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Documento 62008CJ0101

Sentenza della Corte (Quarta Sezione) del 15 ottobre 2009.
Audiolux SA e.a contro Groupe Bruxelles Lambert SA (GBL) e a. e Bertelsmann AG e a.
Domanda di pronuncia pregiudiziale: Cour de cassation - Lussemburgo.
Direttive 77/91/CEE, 79/279/CEE e 2004/25/CE - Principio generale del diritto comunitario di tutela degli azionisti di minoranza - Inesistenza - Diritto delle società - Presa di controllo - Offerta obbligatoria - Raccomandazione 77/534/CEE - Codice di condotta.
Causa C-101/08.

Raccolta della Giurisprudenza 2009 I-09823

Identificatore ECLI: ECLI:EU:C:2009:626

SENTENZA DELLA CORTE (Quarta Sezione)

15 ottobre 2009 ( *1 )

«Direttive 77/91/CEE, 79/279/CEE e 2004/25/CE — Principio generale del diritto comunitario di tutela degli azionisti di minoranza — Insussistenza — Diritto delle società — Presa di controllo — Offerta obbligatoria — Raccomandazione 77/534/CEE — Codice di condotta»

Nel procedimento C-101/08,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dalla Cour de cassation (Lussemburgo) con decisione 21 febbraio 2008, pervenuta in cancelleria il , nella causa

Audiolux SA e altri

contro

Groupe Bruxelles Lambert SA (GBL) e altri,

Bertelsmann AG e altri,

LA CORTE (Quarta Sezione),

composta dal sig. K. Lenaerts, presidente della Terza Sezione, facente funzione di presidente della Quarta Sezione, dalla sig.ra R. Silva de Lapuerta, dai sigg. G. Arestis, J. Malenovský e T. von Danwitz (relatore), giudici,

avvocato generale: sig.ra V. Trstenjak

cancelliere: sig. N. Nanchev, amministratore

vista la fase scritta del procedimento ed in seguito all’udienza del 30 aprile 2009,

considerate le osservazioni presentate:

per l‘Audiolux SA e altri, dagli avv.ti A. Elvinger e M. Elvinger, avocats;

per la Groupe Bruxelles Lambert SA (GBL) e altri, dagli avv.ti J. Loesch, G. Loesch e P. Van Ommeslaghe, avocats;

per la Bertelsmann AG e altri, dagli avv.ti G. Harles e P.-E. Partsch, avocats;

per il governo francese, dai sigg. G. de Bergues e J.-Ch. Gracia, in qualità di agenti;

per l’Irlanda, dal sig. D. O’Hagan, solicitor, assistito dagli avv.ti D. Barniville, SC, e A. O’Neill, BL;

per il governo polacco, dal sig. M. Dowgielewicz, in qualità di agente;

per la Commissione delle Comunità europee, dal sig. G. Braun e dalla sig.ra O. Beynet, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 30 giugno 2009,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sul se viga un principio generale del diritto comunitario concernente l’uguaglianza degli azionisti in forza del quale gli azionisti di minoranza sono tutelati mediante l’obbligo a carico dell’azionista dominante, che acquisti o eserciti il controllo di una società, di offrire loro l’acquisto delle azioni da essi detenute alle medesime condizioni di quelle convenute in occasione dell’acquisto di una partecipazione in tale società tale da conferire o rafforzare il controllo dell’azionista dominante e, eventualmente, sugli effetti nel tempo di siffatto principio.

2

Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra alcuni azionisti di minoranza della società RTL Group (in prosieguo: la «RTL») e le società Groupe Bruxelles Lambert SA (GBL) (in prosieguo: la «GBL») e Bertelsmann AG (in prosieguo: la «Bertelsmann»), nonché la RTL, in ordine a convenzioni stipulate tra la GBL e la Bertelsmann.

Contesto normativo

3

In forza del quinto ‘considerando’ della seconda direttiva del Consiglio 13 dicembre 1976, 77/91/CEE, intesa a coordinare, per renderle equivalenti, le garanzie che sono richieste, negli Stati membri, alle società di cui all’articolo 58, secondo comma, del Trattato, per tutelare gli interessi dei soci e dei terzi per quanto riguarda la costituzione della società per azioni, nonché la salvaguardia e le modificazioni del capitale sociale della stessa (GU 1977, L 26, pag. 1):

«(…) in conformità degli obiettivi di cui all’articolo 54, paragrafo 3, lettera g), è necessario che, in materia di aumento e di riduzione del capitale, gli Stati membri, nelle loro legislazioni, tutelino l’osservanza ed armonizzino l’applicazione dei principi atti a salvaguardare la parità di trattamento degli azionisti che si trovano in condizioni identiche e la protezione dei creditori esistenti prima della decisione di riduzione».

4

L’art. 20, n. 1, di tale direttiva dispone quanto segue:

«1.   Gli Stati membri possono non applicare l’articolo 19 [subordinando a talune condizioni l’acquisto delle proprie azioni da parte di una società]:

(…)

d)

alle azioni acquisite in virtù di un obbligo legale [o] risultante da una decisione giudiziaria a tutela delle minoranze di azionisti, in particolare in caso di fusione, di cambiamento dell’oggetto o del tipo della società, di trasferimento della sede sociale all’estero o di introduzione di limitazioni per il trasferimento delle azioni;

(…)

f)

alle azioni acquisite per indennizzare azionisti minoritari di società collegate;

(…)».

5

L’art. 42 della direttiva 77/91 prevede che:

«Per l’applicazione della presente direttiva le legislazioni degli Stati membri salvaguardano la parità di trattamento degli azionisti che si trovano in condizioni identiche».

6

A termini del punto 6 della raccomandazione della Commissione 25 luglio 1977, 77/534/CEE, di un codice di condotta europeo concernente le transazioni sui valori mobiliari (GU L 212, pag. 37):

«(…) la Commissione ha potuto altresì constatare, dopo aver consultato gli ambienti interessati, che presso quest’ultimi esiste un ampio consenso sui principi del codice».

7

Il punto 11, lett. C, di tale raccomandazione dispone quanto segue:

«Il terzo principio generale concerne l’uguaglianza degli azionisti.

Malgrado le critiche, la Commissione ha ritenuto di dover mantenere il principio della uguaglianza di trattamento, illustrandone l’applicazione con due regole complementari e ponendo soprattutto l’accento su un obbligo concreto di pubblicità.

La disposizione complementare n. 17 menziona l’uguaglianza di trattamento che in caso di trasferimento di una partecipazione di controllo deve essere offerta agli altri azionisti, ma ammette che la protezione di tali azionisti si potrebbe realizzare in modi diversi per tener conto del fatto che in Germania esiste una norma che limita i poteri dell’azionista dominante.

(…)».

8

Il primo e il terzo principio generale del codice di condotta europeo (in prosieguo: il «codice di condotta»), allegato alla raccomandazione 77/534, così prevedono:

«1.

L’obiettivo del presente codice e i principi generali dovrebbero essere rispettati anche nei casi non espressamente contemplati da una disposizione complementare.

Ogni operazione sui mercati di valori mobiliari implica il rispetto non soltanto della lettera ma anche dello spirito delle disposizioni legislative o regolamentari vigenti in ciascuno Stato nonché dei principi di buona condotta in uso su detti mercati o raccomandati dal presente codice.

(…)

3.

Dovrebbe essere garantita l’uguaglianza di trattamento ad ogni detentore di valori mobiliari dello stesso tipo, emessi dalla stessa società; in particolare, ogni atto che implichi, direttamente o indirettamente, il trasferimento di una partecipazione che consenta di controllare, de iure o de facto, una società i cui titoli sono negoziati sul mercato, terrà conto del diritto di tutti gli azionisti ad essere trattati allo stesso modo».

9

La disposizione complementare n. 17 del codice di condotta enuncia quanto segue:

«Ogni operazione che implichi il trasferimento di una partecipazione di controllo ai sensi del principio generale n. 3 non dovrebbe avvenire clandestinamente, senza che gli altri azionisti e le autorità di controllo del mercato ne siano informati.

È auspicabile che la facoltà di cedere i propri titoli alle medesime condizioni sia offerta a tutti gli azionisti della società il cui controllo è stato trasferito, salvo che beneficino di una protezione che si consideri equivalente».

10

Ai sensi dell’art. 4, n. 2, della direttiva del Consiglio 5 marzo 1979, 79/279/CEE, concernente il coordinamento delle condizioni per l’ammissione di valori mobiliari alla quotazione ufficiale di una Borsa valori (GU L 66, pag. 21), gli emittenti di valori mobiliari ammessi alla quotazione ufficiale sono soggetti agli obblighi elencati nello schema C allegato a tale direttiva.

11

Nel suo allegato, infatti, la predetta direttiva contiene uno schema C relativo agli «obblighi della società le cui azioni sono ammesse alla quotazione ufficiale di una borsa valori». Al punto 2, lett. a), di tale schema C si precisa che «la società deve assicurare il medesimo trattamento agli azionisti che si trovano in condizioni identiche».

12

Questa disposizione è stata ripresa all’art. 65, n. 1, della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 28 maggio 2001, 2001/34/CE, riguardante l’ammissione di valori mobiliari alla quotazione ufficiale e l’informazione da pubblicare su detti valori (GU L 184, pag. 1), che al suo art. 111, n. 1, ha abrogato la direttiva 79/279.

13

Tuttavia, l’art. 65 della direttiva 2001/34 è stato abrogato a decorrere dal 20 gennaio 2007 in forza dell’art. 32, punto 5, della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio , 2004/109/CE, sull’armonizzazione degli obblighi di trasparenza riguardanti le informazioni sugli emittenti i cui valori mobiliari sono ammessi alla negoziazione in un mercato regolamentato e che modifica la direttiva 2001/34/CE (GU L 390, pag. 38). L’art. 17 della direttiva 2004/109, intitolato «Obblighi di informazione per gli emittenti le cui azioni sono ammesse alla negoziazione in un mercato regolamentato», al suo n. 1 così recita:

«L’emittente di azioni ammesse alla negoziazione in un mercato regolamentato garantisce parità di trattamento per tutti i possessori di azioni che si trovano in condizioni identiche».

14

Ai sensi dell’ottavo e del decimo ‘considerando’ della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 21 aprile 2004, 2004/25/CE, concernente le offerte pubbliche di acquisto (GU L 142, pag. 12):

«(8)

Secondo i principi generali del diritto comunitario e, in particolare, il diritto di difesa, le decisioni di un’autorità di vigilanza dovrebbero poter essere riesaminate, secondo opportune procedure, da un organo giurisdizionale indipendente (…).

(…)

(10)

L’obbligo di promuovere un’offerta rivolta a tutti i possessori di titoli non si dovrebbe applicare a coloro che detengono già una partecipazione di controllo alla data dell’entrata in vigore delle disposizioni nazionali che recepiscono la presente direttiva».

15

Conformemente al suo art. 1, n. 1, tale direttiva si applica alle offerte pubbliche concernenti i titoli di una società di diritto di uno Stato membro, quando detti titoli sono ammessi alla negoziazione su un mercato regolamentato.

16

L’art. 3 di tale direttiva, intitolato «Principi generali», ai nn. 1, lett. a), e 2, lett. a), dispone quanto segue:

«1.   Ai fini dell’attuazione della presente direttiva, gli Stati membri provvedono a che siano applicati i seguenti principi:

a)

tutti i possessori di titoli di una società emittente della stessa categoria devono beneficiare di un trattamento equivalente; inoltre, se una persona acquisisce il controllo di una società, gli altri possessori di titoli devono essere tutelati;

(…)

2.   Perché siano applicati i principi enunciati nel paragrafo 1, gli Stati membri:

a)

provvedono a che siano soddisfatti i requisiti minimi stabiliti dalla presente direttiva».

17

L’art. 5 della direttiva 2004/25, intitolato «Tutela degli azionisti di minoranza; offerta obbligatoria e prezzi equi», ai suoi nn. 1 e 4 stabilisce che:

«1.   Gli Stati membri provvedono a che, qualora una persona fisica o giuridica, per effetto di propri acquisti o dell’acquisto da parte di persone che agiscono di concerto con essa, detenga titoli di una società di cui all’articolo 1, paragrafo 1, che, sommati ad una partecipazione già in suo possesso e ad una partecipazione di persone che agiscono di concerto con essa, le conferiscano, direttamente o indirettamente, diritti di voto in detta società in una percentuale tale da esercitare il controllo della stessa, detta persona sia tenuta a promuovere un’offerta per tutelare gli azionisti di minoranza di tale società. L’offerta è promossa quanto prima ed è indirizzata a tutti i possessori dei titoli per la totalità delle loro partecipazioni, al prezzo equo definito nel paragrafo 4.

(…)

4.   È considerato prezzo equo il prezzo massimo pagato per gli stessi titoli dall’offerente, o da persone che agiscono di concerto con lui, in un periodo, che spetta agli Stati membri determinare, di non meno di sei e non più di dodici mesi antecedenti all’offerta di cui al paragrafo 1 (…)».

18

L’art. 16 di tale direttiva, intitolato «Obbligo di acquisto», è così formulato:

«1.   Gli Stati membri provvedono a che, a seguito di un’offerta indirizzata a tutti i possessori di titoli della società emittente e riguardante la totalità dei loro titoli, si applichino le disposizioni dei paragrafi 2 e 3.

2.   Gli Stati membri provvedono a che il detentore dei restanti titoli possa esigere che l’offerente acquisti i suoi titoli da lui a un giusto prezzo e alle stesse condizioni definite all’articolo 15, paragrafo 2.

3.   Mutatis mutandis, si applicano le disposizioni dell’articolo 15, paragrafi da 2 a 5».

19

L’art. 15, n. 2, di detta direttiva, al quale rinvia l’art. 16, n. 2, stabilisce la soglia di partecipazione richiesta al 90% del capitale con diritto di voto. Lo stesso art. 15, n. 5, al quale fa riferimento l’art. 16, n. 3, della direttiva 2004/25, dispone che gli Stati membri provvedano a che sia garantito un giusto prezzo.

Causa principale e questioni pregiudiziali

20

L’Audiolux SA e le altre ricorrenti nella causa principale (in prosieguo, congiuntamente: l’«Audiolux») sono azionisti di minoranza della RTL, le cui azioni erano quotate sui mercati di borsa regolamentati di Lussemburgo, Bruxelles e Londra.

21

Come risulta dal fascicolo, prima dei fatti all’origine della controversia di cui alla causa principale la GBL possedeva il 30% delle azioni della RTL. La Bertelsmann possedeva una partecipazione pari all’80% nella Bertelsmann Westdeusche TV GmbH, mentre il restante 20% era detenuto dalla Westdeutsche Allgemeine Zeitungsverlagsgesellschaft E. Brost & J. Funke GmbH & Co. La Bertelsmann Westdeusche TV GmbH possedeva il 37% delle azioni della RTL, il gruppo britannico Pearson Television ne possedeva il 22% e il resto, pari all’11% delle azioni, era posseduto dal pubblico, fra cui l’Audiolux.

22

Mediante varie transazioni effettuate nel corso del primo semestre del 2001, la GBL ha ceduto la propria partecipazione del 30% nel capitale della RTL alla Bertelsmann in cambio del 25% del capitale di quest’ultima.

23

In seguito, nel dicembre 2001, la Bertelsmann ha acquistato la partecipazione posseduta dalla Pearson Television e la RTL ha proceduto al «de-listing» dei suoi titoli dalla Borsa di Londra con effetto a partire dal 31 dicembre 2002.

24

La cessione della partecipazione posseduta dalla GBL alla Bertelsmann è stata oggetto di una sentenza del Tribunal d’arrondissement (Tribunale) (Lussemburgo) 8 luglio 2003, che ha respinto le domande presentate dall’Audiolux in quanto non fondate su alcuna norma o principio di diritto riconosciuto dal diritto lussemburghese. Tali domande riguardavano in particolare la validità delle transazioni comportanti la cessione di detta partecipazione e il risarcimento del danno causato dal mancato rispetto dell’obbligo di offrire agli attori la possibilità di scambiare le loro azioni della RTL con azioni della Bertelsmann alle stesse condizioni riconosciute alla GBL.

25

Secondo tale sentenza, il diritto positivo lussemburghese per le società non prevede che, quando un azionista rilevante cede i propri titoli ad un altro azionista rilevante, agli azionisti di minoranza spetti il diritto di cedere i loro titoli alle stesse condizioni. Neanche la regolamentazione borsistica lussemburghese può fornire il fondamento giuridico delle domande di cui si discute. Detta sentenza constata in particolare che nessuna disposizione del diritto lussemburghese ha dato attuazione alla raccomandazione 77/534.

26

Il «de-listing» dei titoli della RTL dalla Borsa di Londra è stato oggetto di una sentenza del Tribunal d’arrondissement di Lussemburgo 30 marzo 2004, che ha respinto le domande presentate dall’Audiolux relative, in particolare, all’obbligo di aumentare la diffusione tra il pubblico dei titoli della RTL e di non ritirare detti titoli dalla quotazione della Borsa di Londra.

27

Dopo aver riunito le due cause, la Cour d’appel (Corte d’appello) (Lussemburgo) ha confermato le suddette sentenze rilevando, per quanto riguarda la sentenza 8 luglio 2003, che la causa verte sull’esistenza di un principio generale in forza del quale gli azionisti di minoranza di una società lussemburghese quotata in borsa possano pretendere il diritto alla parità di trattamento da parte degli azionisti di maggioranza in occasione della cessione di una partecipazione rilevante in tale società. A questo proposito la Cour d’appel ritiene che nessun principio generale di uguaglianza degli azionisti possa avere valore di diritto positivo e fungere da fondamento giuridico alle pretese degli appellanti.

28

Il ricorso in cassazione, depositato dall’Audiolux, è unicamente diretto contro le disposizioni di tale sentenza, che conferma la sentenza 8 luglio 2003. Con tale ricorso l’Audiolux adduce la violazione di un principio generale di uguaglianza degli azionisti e chiede che le venga riconosciuto lo stesso trattamento di cui aveva beneficiato la GBL all’atto della cessione della sua partecipazione nella RTL alla Bertelsmann, con un premio di controllo.

29

In tale contesto la Cour de cassation ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)

Se i riferimenti alla parità di trattamento degli azionisti e in particolare alla tutela degli azionisti di minoranza, contenuti

a)

negli artt. 20 e 42 della seconda direttiva “società” (…) 77/91;

b)

nel “terzo principio generale” e nella “disposizione complementare n. 17” della raccomandazione [77/534];

c)

nel punto 2, lett. a), dello schema C allegato alla direttiva (…) 79/279, e nella direttiva [2001/34];

d)

nell’art. 3, n. 1, lett. a), della direttiva (…) 2004/25 (…) interpretato alla luce dell’ottavo ‘considerando’ della direttiva stessa,

siano riconducibili ad un principio generale del diritto comunitario.

2)

In caso di soluzione affermativa della prima questione, se tale principio generale di diritto comunitario si applichi soltanto alle relazioni tra una società e i suoi azionisti, o piuttosto s’imponga anche, specialmente nel caso di società con azioni quotate in borsa, nelle relazioni tra gli azionisti di maggioranza che esercitano o acquisiscono il controllo di una società e gli azionisti di minoranza di tale società.

3)

In caso di soluzione affermativa delle precedenti due questioni, se tale principio generale di diritto cominitario, tenuto conto della successione cronologica dei riferimenti normativi menzionati nella prima questione, dovesse essere considerato in vigore ed applicato alle relazioni tra azionisti di maggioranza e azionisti di minoranza nel senso della seconda questione, già prima dell’entrata in vigore della direttiva 2004/25 e, nel caso di specie, già prima dei fatti controversi risalenti al primo semestre del 2001».

Sulle questioni pregiudiziali

Sulla ricevibilità

30

La Bertelsmann contesta la ricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale sostenendo che non vi risulta sufficientemente illustrato il contesto giuridico e fattuale connesso alle questioni sollevate.

31

Sebbene una questione pregiudiziale proposta da un giudice nazionale sia irricevibile qualora la Corte non disponga degli elementi di fatto e di diritto necessari per rispondere in modo utile alle questioni ad essa sottoposte (v. sentenza 14 dicembre 2006, causa C-217/05, Confederación Española de Empresarios de Estaciones de Servicio, Racc. pag. I-11987, punto 28 e giurisprudenza ivi citata), si deve rilevare che, nel caso di specie, la decisione di rinvio consente di determinare la portata delle questioni poste ed ha effettivamente offerto alle parti coinvolte la possibilità di presentare osservazioni in conformità dell’art. 23 dello Statuto della Corte di giustizia, come attesta il contenuto delle osservazioni presentate nell’ambito del procedimento in esame. Pertanto la Corte dispone di elementi sufficienti riguardo al contesto giuridico ed ai fatti della controversia principale per interpretare le norme comunitarie interessate e fornire una risposta utile alle questioni sollevate.

Sulla prima e sulla seconda questione

32

Con tali questioni, che vanno esaminate congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se esista un principio generale del diritto comunitario sulla parità di trattamento degli azionisti in forza del quale gli azionisti di minoranza sono tutelati mediante l’obbligo dell’azionista dominante, che acquisti o eserciti il controllo di una società, di offrire loro l’acquisto delle azioni da essi possedute alle stesse condizioni convenute in occasione dell’acquisto di una partecipazione in tale società che conferisca o rafforzi il controllo dell’azionista dominante.

33

A tal proposito, il giudice del rinvio fa riferimento a varie disposizioni di diritto comunitario derivato, vale a dire gli artt. 20 e 42 della direttiva 77/91, il terzo principio generale e la disposizione complementare n. 17 del codice di condotta, il punto 2, lett. a), dello schema C contenuto nell’allegato alla direttiva 79/279 nonché l’art. 3, n. 1, lett. a), della direttiva 2004/25, letto alla luce dell’ottavo ‘considerando’ di questa.

34

Innanzi tutto occorre rilevare che il solo fatto che il diritto comunitario derivato preveda talune disposizioni afferenti alla tutela degli azionisti di minoranza non è di per sé sufficiente a dimostrare l’esistenza di un principio generale del diritto comunitario, in particolare se l’ambito di applicazione di dette disposizioni è circoscritto a diritti ben determinati e specifici. Pertanto, la disamina delle disposizioni richiamate dal giudice del rinvio viene compiuta con l’unico fine di verificare se tali disposizioni forniscano indicazioni concludenti circa l’esistenza del principio esaminato. In proposito, occorre precisare che tali disposizioni hanno valore indicativo solo nella misura in cui esse siano redatte in maniera vincolante (v., in tal senso, sentenze 23 novembre 1999, causa C-149/96, Portogallo/Consiglio, Racc. pag. I-8395, punto 86, nonché , causa C-189/01, Jippes e a., Racc. pag. I-5689, punto 74), facendo emergere il contenuto ben determinato del principio oggetto di indagine (v., in tal senso, sentenza Jippes e a., cit., punto 73).

35

In primo luogo, occorre necessariamente constatare che la portata delle summenzionate disposizioni delle direttive 77/91 e 79/279 è limitata a situazioni ben determinate, che non si riferiscono ad una fattispecie come quella di cui alla causa principale.

36

Infatti, i riferimenti alla tutela degli azionisti di minoranza contenuti nell’art. 20 della direttiva 77/91, lungi dal fornire un’indicazione circa l’esistenza di un principio generale del diritto comunitario, mirano semplicemente a precisare, come risulta dal loro testo, gli obiettivi in vista dei quali gli Stati membri possono, a talune condizioni, derogare all’applicazione dell’art. 19 di tale direttiva.

37

Allo stesso modo, l’obbligo, sancito dall’art. 42 della direttiva 77/91, di assicurare un trattamento paritario degli azionisti che si trovino in condizioni identiche, si applica, come risulta dall’inciso «per l’applicazione della presente direttiva», soltanto nell’ambito di tale direttiva, vale a dire, come precisato al quinto ‘considerando’ della stessa, in concomitanza con operazioni di aumento o di diminuzione del capitale. Pertanto, il suddetto articolo si applica a situazioni del tutto distinte da quelle relative all’obbligo che graverebbe, nella causa principale, sull’azionista dominante in forza del presunto principio generale del diritto comunitario addotto dall’Audiolux.

38

L’affermazione secondo quale la regola della parità di trattamento degli azionisti contemplata dal detto art. 42 non è, nell’intento del legislatore comunitario, idonea ad essere applicata al di fuori del contesto della direttiva 77/91 è corroborata dalla finalità di tale direttiva.

39

Difatti, detta direttiva ha soltanto lo scopo di assicurare un’equivalenza minima nella protezione degli azionisti in tutti gli Stati membri (v. sentenze 12 marzo 1996, causa C-441/93, Pafitis e a., Racc. pag. I-1347, punto 38; , causa C-42/95, Siemens, Racc. pag. I-6017, punto 13, nonché , causa C-338/06, Commissione/Spagna, Racc. pag. I-10139, punto 23).

40

Va inoltre sottolineato che, anche nell’ambito della direttiva 77/91, l’art. 42 di essa non può essere considerato espressione di un principio generale del diritto comunitario. Infatti, la Corte ha respinto un’interpretazione estensiva di tale art. 42, dal momento che ne conseguirebbe che l’art. 29, n. 4, di tale direttiva, relativo alle condizioni che consentono di limitare il diritto preferenziale, verrebbe privato del proprio effetto utile (v. sentenza Commissione/Spagna, cit., punti 32 e 33).

41

Quanto al punto 2, lett. a), dello schema C contenuto nell’allegato della direttiva 79/279, secondo il quale la società deve assicurare parità di trattamento agli azionisti che si trovano in condizioni identiche, è sufficiente rilevare che questa disposizione è stata nel frattempo abrogata e sostituita dall’art. 17 della direttiva 2001/34 che si applica, conformemente al suo titolo, unicamente all’obbligo di fornire informazioni ai possessori di titoli.

42

Pertanto, sia le disposizioni della direttiva 77/91 sia quelle della direttiva 79/279, menzionate dal giudice del rinvio, sono applicabili a situazioni ben determinate e nettamente differenti da quella di cui alla causa principale. Inoltre, e come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 84 delle sue conclusioni, tali disposizioni si limitano sostanzialmente a disciplinare ben specifiche ipotesi rilevanti per il diritto societario, imponendo alla società determinati obblighi a tutela di tutti gli azionisti. Ad esse manca pertanto il carattere generale inerente per definizione ai principi generali del diritto.

43

In secondo luogo, per quanto attiene al terzo principio generale ed alla disposizione complementare n. 17 del codice di condotta nonché alla direttiva 2004/25, si deve evidenziare che né detto codice né detta direttiva fanno espressamente menzione dell’esistenza di un principio generale del diritto comunitario relativo alla tutela degli azionisti di minoranza.

44

Quanto al codice di condotta, va sottolineato, da un lato, che al secondo comma il suo primo principio generale opera una distinzione tra le disposizioni legislative o regolamentari in vigore e i principi di buona condotta. A tale proposito, detto primo principio pone su un piano di parità i principi di buona condotta in uso sui mercati e quelli raccomandati dal codice di condotta. Ne discende che, secondo tale codice, i suddetti principi rivestono, in quanto fonti del diritto, lo stesso valore di quelli in uso sui mercati. Orbene, un tale rilievo relativo alla natura giuridica dei predetti principi risulta inconciliabile con l’ipotesi secondo cui un principio generale del diritto comunitario sarebbe sotteso al terzo principio generale ed alla disposizione complementare n. 17 di detto codice.

45

Dall’altro lato, né il terzo principio generale né la disposizione complementare n. 17 del codice di condotta menzionano l’obbligo di parità di trattamento in termini assoluti e vincolanti. In particolare, ai sensi del secondo comma della disposizione complementare n. 17 di tale codice, è meramente «auspicabile» che a tutti gli azionisti sia offerta la facoltà di cedere i propri titoli, e questo purché gli azionisti di minoranza non beneficino di una protezione equivalente.

46

Orbene, in ossequio alla giurisprudenza richiamata al punto 34 della presente sentenza, una simile formulazione osta a che dalle succitate disposizioni possa dedursi l’esistenza di un principio generale del diritto comunitario relativo alla protezione degli azionisti di minoranza. Pertanto, è irrilevante l’affermazione di cui al punto 6 della raccomandazione 77/534, secondo cui esiste un ampio consenso sui principi del codice di condotta presso gli ambienti interessati.

47

Quanto alla direttiva 2004/25, al suo art. 5 essa pone l’obbligo a carico dell’azionista che ha acquisito il controllo di una società di promuovere un’offerta obbligatoria. Al suo art. 16 essa prevede l’acquisto obbligatorio.

48

Orbene, da un lato, il secondo, il nono, il decimo, l’undicesimo ed il ventiquattresimo ‘considerando’ della direttiva 2004/25, relativi all’offerta e all’acquisto obbligatorio non enunciano né esplicitamente né implicitamente che le norme stabilite da tale direttiva siano riconducibili ad un principio generale del diritto comunitario. Inoltre, tali ‘considerando’ non fanno alcun riferimento al codice di condotta o alle direttive 77/91 e 79/279, e dunque non consentono di considerare la direttiva 2004/25 quale realizzazione di un progetto avviato dal codice di condotta o dalle direttive summenzionate.

49

Dall’altro, in conformità dell’art. 1 della direttiva 2004/25, l’ambito di applicazione sia dell’offerta obbligatoria che dell’acquisto obbligatorio è limitato a società quotate in borsa. Inoltre, l’offerta obbligatoria si applica, ai sensi dell’art. 5, n. 1, di tale direttiva, soltanto qualora una persona, per effetto di un acquisto, detenga una partecipazione che le conferisca il controllo di tale società e, ai sensi degli artt. 15 e 16 della suddetta direttiva, l’obbligo di acquisto vale solo in situazioni in cui un’azionista acquisisca, in occasione di un’offerta pubblica, più del 90% del capitale con diritti di voto.

50

Tali disposizioni della direttiva 2004/25 si applicano quindi a situazioni specifiche, con la conseguenza che non se ne può dedurre un principio generale di contenuto determinato. Esse sono altresì prive del carattere generale per definizione inerente ai principi generali di diritto, come si è già rilevato al punto 42 della presente sentenza, relativamente alle disposizioni delle direttive 77/91 e 79/279.

51

Per quanto riguarda in particolare le disposizioni della direttiva 2004/25 alle quali fa riferimento il giudice del rinvio, va rilevato che, benché l’ottavo ‘considerando’ di tale direttiva alluda ai principi generali del diritto comunitario, è pur vero che tale ‘considerando’ attiene esclusivamente alle garanzie procedurali e non riguarda un imprecisato principio di parità di trattamento degli azionisti. Del pari, dall’impiego dei termini «principi generali» all’art. 3 di tale direttiva non può dedursi che il legislatore comunitario intenda in tal modo assimilare i principi enunciati a tale articolo ai principi generali del diritto comunitario. Come risulta dai termini «ai fini dell’attuazione della presente direttiva», essi sono soltanto principi guida per l’applicazione di detta direttiva da parte degli Stati membri.

52

Alla luce di quanto precede, occorre constatare che le disposizioni di diritto comunitario derivato alle quali fa riferimento il giudice del rinvio non forniscono indicazioni concludenti circa l’esistenza di un principio generale di parità di trattamento degli azionisti di minoranza.

53

Inoltre, si deve ancora esaminare se il trattamento rivendicato dall’Audiolux possa essere inteso come espressione specifica del principio generale della parità di trattamento in materia di diritto delle società.

54

Secondo una giurisprudenza costante, il principio generale della parità di trattamento impone che situazioni analoghe non siano trattate in maniera diversa e che situazioni diverse non siano trattate in maniera uguale, a meno che tale trattamento non sia obiettivamente giustificato (v. sentenza 16 dicembre 2008, causa C-127/07, Arcelor Atlantique e Lorraine e a., Racc. pag. I-9895, punto 23 e giurisprudenza ivi citata).

55

Nel caso in esame va osservato che il trattamento rivendicato dall’Audiolux mira ad istaurare un obbligo a carico unicamente dell’azionista che acquisisca o rafforzi il proprio controllo in una società. Tale obbligo gli imporrebbe di contrattare con tutti gli azionisti di minoranza alle stesse condizioni convenute in occasione dell’acquisto di una partecipazione che abbia conferito o rafforzato il controllo e comporterebbe un corrispondente diritto in capo a tutti gli azionisti di vendere le loro azioni all’azionista dominante.

56

Occorre stabilire se gli elementi rilevati al punto precedente della presente sentenza possano essere considerati espressione del principio generale della parità di trattamento.

57

Quanto alla previsione dell’obbligo a carico dell’azionista dominante e alla definizione delle relative condizioni, si deve constatare che il principio generale della parità di trattamento non può, di per sé, né far sorgere un obbligo particolare in capo all’azionista dominante in favore degli altri azionisti né determinare la situazione specifica alla quale un simile obbligo si ricollega.

58

Infatti, la previsione di un obbligo gravante sull’azionista dominante nonché la definizione delle condizioni da cui origina tale obbligo richiederebbero una decisione in merito alla questione se, nella situazione particolare in cui un’azionista acquisisca o rafforzi il proprio controllo in una società, gli azionisti di minoranza necessitino di una tutela particolare da realizzarsi mediante l’imposizione di un obbligo a carico dell’azionista dominante. Una decisione del genere presupporrebbe la ponderazione tanto degli interessi degli azionisti di minoranza e dell’azionista dominante quanto delle rilevanti conseguenze nel settore delle acquisizioni di imprese, e richiederebbe una specifica esplicitazione, conformemente al principio della certezza del diritto, affinché gli interessati possano conoscere senza ambiguità i propri diritti e i propri obblighi e agire di conseguenza (v., per quanto attiene a ciò che prescrive il principio della certezza del diritto, sentenza 10 marzo 2009, causa C-345/06, Heinrich, Racc. pag. I-1659, punto 44).

59

Analogamente, ammettendo che gli azionisti di minoranza necessitino di una tutela particolare, è pur vero che per assicurare tale tutela sono concepibili vari strumenti, tra i quali si impone una scelta.

60

Infatti, alla disposizione complementare n. 17, il codice di condotta fa riferimento ad una «protezione equivalente» di cui possano beneficiare gli azionisti di minoranza e, al suo punto 11, lett. C, la raccomandazione 77/534 menziona la limitazione dei poteri dell’azionista dominante quale esempio di siffatta protezione equivalente.

61

Pertanto, il principio generale della parità di trattamento non può neppure fondare la scelta tra i vari strumenti ipotizzabili di protezione degli azionisti di minoranza, come quelli consigliati da tali atti di diritto comunitario derivato.

62

Un principio come quello sostenuto dall’Audiolux presuppone scelte di carattere normativo, fondate su una ponderazione degli interessi in gioco e sulla previa fissazione di norme precise e dettagliate (v., per analogia, sentenze 15 luglio 1970, causa 41/69, ACF Chemiefarma/Commissione, Racc. pag. 661, punti 18-20; , causa 265/78, Ferwerda, Racc. pag. 617, punto 9. nonché ordinanza , causa C-153/98 P, Guérin automobiles/Commissione, Racc. pag. I-1441, punti 14 e 15), e non può essere dedotto dal principio generale della parità di trattamento.

63

Infatti, i principi generali del diritto comunitario rivestono rango costituzionale, laddove il principio sostenuto dall’Audiolux è caratterizzato da un grado di specificità che necessita di un’elaborazione legislativa la quale, a livello comunitario, viene realizzata mediante un atto di diritto comunitario derivato. Pertanto, il principio invocato dall’Audiolux non può essere considerato come un principio generale autonomo del diritto comunitario.

64

Alla luce di tutto quanto precede, si deve risolvere la prima e la seconda questione dichiarando che il diritto comunitario non contempla un principio generale di diritto in virtù del quale gli azionisti di minoranza sono tutelati mediante l’obbligo a carico dell’azionista dominante, che acquisisca o eserciti il controllo di una società, di offrire loro di acquistare le azioni da essi detenute alle stesse condizioni convenute in occasione dell’acquisto della partecipazione che ha conferito o rafforzato il controllo dell’azionista dominante.

65

Tenuto conto della soluzione di cui sopra, non occorre risolvere la terza questione.

Sulle spese

66

Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

 

Per questi motivi, la Corte (Quarta Sezione) dichiara:

 

Il diritto comunitario non contempla un principio generale di diritto in virtù del quale gli azionisti di minoranza sono tutelati mediante l’obbligo a carico dell’azionista dominante, che acquisisca o eserciti il controllo di una società, di offrire loro di acquistare le azioni da essi detenute alle stesse condizioni convenute in occasione dell’acquisto della partecipazione che ha conferito o rafforzato il controllo dell'azionista dominante.

 

Firme


( *1 ) Lingua processuale: il francese.

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