevare, preliminarmente, che l’argomentazione proposta a sostegno del secondo motivo individua sufficientemente gli errori che la ricorrente contesta al Tribunale, in modo tale che, contrariamente a quanto asserito dal Parlamento, tale motivo non deve prima facie essere respinto in quanto irricevibile.

56

Riguardo all’esame nel merito di tale del motivo, va ricordato che, anche se l’articolo 9 del protocollo prevede, al suo primo comma, lettera a), che, durante lo svolgimento delle sedute del Parlamento, i suoi deputati beneficino, sul loro territorio nazionale, delle immunità riconosciute ai parlamentari del loro paese, il medesimo articolo precisa, al suo terzo comma, che il Parlamento può decidere di revocare l’immunità di uno dei suoi membri.

57

Riguardo al primo argomento invocato a sostegno del secondo motivo, va osservato che il Tribunale ha constatato giustamente ai punti 61, 62 e 96 della sentenza impugnata, che la questione se, al momento in cui ne viene fatta domanda, ricorrano i presupposti per la revoca dell’immunità parlamentare, in forza dell’articolo 9 del protocollo, è distinta da quella consistente nello stabilire se i fatti contestati al deputato interessato siano dimostrati, dato che tale questione ricade nella competenza delle autorità dello Stato membro.

58

Se è pur vero che, come il Tribunale ha constatato al punto 100 della sentenza impugnata, il Parlamento ha riconosciuto, nella decisione controversa, che la ricorrente non era autrice del tweet controverso e che lo aveva cancellato non appena ne aveva avuto conoscenza, tale constatazione era intesa soltanto ad esporre i fatti portati a sua conoscenza a sostegno della domanda di revoca dell’immunità parlamentare della ricorrente e non può essere in alcun modo assimilata ad una valutazione della responsabilità della ricorrente per l’eventuale utilizzo del suo conto Twitter da parte del suo assistente, valutazione idonea, eventualmente, a condurre il Parlamento a negare la revoca dell’immunità parlamentare dell’interessata, a norma dell’articolo 9 del protocollo. È pertanto senza errare in diritto che il Tribunale ha dichiarato tale circostanza priva di rilievo sulla legittimità della decisione controversa.

59

Riguardo al secondo argomento invocato a sostegno del secondo motivo, con cui la ricorrente contesta al Tribunale di non aver tratto le conseguenze giuridiche appropriate dall’articolo 42 della legge del 29 luglio 1881, è giocoforza constatare che non spettava né al Parlamento, all’atto dell’adozione della decisione controversa, né al Tribunale, in sede di esame della sua legittimità, applicare la legge del 29 luglio 1881. Tale argomento è quindi inoperante.

60

Riguardo al terzo argomento, è sufficiente constatare che esso concerne il punto 101 della sentenza impugnata, il quale, come indicato dal Tribunale stesso, enuncia un motivo ad abundantiam rispetto a quelli che compaiono ai punti 99 e 100 di tale sentenza. Orbene, da una parte, la ricorrente non contesta il punto 99 di detta sentenza e, dall’altra, il punto 100 di quest’ultima, come risulta dal punto 58 della presente sentenza, non è viziato da alcun errore di diritto. In tal contesto, tale argomento deve essere disatteso perché inoperante (v., in tal senso, sentenza del 30 maggio 2018, Azoulay e a./Parlamento, C‑390/17 P, EU:C:2018:347, punto 29).

61

Ne consegue che il secondo motivo deve essere respinto in quanto, in parte, infondato e, in parte, inoperante.

62

Da tutto quanto precede risulta che la presente impugnazione deve essere respinta.

Sulle spese

63

Ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 1, del regolamento di procedura, che si applica al procedimento d’impugnazione a norma dell’articolo 184, paragrafo 1, del medesimo regolamento, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché il Parlamento ha chiesto la condanna della ricorrente, quest’ultima, rimasta soccombente, dev’essere condannata alle spese relative alla presente impugnazione.

 

Per questi motivi, la Corte (Quarta Sezione) dichiara e statuisce:

 

1)

L’impugnazione è respinta.

 

2)

La sig.ra Mylène Troszczynski è condannata alle spese.

 

Firme


( *1 ) Lingua processuale: il francese.

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