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Documento 62002CJ0105
Judgment of the Court (First Chamber) of 5 October 2006.#Commission of the European Communities v Federal Republic of Germany.#Failure of a Member State to fulfil obligations - Communities' own resources - Undischarged TIR carnets - Failure to forward the corresponding own resources.#Case C-105/02.
Sentenza della Corte (Prima Sezione) del 5 ottobre 2006.
Commissione delle Comunità europee contro Repubblica federale di Germania.
Inadempimento di uno Stato - Risorse proprie delle Comunità - Carnet TIR non appurati - Mancato pagamento delle risorse proprie corrispondenti.
Causa C-105/02.
Sentenza della Corte (Prima Sezione) del 5 ottobre 2006.
Commissione delle Comunità europee contro Repubblica federale di Germania.
Inadempimento di uno Stato - Risorse proprie delle Comunità - Carnet TIR non appurati - Mancato pagamento delle risorse proprie corrispondenti.
Causa C-105/02.
Raccolta della Giurisprudenza 2006 I-09659
Identificatore ECLI: ECLI:EU:C:2006:637
Causa C-105/02
Commissione delle Comunità europee
contro
Repubblica federale di Germania
«Inadempimento di uno Stato — Risorse proprie delle Comunità — Carnet TIR non appurati — Omesso versamento delle risorse proprie corrispondenti»
Conclusioni dell’avvocato generale C. Stix-Hackl, presentate l’8 dicembre 2005
Sentenza della Corte (Prima Sezione) 5 ottobre 2006
Massime della sentenza
1. Ricorso per inadempimento — Oggetto della lite — Domanda diretta a far ingiungere ad uno Stato membro di adottare determinati provvedimenti — Irricevibilità
(Art. 226 CE)
2. Ricorso per inadempimento — Oggetto della lite — Determinazione durante il procedimento precontenzioso
(Art. 226 CE)
3. Risorse proprie delle Comunità europee — Accertamento e messa a disposizione da parte degli Stati membri
[Art. 10 CE; regolamento del Consiglio n. 1552/89, artt. 6, n. 2, lett. b), e 17]
4. Stati membri — Obblighi — Compito di sorveglianza affidato alla Commissione — Dovere degli Stati membri — Collaborazione alle indagini in materia di inadempimento di uno Stato
(Artt. 10 CE e 226 CE; regolamento del Consiglio n. 1552/89, art. 18)
1. Il ricorso proposto ai sensi dell’art. 226 CE ha lo scopo di constatare l’inadempimento da parte di uno Stato membro degli obblighi comunitari ad esso incombenti. La constatazione di siffatto inadempimento, secondo la stessa formulazione dell’art. 228 CE, impone allo Stato membro di cui trattasi di prendere i provvedimenti che l’esecuzione della sentenza della Corte di giustizia comporta. Per contro, quest’ultima non può ingiungere a tale Stato di adottare determinati provvedimenti. Di conseguenza la Corte, nell’ambito di un ricorso per inadempimento, non può pronunciarsi su censure riguardanti capi della domanda diretti a che essa ingiunga ad uno Stato membro di contabilizzare importi determinati, di fornire informazioni relative a taluni importi e trasferimenti, e di versare interessi di mora.
(v. punti 44-45)
2. La lettera di diffida inviata dalla Commissione allo Stato membro e poi il parere motivato da essa emesso ai sensi dell’art. 226 CE delimitano la materia del contendere, che quindi non può più essere ampliata. Infatti, la possibilità per lo Stato membro interessato di presentare osservazioni costituisce, anche qualora esso ritenga di non doverne fare uso, una garanzia essenziale voluta dal Trattato, la cui osservanza costituisce un requisito di forma sostanziale della regolarità del procedimento volto ad accertare l’inadempimento di uno Stato membro. Tuttavia, non si potrà esigere in ogni caso una perfetta coincidenza tra l’esposizione degli addebiti nella lettera di diffida, il dispositivo del parere motivato e le conclusioni del ricorso, quando l’oggetto della controversia non sia stato ampliato o modificato ma, al contrario, semplicemente ridotto.
(v. punti 47-48)
3. Viola l’obbligo incombente agli Stati membri, in virtù dell’art. 17, n. 1, del regolamento n. 1552/89, recante applicazione della decisione 88/376 relativa al sistema delle risorse proprie delle Comunità, di adottare le misure necessarie per mettere a disposizione della Commissione le risorse proprie conformemente a tale regolamento, lo Stato membro che rinunci unilateralmente alla riscossione in via giudiziale dei crediti accertati relativi ai carnet TIR presso le associazioni garanti previste all’art. 8 della convenzione doganale relativa al trasporto internazionale di merci accompagnate da carnet TIR, di concludere accordi di dilazione con queste ultime e di riportare, di conseguenza, i detti dazi, che sono stati definitivamente accertati, nella contabilità separata conformemente all’art. 6, n. 2, lett. b), del detto regolamento (la contabilità B) invece di inserirli nella contabilità A, per l’importo della copertura massima concordata nel regime TIR, senza che i dazi controversi siano stati contestati entro i termini dall’associazione garante e possano subire variazioni in seguito a controversie sopravvenute e malgrado le obiezioni formulate dalla Commissione.
(v. punti 76, 83, 86-87, 89, 99 e dispositivo)
4. Dall’art. 10 CE risulta che gli Stati membri hanno l’obbligo di cooperare lealmente ad ogni indagine svolta dalla Commissione ex art. 226 CE e di fornirle tutte le informazioni che essa loro richieda all’uopo.
Per quanto riguarda l’obbligo per gli Stati membri di adottare, in leale cooperazione con la Commissione, le misure idonee a garantire l’applicazione delle disposizioni comunitarie relative all’accertamento di eventuali risorse proprie, dal detto obbligo, sancito più specificamente in materia di verifica all’art. 18 del regolamento n. 1552/89, recante applicazione della decisione 88/376 relativa al sistema delle risorse proprie delle Comunità, discende in particolare che, quando la Commissione dipende ampiamente dagli elementi forniti dallo Stato membro interessato, quest’ultimo è tenuto a mettere a disposizione della Commissione i documenti giustificativi e gli altri documenti utili, a condizioni ragionevoli, in modo che questa possa verificare se e, all’occorrenza, in quale misura gli importi considerati si riferiscano a risorse proprie delle Comunità.
(v. punti 93-94)
SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione)
5 ottobre 2006 (*)
«Inadempimento di uno Stato – Risorse proprie delle Comunità – Carnet TIR non appurati – Omesso versamento delle risorse proprie corrispondenti»
Nella causa C-105/02,
avente ad oggetto un ricorso per inadempimento ai sensi dell’art. 226 CE, proposto il 21 marzo 2002,
Commissione delle Comunità europee, rappresentata dal sig. G. Wilms, in qualità di agente, con domicilio eletto in Lussemburgo,
ricorrente,
contro
Repubblica federale di Germania, rappresentata dai sigg. W.‑D. Plessing e R. Stüwe, in qualità di agenti, assistiti dal sig. D. Sellner, Rechtsanwalt,
convenuta,
sostenuta da:
Regno del Belgio, rappresentato dal sig. M. Wimmer e dalla sig.ra A. Snoecx, in qualità di agenti, assistiti dal sig. B. van de Walle de Ghelcke, avocat,
interveniente
LA CORTE (Prima Sezione),
composta dal sig. P. Jann, presidente di sezione, dalla sig.ra N. Colneric, dai sigg. J.N. Cunha Rodrigues (relatore), M. Ilešič ed E. Levits, giudici,
avvocato generale: sig.ra C. Stix-Hackl
cancelliere: sig.ra K. Sztranc, amministratore
vista la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione orale del 4 maggio 2005,
sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza dell’8 dicembre 2005,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 Con il presente ricorso, la Commissione delle Comunità europee chiede alla Corte di dichiarare che:
– non scaricando correttamente determinati documenti di transito (carnet TIR), con la conseguenza che le risorse proprie da essi derivanti non sono state né correttamente contabilizzate né messe a disposizione della Commissione entro i termini;
– non comunicando alla Commissione tutti gli ulteriori importi doganali non contestati che sono stati trattati in modo analogo (iscrizione nella «contabilità B» anziché iscrizione nella «contabilità A») per quanto riguarda il mancato scarico dei carnet TIR da parte della dogana tedesca a partire dal 1994 sino alla modifica del decreto del Ministro federale delle Finanze 11 settembre 1996 (III B 1 – Z 0912 – 31/96, in prosieguo: il «decreto federale del 1996»),
la Repubblica federale di Germania è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti ai sensi del regolamento (CEE, Euratom) del Consiglio 29 maggio 1989, n. 1552, recante applicazione della decisione 88/376/CEE, Euratom relativa al sistema delle risorse proprie delle Comunità (GU L 155, pag. 1), sostituito, a decorrere dal 31 maggio 2000, dal regolamento (CE, Euratom) del Consiglio 22 maggio 2000, n. 1150, recante applicazione della decisione 94/728/CE, Euratom, relativa al sistema delle risorse proprie delle Comunità (GU L 130, pag. 1).
La Commissione chiede alla Corte anche di dichiarare che:
– la Repubblica federale di Germania è tenuta ad accreditare immediatamente alla Commissione le risorse proprie non trasferite in seguito alle violazioni elencate ai punti 1 e 2;
– la Repubblica federale di Germania è tenuta ad indicare, con riferimento ad eventuali importi già versati, la data di scadenza del credito, l’importo dovuto, ed eventualmente la data del versamento,
– ai sensi dell’art. 11 del regolamento n. 1552/89, relativamente al periodo fino al 31 maggio 2000, e dell’art. 11 del regolamento n. 1150/2000, per quanto riguarda il periodo successivo al 31 maggio 2000, la Repubblica federale di Germania è tenuta a versare al bilancio comunitario gli interessi maturati in seguito agli accrediti ritardati.
Contesto normativo
La convenzione TIR
2 La convenzione doganale relativa al trasporto internazionale di merci accompagnate da carnet TIR (in prosieguo: la «convenzione TIR») è stata firmata in Ginevra (Svizzera) il 14 novembre 1975. La Repubblica federale di Germania è parte in tale convenzione, come pure la Comunità europea che l’ha approvata con regolamento (CEE) del Consiglio 25 luglio 1978, n. 2112 (GU L 252, pag. 1). Tale convenzione è entrata in vigore per la Comunità il 20 giugno 1983 (GU L 31, pag. 13).
3 La convenzione TIR dispone, in particolare, che le merci trasportate in regime TIR, da essa istituito, non sono soggette all’obbligo di pagamento o di deposito di dazi e delle tasse all’importazione o all’esportazione presso gli uffici doganali di passaggio.
4 Per accordare tali facilitazioni, la convenzione TIR esige che le merci siano accompagnate, per tutta la durata del trasporto, da un documento uniforme, il carnet TIR, che serve a controllare la regolarità dell’operazione. Essa richiede inoltre che i trasporti siano garantiti da associazioni abilitate dalle parti contraenti, conformemente alle disposizioni del suo art. 6.
5 L’art. 6, n. 1, della convenzione TIR prevede anche quanto segue:
«Ogni parte contraente può abilitare, secondo le condizioni e garanzie che essa fisserà, delle associazioni a rilasciare carnet TIR, sia direttamente, sia per il tramite di associazioni corrispondenti, nonché ad assumerne la garanzia».
6 Il carnet TIR si compone di una serie di fogli che comprendono un tagliando n. 1 e un tagliando n. 2 con le corrispondenti matrici sulle quali figurano tutte le informazioni necessarie. Una coppia di tagliandi viene utilizzata per ciascun territorio attraversato. All’inizio dell’operazione di trasporto il tagliando n. 1 è depositato presso l’ufficio doganale di partenza; l’appuramento interviene al ritorno del tagliando n. 2 proveniente dall’ufficio doganale di uscita situato sullo stesso territorio doganale. Questo procedimento si ripete per ciascun territorio attraversato, utilizzando le differenti coppie di tagliandi che si trovano nello stesso carnet.
7 I carnet TIR sono stampati e distribuiti dall’International Road Transport Union (Unione internazionale dei trasporti su strada; in prosieguo: l’«IRU»), con sede in Ginevra. La consegna agli utenti è garantita dalle associazioni garanti di ciascuno Stato all’uopo abilitate dalle amministrazioni delle parti contraenti. Il carnet TIR è rilasciato dall’associazione garante del paese di partenza e la garanzia fornita è coperta dall’IRU e da un gruppo di assicuratori con sede in Svizzera (in prosieguo: il « gruppo di assicuratori»).
8 L’art. 8 della convenzione TIR dispone quanto segue:
«1. L’associazione garante s’impegna a pagare i dazi e le tasse all’importazione o all’esportazione esigibili, più eventuali interessi di mora, dovuti in virtù di leggi e regolamenti doganali del paese in cui è stata accertata un’irregolarità in correlazione con un’operazione TIR. L’associazione garante risponde solidalmente, insieme con le persone debitrici dei succitati importi, del pagamento di dette somme.
2. Allorché le leggi e i regolamenti di una parte contraente non prevedono il pagamento di dazi e tasse all’importazione o all’esportazione nei casi previsti al paragrafo 1 che precede, l’associazione garante deve impegnarsi a pagare, nelle medesime condizioni, una somma pari all’importo dei tributi d’entrata o d’uscita, più gli eventuali interessi di mora.
3. Ogni parte contraente fissa l’importo massimo, per ogni carnet TIR, delle somme che possono essere richieste dall’associazione garante in virtù delle disposizioni dei succitati paragrafi 1 e 2.
4. La responsabilità solidale dell’associazione garante verso le autorità del paese nel quale è sito l’ufficio doganale di partenza sorge all’atto in cui il carnet TIR è accettato dall’ufficio doganale. Rispetto agli altri paesi attraverso i quali le merci sono successivamente trasportate nel regime TIR la responsabilità sorge quando le merci sono importate (...).
5. L’associazione garante risponde non solo delle merci menzionate nel carnet TIR, ma anche delle merci che, pur non essendo menzionate nel carnet TIR, si trovassero nella parte piombata di un veicolo stradale o di un contenitore piombato; essa non è invece tenuta a rispondere di altre merci.
6. Per la determinazione dei dazi e delle tasse di cui ai paragrafi 1 e 2 del presente articolo fanno stato, fino a prova contraria, le indicazioni contenute nel carnet TIR.
7. Allorché le somme di cui ai paragrafi 1 e 2 del presente articolo sono esigibili, prima di reclamarle all’associazione garante le autorità competenti devono, nella misura del possibile, chiederne il pagamento alla(e) persona(e) direttamente tenuta(e) a pagarle».
Il regime delle risorse proprie delle Comunità
9 L’art. 2 del regolamento n. 1552/89, contenuto nel titolo I, denominato «Disposizioni generali», così prevede:
«1. Ai fini dell’applicazione del presente regolamento, un diritto delle Comunità sulle risorse proprie di cui all’articolo 2, paragrafo 1, lettere a) e b) della decisione 88/376/CEE, Euratom è accertato non appena il servizio competente dello Stato membro ha comunicato al soggetto passivo l’importo dovuto. Tale comunicazione viene effettuata non appena è nota l’identità del soggetto passivo e non appena l’importo del diritto può essere calcolato dalle autorità amministrative competenti, in ottemperanza a tutte le disposizioni comunitarie applicabili in materia.
(…)».
10 Tale disposizione è stata modificata, con effetto dal 14 luglio 1996, dal regolamento (Euratom, CE) del Consiglio 8 luglio 1996, n. 1355 (GU L 175, pag. 3); il suo contenuto è stato ripreso dall’art. 2 del regolamento n. 1150/2000, che recita quanto segue:
«1. Ai fini dell’applicazione del presente regolamento, un diritto delle Comunità sulle risorse proprie di cui all’articolo 2, paragrafo 1, lettere a) e b), della decisione 94/728/CE, Euratom, è accertato non appena ricorrono le condizioni previste dalla normativa doganale per quanto riguarda la registrazione dell’importo del diritto e la comunicazione del medesimo al soggetto passivo.
2. La data da considerare per l’accertamento di cui al paragrafo 1 è la data della registrazione prevista dalla normativa doganale.
(…)».
11 L’art. 6, nn. 1 e 2, lett. a) e b), del regolamento n. 1552/89, contenuto nel titolo II, denominato «Contabilizzazione delle risorse proprie» [diventato art. 6, nn. 1 e 3, lett. a) e b), del regolamento n. 1150/2000], dispone:
«Presso il Tesoro di ogni Stato membro o l’organismo designato da quest’ultimo viene tenuta una contabilità delle risorse proprie, ripartita secondo la natura delle risorse.
2. a) Con riserva della lettera b) del presente paragrafo, i diritti accertati conformemente all’articolo 2 sono riportati nella contabilità [comunemente denominata come la “contabilità A”] al più tardi il primo giorno feriale dopo il 19 del secondo mese successivo a quello nel corso del quale ha avuto luogo l’accertamento.
b) I diritti accertati e non riportati nella contabilità di cui alla lettera a), poiché non sono stati ancora riscossi e non è stata fornita alcuna garanzia, sono iscritti in una contabilità separata entro il termine previsto alla lettera a) [comunemente denominata come la “contabilità B”]. Gli Stati membri possono procedere nello stesso modo allorché i diritti accertati e coperti da garanzie formano oggetto di contestazione e possono subire variazioni in seguito alle controversie sorte».
12 L’art. 9 dei regolamenti nn. 1552/89 e 1150/200, contenuto nel titolo III, denominato «Messa a disposizione delle risorse proprie», prevede quanto segue:
«1. Secondo le modalità definite dall’articolo 10, le risorse proprie vengono accreditate da ogni Stato membro sul conto aperto a tale scopo a nome della Commissione presso il Tesoro o l’organismo da esso designato.
Tale conto è esente da spese.
2. Le somme iscritte sono convertite dalla Commissione e riportate nella sua contabilità (…)».
13 Ai sensi dell’art. 10, n. 1, dei regolamenti, rispettivamente, nn. 1552/89 e 1150/2000, parimenti all’interno del titolo III:
«Dopo la deduzione del 10 % a titolo di spese di riscossione in applicazione dell’articolo 2, paragrafo 3 [delle decisioni, rispettivamente, 88/376 e 94/728], l’iscrizione delle risorse proprie, di cui all’articolo 2, paragrafo 1, lettere a) e b) [di tali decisioni], ha luogo entro il primo giorno feriale dopo il 19 del secondo mese successivo a quello in cui il diritto è stato constatato in conformità dell’articolo 2.
Tuttavia, per i diritti contemplati nella contabilità [B] conformemente [agli articoli, rispettivamente, 6, n. 2, lett. b), e 6, n. 3, lett. b)], l’iscrizione deve aver luogo entro il primo giorno feriale dopo il 19 del secondo mese successivo a quello della riscossione dei diritti».
14 In forza dell’art. 11 dei regolamenti nn. 1552/89 e 1150/2000, anch’esso rientrante nel detto titolo III:
«Ogni ritardo nelle iscrizioni sul conto di cui all’articolo 9, paragrafo 1, dà luogo al pagamento, da parte dello Stato membro in questione, di un interesse il cui tasso è pari al tasso di interesse applicato il giorno della scadenza sul mercato monetario dello Stato membro interessato per i finanziamenti a breve termine, maggiorato di 2 punti. Tale tasso è aumentato di 0,25 punti per ogni mese di ritardo. Il tasso così aumentato è applicabile a tutto il periodo del ritardo».
15 L’art. 17, nn. 1 e 2, degli stessi regolamenti, che ricade nel titolo VII, intitolato «Disposizioni relative al controllo», dispone quanto segue:
«1. Gli Stati membri sono tenuti a prendere tutte le misure necessarie affinché gli importi corrispondenti ai diritti accertati in conformità dell’articolo 2 siano messi a disposizione della Commissione alle condizioni previste dal presente regolamento.
2. Gli Stati membri sono dispensati dall’obbligo di mettere a disposizione della Commissione gli importi corrispondenti ai diritti accertati soltanto se la riscossione non abbia potuto essere effettuata per ragioni di forza maggiore. Inoltre, in casi particolari, gli Stati membri sono dispensati dal mettere tali importi a disposizione della Commissione, quando, dopo attento esame di tutti i dati pertinenti del caso, risulta definitivamente impossibile procedere alla riscossione per motivi che non potrebbero essere loro imputabili. (…)».
16 L’art. 18 del regolamento n. 1552/89 [divenuto art. 18 del regolamento n. 1150/2000] enuncia quanto segue:
«Gli Stati membri procedono a tutte le verifiche e indagini necessarie nel campo dell’accertamento e della messa a disposizione delle risorse proprie di cui all’articolo 2, paragrafo 1, lettere a) e b) [delle decisioni, rispettivamente, 88/376 e 94/728]. La Commissione esercita le sue competenze alle condizioni previste dal presente articolo.
2. In questo contesto, gli Stati membri:
– sono tenuti a effettuare controlli supplementari ove la Commissione lo richieda. Nella sua richiesta la Commissione deve indicare i motivi che giustificano un controllo supplementare;
– associano la Commissione, a sua richiesta, ai controlli da essi effettuati.
Gli Stati membri prendono tutte le misure atte a facilitare i controlli suddetti. Quando la Commissione vi è associata, gli Stati membri tengono a sua disposizione i documenti giustificativi di cui all’articolo 3.
(…)».
La normativa nazionale
17 Il decreto federale del 1996 dispone quanto segue:
«In caso di richiesta di dazi e tasse all’importazione, nell’ambito del regime di transito comunitario/comune, i crediti vanno considerati garantiti solo se per la singola operazione è stata prestata una garanzia isolata non ancora oggetto di svincolo.
Tutti gli altri crediti derivanti da operazioni di transito comunitario/comune o carnet TIR vanno considerati come non coperti da garanzia (…)».
Procedimento precontenzioso
18 In occasione di un controllo sulle risorse proprie tradizionali effettuato dalla Commissione in Germania nel periodo compreso tra il 24 e il 28 novembre 1997, sono stati accertati, nell’ambito del regime di transito doganale, casi di mancato o ritardato pagamento delle risorse proprie alla Commissione, a causa dell’inosservanza della norma relativa alla contabilizzazione enunciata dall’art. 6, n. 2, lett. a), del regolamento n. 1552/82. Secondo la Commissione, le autorità tedesche non avevano scaricato correttamente taluni documenti di transito nell’ambito del regime di transito doganale, basandosi sul decreto federale del 1996. Si tratterebbe di 509 carnet TIR relativi agli anni 1993, 1994 e 1995 e l’importo totale dei dazi in questione verrebbe stimato a circa DEM 20 milioni. Vero è che gli uffici doganali avevano chiesto tempestivamente il versamento dei dazi, fissando all’associazione garante un termine; tuttavia i pagamenti non sono stati effettuati e le autorità tedesche non avrebbero fatto valere in giudizio i crediti vantati, come avrebbero dovuto fare. Secondo la Commissione, la riscossione dei dazi in questione è stata sospesa, o addirittura non è stata iniziata, in quanto il governo tedesco aveva stipulato accordi con le associazioni garanti con cui rinunciava provvisoriamente a far valere i suoi diritti.
19 Secondo le autorità tedesche, gli importi controversi andavano considerati come somme non coperte da garanzia ai sensi del decreto federale del 1996. Pertanto, esse avrebbero riportato i detti importi nella contabilità B, benché un importo di USD 50 000 fosse stato fornito come garanzia convenzionale per un carnet TIR nell’ambito della convenzione TIR.
20 Tale modo di procedere è stato criticato dalla Commissione, che sostiene che la garanzia convenzionale deve essere considerata una garanzia isolata o forfettaria, per cui i crediti in questione, qualora non fossero contestati, dovevano essere inseriti nella contabilità A.
21 Con lettera 19 dicembre 1997, la Commissione chiedeva dunque alle autorità tedesche di trasmetterle il contenuto degli accordi menzionati al punto 18 della presente sentenza e quello di eventuali altri accordi di natura analoga con altre associazioni garanti indicando, per quanto riguarda le risorse proprie accertate e non riscosse derivanti da carnet TIR non scaricati, in quale momento e sotto quale forma tali risorse verrebbero messe a disposizione della Commissione.
22 Con lettera 22 gennaio 1998, le autorità tedesche hanno fatto valere che il numero crescente di azioni fraudolente nell’ambito del regime di transito con carnet TIR ha comportato il recesso dal contratto di riassicurazione da parte del gruppo di assicuratori il 5 dicembre 1994, e la sospensione dei pagamenti da parte di tale gruppo alle associazioni garanti tedesche riassicurate tramite l’IRU. Ciò premesso, la rinuncia provvisoria, da parte delle autorità tedesche a far valere in giudizio i loro diritti sarebbe stata inevitabile per scongiurare il fallimento di tali associazioni e, quindi, il crollo del regime TIR in tutta l’Unione europea. Inoltre, tra l’IRU e il detto gruppo sarebbe pendente un procedimento arbitrale. Secondo tali autorità, i crediti derivanti dal mancato appuramento delle operazioni di transito possono essere considerati provvisti di garanzia ai sensi del regolamento n. 1552/89 solo se le garanzie fornite riguardano singole procedure e il loro importo è di entità tale da coprire il rischio effettivo, cosa che non avverrebbe nella fattispecie.
23 Con lettera 30 marzo 1998, la Commissione chiedeva nuovamente che le venissero messe a disposizione le risorse proprie di cui trattasi, ritenendo che i crediti risultanti dal mancato appuramento di operazioni di transito, accertate in sede di controllo delle risorse proprie nel novembre 1997, fossero coperti da garanzia.
24 Con lettera 22 maggio 1998, le autorità tedesche affermavano di non poter soddisfare la richiesta, perché si sarebbe gravato in maniera sproporzionata il bilancio tedesco, dato che le garanzie in questione coprivano solo una parte dei dazi in gioco. Prima dell’adozione del decreto federale del 1996, la Repubblica federale di Germania avrebbe inserito i crediti garantiti globalmente nella contabilità A e avrebbe messo a disposizione della Commissione le risorse proprie indipendentemente dal pagamento o meno dei dazi, anche se altri Stati membri erano competenti per la riscossione dei dazi a causa di infrazioni o irregolarità commesse sul loro territorio. Tale onere eccessivo gravante sul bilancio tedesco non sarebbe più stato sostenibile.
25 Con lettera 8 giugno 1998, la Commissione invitava nuovamente le autorità tedesche a trasmetterle i dati precedentemente richiesti al fine di calcolare eventuali interessi di mora in base all’art. 11 del regolamento n. 1552/89. Nella loro risposta del 18 settembre seguente, le dette autorità hanno riaffermato la loro posizione espressa nelle lettere 22 gennaio e 22 maggio 1998.
26 Con lettera 30 ottobre 1998, la Commissione chiedeva al governo tedesco di versare un determinato importo a titolo di anticipo sui dazi entro l’ultimo giorno del secondo mese successivo all’invio di tale lettera nonché di indicare tutti gli altri dazi doganali non oggetto di contestazione inseriti nella contabilità B invece che nella contabilità A e relativi a carnet TIR non scaricati dagli uffici doganali tedeschi negli anni 1994-1998.
27 Con lettera 4 marzo 1999, le autorità tedesche riaffermavano il loro punto di vista e comunicavano alla Commissione che rifiutavano di dare seguito alle sue richieste.
28 In una lettera del 24 marzo 1999, e poi nella sua lettera di diffida 15 novembre 1999, la Commissione ha contestato l’interpretazione del regolamento n. 1552/89 difesa dal governo tedesco. In tale lettera, essa afferma che, contrariamente a quanto sostengono le autorità tedesche, sono in questione non garanzie globali fornite per diversi creditori, ma garanzie per ciascun carnet TIR, che, nella maggior parte dei casi, coprono i crediti interamente o in gran parte.
29 Il rifiuto persistente di trasmettere alla Commissione il contenuto degli accordi conclusi con le associazioni garanti sarebbe contrario all’art. 10 CE. Inoltre, trattandosi in particolare dei carnet TIR in questione relativi agli anni 1993 e 1994, essi non sarebbero interessati dal recesso dal contratto di riassicurazione, intervenuto alla fine del 1994. Quanto ai carnet TIR relativi al 1995, la Repubblica federale di Germania avrebbe rinunciato provvisoriamente a reclamare i suoi crediti presso l’associazione garante a condizione che essa continuasse a garantire «con una quota propria adeguata» e cedesse i propri crediti nei confronti del riassicuratore a titolo di garanzia. Di conseguenza, i crediti maturati per il 1995 e per gli anni seguenti sarebbero stati provvisti di garanzia e avrebbero dovuto, almeno in parte, essere riportati nella contabilità A e messi a disposizione della Commissione, in quanto non erano stati contestati entro i termini. Per quanto riguarda la rinuncia provvisoria alla riscossione degli importi inseriti nella contabilità B, la Commissione ricorda che le autorità tedesche sono tenute, in virtù dell’art. 17 del regolamento n. 1552/89, ad adottare, con la necessaria cura, tutte le misure necessarie per procedere al prelievo delle risorse proprie constatate.
30 Nella loro comunicazione 1° febbraio 2000, le autorità tedesche ribadivano la propria tesi e la illustravano in dettaglio, trasmettendo alla Commissione gli accordi conclusi con le associazioni garanti in merito alla dilazione dei pagamenti.
31 L’8 novembre 2000 la Commissione inviava alla Repubblica federale di Germania un parere motivato. Secondo la Commissione, i crediti non possono essere considerati oggetto di contestazione sulla base del procedimento arbitrale tra l’IRU ed il gruppo di assicuratori. I soggetti passivi non avrebbero contestato i crediti principali e nel rifiuto del detto gruppo di rispondere per il debitore non si può ravvisare una contestazione dei crediti principali. Infine, la rinuncia provvisoria delle autorità tedesche ai propri crediti riguarderebbe unicamente e semplicemente la responsabilità degli assicuratori a cui si appoggiano le associazioni garanti. In tal modo, l’obbligo incombente sui soggetti passivi e, di conseguenza, sulla Repubblica federale di Germania in relazione al bilancio comunitario resterebbero impregiudicati. Contrariamente a quanto ritiene tale Stato membro, non si applicherebbe l’art. 17, n. 2, del regolamento n. 1552/89, che sarebbe applicabile solo quando non si sono potuti prelevare importi delle risorse proprie per cause di forza maggiore (prima frase della detta disposizione) o quando risulta definitivamente impossibile procedere alla riscossione per ragioni che non sono imputabili agli Stati membri (seconda frase della medesima disposizione).
32 La Commissione rinnovava alle autorità tedesche la precedente richiesta di mettere immediatamente a disposizione della Commissione, a titolo di anticipo, l’importo di DEM 10 552 875, corrispondente all’importo relativo al mancato scarico dei carnet TIR relativi agli anni 1996 e 1997, onde evitare ulteriori interessi di mora; di informarla in merito a tutti gli altri dazi doganali non oggetto di contestazione che hanno subìto un trattamento analogo in relazione a carnet TIR non scaricati dagli uffici doganali tedeschi a partire dal 1994 sino alla modifica del decreto federale del 1996, e di mettere immediatamente a disposizione della Commissione le risorse proprie in questione, per evitare un ulteriore aggravio di interessi di mora. La Repubblica federale di Germania è stata invitata ad adottare le misure necessarie per conformarsi al parere motivato entro un termine di due mesi a partire dal ricevimento dello stesso.
33 Il governo tedesco ha risposto al parere motivato con lettera 10 gennaio 2001, in cui ribadiva la tesi formulata in precedenza, ossia che solo gli importi coperti da garanzie che sono «direttamente e immediatamente realizzabili» devono essere messi a disposizione della Comunità. Orbene, ciò non avverrebbe nel caso delle garanzie in questione a titolo della convenzione TIR, in quanto le associazioni nazionali non potevano più basarsi sulla controgaranzia dell’IRU e questa non poteva più contare sulle prestazioni del gruppo di assicuratori in ragione dell’importo molto più elevato dei danni non previsto nei contratti d’assicurazione e dovuto alle frodi più gravi della criminalità organizzata. L’importo della garanzia, vale a dire EUR 60 024, non coprirebbe i crediti per le merci. Inoltre, dall’art. 8, n. 7, della convenzione TIR risulterebbe che, in caso di mancato scarico di un’operazione TIR, dovrebbe essere innanzi tutto sollecitato il debitore diretto. La responsabilità delle associazioni garanti potrebbe essere fatta valere solo in caso di fallimento di tale ricorso.
34 Peraltro, i crediti dovrebbero essere considerati contestati ai sensi dell’art. 6, n. 2, del regolamento n. 1552/89 in quanto costituirebbero oggetto di contestazioni tra le associazioni garanti e l’amministrazione. Inoltre, ricorsi amministrativi o procedimenti giudiziari dinanzi ai giudici tedeschi sarebbero in corso, circostanza questa che giustificherebbe l’inserimento degli importi nella contabilità B. Infine, l’accordo con le dette associazioni non costituirebbe una rinuncia a far valere i suoi diritti presso queste ultime, ma solo l’inesecuzione provvisoria di tali diritti, la quale sarebbe indispensabile per scongiurare un’insolvenza inevitabile.
35 In tale contesto la Commissione ha deciso di presentare il ricorso in esame.
36 Con ordinanza del presidente della Corte 9 settembre 2002, il Regno del Belgio è stato ammesso ad intervenire a sostegno delle conclusioni della Repubblica federale di Germania.
Sul ricorso
Sul motivo relativo all’irricevibilità parziale del ricorso
Argomenti delle parti
37 La Repubblica federale di Germania, sostenuta dal Regno del Belgio, fa valere che il ricorso è parzialmente irricevibile, nella parte in cui, con il suo terzo, quarto e quinto capo delle conclusioni, la Commissione chiede che la convenuta venga obbligata, rispettivamente, ad «accreditare immediatamente alla Commissione le risorse proprie non trasferite in seguito alle violazioni» a cui si riferisce il presente procedimento, ad «indicare, con riferimento ad eventuali importi già versati, la data di scadenza del credito, l’importo dovuto, ed eventualmente la data del versamento», e a «versare al bilancio comunitario gli interessi maturati in seguito agli accrediti ritardati».
38 Dall’art. 228, n. 1, CE emergerebbe chiaramente che il ruolo della Corte si limita a constatare l’inadempimento senza poter obbligare la convenuta ad adottare un determinato comportamento, mentre spetta agli organi nazionali decidere sulle conseguenze che occorre trarre dall’accertamento dell’inadempimento, fermo restando che quest’ultimo deve cessare immediatamente. Obblighi relativi alla cessazione dell’inadempimento possono certamente figurare nella motivazione della sentenza della Corte, ma non nel suo dispositivo (v., in particolare, sentenza 20 marzo 1986, causa 303/84, Commissione/Germania, Racc. pag. 1171, punto 19).
39 Occorre dunque respingere il terzo e il quarto capo delle conclusioni in quanto in realtà la Commissione, dietro tali domande, farebbe valere richieste di pagamento. Lo stesso varrebbe per il quarto capo delle conclusioni con cui la Commissione formulerebbe una domanda di investigazioni imprecise, laddove la Corte può solamente accertare, eventualmente, la violazione degli obblighi di informazione e di lealtà (sentenza 7 marzo 2002, causa C‑10/00, Commissione/Italia, Racc. pag. I‑2357). Peraltro, quest’ultima domanda, oltre a non essere stata presentata nell’ambito del procedimento precontenzioso, configurerebbe un’inversione dell’onere della prova dell’esistenza di un inadempimento, che incomberebbe alla Commissione e non allo Stato membro perseguito.
40 Secondo la Commissione, la lettera dell’art. 228 CE non impedisce alla Corte di fare dichiarazioni utili per l’eliminazione di un inadempimento. Con riferimento al quarto capo delle conclusioni, la Commissione sottolinea che essa dipende in ampia misura dalle indicazioni degli Stati membri per quanto riguarda la verifica del regolare conferimento di risorse proprie da parte di questi ultimi. Gli Stati membri sarebbero assoggettati ad un obbligo particolare di cooperazione (sentenza Commissione/Italia, cit., punti 88 e segg.), esplicitamente concretizzato all’art 18, nn. 2 e 3, del regolamento n. 1552/89, di modo che la Commissione poteva esigere dalla convenuta, senza violare il principio di proporzionalità, come avrebbe fatto già a partire dal procedimento amministrativo, i dati necessari per verificare l’esistenza e la portata dell’inadempimento che essa avrebbe descritto in modo concludente. Proprio questo sarebbe l’obiettivo del secondo e quarto capo delle conclusioni.
41 Per quanto riguarda il quinto capo delle conclusioni, la Commissione rileva che l’art. 11, del regolamento n. 1552/89 prevede un obbligo preciso e incondizionato di versare interessi di mora e che la Corte ha già fatto riferimento a siffatto obbligo in altri ricorsi per inadempimento (v., in particolare, sentenza Commissione/Germania, cit., punto 19). In caso di inadempimento di un obbligo di pagamento, lo Stato membro non avrebbe alcun potere discrezionale quanto al modo di porre fine all’inadempimento.
42 In udienza, la Commissione ha riformulato il quinto capo delle conclusioni nel senso che essa chiede ora alla Corte di dichiarare che la «Repubblica federale di Germania, non avendo versato al bilancio comunitario gli interessi maturati, ha violato l’art. 11 del regolamento n. 1552/89».
Giudizio della Corte
43 Con il terzo e il quarto capo delle conclusioni del suo ricorso, nonché con il quinto capo delle medesime nella sua versione iniziale, la Commissione chiede alla Corte di condannare la Repubblica federale di Germania rispettivamente ad «accreditare immediatamente alla Commissione le risorse proprie non trasferite in seguito alle violazioni elencate ai punti 1 e 2», ad «indicare, con riferimento ad eventuali importi già versati, la data di scadenza del credito, l’importo dovuto, ed eventualmente la data del versamento», e a «versare al bilancio comunitario gli interessi maturati in seguito agli accrediti ritardati», in applicazione degli artt. 11 del regolamento n. 1552/89, per il periodo sino al 31 maggio 2000, e 11 del regolamento n. 1150/2000, per il periodo successivo al 31 maggio 2000.
44 È pacifico che il ricorso proposto ai sensi dell’art. 226 CE ha lo scopo di constatare l’inadempimento da parte di uno Stato membro degli obblighi comunitari ad esso incombenti. La constatazione di siffatto inadempimento, secondo la stessa formulazione dell’art. 228 CE, impone allo Stato membro di cui trattasi di prendere i provvedimenti che l’esecuzione della sentenza della Corte di giustizia comporta. Per contro, quest’ultima non può ingiungere a tale Stato di adottare determinati provvedimenti (v., in particolare, sentenza 14 aprile 2005, causa C‑104/02, Commissione/Germania, Racc. pag. I‑2689, punto 49).
45 Di conseguenza la Corte, nell’ambito di un ricorso per inadempimento, non può pronunciarsi su censure riguardanti capi della domanda diretti, come nella fattispecie, a che essa ingiunga ad uno Stato membro di contabilizzare importi determinati, di fornire informazioni relative a taluni importi e trasferimenti, e di versare interessi di mora.
46 Per quanto riguarda la riformulazione del quinto capo delle conclusioni, va ricordato che, in linea di principio, una parte non può, nel corso del procedimento, modificare l’oggetto della controversia, e che la fondatezza del ricorso deve essere valutata soltanto rispetto alle conclusioni contenute nell’atto introduttivo (v., in tal senso, sentenze 25 settembre 1979, causa 232/78, Commissione/Francia, Racc. pag. 2729, punto 3; 6 aprile 2000, causa C‑256/98, Commissione/Francia, Racc. pag. I‑2487, punto 31, e 4 maggio 2006, causa C‑508/03, Commissione/Regno Unito, Racc. pag. I‑3969, punto 61).
47 Secondo una giurisprudenza anch’essa costante (v., segnatamente, sentenze 9 novembre 1999, causa C‑365/97, Commissione/Italia, Racc. pag. I‑7773, punto 23 e 27 aprile 2006, causa C‑441/02, Commissione/Germania, Racc. pag. I‑3449, punto 59), la lettera di diffida inviata dalla Commissione allo Stato membro e poi il parere motivato da essa emesso delimitano la materia del contendere, che quindi non può più essere ampliata. Infatti, la possibilità per lo Stato interessato di presentare osservazioni costituisce, anche qualora esso ritenga di non doverne fare uso, una garanzia essenziale voluta dal Trattato CE, la cui osservanza costituisce un requisito di forma sostanziale della regolarità del procedimento volto ad accertare l’inadempimento di uno Stato membro.
48 La Corte ha affermato ancora che non si potrà esigere in ogni caso una perfetta coincidenza tra l’esposizione degli addebiti nella lettera di diffida, il dispositivo del parere motivato e le conclusioni del ricorso, quando l’oggetto della controversia non sia stato ampliato o modificato, ma, al contrario, semplicemente ridotto (sentenza 27 aprile 2006, Commissione/Germania, cit., punto 61 e giurisprudenza cit.).
49 Alla luce di questa giurisprudenza, il governo tedesco poteva correttamente considerare, sia durante il procedimento precontenzioso sia nella fase scritta del procedimento seguito dinanzi alla Corte, che esso non era tenuto a presentare le sue osservazioni con riferimento al quinto capo delle conclusioni in quanto quest’ultimo andava considerato come una domanda di ingiunzione nei suoi confronti. La richiesta di riformulazione della Commissione, presentata per la prima volta in udienza e diretta a trasformare la detta domanda di ingiunzione, reiterata dalla Commissione nella sua replica all’eccezione di irricevibilità sollevata a tale riguardo dalla Repubblica federale di Germania nel suo controricorso, in una domanda di accertamento dell’inadempimento, deve quindi essere respinta in quanto irricevibile.
50 Tenuto conto delle considerazioni che precedono, le conclusioni del presente ricorso, che sono dirette ad ingiungere alla Repubblica federale di Germania di accreditare alla Commissione le risorse proprie non trasferite, di versare interessi di mora a titolo dell’art. 11 dei regolamenti nn. 1552/89 e 1150/2000 e di trasmettere informazioni su altri importi non versati, devono essere dichiarate irricevibili.
51 L’esame del presente ricorso sarà così limitato alla valutazione delle censure formulate nell’ambito del primo e del secondo capo delle conclusioni, vale a dire, da una parte, il mancato scarico regolare di 509 carnet TIR relativi agli anni 1993, 1994 e 1995 e la mancanza di contabilizzazione corretta e di messa a disposizione della Commissione delle risorse proprie corrispondenti nonché, dall’altra, il rifiuto di comunicare alla Commissione gli altri dazi non contestati relativi al mancato scarico regolare dei carnet TIR a partire dall’anno 1994 fino al settembre 1996, che sarebbero stati parimenti inseriti nella contabilità B.
Nel merito
Sulla prima censura, relativa alle irregolarità che pregiudicano il trattamento di taluni carnet TIR, l’erronea contabilizzazione e la mancata messa a disposizione della Commissione degli importi corrispondenti
– Argomenti delle parti
52 La Commissione sostiene che, poiché i crediti a cui si riferisce il presente procedimento sono coperti da garanzia, essi dovevano essere inseriti nella contabilità A, in applicazione dell’art. 6, n. 2, lett. a), del regolamento n. 1552/89. Infatti, nel regime TIR, il pagamento dei dazi doganali sarebbe coperto da una garanzia, vale a dire carnet rilasciati dalle associazioni garanti, che sarebbero solidalmente responsabili del pagamento dei dazi e delle tasse con il debitore principale in caso di irregolarità o di frodi commesse nell’ambito di un’operazione TIR.
53 La Commissione fa valere che la contabilità B non è volta a proteggere gli Stati membri da un onere eccessivo gravante sul loro bilancio, ma a consentire alla Commissione di seguire più da vicino l’attività degli Stati membri nel campo della riscossione delle risorse proprie, in particolare, in caso di frodi e di irregolarità. Tale finalità diventerebbe assurda qualora gli Stati membri disponessero di una completa discrezionalità per valutare la qualità delle garanzie e per decidere da sola, senza consultarsi con la Commissione, il momento in cui un credito garantito deve essere riportato nell’una o nell’altra contabilità.
54 Dall’art. 6 del regolamento n. 1552/89, letto nel suo complesso, emergerebbe che l’inserimento dei dazi nella contabilità A non presupporrebbe che la garanzia sia «direttamente e immediatamente realizzabile». Essa dovrebbe semplicemente essere realizzabile nel caso in cui, al momento della presentazione della garanzia, il debitore insolvente non possa, in fin dei conti, saldare il debito doganale.
55 Secondo la Commissione, le autorità tedesche, pur contestando complessivamente che la garanzia di un importo di EUR 60 024 per carnet TIR fosse sufficiente nella maggior parte dei casi a coprire i crediti di dazi doganali per le merci fortemente imponibili, non contesterebbero in modo concreto che le garanzie erano, nella fattispecie, sufficienti per coprire i crediti. Esse non contesterebbero nemmeno che le garanzie in questione bastavano perlomeno a coprire parzialmente i crediti in tutti i casi, per cui avrebbero dovuto perlomeno essere riportate nella contabilità A, a meno che non occorra effettuare un’altra valutazione in ragione del recesso dal contratto di riassicurazione da parte del gruppo di assicuratori alla fine dell’anno 1994.
56 Poiché sarebbero determinanti la data in cui l’operazione TIR è iniziata e quella in cui la garanzia è stata fornita, i crediti precedenti all’anno 1995 avrebbero, in ogni caso, dovuto essere riportati nella contabilità A e avrebbero dovuto essere messi a disposizione della Commissione. Per quanto riguarda i crediti sorti a partire dall’anno 1995, l’affermazione delle autorità tedesche, secondo cui a tale data i crediti dovevano essere considerati non garantiti a causa del recesso del contratto di riassicurazione da parte del gruppo di assicuratori, avrebbe dovuto indurre tale autorità a non autorizzare il procedimento TIR tenuto conto dell’assenza di garanzia. Se esse l’hanno tuttavia accettato e hanno inserito i crediti nella contabilità B per tale motivo, esse dovrebbero assumere anche il rischio legato alla riscossione di tali crediti. Occorrerebbe partire dal principio che una garanzia almeno parziale era stata fornita. La Repubblica federale di Germania avrebbe rinunciato provvisoriamente a reclamare i crediti esigibili presso l’associazione garante a condizione che questa continuasse ad essere responsabile per un contributo personale adeguato e che essa cedesse i suoi crediti sul riassicuratore a titolo di garanzia. Di conseguenza, i crediti dell’anno 1995 e degli anni successivi erano coperti da garanzie e avrebbero dovuto, almeno parzialmente, essere riportati nella contabilità A e messi a disposizione della Commissione, in quanto non erano stati contestati entro i termini.
57 Il fatto che le associazioni garanti siano responsabili solo in via sussidiaria sarebbe irrilevante quando i crediti non possono essere riscossi presso il debitore principale. La responsabilità sussidiaria sarebbe una garanzia complementare scaglionata nel tempo, che autorizza il creditore a rivalersi sul patrimonio del garante quando quello del debitore è insufficiente. Conformemente all’art. 8, n. 1, della convenzione TIR, gli Stati membri avrebbero la possibilità di far valere i loro diritti verso le associazioni garanti.
58 La Commissione sottolinea che essa nel presente procedimento si riferisce solo a crediti legalmente contestati. L’art. 6, n. 2, lett. b), seconda frase, del regolamento n. 1552/89, nella parte in cui riguarda i dazi che «formano oggetto di contestazione», non si applicherebbe quando la garanzia fornita per un credito è messa in discussione poiché il garante contesta non il suo credito principale, ma solo la sua capacità di pagare la garanzia.
59 La Commissione sostiene anche che le considerazioni del Regno del Belgio sulla possibilità di contestazioni dei dazi da parte dell’associazione garante sarebbe di natura teorica, in quanto l’esistenza dei crediti controversi non è stata oggetto di contestazioni. Vi sarebbe stato un semplice recesso dal contratto di garanzia, in seguito al quale lo Stato membro avrebbe concesso arbitrariamente un rinvio del pagamento e non avrebbe messo a disposizione del bilancio comunitario gli importi garantiti conformemente agli obblighi ad esso incombenti in virtù del regolamento n. 1552/89. Un comportamento di tale tipo non può ricadere sul detto bilancio.
60 Infine, le autorità tedesche non avrebbero fornito alcun elemento di prova che consenta di suffragare l’affermazione secondo cui, con la loro rinuncia provvisoria a riscuotere i crediti in questione, esse avrebbero agito nell’interesse della Comunità per evitare il collasso del sistema TIR. In questo caso, tali autorità avrebbero dovuto consultarsi, nell’interesse della Comunità, con la Commissione e gli altri Stati membri prima di decidere una tale rinuncia. L’approccio unilaterale delle dette autorità illustrerebbe proprio un inadempimento all’obbligo di cooperazione previsto dall’art. 10 CE, come il fatto di aver tardato a soddisfare la domanda più volte reiterata dalla Commissione di trasmetterle le modalità dell’accordo concluso tra il governo federale e l’associazione garante nonché quelle degli accordi eventualmente sottoscritti con altri garanti.
61 Per quanto riguarda la rinuncia provvisoria alla riscossione degli importi riportati nella contabilità B, la Commissione fa valere che le autorità tedesche sarebbero tenute ad adottare, con la necessaria cura, tutte le misure necessarie per procedere al prelievo delle risorse proprie accertate (art. 17, n. 1, del regolamento n. 1552/89). Non si tratterebbe, nella fattispecie, di un caso rientrante nell’art. 17, n. 2, prima e seconda frase, del regolamento n. 1552/89, in quanto la Repubblica federale di Germania non può far valere la soddisfazione delle condizioni elencate in tale disposizione, poiché essa non avrebbe rispettato il procedimento previsto e poiché mancherebbero i requisiti sostanziali di applicazione (imprevedibilità, circostanze eccezionali) di tale disposizione. Eventi ipotetici, come il collasso del sistema di riassicurazione, non basterebbero a giustificare il comportamento delle autorità tedesche.
62 La Repubblica federale di Germania, da parte sua, fa valere che, poiché le associazioni garanti non fornivano più, a partire dal 1993, garanzie sufficienti per i crediti derivanti da carnet TIR non appurati a causa dell’aumento vertiginoso dei ricorsi al gruppo di assicurazioni che rifiutava sempre più spesso di assumere le garanzie alle condizioni iniziali, le autorità doganali hanno correttamente inserito, in un primo tempo, i crediti in questione nella contabilità B.
63 Secondo la lettera stessa dell’art. 6, n. 2, e dei ‘considerando’ del regolamento n. 1552/89, nella contabilità A andrebbero riportati solo i crediti provvisti di garanzia, per i quali sarebbe certa la realizzazione della garanzia, cosa che non si configurerebbe nel caso delle associazioni garanti non solvibili, la cui situazione patrimoniale è manifestamente insufficiente, o di catene garanti internazionali (art. 6 della convenzione TIR) che sono recesse dal contratto o sono affette da vizi. I crediti non riscossi, ma provvisti di garanzia, rientrano in linea di principio nella categoria dei «crediti che non sono stati ancora riscossi» [art. 6, n. 2, lett. b), del regolamento n. 1552/89] e tale principio potrebbe essere derogato solo se le garanzie si rivelassero senz’altro realizzabili. Per quanto riguarda i crediti sprovvisti di garanzia o provvisti di garanzia insufficiente, gli Stati membri non dovrebbero anticipare gli importi.
64 Negli altri regimi doganali, a differenza del sistema dei carnet TIR secondo cui le amministrazioni doganali sarebbero tenute ad accettare la «garanzia» definita sul piano internazionale (garanzia, con una copertura massima per ciascun carnet, dell’associazione del paese in cui sorge il debito doganale), l’importo dei debiti doganali in questione sarebbe sempre coperto da garanzia [art. 192 del regolamento (CEE) del Consiglio 12 ottobre 1992, n. 2913, che istituisce un codice doganale comunitario (GU L 302, pag. 1; in prosieguo: il «codice doganale»)]. I crediti doganali che non potrebbero essere riscossi in un sistema di garanzia creato con convenzione internazionale non potrebbero essere assimilati a crediti garantiti ai sensi del regolamento n. 1552/89. Se non fosse così, gli Stati membri sarebbero sempre obbligati a mobilizzare risorse ordinarie di bilancio ordinario per assumere crediti che non possono essere riscossi senza essere in alcun modo responsabili di tale impossibilità di riscossione.
65 La Commissione distinguerebbe erroneamente tra il periodo precedente e quello successivo al 1º gennaio 1995. Il recesso dal contratto di riassicurazione da parte del gruppo di assicuratori implicava il blocco immediato e retroattivo dei pagamenti. Inoltre, poiché la garanzia ha carattere accessorio, prima di potersi rivolgere per via legale contro le associazioni garanti, le autorità tedesche dovevano introdurre e portare a termine i procedimenti di ricerca e i procedimenti fiscali (art. 8, n. 7, della convenzione TIR) che durano talvolta diversi anni, quindi dopo l’anno 1994.
66 Contrariamente a quanto sostiene la Commissione, in seguito al recesso dal contratto di riassicurazione (fine 1994) le autorità tedesche non potevano rifiutarsi di autorizzare il ricorso alla procedura TIR senza accettare, oltre la paralisi pressoché completa degli scambi tra Est e Ovest, una violazione unilaterale di una parte integrante del diritto doganale comunitario (art. 91 del codice doganale). Infatti, uno Stato membro non può, di sua iniziativa, chiedere ulteriori garanzie, senza violare le disposizioni del regime TIR.
67 In subordine, anche qualora si dovesse ritenere che si sia trattato di «crediti provvisti di garanzia», i detti importi non avrebbero dovuto essere messi a disposizione della Commissione perché non era stato possibile riscuoterle, in particolare per cause di forza maggiore ai sensi dell’art. 17, n. 2, prima frase, del regolamento n. 1552/89. Importi di tale tipo non dovrebbero quindi figurare né nella contabilità A né nella contabilità B, che si tratti del credito principale o di un credito accessorio, come, ad esempio, una garanzia. Le autorità tedesche avrebbero fatto tutto il necessario per riscuotere i crediti maturati presso le associazioni garanti (causa modello avverso le associazioni garanti e verifica dell’insufficienza del patrimonio delle associazioni).
68 Peraltro, poiché l’IRU sarebbe stata costretta a introdurre lunghi procedimenti di arbitrato contro il gruppo di assicuratori, che sarebbero ancora in corso, e poiché per il risanamento economico delle associazioni garanti occorrerebbero diversi anni, era chiaro sin dall’inizio che la riscossione era impossibile a lungo termine, o addirittura per sempre, ai sensi dell’art. 17, n. 2, seconda frase, del regolamento n. 1552/89, per l’insufficienza manifesta e grave del patrimonio delle associazioni garanti e per la mancanza di volontà da parte del gruppo di assicuratori ad assumere la responsabilità dei pagamenti. Gli accordi con le associazioni garanti sarebbero stati il primo indizio del ritorno alla solvibilità delle medesime, permettendo loro di riprendere le attività.
69 Il Regno del Belgio fa valere che gli Stati membri devono mettere a disposizione della Commissione i dazi doganali solo se questi ultimi siano stati corrisposti effettivamente e interamente, e non, come sostenuto dalla Commissione, già in anticipo, qualora una parte dei dazi doganali sia coperta dalla garanzia. Qualsiasi altra soluzione contrasterebbe con lo scopo della contabilità B. secondo cui gli Stati membri non devono mettere a disposizione importi che non possono recuperare.
70 Il governo belga considera anche che la Repubblica federale di Germania non ha violato il principio della lealtà comunitaria. Concludendo gli accordi di dilazione con le associazioni garanti, la Repubblica federale di Germania avrebbe, come ha spiegato, protetto il regime TIR da danni ancora più gravi perché, in caso di azioni in giudizio, tali associazioni sarebbero immediatamente fallite, circostanza che avrebbe comportato il collasso del regime TIR e avrebbe condotto ad una situazione di impossibilità di riscossione, prevista all’art. 17, n. 2, seconda frase, del regolamento n. 1552/89. Inoltre, sarebbe poco leale da parte della Commissione rimproverare agli Stati membri di non aver adempiuto agli obblighi ad essi incombenti a titolo del diritto comunitario quando la Commissione era al corrente dei problemi di pagamento incontrati dalle associazioni garanti.
Giudizio della Corte
71 Con tale censura, la Commissione rimprovera sostanzialmente alle autorità tedesche di aver rinunciato unilateralmente alla riscossione in via giudiziale presso le associazioni garanti dei crediti accertati relativi ai carnet TIR di cui trattasi nel presente procedimento, di aver contabilizzato erroneamente le risorse proprie corrispondenti non riportandole nella contabilità A e di non averle messe a disposizione della Commissione in tempo utile, in contrasto, in particolare, con l’art. 17, n. 1, del regolamento n. 1552/89.
72 Va innanzi tutto rilevato che il governo tedesco non contesta che i procedimenti di riscossione in via giudiziale relativi ai carnet TIR controversi siano stati sospesi, o addirittura non siano stati avviati, in quanto sono stati conclusi accordi con le associazioni garanti, attraverso i quali le autorità tedesche rinunciavano provvisoriamente a far valere i loro diritti. Tale governo ammette anche che l’importo dei crediti corrispondente è stato riportato nella contabilità B e che i detti crediti, derivanti da operazioni TIR, sono stati definitivamente accertati tra il 1993 e il 1995, per cui si tratta di diritti accertati ai sensi dell’art. 2, n. 1, del regolamento n. 1552/89. Invece, il medesimo governo contesta di aver violato, in tal modo, i suoi obblighi a titolo del regolamento n. 1552/89.
73 Come ha ricordato la Corte al punto 66 della sentenza 15 novembre 2005, causa C‑392/02, Commissione/Danimarca (Racc. pag. I‑9811), ai termini dell’art. 17, nn. 1 e 2, del regolamento n. 1552/89, gli Stati membri sono tenuti a prendere tutte le misure necessarie affinché gli importi corrispondenti ai diritti accertati in conformità dell’art. 2 del regolamento medesimo siano messi a disposizione della Commissione. Gli Stati membri sono dispensati da tale obbligo soltanto se la riscossione non abbia potuto essere effettuata per ragioni di forza maggiore ovvero quando risulti definitivamente impossibile procedere alla riscossione per motivi che non sono loro imputabili.
74 Per quanto riguarda la contabilizzazione delle risorse proprie, l’art. 6, n. 1, del regolamento n. 1552/89 prevede che gli Stati membri devono tenere una contabilità delle dette risorse presso il Tesoro o l’organismo designato da questo. In applicazione del n. 2, lett. a) e b), del medesimo articolo, di Stati membri sono tenuti a riportare nella contabilità A i diritti accertati conformemente all’art. 2 al più tardi il primo giorno feriale dopo il 19 del secondo mese successivo a quello nel corso del quale ha avuto luogo l’accertamento, fatta salva la possibilità di inserire nella contabilità B, entro lo stesso termine, i diritti accertati che «non sono stati ancora riscossi» e per i quali «non è stata fornita alcuna garanzia», nonché i diritti accertati e «coperti da garanzie [che] formano oggetto di contestazione e possono subire variazioni in seguito alle controversie sorte».
75 Ai fini della messa a disposizione delle risorse proprie, l’art. 9, n. 1, del regolamento n. 1552/89 enuncia che ogni Stato membro accredita le risorse proprie sul conto aperto a tale scopo a nome della Commissione, secondo le modalità definite dall’art. 10 del detto regolamento. Conformemente al n. 1 di quest’ultima disposizione, dopo la deduzione delle spese di riscossione, l’iscrizione delle risorse proprie ha luogo entro il primo giorno feriale dopo il 19 del secondo mese successivo a quello in cui il diritto è stato constatato in conformità dell’art. 2 del medesimo regolamento, ad eccezione dei diritti contemplati nella contabilità B conformemente all’art. 6, n. 2, lett. b), di tale regolamento, per i quali l’iscrizione deve aver luogo entro il primo giorno feriale dopo il 19 del secondo mese successivo a quello della «riscossione».
76 Nell’ambito del presente procedimento, il governo tedesco non ha fatto valere che i dazi controversi erano stati contestati entro i termini e potevano subire variazioni in seguito a controversie sopravvenute ai sensi dell’art. 6, n. 2, lett. b), del regolamento n. 1552/89. Nella fattispecie, è pacifico che le controversie vertono sull’esecuzione delle garanzie e non sull’esistenza o sull’importo dei crediti controversi, in quanto tale importo è stato definitivamente accertato.
77 Il governo tedesco sostiene che i dazi non riscossi in questione potevano tuttavia essere correttamente inseriti nella contabilità B, non essendo in realtà coperti da garanzia ai sensi dell’art. 6, n. 2, lett. b), del regolamento n. 1552/89. Il detto governo non contesta di per sé la qualifica della garanzia fornita dalle associazioni garanti nell’ambito di un’operazione TIR come «garanzia» ai sensi della detta disposizione. Esso fa valere che, tenuto conto del fallimento del sistema di garanzia su cui si basa il regime di transito con carnet TIR a partire dal 1993, conseguente al rifiuto del gruppo di assicuratori di rimborsare le associazioni garanti tedesche, le dette garanzie non risultavano realizzabili a causa dell’insolvenza di tali associazioni, per cui i dazi in questione dovevano essere riportati nella contabilità B in quanto crediti non garantiti.
78 Si deve constatare che i diritti e gli obblighi dell’associazione garante prevista nell’ambito della convenzione TIR sono disciplinati contemporaneamente dalla detta convenzione, dal diritto comunitario e dal contratto di garanzia, soggetto al diritto tedesco, da essa concluso con la Repubblica federale di Germania (sentenza 23 settembre 2003, causa C‑78/01, BGL, Racc. pag. I‑9543, punto 45).
79 In virtù dell’art. 193 del codice doganale, la garanzia richiesta per assicurare l’adempimento dell’obbligazione doganale può essere costituita da una fideiussione e, conformemente all’art. 195 del medesimo codice, il fideiussore si obbliga per iscritto a pagare in solido con il debitore l’importo garantito dell’obbligazione doganale allorché essa diviene esigibile.
80 Per quanto riguarda, in particolare, il trasporto di merci con carnet TIR, previsto dall’art. 91, n. 2, lett. b), del codice doganale, emerge dall’art. 8, n. 1, della convenzione TIR che, con il contratto di garanzia, le associazioni garanti si impegnano parimenti a pagare i dazi doganali dovuti dai soggetti passivi e sono tenute congiuntamente e solidalmente con tali soggetti passivi al pagamento dei detti importi, anche se, in virtù del n. 7 del medesimo articolo, le autorità competenti devono, nella misura del possibile, chiederne il pagamento alla persona direttamente tenuta a pagarle prima di reclamarle all’associazione garante.
81 Ciò premesso, non si può contestare che la garanzia fornita dalle associazioni garanti nell’ambito di un’operazione TIR rientri nella nozione di «garanzia» ai sensi dell’art. 6, n. 2, lett. b), del regolamento n. 1552/89.
82 Occorre tuttavia precisare che, conformemente all’art. 8, n. 3, della convenzione TIR, spetta agli Stati membri stabilire l’importo massimo, per ogni carnet TIR, delle somme che possono essere richieste all’associazione garante.
83 Di conseguenza, come ammette peraltro la Commissione, i dazi accertati relativi a operazioni TIR vanno, in linea di principio, riportati nella contabilità A e messi a disposizione della Commissione conformemente all’art. 10 del regolamento n. 1552/89, per l’importo della copertura massima concordata nel regime TIR, anche qualora l’importo del debito doganale superi eventualmente tale importo.
84 Come ha correttamente rilevato l’avvocato generale ai paragrafi 86 e 89 delle sue conclusioni, tale interpretazione è conforme agli obiettivi perseguiti con l’introduzione della contabilità B, che è volta, oltre che, come indica il quinto ‘considerando’ del regolamento n. 1552/89, a consentire alla Commissione di seguire più da vicino l’attività degli Stati membri nel campo della riscossione delle risorse proprie, a prendere in considerazione il rischio finanziario in cui essi incorrono.
85 L’argomento del governo tedesco secondo cui la crisi del regime TIR che ha comportato il collasso del sistema di garanzia su cui tale regime si fonda avrebbe avuto la conseguenza che, a partire dal 1993, i crediti controversi in realtà non erano più garantiti, per cui gli importi corrispondenti dovevano essere riportati nella contabilità B non può essere accolto.
86 Senza che occorra verificare se il sistema di garanzia introdotto dalla convenzione TIR non abbia più funzionato correttamente a partire dall’anno 1993, risulta che, come ha fatto valere la Commissione, la decisione unilaterale delle autorità tedesche di sospendere i procedimenti di riscossione controversi presso le associazioni garanti, di concludere accordi di dilazione con queste ultime e di riportare, di conseguenza, i detti dazi, che sono stati definitivamente accertati, nella contabilità B viola, in ogni caso, l’obbligo incombente agli Stati membri, in virtù dell’art. 17, n. 1, del regolamento n. 1552/89, di adottare le misure necessarie per mettere a disposizione della Commissione le risorse proprie conformemente a tale regolamento.
87 Infatti, il detto art. 17, n. 1, costituisce un’espressione specifica dell’obbligo di leale cooperazione risultante dall’art. 10 CE, secondo cui gli Stati membri, da una parte, devono sottoporre alla Commissione i problemi incontrati nell’applicazione del diritto comunitario (v., per analogia, segnatamente, sentenza 2 luglio 2002, causa C‑499/99, Commissione/Spagna, Racc. pag. I‑6031, punto 24) e, dall’altra, non sono autorizzati ad emanare provvedimenti di conservazione nazionali adottati in spregio di obiezioni, riserve o condizioni da parte della Commissione (v., per analogia, sentenza 5 maggio 1981, causa 804/79, Commissione/Regno Unito, Racc. pag. 1045, punto 32). Orbene, nella fattispecie, è pacifico che la Repubblica federale di Germania ha agito in modo unilaterale malgrado le obiezioni formulate dalla Commissione.
88 Tale obbligo è tanto più importante in quanto, come ha rilevato la Corte al punto 54 della sentenza Commissione/Danimarca, citata, le entrate insufficienti con riferimento ad una risorsa propria dovranno essere compensate da un’altra risorsa propria, oppure da un adeguamento delle spese.
89 Peraltro, il governo tedesco non può invocare l’esistenza di un caso di «forza maggiore» ai sensi dell’art. 17, n. 2, del regolamento n. 1552/89. Secondo una costante giurisprudenza, la nozione di forza maggiore deve essere intesa nel senso di circostanze anormali e imprevedibili, indipendenti dall’operatore, le cui conseguenze non avrebbero potuto essere evitate nonostante l’uso della massima diligenza (v., in particolare, sentenza 5 febbraio 1987, causa 145/85, Denkavit, Racc. pag. 565, punto 11). Orbene, agendo unilateralmente nel modo descritto al punto 86 della presente sentenza, la Repubblica federale di Germania non ha usato la massima diligenza per evitare le conseguenze dedotte.
90 Ciò premesso, occorre concludere che la prima censura è fondata.
Sulla seconda censura, relativa al rifiuto di comunicare alla Commissione importi ulteriori inseriti erroneamente nella contabilità B
– Argomenti delle parti
91 La Commissione rileva che l’art. 18, nn. 2 e 3, del regolamento n. 1552/89 è un esempio, nel settore delle risorse proprie della Comunità, dell’obbligo di cooperazione a cui sono tenuti gli Stati membri. Ciò premesso, la Commissione ritiene di poter esigere, senza violare il principe di proporzionalità, dalla Repubblica federale di Germania la trasmissione dei dati necessari alla verifica dell’esistenza e della portata dell’inadempimento da essa messa in evidenza nell’ambito del presente procedimento.
92 Il governo tedesco ribatte che la Commissione non può avvalersi di un diritto di informazione generale. Un diritto di tale tipo non esisterebbe in assenza di una normativa del Consiglio dell’Unione europea. L’obbligo di leale cooperazione di cui all’art. 10 CE non giustificherebbe il fatto che la Commissione chieda agli Stati membri la comunicazione di informazioni irragionevoli, tanto più che soddisfare tali richieste paralizzerebbe il lavoro degli uffici doganali competenti per diverse settimane.
– Giudizio della Corte
93 Dall’art. 10 CE risulta che gli Stati membri hanno l’obbligo di cooperare lealmente ad ogni indagine svolta dalla Commissione ex art. 226 CE e di fornirle tutte le informazioni che essa loro richieda all’uopo (v., in particolare, sentenza 6 marzo 2003, causa C-478/01, Commissione/Lussemburgo, Racc. pag. I‑2351, punto 24).
94 Per quanto riguarda l’obbligo per gli Stati membri di adottare, in leale cooperazione con la Commissione, le misure idonee a garantire l’applicazione delle disposizioni comunitarie relative all’accertamento di eventuali risorse proprie, la Corte ha affermato che dal detto obbligo, sancito più specificamente in materia di verifica all’art. 18 del regolamento n. 1552/89, discende in particolare che, quando la Commissione dipende ampiamente dagli elementi forniti dallo Stato membro interessato, quest’ultimo è tenuto a mettere a disposizione della Commissione i documenti giustificativi e gli altri documenti utili, a condizioni ragionevoli, in modo che questa possa verificare se e, all’occorrenza, in quale misura gli importi considerati si riferiscano a risorse proprie delle Comunità (sentenza 7 marzo 2002, Commissione/Italia, cit., punti 89-91).
95 In seguito a controlli effettuati dagli agenti della Commissione in Germania nel mese di novembre 1997, che hanno rivelato un certo numero di casi di dazi definitivamente accertati relativi a operazioni TIR inserite nella contabilità B, la Commissione aveva più volte, a partire dall’ottobre 1998, chiesto alle autorità tedesche di comunicarle tutti gli altri dazi non contestati che avevano subìto lo stesso trattamento contabile e relativi a carnet TIR non scaricati da parte degli uffici doganali tedeschi a partire dal 1994.
96 Non soddisfacendo questa domanda, la Repubblica federale di Germania è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti più specificamente in virtù dell’art. 18, n. 2, del regolamento n. 1552/89, secondo cui gli Stati membri sono segnatamente tenuti ad effettuare controlli supplementari su richiesta della Commissione, richiesta che deve indicare le ragioni che giustificano tale controllo.
97 Infatti, come è stato rilevato al punto 95 della presente sentenza, la domanda della Commissione era motivata dall’accertamento, al momento del controllo effettuato nel mese di novembre 1997, di un certo numero di casi che, secondo questa istituzione, rivelavano una violazione del regolamento n. 1552/89. La Commissione era quindi perfettamente legittimata a chiedere alla Repubblica federale di Germania di procedere a controlli supplementari ai sensi dell’art. 18, n. 2, di tale regolamento, per fornirle delle informazioni su altri casi simili durante il periodo in questione.
98 Anche la seconda censura è pertanto fondata.
99 Alla luce di quanto precede, occorre concludere che:
– non scaricando correttamente determinati documenti di transito (carnet TIR), con la conseguenza che le risorse proprie da essi derivanti non sono state né correttamente contabilizzate né messe a disposizione della Commissione entro i termini;
– non comunicando alla Commissione tutti gli ulteriori importi doganali non contestati che sono stati trattati in modo analogo (iscrizione nella contabilità «B »invece che iscrizione nella contabilità «A») per quanto riguarda il mancato scarico dei carnet TIR da parte della dogana tedesca a partire dal 1994 sino alla modifica del decreto federale del 1996,
la Repubblica federale di Germania è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti ai sensi del regolamento n. 1552/89, sostituito, a decorrere dal 31 maggio 2000, dal regolamento n. 1150/2000.
Sulle spese
100 A norma dell’art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Commissione ne ha fatto domanda, la Repubblica federale di Germania, rimasta essenzialmente soccombente, dev’essere condannata alle spese. Ai sensi del n. 4 del detto articolo, il Regno del Belgio sopporterà le proprie spese.
Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara e statuisce:
1) Non scaricando correttamente determinati documenti di transito (carnet TIR), con la conseguenza che le risorse proprie da essi derivanti non sono state né correttamente contabilizzate né messe a disposizione della Commissione entro i termini;
non comunicando alla Commissione delle Comunità europee tutti gli ulteriori importi doganali non contestati che hanno ricevuto un analogo trattamento (iscrizione nella contabilità «B» anziché iscrizione nella contabilità «A») per quanto riguarda il mancato scarico dei carnet TIR da parte della dogana tedesca a partire dal 1994 sino alla modifica del decreto del Ministro federale delle Finanze 11 settembre 1996,
la Repubblica federale di Germania è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti ai sensi del regolamento (CEE, Euratom) del Consiglio 29 maggio 1989, n. 1552, recante applicazione della decisione 88/376/CEE, Euratom relativa al sistema delle risorse proprie delle Comunità, sostituito, a decorrere dal 31 maggio 2000, dal regolamento (CE, Euratom) del Consiglio 22 maggio 2000, n. 1150, recante applicazione della decisione 94/728/CE, Euratom, relativa al sistema delle risorse proprie delle Comunità.
2) Il ricorso è respinto per il resto.
3) La Repubblica federale di Germania è condannata alle spese.
4) Il Regno del Belgio sopporterà le proprie spese.
Firme
* Lingua processuale: il tedesco.