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Document 61998CC0110

Conclusioni dell'avvocato generale Saggio del 7 ottobre 1999.
Gabalfrisa SL e a. contro Agencia Estatal de Administración Tributaria (AEAT).
Domanda di pronuncia pregiudiziale: Tribunal Económico-Administrativo Regional de Cataluña - Spagna.
Nozione di giudice nazionale ai sensi dell'art. 177 del Trattato CE (divenuto art. 234 CE) - Ricevibilità - Imposta sul valore aggiunto - Interpretazione dell'art. 17 della sesta direttiva 77/388/CEE - Detrazione dell'imposta pagata a monte - Attività preliminari alla realizzazione regolare delle operazioni economiche.
Cause riunite C-110/98 a C-147/98.

European Court Reports 2000 I-01577

ECLI identifier: ECLI:EU:C:1999:489

61998C0110

Conclusioni dell'avvocato generale Saggio del 7 ottobre 1999. - Gabalfrisa SL e a. contro Agencia Estatal de Administración Tributaria (AEAT). - Domanda di pronuncia pregiudiziale: Tribunal Económico-Administrativo Regional de Cataluña - Spagna. - Nozione di giudice nazionale ai sensi dell'art. 177 del Trattato CE (divenuto art. 234 CE) - Ricevibilità - Imposta sul valore aggiunto - Interpretazione dell'art. 17 della sesta direttiva 77/388/CEE - Detrazione dell'imposta pagata a monte - Attività preliminari alla realizzazione regolare delle operazioni economiche. - Cause riunite C-110/98 a C-147/98.

raccolta della giurisprudenza 2000 pagina I-01577


Conclusioni dell avvocato generale


1 Con numerose ordinanze, di identico contenuto, il Tribunal Económico-Administrativo Regional della Catalogna domanda alla Corte di pronunciarsi sull'interpretazione dell'art. 17 della sesta direttiva 77/388/CEE del Consiglio, del 17 maggio 1977, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari - Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (in prosieguo: la «direttiva») (1).

In particolare, alla Corte si richiede di chiarire se la disposizione summenzionata osti ad una normativa, quale quella spagnola, che subordina il diritto alla deduzione dell'imposta sul valore aggiunto, versata da un'impresa per le spese sostenute anteriormente all'inizio dell'attività imprenditoriale, alla duplice condizione che l'impresa presenti all'amministrazione un'apposita dichiarazione prima di sostenere le suddette spese e che non sia decorso il termine di un anno tra la presentazione di tale dichiarazione e l'inizio effettivo dell'attività imprenditoriale o professionale.

Il contesto normativo

La normativa comunitaria

2 La sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari, all'art. 17 disciplina l'origine e la portata del diritto a deduzione. Ai nn. 1 e 2, lett. a), di detta disposizione si prevede quanto segue:

«1. Il diritto a deduzione nasce quando l'imposta deducibile diventa esigibile.

2. Nella misura in cui beni e servizi sono impiegati ai fini di sue operazioni soggette ad imposta, il soggetto passivo è autorizzato a dedurre dall'imposta di cui è debitore:

a) l'imposta sul valore aggiunto dovuta o assolta per le merci che gli sono o gli saranno fornite e per i servizi che gli sono o gli saranno prestati da un altro soggetto passivo».

3 Viene poi in rilievo l'art. 22 della direttiva, rubricato «Obblighi nel regime interno». Al n. 1 esso dispone che «[o]gni soggetto passivo deve dichiarare l'inizio, il cambiamento e la cessazione della propria attività in qualità di soggetto passivo». Ai sensi del successivo n. 8, «gli Stati membri hanno la facoltà di stabilire altri obblighi che essi ritengano necessari ad assicurare l'esatta riscossione dell'imposta e ad evitare le frodi».

La normativa nazionale

4 La disposizione spagnola della cui compatibilità con la direttiva si discute nel procedimento principale è l'art. 111 della legge 28 dicembre 1992, n. 37, relativa all'imposta sul valore aggiunto, come modificato dalla legge n. 13/1996 del 30 dicembre 1996 (2). Ai sensi di tale disposizione gli imprenditori ed i professionisti possono detrarre le imposte versate prima dell'inizio della loro attività imprenditoriale o professionale a partire dal momento in cui inizia effettivamente la detta attività o quella di un settore diverso, purché il diritto non sia prescritto per il decorso del termine stabilito nell'art. 100 della stessa legge (cinque anni). Il successivo n. 3 chiarisce che per «inizio di attività» deve intendersi il momento in cui il soggetto passivo (imprenditore o professionista) comincia a svolgere in maniera continuativa le consegne di beni o le prestazioni di servizi che costituiscono l'oggetto dell'attività imprenditoriale o professionale.

Al n. 5 dello stesso articolo si aggiunge che, in deroga a quanto previsto al n. 1, gli imprenditori o i professionisti che chiedono di detrarre le imposte versate anteriormente all'inizio dell'attività devono rispettare le due condizioni seguenti:

a) aver presentato, prima di sopportare le quote, una dichiarazione previa all'inizio delle attività imprenditoriali o professionali;

b) iniziare l'attività in questione entro il termine di un anno a decorrere dalla presentazione della dichiarazione. L'amministrazione può tuttavia prorogare il termine di un altro anno, qualora la natura delle attività da svolgere in futuro o le circostanze in cui ha inizio l'attività lo giustifichino.

Qualora dette condizioni non siano rispettate, trova applicazione il regime generale, per cui la deduzione delle imposte versate non può aver luogo che al momento dell'inizio effettivo dell'attività imprenditoriale o professionale. In ogni caso, la disposizione di favore rispetto al regime generale non trova applicazione per la detrazione di imposte versate per l'acquisto di terreni; in questo caso, il diritto a detrazione sorge esclusivamente al momento dell'inizio effettivo dell'attività economica in questione.

5 Il regime introdotto con la novella del 1996 prevede dunque una duplice possibilità per il soggetto d'imposta. In primo luogo, come regime generale si prevede che le imposte versate prima dell'inizio dell'attività professionale o imprenditoriale possano essere detratte soltanto a partire dal momento in cui queste cominciano effettivamente ad essere svolte. In secondo luogo, in deroga alla regola generale, si consente l'esercizio del diritto alla detrazione ancor prima dell'inizio dell'attività purché siano soddisfatti i due requisiti indicati in precedenza. Risulta dunque da detta disciplina che il diritto alla detrazione può essere differito rispetto al momento in cui l'imposta diventa esigibile, come avviene nel caso in cui sia decorso un anno senza richiesta di proroga o, in caso di richiesta, qualora l'amministrazione ritenga di non concederla. Qualora, invece, il soggetto passivo non ponga in essere alcuna operazione imponibile di cessione di beni o prestazione di servizi, il diritto a detrazione delle imposte versate per spese relative ad attività «preparatorie» o strumentali rispetto a quella principale viene, in linea di principio, negato.

I fatti ed il quesito pregiudiziale

6 Le ricorrenti nei giudizi principali sono imprenditori o professionisti con sede o domicilio in Spagna (3). Agli stessi veniva rifiutata la deduzione dell'IVA versata per operazioni realizzate prima dell'inizio delle loro attività - spesso lavori di costruzione - in ragione del fatto che non erano state rispettate le condizioni indicate nell'art. 111 della legge n. 37/92, come modificato dalla legge n. 13/1996. Il rifiuto dell'amministrazione veniva motivato, in alcuni casi, in quanto i soggetti passivi non avevano rispettato il termine massimo di un anno tra la presentazione della dichiarazione prevista dalla legge e l'effettivo inizio dell'attività professionale ed imprenditoriale, in altri, in quanto le ricorrenti non avevano presentato la domanda di proroga prevista dalla legge ovvero detta domanda era stata rigettata. Avverso le decisioni dell'amministrazione fiscale le imprese interessate introducevano un ricorso dinanzi al Tribunal Económico-Administrativo Regional della Catalogna. In quella sede le ricorrenti facevano valere l'incompatibilità della legislazione nazionale con la normativa comunitaria, in quanto l'applicazione della prima porterebbe a negare loro il diritto alla detrazione riconosciuto dall'art. 17 della direttiva.

7 Il Tribunal decideva allora di rivolgere alla Corte il seguente quesito pregiudiziale, comune a tutti i procedimenti:

«Per quanto riguarda le quote dell'IVA sopportate da un soggetto passivo anteriormente all'inizio dell'abituale svolgimento delle operazioni imponibili, se possa ritenersi che la configurazione data dall'art. 17 della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, al diritto alla detrazione dell'IVA sopportata consenta di subordinare il suo esercizio, allo scopo di evitare comportamenti fraudolenti, al soddisfacimento di determinati requisiti - come la presentazione di un'espressa domanda previamente all'esigibilità delle relative quote e l'inizio del suddetto abituale svolgimento delle operazioni imponibili entro un termine decorrente dalla data di detta domanda - il cui inadempimento è sanzionato con la perdita del diritto alla detrazione, o quanto meno con il differimento della sua effettività fino al momento in cui ha inizio il detto abituale svolgimento delle operazioni imponibili».

8 Conformemente all'art. 43 del regolamento di procedura, con ordinanza presidenziale dell'8 maggio 1998 le cause venivano riunite, ai fini della procedura scritta e della sentenza, in ragione dell'identità di oggetto.

Sulla ricevibilità

9 Prima di procedere all'esame nel merito del quesito pregiudiziale rivolto alla Corte dal Tribunal Económico-Administrativo Regional occorre verificare se detto organismo possa essere considerato una «giuridizione nazionale» ai sensi e per gli effetti dell'art. 177 del Trattato CE (divenuto art. 234 CE). Ad espressa richiesta da parte della Corte, le parti ricorrenti nel giudizio principale, la Commissione ed il governo spagnolo si sono tutti espressi in senso positivo. Mentre le prime non hanno fornito alcuna motivazione a sostegno della loro risposta, la Commissione ha espressamente accolto la valutazione positiva espressa dal Tribunal Económico-Administrativo Central in un'ordinanza emessa il 29 marzo 1990. Va tuttavia precisato che in detta ordinanza, e quindi nelle osservazioni presentate dalla Commissione, pur essendo indicati gli elementi normativi relativi ad alcuni dei requisiti indicati dalla Corte, in particolare l'origine legale dell'organismo, il suo carattere permanente, l'obbligatorietà della giurisdizione, la natura contraddittoria del procedimento, l'applicazione di regole giuridiche, si omette di prendere in considerazione il requisito che pure pone dei seri problemi, vale a dire quello relativo all'indipendenza ed alla terzietà dell'organismo rispetto al potere esecutivo. A sua volta il governo spagnolo, in una lunga memoria, ha esposto il sistema della revisione degli atti dell'amministrazione tributaria attraverso i «ricorsi economico-amministrativi», la composizione ed il funzionamento dei «Tribunali economico-amministrativi», per poi concludere che gli stessi devono essere considerati come una «giurisdizione» ai sensi dell'art. 177 del Trattato CE in quanto tutti i requisiti indicati dalla Corte sarebbero, nella specie, soddisfatti. Va rilevato, tuttavia, che anche nella memoria presentata dal governo spagnolo non si cita alcun riferimento normativo che chiarisca di quali garanzie di indipendenza rispetto al potere esecutivo godano i Tribunali economico-amministrativi.

10 Dirò subito che la posizione espressa dalle parti e dagli intervenienti ora indicati non mi appare convincente. In particolare, ritengo che debbano nutrirsi seri dubbi sull'indipendenza e sulla terzietà dell'organismo e sul rispetto del principio del contraddittorio.

11 A tal proposito, ricordo innanzi tutto che, per esigenze di applicazione uniforme del diritto comunitario, la nozione di «giurisdizione» competente a rivolgere quesiti pregiudiziali assume un significato autonomo rispetto alle definizioni rinvenibili negli ordinamenti nazionali. Come risulta da una costante giurisprudenza, per valutare se l'organismo remittente possieda le caratteristiche di un giudice ai sensi dell'art. 177 del Trattato CE occorre tener conto di molteplici elementi, e precisamente della sua origine legale, del suo carattere permanente, dell'obbligatorietà della sua giurisdizione, della natura contraddittoria del procedimento, del fatto che l'organo applichi norme giuridiche e risponda ai requisiti della terzietà e dell'indipendenza (4).

12 Rispetto alla nostra fattispecie, ritengo che non possa essere revocato in dubbio che, alla luce della pertinente normativa spagnola (5), il Tribunal Económico-Administrativo Regional ha un'origine legale ed è un organismo permanente. Il suo compito è quello di conoscere dei ricorsi presentati dai privati nei confronti degli atti adottati dagli organi periferici dell'amministrazione tributaria. Il suo intervento è, inoltre, obbligatorio: la contestazione dei provvedimenti adottati dall'amministrazione tributaria dinanzi agli organi della giustizia amministrativa può avvenire solo previo esperimento del ricorso dinanzi ai «Tribunali economico-amministrativi» (6). Né può contestarsi che l'organismo in questione decide in applicazione di regole di diritto, giusta le disposizioni degli artt. 1, 38, 44 e 102 dell'RPEA.

13 Dubbi emergono, invece, per quel che concerne l'indipendenza e la terzietà dell'organismo nei confronti del potere esecutivo nonché la natura contraddittoria del procedimento (7). La valutazione dell'esistenza dei requisiti ora indicati assume all'evidenza una importanza determinante. Va da sé, infatti, che soddisfare i requisiti della permanenza, dell'origine legale e dell'adizione obbligatoria manifestamente non è sufficiente per distinguere un'autorità amministrativa da un'istanza giurisdizionale (8).

14 Rilevo quindi innanzi tutto che, rispetto al procedimento in contraddittorio, lo stesso Tribunal Económico-Administrativo Central, nella sua ordinanza, citata in precedenza, ammette che la presenza di questa condizione «sarebbe eventualmente più discutibile», per poi concludere che «l'art. 177 del Trattato di Roma non subordina la facoltà di ricorrere alla Corte di giustizia al carattere stricto sensu contraddittorio della procedura». Ora, se è vero che, alla luce di alcune recenti affermazioni della Corte, la mancanza di contraddittorio nel procedimento non risulta, di per sé, determinante per negare la qualifica di giurisdizione dell'organo rimettente (9), è nondimeno chiaro che nei casi in cui la Corte ha accolto rinvii pregiudiziali effettuati nel corso di un procedimento sommario in cui il convenuto non compare ciò è avvenuto con l'accortezza di compensare detta lacuna con un grado elevato di imparzialità e indipendenza dell'organo giudicante (10). In ogni caso, mi sembra che il procedimento dinanzi ai Tribunales, come disciplinato dall'RPEA, sia solo parzialmente in contraddittorio con gli interessati. A questi viene infatti consentito di presentare delle memorie e delle prove a sostegno della loro pretesa (art. 90 RPEA), nonché di chiedere che sia tenuta un'udienza pubblica (art. 97 RPEA), la quale tuttavia potrà essere concessa o meno dal Tribunale stesso in base ad una valutazione discrezionale che, per espressa previsione di legge, non può essere contestata da parte dell'interessato (art. 97, n. 2, RPEA).

15 Venendo quindi al requisito dell'indipendenza, va premesso che la Corte ha più volte ribadito con enfasi di poter essere adita a norma dell'art. 177 «solo da un organo chiamato a pronunciarsi con assoluta indipendenza nell'ambito di un procedimento destinato a concludersi con una decisione di carattere giurisdizionale» (11). Ora, ritengo che dalle disposizioni che regolano la formazione ed il funzionamento dei Tribunales económico-administrativos non si possa desumere che gli stessi operano con tutte le garanzie di terzietà e di indipendenza - che invece la vicinanza «strutturale» all'amministrazione imporrebbe - quando si occupano di ricorsi presentati da un contribuente nei confronti di decisioni assunte dall'amministrazione tributaria.

16 In proposito rilevo innanzi tutto che il Tribunal económico-administrativo, per ammissione dello stesso governo spagnolo, formalmente non fa parte dell'amministrazione della giustizia, risultando invece organicamente incardinato all'interno del Ministero dell'Economia e delle Finanze (Ministerio de Economia y Hacienda). Si tratta, è il caso di ribadirlo, della stessa amministrazione i cui atti sono oggetto di ricorso, dinanzi al Tribunal, da parte dei contribuenti. Rispetto alla formazione dell'organismo, il presidente ed i membri del Tribunal sono dei funzionari dell'amministrazione, nominati con provvedimento del Ministro (12). Quest'ultimo dispone, giusta l'art. 16, n. 5, dell'RPEA, anche del potere di revoca, che non appare peraltro ancorato ad ipotesi chiaramente e tassativamente previste dalla legge. Non risulta quindi che le regole relative al funzionamento dell'organismo garantiscano l'inamovibilità dei membri del Tribunal. In queste condizioni, appare perlomeno dubbio che il Tribunal disponga di un'indipendenza tale da fungere da precisa garanzia contro indebiti interventi e pressioni da parte del potere esecutivo.

17 Va poi osservato che una garanzia sufficiente di imparzialità non può certo desumersi dalla circostanza - invero l'unica citata dal governo spagnolo a sostegno della sua tesi - secondo la quale l'art. 90 della Ley General Tributaria prevederebbe che all'interno dell'amministrazione delle finanze le funzioni di gestione, liquidazione e recupero delle imposte, da una parte, e la funzione di soluzione delle controversie relative a detta gestione, dall'altra, siano affidate ad organismi differenti, formalmente separati. L'indipendenza «gerarchica e funzionale» che il governo spagnolo rivendica in capo ai Tribunali economico- amministrativi rispetto agli organismi che si occupano della gestione dei tributi, lungi dal consentire di qualificare i primi come «giurisdizione», non fa altro che confermare l'impressione che si tratti, in definitiva, di un ramo dell'amministrazione specificamente chiamato a pronunciarsi sulla legittimità dei provvedimenti assunti dagli organi di gestione.

Si tratta, peraltro, di valutazioni che lo stesso governo spagnolo sembra condividere - salvo, come detto, giungere a diversa conclusione - quando fa rilevare, nella sua memoria, che il procedimento di «ricorso economico-amministrativo» (reclamación económico-administrativa), qualificato dallo stesso governo come «ricorso amministrativo», comporta una «procedura di revisione» dell'atto impugnato. Caratteristica essenziale di detta procedura, precisa il governo, è che l'organo competente dispone del potere di riesaminare tutte le questioni sollevate, nella fase di «gestione», anche qualora dette questioni non siano state oggetto di reclamo da parte dei privati interessati (13). Si tratta, all'evidenza, di una funzione che, pur essendo lato sensu «giustiziale», in quanto offre agli amministrati uno strumento ordinato a risolvere una controversia in vista della realizzazione della giustizia nel caso concreto, è lungi dal poter essere definita «giurisdizionale». Si rinvengono infatti nel sistema in discorso le caratteristiche tipiche di un ricorso amministrativo di tipo «impugnatorio», sommate ad un generale potere di autotutela, che si esplica, nella specie, nel potere dell'amministrazione di rimuovere gli atti amministrativi invalidi anche in mancanza di una espressa richiesta da parte del privato destinatario dell'atto. E' evidente che un potere del genere non potrebbe invece essere riconosciuto ad una vera giurisdizione, il cui intervento viene tradizionalmente limitato dal principio della corrispondenza tra il «chiesto» ed il «pronunciato».

18 A ciò si aggiunga che le decisioni assunte dai Tribunales sono in linea di principio sempre ricorribili (immediatamente ovvero dopo la pronuncia del Tribunal Central) dinanzi agli organi della giustizia amministrativa (14); la reclamación económico-administrativa assolve dunque la funzione, tipica dei ricorsi amministrativi, di porre l'amministrazione in condizione di pronunciare, anche in contraddittorio con gli interessati, una sua parola giustiziale definitiva. Questa non è altro che una manifestazione ulteriore, e di grado più elevato rispetto a precedenti espressioni che sono l'oggetto del reclamo, della funzione amministrativa. Il provvedimento, divenuto definitivo con l'esaurimento dei ricorsi amministrativi a disposizione dei privati, può dunque essere attaccato dinanzi agli organi della giustizia amministrativa (15). A ciò si aggiunga che, come risulta dall'art. 23 del citato Real Decreto Legislativo n. 2795/1980 e dagli artt. 64 e 104 dell'RPEA, gli organismi che si occupano dei reclami economico-amministrativi non sono obbligati ad esaminare nel merito i ricorsi presentati dagli «interessati». Le disposizioni ora richiamate prevedono infatti che, se i Tribunales non si pronunciano entro un anno dal deposito, il ricorso si intende rigettato, con la conseguenza che il privato potrà a partire da quel momento accedere alla giustizia amministrativa. Mi sembra che una tale circostanza confermi ulteriormente che l'attività degli organismi in parola è da ricondurre alla funzione tipicamente amministrativa, piuttosto che a quella giurisdizionale. Inoltre, l'art. 4, n. 1.3.a, del Real Decreto Legislativo n. 2795/1980 consente al Tribunal Económico-Administrativo Central di spogliarsi dei casi che lo stesso giudica particolarmente importanti, ovvero il cui valore risulti elevato, e di attribuirne la decisione al Ministro delle Finanze. Se si considera che il Tribunal Central è l'organismo al quale il contribuente ricorre in seconda istanza contro le decisioni dei tribunali locali, appare evidente che l'intero sistema dei ricorsi economico-amministrativi risulta condizionato dal potere di avocazione che la legge attribuisce al potere esecutivo.

19 Va poi considerato che negare all'organo remittente la qualifica di «giurisdizione» ai fini del meccanismo del rinvio pregiudiziale non può avere come conseguenza quella di pregiudicare l'uniformità di applicazione del diritto comunitario. Tale rischio, che la Corte ha preso in debita considerazione nella sentenza Broekmeulen (16) riconoscendo la qualifica di giurisdizione alla commissione ricorsi per la medicina generale, le cui decisioni sono considerate come definitive nell'ordinamento nazionale (17), non si presenta nel caso di specie. Infatti, come prima osservato, le decisioni assunte dagli organi del contenzioso economico-amministrativo sono in ogni caso ricorribili dinanzi alle giurisdizioni amministrative. Spetterà eventualmente a queste ultime valutare la necessità di un rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia assicurando, in tal modo, l'intervento della Corte e dunque il diritto dei privati ad un sindacato giurisdizionale effettivo (18).

20 Ritengo infine che la soluzione ora raggiunta non sia preclusa dalla circostanza che nella sentenza Diversinte e Iberlacta/Administración Principal de Aduanas de la Junquera (19) la Corte abbia risposto ad un quesito pregiudiziale rivolto dal Tribunal Económico-Administrativo Central di Madrid senza mettere in discussione la natura di «giurisdizione», ai sensi dell'art. 177 del Trattato CE, dell'organismo rimettente. Alla sentenza ora citata non può infatti, a mio modo di vedere, riconoscersi autorità di precedente, non avendo la Corte in alcun modo affrontato la questione della ricevibilità del rinvio per i motivi anzidetti. Il problema della natura di giurisdizione dell'organismo rimettente, del resto, non era stato sollevato da nessuna delle parti del giudizio, compresi la Commissione ed i governi intervenuti. La sentenza prima ricordata non preclude quindi alla Corte una valutazione, da svolgere alla luce della normativa applicabile, delle regole che disciplinano la formazione ed il funzionamento del Tribunal Económico-Administrativo Regional al fine di valutare se lo stesso sia da qualificarsi come giurisdizione ai sensi e per gli effetti dell'art. 177 del Trattato CE.

21 Alla luce di ciò che precede, suggerisco alla Corte di considerare irricevibile il quesito posto dal Tribunal Económico-Administrativo Regional della Catalogna.

Sul merito

22 Qualora la Corte, contrariamente a quanto prima suggerito, intendesse qualificare l'organismo rimettente come «giurisdizione» ai sensi dell'art. 177 del Trattato CE, si porrebbe il problema di valutare nel merito il quesito pregiudiziale posto dal Tribunal. A questa valutazione sono dedicate le osservazioni che seguono.

23 Ricordo che il quesito concerne, in definitiva, la compatibilità con la sesta direttiva in materia di IVA della normativa spagnola in tema di deduzione dell'imposta sul valore aggiunto versata da un soggetto passivo per spese sostenute prima dell'inizio effettivo di un'attività imprenditoriale o professionale. La disciplina spagnola subordina il diritto alla deduzione al rispetto di una duplice condizione, ovvero sia alla presentazione di un'apposita dichiarazione ed all'avvenuto inizio delle attività entro un anno dal compimento di detta formalità.

24 Dirò subito che la compatibilità di detto sistema con la direttiva mi appare assai dubbia. Ritengo infatti che le disposizioni della direttiva, così come il principio fondamentale della neutralità dell'IVA, non consentano allo Stato membro di condizionare o limitare il diritto alla deduzione delle imposte versate da un soggetto passivo nella maniera prevista dalla legislazione spagnola.

Per motivare questa conclusione ritengo sia sufficiente procedere ad un'analisi della giurisprudenza della Corte relativa all'inquadramento delle attività preparatorie tra le «attività economiche» di cui all'art. 4 della direttiva. Ricordo che il testo di questa disposizione, inserita nel Capo IV della direttiva rubricato «Soggetti passivi», è il seguente:

«1. Si considera soggetto passivo chiunque esercita in modo indipendente e in qualsiasi luogo una delle attività economiche di cui al paragrafo 2, indipendentemente dallo scopo o dai risultati di detta attività.

2. Le attività economiche di cui al paragrafo 1 sono tutte le attività di produttore, di commerciante o di prestatore di servizi, comprese le attività estrattive, agricole, nonché quelle delle professioni liberali e assimilate. Si considera in particolare attività economica un'operazione che comporti lo sfruttamento di un bene materiale o immateriale per ricavarne introiti aventi un certo carattere di stabilità».

25 La questione prima indicata è stata per la prima volta posta all'attenzione della Corte nella causa Rompelman, in cui si discuteva se l'acquisto di un diritto di credito relativo al futuro trasferimento della proprietà di una parte di un immobile ancora da costruire, con l'intenzione di cedere in futuro detto immobile in locazione, potesse essere considerato «attività economica» ai sensi dell'art. 4, n. 1, della direttiva. Riepilogate le caratteristiche del sistema dell'IVA, in particolare il suo principio informatore (principio di neutralità), il meccanismo delle detrazioni e la nozione di soggetto passivo, la Corte ha ritenuto che «il sistema delle detrazioni è inteso ad esonerare interamente l'imprenditore dall'IVA dovuta o pagata nell'ambito di tutte le sue attività economiche. Il sistema comune d'imposta sul valore aggiunto garantisce, di conseguenza, la perfetta neutralità dell'imposizione fiscale per tutte le attività economiche, indipendentemente dallo scopo o dai risultati di dette attività, purché queste siano di per sé soggette all'IVA» (20).

26 Rispetto all'interpretazione della nozione «attività economiche», la Corte ha statuito nella stessa sentenza che queste «possono consistere in vari atti consecutivi, come si desume dal testo stesso del n. 2 di detto articolo, che si riferisce a "tutte le attività di produttore, di commerciante o di prestatore di servizi". Gli atti preparatori, come il procurarsi i mezzi per esercitare siffatte attività e, pertanto, anche l'acquisto di un bene immobile, devono già ritenersi parte integrante delle attività economiche» (21). La Corte ha quindi accolto un'ampia interpretazione della nozione di «attività economiche», ai fini dell'applicazione dell'art. 4 della direttiva, ricomprendendovi anche quegli atti che risultano strumentali allo svolgimento dell'attività commerciale o professionale vera e propria.

Dopo aver premesso che «è irrilevante la distinzione tra le varie forme giuridiche che possono assumere tali atti preparatori», nella stessa sentenza la Corte ha aggiunto che «il principio della neutralità dell'IVA per quanto riguarda l'imposizione fiscale dell'operatore economico esige che le prime spese d'investimento effettuate ai fini di una data operazione siano considerate come attività economiche. Sarebbe in contrasto con tale principio il fatto che queste attività abbiano inizio soltanto nel momento in cui un bene immobile viene effettivamente sfruttato, cioè quando comincia a produrre un reddito imponibile» (22). In effetti, la Corte ha chiarito che accogliere l'interpretazione opposta porrebbe a carico dell'operatore economico l'onere dell'IVA, senza dargli la possibilità di effettuarne la detrazione in conformità all'art. 17 della direttiva, e si risolverebbe in una distinzione arbitraria tra le spese di investimento effettuate prima e dopo l'effettivo esercizio dell'attività economica.

27 Va poi aggiunto che anche rispetto al meccanismo, previsto pure dalla legislazione spagnola di cui si discute, consistente nel differimento dell'esercizio del diritto alla detrazione al momento dell'inizio effettivo dell'attività economica la Corte ha già espresso una posizione negativa. Nella stessa sentenza Rompelman si legge infatti che, «anche nei casi in cui, dopo l'inizio dell'effettivo sfruttamento di un bene immobile, avesse luogo un rimborso dell'imposta pagata a monte per gli atti preparatori, il bene sarebbe gravato da un onere finanziario durante il periodo, talvolta abbastanza lungo, intercorrente tra le prime spese d'investimento e lo sfruttamento effettivo. Chiunque compia siffatti atti d'investimento strettamente legati e necessari allo sfruttamento futuro di un bene immobile deve, di conseguenza, essere considerato come soggetto passivo ai sensi dell'art. 4» (23).

28 La soluzione raggiunta nella sentenza Rompelman, secondo la quale nel concetto di «attività economiche» rientrano anche le attività preparatorie, strumentali alle prime, è stata in seguito confermata. Nella sentenza Lennartz la Corte è stata tra l'altro chiamata a chiarire se sia sufficiente, per applicare la disposizione in tema di rettifica della deduzione iniziale (art. 20, n. 2, della direttiva), che un privato acquisti i beni come soggetto passivo ovvero se i beni debbano essere usati immediatamente per attività economiche. Ripresi i passi rilevanti della sentenza Rompelman, la Corte ha precisato in quell'occasione che «dalla citata sentenza emerge che un privato che acquisti beni per le esigenze di un'attività economica ai sensi dell'art. 4 agisce come soggetto passivo, anche se i beni non vengono immediatamente impiegati per detta attività economica (24)». Di conseguenza, continuava la Corte, «è l'acquisto di beni da parte di un soggetto passivo che agisce come tale a determinare l'applicazione del sistema dell'IVA e, quindi, del sistema della deduzione. L'impiego del bene, reale o previsto, determina solo l'entità della deduzione iniziale alla quale il soggetto passivo ha diritto in virtù dell'art. 17 e l'entità delle eventuali rettifiche durante i periodi successivi». La Corte ha quindi concluso che l'uso immediato dei beni per operazioni soggette ad imposta o esentate non costituisce, di per sé, presupposto per l'applicazione della disposizione relativa al diritto di rettifica delle deduzioni.

29 Di estremo interesse ai nostri fini è, poi, la successiva sentenza INZO (25). In quell'occasione si trattava di decidere se le prime spese di investimento - in particolare, spese relative a studi di fattibilità - sostenute da un soggetto passivo in vista del futuro svolgimento di operazioni commerciali dovessero essere considerate «attività economiche» ai sensi dell'art. 4 della direttiva anche qualora dette operazioni, a seguito della valutazione della loro redditività alla luce degli studi, non siano di fatto mai state realizzate. Ricordando i principi espressi nella sentenza Rompelman, la Corte ha ribadito che «le prime spese di investimento effettuate ai fini di una data operazione possono essere considerate attività economiche ai fini dell'art. 4 della direttiva», e che «in tale contesto, l'amministrazione tributaria deve prendere in considerazione la dichiarata intenzione dell'impresa» (26). Ne deriva dunque che, qualora l'amministrazione tributaria abbia riconosciuto ad una società la qualità di soggetto passivo ai fini dell'IVA, l'imposta versata per dette attività preparatorie «può in linea di principio essere detratta in conformità all'art. 17 della direttiva» (27). Detta detrazione, infatti, essendo riferita ad «attività economiche», non può che rimanere acquisita anche se gli azionisti della società in questione hanno deciso, in un momento successivo, di non passare alla fase operativa e di porre la società in liquidazione, di modo che l'attività economica prevista non ha mai dato luogo ad operazioni soggette ad imposta. Una diversa interpretazione, aggiungeva la Corte, «sarebbe poi incompatibile con il principio della neutralità dell'IVA per quanto riguarda l'imposizione fiscale dell'impresa. Essa potrebbe creare, all'atto del trattamento fiscale delle stesse attività di investimento, disparità non giustificate tra imprese che effettuano già operazioni imponibili e altre che cercano, mediante investimenti, di avviare attività da cui deriveranno operazioni imponibili. Allo stesso modo, si creerebbero disparità arbitrarie tra quest'ultime imprese in quanto l'accettazione definitiva delle detrazioni dipenderebbe dal fatto che tali investimenti diano luogo o meno ad operazioni soggette ad imposta».

30 In definitiva, quello che la Corte ha voluto ribadire nelle sentenze ora citate è che la nozione di «attività economiche» ai fini dell'applicazione della direttiva comprende anche le attività precedenti e strumentali rispetto a quelle che costituiscono oggetto diretto dell'attività commerciale o professionale. Di conseguenza, il trattamento fiscale non può che essere, in linea di principio, identico. Il diritto a detrazione di cui all'art. 17 deve estendersi alle spese sostenute per le attività «preparatorie» o strumentali, quali ad esempio, l'acquisto di un immobile o di un terreno, a condizione che queste vengano effettuate da un soggetto cui l'amministrazione ha riconosciuto la qualità di soggetto passivo. Inoltre, il diritto a detrazione, come indicato chiaramente nell'art. 17, n. 1, nasce immediatamente, proprio «quando l'imposta deducibile diventa esigibile».

Naturalmente, come la Corte ha chiarito nelle sentenze Rompelman (28) e INZO (29), la soluzione raggiunta non esclude che l'amministrazione tributaria possa esigere che l'intenzione dichiarata di avviare un'attività economica sia confermata da elementi oggettivi. E' evidente che, qualora l'interessato abbia fraudolentemente dichiarato di voler avviare un'attività economica specifica cercando in realtà di far entrare nel suo patrimonio privato beni per i quali ha ottenuto una deduzione dell'IVA, l'amministrazione tributaria può chiedere, con effetto retroattivo, il rimborso delle somme detratte in quanto le detrazioni sono state concesse sulla base di false dichiarazioni. Ma qui, all'evidenza, si procede a valutazioni di merito sull'effettivo comportamento del soggetto passivo, basandosi sul presupposto, indiscusso, che il diritto alla detrazione sorge, ai sensi dell'art. 17 della direttiva, al momento stesso in cui l'imposta deducibile diventa esigibile.

31 Le valutazioni espresse dalla Corte nelle sentenze sinora citate mi sembrano convincenti. Esse sono, poi, del tutto pertinenti al fine di rispondere al quesito che ci occupa. Anche nella nostra fattispecie, infatti, il diritto alla detrazione viene condizionato - e, a volte, negato - sulla base non di valutazioni di merito concernenti il comportamento del soggetto passivo, bensì in applicazione di una regola di carattere generale che intende come «attività economiche» solo lo svolgimento effettivo delle operazioni oggetto dell'attività professionale o imprenditoriale. Le operazioni strumentali rispetto a queste ultime godono del regime delle deduzioni esclusivamente qualora siano seguite da «attività economiche» nel senso anzidetto e a patto di rispettare alcune condizioni formali imposte dalla legge. Ritengo che una tale disciplina sia in flagrante violazione delle regole della direttiva, come interpretate dalla Corte.

32 Ciò detto, si pone tuttavia il problema di verificare se le misure adottate dal legislatore spagnolo possano comunque essere giustificate in quanto preordinate alla prevenzione di eventuali frodi all'erario. Ricordo, in proposito, che l'art. 22, n. 8, della direttiva concede agli Stati membri la facoltà di stabilire altri obblighi che essi ritengano necessari ad assicurare l'esatta riscossione dell'imposta e ad evitare le frodi.

Tuttavia, nella sentenza Molenheide (30), la Corte ha indicato con chiarezza i confini entro i quali detta facoltà può esercitarsi. Chiamata a pronunciarsi sulla compatibilità con la direttiva di provvedimenti legislativi adottati in Belgio, che consentivano alle autorità fiscali di trattenere a titolo conservativo importi dell'IVA da restituire, qualora esistessero indizi di frode fiscale, la Corte ha precisato che la valutazione deve essere effettuata alla luce del principio di proporzionalità (31) e che, pertanto, «gli Stati membri devono far ricorso a mezzi che pur consentendo di raggiungere efficacemente l'obiettivo perseguito dal diritto interno, portino il minor pregiudizio possibile agli obiettivi e ai principi stabiliti dalla normativa comunitaria controversa. Così, se è legittimo che i provvedimenti adottati dagli Stati membri tendano a preservare il più efficacemente possibile i diritti dell'erario, essi non devono eccedere quanto è necessario a tal fine. Essi non possono quindi essere utilizzati in modo tale da mettere in questione il diritto alla deduzione dell'IVA, il quale è un principio fondamentale del sistema comune dell'IVA istituito dalla normativa comunitaria in materia».

33 Ora, appare evidente che la disciplina spagnola di cui si discute, nella misura in cui ritarda sistematicamente il godimento del diritto alla detrazione o, addirittura, lo nega qualora il soggetto passivo non inizi a realizzare in maniera abituale le operazioni imponibili oggetto dell'attività, comporta delle misure sproporzionate rispetto all'obiettivo da raggiungere. La mancata presentazione della dichiarazione preventiva alle spese «preparatorie» così come il ritardo nello svolgimento delle operazioni oggetto dell'attività di impresa potrebbero invero essere sanzionati in maniera autonoma, senza pregiudicare il diritto alla detrazione rispetto a spese che, lo ricordo ancora una volta, sono esse stesse «attività economica» alla luce della direttiva.

34 Il giudizio negativo, ora espresso, sulle misure richieste dalla normativa spagnola non potrebbe poi essere rivisto alla luce del fatto che la stessa attribuisce all'amministrazione tributaria la facoltà di prorogare il termine annuale di cui all'art. 111, n. 1, della legge n. 37/92, qualora la natura delle attività da svolgere in futuro o le circostanze in cui ha inizio l'attività lo giustifichino. All'evidenza, se le attività preparatorie rientrano a pieno titolo nella nozione di «attività economiche» ai sensi dell'art. 4 della direttiva, la deducibilità delle imposte pagate per le spese sostenute nell'ambito di dette attività non può essere condizionata a scelte discrezionali dell'amministrazione.

35 In definitiva, ritengo che la normativa spagnola, nella misura in cui subordina l'esercizio del diritto a deduzione dell'imposta versata prima della realizzazione delle operazioni imponibili oggetto dell'attività d'impresa alla duplice condizione che il soggetto passivo abbia presentato una dichiarazione preventiva di inizio attività e che le attività imprenditoriali o professionali inizino entro il termine di un anno dalla presentazione di tale dichiarazione, non sia compatibile con la direttiva. Ciò in quanto, in applicazione di detta normativa, non viene considerata come «inizio effettivo delle operazioni soggette ad imposta» la realizzazione di operazioni preparatorie e strumentali all'attività principale e viene ritardato indebitamente l'esercizio del diritto a detrazione sino all'inizio effettivo delle operazioni imponibili oggetto dell'attività d'impresa.

Conclusioni

36 Alla luce di quanto sinora osservato, propongo alla Corte di dichiarare irricevibile il quesito posto dal Tribunal Económico-Administrativo Regional della Catalogna in quanto proveniente da un organismo che non è una «giurisdizione nazionale» ai sensi dell'art. 177 del Trattato CE (divenuto art. 234 CE).

In subordine propongo alla Corte di rispondere al quesito nella maniera seguente:

L'art. 17 della sesta direttiva 77/388/CEE del Consiglio, del 17 maggio 1977, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari - Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme, deve essere interpretato nel senso che osta ad una disposizione nazionale che

- subordina l'esercizio del diritto a deduzione dell'IVA versata prima dell'inizio della realizzazione abituale delle operazioni soggette ad imposta alle condizioni che

a) venga presentata una richiesta esplicita in tal senso prima che l'imposta divenga esigibile;

b) venga rispettato il termine di un anno tra la presentazione di detta richiesta e l'inizio effettivo delle operazioni imponibili;

- sanziona il mancato rispetto delle condizioni ora elencate con la perdita del diritto alla deduzione ovvero con il rinvio del godimento di detto diritto al momento in cui inizi effettivamente la realizzazione abituale delle operazioni imponibili oggetto dell'attività.

(1) - GU L 145, pag. 1.

(2) - BOE n. 315, del 31 dicembre 1996.

(3) - Ad eccezione della società ricorrente nella causa C-147/98, Bugsy Fun Germany GbdR, la cui sede sociale si trova a Ochensfurt, in Germania.

(4) - V. per tutte le sentenze 30 giugno 1966, causa 61/65, Vaassen-Goebbles (Racc. pag. 407); 14 dicembre 1971, causa 43/71, Politi (Racc. pag. 1039); 11 giugno 1987, causa 14/86, Pretore di Salò/X (Racc. pag. 2545, punto 7); 30 marzo 1993, causa C-24/92, Corbiau (Racc. pag. I-1277, punto 15); 19 ottobre 1995, causa C-111/94, Job Center (Racc. pag. I-3361, punto 9); 12 dicembre 1996, cause riunite C-74/95 e C-129/95, Procedimenti penali contro X (Racc. pag. I-6609, punto 18); 17 settembre 1997, causa C-54/96, Dorsch Consult (Racc. pag. I-4961, punto 23); 22 ottobre 1998, cause riunite C-9/97 e C-118/97, Jokela e Pitkäranta (Racc. pag. I-6267); 12 novembre 1998, causa C-134/97, Victoria Film (Racc. pag. I-7023, punto 14); 2 marzo 1999, causa C-416/96, El-Yassini (Racc. pag. I-1209, punto 17).

(5) - Ley 28 dicembre 1963, n. 230/1963 (Ley General Tributaria, BOE del 31 dicembre 1963); Real Decreto Legislativo n. 2795/1980, del 12 dicembre 1980, por el que se articula la Ley 39/1980, de 5 de Julio, de Bases sobre Procedimiento Económico-Administrativo (BOE del 30 dicembre 1980); Real Decreto 391/1996, del 1_ marzo, por el que se aprueba el Reglamento de Procedimiento en las Reclamaciones Económico-Administrativas (BOE del 23 marzo 1996; in prosieguo: l'«RPEA»).

(6) - V. art. 163, Ley General Tributaria; art. 23, Real Decreto Legislativo, n. 2795/1980.

(7) - Ricordo in proposito che detti dubbi sono stati espressi dall'avvocato generale Ruiz-Jarabo Colomer nelle sue conclusioni presentate il 18 giugno 1996 nelle cause riunite C-74/95 e C-129/95, Procedimenti penali contro X (Racc. 1996, pag. I-6609, nota 5), nonché nel volume El Juez Nacional come Juez Comunitario, Madrid, 1993, pag. 81 e ss.

(8) - Ciò, come rilevato dall'avvocato generale Darmon nelle conclusioni relative al citato caso Corbiau, «sotto pena di consentire che codesta Corte possa essere adita da qualsiasi organismo amministrativo, cosa che l'art. 177 intende evitare» (paragrafo 16).

(9) - Mi riferisco, in particolare, alla sentenza Dorsch Consult, citata in precedenza, nella quale la Corte, nel respingere la tesi della Commissione per cui l'organismo remittente «non interviene, per sua stessa ammissione, in un procedimento in contraddittorio», si è limitata ad affermare che «il requisito del procedimento in contraddittorio non è un criterio assoluto». Detta affermazione, priva di motivazione rispetto al caso di specie, fa invero sorgere delle perplessità se si considera che, in precedenza, la Corte aveva accolto rinvii pregiudiziali effettuati nel corso di procedimenti nei quali il contraddittorio non era inesistente ma soltanto differito ad un (a volte eventuale) momento successivo (si vedano le citate sentenze Politi e Pretore di Salò contro X, nonché le sentenze 28 giugno 1978, causa 70/77, Simmenthal, Racc. pag. 1453, e 21 aprile 1988, causa 338/85, Pardini, Racc. pag. 2041).

(10) - Si vedano le sentenze citate nella nota precedente, ed in particolare la sentenza Pretore di Salò contro X, punto 7, nonché le conclusioni dell'avvocato generale Darmon relative al caso Corbiau, paragrafi 7-10. E' inoltre il caso di rilevare che il collegamento tra la natura contraddittoria del procedimento e l'indipendenza dell'organismo giudicante è messo in rilievo, nella sua memoria, dallo stesso governo spagnolo.

(11) - V. per tutte la sentenza Procedimenti penali contro X, citata, punto 18.

(12) - Le funzioni di Segretario del Tribunale sono svolte da un avvocato dello Stato, che ha diritto di voto al pari del Presidente e dei membri (art. 16, nn. 1 e 7, RPEA).

(13) - V. art. 17 Real Decreto Legislativo n. 2795/1980 e art. 40 RPEA. Si noti che le disposizioni che disciplinano il procedimento economico-amministrativo qualificano il privato come «interesado» (interessato), e non come «parte».

(14) - Art. 40 Real Decreto Legislativo n. 2795/1980; art. 4, n. 2 RPEA.

(15) - E' significativo che lo stesso governo spagnolo riconosca, all'inizio della sua memoria, che «la revisione degli atti su ricorso amministrativo è un privilegio delle pubbliche amministrazioni, riconosciuto come principio generale di diritto pubblico, che stabilisce questa via di ricorso come una tappa precedente ai ricorsi contenziosi, dando in tal modo all'amministrazione autrice dell'atto l'occasione di riesaminare la sua azione» (il corsivo è mio).

(16) - Sentenza 6 ottobre 1981, causa 246/80 (Racc. pag. 2311).

(17) - In quell'occasione, la Corte ha, infatti, posto l'accento sull'«assenza pratica di rimedi giuridici effettivi dinanzi ai giudici ordinari in una materia che interessa l'applicazione del diritto comunitario» (sentenza citata, punto 17).

(18) - V. sentenza 15 maggio 1986, causa 222/84, Johnston (Racc. pag. 1651), e le relative conclusioni dell'avvocato generale Darmon, paragrafo 4; più recentemente, sentenza 1_ giugno 1999, causa C-126/97, Eco Swiss China Time (non ancora pubblicata nella Raccolta), con mie conclusioni, paragrafo 43.

(19) - Sentenza 1_ aprile 1993, cause riunite C-260/91 e C-261/91 (Racc. pag. I-1885).

(20) - Sentenza 14 febbraio 1985, Rompelman, (Racc. pag. 635, punto 19).

(21) - Sentenza Rompelman, punto 22.

(22) - Sentenza citata, punto 23.

(23) - Sentenza citata, punto 23. Nel paragrafo successivo, alla richiesta di stabilire se l'intenzione di svolgere attività sia sufficiente per considerare chi effettua un investimento come soggetto passivo ai fini dell'assoggettamento al regime dell'IVA, la Corte ha precisato che «l'onere di provare che sono soddisfatte le condizioni per tale detrazione incombe a chi chiede la detrazione stessa. L'art. 4 della direttiva non osta a che l'amministrazione fiscale esiga che l'intenzione dichiarata venga confermata da elementi oggettivi, come la specifica idoneità dei locali progettati ad una utilizzazione commerciale». Si noti che, in quell'occasione, si trattava di spese sostenute da persone fisiche in vista dell'inizio di un'attività commerciale, nella specie la locazione di un immobile.

(24) - Sentenza 11 luglio 1991, causa C-97/90 (Racc. pag. I-3795, punto 14).

(25) - Sentenza 29 febbraio 1996, causa C-110/94 (Racc. pag. I-857).

(26) - Sentenza INZO, punto 17.

(27) - Sentenza citata, punto 19.

(28) - Sentenza citata, punto 24.

(29) - Sentenza citata, punto 23.

(30) - Sentenza 18 dicembre 1997, causa C-286/94 (Racc. pag. I-7281).

(31) - Sentenza 17 luglio 1997, causa C-28/95, Leur-Bloem (Racc. pag. I-4161, punti 46 e 47).

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