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Document 62008CJ0230

Sentenza della Corte (Terza Sezione) del 29 aprile 2010.
Dansk Transport og Logistik contro Skatteministeriet.
Domanda di pronuncia pregiudiziale: Østre Landsret - Danimarca.
Codice doganale comunitario - Artt. 202, 215, nn. 1 e 3, 217, n. 1, e 233, primo comma, lett. d) - Nozione di merci "sequestrate e contemporaneamente o successivamente confiscate" - Regolamento di applicazione del codice doganale - Art. 867 bis - Direttiva 92/12/CEE - Artt. 5, nn. 1 e 2, 6, 7, n. 1, 8 e 9 - Sesta direttiva IVA - Artt. 7, 10, n. 3, e 16, n. 1 - Introduzione irregolare di merci -Trasporto di merci accompagnate da un carnet TIR - Sequestro e distruzione - Determinazione dello Stato membro in cui sorge l’obbligazione doganale e diventano esigibili i diritti di accisa, nonché l’IVA - Estinzione delle obbligazioni doganali e tributarie.
Causa C-230/08.

European Court Reports 2010 I-03799

ECLI identifier: ECLI:EU:C:2010:231

Causa C‑230/08

Dansk Transport og Logistik

contro

Skatteministeriet

(domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dallo Østre Landsret)

«Codice doganale comunitario — Artt. 202, 215, nn. 1 e 3, 217, n. 1, e 233, primo comma, lett. d) — Nozione di merci “sequestrate e contemporaneamente o successivamente confiscate” — Regolamento di applicazione del codice doganale — Art. 867 bis — Direttiva 92/12/CEE — Artt. 5, nn. 1 e 2, 6, 7, n. 1, 8 e 9 — Sesta direttiva IVA — Artt. 7, 10, n. 3, e 16, n. 1 — Introduzione irregolare di merci — Trasporto di merci accompagnate da un carnet TIR — Sequestro e distruzione — Determinazione dello Stato membro in cui sorge l’obbligazione doganale e diventano esigibili i diritti di accisa, nonché l’IVA — Estinzione delle obbligazioni doganali e tributarie»

Massime della sentenza

1.        Unione doganale — Estinzione dell’obbligazione doganale — Merci sequestrate all’atto della loro introduzione irregolare e contemporaneamente o successivamente confiscate — Nozione — Merci trattenute all’atto della loro introduzione nel territorio doganale comunitario e contemporaneamente o successivamente distrutte — Inclusione

[Regolamento del Consiglio n. 2913/92, art. 233, primo comma, lett. d)]

2.        Disposizioni tributarie — Armonizzazione delle legislazioni — Accisa — Direttiva 92/12 — Merci sequestrate all’atto della loro introduzione nel territorio della Comunità e contemporaneamente o successivamente distrutte — Mancato verificarsi del fatto generatore dell’accisa — Merci sequestrate dopo la loro introduzione irregolare e contemporaneamente o successivamente distrutte — Verificarsi del fatto generatore dell’accisa ed esigibilità dell’accisa

[Regolamento del Consiglio n. 2913/92, artt. 84, n. 1, lett. a), e 98; regolamento della Commissione n. 2454/93, art. 867 bis; direttiva del Consiglio 92/12, artt. 5, nn. 1, terzo comma, e 2, primo comma, e 6, n. 1, lett. c)]

3.        Disposizioni tributarie — Armonizzazione delle legislazioni — Imposte sulla cifra d’affari — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Imposta all’importazione — Merci sequestrate all’atto della loro introduzione nel territorio della Comunità e contemporaneamente o successivamente distrutte — Mancato verificarsi del fatto generatore dell’imposta — Merci sequestrate dopo la loro introduzione irregolare e contemporaneamente o successivamente distrutte — Verificarsi del fatto generatore dell’imposta ed esigibilità dell’imposta

[Regolamento della Commissione n. 2454/93, art. 867 bis; direttiva del Consiglio 77/388, artt. 2, punto 2, 7, 10, n. 3, secondo comma, e 16, n. 1, titolo B, lett. c)]

4.        Unione doganale — Obbligazione doganale — Imposta sul valore aggiunto — Accisa — Direttiva 92/12 — Stato membro competente per la riscossione

(Regolamento del Consiglio n. 2913/92, artt. 202, 215, nn. 1 e 3, e 217; direttive del Consiglio 77/388, artt. 7, n. 2, e 10, n. 3, e 92/12, artt. 6, n. 1, e 7, n. 1)

1.        Le situazioni nelle quali le merci che vengono trattenute all’atto della loro introduzione nel territorio doganale comunitario dalle autorità doganali e tributarie locali nella zona nella quale si trova il primo ufficio doganale situato alla frontiera esterna della Comunità e che vengono contemporaneamente o successivamente distrutte dalle dette autorità, dopo essere rimaste sempre in loro possesso, rientrano nella nozione di merci «sequestrate e contemporaneamente o successivamente confiscate» di cui all’art. 233, primo comma, lett. d), del regolamento n. 2913/92, che istituisce un codice doganale comunitario, nella versione modificata dal regolamento n. 955/1999, con la conseguenza che l’obbligazione doganale si estingue in forza di tale disposizione.

(v. punto 66, dispositivo 1)

2.        Gli artt. 5, n. 1, terzo comma, e 6, n. 1, della direttiva 92/12, relativa al regime generale, alla detenzione, alla circolazione ed ai controlli dei prodotti soggetti ad accisa, come modificata dalla direttiva 96/99, devono essere interpretati nel senso che merci sequestrate da autorità doganali e tributarie locali all’atto della loro introduzione nel territorio della Comunità e contemporaneamente o successivamente distrutte da tali autorità, senza aver mai cessato di essere in loro possesso, debbono considerarsi non importate nella Comunità, con la conseguenza che il fatto generatore dell’accisa non sorge nei loro confronti. Le merci sequestrate dopo la loro irregolare introduzione in tale territorio, cioè a partire dal momento in cui hanno lasciato la zona nella quale si trova il primo ufficio doganale ubicato all’interno del detto territorio, e contemporaneamente o successivamente distrutte dalle dette autorità senza aver mai cessato di essere in loro possesso, non debbono considerarsi «in sospensione dei diritti di accisa», ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 5, n. 2, primo comma, e 6, n. 1, lett. c), della detta direttiva nonché degli artt. 84, n. 1, lett. a), e 98 del regolamento n. 2913/92, che istituisce un codice doganale comunitario, come modificato dal regolamento n. 955/99, e dell’art. 867 bis del regolamento n. 2454/93, che fissa talune disposizioni di applicazione del regolamento n. 2913/92, come modificato dal regolamento n. 1662/1999, con la conseguenza che il fatto generatore dell’accisa su tali merci si verifica e quindi diventa esigibile l’accisa sulle medesime.

(v. punto 86, dispositivo 2)

3.        Gli artt. 2, punto 2, 7 e 10, n. 3, della sesta direttiva 77/388, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari, come modificata dalla direttiva 1999/85, devono essere interpretati nel senso che le merci sequestrate dalle autorità doganali e tributarie locali all’atto della loro introduzione nel territorio della Comunità e contemporaneamente o successivamente da esse distrutte, senza aver mai cessato di essere in loro possesso, debbono considerarsi non importate nella Comunità, con la conseguenza che nei loro confronti non si è verificato il fatto generatore dell’imposta sul valore aggiunto e tale imposta non diventa pertanto esigibile. Tuttavia, il combinato disposto degli artt. 10, n. 3, secondo comma, e 16, n. 1, parte B, lett. c), della detta direttiva nonché dell’art. 867 bis del regolamento n. 2454/93, che fissa talune disposizioni di applicazione del regolamento n. 2913/92 che istituisce un codice doganale comunitario, come modificato dal regolamento n. 1662/1999, debbono essere interpretati nel senso che, per le merci sequestrate dalle dette autorità dopo la loro irregolare introduzione nel detto territorio, cioè a partire dal momento in cui hanno lasciato la zona nella quale si trova il primo ufficio doganale ubicato all’interno del detto territorio, e contemporaneamente o successivamente distrutte dalle predette autorità senza aver mai cessato di essere in loro possesso, il fatto generatore dell’imposta sul valore aggiunto si verifica e tale imposta diventa esigibile anche se le merci di cui trattasi vengono successivamente assoggettate ad un regime doganale.

(v. punto 99, dispositivo 3)

4.        Gli artt. 202, 215, nn. 1 e 3, e 217 del regolamento n. 2913/92, che istituisce un codice doganale comunitario, come modificato dal regolamento n. 955/1999, nonché gli artt. 7, n. 2, e 10, n. 3, della sesta direttiva 77/388, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari, come modificata dalla direttiva 1999/85, devono essere interpretati nel senso che sono le autorità dello Stato membro situato alla frontiera esterna della Comunità attraverso la quale sono state irregolarmente introdotte merci nel territorio doganale comunitario ad avere la competenza a riscuotere l’obbligazione doganale e l’imposta sul valore aggiunto, e ciò anche se tali merci sono state successivamente instradate in un altro Stato membro dove sono state scoperte e quindi sequestrate. Gli artt. 6, n. 1, e 7, n. 1, della direttiva 92/12, relativa al regime generale, alla detenzione, alla circolazione ed ai controlli dei prodotti soggetti ad accisa, come modificata dalla direttiva 96/99, devono essere interpretati nel senso che le autorità di quest’ultimo Stato membro sono competenti a riscuotere i diritti di accisa, sempreché tali merci siano detenute a fini commerciali. Spetta al giudice nazionale stabilire se tale condizione sia soddisfatta nella causa per la quale è stato adito.

(v. punto 116, dispositivo 4)







SENTENZA DELLA CORTE (Terza Sezione)

29 aprile 2010 (*)

«Codice doganale comunitario – Artt. 202, 215, nn. 1 e 3, 217, n. 1, e 233, primo comma, lett. d) – Nozione di merci “sequestrate e contemporaneamente o successivamente confiscate” – Regolamento di applicazione del codice doganale – Art. 867 bis – Direttiva 92/12/CEE – Artt. 5, nn. 1 e 2, 6, 7, n. 1, 8 e 9 – Sesta direttiva IVA – Artt. 7, 10, n. 3, e 16, n. 1 – Introduzione irregolare di merci –Trasporto di merci accompagnate da un carnet TIR – Sequestro e distruzione – Determinazione dello Stato membro in cui sorge l’obbligazione doganale e diventano esigibili i diritti di accisa, nonché l’IVA – Estinzione delle obbligazioni doganali e tributarie»

Nel procedimento C‑230/08,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dallo Østre Landsret (Danimarca) con decisione 20 maggio 2008, pervenuta in cancelleria il 28 maggio 2008, nella causa

Dansk Transport og Logistik

contro

Skatteministeriet,

LA CORTE (Terza Sezione),

composta dal sig. J.N. Cunha Rodrigues, presidente della Seconda Sezione, facente funzione di presidente della Terza Sezione, dai sigg. A. Rosas, U. Lõhmus (relatore), A.Ó Caoimh e A. Arabadjiev, giudici,

avvocato generale: sig.ra V. Trstenjak

cancelliere: sig.ra C. Strömholm, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all'udienza del 13 maggio 2009,

considerate le osservazioni presentate:

–        per la Dansk Transport og Logistik, dall’avv. C. Alsøe, advocat;

–        per il governo danese, dal sig. R. Holdgaard, in qualità di agente, assistito dall’avv. P. Biering, advocat;

–        per il governo italiano, dalla sig.ra G. Palmieri, in qualità di agente, assistita dal sig. G. Albenzio, avvocato dello Stato;

–        per il governo dei Paesi Bassi, dalla sig.ra C. Wissels e dal sig. M. de Grave, in qualità di agenti;

–        per la Commissione delle Comunità europee, dal sig. S. Schønberg e dalla sig.ra L. Bouyon, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell'avvocato generale, presentate all'udienza del 3 settembre 2009,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione delle disposizioni del regolamento (CEE) del Consiglio 12 ottobre 1992, n. 2913, che istituisce un codice doganale comunitario (GU L 302, pag. 1), come modificato dal regolamento (CE) del Parlamento europeo e del Consiglio 13 aprile 1999, n. 955 (GU L 119, pag. 1, in prosieguo: il «codice doganale»); del regolamento (CEE) della Commissione 2 luglio 1993, n. 2454, che fissa talune disposizioni d’applicazione del regolamento del Consiglio n. 2913/92 (GU L 253, pag. 1), nella versione modificata dal regolamento (CE) della Commissione 28 luglio 1999, n. 1662 (GU L 197, pag. 25; in prosieguo: il «regolamento di applicazione»); della direttiva del Consiglio 25 febbraio 1992, 92/12/CEE, relativa al regime generale, alla detenzione, alla circolazione ed ai controlli dei prodotti soggetti ad accisa (GU L 76, pag. 1), nella versione modificata dalla direttiva del Consiglio 30 dicembre 1996, 96/99/CE (GU 1997, L 8, pag. 12; in prosieguo: la «direttiva sulle accise»), e della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative all’imposta sulla cifra d’affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU L 145, pag. 1), nella versione modificata dalla direttiva del Consiglio 22 ottobre 1999, 1999/85/CE (GU L 277, pag. 34; in prosieguo: la «sesta direttiva»).

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra la Dansk Transport og Logistik (in prosieguo: la «DTL») e lo Skatteministeriet (Ministero delle Imposte e delle Accise danesi), in merito alla riscossione dei dazi doganali, delle accise e dell’imposta sul valore aggiunto (in prosieguo: l’«IVA») reclamati dalle autorità doganali e tributarie su sigarette nell’ambito di trasporti TIR, trasporti per cui la DTL aveva rilasciato carnet TIR e prestato garanzia.

 Contesto normativo

 Le disposizioni applicabili al transito TIR

3        La convenzione doganale relativa al trasporto internazionale di merci accompagnate da carnet TIR (in prosieguo: la «convenzione TIR»), firmata a Ginevra il 14 novembre 1975, veniva approvata a nome della Comunità con regolamento (CEE) del Consiglio 25 luglio 1978, n. 2112 (GU L 252, pag. 1). Tale convenzione è entrata in vigore per la Comunità il 20 giugno 1983 (GU L 31, pag. 13).

4        L’art. 4 della convenzione TIR dispone che, «[p]resso gli uffici doganali di passaggio, le merci trasportate nel regime TIR non soggiacciono all’obbligo di pagare o di depositare i dazi e le tasse all’importazione o all’esportazione».

5        L’art. 5 di tale convenzione è così formulato:

«1.      Le merci trasportate nel regime TIR in veicoli stradali, autotreni o contenitori piombati non sono, in linea di massima, sottoposte alla visita presso gli uffici doganali di passaggio.

2.      Per impedire abusi le autorità doganali possono tuttavia, in casi straordinari ed in particolare allorché c’è sospetto di irregolarità, procedere alla visita delle merci pressi detti uffici».

6        L’art. 6, n. 1, della convenzione TIR dispone che «[o]gni parte contraente può abilitare, secondo le condizioni e garanzie che essa fisserà, delle associazioni a rilasciare carnet TIR, sia direttamente, sia per il tramite di associazioni corrispondenti, nonché ad assumere la garanzia».

7        L’art. 37 della convenzione TIR dispone che, «[a]llorché non è possibile stabilire dove un’irregolarità è stata commessa, la stessa sarà reputata commessa nel territorio della parte contraente in cui è stata accertata».

 La normativa comunitaria

 La normativa doganale

8        Secondo l’art. 4, punto 16, lett. c), del codice doganale, il regime doganale comprende, tra l’altro, l’immagazzinamento in un deposito doganale.

9        L’art. 84, n. 1, lett. a), di questo stesso codice, che figura al punto A), intitolato «Disposizioni comuni a più regimi» della sezione 3 relativa ai regimi sospensivi e ai regimi doganali economici, prevede, tra l’altro, che «quando viene utilizzata la formulazione “regime sospensivo” [agli artt. 85-90] si intende che essa si applica, nel caso di merci non comunitarie, [al] deposito doganale».

10      L’art. 98 del codice doganale così dispone:

«1.      Il regime del deposito doganale consente l'immagazzinamento in un deposito doganale di:

a)      merci non comunitarie, senza che tali merci siano soggette ai dazi all'importazione e alle misure di politica commerciale;

(…)

2.      Per “deposito doganale” s'intende qualsiasi luogo, autorizzato dall'autorità doganale e sottoposto al suo controllo, in cui le merci possono essere immagazzinate alle condizioni stabilite.

(…)».

11      A tenore dell’art. 202 del detto codice:

«1.      L'obbligazione doganale all'importazione sorge in seguito:

a)      all'irregolare introduzione nel territorio doganale della Comunità di una merce soggetta a dazi all'importazione,

oppure

(…)

Ai sensi del presente articolo, per introduzione irregolare si intende qualsiasi introduzione effettuata in violazione degli artt. da 38 a 41 e dell’art. 177, secondo trattino.

2.      L’obbligazione doganale sorge al momento dell’introduzione irregolare.

(…)».

12      A tenore dell’art. 215 del codice doganale:

«1.      L’obbligazione doganale sorge:

–        nel luogo in cui si produce il fatto generatore di tale obbligazione:

–        oppure, se detto luogo non può essere determinato, nel luogo in cui l’autorità doganale constata che la merce si trovi in una situazione che ha fatto sorgere l’obbligazione doganale,

(…)

3.      Le autorità doganali di cui al paragrafo 1 dell’art. 217 sono quelle dello Stato membro in cui, in base alle disposizioni del presente articolo, è sorta o si ritiene sia sorta l’obbligazione doganale.

(…)».

13      L’art. 217, n. 1, di tale codice dispone che «[o]gni importo di dazi all'importazione o di dazi all'esportazione risultanti da un’obbligazione doganale, in seguito denominato “importo dei dazi”, deve essere calcolato dall'autorità doganale non appena disponga degli elementi necessari e da questa iscritto nei registri contabili o in qualsiasi altro supporto che ne faccia le veci (contabilizzazione)».

14      A tenore dell’art. 233 di tale codice:

«Fatte salve le disposizioni in vigore relative alla prescrizione dell'obbligazione doganale nonché alla mancata riscossione dell'importo dell'obbligazione doganale in caso di insolvibilità del debitore constatata per via giudiziaria, l'obbligazione doganale si estingue:

(…)

c)      quando, per le merci dichiarate per un regime doganale comportante l'obbligo di pagare i dazi:

         (…)

–        le merci siano, prima di essere svincolate, sequestrate e contemporaneamente o successivamente confiscate, oppure distrutte per ordine dell'autorità doganale, oppure distrutte o abbandonate conformemente all'articolo 182, oppure distrutte o irrimediabilmente perse per un motivo inerente alla natura stessa delle merci o in seguito a caso fortuito o di forza maggiore;

d)      quando le merci per le quali è sorta un'obbligazione doganale in conformità dell'articolo 202 sono sequestrate all'atto dell'introduzione irregolare e contemporaneamente o successivamente confiscate.

In caso di sequestro o di confisca della merce, per le esigenze della legislazione penale applicabile alle infrazioni doganali, l'obbligazione doganale è tuttavia considerata esistente qualora la legislazione penale di uno Stato membro preveda che i dazi doganali costituiscono la base per la determinazione di sanzioni o qualora l'esistenza di un'obbligazione doganale costituisca la base per procedimenti penali».

15      L’art. 454 del regolamento di applicazione contiene, in particolare, talune disposizioni specifiche alla convenzione TIR e prevede quanto segue:

«1.      Il presente articolo si applica fatte salve le disposizioni specifiche della convenzione TIR (...) concernenti la responsabilità delle associazioni garanti nell'utilizzazione del carnet TIR (...).

2.      Quando si accerti che durante o in occasione di un trasporto effettuato con un carnet TIR (...) è stata commessa un'infrazione o un'irregolarità in un dato Stato membro, la riscossione dei dazi e delle altre imposizioni eventualmente esigibili è operata da tale Stato membro secondo le disposizioni comunitarie o nazionali, fatto salvo l'esercizio di azioni penali.

3.      Qualora non sia possibile determinare il territorio in cui l'infrazione o l'irregolarità è stata commessa, si considera che essa sia stata commessa nello Stato membro in cui è stata accertata, a meno che, nel termine di cui all'articolo 455, paragrafo 1, non venga fornita la prova, ritenuta sufficiente dall'autorità doganale, della regolarità dell'operazione ovvero del luogo in cui l'infrazione o l'irregolarità è stata effettivamente commessa.

(…)».

16      L’art. 867 bis di tale regolamento è così formulato:

«1. Le merci non comunitarie abbandonate a favore dell’erario, sequestrate o confiscate, si considerano vincolate a regime di deposito doganale.

2. Le merci di cui al paragrafo 1 possono essere vendute dalla autorità doganali solo a condizione che l’acquirente compia senza indugio le formalità necessarie per attribuire ad esse una destinazione doganale.

(…)».

 La direttiva sulle accise

17      L’art. 4 della direttiva sulle accise definisce la nozione di «regime sospensivo» come il «regime fiscale applicabile alla fabbricazione, alla trasformazione, alla detenzione e alla circolazione dei prodotti in regime di sospensione dei diritti d'accisa».

18      A tenore dell’art. 5, nn. 1 e 2, di tale direttiva:

«1.      I prodotti di cui all’articolo 3, paragrafo 1, sono sottoposti ad accisa al momento della loro fabbricazione nel territorio della Comunità, quale definito nell'articolo 2, o al momento della loro importazione in tale territorio.

Si considera “importazione di un prodotto soggetto ad accisa”, l'ingresso del prodotto nella Comunità (...).

Tuttavia, quando tale prodotto al momento dell'ingresso nella Comunità viene sottoposto ad un regime doganale comunitario, si considera che la sua importazione avvenga nel momento in cui esso viene svincolato dal regime doganale comunitario.

2.      Fatte salve le disposizioni nazionali e comunitarie in materia di regimi doganali, quando i prodotti soggetti ad accisa:

– sono in provenienza o destinati a paesi terzi (...) e sono sottoposti ad uno dei regimi sospensivi doganali elencati nell'articolo 84, paragrafo 1, lett. a), del codice doganale o sono introdotti in una zona franca o in un deposito franco,

(…)

essi sono considerati in regime di sospensione dei diritti di accisa.

(…)».

19      L’art. 6 della detta direttiva prevede:

«1.      L'accisa diviene esigibile all'atto dell'immissione in consumo o della constatazione degli ammanchi che dovranno essere soggetti ad accisa ai sensi dell'articolo 14, paragrafo 3.

Si considera immissione in consumo di prodotti soggetti ad accisa:

a)      lo svincolo, anche irregolare, da un regime sospensivo;

(…)

c)      l'importazione, anche irregolare, dei prodotti in questione, quando essi non sono vincolati a un regime sospensivo.

2.      Le condizioni di esigibilità e l'aliquota dell'accisa che deve essere applicata sono quelle in vigore alla data dell'esigibilità nello Stato membro in cui è effettuata l'immissione in consumo o la constatazione degli ammanchi. L'accisa viene liquidata e riscossa secondo le modalità stabilite da ciascuno Stato membro, fermo restando che gli Stati membri applicano le medesime modalità di esenzione e di riscossione sia ai prodotti nazionali che ai prodotti provenienti dagli altri Stati membri».

20      L’art. 7 della direttiva sulle accise così dispone:

«1.      Nel caso in cui prodotti soggetti ad accisa, che siano già stati immessi in consumo in uno Stato membro, siano detenuti a scopo commerciale in un altro Stato membro, le accise vengono riscosse nello Stato membro in cui i prodotti sono detenuti.

2.      A tal fine, fatto salvo l’articolo 6, quando prodotti che siano già stati immessi in consumo ai sensi dell’articolo 6 in uno Stato membro sono forniti o destinati ad essere forniti o destinati all’uso, all’interno di un altro Stato membro per le esigenze di un operatore che svolge in modo indipendente un’attività economica o per le esigenze di un organismo di diritto pubblico, l’accisa diventa esigibile in tale altro Stato membro.

3.      L'accisa è dovuta, a seconda del caso, da parte della persona che effettua la fornitura, della persona che detiene i prodotti destinati ad essere forniti o della persona alla quale i prodotti sono forniti all'interno di uno Stato membro diverso da quello in cui i prodotti sono già stati immessi in consumo, oppure da parte dell'operatore professionale o dell'organismo di diritto pubblico.

(…)».

21      L’art. 8 della direttiva sulle accise dispone che, per «i prodotti acquistati dai privati per proprio uso e trasportati dai medesimi, il principio che disciplina il mercato interno stabilisce che i diritti di accisa siano riscossi dallo Stato membro in cui i prodotti sono acquistati».

22      L’art. 9, n. 1, della medesima direttiva dispone quanto segue:

«Fatti salvi gli articoli 6, 7 e 8, l'accisa diventa esigibile allorché i prodotti immessi in consumo in uno Stato membro sono detenuti per scopi commerciali in un altro Stato membro.

In tal caso, l'accisa va pagata nello Stato membro nel cui territorio si trovano i prodotti ed è esigibile nei confronti del detentore dei prodotti».

 La sesta direttiva

23      L’art. 7 della sesta direttiva così prevede:

«1.      Si considera “importazione di un bene”:

a)      l'entrata nella Comunità di un bene non rispondente alle condizioni di cui agli articoli 9 e 10 del Trattato che istituisce la Comunità economica europea (…)

(…)

2.      L'importazione di un bene è effettuata nello Stato membro nel cui territorio si trova il bene nel momento in cui entra nella Comunità.

3.      In deroga al paragrafo 2, se un bene di cui al paragrafo 1, lett. a) è posto, al momento della sua entrata nella Comunità, in uno dei regimi di cui all'articolo 16, paragrafo 1, parte B, lettere a), b), c) e d), o in un regime di ammissione temporanea in esenzione totale dai dazi all'importazione o in un regime di transito esterno, la sua importazione è effettuata nello Stato membro nel cui territorio il bene stesso è svincolato da tali regimi.

(…)».

24      L’art. 10, n. 3, di tale direttiva dispone:

«Il fatto generatore [dell'imposta] si verifica e l’imposta diventa esigibile nel momento in cui è effettuata l'importazione del bene. Quando i beni sono assoggettati, al momento del loro ingresso nella Comunità, ad uno dei regimi di cui all'articolo 7, paragrafo 3, il fatto generatore si verifica e l'imposta diventa esigibile soltanto nel momento in cui i beni sono svincolati da tali regimi.

Tuttavia, quando i beni importati sono soggetti a dazi doganali, prelievi agricoli o a imposte di effetto equivalente istituiti nell'ambito di una politica comune, il fatto generatore si verifica e l'imposta diventa esigibile nel momento in cui scattano il fatto generatore e l'esigibilità di questi dazi o prelievi comunitari.

Qualora i beni importati non siano assoggettati ad alcuno di tali dazi o prelievi comunitari, gli Stati membri applicano le disposizioni in vigore per i dazi doganali, per ciò che si riferisce al fatto generatore dell’imposta e alla sua esigibilità».

25      L'art. 16, nella versione risultante dall’art. 28 quater, titolo E, punto 1, della sesta direttiva, è così formulato:

«1.      Fatte salve le altre disposizioni fiscali comunitarie, gli Stati membri possono, con riserva della consultazione prevista all’art. 29, prendere misure particolari per non sottoporre all’imposta sul valore aggiunto le operazioni seguenti o alcune di esse, a condizione che non mirino ad una utilizzazione e/o ad un consumo finale e che l'importo dell'imposta sul valore aggiunto percepito al momento dell’immissione in consumo, corrisponda all’importo della tassa che avrebbe dovuto essere percepito se ognuna di tali operazioni fosse stata versata all’importazione o all’interno del paese.

(…)

B.      le cessioni di beni destinati ad essere:

(…)

c)      immessi in un regime di deposito doganale o in un regime di perfezionamento attivo;

(…)

I luoghi indicati alle lettere a), b), c) e d) sono i luoghi definiti come tali dalle vigenti disposizioni doganali comunitarie.

(…)».

 La normativa nazionale

 La normativa relativa ai dazi doganali

26      La legge doganale (Toldloven), nella versione risultante dalla legge 27 febbraio 1996, n. 113, come modificata (in prosieguo: la «legge doganale danese»), all’art. 83 prevede i procedimenti previsti per il trattamento delle merci in caso di contrabbando o di tentato contrabbando.

27      In forza del n. 1, prima frase, di tale articolo, le merci scoperte in contrabbando o tentato contrabbando nonché le merci che il viaggiatore introduce o tenta di introdurre sottraendole al pagamento del dazio all’importazione vengono «trattenute» dalle autorità doganali e tributarie statali o dalla polizia. A tenore della seconda frase di tale paragrafo, la merce importata di contrabbando e altra merce in relazione alla quale è stato evaso o si è tentato di evadere il pagamento del dazio doganale o delle imposte viene «trattenuta o sequestrata» dalle dette autorità in osservanza delle regole relative al sequestro di cui al capo 75 b del codice di procedura civile danese.

28      L’art. 83, n. 2, della detta legge è così formulato:

«Dopo il pagamento delle somme dovute per dazi, imposte, ammende o spese di procedura, la merce trattenuta o sequestrata ai sensi delle norme generali in materia di importazione viene consegnata a colui presso il quale è stata trattenuta o sequestrata o a chi dimostri di avervi diritto. La merce, qualora non ritirata entro due mesi dalla fine del mese in cui la pratica è stata definitivamente chiusa, viene messa in vendita dalle autorità doganali e tributarie statali in un’asta pubblica debitamente pubblicizzata. La merce che a parere delle autorità doganali non è commercializzabile o solo difficilmente potrà essere venduta può tuttavia essere distrutta sotto controllo doganale dopo la scadenza del detto termine. L’importo incassato in seguito all’asta pubblica è destinato in primo luogo a coprire le spese sostenute dalla pubblica amministrazione per la custodia o la vendita e quindi le somme dovute per dazi, accise, ammende e spese di procedura. L’eventuale eccedenza viene pagata al proprietario purché si presenti entro tre anni dalla vendita all’asta e dimostri debitamente il suo diritto di proprietà sulle merci vendute».

 La normativa sulle accise sul tabacco

29      In forza dell’art. 2, n. 1, della legge in materia di accise sul tabacco (Tobaksafgiftsloven), nella versione risultante dalla legge 21 agosto 1998, n. 635, come modificata, le accise per le merci destinate al consumo in Danimarca dovevano essere pagate al più tardi al momento del ricevimento dei prodotti soggetti ad accise provenienti dall’estero.

30      L’art. 12, n. 1, di tale legge dispone che «le accise sono pagate sui prodotti soggetti ad accise importati da paesi esterni all’Unione europea (…)».

31      Dalla decisione del giudice del rinvio risulta che la detta legge non contiene disposizioni specifiche relative al trattamento fiscale in caso di contrabbando o di tentato contrabbando di prodotti di tabacco né disposizioni relative al sequestro, alla confisca o alla distruzione dei detti prodotti.

 La normativa in materia di IVA

32      Ai sensi dell’art. 12, n. 1, della legge sull’IVA (Momsloven), nella versione risultante dalla codificazione operata con la legge 2 giugno 1999, n. 422, come modificata, l’IVA viene versata sulle merci importate in Danimarca da paesi esterni all’Unione europea. Ai sensi del n. 2 del medesimo articolo, se la merce, all’atto dell’importazione, viene depositata nel porto franco di Copenaghen, in un deposito franco o in un deposito doganale, l’obbligazione tributaria sorge solo quando le merci non rientrano più in uno di tali regimi.

33      L’art. 26, prima frase, di tale legge dispone che il fatto generatore dell’imposta si verifica al momento dell’importazione della merce. La seconda frase di tale articolo dispone che per le merci rientranti in uno dei regimi di cui all’art. 12, n. 2, della detta legge il fatto generatore dell’imposta ha luogo solo quando la merce non è più soggetta al regime di cui trattasi.

34      Dalla decisione di rinvio risulta che la detta legge non contiene disposizioni specifiche circa il trattamento fiscale in caso di contrabbando o di tentato contrabbando di prodotti di tabacco, né disposizioni relative al sequestro, alla confisca o alla distruzione di detti prodotti.

 Le controversie di cui alla causa principale e le questioni pregiudiziali

35      La DTL è abilitata, in forza dell’autorizzazione delle autorità doganali e tributarie danesi, conferita conformemente all’art. 6 della convenzione TIR, a rilasciare carnet TIR e a intervenire in qualità di associazione garante nell’ambito dei trasporti TIR.

36      Il giudice del rinvio è adito, con tre controversie in materia di obbligazione doganale e fiscale, relative al contrabbando di sigarette nell’ambito di trasporti TIR, trasporti per i quali la DTL aveva rilasciato carnet TIR e aveva prestato garanzia. Le merci venivano instradate verso la Danimarca via mare, in due delle controversie di cui alla causa principale, e via terra, nella terza.

37      L’introduzione via mare delle merci nel territorio doganale della Comunità veniva constatata dalle autorità doganali e tributarie locali il 2 maggio 2000. Due camion attraversavano la frontiera danese, a bordo di un ferry proveniente da Klaipeda, in Lituania, che, all’epoca dei fatti di cui alla causa principale, non era ancora membro dell’Unione europea. In occasione dello scalo del ferry a Åbenrå, tali camion costituivano oggetto di un controllo da parte delle dette autorità. Queste ultime, in esito a tale controllo, constatavano la presenza di un quantitativo elevato di sigarette dissimulate nei rimorchi e non menzionate nei carnet TIR.

38      Per quanto riguarda l’introduzione delle merci via terra, questa veniva constatata l’11 ottobre 2000 dalle autorità doganali e tributarie locali. Un camion lituano arrivava a Frøslev, città danese situata alla frontiera tra la Danimarca e la Germania, ove le dette autorità scoprivano, oltre alla merce menzionata nel carnet TIR, un quantitativo elevato di sigarette nascoste nel rimorchio. Tali merci sono state irregolarmente introdotte nel territorio doganale della Comunità in occasione del passaggio della frontiera dalla Polonia, che all’epoca dei fatti di cui alla causa principale non era ancora membro dell’Unione europea, alla Germania. Esse venivano successivamente instradate dalla Germania fino alla Danimarca, senza che le autorità tedesche si accorgessero della loro presenza. I sigilli del camion e del rimorchio venivano rotti solo in occasione del controllo doganale effettuato in Danimarca.

39      In tutte le fattispecie di cui alle cause principali, le autorità danesi trattenevano immediatamente le sigarette, conformemente all’art. 83, n. 1, prima frase, della legge doganale. Le sigarette sono rimaste in possesso di tali autorità dal momento in cui sono state trattenute fino alla loro distruzione tra novembre 2004 e marzo 2005.

40      Con lettere inviate nel periodo compreso tra dicembre 2001 e agosto 2002, le dette autorità chiedevano ai trasportatori, cioè alle imprese lituane titolari dei carnet TIR, il pagamento dei dazi doganali, delle accise e dell’IVA inerenti alle sigarette introdotte di contrabbando.

41      Poiché tale impresa non rispondeva a tali lettere, le autorità doganali e tributarie decidevano, il 4 febbraio 2003, in due delle cause principali, e il 16 febbraio 2002, nella terza, che la DTL, in qualità di associazione garante ai sensi della convenzione TIR, era tenuta a pagare la somma corrispondente al suo obbligo massimo, in forza dei carnet TIR che aveva rilasciato per tali trasporti. La DTL ha proposto un ricorso avverso tali decisioni dinanzi al Landsskatteret (Tribunale tributario), che le confermava.

42      La DTL interponeva successivamente appello avverso tale decisione dinanzi all’Østre Landsret e pagava, con riserva, la somma reclamata in due delle cause principali, ma non pagava quella inerente alla terza causa.

43      Il giudice del rinvio considera che l’art. 83 della legge doganale non indica espressamente se l’obbligazione doganale e tributaria relativa alle merci importate di contrabbando sussista e possa essere riscossa, qualora le merci siano trattenute, confiscate o distrutte conformemente a tale disposizione.

44      Alla luce di quanto sopra, l’Østre Landsret ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se la [nozione di merci] “(...) sequestrate e contemporaneamente o successivamente confiscate” di cui all’art. 233, primo comma, lett. d), del codice doganale debba essere interpretata nel senso che in tale disposizione rientrano situazioni in cui le merci trattenute ai sensi dell’art. 83, n. 1, (...) della legge doganale in seguito alla loro irregolare introduzione vengono contemporaneamente o successivamente distrutte dalle autorità doganali, senza che tali merci siano uscite dal possesso delle dette autorità.

2)      Se la direttiva [sulle accise] debba essere interpretata nel senso che merci irregolarmente introdotte, sequestrate in seguito alla loro importazione e contemporaneamente o successivamente distrutte dalle autorità, debbono considerarsi “in regime di sospensione dei diritti di accisa” con la conseguenza che l’obbligo di pagamento del diritto di accisa non sorge o si estingue [v. artt. 5, n. 2, primo comma, e 6, n. 1, lett. c), della direttiva [sulle accise], in combinato disposto con gli artt. 84, n. 1, lett. a), e 98 del codice doganale e, infine, con l’art. 876 bis [del regolamento di applicazione].

Se, ai fini della soluzione, sia rilevante che l’obbligazione doganale sorta all’atto di tale irregolare introduzione si estingua a norma dell’art. 233, primo comma, lett. d), del codice doganale.

3)      Se la sesta direttiva (...) debba essere interpretata nel senso che merci irregolarmente introdotte, che vengono sequestrate in seguito alla loro importazione e contemporaneamente o successivamente distrutte dalle autorità doganali, debbono considerarsi “in regime di deposito doganale“ con la conseguenza che l’obbligo di pagamento dell’[IVA] non sorge o si estingue [v. artt. 7, n. 3, 10, n. 3, e 16, n. 1, parte B, lett. c), della sesta direttiva (…) nonché art. 876 bis del regolamento di applicazione].

         Se, ai fini della soluzione, sia rilevante che l’obbligazione doganale sorta in seguito ad una siffatta irregolare introduzione si estingua, a norma dell’art. 233, primo comma, lett. d), del codice doganale.

4)      Se il codice doganale, [il regolamento di applicazione], [la direttiva sulle accise] e la sesta direttiva (...) debbano essere interpretati nel senso che le autorità doganali di uno Stato membro in cui viene accertata l’importazione irregolare di merci nell’ambito di un trasporto TIR siano competenti a riscuotere i dazi, le accise e l’IVA relativi a detto trasporto, qualora le autorità di un altro Stato membro, dove è avvenuta l’irregolare introduzione nella Comunità, non abbiano constatato l’irregolarità e non abbiano, di conseguenza, riscosso i dazi, le accise e l’IVA (v. il combinato disposto degli artt. 215 e 217 del codice doganale, dell’art. 454, nn. 2 e 3, del [regolamento] di applicazione all’epoca vigente, [dell’art. 7, n. 1, della direttiva sulle accise], nonché dell’art. 7 della sesta direttiva [...])».

 Sulle questioni pregiudiziali

 Sulla prima questione

45      Con la prima questione, il giudice del rinvio vuole in sostanza sapere se le fattispecie in cui delle merci vengono trattenute dalle autorità doganali e tributarie locali all’atto della loro irregolare introduzione nel territorio doganale della Comunità e contemporaneamente o successivamente distrutte dalle dette autorità, dopo essere state, in quest’ultima ipotesi, sempre in loro possesso, rientrino nella nozione di merci «sequestrate e contemporaneamente o successivamente confiscate» di cui all’art. 233, primo comma, lett. d), del codice doganale.

46      La DTL, i governi dei Paesi Bassi e italiano come pure la Commissione delle Comunità europee ritengono che tale nozione vada applicata a merci che si trovano in siffatte circostanze con la conseguenza che, in forza di tale art. 233, primo comma, lett. d), del codice doganale, l’obbligazione doganale nei loro confronti si estingue. Il governo danese sostiene la tesi opposta, in particolare per la ragione che la confisca, ai sensi della detta disposizione del codice doganale, non può essere assimilata alla distruzione delle merci, conformemente all’art. 83, n. 1, della legge doganale.

47      Si deve di primo acchito osservare che, ai sensi dell’art. 233, primo comma, lett. d), del codice doganale, l’obbligazione doganale si estingue se le merci per le quali tale obbligazione è sorta, conformemente all’art. 202 del medesimo codice, vengono trattenute in seguito alla loro irregolare introduzione nel territorio doganale della Comunità e contemporaneamente o successivamente confiscate.

48      In primo luogo, per quanto riguarda l’interpretazione della nozione «in seguito all’introduzione irregolare» delle merci nel territorio doganale della Comunità, di cui agli artt. 202 e 233, primo comma, lett. d), del codice doganale, si deve innanzitutto ricordare che l’introduzione irregolare è consumata nel momento in cui queste ultime superano il primo ufficio doganale situato all’interno del territorio doganale della Comunità senza esservi state presentate (sentenza 2 aprile 2009, causa C-459/07, Elshani, Racc. pag. I-2759, punto 25).

49      Si deve di conseguenza considerare che hanno costituito oggetto di un’«introduzione irregolare» nel territorio doganale della Comunità, ai sensi dell’art. 202 di questo medesimo codice, le merci che, avendo attraversato la frontiera terrestre esterna della Comunità, si trovano nel detto territorio oltre il primo ufficio doganale senza essere state a questo condotte e presentate in dogana, con la conseguenza che le autorità doganali non hanno ricevuto comunicazione dell’avvenuta introduzione di tali merci da parte delle persone responsabili dell’esecuzione di questo obbligo (sentenza Elshani, cit., punto 26).

50      La Corte ha successivamente giudicato che gli artt. 202 e 233, primo comma, lett. d), del codice doganale devono essere interpretati nel senso che, per determinare l’estinzione dell’obbligazione doganale, il sequestro di merci introdotte nel territorio doganale della Comunità deve intervenire prima che queste superino il primo ufficio doganale situato all’interno di tale territorio (v., in questo senso, sentenza Elshani, cit., punto 38).

51      Una siffatta valutazione è giustificata, da un lato, dal fatto che il sequestro, con confisca di merci all’atto della loro irregolare introduzione, prevista all’art. 233, primo comma, lett. d), del codice doganale, costituisce una causa di estinzione dell’obbligazione doganale la quale deve essere interpretata restrittivamente (v. citata sentenza Elshani, punto 30). Infatti, tale articolo risponde alla necessità di tutelare le risorse proprie della Comunità, obiettivo che non può essere compromesso con l’istituzione di nuove cause di estinzione dell’obbligazione doganale (v., in questo senso, sentenze 14 novembre 2002, causa C-112/01, SPKR, Racc. pag. I‑10655, punto 31, e Elshani, cit., punto 31).

52      D’altro lato, la presenza nel territorio doganale della Comunità di merci introdotte irregolarmente comporta, di per sé, un rischio molto alto che tali merci finiscano per essere integrate nel circuito economico degli Stati membri e che, una volta che esse hanno superato la zona in cui si trova il primo ufficio doganale situato all’interno di detto territorio, esistano meno possibilità che vengano scoperte accidentalmente dalle autorità doganali nell’ambito di controlli casuali (sentenza Elshani, cit., punto 32).

53      Da ciò consegue che il sequestro di siffatte merci, unitamente alla loro contemporanea o successiva confisca ai sensi dell’art. 233, primo comma, lett. d), del codice doganale, può tradursi nell’estinzione dell’obbligazione doganale solo se tale sequestro è stato operato prima che le dette merci abbiano oltrepassato la zona dove si trova il primo ufficio doganale ubicato all’interno del territorio doganale della Comunità.

54      Infine, contrariamente a quanto sostenuto dal governo danese, tale interpretazione è altresì trasponibile ai trasporti di merce effettuati con un carnet TIR.

55      A questo proposito, se è certamente vero che dall’art. 4, della convenzione TIR, da una parte, risulta che le merci trasportate in regime TIR non soggiacciono all’obbligo di pagare o depositare i dazi e le tasse all’importazione o all’esportazione presso gli uffici doganali di passaggio e che, dall’altra parte, dall’art. 5 di tale convenzione risulta che per principio le dette merci non debbono essere sottoposte alla visita presso gli uffici doganali di passaggio, resta ciò non di meno che, all’atto dell’introduzione delle merci nel territorio doganale della Comunità, il carnet TIR è in linea di principio controllato all’ufficio doganale ubicato alla frontiera esterna della Comunità. In tale occasione, si procede altresì alla verifica dei sigilli doganali.

56      Inoltre, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 102 delle sue conclusioni, anche nell’ambito di trasporti effettuati con un carnet TIR, una volta che le merci, irregolarmente introdotte nel territorio doganale della Comunità, hanno superato la zona nella quale si trova il primo ufficio doganale ubicato all’interno del detto territorio, vi sono meno possibilità che esse vengano scoperte fortuitamente in occasione di controlli casuali. Pertanto, il rischio che siffatte merci siano alla fine integrate nel circuito economico degli Stati membri è elevato.

57      Si deve di conseguenza considerare che, anche nell’ambito di trasporti di merci con un carnet TIR, l’obbligazione doganale si estingue, in forza dell’art. 233, primo comma, lett. d), del codice doganale, solo se il sequestro delle merci è stato operato prima che le dette merci abbiano superato la zona nella quale si trova il primo ufficio doganale ubicato all’interno del territorio doganale della Comunità.

58      Nella specie, per quanto riguarda le due cause nelle quali le merci sono state introdotte nel territorio doganale della Comunità via mare, pare che queste siano state trattenute dalle autorità doganali e tributarie locali all’atto della loro introduzione irregolare nel detto territorio, conformemente al disposto dell’art. 233, primo comma, lett. d), del codice doganale. Pertanto, sembra che le summenzionate cause rientrino in tale ipotesi.

59      Per quanto riguarda la causa nella quale le merci sono state instradate verso la Danimarca via terra, dalla decisione di rinvio risulta che l’irregolare introduzione nel territorio doganale della Comunità ha avuto luogo all’atto dell’attraversamento della frontiera tra la Polonia e la Germania. Orbene, il trattenimento e la distruzione di tali merci sono intervenute all’atto del passaggio della frontiera tra la Germania e la Danimarca, cioè dopo tale «irregolare introduzione» e non all’atto di questa. Pertanto, la fattispecie relativa a tale causa sembrerebbe non rientrare nell’ipotesi di cui all’art. 233, primo comma, lett. d), del codice doganale.

60      In secondo luogo, per quanto riguarda l’interpretazione dei termini «sequestro» e «confisca» ai sensi dell’art. 233, primo comma, lett. d), del codice doganale, la DTL ritiene che il sequestro e la confisca siano misure successive e che la confisca sia una misura più restrittiva del sequestro. Per contro, secondo il governo danese, la detta disposizione subordina l’estinzione dell’obbligazione doganale allo stesso tempo al sequestro e alla confisca delle merci irregolarmente introdotte.

61      Si deve a questo proposito rilevare che, anche se si tratta di due misure distinte, queste possono essere in pratica concomitanti. Infatti, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 110 delle sue conclusioni, si deve intendere col termine «sequestro» di merci, ai sensi dell’art. 233, primo comma, lett. d), del codice doganale, l’intervento delle competenti autorità per prendere fisicamente possesso delle merci, al fine di metterle in sicurezza e impedire materialmente il loro ingresso nel circuito economico degli Stati membri.

62      Per quanto riguarda la questione se la distruzione delle merci possa essere considerata una «confisca» ai sensi dell’art. 233, primo comma, lett. d), del codice doganale, la DTL, il governo dei Paesi Bassi e la Commissione sostengono che la confisca implica la perdita del diritto di proprietà della merce da parte del proprietario e che l’eventuale acquisizione da parte delle autorità della proprietà di tali merci non è rilevante. La DTL ritiene, in particolare, che la confisca avrebbe luogo dal momento in cui l’iniziale proprietario perde il suo diritto di proprietà sulle merci sequestrate. Il governo danese ritiene, al contrario, che la confisca presupponga un trasferimento di beni a profitto dello Stato. Orbene, nelle controversie di cui alla causa principale lo Stato danese non sarebbe in nessun momento divenuto proprietario delle merci trattenute.

63      Si deve a questo proposito rilevare che l’art. 233, primo comma, lett. d), del codice doganale, da un lato, non fa alcun riferimento a un eventuale trasferimento di proprietà delle merci e, dall’altro, contempla esclusivamente il definitivo ritiro del potere di disposizione del proprietario iniziale e il fatto di evitare la commercializzazione di tali merci senza pagamento delle imposte nel circuito economico della Comunità. Orbene, siccome la distruzione di siffatte merci sotto controllo dello Stato impedisce definitivamente l’ingresso di tali merci nel circuito economico, non è determinante sapere se lo Stato acquisti la proprietà delle merci sequestrate.

64      Infine, contrariamente a quanto sostenuto dal governo danese, non osta a siffatta valutazione la circostanza che la distruzione delle merci sia presentata, all’art. 233, primo comma, lett. c), secondo trattino, del codice doganale, separatamente dal loro sequestro e confisca o ancora che l’art. 233, primo comma, lett. d), del detto codice menzioni solo la confisca.

65      Infatti, l’art. 233, primo comma, lett. c), secondo trattino, del codice doganale copre situazioni nelle quali merci dichiarate per un regime doganale restano a disposizione dell’importatore, prevedendo cause di estinzione dell’obbligazione doganale anche per merci dichiarate che non sono a disposizione delle autorità doganali e che sono distrutte su loro ordine. Per contro, l’art. 233, primo comma, lett. d), del codice doganale contempla soltanto merci che non sono a disposizione dell’importatore.

66      Da quanto precede consegue che la prima questione va risolta dichiarando che le situazioni nelle quali le merci che vengono trattenute all’atto della loro introduzione nel territorio doganale comunitario dalle autorità doganali e tributarie locali nella zona nella quale si trova il primo ufficio doganale ubicato alla frontiera esterna della Comunità e che vengono contemporaneamente o successivamente distrutte dalle dette autorità, dopo essere rimaste sempre in loro possesso, rientrano nella nozione di merci «sequestrate e contemporaneamente o successivamente confiscate» di cui all’art. 233, primo comma, lett. d), del codice doganale, con la conseguenza che l’obbligazione doganale si estingue in forza di tale disposizione.

 Sulla seconda questione

67      Con la seconda questione, il giudice del rinvio vuole in sostanza sapere se le merci sequestrate all’atto della loro introduzione nel territorio comunitario e contemporaneamente o successivamente distrutte dalle autorità competenti siano da considerarsi «in regime di sospensione dei diritti di accisa», ai sensi del combinato disposto degli artt. 5, n. 2, primo comma, e 6, n. 1, lett. c), della direttiva sulle accise nonché degli artt. 84, n. 1, lett. a), e 98 del codice doganale e dell’art. 867 bis del regolamento di applicazione, con la conseguenza che l’obbligo di pagamento dei diritti di accisa sulle medesime non sorge o si estingue.

68      Tale giudice si interroga altresì sulla questione se l’estinzione dell’obbligazione doganale sorta all’atto di una siffatta introduzione, ai sensi dell’art. 233, primo comma, lett. d), del codice doganale, abbia incidenza sulla soluzione di tale questione.

69      Al fine di valutare l’incidenza del blocco e della distruzione delle merci sul sorgere dell’obbligo di pagamento del diritto di accisa, si deve dapprima stabilire se sia sopravvenuto il fatto generatore delle accise in forza dell’art. 5, n. 1, della direttiva sulle accise. Le questioni circa l’esigibilità e l’eventuale sospensione delle accise in forza, rispettivamente, degli artt. 6, n. 1 e 5, n. 2, di tale direttiva vengono sollevate solo in ordine successivo.

70      Per quanto riguarda, in primo luogo, il fatto generatore dell’accisa, dall’art. 5, n. 1, primo comma, della direttiva sulle accise risulta che esso interviene all’atto della fabbricazione nel territorio della Comunità dei prodotti soggetti ad accisa o della loro importazione su tale territorio. Il secondo comma di tale numero precisa che l’«importazione» deve intendersi come l’«ingresso del prodotto nella Comunità».

71      Al fine di assicurare una coerente interpretazione della normativa comunitaria controversa, si deve interpretare quest’ultima nozione alla luce della nozione di «introduzione» di cui all’art. 233, primo comma, lett. d), del codice doganale.

72      Da ciò consegue che le merci soggette ad accisa debbono essere considerate come entrate all’interno della Comunità ai sensi dell’art. 5, n. 1, della direttiva sulle accise nel momento in cui queste ultime hanno superato il primo ufficio doganale situato all’interno del territorio doganale della Comunità (v., per analogia, citata sentenza Elshani, punto 25).

73      In circostanze quali quelle oggetto delle due cause principali, ove le merci instradate via mare sono state sequestrate e successivamente distrutte dalle autorità doganali e tributarie locali prima di aver lasciato il primo ufficio doganale ubicato all’interno del territorio della Comunità, risulta che tali merci non sono state importate nel territorio della Comunità, con la conseguenza che il fatto generatore delle accise, previsto dall’art. 5, n. 1, della direttiva sulle accise, non si è verificato. Di conseguenza, dette merci non possono essere soggette ad accisa.

74      Per contro, qualora siffatte merci siano sequestrate e distrutte dalle autorità dopo aver lasciato il primo ufficio doganale ubicato all’interno del territorio della Comunità, dette merci devono considerarsi importate nella Comunità, con la conseguenza che il fatto generatore dell’accisa si è verificato rispetto ad esse, ai sensi dell’art. 5, n. 1, della direttiva sulle accise. Tale sembra essere il caso delle merci di cui trattasi nella causa principale, in cui l’introduzione irregolare nel territorio della Comunità è sopravvenuta in Germania, mentre il sequestro e la successiva distruzione delle dette merci ha avuto luogo in Danimarca.

75      In secondo luogo, per quanto riguarda la questione se, e in quale momento, l’accisa, il cui fatto generatore consiste nell’introduzione di prodotti nel territorio della Comunità, diventi esigibile, si deve rilevare che dall’art. 6, n. 1, della direttiva sulle accise risulta che tale tassa diventa esigibile all’atto dell’immissione in consumo dei detti prodotti. Secondo il punto c), secondo comma, del medesimo articolo, l’immissione in consumo comprende «ogni importazione anche irregolare dei prodotti in questione, quando essi non sono vincolati ad un regime sospensivo».

76      Orbene, come è stato constatato ai punti 71 e 72 della presente sentenza, la nozione di «importazione» di merci ai sensi della direttiva sulle accise presuppone che le merci abbiano lasciato la zona nella quale si trova il primo ufficio doganale ubicato all’interno del territorio doganale della Comunità.

77      In terzo luogo, per quanto riguarda le merci di cui trattasi nella causa nella quale le stesse sono state instradate via terra, il giudice del rinvio vuole sapere se l’esigibilità delle accise possa essere sospesa ai sensi dell’art. 5, n. 2, della direttiva sulle accise in ragione del fatto che le merci sequestrate e confiscate dopo la loro irregolare introduzione nel territorio doganale della Comunità sono state poste sotto un regime di deposito doganale conformemente all’art. 867 bis del regolamento di applicazione.

78      Si deve a questo proposito ricordare che il regime sospensivo definito all’art. 4, lett. c), della direttiva sulle accise è il regime fiscale applicabile alla fabbricazione, alla trasformazione, alla detenzione ed alla circolazione dei prodotti in regime di sospensione dei diritti di accisa. Un regime del genere è caratterizzato dal fatto che i diritti di accisa concernenti i prodotti che rientrano in tale regime non sono ancora esigibili, benché il presupposto generatore dell'imposta si sia già realizzato (sentenza 12 dicembre 2002, causa C-395/00, Cipriani, Racc. pag. I‑11877, punto 42). Pertanto, per quanto riguarda i prodotti soggetti ad accisa, tale regime opera il rinvio dell’esigibilità delle accise fino a che non sia soddisfatta una condizione di esigibilità.

79      È vero che dall’art. 5, n. 2, della direttiva sulle accise risulta che la sospensione delle accise presuppone che merci irregolarmente introdotte si trovino sottoposte ad uno dei procedimenti sospensivi enumerati all’art. 84, n. 1, lett. a), del codice doganale, tra i quali figura il regime di deposito doganale.

80      Tuttavia, dai punti 75 e 76 della presente sentenza risulta che, nelle cause principali, le accise sono divenute esigibili fin dal momento in cui le merci hanno lasciato la zona nella quale si trova il primo ufficio doganale ubicato all’interno del territorio doganale della Comunità.

81      Da ciò consegue che le merci di contrabbando oggetto di una siffatta irregolare importazione sono considerate immesse in consumo, con la conseguenza che il loro successivo assoggettamento ad un regime di deposito doganale, ai sensi dell’art. 867 bis del regolamento di applicazione, a seguito del loro sequestro o della loro confisca, non ha alcuna incidenza sull’esigibilità delle accise.

82      Infatti, l’art. 867 bis del regolamento di applicazione, in combinato disposto con l’art. 84, n. 1, lett. a) del codice doganale e con l’art. 5, n. 2, primo comma, della direttiva sulle accise, non può mettere fuori gioco l’esigibilità delle accise che deriva dall’art. 6, n. 1, secondo comma, lett. c), di tale direttiva.

83      Infine, per quanto riguarda la questione se l’estinzione dell’obbligazione doganale, ai sensi dell’art. 233, primo comma, lett. d), del codice doganale, abbia incidenza sull’estinzione dell’accisa inerente a tali merci, la direttiva sulle accise non contiene disposizioni espresse circa l’estinzione delle accise in caso di irregolare importazione di merci.

84      Ciò considerato, tenuto conto delle similarità tra i dazi doganali e le accise in quanto sorgono in ragione dell’importazione di merci nella Comunità e della successiva loro introduzione nel circuito economico degli Stati membri e al fine di assicurare una coerente interpretazione della normativa comunitaria di cui trattasi, si deve considerare che l’estinzione dei diritti di accisa avviene nelle stesse circostanze di quella dei dazi doganali.

85      Di conseguenza, come risulta dal punto 50 della presente sentenza, per poter comportare l’estinzione delle accise, il sequestro o la confisca delle merci deve avere luogo prima che queste oltrepassino la zona nella quale si trova il primo ufficio doganale ubicato all’interno del territorio doganale della Comunità.

86      La seconda questione va pertanto risolta nel senso che gli artt. 5, n. 1, terzo comma, e 6, n. 1, della direttiva sulle accise debbono essere interpretati nel senso che merci sequestrate dalle autorità doganali e tributarie locali all’atto della loro introduzione nel territorio della Comunità e contemporaneamente o successivamente distrutte da tali autorità, senza aver mai cessato di essere in loro possesso, devono considerarsi come non essere state importate nella Comunità, con la conseguenza che il fatto generatore dell’accisa non sorge nei loro confonti. Le merci sequestrate dopo la loro irregolare introduzione in tale territorio, cioè a partire dal momento in cui esse hanno lasciato la zona nella quale si trova il primo ufficio doganale ubicato all’interno del detto territorio, e contemporaneamente o successivamente distrutte dalle dette autorità senza aver mai cessato di essere in loro possesso non debbono considerarsi «in sospensione dei diritti di accisa», ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 5, n. 2, primo comma, e 6, n. 1, lett. c), della direttiva sulle accise, come pure degli artt. 84, n. 1, lett. a), e 98 del codice doganale e dell’art. 867 bis del regolamento di applicazione, con la conseguenza che il fatto generatore dell’accisa su tali merci si è verificato e quindi diventa esigibile l’accisa sulle medesime.

 Sulla terza questione

87      Con la terza questione, il giudice del rinvio vuole in sostanza sapere se il combinato disposto degli artt. 7, n. 3, 10, n. 3, e 16, n. 1, parte B, lett. c), della sesta direttiva nonché dell’art. 867 bis del regolamento di applicazione debbano essere interpretati nel senso che merci sequestrate dalle autorità doganali e tributarie locali, sia all’atto della loro importazione nella Comunità, sia in un momento successivo, e distrutte dalle dette autorità, contemporaneamente o successivamente, senza aver mai cessato di essere in loro possesso, debbono considerarsi sottoposte ad un regime di deposito doganale, anche se non sopravviene il fatto generatore dell’IVA e tale imposta non diventa esigibile.

88      Tale giudice si interroga altresì sulla questione se l’estinzione dell’obbligazione doganale sorta all’atto di siffatta irregolare introduzione, in applicazione dell’art. 233, primo comma, lett. d), del codice doganale, abbia incidenza sulla soluzione da dare a tale questione.

89      In primo luogo, per quanto riguarda il fatto generatore e l’esigibilità dell’IVA inerenti a merci irregolarmente introdotte nella Comunità, si deve innanzitutto precisare che, conformemente all’art. 2, n. 2, della sesta direttiva, le «importazioni» sono soggette all’IVA. Secondo l’art. 7, n. 1, lett. a), di tale direttiva, l’importazione è realizzata con «l’entrata nella Comunità» delle merci di cui trattasi.

90      Si deve rilevare inoltre che l’art. 10, n. 3, secondo comma, della sesta direttiva dispone che, quando i beni importati sono soggetti, tra l’altro, a dazi doganali, «il fatto generatore si verifica e l’imposta diventa esigibile nel momento in cui scattano il fattore generatore e l’esigibilità di questi dazi o prelievi comunitari».

91      Inoltre, dalla giurisprudenza della Corte relativa all’applicabilità della sesta direttiva sull’importazione illegale di stupefacenti risulta che il fatto generatore e l’esigibilità dei dazi doganali e dell’IVA sono essenzialmente i medesimi in siffatti casi. Infatti, i due regimi possiedono caratteristiche essenziali analoghe in quanto traggono origine dal fatto dell’importazione delle Comunità e della susseguente introduzione nel circuito economico degli Stati membri (v., in questo senso, sentenze 28 febbraio 1984, causa 294/82, Einberger, Racc. pag. 1177, punto 18, nonché 6 dicembre 1990, causa C-343/89, Witzemann, Racc. pag. I‑4477, punto 18).

92      A questo proposito, tenuto conto di quanto è stato rilevato al punto 48 della presente sentenza, l’art. 10, n. 3, secondo comma, della sesta direttiva dev’essere interpretato nel senso che il fatto generatore dell’IVA e l’esigibilità di quest’ultima per quanto riguarda merci di contrabbando sequestrate e contemporaneamente o successivamente confiscate possono intervenire solo a partire dal momento in cui le merci hanno lasciato la zona nella quale si trova il primo ufficio doganale ubicato all’interno del territorio doganale della Comunità.

93      Di conseguenza, qualora le merci importate siano sequestrate e contemporaneamente o successivamente distrutte da autorità competenti prima di aver lasciato il primo ufficio doganale ubicato all’interno del territorio doganale della Comunità, si deve considerare che non è intervenuto né il fatto generatore dell’IVA né la sua esigibilità ai sensi di tale articolo. Tale sembra essere il caso delle fattispecie di cui alle due cause principali in cui le merci sono state instradate via mare.

94      Per contro, qualora le merci siano state sequestrate e contemporaneamente o successivamente confiscate dopo aver lasciato il primo ufficio doganale ubicato all’interno del territorio doganale della Comunità dalle autorità di un altro Stato membro, il fatto generatore dell’IVA si è già verificato e, di conseguenza, l’IVA è divenuta esigibile, in applicazione dell’art. 10, n. 3, secondo comma, della sesta direttiva. Tale sembra essere il caso nella fattispecie di cui alla terza causa principale, in cui le merci sono state importate via terra.

95      In secondo luogo, dalla questione sottoposta alla Corte risulta che il giudice del rinvio vuole sapere se l’art. 867 bis del regolamento di applicazione abbia incidenza sull’esigibilità dell’IVA, con la conseguenza che le merci sequestrate si dovrebbero considerare soggette ad «un regime di deposito doganale», regime figurante all’art. 16, n. 1, parte B, lett. c), della sesta direttiva, per cui non si è verificato il fatto generatore dell’IVA e tale tassa non diventa quindi esigibile. Detto giudice vuole altresì sapere se riguardo a tali merci possa entrare in gioco l’effetto sospensivo dovuto all’intervento sia del fatto generatore sia dell’esigibilità della tassa prevista dall’art. 10, n. 3, primo comma, seconda frase, di tale direttiva.

96      A questo proposito, per quanto riguarda la situazione «dei beni assoggettati, al momento del loro ingresso nella Comunità, ad uno dei regimi di cui all’art. 7, n. 3», situazione contemplata dall’art. 10, n. 3, primo comma, seconda frase, della sesta direttiva, si deve constatare che l’espressione «al momento del loro ingresso» deve intendersi nel senso che le merci non hanno lasciato il primo ufficio doganale e non sono quindi importate nel territorio della Comunità. Di conseguenza, qualora le merci siano sequestrate e confiscate all’atto della loro introduzione ad una frontiera esterna della Comunità, il fatto generatore e l’esigibilità dell’imposta non intervengono e non occorre interrogarsi sulla possibile incidenza degli artt. 10, n. 3, secondo comma, e 16, n. 1, parte B, della detta direttiva né su quella dell’art. 867 bis del regolamento di applicazione, come nel caso delle merci importate via mare in due delle cause principali.

97      Per contro, come è stato constatato ai punti 81 e 82 della presente sentenza circa l’esigibilità delle accise, qualora le merci irregolarmente introdotte nella Comunità siano sequestrate e confiscate dalle competenti autorità dopo aver oltrepassato il primo ufficio doganale, l’art. 867 bis del regolamento di applicazione come pure l’art. 10, n. 3, secondo comma, della sesta direttiva non ostano all’esigibilità dell’IVA inerente alle detti merci, anche se queste ultime vengono successivamente assoggettate ad un regime di deposito doganale. Tale sembra essere il caso per le merci instradate via terra nella fattispecie di cui alla terza causa principale.

98      In terzo luogo, per quanto riguardo l’incidenza dell’estinzione dell’obbligazione doganale ai sensi dell’art. 233, primo comma, lett. d), del codice doganale sul fatto generatore e sull’esigibilità dell’IVA, tenuto conto, come è stato esposto al punto 91 della presente sentenza, del parallelismo, in forza all’art. 10, n. 3, secondo comma, della sesta direttiva, tra il fatto generatore e l’esigibilità dei dazi doganali e dell’IVA all’importazione di merci, si deve considerare che le medesime condizioni di estinzione si applicano sia ai dazi doganali all’importazione che all’IVA.

99      Da quanto sopra consegue che la terza questione va risolta dichiarando che gli artt. 2, punto 2, 7 e 10, n. 3, della sesta direttiva debbono essere interpretati nel senso che le merci sequestrate dalle autorità doganali e tributarie locali all’atto della loro introduzione nel territorio della Comunità e contemporaneamente o successivamente da esse distrutte, senza aver mai cessato di essere in loro possesso, debbono considerarsi non importate nella Comunità, con la conseguenza che nei loro confronti non si è verificato il fatto generatore dell’IVA e tale imposta non diventa pertanto esigibile. Tuttavia, il combinato disposto degli artt. 10, n. 3, secondo comma, e 16, n. 1, parte B, lett. c), della sesta direttiva nonché dell’art. 867 bis del regolamento di applicazione debbono essere interpretati nel senso che per le merci sequestrate dalle dette autorità dopo la loro irregolare introduzione nel detto territorio, cioè a partire dal momento in cui hanno lasciato la zona nella quale si trova il primo ufficio doganale ubicato all’interno del detto territorio, e contemporaneamente o successivamente distrutte dalle predette autorità senza aver mai cessato di essere in loro possesso, il fatto generatore dell’IVA si verifica e tale imposta diventa esigibile, anche se le merci di cui trattasi vengono successivamente assoggettate ad un regime doganale.

 Sulla quarta questione

100    Con la quarta questione, il giudice del rinvio vuole in sostanza sapere se le autorità doganali dello Stato membro dove è stata constatata un’importazione irregolare di merci nell’ambito di un trasporto effettuato con un carnet TIR, in forza del combinato disposto degli artt. 215 e 217 del codice doganale, dell’art. 454, nn. 2 e 3, del regolamento di applicazione, dell’art. 7, n. 1, della direttiva sulle accise e dell’art. 7, della sesta direttiva, siano competenti per riscuotere i dazi doganali, i diritti di accisa e l’IVA inerenti alle merci di contrabbando, qualora le autorità dello Stato membro dove è avvenuta l’irregolare introduzione nella Comunità non abbiano constatato tale irregolarità né riscosso tali dazi e tasse.

101    Si deve anzitutto rilevare che, alla luce delle risposte fornite alla questioni precedenti, tale questione riguarda solo la fattispecie di cui alla causa principale, in cui le sigarette sono state introdotte nella Comunità via terra alla frontiera tra la Polonia e la Germania, prima di essere scoperte e quindi sequestrate dalle autorità danesi alla frontiera tra la Germania e la Danimarca.

102    Inoltre, come rilevato dal governo dei Paesi Bassi e dalla Commissione, la competenza per la riscossione dei dazi doganali, delle accise e dell’IVA va analizzata separatamente.

103    Per quanto riguarda, innanzitutto, la competenza per la riscossione dell’obbligazione doganale, dall’art. 215, n. 1, primo trattino, del codice doganale risulta innanzitutto che l’obbligazione doganale sorge «nel luogo in cui avvengono i fatti che la generano».

104    A questo proposito, dalla giurisprudenza della Corte risulta che la determinazione del luogo ove l’obbligazione doganale è sorta consente di individuare lo Stato membro competente per la riscossione dei dazi doganali. Pertanto, tale disposizione è intesa a fissare la competenza territoriale in materia di recupero dell’importo dell’obbligazione doganale (v., in questo senso, sentenza 13 dicembre 2007, causa C-526/06, Road Air Logistics Customs, Racc. pag. I‑11337, punto 26).

105    Inoltre, in forza dell’art. 215, n. 3, del codice doganale, le autorità doganali di cui al paragrafo 1 dell’art. 217, di detto codice, «sono quelle dello Stato membro in cui, in base alle disposizioni del presente articolo, è sorta o si ritiene sia sorta l’obbligazione doganale».

106    Come è già stato precisato al punto 48 della presente sentenza, l’obbligazione doganale sorge, conformemente all’art. 202 del codice doganale, nel luogo in cui le merci soggette a dazi doganali superano il primo ufficio doganale ubicato all’interno del territorio doganale della Comunità senza essere state ivi presentate.

107    Pertanto, dalle sopra menzionate disposizioni lette in combinato disposto risulta che, in circostanze quali quelle di cui alla causa principale, sono le autorità dello Stato membro ubicate alla frontiera esterna della Comunità attraverso la quale le merci sono state irregolarmente introdotte nel territorio doganale della Comunità – cioè, nella fattispecie della causa principale di cui trattasi, le autorità tedesche – ad essere competenti a riscuotere l’obbligazione doganale, e questo anche se tale irregolare introduzione delle merci è stata successivamente constatata nel territorio di un altro Stato membro.

108    Peraltro, come rilevato dalla DTL, dall’art. 454 del regolamento di applicazione risulta che la ripartizione delle sopramenzionate competenze si applica anche nell’ambito di trasporti effettuati con un carnet TIR.

109    Si deve rilevare, in secondo luogo, che la competenza ai fini del recupero dell’IVA deriva dal combinato disposto di cui agli artt. 7, n. 2, e 10, n. 3, della sesta direttiva.

110    Infatti, da un lato, il detto art. 7, n. 2, dispone che «l’importazione di un bene è effettuata nello Stato membro nel cui territorio si trova il bene nel momento in cui entra nella Comunità». Dall’altro lato, il detto art. 10, n. 3, prevede, come già precisato supra al punto 90 della presente sentenza, che il «fatto generatore si verifica e l’imposta diventa esigibile nel momento in cui è effettuata l’importazione del bene».

111    Di conseguenza, alla stregua dei dazi doganali, l’IVA è divenuta esigibile nello Stato membro dove le merci sono state irregolarmente introdotte nella Comunità e, pertanto, le autorità di tale Stato membro, cioè, nella fattispecie di cui trattasi nella causa principale, le autorità tedesche, sono quelle competenti a riscuotere tale tassa.

112    Per quanto riguarda infine la competenza per la riscossione dei diritti di accisa, l’art. 7, n. 1, della direttiva sulle accise prevede, tra l’altro, la percezione di tali diritti nel caso in cui prodotti soggetti ad accisa, già immessi nel consumo in un altro Stato membro, vengano detenuti a fini commerciali in un altro Stato membro da tale altro Stato membro.

113    Nella specie, è probabile che le merci scoperte e sequestrate siano detenute a fini commerciali. Tuttavia, spetta al giudice di rinvio, che è l’unico ad avere una conoscenza diretta della controversia per la quale è stato adito, valutare se tale sia il caso.

114    Se tale è il caso, dal combinato disposto degli artt. 6, n. 1 e 7, n. 1, della direttiva sulle accise consegue che le autorità dello Stato membro nel quale le merci irregolarmente introdotte nella Comunità sono state scoperte e sequestrate sono competenti a riscuotere le accise. Nella causa principale di cui trattasi sarebbero le autorità danesi.

115    Se tale non fosse il caso, il primo Stato membro di importazione, cioè la Repubblica federale di Germania nella detta causa, resterebbe competente a riscuotere le accise, conformemente all’art. 6 della direttiva sulle accise, anche se i prodotti irregolarmente introdotti sono stati scoperti solo successivamente dalle autorità di un altro Stato membro.

116    La quarta questione va pertanto risolta dichiarando che gli artt. 202, 215, nn. 1 e 3, e 217 del codice doganale nonché gli artt. 7, n. 2, e 10, n. 3, della sesta direttiva debbono essere interpretati nel senso che sono le autorità dello Stato membro situato alla frontiera esterna della Comunità attraverso cui le merci sono state irregolarmente introdotte nel territorio doganale della Comunità ad avere la competenza a riscuotere l’obbligazione doganale e l’IVA, e ciò anche se tali merci sono state successivamente instradate in un altro Stato membro dove sono state scoperte e quindi sequestrate. Gli artt. 6, n. 1, e 7, n. 1, della direttiva sulle accise vanno interpretati nel senso che le autorità di quest’ultimo Stato membro sono competenti a riscuotere i diritti di accisa sempreché tali merci siano detenute a fini commerciali. Spetta al giudice del rinvio stabilire se tale condizione sia soddisfatta nella causa per la quale è stato adito.

 Sulle spese

117    Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Terza Sezione) dichiara:

1)      Le situazioni nelle quali le merci che vengono trattenute all’atto della loro introduzione nel territorio doganale comunitario dalle autorità doganali e tributarie locali nella zona nella quale si trova il primo ufficio doganale situato alla frontiera esterna della Comunità e che vengono contemporaneamente o successivamente distrutte dalle dette autorità, dopo essere rimaste sempre in loro possesso, rientrano nella nozione di merci «sequestrate e contemporaneamente o successivamente confiscate» di cui all’art. 233, primo comma, lett. d), del regolamento (CEE) del Consiglio 12 ottobre 1992, n. 2913, che istituisce un codice doganale comunitario, nella versione modificata dal regolamento (CE) del Parlamento europeo e del Consiglio 13 aprile 1999, n. 955, con la conseguenza che l’obbligazione doganale si estingue in forza di tale disposizione.

2)      Gli artt. 5, n. 1, terzo comma, e 6, n. 1, della direttiva del Consiglio 25 febbraio 1992, 92/12/CEE, relativa al regime generale, alla detenzione, alla circolazione ed ai controlli dei prodotti soggetti ad accisa, come modificata dalla direttiva del Consiglio 30 novembre 1996, 96/99/CE, devono essere interpretati nel senso che merci sequestrate da autorità doganali e tributarie locali all’atto della loro introduzione nel territorio della Comunità e contemporaneamente o successivamente distrutte da tali autorità, senza aver mai cessato di essere in loro possesso, debbono considerarsi non importate nella Comunità, con la conseguenza che il fatto generatore dell’accisa non sorge nei loro confronti. Le merci sequestrate dopo la loro irregolare introduzione in tale territorio, cioè a partire dal momento in cui hanno lasciato la zona nella quale si trova il primo ufficio doganale ubicato all’interno del detto territorio, e contemporaneamente o successivamente distrutte dalle dette autorità senza aver mai cessato di essere in loro possesso non debbono considerarsi «in sospensione dei diritti di accisa», ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 5, n. 2, primo comma, e 6, n. 1, lett. c), della detta direttiva nonché degli artt. 84, n. 1, lett. a), e 98 del regolamento n. 2913/92, come modificato dal regolamento n. 955/99, e dell’art. 867 bis del regolamento (CEE) della Commissione 2 luglio 1993, n. 2454, che fissa talune disposizioni di applicazione del regolamento n. 2913/92, come modificato dal regolamento (CE) della Commissione 28 luglio 1999, n. 1662, con la conseguenza che il fatto generatore dell’accisa su tali merci si verifica e quindi diventa esigibile l’accisa sulle medesime.

3)      Gli artt. 2, punto 2, 7 e 10, n. 3, della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1997, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme, come modificata dalla direttiva del Consiglio 22 ottobre 1999, 1999/85/CE, devono essere interpretati nel senso che le merci sequestrate dalle autorità doganali e tributarie locali all’atto della loro introduzione nel territorio della Comunità e contemporaneamente o successivamente da esse distrutte, senza aver mai cessato di essere in loro possesso, debbono considerarsi non importate nella Comunità, con la conseguenza che nei loro confronti non si è verificato il fatto generatore dell’imposta sul valore aggiunto e tale imposta non diventa pertanto esigibile. Tuttavia, il combinato disposto degli artt. 10, n. 3, secondo comma, e 16, n. 1, parte B, lett. c), della detta direttiva nonché dell’art. 867 bis del regolamento n. 2454/93, come modificato dal regolamento n. 1662/1999, debbono essere interpretati nel senso che per le merci sequestrate dalle dette autorità dopo la loro irregolare introduzione nel detto territorio, cioè a partire dal momento in cui hanno lasciato la zona nella quale si trova il primo ufficio doganale ubicato all’interno del detto territorio, e contemporaneamente o successivamente distrutte dalle predette autorità senza aver mai cessato di essere in loro possesso, il fatto generatore dell’imposta sul valore aggiunto si verifica e tale imposta diventa esigibile anche se le merci di cui trattasi vengono successivamente assoggettate ad un regime doganale.

4)      Gli artt. 202, 215, nn. 1 e 3, e 217 del regolamento n. 2913/92, come modificato dal regolamento n. 955/1999, nonché gli artt. 7, n. 2, e 10, n. 3, della sesta direttiva 77/388, come modificata dalla direttiva 1999/85, devono essere interpretati nel senso che sono le autorità dello Stato membro situato alla frontiera esterna della Comunità attraverso la quale sono state irregolarmente introdotte merci nel territorio doganale comunitario ad avere la competenza a riscuotere l’obbligazione doganale e l’imposta sul valore aggiunto, e ciò anche se tali merci sono state successivamente instradate in un altro Stato membro dove sono state scoperte e quindi sequestrate. Gli artt. 6, n. 1, e 7, n. 1, della direttiva 92/12, come modificata dalla direttiva 96/99, devono essere interpretati nel senso che le autorità di quest’ultimo Stato membro sono competenti a riscuotere i diritti di accisa, sempreché tali merci siano detenute a fini commerciali. Spetta al giudice del rinvio stabilire se tale condizione sia soddisfatta nella causa per la quale è stato adito.

Firme


* Lingua processuale: il danese.

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