EUR-Lex Access to European Union law
This document is an excerpt from the EUR-Lex website
Document 52012DC0742
COMMUNICATION FROM THE COMMISSION TO THE EUROPEAN PARLIAMENT, THE COUNCIL AND THE EUROPEAN ECONOMIC AND SOCIAL COMMITTEE A new European approach to business failure and insolvency
COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE AL PARLAMENTO EUROPEO, AL CONSIGLIO E AL COMITATO ECONOMICO E SOCIALE EUROPEO Un nuovo approccio europeo al fallimento delle imprese e all'insolvenza
COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE AL PARLAMENTO EUROPEO, AL CONSIGLIO E AL COMITATO ECONOMICO E SOCIALE EUROPEO Un nuovo approccio europeo al fallimento delle imprese e all'insolvenza
/* COM/2012/0742 final */
COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE AL PARLAMENTO EUROPEO, AL CONSIGLIO E AL COMITATO ECONOMICO E SOCIALE EUROPEO Un nuovo approccio europeo al fallimento delle imprese e all'insolvenza /* COM/2012/0742 final */
COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE AL
PARLAMENTO EUROPEO, AL CONSIGLIO E AL COMITATO ECONOMICO E SOCIALE EUROPEO Un nuovo approccio europeo al fallimento
delle imprese e all'insolvenza 1. Introduzione: giustizia per la crescita Mentre l’Europa sta affrontando una grave
crisi economica e sociale, l’Unione europea prende iniziative per promuovere la
ripresa economica, stimolare gli investimenti e salvaguardare l’occupazione. Adottare misure che creino una crescita sostenibile
e prosperità è una priorità politica capitale[1]. La crisi del debito ha effetti diretti sui
cittadini, sui posti di lavoro e sulle imprese. La crisi economica ha portato
ad un aumento delle imprese che falliscono: tra il 2009 e il 2011 ogni anno
nell’Unione sono fallite in media 200 000 aziende
e un quarto di questi fallimenti presenta un elemento transfrontaliero; circa il 50% di tutte le nuove imprese non
sopravvive ai cinque anni di attività e si stima che
siano 1,7 i milioni di posti di lavoro persi ogni anno a causa delle situazioni
d’insolvenza. La crescita è stata posta al centro del
programma della Commissione per la giustizia (“Giustizia per la Crescita”), in
sintonia con la strategia per la crescita Europa 2020, l’analisi annuale della
crescita e l’Atto per il mercato unico II di recente adozione[2]. Modernizzare le norme UE in
materia di insolvenza per facilitare la sopravvivenza delle imprese e offrire
una seconda possibilità agli imprenditori è una delle azioni chiave concepite
per migliorare il funzionamento del mercato interno. Il
programma di Stoccolma del 2009 per uno spazio europeo di giustizia[3] ha messo in luce l’importanza
rivestita dalle norme in materia d'insolvenza nel sostenere l'attività
economica. La risposta europea dovrebbe consistere nel
creare un sistema efficiente di ristrutturazione e riorganizzazione delle
imprese che permetta loro di sopravvivere alle crisi finanziarie, di operare in
modo più efficace e, se necessario, di ripartire da zero. Questo vale non solo
per le grandi imprese multinazionali, ma anche per i 20 milioni di piccole
imprese che costituiscono il pilastro dell'economia europea: trattare
efficacemente i casi d'insolvenza è un tema cruciale per l'economia europea e
la crescita sostenibile. Il regolamento UE sulle procedure d’insolvenza[4] è nato per dirimere i casi di
insolvenza transfrontalieri grazie all’effettivo riconoscimento e coordinamento
delle procedure d’insolvenza nazionali, e per scoraggiare le parti dal
trasferire beni o procedimenti giudiziari da uno Stato membro all’altro con il
preciso intento di ottenere una posizione giuridica più favorevole (“forum
shopping”). Tuttavia, avendo un campo d’applicazione transfrontaliero, il
regolamento non ha armonizzato le normative fallimentari applicate ai casi di
insolvenza nazionali, lasciando quindi
sussistere le divergenze tra i diritti nazionali con il conseguente rischio che
si perdano attività economiche, che i creditori recuperino meno denaro di
quanto avrebbero altrimenti potuto e che non sia garantito il trattamento
paritario dei creditori da uno Stato membro all’altro. La Commissione propone
ora la modernizzazione del regolamento dell'UE sulle procedure d’insolvenza,
benché le modifiche proposte riguardino solo i casi transfrontalieri. Un diritto fallimentare moderno negli Stati
membri dovrebbe aiutare le società a sopravvivere e incoraggiare gli
imprenditori a cogliere una seconda opportunità; dovrebbe assicurare la
rapidità e l’efficienza delle procedure, nell’interesse tanto dei debitori che
dei creditori, contribuire a salvaguardare i posti di lavoro, aiutare i
fornitori a mantenere la clientela e gli azionisti a preservare il valore delle
società economicamente solide. Per conseguire gli obiettivi di Europa 2020, è
necessario concentrarsi su quello generale di una migliore giustizia per l’Unione
europea. Sistemi giudiziari efficienti possono
ampiamente contribuire a ridurre i rischi e le incertezze giuridiche,
incoraggiando le attività imprenditoriali, commerciali e d’investimento
transfrontaliere. Grazie all’esperienza
maturata con gli Stati membri nell'ambito del programma di ripresa economica,
la Commissione ha identificato il ruolo centrale delle riforme giudiziarie:; quella del diritto fallimentare rappresenta uno
strumento basilare per promuovere la ripresa economica.
L’incidenza dei sistemi giudiziari sull’economia ha trovato eco nel
semestre europeo 2012 in una serie di raccomandazioni rivolte ad alcuni Stati
membri per l’efficienza delle procedure d’insolvenza. La sfida sta nel
coniugare un trattamento adeguato e celere dei problemi finanziari del debitore
con i legittimi interessi del creditore, garantendo a tutte le parti l’accesso
alla giustizia. Negli ultimi vent’anni il mercato unico si è
sviluppato in uno spazio senza frontiere interne: se
una società versa in difficoltà finanziarie, trovare aiuto a livello
transfrontaliero dovrebbe essere altrettanto facile che a livello nazionale. Ponendo tutti i diritti fallimentari nazionali
sullo stesso piano, si accrescerà la fiducia di società, imprenditori e privati
desiderosi di operare nel mercato interno negli ordinamenti degli altri Stati
membri. Con norme fallimentari efficienti migliora anche l’accesso al credito,
che a sua volta incoraggia gli investimenti: i
creditori sono più propensi a prestare denaro se sanno che lo recupereranno. Una maggior compatibilità delle norme sulle
procedure d’insolvenza può quindi migliorare il funzionamento del mercato
interno. Pur essendo la diversità una componente della concorrenza legittima
tra norme fondata su scelte politiche nazionali, da un punto di vista più
generale genera il problema del forum shopping[5]. La volontà di dare agli imprenditori una
seconda opportunità per rilanciare attività imprenditoriali redditizie e
conservare l’occupazione rappresenta una delle caratteristiche fondamentali del
nuovo approccio europeo al fallimento delle imprese e all’insolvenza. Questa
impostazione mira ad imprimere una forte spinta all'imprenditoria europea nel
mercato interno e già ispira la proposta di aggiornare il regolamento UE sulle
procedure d’insolvenza in ambito transfrontaliero, adottata in contemporanea
alla presente comunicazione, oltre a trovare ulteriore riscontro nel futuro
piano d’azione per l’imprenditoria europea. La presente comunicazione mette in luce quei
settori in cui le divergenze tra diritti fallimentari nazionali rischiano
maggiormente di ostacolare la creazione di un quadro giuridico efficiente per
le situazioni d’insolvenza nel mercato interno, e vuole individuare i problemi
su cui il nuovo approccio europeo dovrebbe concentrarsi per diffondere una
“cultura del salvataggio” in tutti gli Stati membri. 2. Delineare un nuovo approccio
all’insolvenza: creare un clima più favorevole alle aziende Tanto il Parlamento europeo quanto la
Commissione hanno già condotto una notevole quantità di ricerche e analisi
riguardo ai diritti fallimentari nazionali. Nel novembre 2011 il Parlamento europeo
ha adottato una risoluzione[6]
in cui ha innanzitutto esortato a modificare il regolamento sulle procedure
d’insolvenza - e la proposta di modifica intende rispondere a tale esortazione
- raccomandando altresì di armonizzare
specifici aspetti del diritto fallimentare e del diritto societario nazionale. Secondo uno studio[7]
commissionato dal Parlamento, le divergenze tra diritti fallimentari nazionali
possono creare ostacoli, vantaggi e/o svantaggi dal punto di vista
concorrenziale e difficoltà per le società che hanno attività o un azionariato
transfrontaliero nell’Unione europea. Sempre
stando allo studio, l’armonizzazione delle procedure d’insolvenza negli Stati
membri dell’Unione porterebbe grande beneficio all’efficienza delle stesse e
del processo di riorganizzazione dell’impresa. Al
contempo ciò incrementerebbe il ricavato spettante ai creditori in caso di
decisione di liquidazione dell’attivo, o migliorerebbe le prospettive di
riorganizzazione incoraggiando più creditori ad aderire ai piani di
ristrutturazione. In entrambi i casi
aumenterebbe la fiducia dei settori commerciali e finanziari nell’efficienza
dell’infrastruttura economica dell'Unione. Alla luce di questo studio, il Parlamento
europeo ha concluso che “vi sono alcuni settori del diritto fallimentare in cui
l’armonizzazione è auspicabile e possibile”. Ogni
altra considerazione in merito alla riforma del diritto fallimentare dovrà però
tener conto dell'incidenza su altre importanti branche del diritto. La Commissione ha
di recente analizzato le dinamiche imprenditoriali[8]. Lo
studio ha rivelato che non vi è prova dell’effettiva incidenza del tipo di
sistema giuridico (common law/ civil law) sul livello dell’imprenditoria
(tasso di creazione di imprese, attività imprenditoriale complessiva, tasso di
sopravvivenza delle imprese). Ciò significa
che l’efficienza delle procedure di fallimento non è funzione del tipo di
sistema o approccio giuridico, ma di disposizioni specifiche come gli accordi
stragiudiziali, le procedure accelerate per le PMI, meccanismi di preallarme e
altre norme che incidono fortemente sull’efficienza del sistema. I paesi più efficienti sono quelli in cui esistono
un quadro giuridico fallimentare e meccanismi di preallarme ben funzionanti: lo studio dimostra che quasi tutti i paesi il cui
sistema giuridico fallimentare è considerato molto efficiente possiedono anche
meccanismi di preallarme estremamente validi. Un punto importante per garantire un’effettiva
seconda opportunità[9]
sono i “tempi di riabilitazione”, ossia il tempo che intercorre tra il momento
in cui la società è dichiarata fallita (liquidazione) e quello in cui può
riavviare un’attività. La riabilitazione è
spesso considerata fondamentale ai fini di una seconda opportunità. Attualmente i tempi di riabilitazione sono molto
diversi da paese a paese: in alcuni le imprese
oneste che hanno fallito sono automaticamente riabilitate una volta terminata
la liquidazione, mentre in altri le imprese
dichiarate fallite devono richiedere detto beneficio,
e in altri ancora non possono ottenerlo affatto. Un’ulteriore considerazione a proposito della
“seconda opportunità” riguarda la ripresa delle attività di un imprenditore che
sia stato dichiarato fallito o insolvente. In
molti paesi europei esiste un impegno politico ad affrontare la questione del
fallimento delle imprese e promuovere una seconda opportunità . Gli Stati membri hanno elaborato proposte di
riforma delle loro norme fallimentari per dare sostegno agli imprenditori in
cerca di una seconda opportunità: la maggior
parte dei diritti nazionali non sembra orientata a favorire chi voglia
riprendere l’attività, con il risultato che
sono pochi quelli che ripartono da zero, nonostante il fatto che gli
imprenditori falliti abbiano generalmente una forte propensione a ritornare sul
mercato. Il Consiglio “Competitività” del maggio 2011
ha esortato ad adottare misure specifiche, invitando
gli Stati membri a “dare una seconda opportunità agli imprenditori, riducendo,
ove possibile, a un massimo di tre anni entro il 2013 per gli imprenditori
onesti i termini per la riabilitazione e la liberazione dai debiti dopo il
fallimento”[10]. 3. Settori del diritto fallimentare
nazionale in cui l’armonizzazione potrebbe essere benefica In base all’analisi degli elementi di cui
sopra, la Commissione ha identificato una serie di settori in cui le divergenze
tra diritti fallimentari nazionali possono originare incertezza giuridica e un
clima “ostile" alle imprese, che a loro
volta creano condizioni sfavorevoli per gli investimenti transfrontalieri. 3.1. Una seconda opportunità nei
casi di fallimento non fraudolento[11] Il principio II della comunicazione della
Commissione “Pensare anzitutto in piccolo” (Think Small First) Uno “Small
Business Act” per l’Europa”[12]
mira a promuovere il concetto di una seconda possibilità per gli imprenditori
onesti[13].
Il fallimento può dirsi “onesto” quando si verifica senza evidente colpa del
proprietario o del gestore, ossia onestamente e nel rispetto delle regole,
contrariamente ai casi in cui è frutto di frode o negligenza. Al riguardo la
comunicazione auspica uno scambio di pratiche esemplari tra gli Stati membri. Costituiscono un grande ostacolo alla
possibilità effettiva di una seconda opportunità la lungaggine e l’onerosità
delle procedure fallimentari. Per giunta gli
imprenditori onesti che falliscono sono solitamente soggetti agli stessi limiti
imposti ai disonesti, con il risultato che non
solo subiscono la stigmatizzazione sociale legata al fallimento, ma anche gli
impedimenti giuridici e amministrativi alla ripresa dell’attività. Le difficoltà a trovare finanziamenti per un nuovo
progetto imprenditoriale sono considerate il problema principale per chi voglia
ricominciare da zero. Eppure non bisogna
dimenticare che chi ritenta impara dai propri errori e solitamente registra una
crescita più rapida rispetto a società di prima costituzione. Si potrebbe intervenire per differenziare
maggiormente i fallimenti onesti da quelli disonesti.
I regimi fallimentari potrebbero in effetti distinguere tra debitori che
hanno agito correttamente a titolo personale o nell’attività d’impresa, pur
generando indebitamento, e debitori che hanno agito in modo disonesto, e
prevedere ad esempio che il debitore che volontariamente o per negligenza non
abbia rispettato gli obblighi di legge sia soggetto a sanzioni civili e, ove
opportuno, a responsabilità penale. I
programmi di sostegno alla creazione di una nuova attività commerciale
dovrebbero essere accessibili solo alle imprese fallite onestamente, che però
non dovranno godere di un trattamento diverso rispetto alle imprese non
fallite. Seguono le misure più importanti da adottare
per favorire una seconda opportunità: ·
distinguere le procedure di liquidazione
applicabili agli imprenditori onesti e agli imprenditori disonesti; ·
elaborare e applicare procedure di liquidazione
“accelerate” agli imprenditori onesti che falliscono. 3.2. Tempi di riabilitazione che
non incoraggiano una seconda opportunità La riabilitazione è importante anche ai fini
di una seconda opportunità: tre anni dovrebbero
costituire il limite massimo e per quanto possibile automatico per la
riabilitazione e la liberazione dal debito di un imprenditore onesto. È fondamentale che l’attività imprenditoriale non
finisca per essere una "condanna a vita" se qualcosa va storto[14]. Nelle conclusioni del Consiglio
“Competitività” del maggio 2011, a seguito del riesame dello “Small Business
Act” per l’Europa[15],
gli Stati membri hanno concordato sulla necessità di armonizzare i “tempi per
la riabilitazione” a meno di tre anni. Riducendo e allineando i termini per ottenere
la riabilitazione si muoverebbe un passo importante verso la creazione di un
clima più favorevole e innovativo per le imprese europee, che potrebbero così
operare a parità di condizioni. Sarebbe questa
una prima tappa verso un’armonizzazione più ampia dei diritti fallimentari
nazionali. 3.3. Possibilità di
ristrutturazione divergenti a causa di norme diverse sull’apertura delle
procedure I criteri per l’apertura delle procedure
d’insolvenza variano molto: in certi Stati
membri, possono essere avviate procedure solo per debitori già in crisi e in
stato d’insolvenza, in altri ciò è possibile
anche per società che, pur solvibili, prevedono uno stato d’insolvenza
nell’immediato futuro. Altre differenze si
riscontrano nelle verifiche dell’insolvibilità (come il test di liquidità)
applicate dai vari diritti nazionali: ovviamente,
ciò significa che società in condizioni finanziarie simili possono superare il
test d’insolvibilità in uno Stato membro ma non in un altro. Sono quindi difformi le possibilità date alle
società di ricorrere a procedure stragiudiziali di ristrutturazione per
superare una fase di crisi finanziaria, evitando la procedura d'insolvenza che
comporterà lo spossessamento totale o parziale del debitore o la nomina di un
curatore. Un altro problema riguarda le norme
sull’apertura obbligatoria della procedura d'insolvenza. Ci sono consistenti differenze tra gli Stati membri quanto ai
termini che il debitore deve rispettare in caso di apertura obbligatoria della
procedura d’insolvenza: in alcuni Stati membri
il debitore ha due settimane dopo il verificarsi dell’insolvibilità per
chiedere l’apertura della procedura di fallimento, in altri ha due mesi da
quando viene a conoscenza dello stato d’insolvenza, in
altri ancora ha un massimo di 45 giorni per chiedere l'apertura del fallimento
dopo la cessazione dei pagamenti. La lunghezza dei termini non è priva di
conseguenze sulla capacità di un debitore di risolvere le proprie difficoltà
finanziarie: se termini troppo corti rischiano
di pregiudicare questa capacità, termini lunghi possono ritardare la
concessione della remissione del debito nel quadro della procedura d'insolvenza
e danneggiare l’efficienza della procedura per tutti i creditori. 3.4. Aspettative insoddisfatte dei
creditori per varie categorie di debitori I diritti nazionali divergono quanto alle
possibilità accordate ai creditori di avviare procedure d’insolvenza contro i
debitori e le varie categorie di debitori. Queste
divergenze possono risultare difficili da conciliare con le legittime
aspettative dei creditori che pretendono di
imporre procedure d'insolvenza ai loro debitori e, invece di ricorrere ad
azioni esecutive singole, possono promuovere procedure d'insolvenza collettive. Un altro aspetto che è necessario armonizzare
è la legittimazione ad avviare una procedura contro un debitore. Tutti gli Stati membri hanno norme che consentono a
un debitore (persona fisica o giuridica di diritto pubblico o privato) che
svolge un’attività imprenditoriale, a un creditore e allo Stato di chiedere al
giudice di aprire una procedura d’insolvenza contro il debitore. Tuttavia, alcune giurisdizioni limitano la
possibilità del creditore in tal senso imponendo condizioni speciali. Siffatte limitazioni possono portare a situazioni
in cui il trattamento del creditore è diverso a seconda che si tratti di una
procedura principale o secondaria contro lo stesso debitore. 3.5. Incertezza per i creditori
quanto all’insinuazione al passivo e alla verifica dei crediti Per ridurre l’incertezza e creare pari
condizioni di trattamento per i creditori negli Stati membri, va considerato
l'ulteriore ravvicinamento delle norme in materia di insinuazione al passivo e
accertamento dei crediti, tra cui quelle su procedure, termini, sanzioni e
conseguenze del mancato rispetto delle norme, oltre all'obbligo d'informazione
dei creditori. Trasparenza ed efficienza del processo di
insinuazione al passivo e accertamento dei crediti hanno una notevole incidenza
sulla possibilità che i creditori ottengano un risultato soddisfacente dalla
procedura d’insolvenza. I diritti degli Stati
membri disciplinano questo settore in modo diverso: tra
le differenze riscontrate vi sono i termini per l'insinuazione al passivo e
l’accertamento dei crediti, la disponibilità e l’accesso alle informazioni sul
processo e le conseguenze di un eventuale ritardo dell’insinuazione. Non di rado, il termine per l’insinuazione al
passivo è disposto nella sentenza di fallimento. Il
mancato rispetto del termine può poi avere conseguenze diverse nei diversi
Stati membri: in alcuni il creditore che non
ha rispettato il termine può perdere il diritto di ammissione al passivo e di
ottenere soddisfazione nell’ambito della procedura d’insolvenza, mentre in
altri questo rischio non sussiste. I creditori stranieri hanno più probabilità
rispetto ai creditori locali di risentire delle notevoli differenze tra i
diritti degli Stati membri, date le conseguenze potenzialmente gravi del
mancato rispetto delle norme che disciplinano il processo, compresa la perdita del diritto di partecipare al
riparto dell'attivo. 3.6. Promozione dei piani di
ristrutturazione Le norme che regolano i piani di
ristrutturazione (compresi i contenuti e le relative questioni procedurali)
svolgono un ruolo cruciale nel creare le condizioni per il successo di detti
interventi nelle procedure d'insolvenza. Norme
rigide e impossibili da attuare in pratica possono pregiudicare le possibilità
di adottare un piano di ristrutturazione, senza lasciare alternative alla
liquidazione della società. Il quadro
giuridico che sottende ai piani di ristrutturazione adottati negli Stati membri
varia notevolmente. Le maggiori differenze
riguardano l’identificazione delle altre parti che possano farsi promotrici del
piano, l'adozione, la modifica e la verifica dei piani. Se è vero che i diritti nazionali in genere
accettano che stia al debitore proporre un piano di ristrutturazione, le norme
sulla possibilità o meno che siano i creditori a proporre il piano o a
influenzarne la preparazione variano. Anche
tra le norme sull’approvazione del piano, compresa l’eventuale distinzione tra
i creditori e le maggioranze previste, vi sono notevoli differenze: in alcuni Stati membri i creditori non sono divisi
in categorie e le maggioranze previste dalle
leggi nazionali per l'approvazione del piano di ristrutturazione sono diverse
da un diritto nazionale all'altro; lo stesso
si riscontra per le norme applicate dai giudici nella revisione del piano. Nel diritto di alcuni Stati membri, i giudici hanno
ampi poteri discrezionali, mentre in altri tali poteri sono molto più limitati. 4. Esigenza specifica delle PMI di avere
una seconda opportunità L’Unione europea è particolarmente attenta
alla situazione delle PMI e alla possibilità di dar loro una seconda
opportunità. La Commissione ritiene che le PMI
dovrebbero ricevere sostegno in caso di difficoltà economiche per[16]: ·
la prevenzione del fallimento; ·
il post-fallimento e la seconda opportunità; ·
gli accordi stragiudiziali; ·
le procedure giudiziali. La ristrutturazione può avere costi talmente
elevati per le PMI che spesso il fallimento è l’unica soluzione percorribile. Occorre trovare soluzioni per abbassarne i costi a
carico delle PMI: una possibilità sarebbe
fissare massimali per gli onorari; si dovrebbero
poi istituire procedure alternative per rendere disponibili soluzioni adeguate
a tutti i tipi di PMI; le procedure dovrebbero
essere commisurate alle dimensioni dell’impresa; le
procedure stragiudiziali dovrebbero essere esperibili per qualunque tipologia
di debitori, a prescindere dai fondi disponibili. Nella
maggior parte degli Stati membri dell’UE, a fronte di una loro durata media
relativamente breve, gli accordi stragiudiziali registrano un tasso di successo
di circa il 50%. Anche se introdotti solo
recentemente, gli accordi stragiudiziali e le procedure di pre-insolvenza
riscuotono un successo crescente tra le PMI nell'UE. Anche in quanto creditori le PMI possono
risentire di difficoltà economiche: alcuni
rappresentanti della categoria ritengono che, a motivo della lungaggine delle
procedure e delle norme nazionali sulla prelazione, le micro imprese creditrici
perdono una parte decisamente eccessiva dei loro crediti insoluti. Vale quindi la pena di esaminare le possibili
opzioni per migliorare la situazione delle PMI in veste di creditori. 5. Iniziative da adottare Come prima tappa la Commissione propone di
modernizzare il regolamento UE sulle procedure d’insolvenza; inoltre, intende adottare
un piano d’azione per l’imprenditoria europea che preveda iniziative per
promuovere procedure fallimentari efficienti e la possibilità di offrire una
seconda opportunità. Per la tappa successiva la Commissione sta
vagliando le opzioni esistenti per trattare i problemi derivanti dalle
divergenze tra diritti fallimentari nazionali. I singoli interventi a livello
nazionale non bastano a trovare una soluzione adeguata ai problemi posti dagli
aspetti transnazionali del mercato interno. Si
potrebbe invece utilmente intervenire per diminuire l'incertezza e creare un
clima più favorevole alle imprese. La
difficoltà sta nel gestire adeguatamente e speditamente le difficoltà
finanziarie del debitore tutelando al contempo gli interessi del creditore e
facilitando il salvataggio e la ristrutturazione delle imprese. La Commissione manterrà l'approccio già
seguito durante il precedente semestre europeo, nel cui ambito alcuni Stati
membri hanno provveduto a riformare il diritto fallimentare nazionale. Ove
necessario, quindi, potrebbero essere formulate raccomandazioni specifiche per
paese che invitino gli Stati membri ad aggiornare i rispettivi diritti
fallimentari. Inoltre la Commissione intende approfondire
l’analisi dell’impatto delle divergenze tra diritti fallimentari nazionali sul
funzionamento del mercato interno. A questo
scopo, instaurerà un dialogo con il Parlamento europeo e il Consiglio basandosi
sulla presente comunicazione. La Commissione
organizzerà altresì una consultazione pubblica allo scopo di raccogliere le
opinioni dei portatori d'interessi sulle problematiche identificate nella
presente comunicazione e su altri aspetti, e sulle possibili soluzioni e
opzioni strategiche. [1] Cfr. la lettera del presidente Barroso al presidente del
Parlamento europeo nell’ambito del discorso sullo stato dell’Unione del 12
settembre 2012. [2] COM(2012) 573. [3] GU L 115 del 4.5.2010, pag. 1. [4] Regolamento (CE) n. 1346/2000 del Consiglio,
relativo alle procedure d’insolvenza (GU L 160 del 30.6.2000, pag. 1) [5] Il problema è illustrato più diffusamente nella
valutazione d’impatto che accompagna la modifica del regolamento (CE) n. 1346/2000
relativo alle procedure d’insolvenza (COM(2012) 744). [6] Risoluzione del Parlamento europeo del 15 novembre 2011
sulle raccomandazioni alla Commissione sulle procedure d'insolvenza nel
contesto del diritto societario dell'UE. [7] “Harmonisation of insolvency law at EU level”,
Parlamento europeo 2010, PR 419.633. A questo ha fatto seguito un altro
studiointitolato “Harmonisation of insolvency law at EU level with respect
to opening of proceedings, claims filing and verification and reorganisation
plans”, Parlamento europeo 2011, PE 432.766. [8] “Business dynamics: start-ups, business transfers
and bankruptcy”, Commissione europea, DG Imprese e industria, gennaio 2011.
Questa relazione esamina l’impatto economico delle
procedure giuridiche e amministrative in materia di fallimento e delle
possibilità di una seconda opportunità dopo il fallimento in 33 paesi europei
(i 27 Stati membri dell’UE e Islanda, Norvegia, Croazia, Turchia, Serbia e
Montenegro). [9] Si veda la relazione del gruppo di esperti “A second
chance for entrepreneurs: prevention of bankruptcy, simplification of
bankruptcy procedures and support for a fresh start”, Commissione europea,
DG Imprese e industria, gennaio 2011. [10] Consiglio dell’Unione europea, documento 10975/11. [11] È assolutamente necessario distinguere i fallimenti
“onesti” da quelli fraudolenti, che vanno decisamente scoraggiati. [12] COM(2008)394 definitivo/2, preceduto dalla comunicazione
intitolata “Superare la stigmatizzazione del fallimento aziendale – per una
politica della seconda possibilità” (COM(2007) 584 definitivo). [13] Principio II: “Far sì che imprenditori onesti, che abbiano
sperimentato l’insolvenza, ottengano rapidamente una seconda possibilità”. [14] Questo riprende una raccomandazione della relazione del
gruppo di esperti, cfr. supra nota 9. [15] COM(2011)78 definitivo. [16] “A second chance for entrepreneurs: prevention of
bankruptcy, simplification of bankruptcy procedures and support for a fresh
start”, cfr. supra nota 9.