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Documento 62002CJ0047
Judgment of the Court of 30 September 2003. # Albert Anker, Klaas Ras and Albertus Snoek v Bundesrepublik Deutschland. # Reference for a preliminary ruling: Schleswig-Holsteinisches Oberverwaltungsgericht - Germany. # Freedom of movement for workers - Article 39(4) EC - Employment in the public service - Masters of fishing vessels - Conferment of powers of public authority on board - Posts reserved for nationals of the flag State. # Case C-47/02.
Sentenza della Corte del 30 settembre 2003.
Albert Anker, Klaas Ras e Albertus Snoek contro Bundesrepublik Deutschland.
Domanda di pronuncia pregiudiziale: Schleswig-Holsteinisches Oberverwaltungsgericht - Germania.
Libera circolazione dei lavoratori - Art. 39, n. 4, CE - Impieghi nella pubblica amministrazione - Comandanti di navi da pesca - Attribuzione dell'esercizio di pubblici poteri a bordo - Impieghi riservati ai cittadini dello Stato di bandiera.
Causa C-47/02.
Sentenza della Corte del 30 settembre 2003.
Albert Anker, Klaas Ras e Albertus Snoek contro Bundesrepublik Deutschland.
Domanda di pronuncia pregiudiziale: Schleswig-Holsteinisches Oberverwaltungsgericht - Germania.
Libera circolazione dei lavoratori - Art. 39, n. 4, CE - Impieghi nella pubblica amministrazione - Comandanti di navi da pesca - Attribuzione dell'esercizio di pubblici poteri a bordo - Impieghi riservati ai cittadini dello Stato di bandiera.
Causa C-47/02.
Raccolta della Giurisprudenza 2003 I-10447
Identificatore ECLI: ECLI:EU:C:2003:516
Sentenza della Corte del 30 settembre 2003. - Albert Anker, Klaas Ras e Albertus Snoek contro Bundesrepublik Deutschland. - Domanda di pronuncia pregiudiziale: Schleswig-Holsteinisches Oberverwaltungsgericht - Germania. - Libera circolazione dei lavoratori - Art. 39, n. 4, CE - Impieghi nella pubblica amministrazione - Comandanti di navi da pesca - Attribuzione dell'esercizio di pubblici poteri a bordo - Impieghi riservati ai cittadini dello Stato di bandiera. - Causa C-47/02.
raccolta della giurisprudenza 2003 pagina I-10447
Massima
Parti
Motivazione della sentenza
Decisione relativa alle spese
Dispositivo
1. Libera circolazione delle persone - Deroghe - Impieghi nella pubblica amministrazione - Nozione - Comandante di navi da pesca - Inclusione - Presupposti
(Art. 39, n. 4, CE)
2. Libera circolazione delle persone - Deroghe - Tutela dell'ordine pubblico, della pubblica sicurezza e della sanità pubblica - Esclusione generale dei cittadini di altri Stati membri dall'accesso agli impieghi di comandante di navi da pesca - Inammissibilità
(Art. 39, n. 3, CE)
$$1. L'art. 39, n. 4, CE dev'essere interpretato nel senso che autorizza uno Stato membro a riservare ai suoi cittadini l'impiego di comandante di navi battenti la sua bandiera adibite alla piccola pesca d'altura solo a condizione che i poteri d'imperio attribuiti ai comandanti delle suddette navi vengano effettivamente esercitati in modo abituale e non costituiscano una parte molto limitata delle loro attività.
Infatti, la portata di questa deroga alla libera circolazione dei lavoratori riguardante gli impieghi nella pubblica amministrazione dev'essere circoscritta a quanto strettamente necessario alla salvaguardia degli interessi generali dello Stato membro interessato, che non si può porre a repentaglio qualora determinati poteri pubblici vengano esercitati solo in modo sporadico, o addirittura eccezionalmente, da parte di cittadini di altri Stati membri.
( v. punti 63-64, 69 e dispositivo )
2. Un'esclusione generale, da parte di uno Stato membro, dei cittadini di altri Stati membri dall'accesso all'impiego di comandante di navi da pesca non può essere giustificata da motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza e di sanità pubblica di cui all'art. 39, n. 3, CE, dato che la facoltà per gli Stati membri di limitare la libera circolazione delle persone per questi motivi non ha lo scopo di porre alcuni settori economici come quello della pesca, o talune professioni, quale la professione di capitano di navi da pesca, al riparo dall'applicazione di questo principio, dal punto di vista dell'accesso al lavoro, bensì mira a consentire agli Stati membri di negare l'accesso o il soggiorno sul loro territorio a persone il cui accesso o soggiorno sui detti territori costituirebbe, come tale, un pericolo per l'ordine pubblico, la pubblica sicurezza o la sanità pubblica.
( v. punti 67-68 )
Nel procedimento C-47/02,
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, a norma dell'art. 234 CE, dallo Schleswig-Holsteinisches Oberverwaltungsgericht (Germania) nella causa dinanzi ad esso pendente tra
Albert Anker,
Klaas Ras,
Alvertus Snoek
e
Repubblica federale di Germania, rappresentata dalla Wasser- und Schifffahrtsdirektion Nord,
domanda vertente sull'interpretazione dell'art. 39, n. 4, CE,
LA CORTE,
composta dal sig. G.C. Rodríguez Iglesias, presidente, dai sigg. J.-P. Puissochet, M. Wathelet (relatore), R. Schintgen e C.W.A. Timmermans, presidenti di sezione, dai sigg. C. Gulmann, D.A.O. Edward, A. La Pergola, P. Jann e V. Skouris, dalle sig.re F. Macken e N. Colneric, dai sigg. S. von Bahr, J.N. Cunha Rodrigues e A. Rosas, giudici,
avvocato generale: sig.ra C. Stix-Hackl
cancelliere: sig.ra M.-F. Contet, amministratore principale
viste le osservazioni scritte presentate:
- per i ricorrenti nella causa principale, dal sig. P. Slabschi, Rechtsanwalt;
- per la resistente nella causa principale e il governo tedesco, dai sigg. W.-D. Plessing, e M. Lumma, in qualità di agenti;
- per il governo danese, dai sigg. J. Molde e J. Bering Liisberg, in qualità di agenti;
- per il governo francese, dal sig. G. de Bergues e dalla sig.ra C. Bergeot-Nunes, in qualità di agenti;
- per la Commissione delle Comunità europee, dai sigg. D. Martin e H. Kreppel, in qualità di agenti,
vista la relazione d'udienza,
sentite le osservazioni orali dei ricorrenti nella causa principale, rappresentati dall'avv. P. Slabschi, della resistente nella causa principale, rappresentata dalla sig.ra B. Karsten, Regierungsrätin, del governo tedesco, rappresentato dal sig. M. Lumma, del governo francese, rappresentato dal sig. G. de Bergues e dalla sig.ra C. Bergeot-Nunes, e della Commissione, rappresentata dalla sig.ra I. Martínez del Peral, in qualità di agente, e dal sig. H. Kreppel, all'udienza del 21 gennaio 2003,
sentite le conclusioni dell'avvocato generale, presentate all'udienza del 12 giugno 2003,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 Con ordinanza 31 gennaio 2002, pervenuta alla Corte il 19 febbraio seguente, lo Schleswig-Holsteinisches Oberverwaltungsgericht ha sottoposto, ai sensi dell'art. 234 CE, una questione pregiudiziale vertente sull'interpretazione dell'art. 39, n. 4, CE.
2 Tale questione è stata sollevata nell'ambito di una controversia sorta tra i sigg. Anker, Ras e Snoek, di cittadinanza olandese, e la Wasser- und Schifffahrtsdirektion Nord (Direzione per le acque e la navigazione del Nord) in merito all'accesso a posti di comandante di nave da pesca battente bandiera tedesca.
Ambito normativo
Disposizioni comunitarie
3 Ai sensi dell'art. 39 CE:
«1. La libera circolazione dei lavoratori all'interno della Comunità è assicurata.
2. Essa implica l'abolizione di qualsiasi discriminazione, fondata sulla nazionalità, tra i lavoratori degli Stati membri, per quanto riguarda l'impiego, la retribuzione e le altre condizioni di lavoro.
3. Fatte salve le limitazioni giustificate da motivi di ordine pubblico, pubblica sicurezza e sanità pubblica, essa importa il diritto:
a) di rispondere a offerte di lavoro effettive;
b) di spostarsi liberamente a tal fine nel territorio degli Stati membri;
c) di prendere dimora in uno degli Stati membri al fine di svolgervi un'attività di lavoro, conformemente alle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative che disciplinano l'occupazione dei lavoratori nazionali;
d) di rimanere, a condizioni che costituiranno l'oggetto di regolamenti di applicazione stabiliti dalla Commissione, sul territorio di uno Stato membro, dopo aver occupato un impiego.
4. Le disposizioni del presente articolo non sono applicabili agli impieghi nella pubblica amministrazione».
Disposizioni internazionali
4 La convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, firmata a Montego Bay il 10 dicembre 1982, contiene, nella sua parte VII, intitolata «Alto mare», sezione 1, intitolata «Disposizioni generali», che riunisce gli artt. 86-115, disposizioni generali relative alla navigazione in alto mare.
5 Gli artt. 91, n. 1, 92, n. 1, 94, nn. 1-3, e 97, nn. 1 e 2, della suddetta convenzione dispongono in particolare:
«Articolo 91
Nazionalità delle navi
1. Ogni Stato stabilisce le condizioni che regolamentano la concessione alle navi della sua nazionalità, dell'immatricolazione nel suo territorio, del diritto di battere la sua bandiera. Le navi hanno la nazionalità dello Stato di cui sono autorizzate a battere bandiera. Tra lo Stato e la nave deve esistere un legame effettivo.
(...)
Articolo 92
Posizione giuridica delle navi
1. Le navi battono la bandiera di un solo Stato e, salvo casi eccezionali specificamente previsti da trattati internazionali o dalla presente convenzione, nell'alto mare sono sottoposte alla sua giurisdizione esclusiva. (...)
(...)
Articolo 94
Obblighi dello Stato di bandiera
1. Ogni Stato esercita efficacemente la propria giurisdizione e il proprio controllo su questioni di carattere amministrativo, tecnico e sociale sulle navi che battono la sua bandiera.
2. In particolare ogni Stato:
(...)
b) esercita la propria giurisdizione conformemente alla propria legislazione, su tutte le navi che battono la sua bandiera, e sui rispettivi comandanti, ufficiali ed equipaggi, in relazione alle questioni di ordine amministrativo, tecnico e sociale di pertinenza delle navi.
3. Ogni Stato adotta, per le navi che battono la sua bandiera, tutte le misure necessarie a salvaguardare la sicurezza in mare (...)
(...)
Articolo 97
Giurisdizione penale in materia di abbordi o di qualunque altro incidente di navigazione
1. In caso di abbordo o di qualunque altro incidente di navigazione nell'alto mare, che implichi la responsabilità penale o disciplinare del comandante della nave o di qualunque altro membro dell'equipaggio, non possono essere intraprese azioni penali o disciplinari contro tali persone, se non da parte delle autorità giurisdizionali o amministrative dello Stato di bandiera o dello Stato di cui tali persone hanno la cittadinanza.
2. In ambito disciplinare, lo Stato che ha rilasciato la patente di capitano o un'idoneità o licenza è il solo competente (...) a disporre il ritiro di tali documenti, anche nel caso che il titolare non sia cittadino dello Stato che li ha rilasciati.
(...)».
Disposizioni nazionali
6 L'art. 2, n. 2, primo comma, della Schiffsbesetzungsverordnung (regolamento in materia di equipaggi delle navi) 26 agosto 1998 (BGBl. I, pag. 2577), modificato dalla Verordnung 29 ottobre 2001 (BGBl. I, pag. 2785), dispone:
«Indipendentemente dalla stazza lorda della nave, il capitano deve essere cittadino tedesco ai sensi del Grundgesetz (legge fondamentale) nonché in possesso di un valido attestato di abilitazione».
7 La Schiffsoffizier-Ausbildungsverordnung (regolamento in materia di formazione degli ufficiali di marina) 11 febbraio 1985 (BGBl. I, pag. 323), modificata da ultimo dalla citata Verordnung 29 ottobre 2001 (in prosieguo: la «SchOffzAusbV»), disciplina la formazione degli ufficiali di marina nonché il rilascio degli attestati di abilitazione.
8 Ai sensi dell'art. 21a, n. 1, della SchOffzAusbV, gli attestati di abilitazione ottenuti in un altro Stato membro o in uno Stato facente parte dell'Accordo sullo Spazio economico europeo dai cittadini di uno di tali Stati sono riconosciuti equipollenti agli attestati tedeschi se ricorrono le condizioni previste dalla direttiva del Consiglio 21 dicembre 1988, 89/48/CEE, relativa ad un sistema generale di riconoscimento dei diplomi di istruzione superiore che sanzionano formazioni professionali di una durata minima di tre anni (GU 1989, L 19, pag. 16), o dalla direttiva del Consiglio 18 giugno 1992, 92/51/CEE, relativa ad un secondo sistema generale di riconoscimento della formazione professionale, che integra la direttiva 89/48/CEE (GU L 209, pag. 25). In particolare, se si tratta di un'attività di comando, l'art. 21a, n. 2, della SchOffzAusbV richiede la prova che l'interessato si è sottoposto, con esito positivo, all'esame di abilitazione previsto dall'art. 4, n. 1, lett. b), della direttiva 89/48 o dall'art. 4, n. 1, lett. b), della direttiva 92/51. In forza dell'art. 21c della SchOffzAusbV, la Wasser- und Schifffahrtsdirektion Nord rilascia, su richiesta, un certificato di validità degli attestati di abilitazione riconosciuti equipollenti conformemente all'art. 21a, n. 1, della SchOffzAusbV.
9 Tuttavia, il titolo riconosciuto equipollente, conformemente all'art. 21 della SchOffzAusbV, non attribuisce a coloro che non siano cittadini tedeschi ai sensi del Grundgesetz il diritto di comandare navi battenti bandiera tedesca. Infatti, a termini dell'art. 24 della SchOffzAusbV:
«Può essere ammesso il rilascio di attestati di abilitazione a chi, pur non essendo cittadino tedesco ai sensi del Grundgesetz, soddisfi le condizioni per ottenere gli attestati stessi (art. 7). In questo caso l'attestato di abilitazione al servizio nautico non autorizza tuttavia a comandare navi battenti bandiera tedesca. Di questo è fatta annotazione nell'attestato di abilitazione (...)».
10 Peraltro, ai sensi dell'art. 106 del Seemannsgesetz (legge in materia di lavoro marittimo) 26 luglio 1957 (BGBl. II, pag. 713), più volte modificato (in prosieguo: il «SeemG»):
«1) Il capitano è il superiore di tutti i membri dell'equipaggio (art. 3) e di ogni altra persona che svolge attività a bordo (art. 7). Egli dispone del supremo potere decisionale.
2) Il capitano deve provvedere al mantenimento della sicurezza e dell'ordine a bordo ed è autorizzato, nei limiti delle disposizioni seguenti e delle altre leggi vigenti, ad adottare i provvedimenti all'uopo necessari.
3) In caso di pericolo incombente per gli uomini o per la nave, il capitano può far eseguire, all'occorrenza ricorrendo ai necessari mezzi coercitivi, gli ordini impartiti per far fronte al pericolo; l'arresto provvisorio è consentito. I diritti fondamentali di cui agli artt. 2, secondo comma, primo e secondo periodo, e 13, primo e secondo comma, della legge fondamentale, vengono pertanto limitati. Qualora sia possibile applicare più provvedimenti, dovrà essere prescelto, nella misura del possibile, quello che arrechi minor pregiudizio agli interessati.
4) L'uso della coercizione fisica o l'arresto provvisorio sono ammissibili solamente qualora altri mezzi appaiano a priori insufficienti ovvero siano risultati tali. I detti provvedimenti possono essere applicati solamente nella misura e nei tempi necessari all'assolvimento dei compiti del capitano di cui ai precedenti commi secondo e terzo.
5) Il capitano può delegare i poteri di cui ai precedenti commi 1-4, nel caso in cui non sia in grado di esercitarli personalmente, al primo ufficiale di coperta ovvero al primo ufficiale del servizio macchine nell'ambito delle loro rispettive funzioni (...)
(...)».
11 In forza dell'art. 115 del SeemG, la mancata esecuzione di un ordine del capitano può essere perseguita penalmente, quando l'ordine sia diretto a far fronte ad un pericolo incombente per le persone, per la nave o per il suo carico, ad evitare il verificarsi di un danno sproporzionatamente elevato, ad impedire gravi turbative nella gestione della nave, ad adempiere norme di diritto pubblico in materia di sicurezza o a mantenere l'ordine e la sicurezza a bordo. L'abuso del potere di emanare tali ordini è a sua volta sanzionato, conformemente all'art. 117, in combinato disposto con l'art. 115, n. 4, del SeemG.
12 Varie disposizioni del diritto tedesco conferiscono ai capitani delle navi battenti bandiera tedesca funzioni relative allo stato civile.
13 Pertanto, in forza dell'art. 45, n. 1, della Verordnung zur Ausführung des Personenstandsgesetzes (regolamento di attuazione della legge sullo stato delle persone) 12 agosto 1957 (BGBl. I, pag. 1139), modificata da ultimo dal regolamento 17 dicembre 2001 (BGBl. I, pag. 3752; in prosieguo: il «PersStdGAV»), la nascita o il decesso di una persona durante il viaggio su una nave tedesca devono essere certificati da un ufficiale dello stato civile del I. Ufficio dello stato civile di Berlino. A termini del n. 2 della stessa norma, la nascita o il decesso devono essere comunicati al comandante non oltre il giorno successivo all'evento. Qualora la persona obbligata a provvedere alla denuncia termini il viaggio prima della scadenza di tale termine, la denuncia dovrà essere ancora effettuata sulla nave. Ai sensi del n. 3 della suddetta disposizione, il comandante deve redigere un verbale in merito alla denuncia della nascita o della morte e consegnarlo alla prima capitaneria presso cui è possibile rivolgersi.
Causa principale e questione pregiudiziale
14 I ricorrenti nella causa principale prestano servizio in qualità di marinai a bordo di navi da pesca battenti bandiera tedesca operanti nella piccola pesca d'altura. Essi sono tutti in possesso di un «diploma voor de Zeevisvaart SW V» (titolo olandese di navigazione per le navi da pesca) che, secondo la legge olandese, consente loro di assumere il comando di navi della stessa categoria cui appartengono quelle sulle quali prestano attualmente servizio.
15 In data 30 settembre 1998 la Wasser- und Schifffahrtsdirektion Nord ha rilasciato al sig. Ras l'abilitazione all'esercizio delle funzioni di primo ufficiale di coperta o di primo ufficiale di macchina su navi da pesca battenti bandiera tedesca. Con lettera 30 ottobre 1998 il sig. Ras ha presentato una domanda volta ad ottenere il rilascio, ai sensi dell'art. 21c della SchOffzAusbV, di un attestato di abilitazione più ampio che lo autorizzasse anche all'esercizio delle funzioni di comandante di navi da pesca battenti bandiera della Repubblica federale di Germania. Con decisione 14 dicembre 1998 la convenuta ha respinto tale domanda, da essa considerata un'opposizione.
16 Peraltro, anche le identiche domande di abilitazione all'esercizio delle funzioni di comandante, di primo ufficiale di coperta o o di primo ufficiale di macchina su navi da pesca battenti bandiera della Repubblica federale di Germania, proposte dai sigg. Anker e Snoek il 16 marzo 1999, sono state respinte dalla Wasser- und Schifffahrtsdirektion Nord con decisioni 30 luglio 1999 nella parte riguardante le mansioni di comandante. Le opposizioni proposte dai sigg. Anker e Snoek sono state respinte con decisione 6 settembre 1999.
17 La Wasser- und Schifffahrtsdirektion Nord si è, in particolare, fondata sull'art. 106, nn. 2 e 3, del SeemG e sull'art. 24, seconda frase, della SchOffzAusbV.
18 I ricorsi proposti contro le decisioni di rigetto della Wasser- und Schifffahrtsdirektion Nord sono stati respinti dal Verwaltungsgericht (tribunale amministrativo) per gli stessi motivi, con sentenze 14 novembre 2000. Tale giudice ha accertato che l'attività del comandante di navi implicava l'esercizio di pubblici poteri ai sensi dell'art. 39, n. 4, CE.
19 Con decisione 30 luglio 2001 dello Schleswig-Holsteinisches Oberverwaltungsgericht i ricorrenti nella causa principale sono stati ammessi a proporre appello contro le sentenze del Verwaltungsgericht.
20 Dinanzi all'Oberverwaltungsgericht i ricorrenti nella causa principale hanno contestato l'applicabilità nei loro confronti dell'art. 39, n. 4, CE, che, in quanto eccezione, sarebbe soggetto a interpretazione restrittiva. Tale disposizione si applicherebbe solo quando l'attività in questione richieda una particolare lealtà del titolare dello stesso verso lo Stato, che dovrebbe essere garantita con il vincolo della cittadinanza. Un siffatto legame esisterebbe solo qualora detta attività includa in maniera tipica l'esercizio di pubblici poteri e al titolare sia affidata la responsabilità per gli interessi generali dello Stato. Tali presupposti dovrebbero ricorrere cumulativamente. Orbene, nel caso di un comandante di nave da pesca, essi non sussisterebbero. Anche se vi fossero casi in cui i comandanti si siano avvalsi di poteri di imperio, questi ultimi rivestirebbero un'importanza talmente secondaria da non poter assolutamente costituire il nucleo della loro attività.
21 Del resto, quand'anche non sussista alcuna limitazione connessa alla cittadinanza nel settore del trasporto aereo, l'art. 3 della Luftverkehrs-Ordnung (regolamento relativo ai trasporti aerei) 10 agosto 1963 (BGBl. I, pag. 652), più volte modificata, attribuirebbe ampie responsabilità e competenze a comandanti di bordo di aeromobile, che addirittura supererebbero quelle dei comandanti di nave.
22 Secondo la convenuta nella causa principale, le competenze concesse al capitano mediante l'art. 106 del SeemG rientrano nella pubblica amministrazione e costituiscono l'espressione del «genuine link» instaurato dallo Stato di bandiera tra la nave e detto Stato. Essa si riferisce, in proposito, all'art. 94 della convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare.
23 I pubblici poteri di cui dispone il comandante non deriverebbero da principi generali di diritto privato. ll comandante non vigilerebbe solo per garantire a bordo l'ordine e la sicurezza nel suo interesse, ma agirebbe per la tutela di interessi giuridicamente protetti, all'occorrenza accantonando i propri interessi.
24 La resistente nella causa principale invoca altresì le funzioni svolte dal comandante in qualità di ufficiale di stato civile in caso di nascita o di decesso a bordo, come previste dall'art. 45, n. 3, della PersStdGAV.
25 L'Oberverwaltungsgericht dubita che l'art. 24, seconda frase, della SchOffzAusbV sia compatibile con l'art. 39 CE, in particolare per quanto riguarda imbarcazioni che pratichino la piccola pesca d'altura.
26 Esso osserva che, ai sensi della giurisprudenza della Corte, un impiego rientrante nella pubblica amministrazione implica un particolare collegamento tra il titolare dell'impiego e lo Stato, che si cerca esattamente di garantire con il vincolo della cittadinanza (sentenza 17 dicembre 1980, causa 149/79, Commissione/Belgio, Racc. pag. 3881). Orbene, a suo giudizio, questo non si verifica nel caso delle attività rientranti negli ambiti del trasporto marittimo e aereo, che si discosterebbero molto dalle attività specifiche della pubblica amministrazione e non comporterebbero né una mediata, né una immediata partecipazione all'esercizio di poteri di imperio e allo svolgimento di compiti diretti alla salvaguardia degli interessi generali dello Stato o di altri enti pubblici.
27 Tuttavia l'Oberverwaltungsgericht osserva che è dubbio se le competenze attribuite mediante l'art. 106 del SeemG siano tali da comportare in linea generale l'esercizio di poteri di imperio o se, invece, esse derivino sostanzialmente dagli obblighi generali che discendono talvolta dal diritto civile - dal momento che il comandante rappresenta a bordo l'armatore per conto del quale esercita i diritti connessi ai contratti di assunzione dei marinai -, talaltra dal diritto penale - poiché il capitano svolge un ruolo di garante nel caso di una situazione di pericolo.
28 Esso osserva che, ad ogni modo, l'art. 106 del SeemG include una parte alquanto limitata dell'attività di un comandante. La principale attività di quest'ultimo consisterebbe nella conduzione della nave, nonché nella gestione dell'equipaggio. In tale circostanza lo stesso eserciterebbe funzioni disciplinate dal diritto civile e dal diritto del lavoro che di regola incombono ai direttori di produzione o di fabbrica.
29 E' in tale contesto che lo Schleswig-Holsteinisches Oberverwaltungsgericht ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:
«Se disposizioni nazionali che prescrivono, per l'esercizio dell'attività lavorativa di comandante (capitano) di una nave impiegata nella "piccola navigazione" ("Kleine Seeschifffhart") battente la bandiera del rispettivo Stato membro, il possesso della cittadinanza del relativo Stato di bandiera - nella fattispecie, quella tedesca - siano compatibili con l'art. 39 CE».
Sulla questione pregiudiziale
30 Con la sua questione il giudice a quo chiede essenzialmente se l'art. 39, n. 4, CE, debba essere interpretato nel senso che autorizza uno Stato membro a riservare ai suoi cittadini i posti di comandante di navi (capitano) battenti la sua bandiera assegnate alla «piccola navigazione» («Kleine Seeschifffhart»).
Osservazioni presentate alla Corte
31 I ricorrenti nella causa principale ritengono che occorra risolvere negativamente la questione pregiudiziale.
32 In limine, essi evidenziano che i sigg. Anker e Snoek posseggono lo status di lavoratori ai sensi dell'art. 39 CE. Sebbene tale qualità possa essere discussa per quanto riguarda il sig. Ras, socio di minoranza della Zeevisserijbedrijf RAS BV, detentrice dell'intero capitale della Seefischereibetrieb SC-25 GmbH, che gestisce la nave da pesca sulla quale presta servizio il sig. Ras, quest'ultimo, se non dovesse essere considerato un lavoratore subordinato, potrebbe essere inquadrato come lavoratore autonomo. In tal caso, occorrerebbe applicare l'art. 43 CE e chiedersi se l'attività di capitano di una nave come quella sulla quale presta servizio possa validamente rientrare nella disposizione derogatoria dell'art. 45, primo comma, CE. A tale riguardo i ricorrenti nella causa principale sostengono che, alla luce del suo tenore letterale, la nozione di «pubblica autorità» ai sensi dell'art. 45, primo comma, CE è più circoscritta rispetto a quella di «pubblica amministrazione», ai sensi dell'art. 39, n. 4, CE.
33 A giudizio dei ricorrenti l'attività di comandante di una nave da pesca non ricade nell'art. 39, n. 4, CE. La nozione comunitaria di pubblica amministrazione, secondo la giurisprudenza della Corte, dovrebbe essere interpretata in modo restrittivo in quanto deroga a un principio fondamentale di diritto comunitario e limitata a quanto è strettamente necessario per salvaguardare gli interessi che l'art. 39, n. 4, CE consente agli Stati membri di tutelare (v., in particolare, sentenza 16 giugno 1987, causa 225/85, Commissione/Italia, Racc. pag. 2625, punto 7). Essa dovrebbe essere intesa in senso funzionale: rileverebbe che l'attività ricomprenda in maniera tipica l'esercizio di pubblici poteri e al contempo al titolare della stessa venga affidata la responsabilità per la salvaguardia degli interessi generali dello Stato (v. sentenza Commissione/Belgio, cit. punto 12).
34 I ricorrenti nella causa principale aggiungono che non è sufficiente che il titolare dell'impiego eserciti occasionalmente pubblici poteri: l'esercizio di tali poteri dovrebbe costituire il nucleo essenziale dell'attività (v., in tal senso, sentenze 3 luglio 1986, causa 66/85, Lawrie-Blum, Racc. pag. 2121, punti 26-28, e 27 novembre 1991, causa C-4/91, Bleis, Racc. pag. I-5627, punto 7).
35 Nel presente caso, le disposizioni nazionali tedesche non conferirebbero al capitano alcun potere di imperio. I poteri che quest'ultimo ricava dall'art. 106 del SeemG costituirebbero l'espressione di obblighi generali di diritto civile e di diritto penale adeguati alla situazione di una nave in mare. Inoltre, le fattispecie in cui la nave debba fare fronte a situazioni di pericolo sarebbero notevolmente diminuite, per effetto, soprattutto, dei moderni mezzi di comunicazione e della riduzione del tempo trascorso in mare, limitato ai giorni feriali laddove si tratti di piccole imbarcazioni da pesca, le quali, oltretutto, opererebbero costantemente nelle vicinanze delle coste.
36 Il nucleo delle attività del capitano consisterebbe nella conduzione della nave e nella direzione dell'equipaggio. Si tratterebbe nella specie di funzioni che ricadono nel diritto civile e nel diritto del lavoro, di regola proprie dei direttori di produzione e di fabbrica. Inoltre, il capitano sarebbe a sua volta impegnato in ampia misura nella cattura e nella trasformazione del pesce.
37 Infine i ricorrenti osservano che la Corte, ai punti 34 e 35 della sentenza 2 luglio 1996, causa C-290/94, Commissione/Grecia (Racc. pag. I-3285), ha affermato che i settori della navigazione marittima e aerea non appartengono a quelli in cui viene esercitata una specifica attività dell'amministrazione. Questo significherebbe che tali ambiti rientrano a priori nella libertà di circolazione dei lavoratori e che incombe alle autorità nazionali dimostrare, per specifici impieghi, che, in realtà, ricorrono i presupposti dell'art. 39, n. 4, CE [v. paragrafi 110-112 delle conclusioni presentate dall'avvocato generale Léger nella causa C-473/93, Commissione/Lussemburgo (sentenza 2 luglio 1996, Racc. pag. I-3207)]. Orbene, la resistente non avrebbe fornito la prova che si tratta del posto di comandante di nave da pesca.
38 I governi tedesco, danese e francese, nonché la Commissione, sono concordi nel ritenere che i posti di comandante su navi battenti bandiera di uno Stato membro adibite alla piccola navigazione, conformemente all'art. 39, n. 4, CE, possano essere riservati ai cittadini di tale Stato qualora i loro titolari, conformemente alla normativa nazionale del suddetto Stato e a vari strumenti internazionali, quale la convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, siano in grado di esercitare funzioni che rientrano nella «pubblica amministrazione» ai sensi di tale disposizione, come interpretata dalla Corte, e relative al mantenimento della sicurezza nonché all'esercizio di poteri di polizia, oltre che alla predisposizione di atti di stato civile.
39 Secondo il governo tedesco, il fatto che nella normale prassi della pesca non sempre si verifichi l'esercizio di pubblici poteri non significa che i provvedimenti che il capitano sarebbe autorizzato ad adottare, se del caso, non abbiano un siffatto carattere. Inoltre, una nave impiegata nella piccola pesca d'altura non è soggetta, in linea di principio, ad alcuna limitazione di percorso, ragion per cui non è escluso che possa operare al di fuori delle acque territoriali o costiere dello Stato di bandiera.
40 Il governo danese ritiene che ricorra una partecipazione diretta all'esercizio di pubblici poteri qualora le funzioni di capitano comportino l'esercizio di poteri di imperio relativi al mantenimento dell'ordine a bordo, poteri attribuiti sulla terraferma alle autorità di polizia, tra i quali l'arresto di persone sospette o la ricezione di dichiarazioni. Dal mantenimento dell'ordine e della sicurezza emergerebbe la natura dei compiti il cui assolvimento, da parte dei loro titolari, presuppone un particolare collegamento con lo Stato, disciplinato dall'art. 39, n. 4, CE.
41 La circostanza che, nella causa principale, si tratti di piccoli pescherecci non implica, secondo il governo danese, alcuna limitazione del potere dello Stato membro di riservare l'attività di comandante sulle imbarcazioni battenti la sua bandiera ai propri cittadini nazionali, in quanto situazioni in cui potrebbe risultare necessario l'esercizio di pubblici poteri da parte del capitano potrebbero verificarsi su qualsiasi tipo di imbarcazione e in ogni momento.
42 Il suddetto governo aggiunge che il fatto che lo Stato membro interessato non si sia avvalso della facoltà della riserva basata sulla cittadinanza relativa a impieghi analoghi nell'ambito della navigazione aerea è irrilevante, atteso che l'art. 39, n. 4, CE concede agli Stati membri una mera facoltà di riservare gli impieghi dallo stesso previsti.
43 Secondo il governo francese il comandante di nave assolverebbe chiaramente compiti implicanti l'esercizio della pubblica autorità, compiti che non sarebbero da confondersi con gli obblighi incombenti ad ogni cittadino, a ogni direttore di produzione o di fabbrica o a ogni comandante di aeromobile. Lo stesso varrebbe nel caso in cui l'impiego venisse svolto nell'ambito di imprese private, in quanto le attività specifiche della pubblica amministrazione sono esercitate, in via di delega, per conto dello Stato e non del datore di lavoro.
44 Il governo francese si riferisce, per analogia, a talune norme del Code civil francese (codice civile) e del Code disciplinaire et pénal de la marine marchande francese (codice disciplinare e penale della marina mercantile) con cui si attribuiscono al capitano sia funzioni di «officier d'état civil» (ufficiale di stato civile), sia veri e propri poteri di polizia, attraverso il cui esercizio esso contribuirebbe a far osservare la legge. Osserva che tali poteri eccedono in ampia misura quelli conferiti a chiunque in caso di flagranza di reato dall'art. 73 del Code de procédure pénal francese (codice di procedura penale). Infatti da quest'ultima disposizione emergerebbe che, se chiunque è legittimato ad arrestare l'autore di un reato in caso di flagranza, lo stesso deve condurre quest'ultimo dinanzi all'ufficiale di polizia giudiziaria più prossimo, al quale soltanto spettano i poteri di arresto e di messa in detenzione.
45 Il governo francese contesta altresì l'equiparazione dei poteri dei comandanti di navi agli obblighi che incombono ai direttori di produzione e ai direttori di fabbrica di adottare le misure necessarie per garantire la sicurezza e la salute dei loro lavoratori. Infatti, a differenza del comandante di nave, un direttore di produzione non dispone del potere di procedere all'arresto di uno dei suoi dipendenti né di consegnarlo in un luogo determinato perché è in grado di fare appello alla pubblica autorità.
46 Allo stesso modo, secondo il governo francese, i poteri attribuiti ai comandanti di aeromobili non possono essere paragonati a quelli dei comandanti di navi, dal momento che i primi dispongono di poteri analoghi a quelli di un qualsiasi cittadino in caso di minaccia.
47 Infine il governo francese ritiene che il fatto che i capitani di nave esercitino solo di rado i loro poteri di pubblica autorità è ininfluente per l'inclusione della loro attività nell'ambito di applicazione dell'art. 39, n. 4, CE. Infatti, secondo la giurisprudenza della Corte, quest'ultima norma si applicherebbe esclusivamente agli «impieghi che comportano una partecipazione diretta o indiretta all'esercizio dei pubblici poteri e alle funzioni che hanno per oggetto la salvaguardia degli interessi generali dello Stato o delle altre collettività pubbliche» (sentenza Commissione/Belgio, cit., punto 10). Pertanto, il mero fatto che l'impiego «comporti» attribuzioni di poteri pubblici sarebbe sufficiente perché lo stesso rientri nell'art. 39, n. 4, CE. Inoltre, ogni volta che le circostanze lo esigono, l'esercizio dei pubblici poteri costituirebbe una concreta esigenza e non si potrebbe affidare a un altro membro dell'equipaggio, salvo privare in ampia parte il capitano della sua autorità.
48 In subordine, il detto governo osserva che uno Stato membro può legittimamente riservare le attività di capitano ai propri cittadini sul fondamento dell'art. 39, n. 3, CE. Infatti, mediante il loro collegamento all'esercizio della pubblica autorità, le dette attività ricadrebbero nell'ambito delle eccezioni alla libera circolazione dei lavoratori connesse all'ordine o alla sicurezza pubblica.
49 La Commissione sottolinea, anzitutto, che il giudice nazionale è tenuto a verificare se tutti i ricorrenti della causa principale soddisfino i requisiti necessari per poter essere considerati lavoratori ai sensi dell'art. 39 CE.
50 Essa rileva, inoltre, che una nave battente la bandiera di uno Stato membro è indubbiamente considerata come appartenente al territorio di tale Stato, ma che, una volta che si sia allontanata dalle coste, di regola il suddetto Stato non è in grado di intervenire con i propri organi di potere pubblico per salvaguardare i suoi interessi generali o quelli della collettività pubblica. Anche lo Stato di bandiera conferisce al capitano il potere di esercitare, quale rappresentante della pubblica autorità, varie funzioni dirette a preservare i suddetti interessi generali, previsti dalla normativa nazionale o dagli strumenti internazionali. Pertanto, l'art. 39, n. 4, CE potrebbe essere validamente invocato.
51 La sentenza 31 maggio 2001, causa C-283/99, Commissione/Italia (Racc. pag. I-4363, punto 25), che riguardava guardie giurate private, non sarebbe tale da rimettere in discussione tale analisi, dal momento che pubblici poteri sono attribuiti ai comandanti di nave proprio per salvaguardare gli interessi generali dello Stato.
52 Tuttavia, a giudizio della Commissione, un singolo svolge un impiego nella pubblica amministrazione, ai sensi dell'art. 39, n. 4, CE, esclusivamente se gli organi di potere pubblico che rientrano istituzionalmente nella pubblica amministrazione non hanno la possibilità di intervenire o possono farlo solo con difficoltà. La mera concessione di competenze di pubblica autorità non sarebbe quindi sufficiente perché si possa invocare l'art. 39, n. 4, CE. Occorrerebbe inoltre che, al fine di risolvere un eventuale conflitto, non possa intervenire alcun organo di potere pubblico.
53 Inoltre, secondo la Commissione, la questione se le competenze attribuite esorbitino da quelle che incombono, in forza del diritto civile e del diritto penale, a ogni proprietario, a ogni datore di lavoro o a ogni cittadino dovrebbe essere valutata alla luce del diritto nazionale ed essere risolta dal giudice a quo. Nel caso in cui venga accertato che tali competenze rientrano nei pubblici poteri, la Commissione ritiene che il ricorso alla deroga prevista dall'art. 39, n. 4, CE non possa, inoltre, dipendere dal grado di probabilità delle situazioni in cui il capitano della nave di cui trattasi debba effettivamente esercitare le suddette competenze proprie della pubblica autorità né dalla stazza della suddetta nave.
54 Infine, non risulterebbe pertinente il paragone effettuato con la situazione esistente nell'ambito della navigazione aerea, in quanto l'art. 39, n. 4, CE si limita a lasciare agli Stati membri la facoltà di limitare la libera circolazione dei lavoratori.
55 Per quanto riguarda, peraltro, l'applicabilità dell'art. 39, n. 3, CE, la Commissione sostiene che tale disposizione è applicabile solo a individui il cui comportamento personale pone a repentaglio l'ordine pubblico o la sicurezza pubblica. Non la si dovrebbe invocare nemmeno per escludere dall'applicazione del principio della libera circolazione delle persone un'intera professione per il fatto che i suoi membri sarebbero incaricati di garantire l'ordine pubblico o la sicurezza a bordo (v., in tal senso, sentenza 29 ottobre 1998, causa C-114/97, Commissione/Spagna, Racc. pag. I-6717, punto 42).
Risposta della Corte
56 Occorre rammentare, in via preliminare, che l'art. 39, nn. 1-3, CE sancisce il principio della libera circolazione dei lavoratori e l'abolizione di qualsiasi discriminazione, fondata sulla cittadinanza, tra i lavoratori degli Stati membri. L'art. 39, n. 4, CE stabilisce tuttavia che le disposizioni di detto articolo non sono applicabili agli impieghi nella pubblica amministrazione.
57 Secondo la giurisprudenza della Corte, la nozione di pubblica amministrazione ai sensi dell'art. 39, n. 4, CE deve ricevere un'interpretazione e un'applicazione uniformi nell'intera Comunità e non può pertanto essere rimessa alla totale discrezionalità degli Stati membri (v., segnatamente, sentenze 12 febbraio 1974, causa 152/73, Sotgiu, Racc. pag. 153, punto 5, e Commissione/Belgio, cit., punti 12 e 18).
58 Essa riguarda gli impieghi che implicano la partecipazione, diretta o indiretta, all'esercizio dei pubblici poteri ed alle mansioni che hanno ad oggetto la tutela degli interessi generali dello Stato o delle altre collettività pubbliche e presuppongono pertanto, da parte dei loro titolari, l'esistenza di un rapporto particolare di solidarietà nei confronti dello Stato nonché la reciprocità di diritti e di doveri che costituiscono il fondamento del vincolo di cittadinanza (citate sentenze Commissione/Belgio, punto 10, e Commissione/Grecia, punto 2).
59 Per contro, la deroga di cui all'art. 39, n. 4, CE non trova applicazione per posti che, pur dipendendo dallo Stato o da altri enti pubblici, non implicano tuttavia alcuna partecipazione a compiti spettanti alla pubblica amministrazione propriamente detta (citate sentenze Commissione/Belgio, punto 11, e Commissione/Grecia, punto 2) né, a fortiori, a impieghi alle dipendenze di un singolo o di una persona giuridica di diritto privato, quali che siano i compiti incombenti al lavoratore dipendente (citate sentenze Commissione/Spagna, punto 33, e 31 maggio 2001, Commissione/Italia, punto 25).
60 Dalla giurisprudenza della Corte emerge altresì che l'art. 39, n. 4, CE, in quanto prescrive una deroga al principio fondamentale della libera circolazione e della parità di trattamento dei lavoratori comunitari, deve ricevere un'interpretazione che ne limiti la portata a quanto è strettamente necessario per salvaguardare gli interessi che esso consente agli Stati membri di tutelare (v., in particolare, sentenza 16 giugno 1987, Commissione/Italia, cit., punto 7).
61 Nel caso di specie, si deve constatare che il diritto tedesco attribuisce ai capitani di navi battenti bandiera tedesca poteri connessi al mantenimento della sicurezza e all'esercizio di poteri di polizia, in particolare in caso di pericolo a bordo, corredati, all'occorrenza, di poteri investigativi, coercitivi o sanzionatori, che vanno oltre il mero sostegno al mantenimento della sicurezza pubblica cui qualsiasi individuo può essere tenuto. Inoltre, sono attribuite al capitano alcune funzioni accessorie in materia di stato civile, che non si possono motivare solo sulla base delle necessità del comandante di nave, in particolare quella di ricevere la notifica della nascita o del decesso di una persona nel corso di un viaggio, anche se sulla terraferma rilasciare atti autentici incombe a un ufficiale di stato civile. Se possono sussistere alcuni dubbi, per quanto riguarda tali funzioni in materia di stato civile, in merito al se esse implichino una partecipazione diretta o indiretta all'esercizio di pubblici poteri, dubbio che spetta al giudice a quo dissipare, per contro è indiscusso che le funzioni collegate al mantenimento della sicurezza e all'esercizio di poteri di polizia rappresentano una partecipazione all'esercizio di poteri pubblici al fine di salvaguardare gli interessi generali dello Stato di bandiera.
62 Il fatto che i capitani prestino servizio alle dipendenze di una persona fisica o giuridica di diritto privato di per sé non può escludere l'applicabilità dell'art. 39, n. 4, CE essendo assodato che, per assolvere missioni pubbliche loro affidate, gli stessi agiscono in qualità di rappresentanti dei pubblici poteri, al servizio degli interessi generali dello Stato di bandiera.
63 Tuttavia, il ricorso alla deroga alla libera circolazione dei lavoratori, prevista dall'art. 39, n. 4, CE, non può essere giustificato dal mero fatto che l'ordinamento nazionale attribuisce poteri d'imperio ai titolari degli impieghi di cui trattasi. Inoltre, occorre che tali poteri vengano effettivamente esercitati in modo abituale dai suddetti titolari e non costituiscano una parte molto limitata delle loro attività. Infatti, come si è rammentato al punto 60 della presente sentenza, la portata di tale deroga deve essere circoscritta a quanto strettamente necessario alla salvaguardia degli interessi generali dello Stato membro interessato, che non si può porre a repentaglio qualora determinati poteri pubblici vengano esercitati solo in modo sporadico, o addirittura eccezionalmente, da parte di cittadini di altri Stati membri.
64 Orbene, dalle osservazioni del giudice nazionale emerge che le attività di capitano di navi che praticano la piccola pesca d'altura, consistenti essenzialmente nel dirigere imbarcazioni di piccola stazza - che comportano un equipaggio ridotto - e nel partecipare direttamente alla pesca e alla trasformazione dei prodotti di quest'ultima, costituiscono impieghi nell'ambito dei quali la funzione di rappresentanza dello Stato di bandiera avrebbe in pratica un peso insignificante.
65 Peraltro, come ha correttamente osservato l'avvocato generale al paragrafo 68 delle sue conclusioni, nella convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare non si prescrive che il comandante di nave possieda la cittadinanza dello Stato di bandiera.
66 Occorre inoltre verificare se il requisito della cittadinanza cui sarebbe subordinato l'accesso alle categorie di impieghi di cui trattasi potrebbe essere giustificato sulla base dell'art. 39, n. 3, CE.
67 A tale riguardo è sufficiente rammentare che il potere degli Stati membri di limitare la libera circolazione delle persone per motivi di ordine pubblico, pubblica sicurezza e sanità pubblica non ha lo scopo di porre alcuni settori economici, come quello della pesca, o talune professioni, quale la professione di capitano di navi da pesca, al riparo dall'applicazione di questo principio, dal punto di vista dell'accesso al lavoro, bensì mira a consentire agli Stati membri di negare l'accesso o il soggiorno sul loro territorio a persone il cui accesso o soggiorno sui detti territori costituirebbe, come tale, un pericolo per l'ordine pubblico, la pubblica sicurezza o la sanità pubblica (v., per quanto concerne la sanità pubblica, sentenza 7 maggio 1986, causa 131/85, Gül, Racc. pag. 1573, punto 17, e, per quanto riguarda la sicurezza privata, sentenza Commissione/Spagna, cit., punto 42).
68 Di conseguenza, un'esclusione generale dall'accesso all'impiego di comandante di navi da pesca non può essere giustificata adducendo i motivi previsti dall'art. 39, n. 3, CE.
69 Tenuto conto di quanto sopra esposto, si deve risolvere la questione pregiudiziale dichiarando che l'art. 39, n. 4, CE deve essere interpretato nel senso che autorizza uno Stato membro a riservare ai suoi cittadini l'impiego di comandante di navi battenti la sua bandiera adibite alla «piccola navigazione» («Kleine Seeschifffhart») solo a condizione che i poteri d'imperio attribuiti ai comandanti delle suddette navi vengano effettivamente esercitati in modo abituale e non costituiscano una parte molto limitata delle loro attività.
Sulle spese
70 Le spese sostenute dai governi tedesco, danese e francese, nonché dalla Commissione, che hanno presentato osservazioni alla Corte, non possono dar luogo a rifusione. Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice del rinvio, cui spetta quindi statuire sulle spese.
Per questi motivi,
LA CORTE,
pronunciandosi sulla questione sottopostale dallo Schleswig-Holsteinisches Oberverwaltungsgericht con ordinanza 31 gennaio 2002, dichiara:
L'art. 39, n. 4, CE deve essere interpretato nel senso che autorizza uno Stato membro a riservare ai suoi cittadini l'impiego di comandante di navi battenti la sua bandiera adibite alla «piccola navigazione» («Kleine Seeschifffhart») solo a condizione che i poteri d'imperio attribuiti ai comandanti delle suddette navi vengano effettivamente esercitati in modo abituale e non costituiscano una parte molto limitata delle loro attività.