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Document 52022PC0071

Proposta di DIRETTIVA DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO relativa al dovere di diligenza delle imprese ai fini della sostenibilità e che modifica la direttiva (UE) 2019/1937

COM/2022/71 final

Bruxelles, 23.2.2022

COM(2022) 71 final

2022/0051(COD)

Proposta di

DIRETTIVA DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO

relativa al dovere di diligenza delle imprese ai fini della sostenibilità e che modifica la direttiva (UE) 2019/1937

(Testo rilevante ai fini del SEE)

{SEC(2022) 95 final} - {SWD(2022) 38 final} - {SWD(2022) 39 final} - {SWD(2022) 42 final} - {SWD(2022) 43 final}


RELAZIONE

1.CONTESTO DELLA PROPOSTA

Motivi e obiettivi della proposta

La condotta delle società in tutti i settori dell'economia è fondamentale per il successo della transizione dell'Unione a un'economia verde e climaticamente neutra 1 , in linea con il Green Deal europeo 2 , e per il conseguimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile dell'ONU, compresi i rispettivi obiettivi in materia di diritti umani e ambiente. A tal fine è necessario attuare processi globali di attenuazione degli impatti negativi sui diritti umani e degli impatti ambientali negativi nelle catene del valore, integrare la sostenibilità nei sistemi di governo societario e di gestione e inquadrare le decisioni aziendali in termini di diritti umani, impatto climatico e ambientale, oltre che in termini di resilienza della società a più lungo termine.

Le società dell'UE operano in ambienti complessi e, soprattutto quelle di grandi dimensioni, dipendono da catene globali del valore. Dato il numero rilevante di fornitori nell'Unione e nei paesi terzi e la complessità generale delle catene del valore, le società dell'UE, comprese quelle di grandi dimensioni, possono incontrare difficoltà a individuare e attutire, nelle catene del valore cui partecipano, i rischi legati al rispetto dei diritti umani o agli impatti ambientali. L'individuazione di tali impatti negativi nelle catene del valore diventerà più agevole se un maggior numero di società adempierà il dovere di diligenza e, di conseguenza, saranno disponibili maggiori dati sugli impatti negativi sui diritti umani e sull'ambiente.

Il collegamento tra l'economia dell'UE e milioni di lavoratori in tutto il mondo attraverso le catene globali del valore comporta la responsabilità di parare gli impatti negativi sui diritti di tali lavoratori. La chiara richiesta dei cittadini dell'Unione, in particolare nel quadro della Conferenza sul futuro dell'Europa, che l'economia dell'UE contribuisca a parare questi e altri impatti negativi trova riscontro nella normativa nazionale vigente o futura sul dovere di diligenza in materia di diritti umani e ambiente 3 , nei dibattiti in corso a livello nazionale e nell'invito ad agire del Parlamento europeo e del Consiglio. Entrambe le istituzioni hanno invitato la Commissione a proporre norme unionali relative a un obbligo trasversale di diligenza delle società 4 . Nella dichiarazione congiunta sulle priorità legislative dell'UE per il 2022 5 , il Parlamento europeo, il Consiglio dell'Unione europea e la Commissione europea si sono impegnati a realizzare un'economia al servizio delle persone nonché a migliorare il quadro normativo in materia di governo societario sostenibile.

In virtù delle norme internazionali volontarie vigenti in materia di condotta d'impresa responsabile 6 , un numero crescente di società dell'UE utilizza il dovere di diligenza nella catena del valore come strumento per individuarvi i rischi e rafforzare la resilienza di fronte a cambiamenti improvvisi, ma le società possono anche incontrare difficoltà nel prendere in considerazione il ricorso al dovere di diligenza nella catena del valore per le loro attività. Tali difficoltà possono essere dovute, ad esempio, alla mancanza di chiarezza giuridica per quanto riguarda gli obblighi di diligenza delle società, alla complessità delle catene del valore, alla pressione del mercato, alle carenze informative e ai costi. Di conseguenza, i vantaggi del dovere di diligenza non sono generalizzati tra le società europee e in tutti i settori economici.

Per lo più le società di grandi dimensioni ricorrono sempre più a processi di diligenza, in quanto possono offrire loro un vantaggio competitivo 7 . Questa linea risponde anche alla crescente pressione esercitata dal mercato sulle società affinché agiscano in modo sostenibile, in modo da poter scongiurare rischi reputazionali indesiderati nei confronti dei consumatori e degli investitori, sempre più consapevoli degli aspetti legati alla sostenibilità. Tuttavia tali processi si basano su norme volontarie e non creano certezza del diritto né per le società né per le vittime in caso di danni. 

L'azione volontaria non sembra aver portato a miglioramenti su vasta scala in tutti i settori e, di conseguenza, si osservano, sia all'interno che all'esterno dell'Unione, esternalità negative derivanti dalla produzione e dal consumo dell'UE. Alcune società dell'UE sono state associate a impatti negativi sui diritti umani e a impatti ambientali negativi, anche nelle catene del valore cui partecipano 8 . Gli impatti negativi comprendono, in particolare, questioni relative ai diritti umani quali il lavoro coatto, il lavoro minorile, l'inadeguatezza delle condizioni di igiene e sicurezza sul lavoro, lo sfruttamento dei lavoratori, e impatti ambientali quali le emissioni di gas a effetto serra, l'inquinamento o la perdita di biodiversità e il degrado degli ecosistemi.

Negli ultimi anni i quadri giuridici emergenti in materia di dovere di diligenza delle imprese negli Stati membri 9 riflettono la crescente volontà di sostenere le società nell'impegno di assolvimento del dovere di diligenza nelle catene del valore cui partecipano e di promuovere una condotta d'impresa che rispetti i diritti umani, i diritti dei minori e l'ambiente. Tuttavia comportano anche una frammentazione e rischiano di compromettere la certezza del diritto e la parità di condizioni per le società nel mercato unico.

Una normativa dell'Unione in materia di dovere di diligenza delle società promuoverebbe il rispetto dei diritti umani e la tutela dell'ambiente, creerebbe parità di condizioni per le società all'interno dell'Unione ed eviterebbe la frammentazione derivante dall'azione autonoma degli Stati membri. Includerebbe anche le società di paesi terzi che operano nel mercato dell'Unione, sulla base di un analogo criterio di fatturato.

In questo contesto la presente direttiva definirà una disciplina trasversale per promuovere il contributo delle società attive nel mercato unico al rispetto dei diritti umani e dell'ambiente nelle attività che svolgono e nelle catene del valore cui partecipano, individuando, prevenendo e attutendo gli impatti negativi sui diritti umani e gli impatti ambientali negativi che producono e assumendosene la responsabilità, e mettendo in atto adeguati sistemi e misure di governance e gestione a tal fine.

In particolare la presente direttiva:

(1)migliorerà le pratiche di governo societario per integrare meglio nelle strategie aziendali i processi di gestione e attenuazione dei rischi e degli impatti sui diritti umani e l'ambiente, compresi quelli derivanti dalle catene del valore;

(2)eviterà la frammentazione degli obblighi di diligenza nel mercato unico e creerà certezza del diritto per le società e i portatori di interessi per quanto riguarda la condotta e la responsabilità attese;

(3)aumenterà la responsabilità delle società per gli impatti negativi e garantirà coerenza alle società per quanto riguarda gli obblighi derivanti dalle iniziative dell'UE esistenti e proposte in materia di condotta d'impresa responsabile;

(4)migliorerà l'accesso ai mezzi di ricorso per i soggetti interessati dagli impatti negativi della condotta delle imprese sui diritti umani e sull'ambiente;

(5)trattandosi di uno strumento trasversale incentrato sui processi aziendali, che si applica anche alla catena del valore, la presente direttiva integrerà altre misure in vigore o proposte, che affrontano direttamente alcune sfide specifiche in materia di sostenibilità o si applicano in alcuni settori specifici, principalmente all'interno dell'Unione.

Coerenza con le disposizioni vigenti nel settore normativo interessato

A livello dell'UE, il governo societario sostenibile è stato promosso principalmente in via indiretta tramite l'imposizione degli obblighi di comunicazione di cui alla direttiva sulla comunicazione di informazioni di carattere non finanziario (NFRD ) 10  a circa 12 000 società 11 per quanto riguarda i rischi, gli impatti, le misure (compreso il dovere di diligenza) e le politiche ambientali, sociali e attinenti ai diritti umani 12 . La NFRD ha avuto un impatto positivo sul miglioramento della condotta responsabile delle imprese, ma non ha portato la maggior parte delle società a tenere sufficientemente conto degli impatti negativi nelle catene del valore 13 .

La recente proposta di direttiva della Commissione relativa alla comunicazione societaria sulla sostenibilità, che rivede la NFRD 14 , estenderebbe il novero delle società interessate a tutte le società di grandi dimensioni e a tutte le società quotate 15 , imporrebbe l'audit (garanzia) delle informazioni comunicate e rafforzerebbe la standardizzazione di tali informazioni conferendo alla Commissione il potere di adottare principi in materia di informativa sulla sostenibilità 16 . La presente direttiva integrerà l'attuale NFRD e le modifiche proposte (proposta di direttiva relativa alla comunicazione societaria sulla sostenibilità) aggiungendo l'obbligo sostanziale per alcune società di adempiere il dovere di diligenza al fine di individuare, prevenire, attenuare e rendere conto dei danni esterni derivanti dagli impatti negativi sui diritti umani e dagli impatti ambientali negativi nelle attività che svolgono, nelle loro filiazioni e nella catena del valore cui partecipano. Di particolare rilevanza per la proposta di direttiva relativa alla comunicazione societaria sulla sostenibilità è la circostanza che impone la divulgazione dei piani dell'impresa atti a garantire che il modello di business e la strategia aziendale perseguiti siano compatibili con la transizione a un'economia sostenibile e con la limitazione del riscaldamento globale a 1,5 ºC in conformità dell'accordo di Parigi. Le due iniziative sono strettamente interconnesse e produrranno sinergie. In primo luogo, un'adeguata raccolta di informazioni a fini di comunicazione nell'ambito della proposta di direttiva relativa alla comunicazione societaria sulla sostenibilità richiede l'istituzione di processi, il che è strettamente correlato all'individuazione degli impatti negativi conformemente all'obbligo di diligenza istituito dalla presente direttiva. In secondo luogo, la direttiva relativa alla comunicazione societaria sulla sostenibilità riguarderà l'ultima fase dell'obbligo di diligenza, vale a dire la fase di comunicazione, per le società che sono contemplate da entrambe le direttive. In terzo luogo, la presente direttiva determinerà l'obbligo per le società di predisporre un piano atto a garantire che il modello di business e la strategia aziendale perseguiti siano compatibili con la transizione a un'economia sostenibile e con la limitazione del riscaldamento globale a 1,5 ºC in conformità dell'accordo di Parigi sul quale la direttiva relativa alla comunicazione societaria sulla sostenibilità impone l'obbligo di comunicazione. Pertanto la presente direttiva renderà la comunicazione delle società più completa ed efficace. La complementarità aumenterà pertanto l'efficacia di entrambe le misure e stimolerà un cambiamento dei comportamenti aziendali per tali società.

La presente direttiva sosterrà il regolamento relativo all'informativa sulla sostenibilità nel settore dei servizi finanziari 17 (SFDR), che è entrato in vigore di recente e si applica ai partecipanti ai mercati finanziari (quali i gestori di fondi di investimento e i gestori del portafoglio, le imprese di assicurazione che vendono prodotti di investimento assicurativi e le imprese che forniscono vari prodotti pensionistici) e ai consulenti finanziari. Ai sensi dell'SFDR tali imprese sono tenute a pubblicare, tra l'altro, una dichiarazione concernente le politiche di diligenza che seguono per quanto riguarda i principali impatti negativi delle loro decisioni di investimento sui fattori di sostenibilità in base a criteri di "conformità o spiegazione". Allo stesso tempo, la pubblicazione di tale dichiarazione è obbligatoria per le società con più di 500 dipendenti e la Commissione può adottare norme tecniche di regolamentazione sugli indicatori di sostenibilità in relazione ai vari tipi di impatti negativi 18 .

Analogamente, la presente direttiva integrerà il recente regolamento sulla tassonomia 19 , strumento di trasparenza che facilita le decisioni in materia di investimenti e contribuisce a contrastare il greenwashing fornendo una classificazione degli investimenti ecosostenibili in attività economiche che offrono anche garanzie minime di salvaguardia sociale 20 . La comunicazione riguarda anche le garanzie minime di salvaguardia di cui all'articolo 18 del regolamento sulla tassonomia che si riferiscono alle procedure che le società dovrebbero attuare per garantire la conformità alle linee guida OCSE destinate alle imprese multinazionali e ai Principi guida delle Nazioni Unite su imprese e diritti umani, inclusi i principi e i diritti stabiliti dalle otto convenzioni fondamentali indicate nella dichiarazione dell'Organizzazione internazionale del lavoro sui principi e i diritti fondamentali nel lavoro e nella Carta internazionale dei diritti dell'uomo nello svolgimento di un'attività economica classificata "sostenibile". Al pari della NFRD e della proposta di direttiva relativa alla comunicazione societaria sulla sostenibilità, il regolamento sulla tassonomia non impone alle società obblighi sostanziali diversi dagli obblighi di informativa pubblica e gli investitori possono usare le informazioni per decidere della destinazione di capitali alle società. Imponendo alle società di individuare i rischi negativi in tutte le loro attività e catene del valore, la presente direttiva può contribuire a fornire informazioni più dettagliate agli investitori. Integra pertanto il regolamento sulla tassonomia in quanto può aiutare ulteriormente gli investitori a decidere di destinare capitali a società responsabili e sostenibili. Inoltre il regolamento sulla tassonomia (in quanto fornisce un linguaggio comune per le attività economiche sostenibili a fini di investimento) può fungere da strumento guida per le società per attrarre finanziamenti sostenibili per i loro piani d'azione correttivi e le loro tabelle di marcia.

La presente direttiva integrerà la direttiva 2011/36/UE concernente la prevenzione e la repressione della tratta di esseri umani e la protezione delle vittime 21 , che costituisce un quadro giuridico completo per combattere efficacemente tutte le forme di sfruttamento nell'Unione da parte di persone fisiche e giuridiche, in particolare il lavoro coatto, lo sfruttamento sessuale, l'accattonaggio, la schiavitù o pratiche simili alla schiavitù, la servitù, lo sfruttamento di attività illecite o il prelievo di organi. Stabilisce inoltre la responsabilità delle persone giuridiche per i reati di cui a tale direttiva, commessi a loro vantaggio da qualsiasi soggetto che detenga una posizione dominante in seno alla persona giuridica o qualora la commissione del reato sia resa possibile dall'omissione di sorveglianza o di controllo. La direttiva 2011/36/UE prevede sanzioni nei confronti della persona giuridica ritenuta responsabile.

La presente direttiva integrerà la direttiva sulle sanzioni nei confronti dei datori di lavoro 22 , che vieta l'impiego di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare, comprese le vittime della tratta di esseri umani. La direttiva sulle sanzioni nei confronti dei datori di lavoro stabilisce norme minime in materia di sanzioni e altri provvedimenti da applicare negli Stati membri nei confronti dei datori di lavoro che la violano.

Dati l'ambito d'applicazione trasversale coperto e l'ampia varietà di impatti sulla sostenibilità contemplati, la presente direttiva integrerà inoltre gli strumenti esistenti o previsti che trattano del dovere di diligenza nelle catene del valore dei prodotti e settoriali a livello dell'UE.

Il cosiddetto regolamento sui minerali provenienti da zone di conflitto 23 , che si applica a quattro minerali e metalli specifici, impone alle società dell'UE che intervengono nella catena di approvvigionamento di importare stagno, tungsteno, tantalio e oro esclusivamente estratti da fonti responsabili e non provenienti da zone di conflitto e di predisporre meccanismi più specifici per l'adempimento del dovere di diligenza, ad esempio un audit indipendente del dovere di diligenza nella catena di approvvigionamento effettuato da soggetti terzi. Le disposizioni in materia di dovere di diligenza della presente direttiva riguardano anche gli impatti negativi sull'ambiente e si applicheranno alle catene del valore di altri minerali che non sono contemplati dal regolamento sui minerali provenienti da zone di conflitto ma che hanno impatti negativi sui diritti umani, sul clima e sull'ambiente.

La proposta di regolamento della Commissione sulle catene di approvvigionamento a deforestazione zero 24 si concentra su determinate materie prime e catene di approvvigionamento dei prodotti. Ha un obiettivo molto specifico, vale a dire ridurre l'impatto del consumo e della produzione dell'UE sulla deforestazione e sul degrado forestale in tutto il mondo. In alcuni settori i requisiti che impone saranno più prescrittivi rispetto agli obblighi generali di diligenza previsti dalla presente direttiva. Prevede ad esempio il divieto di immettere sul mercato determinate materie prime e prodotti derivati laddove la soddisfazione degli obblighi di "legalità" e "deforestazione zero" non possa essere accertata con la dovuta diligenza. Tale divieto si applicherà a tutti gli operatori che immettono i prodotti in questione sul mercato dell'Unione, comprese le società dell'UE e dei paesi terzi indipendentemente dalla loro forma giuridica e dalle dimensioni. Pertanto, sebbene gli obiettivi generali delle due iniziative si sostengano a vicenda, gli specifici obiettivi perseguiti sono diversi. La presente direttiva integrerà il regolamento sui prodotti a deforestazione zero introducendo nella catena del valore un dovere di diligenza relativo ad attività che non sono contemplate dal regolamento sui prodotti a deforestazione zero ma che potrebbero comportare la deforestazione, direttamente o indirettamente. 

La proposta della Commissione di un nuovo regolamento relativo alle batterie 25 persegue gli obiettivi specifici di ridurre l'impatto ambientale, climatico e sociale in tutte le fasi del ciclo di vita delle batterie, rafforzare il funzionamento del mercato interno e garantire condizioni di parità attraverso un insieme comune di norme. Impone agli operatori economici che immettono sul mercato dell'Unione batterie industriali o batterie per veicoli elettrici (comprese quelle incorporate nei veicoli) superiori a 2 kWh di stabilire politiche del dovere di diligenza nella catena di approvvigionamento. Si concentra sulle materie prime per le quali una parte rilevante della produzione mondiale è destinata alla fabbricazione di batterie e che possono comportare impatti sociali o ambientali negativi (cobalto, grafite naturale, litio e nichel). Gli operatori economici devono presentare la documentazione di conformità ai fini della verifica di terzi svolta da organismi notificati e sono soggetti al controllo delle autorità nazionali di vigilanza del mercato. La presente direttiva integrerà il regolamento sulle batterie introducendo nella catena del valore un dovere di diligenza relativo a materie prime non contemplate da tale regolamento, ma senza richiedere la certificazione per l'immissione dei prodotti sul mercato dell'UE.

La futura iniziativa sui prodotti sostenibili mira a rivedere l'attuale direttiva sulla progettazione ecocompatibile 26 e riguarda più in generale la sostenibilità dei prodotti immessi sul mercato dell'UE e la trasparenza delle relative informazioni.

La presente proposta svolgerà un ruolo essenziale nell'affrontare il problema del ricorso al lavoro coatto nelle catene globali del valore. Come annunciato nella comunicazione sul lavoro dignitoso in tutto il mondo 27 , la Commissione sta preparando una nuova proposta legislativa che vieterà efficacemente l'immissione sul mercato dell'Unione di prodotti ottenuti con il lavoro coatto, compreso il lavoro minorile forzato. La nuova iniziativa riguarderà sia i prodotti nazionali che quelli importati e combinerà il divieto con un solido quadro di applicazione basato sul rischio. Il nuovo strumento si baserà sulle norme internazionali e integrerà le iniziative trasversali e settoriali, in particolare gli obblighi di diligenza stabiliti dalla presente proposta.

La presente direttiva lascia impregiudicata l'applicazione di altri requisiti in materia di diritti umani, protezione dell'ambiente e cambiamenti climatici previsti da altri atti legislativi dell'Unione. Se le disposizioni della presente direttiva contrastano con una disposizione di altro atto legislativo dell'Unione che persegue gli stessi obiettivi e impone obblighi più ampi o più specifici, le disposizioni dell'altro atto legislativo dell'Unione dovrebbero prevalere per gli aspetti contrastanti e dovrebbero applicarsi a tali obblighi specifici

Coerenza con le altre normative dell'Unione

La presente direttiva è importante per conseguire gli obiettivi delle varie misure dell'Unione vigenti e previste nel settore dei diritti umani, compresi i diritti dei lavoratori, e dell'ambiente.

Nell'ambito del Green Deal europeo, la Commissione ha elencato un'iniziativa sul governo societario sostenibile tra i risultati di piano d'azione per l'economia circolare , strategia sulla biodiversità, strategia dal produttore al consumatore, strategia in materia di sostanze chimiche , aggiornamento della nuova strategia industriale 2020: costruire un mercato unico più forte per la ripresa dell'Europa, e strategia per finanziare la transizione verso un'economia sostenibile .

Il diritto ambientale dell'UE introduce vari obblighi ambientali per le società e gli Stati membri o definisce obiettivi per l'Unione 28 . In generale, tuttavia, non si applica alle catene del valore al di fuori dell'Unione, in cui può verificarsi fino all'80-90 % del danno ambientale causato dalla produzione dell'UE 29 . La Direttiva sulla responsabilità ambientale 30  istituisce un quadro per la responsabilità ambientale in materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale basato sul principio "chi inquina paga" per le attività societarie. Non comprende le catene del valore delle società. La responsabilità civile connessa agli impatti ambientali negativi della presente direttiva sarà complementare alla direttiva sulla responsabilità ambientale.

La presente direttiva integrerà la legislazione dell'UE in materia di clima, compresa la normativa europea sul clima, fissando l'ambizione climatica dell'Unione, con l'obiettivo intermedio di ridurre le emissioni nette di gas a effetto serra di almeno il 55 % entro il 2030, al fine di avviare l'Europa su un percorso responsabile per diventare climaticamente neutra entro il 2050. Più specificamente la presente direttiva integrerà il pacchetto "Pronti per il 55 %" 31 e le sue varie azioni chiave - come la definizione di obiettivi più ambiziosi in materia di efficienza energetica ed energie rinnovabili per gli Stati membri entro il 2030 o il potenziamento del sistema di scambio di quote di emissione dell'UE 32 - che deve essere sostenuto da una più ampia trasformazione dei processi di produzione per conseguire la neutralità climatica entro il 2050 in tutta l'economia e in tutte le catene del valore. Il pacchetto "Pronti per il 55 %" si applicherà solo indirettamente ad alcune catene del valore di paesi terzi delle società dell'UE attraverso il meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere (CBAM) 33 , che mira a prevenire la "rilocalizzazione delle emissioni di CO2" 34 imponendo un prezzo di adeguamento del carbonio per determinati prodotti importati non soggetti al prezzo del carbonio derivante dal sistema di scambio di quote di emissione dell'UE.

L'attuale normativa dell'UE in materia di salute e sicurezza e diritti fondamentali riguarda impatti negativi molto specifici (quali le violazioni del diritto alla tutela della vita privata e alla protezione dei dati, la discriminazione, gli aspetti sanitari specifici connessi alle sostanze pericolose, le minacce per la salute e la sicurezza dei lavoratori, le violazioni dei diritti dei minori, ecc.) all'interno dell'Unione 35 , ma non sempre si applica alle catene del valore delle società al di fuori dell'Unione.

L'iniziativa è in linea con il piano d'azione dell'UE sui diritti umani e la democrazia 20202024 36 , che comprende l'impegno dell'Unione e degli Stati membri a rafforzare le iniziative per promuovere attivamente l'attuazione delle norme internazionali in materia di condotta d'impresa responsabile, quali i principi guida delle Nazioni Unite su imprese e diritti umani e le linee guida dell'OCSE destinate alle imprese multinazionali e sul dovere di diligenza. È coerente con la strategia dell'UE sui diritti dei minori 37 , che impegna l'Unione ad adottare un approccio di tolleranza zero del lavoro minorile e a garantire che le catene di approvvigionamento delle società dell'UE siano esenti dal lavoro minorile. Nella strategia dell'UE per la lotta alla tratta degli esseri umani 2021- 2025 38 la Commissione si è impegnata a presentare una proposta legislativa sul governo societario sostenibile per promuovere una condotta delle imprese sostenibile e responsabile a lungo termine. L'iniziativa contribuisce anche agli obiettivi della comunicazione della Commissione sul lavoro dignitoso in tutto il mondo 39 , adottata congiuntamente alla presente proposta.

La presente direttiva contribuirà al pilastro europeo dei diritti sociali in quanto entrambi gli strumenti promuovono diritti quali condizioni di lavoro eque 40 . Al di là della sua prospettiva esterna, tratterà delle violazioni delle norme internazionali del lavoro che si verificano nell'Unione (ad esempio, casi di lavoro coatto in agricoltura). Pertanto, a livello interno, rafforzerebbe la protezione dei lavoratori nell'Unione parallelamente all'acquis sociale esistente e contribuirebbe a prevenire e a contrastare gli abusi all'interno e tra gli Stati membri.

Pertanto la presente direttiva integrerà il contesto normativo dell'UE che attualmente non prevede un quadro trasparente e prevedibile a livello dell'Unione che aiuti le società dell'UE, in tutti i settori dell'economia, a valutare e a gestire i rischi e gli impatti per la sostenibilità in relazione ai rischi fondamentali per i diritti umani e l'ambiente, anche nelle rispettive catene del valore.

2.BASE GIURIDICA, SUSSIDIARIETÀ E PROPORZIONALITÀ

Base giuridica

La proposta fonda sugli articoli 50 e 114 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE).

L'articolo 50, paragrafo 1, TFUE, in particolare l'articolo 50, paragrafo 2, lettera g), TFUE, prevedono la competenza dell'UE ad agire per conseguire la libertà di stabilimento per quanto riguarda una determinata attività, in particolare "coordinando, nella necessaria misura e al fine di renderle equivalenti, le garanzie che sono richieste, negli Stati membri, alle società a mente dell'articolo 54, secondo comma per proteggere gli interessi tanto dei soci come dei terzi". Un esempio in tal senso può essere costituito dalle misure di coordinamento relative alla tutela degli interessi degli azionisti delle società e di altri portatori di interessi, al fine di rendere tale tutela equivalente in tutta l'Unione, laddove le disparità tra le normative nazionali siano tali da ostacolare la libertà di stabilimento 41 . Il ricorso a tale disposizione è possibile al fine di prevenire l'insorgere di ostacoli attuali o futuri alla libertà di stabilimento dovuti all'evoluzione eterogenea delle normative nazionali. L'insorgere di tali ostacoli deve apparire probabile e la misura di cui trattasi deve avere ad oggetto la loro prevenzione 42 .

La presente proposta disciplina gli obblighi di diligenza in materia di sostenibilità delle società e al tempo stesso, nella misura in cui la questione è collegata a tale dovere di diligenza, disciplina gli obblighi degli amministratori societari e i sistemi di gestione aziendale per l'adempimento del dovere di diligenza. Riguarda pertanto processi e misure per la tutela degli interessi dei soci e dei portatori di interessi delle società. Diversi Stati membri hanno introdotto recentemente normative che disciplinano il dovere di diligenza in materia di sostenibilità 43 , mentre altri sono in procinto di legiferare o stanno valutando l'ipotesi di attivarsi in tal senso 44 . Un numero crescente di Stati membri ha recentemente disciplinato la questione imponendo agli amministratori di tenere conto degli impatti societari esterni 45 , di dare priorità agli interessi dei portatori di interessi nelle loro decisioni 46 o di adottare una dichiarazione politica sulla strategia della società in materia di diritti umani 47 . Nonostante tutti gli Stati membri intendano basarsi sulle norme internazionali esistenti (principi guida delle Nazioni Unite su imprese e diritti umani, norme OCSE in materia di condotta d'impresa responsabile), le normative nuove ed emergenti in materia di dovere di diligenza sono notevolmente diverse nell'Unione, facendo così sorgere requisiti divergenti. Alcuni Stati membri hanno adottato, o probabilmente adotteranno, una normativa limitata a problematiche specifiche di sostenibilità nelle catene del valore 48 . L'ambito d'applicazione soggettivo, i requisiti sostanziali in materia di diligenza, i regimi di applicazione e i relativi obblighi degli amministratori divergono e la divergenza potrebbe addirittura allargarsi in futuro 49 . Ci si può attendere che altri Stati membri decidano di non legiferare in questo settore. Requisiti notevolmente diversi tra Stati membri generano quindi una frammentazione del mercato interno. Tale frammentazione potrebbe verosimilmente aumentare nel tempo.

Detta frammentazione rischia anche di creare condizioni di disparità per le società nel mercato interno. Anzitutto, le società e i relativi amministratori, in particolare di quelle con catene del valore transfrontaliere, sono già soggetti a requisiti diversi e saranno probabilmente soggetti a requisiti ancora più diversi a seconda del luogo in cui è ubicata la sede legale. Questo falsa la concorrenza. Inoltre, a seconda del modo in cui organizzano le attività nel mercato interno, alcune società possono ricadere contemporaneamente nell'ambito d'applicazione di due o più quadri giuridici nazionali diversi in materia di governo societario sostenibile 50 . Ciò potrebbe comportare una duplicazione dei requisiti, difficoltà nel rispettare le norme, mancanza di certezza del diritto per le società e persino requisiti giuridici paralleli tra loro incompatibili. Per contro alcune società potrebbero non ricadere nell'ambito d'applicazione di alcun quadro nazionale per il semplice motivo che non hanno legami pertinenti ai sensi del diritto nazionale con la giurisdizione di uno Stato membro che preveda norme di diligenza, ottenendo così un vantaggio sui concorrenti.

L'atto proposto è inteso a prevenire e ad eliminare tali ostacoli alla libera circolazione e le distorsioni della concorrenza armonizzando gli obblighi delle società di adempiere il dovere di diligenza nell'attività che svolgono, nelle loro filiazioni e nelle catene del valore cui partecipano, e i relativi obblighi degli amministratori. S'instaureranno così condizioni di parità in cui le società di dimensioni simili e i relativi amministratori saranno soggetti agli stessi requisiti per l'integrazione di misure di governo societario sostenibile e di diligenza delle società nei sistemi di gestione interna, tutelando in tal modo in modo analogo gli interessi dei portatori di interessi della società. La presenza di condizioni armonizzate sarebbe vantaggiosa per lo stabilimento transfrontaliero, comprese le attività societarie e gli investimenti, in quanto faciliterebbe il confronto tra i requisiti di sostenibilità aziendale, agevolerebbe il coinvolgimento e quindi lo renderebbero meno costoso.

L'articolo 50 TFUE è lex specialis per le misure adottate al fine di realizzare la libertà di stabilimento. Tra le misure proposte, quelle riguardanti il governo societario rientrano in questa base giuridica, in particolare poiché riguardano l'integrazione del dovere di diligenza nelle politiche societarie, le misure sul piano delle società atto a garantire che il modello di business e la strategia aziendale perseguiti siano compatibili con la transizione a un'economia sostenibile e con la limitazione del riscaldamento globale a 1,5 ºC, in conformità dell'accordo di Parigi, e le pertinenti misure retributive, così come le disposizioni sul dovere di sollecitudine degli amministratori e sugli obblighi degli amministratori in materia di istituzione e controllo della diligenza.

Al fine di affrontare in modo globale gli ostacoli al mercato interno sopra descritti, l'articolo 50 TFUE va letto in combinazione con la disposizione generale dell'articolo 114 TFUE. L'articolo 114 TFUE prevede l'adozione di misure relative al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri che hanno per oggetto l'instaurazione o il funzionamento del mercato interno. Il legislatore dell'Unione può ricorrere all'articolo 114 TFUE, in particolare, quando le disparità tra le normative nazionali sono tali da ostacolare le libertà fondamentali o da falsare la concorrenza e pertanto da incidere direttamente sul funzionamento del mercato interno.

Come indicato in precedenza, le differenze tra le normative nazionali in materia di governo societario sostenibile e di obblighi di diligenza hanno un impatto diretto sul funzionamento del mercato interno e tale impatto è destinato ad aumentare in futuro. Al di là delle questioni disciplinate dall'articolo 50 TFUE, il presente atto riguarda altri settori dell'instaurazione e del funzionamento del mercato interno. In particolare, in assenza di un'azione da parte del legislatore dell'Unione, la produzione e la circolazione di beni e servizi sarebbero sbilanciate a favore delle giurisdizioni prive di regimi di diligenza o con regimi meno rigorosi, o delle società stabilite in tali giurisdizioni, determinando un impatto sostanziale sul flusso di beni e servizi. Inoltre le società che forniscono beni o servizi, in particolare le PMI, dovranno far fronte a normative e aspettative divergenti da parte di clienti situati in Stati membri diversi. Ad esempio, mentre il diritto di uno Stato membro può imporre al fornitore di assicurare un audit di terzi, un altro Stato membro può esigere che lo stesso fornitore partecipi a regimi settoriali riconosciuti e a iniziative multipartecipative. Uno Stato membro può imporre a una società di adempiere il dovere di diligenza in relazione ai rapporti d'affari consolidati, mentre un altro Stato membro può disciplinare solo i fornitori diretti. Una situazione di questo tipo porterebbe alla moltiplicazione di requisiti diversi parzialmente incompatibili, falsando la libera circolazione delle merci e dei servizi nell'Unione.

È prevedibile che tali distorsioni e impatti si aggravino con il passare del tempo, in quanto sempre più Stati membri adotteranno normative nazionali divergenti, o possano addirittura portare a una "corsa al ribasso" nelle future normative in materia di diligenza.

Le distorsioni si verificano anche per la responsabilità civile in caso di danni causati nella catena del valore di una società. Alcuni quadri giuridici nazionali in materia di diligenza prevedono un regime esplicito di responsabilità civile connesso al mancato adempimento del dovere di diligenza, mentre altri escludono espressamente un regime specifico di responsabilità civile 51 . Diverse società sono state portate dinanzi al giudice per aver causato o per non aver impedito impatti negativi a livello delle loro filiazioni o catene del valore. Attualmente tali casi sono decisi sulla base di normative diverse. In assenza di norme comuni, la divergenza dei regimi nazionali in materia di responsabilità può portare a risultati diversi a seconda che vi sia un controllo della proprietà (per quanto riguarda le filiazioni) o un controllo effettivo (mediante contratti diretti o laddove il controllo possa essere esercitato dalla società attraverso un sistema a cascata contrattuale o altre leve nei rapporti d'affari indiretti). Questa frammentazione falserebbe la concorrenza nel mercato interno, in quanto una società con sede in uno Stato membro sarebbe soggetta a richieste di risarcimento per danni causati nella catena del valore cui partecipa, mentre una società con la stessa catena del valore sarebbe esonerata da tale rischio finanziario e reputazionale in virtù di norme nazionali divergenti.

Il regime di responsabilità civile proposto indicherebbe quali norme si applichino nel caso in cui si verifichi un danno nell'attività di una società, a livello delle sue filiazioni e a livello dei rapporti d'affari diretti e indiretti nella catena del valore. La disposizione proposta sulla legge applicabile ha lo scopo di garantire l'applicazione delle norme armonizzate, anche in materia di responsabilità civile e anche nei casi in cui diversamente il diritto applicabile a tale azione non sarebbe il diritto di uno Stato membro. Sarà pertanto essenziale per garantire la necessaria parità di condizioni.

Sussidiarietà

In primo luogo, è improbabile che la sola normativa degli Stati membri in materia sia sufficiente ed efficiente. Per quanto riguarda specifici problemi transfrontalieri, come l'inquinamento, i cambiamenti climatici, la biodiversità, ecc., l'azione individuale è ostacolata in caso di inerzia degli altri Stati membri. È improbabile che gli impegni internazionali, quali gli obiettivi dell'accordo di Parigi dell'UNFCCC 52 sui cambiamenti climatici, della convenzione sulla diversità biologica e di altri accordi multilaterali in materia ambientale, siano rispettati mediante la sola azione di ciascuno Stato membro. Inoltre i rischi derivanti dagli impatti negativi sui diritti umani e sull'ambiente presenti nelle catene del valore delle società hanno spesso effetti transfrontalieri (ad esempio inquinamento, catene di approvvigionamento e catene del valore transnazionali).

In secondo luogo, molte società operano in tutta l'UE o a livello mondiale; le catene del valore si estendono ad altri Stati membri dell'Unione e sempre più a paesi terzi. Gli investitori istituzionali che investono oltre frontiera possiedono gran parte (38 % 53 ) della capitalizzazione di mercato totale delle grandi società europee quotate in borsa, pertanto molte società hanno una proprietà transfrontaliera e le loro attività sono influenzate dalla normativa di alcuni paesi o dall'inerzia indi altri. Questo è probabilmente uno dei motivi per cui le società capofila sono riluttanti a compiere ulteriori passi per affrontare oggi le questioni di sostenibilità, comprese quelle che si pongono nelle catene del valore 54 , e chiedono condizioni di parità a livello transfrontaliero.

In terzo luogo, le società che operano nel mercato interno e altrove hanno bisogno di certezza del diritto e di condizioni di parità per crescere in modo sostenibile. Alcuni Stati membri hanno recentemente introdotto normative che disciplinano il dovere di diligenza 55 , mentre altri sono in procinto di legiferare o stanno valutando di attivarsi in merito 56 . Le norme degli Stati membri vigenti e quelle in fase di preparazione hanno già introdotto requisiti divergenti, o ne determineranno una maggiore divergenza, il che rischia di essere inefficiente e di creare condizioni di disparità. Le divergenze tra le normative sul dovere di diligenza hanno effetti indiretti considerevoli sui fornitori di società diverse soggette a leggi diverse, in quanto, in pratica, gli obblighi si traducono in clausole contrattuali. Se gli obblighi di diligenza variano notevolmente da uno Stato membro all'altro, ciò crea incertezza giuridica, frammentazione del mercato unico, costi aggiuntivi e complessità per le società e i loro investitori che operano a livello transfrontaliero, così come per altri portatori di interessi. L'azione dell'UE può evitare questo problema e ha pertanto un valore aggiunto.

Infine, rispetto all'azione individuale degli Stati membri, l'intervento dell'UE può garantire una forte voce europea negli sviluppi politici a livello mondiale 57 .

Proporzionalità

L'onere per le società derivante dai costi di conformità è stato adattato alle dimensioni, alle risorse disponibili e al profilo di rischio. Le società dovranno adottare unicamente misure adeguate che siano commisurate al grado di gravità e alla probabilità dell'impatto negativo e ragionevolmente disponibili per la società, considerate le circostanze del caso specifico, comprese le caratteristiche del settore economico e dello specifico rapporto d'affari e l'influenza della società al riguardo, e la necessità di rispettare l'ordine di priorità degli interventi. A tal fine l'ambito d'applicazione materiale e soggettivo e le disposizioni in materia di applicazione sono stati limitati, come spiegato più avanti.

Per quanto riguarda il cosiddetto "ambito d'applicazione soggettivo" degli obblighi di diligenza (ossia quali categorie di società vi rientrano), sono escluse le piccole e medie imprese (PMI), che comprendono le microimprese e rappresentano complessivamente circa il 99 % di tutte le imprese dell'Unione. Per questa categoria di società, l'onere finanziario e amministrativo connesso all'istituzione e all'attuazione di una procedura di diligenza sarebbe relativamente elevato. Nella maggior parte dei casi non dispongono di meccanismi di diligenza preesistenti, non hanno know-how né personale specializzato e i costi dell'esercizio della diligenza avrebbero su di esse un impatto sproporzionato. Saranno tuttavia esposte ad alcuni dei costi e degli oneri derivanti dai rapporti d'affari con le società interessate, in quanto si prevede che le società di grandi dimensioni trasferiranno le richieste ai fornitori. Saranno pertanto necessarie misure di sostegno per aiutare le PMI a sviluppare capacità operative e finanziarie. Anche le società il cui partner commerciale è una PMI sono tenute a sostenerla nell'adempimento degli obblighi di diligenza laddove tali requisiti ne compromettano la sostenibilità economica. Inoltre la catena del valore del settore finanziario non include le PMI che ricevono prestiti, crediti, finanziamenti, assicurazioni o riassicurazioni. Allo stesso tempo, l'esposizione di una singola PMI agli impatti negativi in termini di sostenibilità sarà di norma inferiore a quella delle società più grandi. Pertanto alle società molto grandi 58 l'obbligo di diligenza si applicherà nella sua totalità, anche perché molte di esse hanno già predisposto determinati processi, ad esempio in virtù degli obblighi di comunicazione. In particolare i criteri di fatturato selezionati filtreranno le società che hanno il maggiore impatto sull'economia dell'Unione. La presente direttiva stabilisce misure volte a limitare il trasferimento dell'onere da tali grandi società ai fornitori più piccoli nella catena del valore e a stabilire requisiti equi, ragionevoli, non discriminatori e proporzionati nei confronti delle PMI.

Per quanto riguarda le società con un fatturato inferiore e un minor numero di dipendenti 59 , l'obbligo di diligenza è limitato a quelle che operano in settori a impatto particolarmente alto e che sono al tempo stesso contemplate dalle vigenti linee guida settoriali dell'OCSE 60 . Inoltre, sebbene sia contemplato dalle linee guida dell'OCSE, il settore finanziario non è compreso fra i settori ad alto impatto a causa delle sue specificità. La limitazione mira a creare un equilibrio tra l'interesse a conseguire gli obiettivi della direttiva e l'interesse a ridurre al minimo gli oneri finanziari e amministrativi delle società. L'obbligo di diligenza per queste società sarà semplificato in quanto si applicherebbe soltanto agli impatti negativi gravi pertinenti al settore in cui operano. L'obbligo di diligenza si applicherà a tali società solo due anni dopo la fine del periodo di recepimento della presente direttiva, consentendo loro di stabilire i processi e le procedure necessarie e di beneficiare della cooperazione settoriale, degli sviluppi tecnologici, delle norme, ecc. che saranno probabilmente trainati dalla data di attuazione anticipata per le società più grandi.

Nella misura in cui la presente direttiva riguarda anche le società di paesi terzi, i criteri utilizzati per definire l'ambito d'applicazione delle società dell'UE e delle società di paesi terzi interessate non sono gli stessi, ma assicurano che le società dei paesi terzi non abbiano maggiori probabilità di ricadere nell'ambito d'applicazione. Per loro è fissato un limite minimo del fatturato netto (150 milioni di EUR per il gruppo 1 e 40 milioni di EUR per il gruppo 2), ma l'intero fatturato deve essere generato nell'Unione. Le società dell'UE, a loro volta, devono avere un fatturato netto di 150 milioni di EUR generato a livello mondiale e devono soddisfare anche un criterio relativo ai dipendenti (oltre 500 dipendenti nel gruppo 1 e oltre 250 dipendenti nel gruppo 2). Tale differenza nei criteri utilizzati è dovuta ai motivi che seguono.

Il criterio del fatturato realizzato nell'UE per le società di paesi terzi crea un legame con l'UE. L'inclusione del solo fatturato generato nell'Unione è giustificata in quanto il limite minimo in tal senso, opportunamente calibrato, crea un collegamento territoriale tra la società di paese terzo e l'Unione a causa degli effetti che le attività della società possono avere sul mercato interno dell'UE, il che è sufficiente affinché il diritto dell'Unione le si applichi.

Inoltre la direttiva sulla comunicazione paese per paese – che modifica della direttiva contabile – ha già stabilito i metodi di calcolo del fatturato netto per le società di paesi terzi, mentre la metodologia non esiste per calcolare il numero dei loro dipendenti. L'esperienza acquisita con la legge francese che disciplina il dovere di diligenza dimostra che, in assenza di una definizione comune di lavoratore dipendente 61 , il numero di dipendenti (a livello mondiale) è difficile da calcolare, il che ostacola l'individuazione di quali società di paesi terzi ricadano nell'ambito d'applicazione, impedendo la corretta applicazione delle norme.

L'impiego di criteri relativi sia ai dipendenti che al fatturato per le società dell'UE garantirebbe un migliore allineamento alla proposta di direttiva relativa alla comunicazione societaria sulla sostenibilità, che dovrebbe essere utilizzata per la comunicazione di misure e politiche di diligenza per le società dell'UE.

Pur riguardando, nelle stime della Commissione, circa 13 000 società dell'UE 62 , la direttiva interesserà solo circa 4 000 società di paesi terzi 63 . Il fatto che le società dell'UE rientreranno nella direttiva solo se raggiungeranno anche il limite minimo del numero di dipendenti molto probabilmente non modificherà le condizioni di concorrenza nel mercato interno dell'UE: i due criteri dimensionali previsti per le società dell'UE, anche se cumulativi, comporteranno comunque l'applicazione della direttiva a società relativamente più piccole rispetto a quelle di paesi terzi, in quanto, nel loro caso, si deve tener conto dell'intero fatturato netto a livello mondiale della società.

   Le grandi società di paesi terzi con un fatturato elevato nell'Unione dispongono di capacità per adempiere il dovere di diligenza e beneficeranno dei vantaggi derivanti dal dovere di diligenza anche nelle attività svolte altrove. Sotto tutti gli altri profili, le società di paesi terzi sono soggette alle norme sul dovere di diligenza allo stesso modo delle loro omologhe dell'UE (ad esempio per quanto riguarda il regime applicabile alle società che operano in settori ad alto impatto e lo stesso periodo di introduzione graduale per tali società). L'armonizzazione degli obblighi degli amministratori è limitata alle sole società dell'UE, per cui le società di paesi terzi avranno obblighi più ridotti. 

Il cosiddetto "ambito d'applicazione materiale" è incentrato e strutturato principalmente sull'obbligo di diligenza delle società e comprende gli impatti negativi sui diritti umani e sull'ambiente che possono essere chiaramente definiti in determinate convenzioni internazionali. Gli obblighi degli amministratori proposti garantiscono uno stretto legame con gli obblighi di diligenza e sono pertanto necessari per garantire l'efficacia del dovere di diligenza. Gli obblighi degli amministratori comprendono anche la precisazione delle modalità con cui sono tenuti a rispettare il dovere di sollecitudine al fine di agire nell'interesse superiore della società.

La corretta applicazione dell'obbligo di diligenza è fondamentale per conseguire gli obiettivi dell'iniziativa. La presente direttiva prevedrà una combinazione di sanzioni e responsabilità civile.

Per quanto concerne l'applicazione privatistica delle norme attraverso la responsabilità civile, l'approccio seguito è diverso per le attività proprie della società e le sue filiazioni, da un lato, e i rapporti d'affari, dall'altro. In particolare la responsabilità civile riguarda solo i rapporti d'affari consolidati con i quali un'impresa prevede di avere un rapporto duraturo, per intensità o periodo interessato, e che rappresentano una parte non trascurabile né meramente accessoria della catena del valore della società. La società non dovrebbe essere ritenuta responsabile per non aver evitato o arrestato il danno a livello dei rapporti d'affari indiretti se ha utilizzato un sistema a cascata e una garanzia contrattuali e messo in atto misure per verificarne il rispetto, a meno che, nello specifico caso, fosse irragionevole attendersi che il concreto intervento, anche per quanto riguarda la verifica della conformità, fosse atto a prevenire, attenuare o arrestare l'impatto negativo o minimizzarne l'entità. Nella valutazione dell'esistenza e della portata della responsabilità deve essere tenuto debitamente conto delle iniziative, per quanto siano connesse direttamente al danno in questione, avviate dalla società per conformarsi ai provvedimenti correttivi richiestile dall'autorità di controllo, degli investimenti effettuati e del sostegno mirato fornito, e della collaborazione attuata con altri soggetti per parare gli impatti negativi nelle pertinenti catene del valore.

Questo approccio alla responsabilità civile limiterà anche il rischio di un numero eccessivo di contenziosi.

Le misure relative all'applicazione a livello pubblicistico dell'obbligo di diligenza non vanno al di là di quanto necessario. La presente direttiva precisa che qualsiasi sanzione imposta per l'inosservanza degli obblighi di diligenza deve essere proporzionata. Se rileva un'inosservanza, l'autorità pubblica che indaga sulla conformità della società alla presente direttiva dovrebbe anzitutto concedere alla società un congruo periodo di tempo per adottare provvedimenti correttivi. La direttiva definisce un numero limitato di sanzioni che dovrebbero applicarsi in tutti gli Stati membri, ma lascia agli Stati membri il compito di garantire un processo di applicazione proporzionato, in linea con il rispettivo diritto nazionale. Le eventuali sanzioni pecuniarie inflitte si basano sul fatturato della società per garantirne la proporzionalità.

La presente direttiva non comporta costi inutili per l'Unione, i governi nazionali e le autorità regionali o locali. Lascerà agli Stati membri il compito di definire le modalità di controllo dell'applicazione delle norme. La vigilanza può essere svolta dalle autorità esistenti. Per ridurre i costi (ad esempio per la vigilanza sulle società di paesi terzi attive in vari Stati membri) e migliorare la vigilanza, il coordinamento, l'indagine e lo scambio di informazioni, la Commissione istituirà una rete europea delle autorità di controllo.

La presente direttiva consente alle società di cooperare e di ricorrere a regimi settoriali e iniziative multipartecipative per ridurre i costi di conformità.

Scelta dell'atto giuridico

Lo strumento proposto è una direttiva, in quanto la base giuridica della legislazione in materia di diritto societario per quanto riguarda la tutela degli interessi dei soci e dei terzi al fine di renderla equivalente in tutta l'Unione è l'articolo 50 TFUE, che impone al Parlamento europeo e al Consiglio di deliberare mediante direttive.

La Commissione adotta atti delegati che stabiliscono i criteri per la comunicazione da parte delle società di paesi terzi in merito al dovere di diligenza.

La Commissione può emanare orientamenti, se necessario in consultazione con i pertinenti organismi europei, organismi internazionali competenti in materia di attuazione della diligenza e altri organismi, al fine di assistere le società e le autorità degli Stati membri nella definizione delle modalità con cui le società debbano adempiere gli obblighi in materia di dovere di diligenza. Gli orientamenti possono servire anche per delineare clausole contrattuali tipo non vincolanti di cui le società possono avvalersi nell'applicazione a cascata dell'obbligo nella loro catena del valore.

La Commissione può adottare altre misure di sostegno muovendo dalle azioni e dagli strumenti attuali dell'UE a favore dell'attuazione del dovere di diligenza nell'Unione e nei paesi terzi, compresa l'agevolazione di iniziative congiunte dei portatori di interessi volte ad assistere le società nel rispetto degli obblighi che incombono loro e a sostenere le PMI interessate dalla presente direttiva in altri modi. Ciò può essere ulteriormente integrato dagli strumenti di cooperazione allo sviluppo dell'UE per sostenere i governi dei paesi terzi e gli operatori economici a monte dei paesi terzi a parare gli impatti negativi sui diritti umani e sull'ambiente delle attività che svolgono e dei rapporti d'affari che intrattengono a monte.

3.RISULTATI DELLE VALUTAZIONI EX POST, DELLE CONSULTAZIONI DEI PORTATORI DI INTERESSI E DELLE VALUTAZIONI D'IMPATTO

Consultazioni dei portatori di interessi

In linea con gli orientamenti per legiferare meglio, si sono svolte diverse attività di consultazione:

la valutazione d'impatto iniziale (tabella di marcia), che ha ricevuto 114 riscontri;

la consultazione pubblica aperta 64 , che ha ricevuto 473 461 risposte e 122 785 firme dei cittadini, la stragrande maggioranza delle quali è stata presentata tramite campagne utilizzando questionari precompilati, e 149 documenti di sintesi;

una consultazione specifica delle parti sociali;

una serie di seminari e riunioni con i portatori di interessi, ad esempio la riunione del gruppo informale di esperti di diritto societario (ICLEG) composto principalmente di docenti universitari di diritto societario, e una riunione con i rappresentanti degli Stati membri in seno al gruppo di esperti di diritto societario (CLEG);

conferenze e riunioni con associazioni di categoria, aziende individuali, compresi rappresentanti delle piccole e medie imprese (PMI), società civile, comprese organizzazioni non governative e senza scopo di lucro, organizzazioni internazionali come l'OCSE.

Nel complesso le attività di consultazione hanno dimostrato che, in generale, i portatori di interessi riconoscono ampiamente la necessità di un quadro giuridico dell'UE in materia di diligenza 65 . In particolare le società di grandi dimensioni nel complesso hanno chiesto una maggiore armonizzazione del dovere di diligenza per migliorare la certezza del diritto e creare condizioni di parità. Cittadini e associazioni della società civile ritengono l'attuale quadro normativo inefficace per garantire la responsabilità delle società per gli impatti negativi sui diritti umani e sull'ambiente.

La grande maggioranza dei partecipanti alla consultazione pubblica aperta, compresa la maggior parte degli Stati membri partecipanti, si è espressa a favore di un approccio trasversale al dovere di diligenza rispetto a un approccio settoriale o tematico 66 . Le società hanno dichiarato di temere il rischio di svantaggi competitivi rispetto alle società di paesi terzi che non hanno gli stessi doveri. Di conseguenza la maggior parte delle risposte concorda sul fatto che le norme in materia di dovere di diligenza dovrebbero applicarsi anche alle società di paesi terzi che, seppur non stabilite nell'UE, svolgono attività di una certa portata nell'UE 67 .

Per quanto riguarda un meccanismo di applicazione che accompagni un obbligo imperativo di diligenza, tutti i gruppi di portatori di interessi che hanno partecipato alla consultazione pubblica aperta hanno indicato a maggioranza che l'opzione più adatta è la vigilanza da parte delle autorità nazionali competenti con un meccanismo di cooperazione/coordinamento dell'UE 68 .

La maggioranza delle risposte in tutti i gruppi di portatori di interessi ritiene che la presenza di norme vincolanti associate a obiettivi sia l'opzione che comporta i costi maggiori, ma anche i maggiori benefici nel complesso. Sebbene la maggior parte delle risposte ravvisi un impatto positivo sui paesi terzi, un sottoinsieme teme che le norme in materia di dovere di diligenza possano avere un impatto negativo sui paesi terzi se le società che investono in paesi terzi con debole tutela dei diritti umani, anche in termini di protezione sociale e del lavoro, e debole protezione dell'ambiente dovessero ritirarsi da tali paesi.

Informazioni dettagliate sulla strategia di consultazione e sulle conclusioni delle consultazioni dei portatori di interessi figurano nell'allegato 2 della relazione sulla valutazione d'impatto.

Assunzione e uso di perizie

A sostegno dell'analisi delle diverse opzioni, la Commissione ha assegnato contratti di assistenza a periti esterni per uno studio sugli obblighi di diligenza lungo la catena di approvvigionamento 69 e per uno studio sugli obblighi degli amministratori e sul governo societario sostenibile 70 . I periti hanno lavorato in stretta collaborazione con la Commissione durante le diverse fasi dello studio.

Oltre a questi studi di supporto, sono state individuate ulteriori competenze attraverso la ricerca nella letteratura e le risposte ottenute dalla consultazione dei portatori di interessi.

Oltre che agli studi di supporto menzionati, alle riunioni dei gruppi di esperti e alle consultazioni dei portatori di interessi, la Commissione ha prestato particolare attenzione alla pertinente risoluzione del Parlamento europeo e alle conclusioni del Consiglio. La risoluzione del Parlamento europeo del 10 marzo 2021 ha formulato raccomandazioni alla Commissione concernenti il dovere di diligenza e la responsabilità delle imprese, invitando la Commissione a proporre norme dell'UE per un obbligo globale di diligenza delle società. Le conclusioni del Consiglio, del 1º dicembre 2020, su diritti umani e lavoro dignitoso nelle catene di approvvigionamento globali hanno invitato la Commissione a presentare una proposta per un quadro giuridico dell'UE in materia di governo societario sostenibile, compresi gli obblighi intersettoriali in materia di dovere di diligenza delle società lungo le catene globali del valore.

Valutazione d'impatto

L'analisi contenuta nella valutazione d'impatto ha affrontato in senso lato il problema derivante dalla necessità di rafforzare la sostenibilità dei sistemi di governo societario e di gestione, con due dimensioni: 1) i sistemi e le decisioni aziendali di gestione dei rischi non tengono sufficientemente conto degli interessi dei portatori di interessi e dei rischi connessi agli stessi (sostenibilità) per le società; 2) le società non attutiscono sufficientemente gli impatti negativi che producono sui diritti umani e sull'ambiente né dispongono di sistemi e di misure di governance e di gestione adeguati per attutire gli impatti dannosi.

Dopo aver esaminato le diverse opzioni strategiche, principalmente nei settori dell'obbligo di diligenza delle società e degli obblighi degli amministratori, la valutazione d'impatto ha proposto il pacchetto di opzioni strategiche prescelto articolato in tre elementi: dovere di diligenza delle società, obblighi e remunerazione degli amministratori, che si integrano a vicenda.

Il progetto di valutazione d'impatto è stato trasmesso al comitato per il controllo normativo della Commissione in data 9 aprile 2021. A seguito del parere negativo del comitato, l'8 novembre 2021 gli è stata trasmessa una valutazione d'impatto riveduta per un secondo parere. Pur prendendo atto della considerevole revisione della relazione in risposta al primo parere, il 26 novembre 2021 71 il comitato ha emesso un secondo parere negativo, in cui sottolineava la necessità di orientamenti politici per stabilire se, e a quali condizioni, l'iniziativa in materia di governo societario sostenibile potesse proseguire. Il comitato ha mantenuto il parere negativo in quanto ha ritenuto che la relazione sulla valutazione d'impatto fosse lacunosa in termini di 1) descrizione del problema e apporto di elementi di prova convincenti del fatto che le imprese dell'UE, in particolare le PMI, non rispecchiano già in misura sufficiente gli aspetti della sostenibilità o non hanno incentivi sufficienti in tal senso; 2) presentazione di una varietà di opzioni strategiche e individuazione o piena valutazione delle scelte politiche fondamentali; 3) valutazione degli impatti in modo completo, equilibrato e neutrale e evidenziazione dell'incertezza relativa alla realizzazione dei vantaggi; 4dimostrazione della proporzionalità dell'opzione prescelta.

Pertanto, al fine di recepire le osservazioni formulate nel secondo parere negativo del comitato, la valutazione d'impatto è integrata da un documento di lavoro dei servizi della Commissione sul seguito dato al parere del comitato, che fornisce ulteriori chiarimenti ed elementi di prova sui punti in cui il comitato aveva fornito suggerimenti specifici di miglioramento.

Secondo le norme "Legiferare meglio" della Commissione è necessario un parere positivo del comitato per il controllo normativo affinché un fascicolo possa passare alla fase di adozione. Tuttavia il vicepresidente per le Relazioni interistituzionali e le prospettive strategiche può consentire il proseguimento dei preparativi di un'iniziativa oggetto di un secondo parere negativo da parte del comitato per il controllo normativo. È importante segnalare che i pareri del comitato per il controllo normativo esprimono un giudizio sulla qualità della valutazione d'impatto e non un giudizio sulla relativa proposta legislativa.

La Commissione, anche alla luce del consenso espresso dal vicepresidente per le Relazioni interistituzionali e le prospettive strategiche, ha ritenuto opportuno procedere con l'iniziativa per i seguenti motivi:

l'importanza politica dell'iniziativa per la priorità politica della Commissione "Un'economia al servizio delle persone", anche nel contesto del pacchetto sulla finanza sostenibile e del Green Deal europeo;

l'urgenza di agire nel settore del dovere di diligenza nella catena del valore quale contributo alla transizione alla sostenibilità e per affrontare il rischio di una crescente frammentazione del mercato unico, nonché l'opinione secondo cui

i chiarimenti e gli elementi di prova supplementari forniti hanno colmato in modo soddisfacente le carenze della valutazione d'impatto riscontrate dal comitato per il controllo normativo e sono stati presi in considerazione nella proposta legislativa adattata.

Per quanto riguarda l'importanza e urgenza, la Commissione ha preso atto che l'iniziativa è stata inclusa dal Parlamento europeo, dal Consiglio e dalla Commissione nelle priorità politiche comuni per il 2022.

Dopo un'attenta analisi delle conclusioni del comitato e tenuto conto delle riflessioni sui chiarimenti e sugli elementi di prova supplementari forniti, la Commissione ritiene che la proposta, che è stata notevolmente riveduta rispetto al pacchetto di opzioni strategiche presentato dalla valutazione d'impatto, consenta ancora di progredire in modo decisivo verso l'obiettivo generale di sfruttare meglio il potenziale del mercato unico per contribuire alla transizione a un'economia sostenibile e promuovere una condotta d'impresa sostenibile e responsabile a lungo termine. La direttiva è più focalizzata e mirata rispetto all'opzione prescelta delineata nel progetto di valutazione d'impatto. S'impernia sull'obbligo di diligenza, mentre riduce sensibilmente gli obblighi degli amministratori, collegandoli strettamente all'obbligo di diligenza. L'ambito d'applicazione del dovere di diligenza è stato adeguato. Una descrizione dettagliata degli adeguamenti apportati al pacchetto di opzioni prescelte della valutazione d'impatto figura nell'allegato documento di lavoro dei servizi della Commissione che presenta il seguito dato al parere del comitato per il controllo normativo e fornisce ulteriori informazioni.

In sintesi, il cosiddetto "ambito d'applicazione soggettivo", ossia le categorie di imprese interessate, è stato notevolmente ridotto a seguito delle riflessioni suscitate dalle osservazioni del comitato sulla descrizione del problema, in particolare per quanto riguarda le PMI, e sulla proporzionalità dell'opzione prescelta. In concreto le PMI sono state completamente escluse dall'ambito d'applicazione e l'inclusione dei settori ad alto impatto è stata estesa solo alle società con più di 250 dipendenti e più di 40 milioni di EUR di fatturato netto a livello mondiale (mentre le grandi società che superano contemporaneamente sia i 500 dipendenti che i 150 milioni di EUR di fatturato netto a livello mondiale ricadono nell'ambito d'applicazione indipendentemente dal settore di attività economica). I settori ad alto impatto sono definiti direttamente nel testo, riflettendo quindi anche le osservazioni del comitato in merito alla tecnica legislativa. La definizione di settori ad alto impatto è stata limitata ai settori ad alto rischio di impatti negativi per i quali esistono linee guida dell'OCSE. Per le società a media capitalizzazione nei settori ad alto impatto, le norme inizieranno ad applicarsi dopo un periodo transitorio di due anni al fine di lasciare un periodo di adattamento più lungo. Inoltre gli obblighi di diligenza di tali società sono limitati solo a gravi impatti pertinenti al settore in cui operano.

Per conseguire efficacemente gli obiettivi dell'iniziativa, l'ambito d'applicazione della presente proposta si estende alle società di paesi terzi. La proposta interessa solo le società di paesi terzi che hanno un legame diretto con il mercato dell'Unione e che raggiungono un limite minimo di fatturato analogo a quella delle società dell'UE ma all'interno del mercato dell'Unione. Saranno soggette agli stessi obblighi di diligenza delle corrispondenti società dell'UE.

La direttiva indica che è necessario un sostegno accessibile e pratico per le società, in particolare le PMI che intervengono nella catena del valore, per consentire loro di prepararsi agli obblighi (o alle conseguenti richieste che possono essere loro trasferite indirettamente). Il sostegno potrebbe includere orientamenti pratici e strumenti di ausilio quali sportelli telefonici, banche dati o formazione, così come l'istituzione di un osservatorio per assistere le società nell'attuazione della direttiva. La clausola di riesame fa esplicito riferimento all'ambito d'applicazione soggettivo della direttiva (vale a dire l'inclusione delle categorie di imprese), che dovrebbe essere rivisto alla luce delle esperienze pratiche maturate in sede di applicazione della normativa. Altre misure di attenuazione volte a ridurre l'impatto indiretto sulle PMI fanno parte degli obblighi delle società che ricadono nell'ambito d'applicazione della presente direttiva.

Per quanto riguarda l'ambito d'applicazione materiale (ossia quanto è contemplato), è stato mantenuto uno strumento trasversale che comprende gli impatti sui diritti umani e sull'ambiente, così da dare risconto al forte consenso emerso tra i gruppi di portatori di interessi sulla necessità di un quadro trasversale per affrontare i problemi individuati.

Il comitato ha osservato che la valutazione d'impatto non è sufficientemente chiara circa la necessità di regolamentare gli obblighi degli amministratori oltre agli obblighi di diligenza. La Commissione ha pertanto deciso di affrontare la questione discostandosi dal pacchetto delle opzioni prescelte nella valutazione d'impatto e concentrandosi sull'elemento relativo agli obblighi degli amministratori in materia di diligenza e dovere di sollecitudine, anche alla luce delle norme internazionali esistenti 72 . Sono compresi gli obblighi degli amministratori relativi all'istituzione e alla supervisione dell'attuazione dei processi e delle misure di diligenza delle società, alla predisposizione di un codice di condotta a tal fine e all'integrazione del dovere di diligenza nella strategia aziendale. Al fine di rispecchiare pienamente il ruolo degli amministratori alla luce degli obblighi di diligenza delle società, è inoltre precisato il dovere generale di sollecitudine degli amministratori, presente nel diritto societario di tutti gli Stati membri, prevedendo che, nell'adempiere al loro dovere di agire nell'interesse superiore della società, gli amministratori debbano tenere conto delle questioni di sostenibilità indicate nella proposta di direttiva relativa alla comunicazione societaria sulla sostenibilità, comprese, se del caso, le conseguenze per i diritti umani, i cambiamenti climatici e l'ambiente, a breve, medio e lungo termine. Non sono stati mantenuti gli obblighi specifici di più ampia portata degli amministratori che erano stati esposti nella valutazione d'impatto, così che la proposta consegua l'obiettivo prefisso pur rimanendo proporzionata.

Per quanto riguarda le osservazioni del comitato, la presente relazione e i considerando della proposta legislativa contengono spiegazioni esaustive sulle scelte politiche effettuate. Sebbene la valutazione d'impatto presentata al comitato e il parere del comitato siano stati pubblicati invariati, è stato preparato il distinto documento di lavoro dei servizi della Commissione allegato per fornire ulteriori elementi di prova e chiarimenti che diano seguito alle osservazioni del comitato, anche per quanto riguarda gli elementi di prova. Tale documento tratta in particolare gli aspetti che seguono.

1.Descrizione del problema:

la portata e l'evoluzione dei problemi ambientali e di sostenibilità direttamente connessi all'apparente assenza o all'impiego insufficiente di pratiche di gestione della sostenibilità aziendale da parte delle società dell'UE, problemi da affrontare mediante la presente direttiva, e il valore aggiunto della medesima in relazione al pacchetto globale di misure volte a promuovere la sostenibilità nell'ambito del Green Deal;

la spiegazione del motivo per cui le dinamiche competitive e di mercato, unitamente all'ulteriore evoluzione delle strategie aziendali e dei sistemi di gestione dei rischi delle società, sono considerate insufficienti e del presunto nesso di causalità tra l'utilizzo di strumenti di sostenibilità aziendale e il loro effetto pratico nell'affrontare i problemi.

2.Impatti dell'opzione prescelta:

le questioni relative ai paesi terzi, integrando le osservazioni i) sugli sviluppi previsti nei paesi terzi (anche tenendo conto delle misure internazionali e dell'UE di sostegno al commercio e allo sviluppo), ii) sugli impatti sui paesi terzi e sui fornitori nei paesi terzi;

il meccanismo di applicazione, illustrando ulteriormente il valore aggiunto di un sistema di applicazione a due pilastri basato sull'applicazione amministrativa e sulla responsabilità civile;

gli impatti sulla concorrenza e sulla competitività.

Efficienza normativa e semplificazione

Le piccole e medie imprese, comprese le microimprese, non sono incluse nell'ambito d'applicazione e gli effetti indiretti su di esse saranno attenuati sia mediante misure di sostegno e orientamenti a livello dell'Unione e degli Stati membri, sia nelle relazioni tra imprese tramite l'impiego di clausole contrattuali tipo e requisiti di proporzionalità per il partner d'affari di maggiori dimensioni.

Diritti fondamentali

Come spiegato nella valutazione d'impatto e sulla base degli elementi di prova esistenti, gli obblighi di diligenza possono comportare vantaggi rilevanti per la tutela e la promozione dei diritti fondamentali.

4.INCIDENZA SUL BILANCIO

Nessuna.

5.ALTRI ELEMENTI

Piani attuativi e modalità di monitoraggio, valutazione e informazione

La Commissione istituirà una rete europea delle autorità di controllo per contribuire all'attuazione della presente direttiva. Tale rete sarà composta di rappresentanti delle autorità di controllo designate dagli Stati membri e, se necessario, affiancate da altre agenzie dell'Unione con competenze pertinenti nei settori disciplinati dalla presente direttiva, per garantire il rispetto degli obblighi di diligenza da parte delle società, al fine di agevolare e garantire il coordinamento e la convergenza delle prassi regolamentari, investigative, sanzionatorie e di vigilanza e la condivisione delle informazioni tra tali autorità di controllo.

Trascorsi sette anni dalla fine del periodo di recepimento, la Commissione presenterà una relazione sull'attuazione della presente direttiva concernente, tra l'altro, la sua efficacia. La relazione sarà corredata, se del caso, di una proposta legislativa.

Al fine di fornire chiarezza e sostegno alle società e agli Stati membri nell'attuazione della direttiva, la Commissione pubblicherà orientamenti, ove necessario.

Documenti esplicativi

Per garantire la corretta attuazione della presente direttiva sarebbe necessario un documento esplicativo, ad esempio sotto forma di tavole di concordanza.

Illustrazione dettagliata delle singole disposizioni della proposta

L'articolo 1 definisce l'oggetto della direttiva, vale a dire la definizione di norme relative agli obblighi di diligenza delle società rispetto agli impatti negativi sui diritti umani e sull'ambiente, siano essi effettivi o potenziali, nell'ambito delle attività che svolgono, delle attività delle loro filiazioni e delle attività nella catena del valore svolte da soggetti con cui intrattengono un rapporto d'affari consolidato. La disposizione specifica inoltre che la presente direttiva stabilisce norme sulla responsabilità delle violazioni dell'obbligo di diligenza.

L'articolo 2 stabilisce l'ambito d'applicazione soggettivo della direttiva e indica i criteri in base ai quali gli Stati membri sono competenti a disciplinare le materie disciplinate dalla presente direttiva.

L'articolo 3 riporta le definizioni ai fini della presente direttiva.

L'articolo 4 impone agli Stati membri di provvedere a che ciascuna società adempia il dovere di diligenza in materia di diritti umani e ambiente rispettando i requisiti specifici di cui agli articoli da 5 a 11.

L'articolo 5 impone agli Stati membri di provvedere a che ciascuna società integri il dovere di diligenza in tutte le politiche aziendali e abbia predisposto una politica del dovere di diligenza aggiornata a cadenza annuale. La disposizione specifica che tale politica deve comprendere una descrizione dell'approccio della società al dovere di diligenza, di un codice di condotta cui i dipendenti e le filiazioni della società devono attenersi, delle procedure predisposte per l'adempimento del dovere di diligenza.

L'articolo 6 impone agli Stati membri di provvedere a che ciascuna società adotti misure adeguate per individuare gli impatti negativi sui diritti umani e gli impatti ambientali negativi, siano essi effettivi o potenziali, causati dalle proprie attività o da quelle delle sue filiazioni e al livello dei rapporti d'affari consolidati diretti o indiretti nella catena del valore cui partecipa.

L'articolo 7 impone agli Stati membri di provvedere a che ciascuna società adotti misure adeguate per prevenire i potenziali impatti negativi individuati a norma dell'articolo 6 o, qualora la prevenzione non sia possibile o non lo sia immediatamente, per attutirli sufficientemente.

L'articolo 8 impone agli Stati membri di provvedere a che ciascuna società adotti misure adeguate per arrestare gli impatti negativi sui diritti umani e gli impatti ambientali negativi effettivi che sono stati o avrebbero dovuto essere individuati a norma dell'articolo 6. Laddove l'arresto dell'impatto negativo emerso a livello di rapporti d'affari consolidati, diretti o indiretti, risulti impossibile, gli Stati membri dovrebbero provvedere a che le società ne minimizzino l'entità.

L'articolo 9 impone agli Stati membri di provvedere a che ciascuna società preveda la possibilità di presentarle un reclamo qualora si nutra un legittimo timore circa tali impatti negativi, siano essi effettivi o potenziali, anche nella relativa catena del valore. Le società sono tenute a dare questa possibilità alle persone colpite da un impatto negativo o che hanno fondati motivi di ritenere di poterne essere colpite, ai sindacati e altri rappresentanti dei lavoratori che rappresentano le persone che lavorano nella catena del valore e alle organizzazioni della società civile attive nel settore interessato.

L'articolo 10 impone agli Stati membri di provvedere a che ciascuna società effettui periodicamente una valutazione dell'attuazione delle proprie misure di diligenza al fine di verificare che gli impatti negativi siano individuati adeguatamente e che siano attuate misure preventive o correttive, e di determinare in che misura gli impatti negativi siano stati prevenuti o arrestati o ne sia stata minimizzata l'entità.

L'articolo 11 impone agli Stati membri di provvedere a che ciascuna società non vincolata agli obblighi di comunicazione di cui alla direttiva 2013/34/UE riferisca sulle materie disciplinate dalla presente direttiva pubblicando annualmente una dichiarazione sul proprio sito web.

L'articolo 12 impone alla Commissione di adottare orientamenti su clausole contrattuali tipo non vincolanti al fine di agevolare le società nel conformarsi all'articolo 7, paragrafo 2, lettera b), e all'articolo 8, paragrafo 3, lettera c).

L'articolo 13 stabilisce la possibilità per la Commissione, in consultazione con l'Agenzia dell'Unione europea per i diritti fondamentali, l'Agenzia europea dell'ambiente e, se del caso, gli organismi internazionali competenti in materia di dovere di diligenza, di emanare orientamenti, specifici a determinati settori o determinati impatti negativi, al fine di assistere le società o le autorità degli Stati membri nella definizione delle modalità con cui le società debbano adempiere gli obblighi di diligenza.

L'articolo 14 impone agli Stati membri e alla Commissione di prevedere misure di accompagnamento per le società che ricadono nell'ambito d'applicazione della presente direttiva e per gli attori lungo le catene globali del valore che sono indirettamente interessati dagli obblighi della direttiva. Il sostegno in questo senso può andare dalla gestione di siti web, portali o piattaforme specifici al sostegno finanziario alle PMI, fino all'agevolazione di iniziative congiunte dei portatori di interessi. La disposizione precisa che le società possono valersi di regimi settoriali e di iniziative multipartecipative per sostenere l'adempimento degli obblighi di diligenza e che la Commissione può, in collaborazione con gli Stati membri, emanare orientamenti utili per valutare l'idoneità di tali regimi.

L'articolo 15 impone agli Stati membri di provvedere a che talune società adottino un piano atto a garantire che il modello di business e la strategia aziendale perseguiti siano compatibili con la transizione a un'economia sostenibile e con la limitazione del riscaldamento globale a 1,5 ºC in conformità dell'accordo di Parigi.

L'articolo 16 introduce l'obbligo per le società costituite conformemente alla normativa di un paese terzo e che ricadono nell'ambito d'applicazione della presente direttiva a norma dell'articolo 2, paragrafo 2, di designare un mandatario nell'Unione dotato di incarico adeguato, che le autorità competenti degli Stati membri devono contattare per tutte le questioni necessarie per la ricezione, il rispetto e l'applicazione degli atti giuridici emessi in relazione alla presente direttiva.

L'articolo 17 impone agli Stati membri di designare una o più autorità nazionali di controllo incaricate di vigilare sul rispetto da parte delle società degli obblighi di diligenza e dell'obbligo di cui all'articolo 15, paragrafi 1 e 2, e di esercitare i poteri di esecuzione di tali obblighi conformemente all'articolo 18.

L'articolo 18 stabilisce i poteri e le risorse adeguati delle autorità di controllo designate dagli Stati membri per svolgere i loro compiti di vigilanza ed esecuzione.

L'articolo 19 impone agli Stati membri di provvedere a che ciascuna persona fisica o giuridica abbia il diritto di trasmettere alle autorità di controllo, in particolare nello Stato membro in cui ha la residenza abituale, la sede sociale, il luogo di lavoro o il luogo della presunta violazione, una segnalazione circostanziata se ha motivo di ritenere, in base a circostanze oggettive, che una società non rispetti adeguatamente le disposizioni della presente direttiva.

L'articolo 20 prevede che gli Stati membri stabiliscano le norme relative alle sanzioni applicabili in caso di violazione delle disposizioni nazionali adottate in attuazione della presente direttiva e adottino tutte le misure necessarie per assicurarne l'applicazione. Le sanzioni previste devono essere effettive, proporzionate e dissuasive. Gli Stati membri provvedono a che sia pubblicata la decisione con cui l'autorità di controllo infligge sanzioni per violazione delle disposizioni della presente direttiva.

L'articolo 21 introduce una rete europea delle autorità di controllo composta di rappresentanti delle autorità nazionali di controllo di cui all'articolo 16, al fine di agevolare e garantire il coordinamento e l'allineamento delle prassi regolamentari, investigative, sanzionatorie e di vigilanza e la condivisione di informazioni tra tali autorità di controllo.

L'articolo 22 impone agli Stati membri di stabilire, a determinate condizioni, norme che disciplinano la responsabilità civile della società per i danni derivanti dal mancato rispetto degli obblighi di diligenza. Impone inoltre agli Stati membri di provvedere a che la responsabilità di cui ai paragrafi da 1 a 3 di quest'articolo non sia negata per il solo motivo che il diritto applicabile a tali azioni non è il diritto di uno Stato membro.

L'articolo 23 stabilisce che è d'applicazione la direttiva (UE) 2019/1937 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2019, riguardante la protezione delle persone che segnalano violazioni del diritto dell'Unione, alla segnalazione di qualsiasi violazione della presente direttiva e alla protezione della persona che segnala la violazione.

L'articolo 23 precisa le condizioni del sostegno pubblico alle imprese.

L'articolo 25 precisa il dovere di sollecitudine degli amministratori.

L'articolo 26 stabilisce l'obbligo per gli amministratori delle società dell'UE di istituire e sorvegliare l'attuazione di processi e misure di diligenza delle imprese ai fini della sostenibilità e di adeguare la strategia aziendale al dovere di diligenza.

L'articolo 27 modifica l'allegato della direttiva (UE) 2019/1937.

L'articolo 28 stabilisce le norme relative agli atti delegati.

L'articolo 29 prevede una disposizione sul riesame della direttiva.

L'articolo 30 prevede disposizioni sul recepimento della direttiva.

L'articolo 31 fissa la data di entrata in vigore della presente direttiva.

L'articolo 32 stabilisce i destinatari della presente direttiva.

Gli elenchi riportati nell'allegato specificano gli impatti ambientali negativi e gli impatti negativi sui diritti umani pertinenti per la presente direttiva, al fine di includere la violazione di diritti e divieti in relazione a: accordi internazionali in materia di diritti umani (parte I, sezione 1), convenzioni in materia di diritti umani e libertà fondamentali (parte I, sezione 2) e violazione di obiettivi e divieti riconosciuti a livello internazionale previsti nelle convenzioni ambientali (parte II).

2022/0051 (COD)

Proposta di

DIRETTIVA DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO

relativa al dovere di diligenza delle imprese ai fini della sostenibilità e che modifica la direttiva (UE) 2019/1937

(Testo rilevante ai fini del SEE)

IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,

visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in particolare l'articolo 50, paragrafo 1, e paragrafo 2, lettera g), e l'articolo 114,

vista la proposta della Commissione europea,

previa trasmissione del progetto di atto legislativo ai parlamenti nazionali,

visto il parere del Comitato economico e sociale europeo 73 ,

deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria,

considerando quanto segue:

(1)L'Unione si fonda sui valori del rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell'uguaglianza, dello Stato di diritto e del rispetto dei diritti umani sanciti nella Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea. I valori fondamentali che hanno ispirato la creazione stessa dell'Unione, l'universalità e l'indivisibilità dei diritti umani e il rispetto dei principi della Carta delle Nazioni Unite e del diritto internazionale dovrebbero guidare l'azione dell'Unione sulla scena internazionale. Tale azione comprende la promozione dello sviluppo economico, sociale e ambientale sostenibile dei paesi in via di sviluppo.

(2)Un elevato livello di protezione e il miglioramento qualitativo dell'ambiente e la promozione dei valori fondamentali europei si annoverano tra le priorità dell'Unione indicate nella comunicazione della Commissione dal titolo "Il Green Deal europeo" 74 . Tali obiettivi richiedono il coinvolgimento non solo delle autorità pubbliche, ma anche degli attori privati, in particolare delle società.

(3)Nella comunicazione su un'Europa sociale forte per una transizione giusta 75 la Commissione si è impegnata a migliorare l'economia sociale di mercato europea per realizzare una transizione giusta alla sostenibilità. La presente direttiva contribuirà al pilastro europeo dei diritti sociali, che promuove diritti che garantiscono condizioni di lavoro eque. Si inserisce nelle politiche e nelle strategie dell'UE relative alla promozione del lavoro dignitoso in tutto il mondo, anche nelle catene globali del valore, come indicato nella comunicazione della Commissione sul lavoro dignitoso in tutto il mondo 76 .

(4)La condotta delle società in tutti i settori dell'economia è fondamentale per il successo degli obiettivi di sostenibilità dell'Unione, in quanto le imprese dell'Unione, in particolare quelle di grandi dimensioni, dipendono dalle catene globali del valore. Tutelare i diritti umani e l'ambiente va anche nell'interesse delle società, in particolare alla luce delle crescenti preoccupazioni espresse dai consumatori e dagli investitori in merito a tali questioni. Esistono già a livello dell'Unione 77 e a livello nazionale 78 diverse iniziative volte a promuovere le società che sostengono una trasformazione orientata a un sistema di valori.

(5)Le norme internazionali vigenti in materia di condotta d'impresa responsabile specificano che le società dovrebbero tutelare i diritti umani e stabiliscono le modalità con cui dovrebbero inserire la protezione dell'ambiente in tutte le attività che svolgono e le catene del valore cui partecipano. I principi guida delle Nazioni Unite su imprese e diritti umani 79 riconoscono la responsabilità delle società di esercitare la diligenza in materia di diritti umani individuando, prevenendo e attutendo gli impatti negativi delle loro attività sui diritti umani e rendendo conto delle modalità con cui parano tali impatti. Tali principi guida stabiliscono che le imprese debbano evitare di violare i diritti umani e debbano parare gli impatti negativi sui diritti umani che hanno causato, cui hanno contribuito o cui sono collegate per le attività che svolgono, per le loro filiazioni e per i rapporti d'affari diretti e indiretti che intrattengono.

(6)Il concetto di diligenza in materia di diritti umani è stato esposto e sviluppato ulteriormente nelle linee guida OCSE destinate alle imprese multinazionali 80 , che hanno esteso l'applicazione del dovere di diligenza ai temi dell'ambiente e della governance. Le linee guida dell'OCSE sulla condotta d'impresa responsabile e le linee guida settoriali 81 sono quadri riconosciuti a livello internazionale che stabiliscono misure pratiche in materia di dovere di diligenza per assistere le società a individuare, prevenire e attutire gli impatti, siano essi effettivi o potenziali, e rendere conto delle modalità con cui li parano, nelle loro attività, catene del valore e altri rapporti d'affari. Il concetto di dovere di diligenza è inoltre integrato nelle raccomandazioni della dichiarazione tripartita di principi sulle imprese multinazionali e la politica sociale dell'Organizzazione internazionale del lavoro (OIL) 82 .

(7)Gli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite 83 , adottati da tutti gli Stati membri dell'ONU nel 2015, comprendono la promozione di una crescita economica duratura, inclusiva e sostenibile. L'Unione si è prefissa lo scopo di conseguire gli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite. Il settore privato contribuisce a tali obiettivi.

(8)Gli accordi internazionali siglati nell'ambito della convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici di cui l'Unione e gli Stati membri sono parti, come l'accordo di Parigi 84 e il recente patto di Glasgow per il clima 85 , definiscono precise vie per affrontare la questione dei cambiamenti climatici e mantenere il riscaldamento globale entro il limite di 1,5 ºC. Oltre agli interventi specifici attesi da tutti i firmatari, si considera che un ruolo fondamentale per il conseguimento di questi obiettivi incomba al settore privato, in particolare tramite le strategie di investimento che attua.

(9)Nella normativa europea sul clima 86 l'Unione si è inoltre impegnata per legge a diventare climaticamente neutra entro il 2050 e a ridurre le emissioni di almeno il 55 % entro il 2030. Entrambi gli impegni richiedono una modifica delle modalità di produzione e di acquisto delle società. Il piano della Commissione per l'obiettivo climatico 2030 87 presenta una modellizzazione dei diversi livelli di riduzione delle emissioni richiesti ai diversi settori economici, sebbene debbano tutti, in qualsiasi scenario, ridurle sensibilmente per permettere all'Unione di conseguire gli obiettivi climatici che si è data. Il piano sottolinea inoltre che "la modifica delle regole e delle prassi relative al governo societario, compresa la finanza sostenibile, porterà manager e imprenditori a dare priorità agli obiettivi di sostenibilità nelle loro azioni e strategie." La comunicazione sul Green Deal europeo del 2019 88 stabilisce che tutte le azioni e le politiche dell'UE debbano convergere per consentire all'Unione di realizzare la transizione giusta verso un futuro sostenibile. Stabilisce inoltre che la sostenibilità debba essere integrata in modo più sistematico nella governance societaria.

(10)Secondo la comunicazione della Commissione "Plasmare un'Europa resiliente ai cambiamenti climatici" 89 , che presenta la strategia dell'Unione di adattamento ai cambiamenti climatici, le nuove decisioni politiche e in materia di investimenti dovrebbero essere basate sul clima e adeguate alle esigenze future, anche per le imprese più grandi che gestiscono le catene del valore. La presente direttiva dovrebbe essere coerente con tale strategia. Analogamente dovrebbe esservi coerenza con la direttiva […] della Commissione che modifica la direttiva 2013/36/UE per quanto riguarda i poteri di vigilanza, le sanzioni, le succursali di paesi terzi e i rischi ambientali, sociali e di governance (direttiva sui requisiti patrimoniali) 90 , che stabilisce requisiti chiari per le norme di governance delle banche, compresa la conoscenza dei rischi ambientali, sociali e di governance a livello di consiglio di amministrazione.

(11)Il piano d'azione per l'economia circolare 91 , la strategia sulla biodiversità 92 , la strategia dal produttore al consumatore 93 , la strategia in materia di sostanze chimiche 94 , l'"Aggiornamento della nuova strategia industriale 2020: costruire un mercato unico più forte per la ripresa dell'Europa" 95 , l'industria 5.0 96 , il piano d'azione sul pilastro europeo dei diritti sociali 97 e il riesame della politica commerciale del 2021 98 elencano tra i loro elementi un'iniziativa sul governo societario sostenibile.

(12)La presente direttiva è conforme al piano d'azione dell'UE per i diritti umani e la democrazia 2020-2024 99 . Tale piano d'azione definisce prioritario rafforzare l'impegno dell'Unione a promuovere attivamente l'attuazione a livello globale dei principi guida delle Nazioni Unite su imprese e diritti umani e di altre linee guida internazionali pertinenti, quali le linee guida OCSE destinate alle imprese multinazionali, anche promuovendo norme sul dovere di diligenza.

(13)Nella risoluzione del 10 marzo 2021 il Parlamento europeo invita la Commissione a proporre norme unionali per un obbligo globale di diligenza delle imprese 100 . Le conclusioni del Consiglio, del 1º dicembre 2020, su diritti umani e lavoro dignitoso nelle catene di approvvigionamento globali hanno invitato la Commissione a presentare una proposta di quadro giuridico dell'Unione in materia di governance societaria sostenibile che comprenda obblighi intersettoriali in materia di dovere di diligenza delle imprese lungo le catene di approvvigionamento globali 101 . Nella relazione di iniziativa adottata il 2 dicembre 2020 sul governo societario sostenibile, il Parlamento europeo chiede inoltre di precisare gli obblighi degli amministratori. Nella dichiarazione comune sulle priorità legislative dell'UE per il 2022 102 , il Parlamento europeo, il Consiglio dell'Unione europea e la Commissione si sono impegnati a realizzare un'economia al servizio delle persone e a migliorare il quadro normativo in materia di governance societaria sostenibile.

(14)La presente direttiva mira a che le società attive nel mercato interno contribuiscano allo sviluppo sostenibile e alla transizione economica e sociale verso la sostenibilità attraverso l'individuazione, la prevenzione, l'attenuazione, l'arresto e la minimizzazione degli impatti negativi, siano essi potenziali o effettivi, sui diritti umani e sull'ambiente connessi alle attività delle società stesse, alle loro filiazioni e alle catene del valore cui partecipano.

(15)Le società dovrebbero adottare le iniziative opportune per istituire e attuare, conformemente alle disposizioni della presente direttiva, misure di diligenza, per quanto riguarda le attività che svolgono, le proprie filiazioni e i rapporti d'affari consolidati, diretti e indiretti, che intrattengono lungo l'intera catena del valore. La presente direttiva non dovrebbe imporre alle società di garantire, che gli impatti negativi non si verificheranno mai o che saranno arrestati quali che siano le circostanze. Nei rapporti d'affari in cui l'impatto negativo deriva dall'intervento dello Stato, ad esempio, la società potrebbe non essere in grado di conseguire tale risultato. Pertanto gli obblighi principali della presente direttiva dovrebbero essere "obblighi di mezzi". La società dovrebbe adottare le misure adeguate dalle quali è ragionevolmente lecito attendersi, nelle circostanze del caso specifico, il risultato di prevenire o minimizzare l'impatto negativo. È opportuno tenere conto delle specificità della catena del valore della società, del settore o dell'area geografica in cui operano i suoi partner nella catena del valore, del potere della società di influenzare i suoi rapporti d'affari diretti e indiretti e della possibilità che il suo potere di influenza aumenti.

(16)Il processo di attuazione del dovere di diligenza previsto dalla presente direttiva dovrebbe comprendere le sei fasi definite dalle linee guida dell'OCSE sul dovere di diligenza per la condotta d'impresa responsabile, che comprendono le misure di diligenza che le società devono applicare al fine di individuare e parare gli impatti negativi sui diritti umani e gli impatti ambientali negativi. Si tratta delle fasi seguenti: 1) integrazione del dovere di diligenza nelle politiche e nei sistemi di gestione, 2) individuazione e valutazione degli impatti negativi sui diritti umani e degli impatti ambientali negativi, 3) prevenzione, arresto o minimizzazione degli impatti negativi, siano essi effettivi e potenziali, sui diritti umani e sull'ambiente, 4) valutazione dell'efficacia delle misure, 5) comunicazione, 6riparazione.

(17)L'impatto negativo sui diritti umani e l'impatto ambientale negativo si verificano nelle attività delle società stesse, nelle loro filiazioni, nei loro prodotti e nelle catene del valore cui partecipano, in particolare a livello di approvvigionamento delle materie prime, di fabbricazione o di smaltimento dei prodotti o dei rifiuti. Per produrre un effetto significativo, il dovere di diligenza dovrebbe riguardare gli impatti negativi sui diritti umani e gli impatti ambientali negativi generati durante l'intero ciclo di vita della produzione e dell'uso e smaltimento del prodotto o della prestazione del servizio, a livello delle attività proprie della società, delle sue filiazioni e delle catene del valore cui partecipa.

(18)La catena del valore dovrebbe comprendere l'insieme delle attività inerenti alla produzione di un bene o alla prestazione di un servizio da parte di una società, compresi lo sviluppo del prodotto o del servizio e l'uso e lo smaltimento del prodotto, così come le collegate attività esplicate nei rapporti d'affari consolidati della società. Dovrebbe comprendere sia i rapporti d'affari consolidati a monte, diretti e indiretti, volti a progettare, estrarre, fabbricare, trasportare, immagazzinare e fornire alla società le materie prime, i prodotti o parti di prodotti ovvero i servizi che le sono necessari per svolgere le proprie attività, sia i rapporti a valle, compresi i rapporti d'affari consolidati diretti e indiretti, volti a utilizzare o a ricevere dalla società prodotti, parti di prodotti o servizi fino alla fine del ciclo di vita del prodotto, compresi, tra l'altro, la distribuzione del prodotto ai dettaglianti, il suo trasporto e stoccaggio, il suo smantellamento e il suo riciclaggio, compostaggio o conferimento in discarica.

(19)Per quanto riguarda le imprese finanziarie regolamentate che erogano servizi di prestito, di credito o altri servizi finanziari, la "catena del valore" relativa alla prestazione di tali servizi dovrebbe essere limitata alle attività dei clienti che li ricevono e delle loro filiazioni che svolgono attività collegate al contratto in questione. Non dovrebbero essere considerati parte della catena del valore i clienti costituiti da famiglie e persone fisiche che non agiscono a titolo professionale o commerciale né le piccole e medie imprese. È opportuno non contemplare le attività delle società o di altri soggetti giuridici inclusi nella catena del valore di tali clienti. 

(20)Al fine di consentire alle società di individuare adeguatamente gli impatti negativi nella catena del valore cui partecipano e di esercitare un adeguato effetto leva, la presente direttiva dovrebbe limitare gli obblighi di diligenza ai rapporti d'affari consolidati. Ai fini della presente direttiva, per rapporti d'affari consolidati si dovrebbero intendere i rapporti d'affari diretti e indiretti che, per intensità e periodo interessato, sono duraturi o si prevede che lo saranno e che rappresentano una parte non trascurabile né meramente accessoria della catena del valore. Il carattere "consolidato" del rapporto d'affari dovrebbe essere riesaminato periodicamente, almeno ogni 12 mesi. Se la società intrattiene un rapporto d'affari diretto consolidato, anche tutti i collegati rapporti d'affari indiretti dovrebbero essere considerati consolidati in relazione ad essa.

(21)A norma della presente direttiva dovrebbero essere tenute ad assolvere il dovere di diligenza le società dell'UE con, in media, più di 500 dipendenti e un fatturato netto a livello mondiale di oltre 150 milioni di EUR nell'esercizio precedente l'ultimo esercizio. Per le società che non soddisfano tali criteri ma che hanno avuto, in media, più di 250 dipendenti e un fatturato netto a livello mondiale superiore a 40 milioni di EUR nell'esercizio precedente l'ultimo esercizio e che operano in uno o più settori ad alto impatto, è opportuno che il dovere di diligenza si applichi due anni dopo la fine del periodo di recepimento della presente direttiva, così da lasciare loro un periodo di adattamento più lungo. Affinché l'onere sia proporzionato, le società che operano in tali settori ad alto impatto dovrebbero essere tenute ad adempiere un dovere di diligenza più mirato, concentrandosi sugli impatti negativi gravi. Il personale interinale, compresi i lavoratori distaccati a norma dell'articolo 1, paragrafo 3, lettera c), della direttiva 96/71/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, modificata dalla direttiva (UE) 2018/957 103 , dovrebbe essere incluso nel calcolo del numero di dipendenti della società utilizzatrice. I lavoratori distaccati a norma dell'articolo 1, paragrafo 3, lettere a) e b), della direttiva 96/71/CE, modificata dalla direttiva (UE) 2018/957, dovrebbero essere inclusi solo nel calcolo del numero di dipendenti della società distaccante.

(22)Al fine di rispecchiare i settori prioritari dell'azione internazionale volta ad affrontare le questioni relative ai diritti umani e all'ambiente, è opportuno basare la selezione dei settori ad alto impatto ai fini della presente direttiva sulle attuali linee guida settoriali dell'OCSE in materia di dovere di diligenza. Ai fini della presente direttiva dovrebbero essere considerati ad alto impatto i settori seguenti: fabbricazione di tessuti, pellami e relativi prodotti (calzature comprese) e commercio all'ingrosso di tessuti, abbigliamento e calzature; agricoltura, silvicoltura, pesca (acquacoltura compresa), fabbricazione di prodotti alimentari e commercio all'ingrosso di materie prime agricole, bestiame, legname, alimenti e bevande; estrazione di risorse minerarie indipendentemente dal luogo in cui sono estratte (tra cui petrolio greggio, gas naturale, carbone, lignite, metalli e minerali metalliferi, tutti gli altri minerali non metallici e prodotti di cava), fabbricazione di prodotti in metallo di base, altri prodotti minerali non metallici e prodotti in metallo (macchinari e attrezzature esclusi) e commercio all'ingrosso di risorse minerali, prodotti minerali di base e intermedi (compresi metalli e minerali metalliferi, materiali da costruzione, combustibili, prodotti chimici e altri prodotti intermedi). Date le sue specificità, in particolare per quanto riguarda la catena del valore e i servizi offerti, il settore finanziario non dovrebbe rientrare fra i settori ad alto impatto contemplati dalla presente direttiva anche se è contemplato nelle linee guida settoriali dell'OCSE. Allo stesso tempo, è opportuno contemplare in questo settore una più ampia gamma di impatti negativi, siano essi effettivi o potenziali, includendo nell'ambito d'applicazione anche le società molto grandi che sono imprese finanziarie regolamentate, sebbene non abbiano forma giuridica a responsabilità limitata.

(23)Ai fini del pieno conseguimento degli obiettivi della presente direttiva circa gli impatti negativi sui diritti umani e gli impatti ambientali negativi delle attività delle società, delle loro filiazioni e delle catene del valore cui partecipano, è opportuno includere anche le società di paesi terzi che svolgono attività consistenti nell'UE. Più specificamente la direttiva dovrebbe applicarsi alle società di paesi terzi che hanno generato un fatturato netto di almeno 150 milioni di EUR nell'Unione nell'esercizio precedente l'ultimo esercizio o un fatturato netto di oltre 40 milioni di EUR ma non superiore a 150 milioni di EUR nell'esercizio precedente l'ultimo esercizio in uno o più settori ad alto impatto, e questo a decorrere da due anni dopo la fine del periodo di recepimento della presente direttiva.

(24)Per definire l'ambito d'applicazione in relazione alle società di paesi terzi è opportuno optare per il criterio del fatturato descritto, in quanto crea un collegamento territoriale tra la società di paese terzo e il territorio dell'Unione. Il fatturato è un indicatore degli effetti che le attività di tali società potrebbero avere sul mercato interno. In conformità del diritto internazionale tali effetti giustificano l'applicazione del diritto dell'Unione alle società di paesi terzi. Il fatturato di ciascuna di queste società dovrebbe essere determinato applicando i metodi di calcolo del fatturato netto validi per le società di paesi terzi di cui alla direttiva 2013/34/UE, modificata dalla direttiva (UE) 2021/2101. Ai fini di una corretta applicazione della presente direttiva, è opportuno astenersi dallo stabilire un numero minimo di lavoratori dipendenti per determinare quali società di paesi terzi ricadano nel relativo ambito d'applicazione, in quanto la nozione di "dipendenti" utilizzata ai fini della presente direttiva si basa sul diritto dell'Unione e non potrebbe essere traslata facilmente al di fuori di questa. In assenza di una metodologia chiara e coerente, anche nei sistemi contabili, per determinare i dipendenti di società di paesi terzi, tale numero minimo di lavoratori dipendenti creerebbe pertanto incertezza giuridica e sarebbe difficile da applicare per le autorità di controllo. La definizione di fatturato dovrebbe basarsi sulla direttiva 2013/34/UE, che ha già stabilito i metodi di calcolo del fatturato netto per le società di paesi terzi, in quanto le definizioni di fatturato ed entrate sono simili nei sistemi contabili internazionali. Affinché l'autorità di controllo sappia quali società di paesi terzi generano nell'Unione il fatturato richiesto per ricadere nell'ambito d'applicazione della presente direttiva, è opportuno esigere che l'autorità di controllo dello Stato membro in cui è domiciliato o stabilito il mandatario della società di paese terzo e, se diversa, l'autorità di controllo dello Stato membro in cui la società ha generato la maggior parte del fatturato netto nell'Unione nell'esercizio precedente l'ultimo esercizio siano informate del fatto che la società è una società ricadente nell'ambito d'applicazione della direttiva. 

(25)Per apportare un contributo significativo alla transizione verso la sostenibilità, dovrebbe essere esercitata la diligenza ai sensi della presente direttiva per quanto riguarda l'impatto negativo in termini di diritti umani su persone protette causato dalla violazione di uno dei diritti o dei divieti sanciti dalle convenzioni internazionali elencate nell'allegato della presente direttiva. Per includere tutti i diritti umani, dovrebbe rientrare nell'impatto negativo in termini di diritti umani contemplato dalla presente direttiva anche la violazione che, sebbene attenga a un divieto o un diritto non elencato espressamente in detto allegato, pregiudichi direttamente un interesse giuridico tutelato da tali convenzioni, purché la società fosse ragionevolmente in grado di accertare il rischio di pregiudizio e di adottare misure adeguate per assolvere gli obblighi di diligenza ai sensi della presente direttiva, tenendo conto di tutte le circostanze specifiche delle sue attività, quali il settore e il contesto operativo. Il dovere di diligenza dovrebbe inoltre comprendere gli impatti ambientali negativi causati dalla violazione di uno dei divieti o degli obblighi derivanti dalle convenzioni internazionali in materia ambientale elencate nell'allegato della presente direttiva.

(26)Le società hanno a disposizione orientamenti che illustrano in che modo le attività che svolgono possano incidere sui diritti umani e quale condotta sia loro vietata in base ai diritti umani riconosciuti a livello internazionale. Siffatti orientamenti sono inclusi, ad esempio, nel quadro di riferimento per la comunicazione dei principi guida delle Nazioni Unite 104 e nella guida interpretativa dei principi guida delle Nazioni Unite 105 . Muovendo dalle linee guida e dalle norme internazionali in materia, la Commissione dovrebbe essere in grado di pubblicare ulteriori orientamenti che fungano da strumento pratico per le società.

(27)Per assolvere adeguatamente il dovere di diligenza in materia di diritti umani e ambiente per quanto riguarda le attività che svolgono, le loro filiazioni e le catene del valore cui partecipano, le società contemplate dalla presente direttiva dovrebbero integrare il dovere di diligenza nelle politiche aziendali, individuare, prevenire, attutire e arrestare gli impatti negativi, siano essi potenziali o effettivi, sui diritti umani e sull'ambiente, e minimizzarne l'entità, instaurare e mantenere una procedura di reclamo, monitorare l'efficacia delle misure adottate in ossequio agli obblighi stabiliti dalla presente direttiva e comunicare al pubblico l'attività di diligenza che svolgono. Per offrire chiarezza alle società, la presente direttiva dovrebbe operare una distinzione netta, in particolare, fra le iniziative volte a prevenire e attutire i potenziali impatti negativi e quelle volte ad arrestare, o quando ciò non sia possibile, minimizzare gli impatti negativi effettivi.

(28)Le società dovrebbero integrare il dovere di diligenza in tutte le politiche aziendali e predisporre una politica del dovere di diligenza così che questo sia parte integrante delle politiche aziendali, in linea con il quadro internazionale in materia. Detta politica dovrebbe esporre l'approccio della società al dovere di diligenza, anche a lungo termine, e riportare un codice di condotta che illustri le norme e i principi cui devono attenersi dipendenti e filiazioni della società, ed esporre le procedure predisposte per l'esercizio del dovere di diligenza, comprese le misure adottate per verificare il rispetto del codice di condotta ed estenderne l'applicazione ai rapporti d'affari consolidati. Il codice di condotta dovrebbe applicarsi a tutte le pertinenti funzioni e attività aziendali, comprese le decisioni in materia di appalti e di acquisti. Le società dovrebbero aggiornare la politica del dovere di diligenza a cadenza annuale.

(29)Per rispettare gli obblighi di diligenza, le società devono adottare misure adeguate per quanto riguarda l'individuazione, la prevenzione e l'arresto degli impatti negativi. Una "misura adeguata" dovrebbe essere intesa come una misura che permette di conseguire gli obiettivi del dovere di diligenza, commisurata al grado di gravità e alla probabilità dell'impatto negativo e ragionevolmente disponibile alla società considerate le circostanze del caso specifico, comprese le caratteristiche del settore economico e dello specifico rapporto d'affari e l'influenza della società al riguardo, e la necessità di rispettare l'ordine di priorità degli interventi. In tale contesto, in linea con i quadri internazionali, l'influenza della società su un rapporto d'affari dovrebbe contemplare, da un lato, la sua capacità di indurre il rapporto d'affari ad intervenire per arrestare o prevenire impatti negativi (ad esempio attraverso la proprietà o il controllo effettivo, il potere di mercato, i requisiti di preselezione, il collegamento degli incentivi commerciali alle prestazioni in termini di diritti umani e ambiente, ecc.) e, dall'altro, il grado di influenza o di effetto leva che la società potrebbe ragionevolmente esercitare, ad esempio attraverso la cooperazione con il partner commerciale in questione o l'interazione con un'altra società che è partner commerciale diretto del rapporto d'affari associato a un impatto negativo. 

(30)Nell'adempimento degli obblighi di diligenza stabiliti dalla presente direttiva, la società dovrebbe individuare gli impatti negativi sui diritti umani e gli impatti ambientali negativi, siano essi effettivi o potenziali. Per essere completa, l'individuazione di tali impatti negativi dovrebbe basarsi su informazioni quantitative e qualitative. Per quanto riguarda gli impatti ambientali negativi, ad esempio, la società dovrebbe ottenere informazioni sulle condizioni originarie nei siti o nelle strutture a più alto rischio che intervengono nelle catene del valore. L'individuazione degli impatti negativi dovrebbe comprendere una valutazione dinamica dei diritti umani e del contesto ambientale compiuta a intervalli regolari: prima di una nuova attività o rapporto, prima di decisioni importanti o modifiche dell'attività; in risposta a cambiamenti nell'ambiente operativo o in previsione degli stessi; periodicamente, almeno ogni 12 mesi, per tutta la durata dell'attività o del rapporto. Le imprese finanziarie regolamentate che erogano servizi di credito o prestito o altri servizi finanziari dovrebbero individuare gli impatti negativi unicamente all'inizio del contratto. Nell'individuare gli impatti negativi le società dovrebbero rilevare e valutare anche l'impatto del modello di business e delle strategie aziendali del rapporto d'affari, comprese le pratiche commerciali, di appalto e di fissazione dei prezzi. Qualora non sia in grado di prevenire, arrestare o minimizzare tutti gli impatti negativi contemporaneamente, la società dovrebbe poter stabilire un ordine di priorità d'azione, a condizione che adotti le misure ad essa ragionevolmente disponibili tenendo conto delle circostanze specifiche.

(31)Al fine di evitare oneri eccessivi per le società più piccole che operano in settori ad alto impatto ricadenti nell'ambito d'applicazione della presente direttiva, tali società dovrebbero essere tenute unicamente a individuare gli impatti negativi gravi, siano essi effettivi o potenziali, pertinenti al rispettivo settore.

(32)In linea con le norme internazionali, la prevenzione, l'attenuazione, l'arresto e la minimizzazione degli impatti negativi dovrebbero tenere conto degli interessi di coloro che li subiscono. Al fine di privilegiare la continuità di rapporto con il partner commerciale della catena del valore piuttosto che la cessazione dei rapporti d'affari (disimpegno), che potrebbe aggravare gli impatti negativi, la presente direttiva dovrebbe fare sì che il disimpegno sia l'opzione ultima, in linea con la politica dell'Unione di tolleranza zero del lavoro minorile. La cessazione di un rapporto d'affari in cui è stato individuato il ricorso al lavoro minorile potrebbe esporre il minore a impatti negativi ancora più gravi in termini di diritti umani. Di questo dovrebbe pertanto essere tenuto conto al momento di decidere le misure adeguate da adottare.

(33)In ossequio agli obblighi di diligenza stabiliti dalla presente direttiva, la società che individua potenziali impatti negativi sui diritti umani o sull'ambiente dovrebbe adottare misure adeguate per prevenirli e attutirli sufficientemente. Per offrire alle società chiarezza e certezza del diritto, la presente direttiva dovrebbe stabilire i provvedimenti che, a seconda delle circostanze, ci si attende dalle società per prevenire e attutire i potenziali impatti negativi.

(34)Al fine di rispettare l'obbligo di prevenzione e attenuazione imposto dalla presente direttiva, le società dovrebbero essere tenute ad adottare, se del caso, i provvedimenti seguenti. Ove necessario a causa della complessità delle misure di prevenzione, le società dovrebbero predisporre e attuare un piano operativo di prevenzione. Le società dovrebbero adoperarsi per ottenere da ciascun partner diretto con il quale intrattengono un rapporto d'affari consolidato garanzie contrattuali quanto al rispetto del codice di condotta o del piano operativo di prevenzione, anche chiedendogli di chiedere a sua volta ai partner garanzie contrattuali equivalenti per quanto le loro attività rientrino nella catena del valore delle società. Le garanzie contrattuali dovrebbero essere accompagnate da misure adeguate di verifica della conformità. Ai fini di una prevenzione globale degli impatti negativi effettivi e potenziali, le società dovrebbero effettuare investimenti volti a prevenirli, offrire un sostegno mirato e proporzionato alla PMI con la quale intrattengono un rapporto d'affari consolidato, come ad esempio sostegno finanziario attraverso finanziamenti diretti, prestiti a tasso agevolato, garanzie di approvvigionamento continuo e assistenza nell'ottenere finanziamenti per contribuire all'attuazione del codice di condotta o del piano operativo di prevenzione, o orientamenti tecnici, ad esempio sotto forma di formazione, potenziamento dei sistemi di gestione, e collaborare con altre società.

(35)Al fine di rispecchiare l'intera gamma di opzioni a disposizione della società nei casi in cui le misure di prevenzione o di minimizzazione descritte non riescano a parare i potenziali impatti, la presente direttiva dovrebbe richiamare la possibilità della società di adoperarsi a concludere un contratto con il partner con il quale intrattiene un rapporto d'affari indiretto al fine di assicurare il rispetto del codice di condotta o del piano operativo di prevenzione, e di adottare misure adeguate di verifica della conformità contrattuale del rapporto d'affari indiretto. 

(36)Ai fini dell'efficacia della prevenzione e dell'attenuazione dei potenziali impatti negativi, le società dovrebbero privilegiare l'interazione coi partner nella catena del valore piuttosto che la cessazione del rapporto d'affari, riservando questa come opzione ultima dopo aver invano cercato di prevenire e attutire i potenziali impatti negativi. Nei casi in cui le misure di prevenzione o di attenuazione descritte non riescano a parare i potenziali impatti negativi, la direttiva dovrebbe tuttavia richiamare l'obbligo delle società di astenersi dall'allacciare un rapporto nuovo o dal prolungare un rapporto esistente con il partner in questione e, se permesso dalla legge che disciplina le relazioni con detto partner, di sospendere temporaneamente le relazioni commerciali con questi, attuando nel contempo iniziative di prevenzione e minimizzazione, se è ragionevole attendersene un risultato positivo a breve termine, ovvero di cessare il rapporto d'affari per le attività in questione se l'impatto negativo potenziale è grave. Al fine di consentire alle società di adempiere a tale obbligo, ciascuno Stato membro dovrebbe provvedere a che i contratti disciplinati dal proprio diritto prevedano la possibilità di cessare il rapporto d'affari. È possibile che la prevenzione degli impatti negativi a livello dei rapporti d'affari indiretti richieda la collaborazione con un'altra società, ad esempio una società che intrattiene un rapporto contrattuale diretto con il fornitore. In alcuni casi tale collaborazione potrebbe essere l'unico modo realistico per prevenire gli impatti negativi, in particolare quando il rapporto d'affari indiretto non è pronto a concludere un contratto con la società. In questi casi la società dovrebbe collaborare con il soggetto in grado di prevenire o attutire nel modo più efficace gli impatti negativi a livello dei rapporti d'affari indiretti, nel rispetto del diritto della concorrenza.

(37)Per quanto riguarda i rapporti d'affari diretti e indiretti, la cooperazione settoriale, i regimi settoriali e le iniziative multipartecipative possono contribuire a creare un ulteriore effetto leva per individuare, attutire e prevenire gli impatti negativi. Le società dovrebbero pertanto potersi valere di tali iniziative per sostenere l'adempimento degli obblighi di diligenza di cui alla presente direttiva, sempreché tali regimi o iniziative siano idonei a tal fine. Le società potrebbero valutare, di propria iniziativa, l'allineamento di tali regimi e iniziative agli obblighi previsti dalla presente direttiva. Ai fini di un'informazione completa su tali iniziative, la direttiva dovrebbe richiamare la possibilità della Commissione e degli Stati membri di favorire la diffusione di informazioni su tali regimi o iniziative e sui relativi esiti. La Commissione può, in collaborazione con gli Stati membri, emanare orientamenti utili per valutare l'idoneità dei regimi settoriali e delle iniziative multipartecipative.

(38)In ossequio agli obblighi di diligenza stabiliti dalla presente direttiva, la società che individua impatti negativi effettivi sui diritti umani o sull'ambiente dovrebbe adottare misure adeguate per arrestarli. È lecito attendersi che la società sia in grado di arrestare gli impatti negativi effettivi nelle proprie attività e filiazioni. Per quanto riguarda i rapporti d'affari consolidati, è tuttavia opportuno precisare che, qualora risulti impossibile arrestare gli impatti negativi, la società dovrebbe minimizzarne l'entità. La minimizzazione dell'entità degli impatti negativi dovrebbe comportare un esito il più possibile vicino all'arresto dell'impatto negativo. Al fine di offrire alle società chiarezza e certezza del diritto, la presente direttiva dovrebbe definire, se d'interesse nelle circostanze, le azioni attese dalle società per arrestare gli impatti negativi effettivi sui diritti umani e sull'ambiente e minimizzarne l'entità.

(39)Al fine di rispettare l'obbligo di arrestare gli impatti negativi effettivi e minimizzarne l'entità di cui alla presente direttiva, le società dovrebbero essere tenute ad adottare, se del caso, i provvedimenti seguenti. Dovrebbero neutralizzare l'impatto negativo o minimizzarne l'entità mediante un intervento proporzionato alla rilevanza e all'entità dell'impatto e al contributo ad esso risultante dalla condotta della società. Se l'impossibilità di un arresto immediato dell'impatto negativo lo rende necessario, le società dovrebbero predisporre e attuare un piano d'azione correttivo che preveda scadenze ragionevoli e precise per gli interventi e indicatori qualitativi e quantitativi per misurare i progressi. Le società dovrebbero adoperarsi per ottenere da ciascun partner commerciale diretto con il quale intrattengono un rapporto d'affari consolidato garanzie contrattuali quanto al rispetto del codice di condotta della società e, se necessario, di un piano operativo di prevenzione, anche chiedendogli di chiedere a sua volta ai partner garanzie contrattuali equivalenti per quanto le loro attività rientrino nella catena del valore della società. Le garanzie contrattuali dovrebbero essere accompagnate da misure adeguate di verifica della conformità. Infine le società dovrebbero effettuare investimenti volti ad arrestare l'impatto negativo o minimizzarne l'entità, fornire un sostegno mirato e proporzionato alle PMI con le quali intrattengono un rapporto d'affari consolidato e collaborare con altri soggetti, se del caso anche per aumentare la propria capacità di arrestare l'impatto negativo.

(40)Al fine di rispecchiare l'intera gamma di opzioni a disposizione della società nei casi in cui le misure descritte non riescano a parare gli impatti effettivi, la presente direttiva dovrebbe richiamare la possibilità della società di adoperarsi a concludere un contratto con il partner con il quale intrattiene un rapporto d'affari indiretto al fine di assicurare il rispetto del codice di condotta o del piano d'azione correttivo, e di adottare misure adeguate di verifica della conformità contrattuale del rapporto d'affari indiretto. 

(41)Ai fini dell'efficacia dell'arresto e della minimizzazione degli impatti negativi effettivi, le società dovrebbero privilegiare l'interazione coi partner nella catena del valore piuttosto che la cessazione del rapporto d'affari, riservando questa come opzione ultima dopo aver invano cercato di arrestare o minimizzare gli impatti negativi effettivi. Nei casi in cui le misure descritte non riescano ad arrestare o attutire sufficientemente gli impatti negativi effettivi, la direttiva dovrebbe tuttavia richiamare l'obbligo delle società di astenersi dall'allacciare un rapporto nuovo o dal prolungare un rapporto esistente con il partner in questione e, se permesso dalla legge che disciplina le relazioni con detto partner, adottare uno dei provvedimenti seguenti: sospensione temporanea delle relazioni commerciali con il partner in questione, combinata con la contestuale prosecuzione delle iniziative volte ad arrestare l'impatto negativo o a minimizzarne l'entità, o cessazione del rapporto d'affari per le attività in questione se l'impatto negativo è considerato grave. Al fine di consentire alle società di adempiere a tale obbligo, ciascuno Stato membro dovrebbe provvedere a che i contratti disciplinati dal proprio diritto prevedano la possibilità di cessare il rapporto d'affari.

(42)Le società dovrebbero dare alle persone e alle organizzazioni la possibilità di presentare loro un reclamo direttamente qualora nutrano un legittimo timore circa gli impatti negativi sui diritti umani e gli impatti ambientali negativi, siano essi effettivi o potenziali. È opportuno che, fra le organizzazioni che possono presentare reclamo, si annoverino i sindacati e altri rappresentanti dei lavoratori che rappresentano le persone che lavorano nella catena del valore interessata e le organizzazioni della società civile attive nei settori collegati alla catena del valore interessata, qualora siano a conoscenza di un impatto negativo potenziale o effettivo. Le società dovrebbero predisporre una procedura di trattamento di tali reclami e informarne ove opportuno i lavoratori, i sindacati e gli altri rappresentanti dei lavoratori. Il ricorso al meccanismo di reclamo e di riparazione non dovrebbe impedire al reclamante di utilizzare i mezzi di ricorso giurisdizionale. Conformemente alle norme internazionali, i reclamanti dovrebbero avere il diritto di chiedere alla società un seguito adeguato del reclamo e di incontrare i rappresentanti della società, del livello adeguato, per discutere degli impatti negativi gravi, siano essi potenziali o effettivi, oggetto del reclamo. Questa facoltà non dovrebbe portare a sollecitazioni irragionevoli delle società.

(43)Le società dovrebbero monitorare l'attuazione e l'efficacia delle misure di diligenza predisposte. Ciascuna società dovrebbe effettuare periodicamente una valutazione delle attività proprie, di quelle delle sue filiazioni e, se collegate alle catene del valore cui partecipa, di quelle dei suoi rapporti d'affari consolidati, per monitorare l'efficacia degli interventi di individuazione, prevenzione, attenuazione, arresto e minimizzazione nell'entità degli impatti negativi sui diritti umani e degli impatti ambientali negativi. La valutazione dovrebbe verificare che gli impatti negativi siano individuati adeguatamente, che le misure di diligenza siano attuate e che gli impatti negativi siano stati effettivamente prevenuti o arrestati. Per essere d'attualità la valutazione dovrebbe essere effettuata almeno ogni 12 mesi ed essere rivista nel frattempo se vi sono validi motivi di ritenere che possano essere sorti nuovi rischi rilevanti di impatto negativo.

(44)In linea con le norme internazionali vigenti stabilite dai principi guida delle Nazioni Unite su imprese e diritti umani e dal quadro dell'OCSE, rientra nell'obbligo di diligenza comunicare all'esterno le informazioni d'interesse sulle politiche, i processi e le attività in materia di dovere di diligenza svolti per individuare e parare gli impatti negativi effettivi o potenziali, compresi i risultati e gli esiti di tali attività. La proposta di modifica della direttiva 2013/34/UE relativa alla comunicazione societaria sulla sostenibilità stabilisce i pertinenti obblighi di comunicazione che incombono a società che ricadono nell'ambito d'applicazione della presente direttiva. Al fine di evitare la duplicazione degli obblighi di comunicazione, la presente direttiva non dovrebbe pertanto introdurre nuovi obblighi di comunicazione oltre a quelli previsti dalla direttiva 2013/34/UE per le società che ricadono nell'ambito d'applicazione di tale direttiva e oltre ai principi di comunicazione che dovrebbero essere elaborati nell'ambito della stessa. Al fine di adempiere all'obbligo di comunicazione nell'ambito del dovere di diligenza di cui alla presente direttiva, è opportuno che le società che ricadono nell'ambito d'applicazione della presente direttiva ma non in quello della direttiva 2013/34/UE pubblichino annualmente sul proprio sito web una dichiarazione in una lingua di uso comune a livello internazionale nel mondo degli affari.

(45)Al fine di agevolare le società nel rispetto degli obblighi di diligenza nella catena del valore cui partecipano e di limitare il trasferimento dell'onere di conformità alle PMI partner commerciali, la Commissione dovrebbe emanare orientamenti sulle clausole contrattuali tipo.

(46)La Commissione, richiamandosi alle linee guida e alle norme internazionali pertinenti e in consultazione con gli Stati membri e i portatori di interessi, l'Agenzia dell'Unione europea per i diritti fondamentali, l'Agenzia europea dell'ambiente e, se del caso, gli organismi internazionali competenti in materia di dovere di diligenza, dovrebbe avere la possibilità di emanare orientamenti, anche specifici a determinati settori o determinati impatti negativi, al fine di fornire assistenza e strumenti pratici alle società o alle autorità degli Stati membri nella definizione delle modalità con cui le società debbano adempiere gli obblighi di diligenza.

(47)Sebbene non ricadano nell'ambito d'applicazione della presente direttiva, le PMI potrebbero essere interessate dalle sue disposizioni in qualità di appaltatori o subappaltatori delle società che invece vi ricadono. L'obiettivo è tuttavia quello di ridurre gli oneri finanziari o amministrativi che gravano sulle PMI, molte delle quali sono già in difficoltà nel contesto della crisi economica e sanitaria mondiale. Per sostenere le PMI è opportuno che gli Stati membri allestiscano e gestiscano, individualmente o congiuntamente, siti web, portali o piattaforme dedicati, ed eventualmente eroghino sostegno finanziario alle PMI e le assistano nello sviluppo di capacità. Tale sostegno dovrebbe inoltre essere reso accessibile e, se necessario, adattato ed esteso agli operatori economici a monte dei paesi terzi. Le società il cui partner commerciale è una PMI sono incoraggiate a sostenerla affinché rispetti le misure di diligenza, qualora gli obblighi in tal senso ne mettano a repentaglio la sostenibilità economica, e a stabilire nei suoi confronti obblighi equi, ragionevoli, non discriminatori e proporzionati.

(48)Al fine di integrare il sostegno degli Stati membri alle PMI, la Commissione può basarsi sui vigenti strumenti, progetti e altre azioni dell'UE che contribuiscono all'attuazione del dovere di diligenza nell'UE e nei paesi terzi. Può istituire nuove misure di sostegno che aiutino le imprese, comprese le PMI, nell'assolvimento degli obblighi di diligenza, tra cui un osservatorio per la trasparenza della catena del valore e l'agevolazione di iniziative congiunte dei portatori di interessi.

(49)La Commissione e gli Stati membri dovrebbero continuare a collaborare con i paesi terzi per sostenere gli operatori economici a monte nello sviluppo della capacità di prevenire e attutire efficacemente gli impatti negativi sui diritti umani e gli impatti ambientali negativi delle attività che svolgono e dei rapporti d'affari che intrattengono, prestando particolare attenzione alle sfide cui devono far fronte i piccoli coltivatori. Dovrebbero usare gli strumenti di vicinato, cooperazione allo sviluppo e cooperazione internazionale di cui dispongono per aiutare i governi dei paesi terzi e gli operatori economici a monte dei paesi terzi a parare gli impatti negativi sui diritti umani e gli impatti ambientali negativi delle loro attività e dei loro rapporti d'affari a monte. Potrebbe rientrare in questo contesto la collaborazione con i governi dei paesi partner, il settore privato locale e i portatori di interessi per affrontare le cause principali degli impatti negativi sui diritti umani e degli impatti ambientali negativi.

(50)Affinché la presente direttiva contribuisca efficacemente alla lotta contro i cambiamenti climatici, ciascuna società dovrebbe adottare un piano atto a garantire che il suo modello di business e la sua strategia aziendale siano compatibili con la transizione a un'economia sostenibile e con la limitazione del riscaldamento globale a 1,5 ºC in conformità dell'accordo di Parigi. La società dovrebbe includere nel piano obiettivi di riduzione delle emissioni se i cambiamenti climatici sono indicati, o avrebbero dovuto essere indicati, come rischio primario per le attività che svolge o come effetto primario di queste.

(51)Affinché tale piano di riduzione delle emissioni sia attuato correttamente e integrato negli incentivi finanziari degli amministratori, è opportuno tenerne debitamente conto nel fissare la remunerazione variabile degli amministratori, se la remunerazione variabile è collegata al contributo dell'amministratore alla strategia aziendale, agli interessi a lungo termine e alla sostenibilità della società.

(52)Ai fini di una sorveglianza efficace e, se necessario, dell'applicazione della presente direttiva alle società che non sono disciplinate dal diritto di uno Stato membro, tali società dovrebbero designare un mandatario dotato di incarico adeguato e informare al riguardo. Il mandatario dovrebbe poter fungere anche da punto di contatto, purché siano rispettate le pertinenti prescrizioni della presente direttiva.

(53)Ai fini del controllo della corretta attuazione degli obblighi di diligenza delle società e della corretta applicazione della presente direttiva, gli Stati membri dovrebbero designare una o più autorità nazionali di controllo. Tali autorità di controllo dovrebbero essere di natura pubblica, indipendenti dalle società che ricadono nell'ambito d'applicazione della presente direttiva o da altri interessi di mercato ed esenti da conflitti di interessi. In conformità del diritto nazionale gli Stati membri dovrebbero assicurare un finanziamento adeguato dell'autorità competente. Detta autorità dovrebbe essere autorizzata a svolgere indagini d'ufficio o a seguito di reclami o segnalazioni circostanziate trasmesse a norma della presente direttiva. Qualora esistano autorità competenti ai sensi della normativa settoriale, gli Stati membri potrebbero designare tali autorità quali responsabili dell'applicazione della presente direttiva nel rispettivo settore di competenza. Potrebbero designare le autorità preposte alla vigilanza delle imprese finanziarie regolamentate anche quali autorità di controllo ai fini della presente direttiva.

(54)Ai fini della corretta applicazione delle misure nazionali di attuazione della presente direttiva, gli Stati membri dovrebbero prevedere sanzioni dissuasive, proporzionate ed effettive in caso di loro violazione. Affinché tale regime sanzionatorio sia efficace, le sanzioni amministrative irrogate dalle autorità nazionali di controllo dovrebbero includere sanzioni pecuniarie. Se l'ordinamento giuridico di uno Stato membro non prevede le sanzioni amministrative contemplate dalla presente direttiva, è opportuno applicare le norme in materia di sanzioni amministrative in maniera tale che l'azione sanzionatoria sia avviata dall'autorità di controllo competente e la sanzione sia irrogata dall'autorità giudiziaria. È pertanto necessario che tali Stati membri garantiscano che l'applicazione delle norme e delle sanzioni abbia un effetto equivalente alle sanzioni amministrative irrogate dalle autorità di controllo competenti.

(55)Ai fini di un'applicazione e un'attuazione coerenti delle disposizioni nazionali adottate a norma della presente direttiva, le autorità nazionali di controllo dovrebbero cooperare e coordinare gli interventi. A tal fine è opportuno che la Commissione istituisca una rete europea delle autorità di controllo e che le autorità di controllo si prestino assistenza reciproca nell'assolvimento dei loro compiti.

(56)Ai fini di un risarcimento efficace delle vittime degli impatti negativi, gli Stati membri dovrebbero essere tenuti a stabilire norme che disciplinino la responsabilità civile delle società per i danni derivanti dal mancato rispetto della procedura di diligenza. La società dovrebbe essere responsabile dei danni se non ha ottemperato agli obblighi di prevenire e attutire i potenziali impatti negativi o di arrestare e minimizzare gli impatti effettivi e se, a seguito di tale inadempienza, si è verificato un impatto negativo che avrebbe dovuto essere individuato, prevenuto, attutito, arrestato o minimizzato mediante misure adeguate, e che ha causato danni. 

(57)Per quanto riguarda i danni subiti a livello dei rapporti d'affari indiretti consolidati, la responsabilità della società dovrebbe essere subordinata a condizioni specifiche. La società non dovrebbe essere responsabile se ha attuato specifiche misure di diligenza. Tuttavia l'attuazione di tali misure non dovrebbe esonerare la società dalla responsabilità qualora fosse irragionevole attendersi che il concreto intervento, anche per quanto riguarda la verifica della conformità, fosse atto a prevenire, attutire o arrestare l'impatto negativo o minimizzarne l'entità. Nella valutazione dell'esistenza e della portata della responsabilità deve essere tenuto debitamente conto delle iniziative, per quanto siano connesse direttamente al danno in questione, avviate dalla società per conformarsi ai provvedimenti correttivi richiestile dall'autorità di controllo, degli investimenti effettuati e del sostegno mirato fornito, e della collaborazione attuata con altri soggetti per parare gli impatti negativi nelle pertinenti catene del valore.

(58)Il regime di responsabilità non indica chi debba dimostrare che l'intervento della società era ragionevolmente adeguato nelle circostanze del caso, pertanto la questione è lasciata al diritto nazionale.

(59)Per quanto riguarda le norme in materia di responsabilità civile, la responsabilità civile della società per i danni derivanti dalla mancata attuazione di un'adeguata diligenza dovrebbe lasciare impregiudicata la responsabilità civile delle sue filiazioni o la rispettiva responsabilità civile dei partner commerciali diretti e indiretti nella catena del valore. Le norme in materia di responsabilità civile di cui alla presente direttiva dovrebbero lasciare impregiudicate le norme unionali o nazionali in materia di responsabilità civile relative agli impatti negativi sui diritti umani o agli impatti ambientali negativi che prevedono la responsabilità in situazioni non contemplate dalla presente direttiva o che prevedono una responsabilità più rigorosa rispetto alla direttiva.

(60)Per quanto riguarda la responsabilità civile derivante da impatti ambientali negativi, le persone che subiscono danni possono chiedere un risarcimento a norma della presente direttiva anche se l'istanza si sovrappone a una rivendicazione per violazioni di diritti umani.

(61)Affinché le vittime di violazioni dei diritti umani e di danni ambientali possano intentare un'azione di risarcimento e chiedere il risarcimento dei danni derivanti dall'inosservanza, da parte della società, degli obblighi di diligenza previsti dalla presente direttiva anche se il diritto applicabile a tali azioni non è il diritto di uno Stato membro, come potrebbe avvenire, ad esempio, in conformità delle norme di diritto internazionale privato quando il danno si verifica in un paese terzo, la presente direttiva dovrebbe imporre agli Stati membri di provvedere a che la responsabilità prevista dalle disposizioni di diritto nazionale che recepiscono la norma corrispondente sia di applicazione necessaria nei casi in cui il diritto applicabile in tal senso non sia il diritto di uno Stato membro.

(62)Il regime di responsabilità civile di cui alla presente direttiva dovrebbe lasciare impregiudicata la direttiva 2004/35/CE sulla responsabilità ambientale. La presente direttiva non dovrebbe impedire agli Stati membri di imporre ulteriori obblighi più rigorosi alle società o di adottare comunque ulteriori misure aventi gli stessi obiettivi della direttiva.

(63)Nel diritto nazionale di tutti gli Stati membri gli amministratori hanno un dovere di sollecitudine nei confronti della società. Affinché tale dovere generale sia compreso e applicato in modo omogeneo e coerente con gli obblighi di diligenza introdotti dalla presente direttiva e affinché gli amministratori tengano sistematicamente conto delle questioni di sostenibilità nelle decisioni che prendono, la presente direttiva dovrebbe precisare, in modo armonizzato, il dovere generale di sollecitudine degli amministratori che li obbliga ad agire nell'interesse superiore della società, stabilendo che gli amministratori tengano conto delle questioni di sostenibilità di cui alla direttiva 2013/34/UE, comprese, se del caso, le conseguenze per i diritti umani, i cambiamenti climatici e l'ambiente, a breve, medio e lungo termine. Questa precisazione non comporta la modifica delle strutture societarie nazionali esistenti.

(64)È opportuno attribuire la responsabilità del dovere di diligenza agli amministratori della società, in linea con i quadri internazionali in materia di diligenza. Gli amministratori dovrebbero pertanto essere responsabili della predisposizione delle azioni di diligenza di cui alla presente direttiva, della relativa vigilanza e dell'adozione della politica di diligenza della società, tenuto debitamente conto dei contributi dei portatori di interessi e delle organizzazioni della società civile e integrando il dovere di diligenza nei sistemi di gestione aziendale. Gli amministratori dovrebbero inoltre adattare la strategia aziendale per tenere conto degli impatti effettivi e potenziali individuati e delle eventuali misure di diligenza adottate.

(65)Le persone che lavorano per società soggette agli obblighi di diligenza ai sensi della presente direttiva o che sono in contatto con tali società nell'ambito delle loro attività professionali possono svolgere un ruolo fondamentale nell'esposizione di violazioni delle norme della presente direttiva. Possono pertanto contribuire a prevenire e scoraggiare tali violazioni e a rafforzare il rispetto della presente direttiva. La direttiva (UE) 2019/1937 del Parlamento europeo e del Consiglio 106 dovrebbe pertanto applicarsi alla segnalazione di qualsiasi violazione della presente direttiva e alla protezione della persona che segnala la violazione.

(66)Al fine di specificare le informazioni che le società non soggette agli obblighi di comunicazione ai sensi delle disposizioni in materia di comunicazione societaria sulla sostenibilità di cui alla direttiva 2013/34/UE dovrebbero comunicare in merito alle questioni disciplinate dalla presente direttiva, è opportuno delegare alla Commissione il potere di adottare atti conformemente all'articolo 290 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea riguardo alla determinazione di norme aggiuntive relative al contenuto e ai criteri di tale comunicazione, specificando l'aggiunta di informazioni sulla descrizione del dovere di diligenza, gli impatti potenziali ed effettivi e le azioni intraprese in merito. È di particolare importanza che durante i lavori preparatori la Commissione svolga adeguate consultazioni, anche a livello di esperti, nel rispetto dei principi stabiliti nell'accordo interistituzionale "Legiferare meglio" del 13 aprile 2016 107 . In particolare, al fine di garantire la parità di partecipazione alla preparazione degli atti delegati, il Parlamento europeo e il Consiglio ricevono tutti i documenti contemporaneamente agli esperti degli Stati membri, e i loro esperti hanno sistematicamente accesso alle riunioni dei gruppi di esperti della Commissione incaricati della preparazione di tali atti delegati.

(67)La presente direttiva dovrebbe essere applicata nel rispetto del diritto dell'Unione in materia di protezione dei dati e del diritto alla tutela della vita privata e dei dati personali sancito dagli articoli 7 e 8 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea. Qualsiasi trattamento di dati personali a norma della presente direttiva deve essere effettuato in conformità del regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio 108 , compresi gli obblighi di limitazione delle finalità, minimizzazione dei dati e limitazione della conservazione.

(68)Conformemente all'articolo 28, paragrafo 2, del regolamento (UE) 2018/1725 del Parlamento europeo e del Consiglio 109 , il Garante europeo della protezione dei dati è stato consultato e ha espresso un parere il … 2022.

(69)La presente direttiva lascia impregiudicati gli obblighi in materia di diritti umani, protezione dell'ambiente e cambiamenti climatici previsti da altri atti legislativi dell'Unione. Se le disposizioni della presente direttiva contrastano con una disposizione di altro atto legislativo dell'Unione che persegue gli stessi obiettivi e impone obblighi più ampi o più specifici, le disposizioni dell'altro atto legislativo dell'Unione dovrebbero prevalere per gli aspetti contrastanti e si applicano a tali obblighi specifici.

(70)La Commissione dovrebbe valutare e riferire se nuovi settori debbano essere aggiunti all'elenco dei settori ad alto impatto contemplati dalla presente direttiva, al fine di allinearlo alle linee guida dell'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economici o alla luce di elementi di prova chiari di sfruttamento del lavoro, violazioni dei diritti umani o nuove minacce ambientali emergenti, o se l'elenco delle pertinenti convenzioni internazionali di cui alla presente direttiva debba essere modificato, in particolare alla luce degli sviluppi internazionali, o se le disposizioni sul dovere di diligenza di cui alla presente direttiva debbano essere estese agli impatti climatici negativi.

(71)L'obiettivo della presente direttiva, vale a dire sfruttare meglio il potenziale del mercato unico per contribuire alla transizione a un'economia sostenibile e allo sviluppo sostenibile attraverso la prevenzione e l'attenuazione degli impatti negativi potenziali o effettivi sui diritti umani e sull'ambiente nelle catene del valore delle società, non può essere conseguito in misura sufficiente dagli Stati membri agendo individualmente o in modo non coordinato, ma, a motivo della portata e degli effetti delle azioni, può essere conseguito meglio a livello di Unione. In particolare i problemi affrontati e le loro cause hanno dimensione transnazionale, in quanto molte società operano a livello dell'Unione o a livello mondiale e le catene del valore si estendono ad altri Stati membri e a paesi terzi. Le misure adottate dai singoli Stati membri rischiano inoltre di essere inefficaci e di portare alla frammentazione del mercato interno. L'Unione può pertanto intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall'articolo 5 del trattato sull'Unione europea (TUE). La presente direttiva si limita a quanto necessario per conseguire tale obiettivo in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo,

HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:

Articolo 1

Oggetto

1.La presente direttiva stabilisce norme in materia di:

(a)obblighi rispetto agli impatti negativi sui diritti umani e agli impatti ambientali negativi, siano essi effettivi o potenziali, che incombono alle società nell'ambito delle loro attività, delle attività delle loro filiazioni e delle attività nella catena del valore svolte da soggetti con cui la società intrattiene un rapporto d'affari consolidato, e

(b)responsabilità delle violazioni di detti obblighi.

Il carattere "consolidato" del rapporto d'affari è riesaminato periodicamente, almeno ogni 12 mesi.

2.La presente direttiva non può essere addotta per ridurre il livello di tutela dei diritti umani o dell'ambiente o del clima previsto dal diritto degli Stati membri al momento della sua adozione.

3.La presente direttiva lascia impregiudicati gli obblighi in materia di diritti umani, protezione dell'ambiente e cambiamenti climatici previsti da altri atti legislativi dell'Unione. Se le disposizioni della presente direttiva contrastano con una disposizione di altro atto legislativo dell'Unione che persegue gli stessi obiettivi e impone obblighi più ampi o più specifici, le disposizioni dell'altro atto legislativo dell'Unione prevalgono per gli aspetti contrastanti e si applicano a tali obblighi specifici.

Articolo 2

Ambito d'applicazione

1.La presente direttiva si applica alle società che sono costituite in conformità della normativa di uno Stato membro e soddisfano una delle condizioni seguenti:

(a)avere avuto, in media, più di 500 dipendenti e un fatturato netto a livello mondiale di oltre 150 milioni di EUR nell'ultimo esercizio per il quale è stato redatto il bilancio d'esercizio;

(b)pur senza raggiungere i limiti minimi di cui alla lettera a), avere avuto, in media, più di 250 dipendenti e un fatturato netto a livello mondiale di oltre 40 milioni di EUR nell'ultimo esercizio per il quale è stato redatto il bilancio d'esercizio, purché almeno il 50 % di tale fatturato netto sia stato generato in uno o più dei settori seguenti

i)fabbricazione di tessuti, pellami e relativi prodotti (calzature comprese) e commercio all'ingrosso di tessuti, abbigliamento e calzature;

ii)agricoltura, silvicoltura, pesca (acquacoltura compresa), fabbricazione di prodotti alimentari e commercio all'ingrosso di materie prime agricole, bestiame, legname, alimenti e bevande;

iii)estrazione di risorse minerarie indipendentemente dal luogo in cui sono estratte (tra cui petrolio greggio, gas naturale, carbone, lignite, metalli e minerali metalliferi, tutti gli altri minerali non metallici e prodotti di cava), fabbricazione di prodotti in metallo di base, altri prodotti minerali non metallici e prodotti in metallo (macchinari e attrezzature esclusi) e commercio all'ingrosso di risorse minerali, prodotti minerali di base e intermedi (compresi metalli e minerali metalliferi, materiali da costruzione, combustibili, prodotti chimici e altri prodotti intermedi).

2.La presente direttiva si applica alle società che sono costituite in conformità della normativa di un paese terzo e soddisfano una delle condizioni seguenti:

(a)avere generato un fatturato netto di oltre 150 milioni di EUR nell'Unione nell'esercizio precedente l'ultimo esercizio;

(b)avere generato un fatturato netto di oltre 40 milioni di EUR ma non superiore a 150 milioni di EUR nell'Unione nell'esercizio precedente l'ultimo esercizio, purché almeno il 50 % del fatturato netto della società a livello mondiale sia stato generato in uno o più dei settori elencati al paragrafo 1, lettera b).

3.Ai fini del paragrafo 1 il numero di dipendenti che lavorano a tempo parziale è calcolato su base equivalente a tempo pieno. Il personale interinale è incluso nel calcolo del numero di dipendenti come se si trattasse di lavoratori assunti direttamente dalla società per lo stesso periodo di tempo.

4.Per quanto riguarda le società di cui al paragrafo 1 lo Stato membro competente a disciplinare le materie contemplate dalla presente direttiva è lo Stato membro in cui la società ha la sede legale.

Articolo 3

Definizioni

Ai fini della presente direttiva si applicano le definizioni seguenti:

(a)"società": uno dei soggetti seguenti:

i)persona giuridica costituita in una delle forme giuridiche elencate nell'allegato I della direttiva 2013/34/UE del Parlamento europeo e del Consiglio 110 ;

ii)persona giuridica costituita a norma del diritto di un paese terzo in una forma comparabile a quelle elencate negli allegati I e II di detta direttiva;

iii)persona giuridica costituita in una delle forme giuridiche elencate nell'allegato II della direttiva 2013/34/UE, composta interamente di imprese organizzate in una delle forme giuridiche di cui ai punti i) e ii);

iv)impresa finanziaria regolamentata, a prescindere dalla forma giuridica, che è:

un ente creditizio quale definito all'articolo 4, paragrafo 1, punto 1, del regolamento (UE) n. 575/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio 111 ;

un'impresa di investimento quale definita all'articolo 4, paragrafo 1, punto 1, della direttiva 2014/65/UE del Parlamento europeo e del Consiglio 112 ;

un gestore di fondi di investimento alternativi (GEFIA) quale definito all'articolo 4, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2011/61/UE del Parlamento europeo e del Consiglio (2), compresi il gestore di EuVECA a norma del regolamento (UE) n. 345/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio 113 , il gestore di EuSEF a norma del regolamento (UE) n. 346/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio 114 e il gestore di ELTIF a norma del regolamento (UE) 2015/760 del Parlamento europeo e del Consiglio 115 ;

una società di gestione di organismo d'investimento collettivo in valori mobiliari (OICVM) quale definita all'articolo 2, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2009/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio 116 ;

un'impresa di assicurazione quale definita all'articolo 13, punto 1, della direttiva 2009/138/CE del Parlamento europeo e del Consiglio 117 ;

un'impresa di riassicurazione quale definita all'articolo 13, punto 4, della direttiva 2009/138/CE;

un ente pensionistico aziendale o professionale quale definito all'articolo 1, punto 6, della direttiva 2016/2341/CE del Parlamento europeo e del Consiglio 118 ;

un istituto pensionistico che gestisce regimi pensionistici considerati regimi di sicurezza sociale oggetto del regolamento (CE) n. 883/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio 119 e del regolamento (CE) n. 987/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio 120 , come pure qualsiasi soggetto giuridico costituito a fini di investimento in tali regimi;

un fondo di investimento alternativo (FIA) gestito da un GEFIA quale definito all'articolo 4, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2011/61/UE o un FIA sottoposto a vigilanza ai sensi del diritto nazionale applicabile;

un OICVM ai sensi dell'articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 2009/65/CE;

una controparte centrale quale definita all'articolo 2, punto 1, del regolamento (UE) n. 648/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio 121 ;

un depositario centrale di titoli quale definito all'articolo 2, paragrafo 1, punto 1, del regolamento (UE) n. 909/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio 122 ;

una società veicolo di assicurazione o di riassicurazione autorizzata a norma dell'articolo 211 della direttiva 2009/138/CE;

una società veicolo per la cartolarizzazione quale definita all'articolo 2, punto 2, del regolamento (UE) 2017/2402 del Parlamento europeo e del Consiglio 123 ;

una società di partecipazione assicurativa quale definita all'articolo 212, paragrafo 1, lettera f), della direttiva 2009/138/CE o una società di partecipazione finanziaria mista quale definita all'articolo 212, paragrafo 1, lettera h), della direttiva 2009/138/CE, che fa parte di un gruppo assicurativo soggetto a vigilanza a livello di gruppo a norma dell'articolo 213 di tale direttiva e che non è esentata dalla vigilanza di gruppo a norma dell'articolo 214, paragrafo 2, della direttiva 2009/138/CE;

un istituto di pagamento quale definito all'articolo 1, paragrafo 1, lettera d), della direttiva (UE) 2015/2366 del Parlamento europeo e del Consiglio 124 ;

un istituto di moneta elettronica quale definito all'articolo 2, punto 1, della direttiva 2009/110/CE del Parlamento europeo e del Consiglio 125 ;

un fornitore di servizi di crowdfunding quale definito all'articolo 2, paragrafo 1, lettera e), del regolamento (UE) 2020/1503 del Parlamento europeo e del Consiglio 126 ;

un fornitore di servizi per le cripto-attività quale definito all'articolo 3, paragrafo 1, punto 8, della [proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo ai mercati delle cripto-attività e che modifica la direttiva (UE) 2019/1937 127 ] che presta uno o più servizi per le cripto-attività quali definiti all'articolo 3, paragrafo 1, punto 9, della [proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo ai mercati delle cripto-attività e che modifica la direttiva (UE) 2019/1937];

(b)"impatto ambientale negativo": impatto negativo sull'ambiente causato dalla violazione di uno dei divieti o degli obblighi derivanti dalle convenzioni internazionali in materia ambientale elencate nell'allegato, parte II;

(c)"impatto negativo sui diritti umani": impatto negativo su persone protette causato dalla violazione di uno dei diritti o dei divieti elencati nell'allegato, parte I, sezione 1, sanciti dalle convenzioni internazionali elencate nell'allegato, parte I, sezione 2;

(d)"filiazione": persona giuridica per il cui tramite è esercitata l'attività di "impresa controllata" quale definita all'articolo 2, paragrafo 1, lettera f), della direttiva 2004/109/CE del Parlamento europeo e del Consiglio 128 ;

(e)"rapporto d'affari": relazione con un appaltatore, un subappaltatore o qualsiasi altro soggetto giuridico ("partner")

i) con il quale la società ha concluso un accordo commerciale o al quale la società fornisce finanziamenti, assicurazioni o riassicurazioni, o

ii) che svolge attività commerciali connesse ai prodotti o ai servizi della società per la società stessa o per suo conto;

(f)"rapporto d'affari consolidato": rapporto d'affari diretto o indiretto che, per intensità o periodo interessato, è duraturo o si prevede che lo sarà e che rappresenta una parte non trascurabile né meramente accessoria della catena del valore;

(g)"catena del valore": insieme delle attività inerenti alla produzione di beni o alla prestazione di servizi da parte di una società, compresi lo sviluppo del prodotto o del servizio e l'uso e lo smaltimento del prodotto, così come le collegate attività esplicate nei rapporti d'affari consolidati della società, a monte e a valle. Per le società ai sensi della lettera a), punto iv), ai fini della prestazione degli specifici servizi considerati la "catena del valore" comprende soltanto le attività dei clienti che ricevono i prestiti, crediti o altri servizi finanziari e delle altre società appartenenti allo stesso gruppo le cui attività sono collegate al contratto in questione. La catena del valore di siffatte imprese finanziarie regolamentate non include le PMI che ricevono i prestiti, crediti, finanziamenti, assicurazioni o riassicurazioni di siffatti soggetti;

(h)"verifica di terzo indipendente": verifica del fatto che la società o parti della sua catena del valore assolvano gli obblighi in materia di diritti umani e di ambiente che discendono dalle disposizioni della presente direttiva, effettuata da un controllore indipendente dalla società che sia esente da conflitti di interessi, possegga esperienza e competenza in materia di diritti umani e di ambiente e risponda della qualità e dell'attendibilità della verifica;

(i)"PMI": microimpresa, piccola impresa o media impresa, quale ne sia la forma giuridica, che non fa parte di un grande gruppo, secondo le rispettive definizioni dei termini riportate all'articolo 3, paragrafi 1, 2, 3 e 7, della direttiva 2013/34/UE;

(j)"iniziativa di settore": insieme stabilito su base volontaria di procedure, strumenti e meccanismi per l'esercizio del dovere di diligenza nella catena del valore, compresa la verifica di terzo indipendente, sviluppato e controllato da governi, associazioni di settore o gruppi di organizzazioni interessate;

(k)"mandatario": persona fisica o giuridica residente o stabilita nell'Unione alla quale una società ai sensi della lettera a), punto ii), ha conferito l'incarico di agire per suo conto quanto all'assolvimento degli obblighi che le incombono a norma della presente direttiva;

(l)"impatto negativo grave": impatto negativo sull'ambiente o sui diritti umani che è particolarmente incisivo per natura o che colpisce un numero elevato di persone o un'area estesa dell'ambiente ovvero che è irreversibile o risulta particolarmente difficile da sanare considerate le misure necessarie per ripristinare la situazione preesistente;

(m)"fatturato netto":

i)i "ricavi netti delle vendite e delle prestazioni" quali definiti all'articolo 2, punto 5, della direttiva 2013/34/UE, o

ii)se la società applica i principi contabili internazionali adottati in base al regolamento (CE) n. 1606/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio 129 o è una società ai sensi della lettera a), punto ii), i ricavi quali definiti nella disciplina di informativa finanziaria, o ai sensi di questa, sulla cui base è redatto il bilancio della società;

(n)"portatori di interessi": dipendenti della società, dipendenti delle sue filiazioni e altre persone fisiche, gruppi, comunità o soggetti i cui diritti o interessi sono o potrebbero essere lesi dai prodotti, dai servizi e dalle attività della società, delle sue filiazioni e dei suoi rapporti d'affari;

(o)"amministratore":

i)uno dei membri degli organi di amministrazione, di direzione o di vigilanza della società;

ii)se non sono membri degli organi di amministrazione, di direzione o di vigilanza della società, l'amministratore delegato e, se la funzione esiste nella società, il viceamministratore delegato;

iii)altra persona che svolge funzioni analoghe a quelle di cui al punto i) o ii);

(p)"consiglio di amministrazione": organo di amministrazione o di vigilanza incaricato di supervisionare la direzione esecutiva della società o, in mancanza di tale organo, la persona o le persone che svolgono funzioni equivalenti;

(q)"misura adeguata": misura che permette di conseguire gli obiettivi del dovere di diligenza, commisurata al grado di gravità e alla probabilità dell'impatto negativo e ragionevolmente disponibile per la società, considerate le circostanze del caso specifico, comprese le caratteristiche del settore economico e dello specifico rapporto d'affari e l'influenza della società al riguardo, e la necessità di rispettare l'ordine di priorità degli interventi.

Articolo 4

Dovere di diligenza

1.Gli Stati membri provvedono a che ciascuna società eserciti il dovere di diligenza in materia di diritti umani e di ambiente di cui agli articoli da 5 a 11 ("dovere di diligenza" o "diligenza") mediante:

(a)integrazione della diligenza nelle proprie politiche in conformità dell'articolo 5;

(b)individuazione degli impatti negativi effettivi o potenziali in conformità dell'articolo 6;

(c)prevenzione e attenuazione degli impatti negativi potenziali e arresto degli impatti negativi effettivi e minimizzazione della relativa entità in conformità degli articoli 7 e 8;

(d)instaurazione e mantenimento di una procedura di reclamo in conformità dell'articolo 9;

(e)monitoraggio dell'efficacia della politica e delle misure di diligenza in conformità dell'articolo 10;

(f)comunicazione pubblica sul dovere di diligenza in conformità dell'articolo 11.

2.Gli Stati membri provvedono a che, ai fini del dovere di diligenza, ciascuna società abbia il diritto di condividere risorse e informazioni all'interno del gruppo di società di cui è parte e con altri soggetti giuridici, nel rispetto del diritto della concorrenza applicabile. 

Articolo 5

Integrazione del dovere di diligenza nelle politiche della società

1.Gli Stati membri provvedono a che ciascuna società integri il dovere di diligenza in tutte le politiche aziendali e abbia predisposto una politica del dovere di diligenza. La politica del dovere di diligenza prevede tutti gli elementi seguenti:

a)descrizione dell'approccio della società al dovere di diligenza, anche a lungo termine;

b)codice di condotta che illustra le norme e i principi cui devono attenersi dipendenti e filiazioni della società;

c)descrizione delle procedure predisposte per l'esercizio del dovere di diligenza, comprese le misure adottate per verificare il rispetto del codice di condotta ed estenderne l'applicazione ai rapporti d'affari consolidati.

2.Gli Stati membri provvedono a che ciascuna società aggiorni la politica del dovere di diligenza a cadenza annuale.

Articolo 6

Individuazione degli impatti negativi effettivi e potenziali

1.Gli Stati membri provvedono a che ciascuna società adotti misure adeguate in conformità dei paragrafi 2, 3 e 4 per individuare gli impatti negativi sui diritti umani e gli impatti ambientali negativi, siano essi effettivi o potenziali, causati dalle proprie attività o da quelle delle sue filiazioni e, se l'impatto è collegato alla catena del valore cui partecipa, dai suoi rapporti d'affari consolidati.

2.In deroga al paragrafo 1, le società di cui all'articolo 2, paragrafo 1, lettera b), e all'articolo 2, paragrafo 2, lettera b), sono tenute unicamente a individuare gli impatti negativi gravi, siano essi effettivi o potenziali, pertinenti al rispettivo settore di cui all'articolo 2, paragrafo 1, lettera b).

3.La società di cui all'articolo 3, lettera a), punto iv), procede, quando presta un servizio di credito o prestito o altro servizio finanziario, all'individuazione degli impatti negativi sui diritti umani e degli impatti ambientali negativi, siano essi effettivi o potenziali, unicamente prima della prestazione del servizio.

4.Gli Stati membri provvedono a che le società siano autorizzate a valersi di risorse adeguate, tra cui relazioni indipendenti e informazioni raccolte con la procedura di reclamo di cui all'articolo 9, al fine di individuare gli effetti negativi di cui al paragraf1 basandosi, se del caso, su informazioni quantitative e qualitative. Laddove utile, la società raccoglie informazioni sugli impatti negativi effettivi o potenziali anche mediante consultazioni con i gruppi potenzialmente interessati, fra cui i lavoratori e altri portatori di interessi.

Articolo 7

Prevenzione degli impatti negativi potenziali

1.Gli Stati membri provvedono a che ciascuna società adotti misure adeguate in conformità dei paragrafi 2, 3, 4 e 5 per prevenire i potenziali impatti negativi sui diritti umani e impatti ambientali negativi che sono stati o avrebbero dovuto essere individuati a norma dell'articolo 6 o, qualora la prevenzione non sia possibile o non lo sia immediatamente, per attutirli sufficientemente.

2.La società è tenuta ove pertinente a:

a)se la natura o la complessità delle necessarie misure di prevenzione lo esige, predisporre e attuare un piano operativo di prevenzione che preveda scadenze ragionevoli e precise per gli interventi e indicatori qualitativi e quantitativi per misurare i progressi. Il piano operativo di prevenzione è predisposto in consultazione con i portatori di interessi;

b)chiedere a ciascun partner commerciale con il quale intrattiene un rapporto d'affari diretto garanzie contrattuali quanto al rispetto del codice di condotta della società e, se necessario, di un piano operativo di prevenzione, anche chiedendogli di chiedere a sua volta ai partner garanzie contrattuali equivalenti per quanto le loro attività rientrino nella catena del valore della società ("sistema a cascata contrattuale"). Quando tali garanzie contrattuali sono ottenute, si applica il paragrafo 4;

c)effettuare gli investimenti necessari per conformarsi al paragrafo 1, ad esempio nella direzione o nei processi e infrastrutture di produzione;

d)offrire sostegno mirato e proporzionato alla PMI con la quale ha un rapporto d'affari consolidato qualora il rispetto del codice di condotta o del piano operativo di prevenzione ne metta a repentaglio la sostenibilità economica;

e)in conformità del diritto dell'Unione, compreso il diritto della concorrenza, collaborare con altri soggetti, se del caso anche per aumentare la propria capacità di arrestare l'impatto negativo, in particolare se nessun altro intervento risulta idoneo o efficace.

3.Per quanto riguarda gli impatti negativi potenziali che risulti impossibile prevenire o attutire sufficientemente con le misure di cui al paragrafo 2, la società può adoperarsi a concludere un contratto con un partner con il quale intrattiene un rapporto indiretto al fine di assicurare il rispetto del codice di condotta o del piano operativo di prevenzione. Quando tale contratto è concluso, si applica il paragrafo 4.

4.Le garanzie contrattuali o il contratto sono accompagnati da misure adeguate di verifica della conformità. Ai fini della verifica della conformità la società può richiamarsi a idonee iniziative di settore o a una verifica di terzo indipendente.

Quando le garanzie contrattuali sono ottenute da una PMI o il contratto è concluso con una PMI, sono previste condizioni eque, ragionevoli e non discriminatorie. Se le misure di verifica della conformità sono attuate per una PMI, i costi della verifica di terzo indipendente sono a carico della società.

5.Per quanto riguarda gli impatti negativi potenziali ai sensi del paragrafo 1 che risulti impossibile prevenire o attutire sufficientemente con le misure di cui ai paragrafi 2, 34, la società è tenuta ad astenersi dall'allacciare un rapporto nuovo o prolungare un rapporto esistente con il partner in collegamento con il quale o nella catena del valore del quale è emerso l'impatto e, se permesso dalla legge che disciplina le relazioni con detto partner, adotta le azioni seguenti:

(a)sospensione temporanea delle relazioni commerciali con il partner in questione, combinata con la contestuale prosecuzione delle iniziative di prevenzione e minimizzazione, se è ragionevole attendersene un risultato positivo a breve termine;

(b)cessazione del rapporto d'affari per le attività in questione se l'impatto negativo potenziale è grave.

Ciascuno Stato membro provvede a che i contratti disciplinati dal proprio diritto prevedano la possibilità di cessare il rapporto d'affari.

6.In deroga al paragrafo 5, lettera b), la società di cui all'articolo 3, lettera a), punto iv), non è tenuta, quando presta un servizio di credito o prestito o altro servizio finanziario, a cessare il contratto di credito o di prestito o di altro servizio finanziario laddove sia ragionevole prevedere che la cessazione arrechi un pregiudizio sostanziale al soggetto cui il servizio è prestato.

Articolo 8

Arresto degli impatti negativi effettivi

1.Gli Stati membri provvedono a che le società adottino misure adeguate in conformità dei paragrafi da 2 a 6 per arrestare gli impatti negativi effettivi che sono stati o avrebbero dovuto essere individuati a norma dell'articolo 6.

2.Laddove l'arresto dell'impatto negativo risulti impossibile, gli Stati membri provvedono a che le società ne minimizzino l'entità.

3.La società è tenuta ove pertinente a:

a)neutralizzare l'impatto negativo o minimizzarne l'entità, anche mediante il pagamento di un risarcimento alle persone colpite e di una compensazione finanziaria alle comunità colpite. L'intervento è proporzionato alla rilevanza e all'entità dell'impatto negativo e al contributo ad esso risultante dalla condotta della società;

b)se l'impossibilità di un arresto immediato dell'impatto negativo lo rende necessario, predisporre e attuare un piano d'azione correttivo che preveda scadenze ragionevoli e precise per gli interventi e indicatori qualitativi e quantitativi per misurare i progressi. Il piano d'azione correttivo è predisposto in consultazione con i portatori di interessi;

c)chiedere a ciascun partner diretto con il quale intrattiene un rapporto d'affari consolidato garanzie contrattuali quanto al rispetto del codice di condotta e, se necessario, di un piano d'azione correttivo, anche chiedendogli di chiedere a sua volta ai partner garanzie contrattuali equivalenti per quanto partecipino alla catena del valore ("sistema a cascata contrattuale"). Quando tali garanzie contrattuali sono ottenute, si applica il paragrafo 5;

d)effettuare gli investimenti necessari per conformarsi ai paragrafo 1, 2 e 3, ad esempio nella direzione o nei processi e infrastrutture di produzione;

e)offrire sostegno mirato e proporzionato alla PMI con la quale ha un rapporto d'affari consolidato qualora il rispetto del codice di condotta o del piano d'azione correttivo ne metta a repentaglio la sostenibilità economica;

f)in conformità del diritto dell'Unione, compreso il diritto della concorrenza, collaborare con altri soggetti, se del caso anche per aumentare la propria capacità di arrestare l'impatto negativo, in particolare se nessun altro intervento risulta idoneo o efficace.

4.Per quanto riguarda gli impatti negativi effettivi che risulti impossibile arrestare o attutire sufficientemente con le misure di cui al paragrafo 3, la società può adoperarsi a concludere un contratto con un partner con il quale intrattiene un rapporto indiretto al fine di assicurare il rispetto del codice di condotta o del piano d'azione correttivo. Quando tale contratto è concluso, si applica il paragrafo 5.

5.Le garanzie contrattuali o il contratto sono accompagnati da misure adeguate di verifica della conformità. Ai fini della verifica della conformità la società può richiamarsi a idonee iniziative di settore o a una verifica di terzo indipendente.

Quando le garanzie contrattuali sono ottenute da una PMI o il contratto è concluso con una PMI, sono previste condizioni eque, ragionevoli e non discriminatorie. Se le misure di verifica della conformità sono attuate per una PMI, i costi della verifica di terzo indipendente sono a carico della società.

6.Per quanto riguarda gli impatti negativi effettivi ai sensi del paragrafo 1 che risulti impossibile arrestare o minimizzare nell'entità con le misure di cui ai paragrafi 3, 4 e 5, la società si astiene dall'allacciare un rapporto nuovo o prolungare un rapporto esistente con il partner in collegamento con il quale o nella catena del valore del quale è emerso l'impatto e, se permesso dalla legge che disciplina le relazioni con detto partner, adotta una delle azioni seguenti:

a)sospensione temporanea delle relazioni commerciali con il partner in questione, combinata con la contestuale prosecuzione delle iniziative volte ad arrestare l'impatto negativo o a minimizzarne l'entità, o

b)cessazione del rapporto d'affari per le attività in questione se l'impatto negativo è considerato grave.

Ciascuno Stato membro provvede a che i contratti disciplinati dal proprio diritto prevedano la possibilità di cessare il rapporto d'affari.

7.In deroga al paragrafo 6, lettera b), la società di cui all'articolo 3, lettera a), punto iv), non è tenuta, quando presta un servizio di credito o prestito o altro servizio finanziario, a cessare il contratto di credito, di prestito o di altro servizio finanziario laddove sia ragionevole prevedere che la cessazione arrechi un pregiudizio sostanziale al soggetto cui il servizio è prestato.

Articolo 9

Procedura di reclamo

1.Gli Stati membri provvedono a che ciascuna società dia alle persone e organizzazioni elencate al paragrafo 2 la possibilità di presentarle un reclamo qualora nutrano un legittimo timore circa gli impatti negativi sui diritti umani e gli impatti ambientali negativi, siano essi effettivi o potenziali, delle attività della società stessa, delle attività delle sue filiazioni e della catena del valore cui partecipa.

2.Gli Stati membri provvedono a che possano presentare reclamo:

a)le persone colpite da un impatto negativo o che hanno fondati motivi di ritenere di poterne essere colpite;

b)i sindacati e altri rappresentanti dei lavoratori che rappresentano le persone che lavorano nella catena del valore interessata;

c)le organizzazioni della società civile attive nei settori collegati alla catena del valore interessata.

3.Gli Stati membri provvedono a che ciascuna società predisponga una procedura di trattamento dei reclami di cui al paragrafo 1, contemplando anche il caso in cui reputa il reclamo infondato, e ne informi i lavoratori e i sindacati interessati. Gli Stati membri provvedono a che, quando il reclamo risulta fondato, l'impatto negativo che ne costituisce l'oggetto sia considerato individuato ai sensi dell'articolo 6.

4.Gli Stati membri provvedono a che il reclamante abbia il diritto di:

a)chiedere che la società a cui è presentato il reclamo a norma del paragrafo 1 gli dia adeguato seguito;

b)incontrare i rappresentanti della società, del livello adeguato, per discutere dei gravi impatti negativi, potenziali o effettivi, oggetto del reclamo.

Articolo 10

Monitoraggio

Gli Stati membri provvedono a che ciascuna società effettui periodicamente una valutazione delle attività e misure proprie, di quelle delle sue filiazioni e, se collegate alle catene del valore cui partecipa, di quelle dei suoi rapporti d'affari consolidati per monitorare l'efficacia degli interventi di individuazione, prevenzione, attenuazione, arresto e minimizzazione nell'entità riguardo agli impatti negativi sui diritti umani e agli impatti ambientali negativi. La valutazione si basa, ove opportuno, su indicatori qualitativi e quantitativi ed è effettuata almeno ogni 12 mesi e ogniqualvolta vi siano fondati motivi di ritenere che possano presentarsi nuovi rischi rilevanti di manifestazione di tali effetti negativi. La politica del dovere di diligenza è aggiornata in base all'esito di tali valutazioni.

Articolo 11

Comunicazione

Gli Stati membri provvedono a che ciascuna società non vincolata agli obblighi di comunicazione di cui agli articoli 19 bis e 29 bis della direttiva 2013/34/UE riferisca sulle materie disciplinate dalla presente direttiva pubblicando annualmente sul proprio sito web una dichiarazione in una lingua di uso comune a livello internazionale nel mondo degli affari. La dichiarazione è pubblicata entro il 30 aprile di ogni anno e riguarda l'anno civile precedente.

La Commissione adotta in conformità dell'articolo 28 atti delegati sul contenuto e i criteri della comunicazione di cui al paragrafo 1, indicando le informazioni da fornire per illustrare il dovere di diligenza, gli impatti negativi potenziali ed effettivi e le iniziative intraprese al riguardo.

Articolo 12

Clausole contrattuali tipo

La Commissione adotta orientamenti su clausole contrattuali tipo d'uso volontario al fine di agevolare le imprese nel conformarsi all'articolo 7, paragrafo 2, lettera b), e all'articolo 8, paragrafo 3, lettera c).

Articolo 13

Orientamenti

La Commissione può, in consultazione con gli Stati membri e i portatori di interessi, l'Agenzia dell'Unione europea per i diritti fondamentali, l'Agenzia europea dell'ambiente e, se del caso, gli organismi internazionali competenti in materia di dovere di diligenza, emanare orientamenti, anche specifici a determinati settori o determinati impatti negativi, al fine di assistere le società o le autorità degli Stati membri nella definizione delle modalità con cui le società debbano adempiere gli obblighi di diligenza.

Articolo 14

Misure di accompagnamento

1.Gli Stati membri allestiscono e gestiscono, individualmente o congiuntamente, siti web, piattaforme o portali dedicati per informare le società e i partner con cui queste intrattengono un rapporto d'affari consolidato nella rispettiva catena del valore ed assistere entrambi nelle iniziative volte ad adempiere agli obblighi derivanti dalla presente direttiva. Particolare attenzione è prestata in quest'ambito alle PMI che intervengono nelle catene del valore delle società.

2.Fatte salve le norme in materia di aiuti di Stato applicabili, gli Stati membri possono erogare sostegno finanziario alle PMI.

3.La Commissione può integrare le misure di sostegno degli Stati membri muovendo dall'attuale azione dell'Unione a favore del dovere di diligenza nell'Unione e nei paesi terzi e può elaborare misure nuove, tra cui l'agevolazione di iniziative congiunte dei portatori di interessi volte ad assistere le società nell'assolvimento dei loro obblighi.

4.Le società possono valersi di regimi settoriali e di iniziative multipartecipative per sostenere l'adempimento degli obblighi di cui agli articoli da 5 a 11, sempreché il regime o l'iniziativa siano idonei a tal fine. La Commissione e gli Stati membri possono favorire la diffusione di informazioni su tali regimi o iniziative e sui relativi esiti. La Commissione può, in collaborazione con gli Stati membri, emanare orientamenti per la valutazione dell'idoneità dei regimi settoriali e delle iniziative multipartecipative.

Articolo 15

Lotta ai cambiamenti climatici

1.Gli Stati membri provvedono a che ciascuna società di cui all'articolo 2, paragrafo 1, lettera a), e all'articolo 2, paragrafo 2, lettera a), adotti un piano atto a garantire che il modello di business e la strategia aziendale perseguiti siano compatibili con la transizione a un'economia sostenibile e con la limitazione del riscaldamento globale a 1,5 ºC in conformità dell'accordo di Parigi. Il piano indica in particolare, sulla base delle informazioni di cui la società può ragionevolmente disporre, la misura in cui i cambiamenti climatici rappresentano un rischio per le attività della società ovvero un loro possibile impatto.

2.Gli Stati membri provvedono a che la società includa nel piano obiettivi di riduzione delle emissioni se i cambiamenti climatici sono indicati, o avrebbero dovuto essere indicati, come rischio primario per le attività che svolge o come loro impatto primario.

3.Gli Stati membri assicurano che ciascuna società tenga debitamente conto dell'adempimento degli obblighi di cui ai paragrafi 1 e 2 nel fissare la remunerazione variabile, se la remunerazione variabile è collegata al contributo dell'amministratore alla strategia aziendale, agli interessi a lungo termine e alla sostenibilità della società.

Articolo 16

Mandatario

1.Gli Stati membri provvedono a che ciascuna società di cui all'articolo 2, paragrafo 2, designi una persona fisica o giuridica suo mandatario, stabilito o domiciliato in uno degli Stati membri in cui opera. La designazione è valida quando il mandatario ne conferma l'accettazione.

2.Gli Stati membri provvedono a che il nome, l'indirizzo postale, l'indirizzo di posta elettronica e il numero di telefono del mandatario siano comunicati all'autorità di controllo dello Stato membro in cui il mandatario è domiciliato o stabilito. Gli Stati membri provvedono a che il mandatario sia tenuto a fornire all'autorità di controllo che lo richieda copia della designazione in una delle lingue ufficiali dello Stato membro.

3.Gli Stati membri provvedono a che l'autorità di controllo dello Stato membro in cui il mandatario è domiciliato o stabilito e, se diversa, l'autorità di controllo dello Stato membro in cui la società ha generato la maggior parte del fatturato netto nell'Unione nell'esercizio precedente l'ultimo esercizio siano informate del fatto che la società è una società ai sensi dell'articolo 2, paragrafo 2.

4.Gli Stati membri provvedono a che ciascuna società conferisca al mandatario il potere di ricevere dalle autorità di controllo comunicazioni su tutte le questioni necessarie per assicurare il rispetto e l'applicazione delle disposizioni nazionali di recepimento della presente direttiva. La società è tenuta a conferire al mandatario i poteri e le risorse necessari per cooperare con le autorità di controllo.

Articolo 17

Autorità di controllo

1.Ciascuno Stato membro designa una o più autorità di controllo incaricate di vigilare sul rispetto degli obblighi previsti dalle disposizioni nazionali adottate a norma degli articoli da 6 a 11 e dell'articolo 15, paragrafi 1 e 2 ("autorità di controllo").

2.Per quanto riguarda le società di cui all'articolo 2, paragrafo 1, l'autorità di controllo competente è quella dello Stato membro in cui la società ha la sede legale.

3.Per quanto riguarda le società di cui all'articolo 2, paragrafo 2, l'autorità di controllo competente è quella dello Stato membro in cui la società ha una succursale. Se la società non ha una succursale in uno Stato membro o ha succursali situate in Stati membri diversi, l'autorità di controllo competente è l'autorità di controllo dello Stato membro in cui la società ha generato la maggior parte del fatturato netto nell'Unione nell'esercizio precedente l'ultimo esercizio precedente la data indicata all'articolo 30 o, se posteriore, la data in cui la società soddisfa per la prima volta i criteri di cui all'articolo 2, paragrafo 2.

La società di cui all'articolo 2, paragrafo 2, può chiedere, con richiesta debitamente motivata, di cambiare l'autorità di controllo competente a disciplinare le questioni contemplate dalla presente direttiva nei suoi confronti se un mutamento delle circostanze comporta che generi la maggior parte del suo fatturato nell'Unione in uno Stato membro diverso.

4.Lo Stato membro che designa più di un'autorità di controllo provvede a che le rispettive competenze di ciascuna siano stabilite chiaramente e che le autorità cooperino strettamente ed efficacemente tra loro.

5.Gli Stati membri possono designare le autorità preposte alla vigilanza delle imprese finanziarie regolamentate anche quali autorità di controllo ai fini della presente direttiva.

6.Entro la data di cui all'articolo 30, paragrafo 1, lettera a), ciascuno Stato membri comunica alla Commissione nome ed estremi di contatto di ciascuna autorità di controllo designata a norma del presente articolo, indicando le rispettive competenze qualora designi più di una autorità. Lo Stato membro informa la Commissione di qualsiasi modifica dei dati comunicati.

7.La Commissione mette a disposizione del pubblico l'elenco delle autorità di controllo, anche sul proprio sito web. La Commissione aggiorna regolarmente l'elenco sulla scorta delle informazioni ricevute dagli Stati membri.

8.Gli Stati membri garantiscono l'indipendenza delle autorità di controllo e provvedono a che esse, così come tutte le persone che lavorano o hanno lavorato per esse e i revisori o periti che agiscono per loro conto, esercitino i poteri di cui dispongono con imparzialità e in trasparenza e nel rispetto degli obblighi di segreto professionale. Gli Stati membri provvedono in particolare a che l'autorità sia giuridicamente e funzionalmente indipendente dalle società che ricadono nell'ambito d'applicazione della presente direttiva o da altri interessi di mercato e che il suo personale e le persone responsabili della sua gestione siano esenti da conflitti di interessi, fatti salvi gli obblighi di riservatezza, e si astengano da qualsiasi atto incompatibile con le funzioni che esercitano.

Articolo 18

Poteri delle autorità di controllo

1.Gli Stati membri provvedono a che le autorità di controllo dispongano di poteri e risorse adeguati per poter svolgere i compiti loro assegnati dalla presente direttiva, compreso il potere di richiedere informazioni e di svolgere indagini in collegamento con il rispetto degli obblighi stabiliti dalla presente direttiva.

2.L'autorità di controllo può avviare un'indagine d'ufficio o a seguito di una segnalazione circostanziata trasmessale a norma dell'articolo 19, se ritiene di disporre di informazioni sufficienti a indicare una possibile violazione, da parte di una data società, degli obblighi previsti dalle disposizioni nazionali adottate in attuazione della presente direttiva.

3.Le ispezioni sono effettuate nel rispetto del diritto nazionale dello Stato membro in cui si svolge l'ispezione e previo avviso alla società, salvo nei casi in cui la comunicazione preventiva ostacoli l'efficacia dell'ispezione. L'autorità di controllo che, nell'ambito di un'indagine, intende effettuare un'ispezione nel territorio di uno Stato membro diverso dal proprio chiede l'assistenza della sua omologa di tale Stato membro a norma dell'articolo 21, paragrafo 2.

4.L'autorità di controllo che, in esito alle iniziative adottate a norma dei paragrafi 1 e 2, rileva un'inosservanza delle disposizioni nazionali adottate a norma della presente direttiva concede alla società in questione un congruo periodo di tempo per adottare provvedimenti correttivi, se possibili.

L'adozione di provvedimenti correttivi non preclude l'imposizione di sanzioni amministrative o l'attivazione della responsabilità civile in caso di danni, a norma, rispettivamente, degli articoli 20 e 22.

5.Nello svolgimento dei compiti assegnatile l'autorità di controllo dispone almeno dei poteri seguenti:

a)ordinare la cessazione della violazione delle disposizioni nazionali adottate in attuazione della presente direttiva, l'astensione da qualsiasi reiterazione della condotta in questione e, se del caso, l'adozione di provvedimenti correttivi proporzionati alla violazione e necessari per porvi fine;

b)imporre sanzioni pecuniarie in conformità dell'articolo 20;

c)adottare misure provvisorie per scongiurare il rischio di danni gravi e irreparabili.

6.Se l'ordinamento giuridico dello Stato membro non prevede sanzioni amministrative, il presente articolo e l'articolo 20 possono essere applicati in maniera tale che l'azione sanzionatoria sia avviata dall'autorità di controllo competente e la sanzione sia irrogata dalle competenti autorità giurisdizionali nazionali, garantendo nel contempo che i mezzi di ricorso siano effettivi e abbiano effetto equivalente alle sanzioni amministrative irrogate dalle autorità di controllo.

7.Gli Stati membri provvedono a che ogni persona fisica o giuridica abbia il diritto di proporre un ricorso giurisdizionale effettivo avverso una decisione giuridicamente vincolante dell'autorità di controllo che la riguarda.

Articolo 19

Segnalazioni circostanziate

1.Gli Stati membri provvedono a che ciascuna persona fisica o giuridica abbia il diritto di trasmettere all'autorità di controllo una segnalazione circostanziata se ha motivo di ritenere, in base a circostanze obiettive, che una società non rispetti le disposizioni nazionali adottate in attuazione della presente direttiva ("segnalazione circostanziata").

2.Se la segnalazione circostanziata riguarda una materia di competenza di un'altra autorità di controllo, l'autorità che la riceve la inoltra all'autorità competente.

3.Gli Stati membri provvedono a che le autorità di controllo valutino le segnalazioni circostanziate e, se del caso, esercitino i poteri di cui all'articolo 18.

4.L'autorità di controllo informa quanto prima la persona di cui al paragrafo 1, in conformità delle applicabili disposizioni del diritto nazionale e nel rispetto del diritto dell'Unione, dell'esito della valutazione della segnalazione circostanziata e le fornisce le relative motivazioni.

5.Gli Stati membri provvedono a che la persona che trasmette la segnalazione circostanziata a norma del presente articolo e che, in conformità del diritto nazionale, ha al riguardo un interesse legittimo abbia accesso a un organo giurisdizionale o altro organo pubblico indipendente e imparziale che abbia competenza a riesaminare la legittimità procedurale e sostanziale delle decisioni, degli atti o delle omissioni dell'autorità di controllo.

Articolo 20

Sanzioni

1.Gli Stati membri stabiliscono le norme relative alle sanzioni applicabili in caso di violazione delle disposizioni nazionali adottate in attuazione della presente direttiva e adottano tutte le misure necessarie per assicurarne l'applicazione. Le sanzioni previste devono essere effettive, proporzionate e dissuasive.

2.Nel decidere se imporre sanzioni e, in caso affermativo, nel determinarne natura e livello appropriato, è tenuto debitamente conto, secondo il caso, delle iniziative avviate dalla società per conformarsi ai provvedimenti correttivi richiestile dall'autorità di controllo, degli investimenti effettuati e del sostegno mirato fornito a norma degli articoli 7 e 8, e della collaborazione attuata con altri soggetti per parare gli impatti negativi nelle pertinenti catene del valore.

3.Le eventuali sanzioni pecuniarie inflitte si basano sul fatturato della società.

4.Gli Stati membri provvedono a che sia pubblicata qualsiasi decisione con cui l'autorità di controllo infligge sanzioni per violazione delle disposizioni della presente direttiva.

Articolo 21

Rete europea delle autorità di controllo

1.La Commissione istituisce una rete europea delle autorità di controllo composta di rappresentanti delle autorità di controllo. La rete agevola la cooperazione fra autorità di controllo così come il coordinamento e l'allineamento delle prassi regolamentari, investigative, sanzionatorie e di vigilanza delle autorità di controllo e, ove appropriato, la condivisione di informazioni tra di esse.

La Commissione può invitare le agenzie dell'Unione dotate di competenze nei settori contemplati dalla presente direttiva ad aderire alla rete europea delle autorità di controllo.

2.Le autorità di controllo si scambiano le informazioni utili e si prestano assistenza reciproca nell'assolvimento dei loro compiti e mettono in atto misure per cooperare efficacemente tra loro. L'assistenza reciproca comprende la collaborazione ai fini dell'esercizio dei poteri di cui all'articolo 18, anche in relazione alle ispezioni e alle richieste di informazioni.

3.Ciascuna autorità di controllo adotta tutte le iniziative opportune necessarie per dare seguito alla richiesta di assistenza di un'altra autorità di controllo senza ingiustificato ritardo e comunque entro un mese dal ricevimento della richiesta. Tali iniziative possono consistere, in particolare, nella trasmissione di informazioni utili sullo svolgimento di un'indagine.

4.La richiesta di assistenza contiene tutte le informazioni necessarie, compresi lo scopo e i motivi della richiesta. L'autorità di controllo usa le informazioni ricevute tramite una richiesta di assistenza soltanto per la finalità per cui sono state richieste.

5.L'autorità di controllo richiesta informa l'autorità di controllo richiedente dell'esito o, a seconda dei casi, dei progressi delle misure da adottare per rispondere alla richiesta di assistenza.

6.Le autorità di controllo non impongono alcuna spesa per gli atti compiuti e le misure adottate a seguito di una richiesta di assistenza.

Le autorità di controllo possono tuttavia concordare disposizioni di indennizzo reciproco per spese specifiche risultanti dalla prestazione di assistenza in casi eccezionali.

7.L'autorità di controllo competente a norma dell'articolo 17, paragrafo 3, informa la rete europea delle autorità di controllo di tale fatto e dell'eventuale richiesta di cambiamento dell'autorità di controllo competente.

8.In caso di dubbi sull'attribuzione delle competenze, le informazioni su cui si basa tale attribuzione sono condivise con la rete europea delle autorità di controllo, la quale può coordinare le iniziative volte a trovare una soluzione.

Articolo 22

Responsabilità civile

1.Gli Stati membri provvedono a che ciascuna società sia responsabile dei danni se:

a)non ha ottemperato agli obblighi imposti dagli articoli 7 e 8 e

b)a seguito di tale inadempienza si è verificato un impatto negativo che avrebbe dovuto essere individuato, prevenuto, attutito, arrestato o minimizzato nell'entità mediante le misure adeguate previste agli articoli 7 e 8, e che ha causato danni.

2.Nonostante il paragrafo 1, gli Stati membri provvedono a che la società che è intervenuta in conformità dell'articolo 7, paragrafo 2, lettera b), e dell'articolo 7, paragrafo 4, o dell'articolo 8, paragrafo 3, lettera c), e dell'articolo 8, paragrafo 5, non sia responsabile dei danni causati da un impatto negativo prodotto dalle attività di un partner indiretto con il quale intrattiene un rapporto d'affari consolidato, a meno che, nello specifico caso, fosse irragionevole attendersi che il concreto intervento, anche per quanto riguarda la verifica della conformità, fosse atto a prevenire, attutire o arrestare l'impatto negativo o minimizzarne l'entità.

Nella valutazione dell'esistenza e della portata della responsabilità di cui al presente paragrafo è tenuto debitamente conto delle iniziative, per quanto siano connesse direttamente al danno in questione, avviate dalla società per conformarsi ai provvedimenti correttivi richiestile dall'autorità di controllo, degli investimenti effettuati e del sostegno mirato fornito a norma degli articoli 7 e 8, e della collaborazione attuata con altri soggetti per parare gli impatti negativi nelle pertinenti catene del valore.

3.La responsabilità civile della società che discende dalla presente disposizione lascia impregiudicata la responsabilità civile delle sue filiazioni o dei suoi partner commerciali diretti e indiretti nella catena del valore.

4.Le norme in materia di responsabilità civile di cui alla presente direttiva lasciano impregiudicate le norme unionali o nazionali in materia di responsabilità civile relative agli impatti negativi sui diritti umani o agli impatti ambientali negativi che prevedono la responsabilità in situazioni non contemplate dalla presente direttiva o che prevedono una responsabilità più rigorosa rispetto alla presente direttiva.

5.Gli Stati membri provvedono a che la responsabilità prevista dalle disposizioni di diritto nazionale che recepiscono il presente articolo sia di applicazione necessaria nei casi in cui il diritto applicabile in tal senso non sia il diritto di uno Stato membro.

Articolo 23

Segnalazione delle violazioni e protezione delle persone segnalanti

La direttiva (UE) 2019/1937 si applica alla segnalazione di qualsiasi violazione della presente direttiva e alla protezione della persona che segnala la violazione.

Articolo 24

Sostegno pubblico

Gli Stati membri provvedono a che la società che chiede sostegno pubblico certifichi di non avere subito sanzioni per inadempienza degli obblighi della presente direttiva.

Articolo 25

Dovere di sollecitudine degli amministratori

1.Gli Stati membri provvedono a che gli amministratori delle società di cui all'articolo 2, paragrafo 1, tengano conto, nell'adempiere al loro dovere di agire nell'interesse superiore della società, delle conseguenze in termini di sostenibilità, a breve, medio e lungo termine, delle decisioni che assumono, comprese, se del caso, le conseguenze per i diritti umani, i cambiamenti climatici e l'ambiente.

2.Gli Stati membri provvedono a che le rispettive disposizioni legislative, regolamentari e amministrative vertenti sulla violazione degli obblighi degli amministratori si applichino anche alle disposizioni del presente articolo.

Articolo 26

Predisposizione della diligenza e relativa vigilanza

1.Gli Stati membri provvedono a che gli amministratori delle società di cui all'articolo 2, paragrafo 1, siano responsabili della predisposizione delle azioni di diligenza di cui all'articolo 4 e della relativa vigilanza e, in particolare, della politica del dovere di diligenza di cui all'articolo 5, tenuto debitamente conto dei contributi dei portatori di interessi e delle organizzazioni della società civile. Gli amministratori riferiscono in merito al consiglio di amministrazione.

2.Gli Stati membri provvedono a che gli amministratori attuino iniziative di adeguamento della strategia aziendale per tenere conto degli impatti negativi effettivi e potenziali individuati a norma dell'articolo 6 e delle misure adottate a norma degli articoli da 7 a 9.

Articolo 27

Modifica della direttiva (UE) 2019/1937

Nell'allegato della direttiva (UE) 2019/1937, parte I, punto E.2, è aggiunto il punto seguente:

"vi) [direttiva... del Parlamento europeo e del Consiglio, del..., relativa al dovere di diligenza delle imprese ai fini della sostenibilità e che modifica la direttiva (UE) 2019/1937* 130+]".

Articolo 28

Esercizio della delega

1.Il potere di adottare atti delegati è conferito alla Commissione alle condizioni stabilite nel presente articolo.

2.Il potere di adottare atti delegati di cui all'articolo 11 è conferito alla Commissione per un periodo indeterminato.

3.La delega di potere di cui all'articolo 11 può essere revocata in qualsiasi momento dal Parlamento europeo o dal Consiglio. La decisione di revoca pone fine alla delega di potere ivi specificata. Gli effetti della decisione decorrono dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea o da una data successiva ivi specificata. Essa non pregiudica la validità degli atti delegati già in vigore.

4.Prima dell'adozione dell'atto delegato la Commissione consulta gli esperti designati da ciascuno Stato membro nel rispetto dei principi stabiliti nell'accordo interistituzionale "Legiferare meglio" del 13 aprile 2016.

5.Non appena adotta un atto delegato, la Commissione ne dà contestualmente notifica al Parlamento europeo e al Consiglio.

6.L'atto delegato adottato ai sensi dell'articolo 11 entra in vigore solo se né il Parlamento europeo né il Consiglio hanno sollevato obiezioni entro il termine di due mesi dalla data in cui esso è stato loro notificato o se, prima della scadenza di tale termine, sia il Parlamento europeo che il Consiglio hanno informato la Commissione che non intendono sollevare obiezioni. Tale termine è prorogato di due mesi su iniziativa del Parlamento europeo o del Consiglio.

Articolo 29

Riesame

Entro il … [OP: inserire la data corrispondente a 7 anni dopo l'entrata in vigore della presente direttiva] la Commissione presenta al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sull'attuazione della presente direttiva. La relazione valuta l'efficacia della presente direttiva nel conseguire gli obiettivi ed esamina se occorra:

a)abbassare i limiti minimi del numero di dipendenti e del fatturato netto di cui all'articolo 2, paragrafo 1;

b)modificare l'elenco dei settori di cui all'articolo 2, paragrafo 1, lettera b), anche per allinearlo alle linee guida dell'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economici;

c)modificare l'allegato, anche alla luce degli sviluppi internazionali;

d)estendere gli articoli da 4 a 14 agli impatti climatici negativi.

Articolo 30

Recepimento

1.Gli Stati membri adottano e pubblicano, entro ... [GU: inserire la data corrispondente a 2 anni dopo l'entrata in vigore della presente direttiva], le disposizioni regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva. Essi comunicano immediatamente alla Commissione il testo di tali disposizioni.

Essi applicano tali disposizioni come segue:

a)    dal... [GU: inserire la data corrispondente a 2 anni dopo l'entrata in vigore della presente direttiva] per le società di cui all'articolo 2, paragrafo 1, lettera a), e paragrafo 2, lettera a);

b)    dal... [GU: inserire la data corrispondente a 4 anni dopo l'entrata in vigore della presente direttiva] per le società di cui all'articolo 2, paragrafo 1, lettera b), e paragrafo 2, lettera b).

Le disposizioni adottate dagli Stati membri contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di tale riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità del riferimento sono decise dagli Stati membri.

2.Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni principali di diritto interno che adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva.

Articolo 31

Entrata in vigore

La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.

Articolo 32

Destinatari

Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.

Fatto a Bruxelles, il

Per il Parlamento europeo    Per il Consiglio

La presidente    Il presidente

(1)    Regolamento (UE) 2021/1119 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 giugno 2021, che istituisce il quadro per il conseguimento della neutralità climatica e che modifica il regolamento (CE) n. 401/2009 e il regolamento (UE) 2018/1999 ("Normativa europea sul clima"), il quale include fra l'altro il traguardo vincolante di una riduzione interna netta delle emissioni di gas a effetto serra di almeno il 55 % rispetto ai livelli del 1990 entro il 2030.
(2)    Comunicazione della Commissione "Il Green Deal europeo" (COM(2019) 640 final).
(3)    Finora la Francia (Loi relative au devoir de vigilance, 2017) e la Germania (Sorgfaltspflichtengesetz, 2021) hanno introdotto una legge orizzontale in materia di diligenza, altri Stati membri (Belgio, Paesi Bassi, Lussemburgo e Svezia) prevedono di farlo nel prossimo futuro, e i Paesi Bassi hanno introdotto una legge più mirata sul lavoro minorile (Wet zorgplicht kinderarbeidm 2019).
(4)    Risoluzione del Parlamento europeo, del 10 marzo 2021, recante raccomandazioni alla Commissione concernenti la dovuta diligenza e la responsabilità delle imprese ( 2020/2129(INL) ); conclusioni del Consiglio, del 1° dicembre 2020, su diritti umani e lavoro dignitoso nelle catene di approvvigionamento globali (doc. 13512/20).
(5)    Dichiarazione comune del Parlamento europeo, del Consiglio dell'Unione europea e della Commissione europea sulle priorità legislative dell'UE per il 2022 (GU C 514I del 21.12.2021, pag. 1).
(6)    Organizzazione delle Nazioni Unite, "Guiding Principles on Business and Human Rights: Implementing the United Nations 'Protect, Respect and Remedy' Framework" (2011), disponibile all'indirizzo https://www.ohchr.org/Documents/Publications/GuidingPrinciplesBusinessHR_EN.pdf .    Linee guida OCSE destinate alle imprese multinazionali (aggiornamento del 2011), disponibili all'indirizzo: https://www.oecd-ilibrary.org/governance/linee-guida-ocse-destinate-alle-imprese-multinazionali-2011_9789264200869-it , con una serie di raccomandazioni sulla condotta responsabile delle imprese, nonché linee guida specifiche dell'OCSE sul dovere di diligenza per la condotta d'impresa responsabile (2018) e linee guida settoriali dell'OCSE, disponibili all'indirizzo: https://mneguidelines.oecd.org/mneguidelines/ .
(7)    Cfr. valutazione d'impatto che accompagna la presente proposta, pagg. 15 e 23.
(8)    Lo studio sul dovere di diligenza della Commissione europea, direzione generale della Giustizia e dei consumatori, Smit, L., Bright, C., et al., "Study on due diligence requirements through the supply chain: final report", Ufficio delle pubblicazioni, 2020, https://data.europa.eu/doi/10.2838/39830 , pag. 221, indica che i processi di valutazione dei rischi aziendali continuano a concentrarsi sulla rilevanza dei rischi per la società, nonostante le linee guida internazionali (UNGP, OCSE) precisino che i rischi pertinenti per il dovere di diligenza devono andare al di là dei rischi per la società ed estendersi a coloro che ne sono interessati (i titolari dei diritti). Gli impatti negativi delle società come conseguenza della globalizzazione e del mancato rispetto del dovere di diligenza, che vanno dai disastri ambientali (cfr. https://www.business-humanrights.org/en/blog/brumadinho-dam-collapse-lessons-in-corporate-due-diligence-and-remedy-for-harm-done/ ) all'accaparramento dei terreni (cfr. https://www.europarl.europa.eu/RegData/etudes/STUD/2016/578007/EXPO_STU(2016)578007_EN.pdf ), a gravi violazioni dei diritti umani e del lavoro (cfr. https://www.europarl.europa.eu/RegData/etudes/BRIE/2014/538222/EPRS_BRI(2014)538222_REV1_EN.pdf) sono ben documentati.
(9)    Cfr. nota in calce 3.
(10)    Direttiva 2014/95/UE del Parlamento europeo e del consiglio, del 22 ottobre 2014, recante modifica della direttiva 2013/34/UE per quanto riguarda la comunicazione di informazioni di carattere non finanziario e di informazioni sulla diversità da parte di talune imprese e di taluni gruppi di grandi dimensioni (GU L 330 del 15.11.2014, pag. 1). La NFRD costituisce pertanto una modifica della direttiva contabile, ossia della direttiva 2013/34/UE relativa ai bilanci d'esercizio, ai bilanci consolidati e alle relative relazioni di talune tipologie di imprese, recante modifica della direttiva 2006/43/CE e abrogazione delle direttive 78/660/CEE e 83/349/CEE del Consiglio (GU L 182 del 29.6.2013).
(11)    Grandi enti di interesse pubblico con più di 500 dipendenti (e il cui totale di bilancio o il cui fatturato netto supera il limite minimo fissato dalla direttiva contabile per le grandi imprese), comprese le società quotate, le banche e le imprese di assicurazione. Cfr. lo studio del CEPS concernente la direttiva sulla comunicazione di informazioni di carattere non finanziario, preparato per la Commissione europea a sostegno della revisione della NFRD, del novembre 2020, disponibile all'indirizzo https://op.europa.eu/en/publication-detail/-/publication/1ef8fe0e-98e1-11eb-b85c-01aa75ed71a1/language-en.
(12)    Cfr. anche alcune disposizioni dell'SRD II, vale a dire la direttiva (UE) 2017/828 che modifica la direttiva 2007/36/CE per quanto riguarda l'incoraggiamento dell'impegno a lungo termine degli azionisti (GU L 132 del 20.5.2017, pag. 1).
(13)    La valutazione d'impatto che accompagna la proposta di direttiva della Commissione relativa alla comunicazione societaria sulla sostenibilità (SWD/2021/150 final) e lo studio del CEPS concernente la direttiva sulla comunicazione di informazioni di carattere non finanziario (parte 2) hanno rilevato un cambiamento limitato nelle politiche societarie a seguito della NFRD, in linea con la percezione dei principali portatori di interessi che non sono stati in grado di ravvisare nella condotta delle imprese un chiaro modello di cambiamento determinato da tali norme in materia di comunicazione.
(14)    Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 2013/34/UE, la direttiva 2004/109/CE, la direttiva 2006/43/CE e il regolamento (UE) n. 537/2014 per quanto riguarda la comunicazione societaria sulla sostenibilità (COM(2021) 189 final).
(15)    L'obbligo di comunicazione sulla sostenibilità si applicherebbe a tutte le grandi società quali definite dalla direttiva contabile (che la direttiva relativa alla comunicazione societaria sulla sostenibilità modificherebbe) e, a partire dal 2026, alle società quotate sui mercati regolamentati dell'UE (comprese le società di paesi terzi ma escluse tutte le microimprese).
(16)    L'elaborazione del progetto di principi per la comunicazione sulla sostenibilità è iniziata parallelamente al processo legislativo nell'ambito di una task force di progetto istituita dal Gruppo consultivo europeo sull'informativa finanziaria (EFRAG) su richiesta della Commissione.
(17)    Regolamento (UE) 2019/2088 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 novembre 2019, relativo all'informativa sulla sostenibilità nel settore dei servizi finanziari (GU L 317 del 9.12.2019, pag. 1).
(18)    Il 4 febbraio 2021 le tre autorità europee di vigilanza hanno pubblicato la relazione finale alla Commissione (disponibile all'indirizzo https://www.esma.europa.eu/press-news/esma-news/three-european-supervisory-authorities-publish-final-report-and-draft-rts ), compresi i progetti di norme tecniche di regolamentazione sull'informativa ai sensi dell'SFDR.
(19)    Regolamento (UE) 2020/852 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 giugno 2020, relativo all'istituzione di un quadro che favorisce gli investimenti sostenibili e recante modifica del regolamento (UE) 2019/2088 (GU L 198 del 22.6.2020, pag. 13).
(20)    La tassonomia sarà sviluppata gradualmente. Le garanzie minime di salvaguardia sociale si applicano a tutti gli investimenti ammissibili alla tassonomia.
(21)    Direttiva 2011/36/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 aprile 2011, concernente la prevenzione e la repressione della tratta di esseri umani e la protezione delle vittime, e che sostituisce la decisione quadro del Consiglio 2002/629/GAI (GU L 101 del 15.4.2011, pag.1).
(22)    Direttiva 2009/52//CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 giugno 2009, che introduce norme minime relative a sanzioni e a provvedimenti nei confronti di datori di lavoro che impiegano cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare (GU L 168 del 30.6.2009, pag. 24).
(23)    Regolamento (UE) 2017/821 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 maggio 2017, che stabilisce obblighi in materia di dovere di diligenza nella catena di approvvigionamento per gli importatori dell'Unione di stagno, tantalio e tungsteno, dei loro minerali, e di oro, originari di zone di conflitto o ad alto rischio (GU L 130 del 19.5.2017, pag. 1).
(24)    Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alla messa a disposizione sul mercato dell'Unione e all'esportazione dall'Unione di determinate materie prime e determinati prodotti associati alla deforestazione e al degrado forestale e che abroga il regolamento (UE) n. 995/2010 (COM(2021) 706 final).
(25)    Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alle batterie e ai rifiuti di batterie, che abroga la direttiva 2006/66/CE e modifica il regolamento (UE) 2019/1020 (COM(2020) 798 final).
(26)    Direttiva 2009/125/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 ottobre 2009, relativa all'istituzione di un quadro per l'elaborazione di specifiche per la progettazione ecocompatibile dei prodotti connessi all'energia (GU L 285 del 31.10.2009, pag. 10).
(27)    Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato economico e sociale europeo sul lavoro dignitoso in tutto il mondo per una transizione globale giusta e una ripresa sostenibile (COM (2022) 66 final).
(28)    Ad esempio, introduce limitazioni al rilascio di alcuni inquinanti, definisce gli obiettivi dell'UE (come la normativa europea sul clima) o fissa obiettivi per gli Stati membri (ad esempio in materia di efficienza energetica), definisce gli obblighi per gli Stati membri (ad esempio in materia di protezione degli habitat naturali), stabilisce un contenuto minimo nelle procedure di autorizzazione per alcune attività economiche (ad esempio la valutazione dell'impatto ambientale), ecc.
(29)    Cfr., ad esempio, Jungmichel, Norbert, Christina Schampel e Daniel Weiss (2017): Atlas on Environmental Impacts - Supply Chains – Environmental Impacts and Hot Spots in the Supply Chain, Adephi/Systain, disponibile all'indirizzo https://www.adelphi.de/en/system/files/mediathek/bilder/Umweltatlas%20Lieferkette%20-%20adelphi-Systain-englisch.pdf .
(30)    Direttiva 2004/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 aprile 2004, sulla responsabilità ambientale in materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale (GU L 143 del 30.4.2004, pag. 56).
(31)    Il pacchetto "Pronti per il 55 %" costituisce una serie di proposte adottate dalla Commissione il 14 luglio 2021 volte a rendere le politiche dell'UE in materia di clima, energia, uso del suolo, trasporti e fiscalità idonee a ridurre le emissioni nette di gas a effetto serra di almeno il 55 % entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990.
(32)    Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica della direttiva 2003/87/CE che istituisce un sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra nell'Unione, della decisione (UE) 2015/1814 relativa all'istituzione e al funzionamento di una riserva stabilizzatrice del mercato nel sistema dell'Unione per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra e del regolamento (UE) 2015/757 (COM(2021) 551 final).
(33)    Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere (COM(2021) 564 final).
(34)    La "rilocalizzazione delle emissioni di CO2" derivante dalla maggiore ambizione dell'UE in materia di clima potrebbe portare a un aumento delle emissioni globali totali. Il prezzo di adeguamento al carbonio del CBAM per determinati tipi di prodotti importati nei settori dell'acciaio, dell'alluminio, del cemento, dell'energia elettrica e dei fertilizzanti creerebbe una parità di condizioni tra i prodotti dell'UE e quelli importati.
(35)    In virtù del diritto dell'UE, ogni lavoratore dell'UE gode di determinati diritti minimi di tutela contro ogni forma di discriminazione fondata su sesso, razza, religione, età, disabilità e orientamento sessuale e delle norme del diritto del lavoro (lavoro a tempo parziale, contratti a tempo determinato, orario di lavoro, informazione e consultazione dei lavoratori). Sintesi disponibile all'indirizzo: https://eur-lex.europa.eu/summary/chapter/employment_and_social_policy.html?root_default=SUM_1_CODED%3D17&locale=it .
(36)    Comunicazione congiunta al Parlamento europeo e al Consiglio "Piano d'azione dell'UE per i diritti umani e la democrazia 2020-2024" (JOIN(2020) 5 final).
(37)    Comunicazione della Commissione "Strategia dell'UE sui diritti dei minori" (COM(2021) 142 final).
(38)    Comunicazione della Commissione "Strategia dell'UE per la lotta alla tratta degli esseri umani 2021‑2025" (COM(2021) 171).
(39)    (COM(2022)66 final).
(40)    Ad esempio il pilastro 10 del pilastro europeo dei diritti sociali relativo a un ambiente di lavoro sano, sicuro e adeguato e l'articolo 7, lettera b), del Patto internazionale relativo ai diritti economici, sociali e culturali (cfr. l'allegato della presente direttiva) sulle condizioni di lavoro giuste e favorevoli, comprese condizioni di lavoro sicure e salubri.
(41)    Si ricorda che, per quanto riguarda le misure di governo societario, l'UE ha già legiferato sulla stessa base giuridica, ad esempio la prima e la seconda direttiva sui diritti degli azionisti.
(42)    Cfr. ad esempio la causa C 380/03, Repubblica federale di Germania/Parlamento europeo e Consiglio dell'Unione europea, [2006] ECR I-11573, punto 38 e giurisprudenza citata.
(43)    Cfr. nota in calce 3. Per quanto riguarda i paesi del SEE, la Norvegia ha adottato una normativa sul dovere di diligenza.
(44)    Austria, Belgio, Danimarca, Finlandia, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi (per quanto riguarda una più ampia normativa sulla condotta d'impresa responsabile). In Irlanda, Spagna e Svezia sono in corso campagne della società civile a favore dell'introduzione di una normativa sul dovere di diligenza. L'allegato 8 della valutazione d'impatto che accompagna la presente proposta fornisce una panoramica dettagliata delle leggi e delle iniziative degli Stati membri/del SEE.
(45)    Loi Pacte francese.
(46)    Ad esempio i Paesi Bassi.
(47)    Cfr. la Sorgfaltspflichtengesetz tedesca).
(48)    Ad esempio, la legge olandese di cui sopra stabilisce l'obbligo trasversale di diligenza per far fronte alle problematiche del lavoro minorile lungo l'intera catena del valore. In Austria un partito politico ha presentato un progetto di legge sulla responsabilità sociale in materia di lavoro coatto e lavoro minorile nel settore dell'abbigliamento.
(49)    La Loi relative au devoir de vigilance francese e la legge tedesca Sorgfaltspflichtengesetz differiscono notevolmente per ambito d'applicazione soggettivo dei requisiti materiali e regime di applicazione.
(50)    Ad esempio, ai sensi della Sorgfaltspflichtengesetz tedesco, ricade nell'ambito d'applicazione della legge qualsiasi società con una succursale e almeno 3 000 dipendenti in Germania (1 000 a partire dal 2024).
(51)    La Loi relative au devoir de vigilance francese contiene una disposizione sulla responsabilità civile. La Sorgfaltspflichtengesetz tedesca precisa che la violazione di un obbligo previsto dalla legge non comporta alcuna responsabilità civile, mentre le norme generali in materia di responsabilità restano invariate. Inoltre le normative nazionali in materia di responsabilità civile non sono armonizzate.
(52)    Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici.
(53)    Questo numero deriva dalla valutazione d'impatto della seconda direttiva sui diritti degli azionisti.
(54)    Ad esempio, gli investitori hanno costretto recentemente il produttore alimentare Danone a ridurre i costi a causa della mancata redditività a breve termine, cfr. l'articolo Can Anglo-Saxon activist investors whip Danone into shape?, disponibile all'indirizzo         https://www.economist.com/business/2021/02/20/can-anglo-saxon-activist-investors-whip-danone-into-shape .
(55)    Cfr. nota in calce 3.
(56)    Cfr. nota in calce 44.
(57)    Nel 2014 il Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite ha deciso di istituire un gruppo di lavoro intergovernativo aperto sull'elaborazione di uno strumento internazionale giuridicamente vincolante sulle società transnazionali e altre imprese commerciali in materia di diritti umani, il cui mandato consiste nell'elaborare tale strumento per regolamentare, nel diritto internazionale dei diritti umani, le attività delle società transnazionali e di altre imprese commerciali. Nel 2021 il gruppo di lavoro intergovernativo aperto ha pubblicato un terzo progetto riveduto di strumento giuridicamente vincolante sulle attività delle imprese e sui diritti umani , comprese le misure di diligenza e la responsabilità delle imprese per le violazioni dei diritti umani.
(58)    Grandi società a responsabilità limitata con più di 500 dipendenti e un fatturato netto superiore a 150 milioni di EUR.
(59)    Grandi società a responsabilità limitata con più di 250 dipendenti e un fatturato netto superiore a 40 milioni di EUR ma che non superano contemporaneamente i limiti minimi dei 500 dipendenti e del fatturato netto di 150 milioni di EUR, e società di paesi terzi aventi una forma giuridica comparabile con un fatturato netto nell'UE compreso tra 40 e 150 milioni di EUR.
(60)    L'OCSE ha elaborato le linee guida settoriali al fine di promuovere l'effettiva osservanza delle sue linee guida destinate alle imprese multinazionali. Cfr. l'elenco dei documenti contenenti le linee guida settoriali al seguente indirizzo: http://mneguidelines.oecd.org/sectors/.
(61)    Per l'Unione cfr. ad esempio l'articolo 5 della raccomandazione della Commissione, del 6 maggio 2003, relativa alla definizione delle microimprese, piccole e medie imprese (2003/361/CE) (GU L 124 del 20.5.2003, pag. 36).
(62)    Nel gruppo 1: 9 400 società, nel gruppo 2: 3 400 società.
(63)    Nel gruppo 1: 2 600 società, nel gruppo 2: 1 400 società. La metodologia utilizzata per calcolare il numero di società di paesi terzi è illustrata nel documento di lavoro dei servizi della Commissione allegato.
(64)    Sintesi della consultazione pubblica aperta per l'iniziativa sul governo societario sostenibile, disponibile all'indirizzo https://ec.europa.eu/info/law/better-regulation/have-your-say/initiatives/12548-Sustainable-corporate-governance/public-consultation_it .
(65)    Ad esempio, in risposta alla consultazione pubblica aperta, le ONG hanno sostenuto al 95,9 % la necessità di agire, le società al 68,4 % (grandi società 75,5 %, PMI 58,7 %) e le associazioni di imprese al 59,6 %.
(66)    Mentre il 97,2 % delle ONG preferisce un approccio trasversale, nel complesso le imprese lo preferiscono all'86,8 %, comprese le PMI (81,8 %) e le associazioni di categoria (85,3 %). Ciò vale anche per le risposte degli Stati membri.
(67)    Il 97 % delle risposta è d'accordo con questa affermazione (ONG 96,1 %, associazioni di categoria 96,5 %, società 93,8 %, PMI 86,4 %). Anche tutte le risposte degli Stati membri sono d'accordo con questa affermazione.
(68)    Seguita dall'opzione dell'applicazione per via giudiziaria con responsabilità (49 %) e della vigilanza da parte delle autorità nazionali competenti sulla base di denunce di mancato rispetto con sanzioni efficaci (44 %).
(69)    Cfr. il riferimento di cui alla nota 8.
(70)    Commissione europea, direzione generale della Giustizia e dei consumatori, Study on directors' duties and sustainable corporate governance: final report, Ufficio delle pubblicazioni, 2020, https://data.europa.eu/doi/10.2838/472901 . https://data.europa.eu/doi/10.2838/472901 .
(71)    SEC(2022)95.
(72)    Cfr. nota in calce 6.
(73)    GU C del , pag. .
(74)    Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni "Il Green Deal europeo" (COM(2019) 640 final).
(75)    Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni – Un'Europa sociale forte per transizioni giuste (COM(2020) 14 final).
(76)    Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato economico e sociale europeo sul lavoro dignitoso in tutto il mondo per una transizione globale giusta e una ripresa sostenibile (COM(2022) 66 final).
(77)    "Enterprise Models and the EU agenda", CEPS Policy Insights, n. PI2021-02/ gennaio 2021.
(78)    Ad esempio https://www.economie.gouv.fr/entreprises/societe-mission  
(79)    Organizzazione delle Nazioni Unite, "Guiding Principles on Business and Human Rights: Implementing the United Nations 'Protect, Respect and Remedy' Framework" (2011), disponibili all'indirizzo https://www.ohchr.org/documents/publications/guidingprinciplesbusinesshr_en.pdf .
(80)    Linee guida OCSE destinate alle imprese multinazionali, edizione aggiornata del 2011, disponibile all'indirizzo http://mneguidelines.oecd.org/guidelines/. https://mneguidelines.oecd.org/mneguidelines/
(81)    Linee guida dell'OCSE sulla condotta d'impresa responsabile (2018) e linee guida settoriali, disponibili all'indirizzo https://www.oecd.org/investment/due-diligence-guidance-for-responsible-business-conduct.htm .
(82)    Dichiarazione tripartita di principi sulle imprese multinazionali e la politica sociale dell'Organizzazione internazionale del lavoro, quinta edizione, 2017, disponibile all'indirizzo:      https://www.ilo.org/empent/Publications/WCMS_094386/lang--en/index.htm .
(83)     https://www.un.org/ga/search/view_doc.asp?symbol=A/RES/70/1&Lang=E .  
(84)     https://unfccc.int/files/essential_background/convention/application/pdf/english_paris_agreement.pdf .
(85)    Patto di Glasgow per il clima, adottato il 13 novembre 2021 alla COP26 di Glasgow, https://unfccc.int/sites/default/files/resource/cma2021_L16_adv.pdf . https://unfccc.int/sites/default/files/resource/cma2021_L16_adv.pdf .
(86)

   Regolamento (UE) 2021/1119 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 giugno 2021, che istituisce il quadro per il conseguimento della neutralità climatica e che modifica il regolamento (CE) n. 401/2009 e il regolamento (UE) 2018/1999 ("Normativa europea sul clima") PE/27/2021/REV/1 (GU L 243 del 9.7.2021, pag. 1).

(87)    SWD/2020/176 final.
(88)    COM(2019) 640 final.
(89)    Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni "Plasmare un'Europa resiliente ai cambiamenti climatici – La nuova strategia dell'UE di adattamento ai cambiamenti climatici" (COM(2021) 82 final), disponibile all'indirizzo: https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?uri=COM:2021:82:FIN.
(90)    GU C […] del […], pag. […].
(91)    Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni "Un nuovo piano d'azione per l'economia circolare - Per un'Europa più pulita e più competitiva" (COM(2020) 98 final).
(92)    Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni "Strategia dell'UE sulla biodiversità per il 2030 - Riportare la natura nella nostra vita" (COM(2020) 380 final).
(93)    Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni "Una strategia "Dal produttore al consumatore" per un sistema alimentare equo, sano e rispettoso dell'ambiente" (COM(2020)381 final).
(94)    Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni "Strategia in materia di sostanze chimiche sostenibili - Verso un ambiente privo di sostanze tossiche" (COM(2020) 667 final).
(95)     Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni "Aggiornamento della nuova strategia industriale 2020: costruire un mercato unico più forte per la ripresa dell'Europa" (COM(2021) 350 final).
(96)    Industria 5.0; https://ec.europa.eu/info/research-and-innovation/research-area/industrial-research-and-innovation/industry-50_it
(97)     https://op.europa.eu/webpub/empl/european-pillar-of-social-rights/it/  
(98)    Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni "Riesame della politica commerciale - Una politica commerciale aperta, sostenibile e assertiva" (COM(2021) 66 final).
(99)    Comunicazione congiunta al Parlamento europeo e al Consiglio "Piano d'azione dell'UE per i diritti umani e la democrazia 2020-2024" (JOIN(2020) 5 final).
(100)    Risoluzione del Parlamento europeo, del 10 marzo 2021, recante raccomandazioni alla Commissione concernenti la dovuta diligenza e la responsabilità delle imprese (2020/2129(INL)), P9_TA(2021)0073, disponibile all'indirizzo: https://www.europarl.europa.eu/doceo/document/TA-9-2021-0073_IT.html . 
(101)    Conclusioni del Consiglio, del 1° dicembre 2020, su diritti umani e lavoro dignitoso nelle catene di approvvigionamento globali (doc. 13512/20).
(102)    Dichiarazione comune del Parlamento europeo, del Consiglio dell'Unione europea e della Commissione europea sulle priorità legislative dell'UE per il 2022, disponibile all'indirizzo https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?uri=CELEX%3A32021C1221%2801%29&qid=1646310656008 .
(103)    Direttiva (UE) 2018/957 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 giugno 2018, recante modifica della direttiva 96/71/CE relativa al distacco dei lavoratori nell'ambito di una prestazione di servizi (GU L 173 del 9.7.2018, pag. 16).
(104)     https://www.ungpreporting.org/wp-content/uploads/UNGPReportingFramework_withguidance2017.pdf .  
(105)     https://www.ohchr.org/Documents/Issues/Business/RtRInterpretativeGuide.pdf . https://www.ohchr.org/Documents/Issues/Business/RtRInterpretativeGuide.pdf .
(106)    Direttiva (UE) 2019/1937 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2019, riguardante la protezione delle persone che segnalano violazioni del diritto dell'Unione (GU L 305 del 26.11.2019, pag. 17).
(107)    GU L 123 del 12.5.2016, pag. 1.
(108)    Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE (regolamento generale sulla protezione dei dati) (GU L 119 del 4.5.2016, pag. 1).
(109)    Regolamento (UE) 2018/1725 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2018, sulla tutela delle persone fisiche in relazione al trattamento dei dati personali da parte delle istituzioni, degli organi e degli organismi dell'Unione e sulla libera circolazione di tali dati (GU L 295 del 21.11.2018, pag. 39).
(110)    Direttiva 2013/34/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, relativa ai bilanci d'esercizio, ai bilanci consolidati e alle relative relazioni di talune tipologie di imprese (GU L 182 del 29.6.2013, pag. 19).
(111)    Regolamento (UE) n. 575/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, relativo ai requisiti prudenziali per gli enti creditizi e le imprese di investimento e che modifica il regolamento (UE) n. 648/2012 (GU L 176 del 27.6.2013, pag. 1).
(112)    Direttiva 2014/65/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, relativa ai mercati degli strumenti finanziari e che modifica la direttiva 2002/92/CE e la direttiva 2011/61/UE (GU L 173 del 12.6.2014, pag. 349).
(113)    Regolamento (UE) n. 345/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 aprile 2013, relativo ai fondi europei per il venture capital (GU L 115 del 25.4.2013, pag. 1).
(114)    Regolamento (UE) n. 346/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 aprile 2013, relativo ai fondi europei per l'imprenditoria sociale (GU L 115 del 25.4.2013, pag. 18).
(115)    Regolamento (UE) 2015/760 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2015, relativo ai fondi di investimento europei a lungo termine (GU L 123 del 19.5.2015, pag. 98).
(116)    Direttiva 2009/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio 2009, concernente il coordinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative in materia di taluni organismi d'investimento collettivo in valori mobiliari (OICVM) (GU L 302 del 17.11.2009, pag. 32).
(117)    Direttiva 2009/138/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 novembre 2009, in materia di accesso ed esercizio delle attività di assicurazione e di riassicurazione (solvibilità II) (GU L 335 del 17.12.2009, pag. 1).
(118)    Direttiva (UE) 2016/2341 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 dicembre 2016, relativa alle attività e alla vigilanza degli enti pensionistici aziendali o professionali (EPAP) (GU L 354 del 23.12.2016, pag. 37).
(119)    Regolamento (CE) n. 883/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale (GU L 166 del 30.4.2004, pag. 1).
(120)    Regolamento (CE) n. 987/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 settembre 2009, che stabilisce le modalità di applicazione del regolamento (CE) n. 883/2004 relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale (GU L 284 del 30.10.2009, pag. 1).
(121)    Regolamento (UE) n. 648/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 luglio 2012, sugli strumenti derivati OTC, le controparti centrali e i repertori di dati sulle negoziazioni (GU L 201 del 27.7.2012, pag. 1).
(122)    Regolamento (UE) n. 909/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 luglio 2014, relativo al miglioramento del regolamento titoli nell'Unione europea e ai depositari centrali di titoli e recante modifica delle direttive 98/26/CE e 2014/65/UE e del regolamento (UE) n. 236/2012 (GU L 257 del 28.8.2014, pag. 1).
(123)    Regolamento (UE) 2017/2402 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2017, che stabilisce un quadro generale per la cartolarizzazione, instaura un quadro specifico per cartolarizzazioni semplici, trasparenti e standardizzate e modifica le direttive 2009/65/CE, 2009/138/CE e 2011/61/UE e i regolamenti (CE) n. 1060/2009 e (UE) n. 648/2012 (GU L 347 del 28.12.2017, pag. 35).
(124)    Direttiva (UE) 2015/2366 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 novembre 2015, relativa ai servizi di pagamento nel mercato interno, che modifica le direttive 2002/65/CE, 2009/110/CE e 2013/36/UE e il regolamento (UE) n. 1093/2010, e abroga la direttiva 2007/64/CE (GU L 337 del 23.12.2015, pag. 35).
(125)    Direttiva 2009/110/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 settembre 2009, concernente l'avvio, l'esercizio e la vigilanza prudenziale dell'attività degli istituti di moneta elettronica, che modifica le direttive 2005/60/CE e 2006/48/CE e che abroga la direttiva 2000/46/CE (GU L 267 del 10.10.2009, pag. 7).
(126)    Regolamento (UE) 2020/1503 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 ottobre 2020, relativo ai fornitori europei di servizi di crowdfunding per le imprese, e che modifica il regolamento (UE) 2017/1129 e la direttiva (UE) 2019/1937 (GU L 347 del 20.10.2020, pag. 1).
(127)    COM(2020) 593 final.
(128)    Direttiva 2004/109/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 dicembre 2004, sull'armonizzazione degli obblighi di trasparenza riguardanti le informazioni sugli emittenti i cui valori mobiliari sono ammessi alla negoziazione in un mercato regolamentato e che modifica la direttiva 2001/34/CE (GU L 390 del 31.12.2004, pag. 38).
(129)    Regolamento (CE) n. 1606/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 luglio 2002, relativo all'applicazione di principi contabili internazionali (GU L 243 dell'11.9.2002, pag. 1).
(130) +    GU: Inserire nel testo numero e data della direttiva di cui al documento... e inserire in nota il riferimento alla relativa GU.
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Bruxelles, 23.2.2022

COM(2022) 71 final

ALLEGATO

della

PROPOSTA DI DIRETTIVA DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO

relativa al dovere di diligenza delle imprese ai fini della sostenibilità e che modifica la direttiva (UE) 2019/1937











{SEC(2022) 95 final} - {SWD(2022) 38 final} - {SWD(2022) 39 final} - {SWD(2022) 42 final} - {SWD(2022) 43 final}


ALLEGATO

Parte I

1.Violazioni dei diritti e divieti che figurano negli accordi internazionali sui diritti umani

1.Violazione del diritto delle persone di disporre delle risorse naturali di una terra e di non essere privati dei mezzi di sussistenza in conformità dell'articolo 1 del Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici.

2.Violazione del diritto alla vita e alla sicurezza in conformità dell'articolo 3 della Dichiarazione universale dei diritti umani.

3.Violazione del divieto di tortura e di trattamento crudele, inumano o degradante in conformità dell'articolo 5 della Dichiarazione universale dei diritti umani.

4.Violazione del diritto alla libertà e alla sicurezza in conformità dell'articolo 9 della Dichiarazione universale dei diritti umani.

5.Violazione del divieto di interferenze arbitrarie o illegittime nella vita privata, nella famiglia, nella casa o nella corrispondenza di una persona e di offese alla sua reputazione, in conformità dell'articolo 17 della Dichiarazione universale dei diritti umani.

6.Violazione del divieto di interferenze nella libertà di pensiero, di coscienza e di religione in conformità dell'articolo 18 della Dichiarazione universale dei diritti umani.

7.Violazione del diritto di godere di giuste e favorevoli condizioni di lavoro, tra cui un equo salario, un'esistenza decorosa, la sicurezza e l'igiene del lavoro e una ragionevole limitazione delle ore di lavoro in conformità dell'articolo 7 del Patto internazionale relativo ai diritti economici, sociali e culturali.

8.Violazione del divieto di limitare l'accesso dei lavoratori a un alloggio adeguato, se vivono in alloggi forniti dalla società, nonché a un'alimentazione, a un vestiario e a servizi idrici e igienico-sanitari adeguati sul luogo di lavoro, in conformità dell'articolo 11 del Patto internazionale relativo ai diritti economici, sociali e culturali.

9.Violazione del diritto del fanciullo a che il suo interesse superiore sia una considerazione preminente in tutte le decisioni e le azioni relative ai fanciulli, in conformità dell'articolo 3 della convenzione sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza. Violazione del diritto del fanciullo di sviluppare appieno le sue potenzialità in conformità dell'articolo 6 della convenzione sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza. Violazione del diritto del minore al miglior stato di salute possibile in conformità dell'articolo 24 della convenzione sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza. Violazione del diritto di beneficiare della sicurezza sociale e di un livello di vita adeguato in conformità degli articoli 26 e 27 della convenzione sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza. Violazione del diritto all'educazione in conformità dell'articolo 28 della convenzione sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza. Violazione del diritto del fanciullo di essere protetto contro ogni forma di sfruttamento sessuale e di violenza sessuale nonché dal rapimento, dalla vendita o dalla tratta in un luogo diverso all'interno o all'esterno del suo paese a fini di sfruttamento, in conformità degli articoli 34 e 35 della convenzione sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza.

10.Violazione del divieto di impiego di un minore di età inferiore all'età alla quale si compie l'obbligo scolastico e che, in ogni caso, non può essere inferiore a 15 anni, salvo che lo preveda la legge del luogo di lavoro in conformità dell'articolo 2, paragrafo 4, e degli articoli da 4 a 8 della convenzione dell'Organizzazione internazionale del lavoro sull'età minima per l'assunzione all'impiego, del 1973 (n. 138).

11.Violazione del divieto del lavoro minorile ai sensi dell'articolo 32 della convenzione sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza, comprese le forme peggiori di lavoro minorile per i minori (persone di età inferiore ai 18 anni), conformemente all'articolo 3 della convenzione dell'Organizzazione internazionale del lavoro relativa alla proibizione delle forme peggiori di lavoro minorile, del 1999 (n. 182). Queste comprendono:

(a)tutte le forme di schiavitù o pratiche analoghe alla schiavitù, quali la vendita o la tratta di minori, la servitù per debiti e l'asservimento, il lavoro forzato o obbligatorio, compreso il reclutamento forzato o obbligatorio di minori ai fini di un loro impiego nei conflitti armati;

(b)l'impiego, l'ingaggio o l'offerta del minore a fini di prostituzione, di produzione di materiale pornografico o di spettacoli pornografici;

(c)l'impiego, l'ingaggio o l'offerta del minore ai fini di attività illecite, quali, in particolare, quelle per la produzione e per il traffico di stupefacenti;

(d)lavoro che, per sua natura o per le circostanze in cui viene svolto, rischi di compromettere la salute, la sicurezza o la moralità del minore.

12.Violazione del divieto del lavoro forzato; quest'ultimo comprende ogni lavoro o servizio estorto a una persona sotto minaccia di una punizione o per il quale detta persona non si sia offerta spontaneamente, ad esempio in conseguenza della servitù per debiti o della tratta di esseri umani; è escluso dal lavoro forzato ogni lavoro o servizio conforme all'articolo 2, paragrafo 2, della convenzione dell'Organizzazione internazionale del lavoro sul lavoro forzato, del 1930 (n. 29) o all'articolo 8, paragrafo 3, lettere b) e c), del Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici.

13.Violazione del divieto della schiavitù sotto qualsiasi forma, di pratiche assimilabili alla schiavitù, all'asservimento o ad altre forme di dominazione o oppressione sul luogo di lavoro, quali forme estreme di sfruttamento economico o sessuale e umiliazione, in conformità dell'articolo 4 della Dichiarazione universale dei diritti umani e dell'articolo 8 del Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici.

14.Violazione del divieto della tratta di esseri umani ai sensi dell'articolo 3 del protocollo addizionale della convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità organizzata transnazionale per prevenire, reprimere e punire la tratta di persone, in particolare di donne e bambini (protocollo di Palermo).

15.Violazione del diritto alla libertà di associazione e di riunione, del diritto di organizzazione e di negoziazione collettiva in conformità dell'articolo 20 della Dichiarazione universale dei diritti umani, degli articoli 21 e 22 del Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici, dell'articolo 8 del Patto internazionale relativo ai diritti economici, sociali e culturali, della convenzione dell'Organizzazione internazionale del lavoro concernente la libertà sindacale e la protezione del diritto sindacale, del 1948 (n. 87), e della convenzione dell'Organizzazione internazionale del lavoro sul diritto di organizzazione e di negoziazione collettiva, del 1949 (n. 98), compresi i diritti seguenti:

(a)i lavoratori sono liberi di costituire sindacati o di aderirvi;

(b)la costituzione di un sindacato, così come l'adesione e l'appartenenza ad esso, non deve essere invocata come motivo di discriminazione ingiustificata o ritorsione;

(c)le organizzazioni di lavoratori sono libere di operare nel rispetto delle proprie costituzioni e norme, senza ingerenze da parte delle autorità;

(d)il diritto di sciopero e il diritto di negoziazione collettiva.

16.Violazione del divieto di disparità di trattamento in materia di occupazione, a meno che ciò non sia giustificato dai requisiti dell'impiego ai sensi degli articoli 2 e 3 della convenzione dell'Organizzazione internazionale del lavoro concernente l'uguaglianza di retribuzione, del 1951 (n. 100), degli articoli 1 e 2 della convenzione dell'Organizzazione internazionale del lavoro concernente la discriminazione in materia di impiego e di professione, del 1958 (n. 111) e dell'articolo 7 del Patto internazionale relativo ai diritti economici, sociali e culturali; la disparità di trattamento comprende, in particolare, il pagamento di una retribuzione ineguale per un lavoro di pari valore.

17.Violazione del divieto di trattenere un salario atto a garantire condizioni di vita dignitosa in conformità dell'articolo 7 del Patto internazionale relativo ai diritti economici, sociali e culturali.

18.Violazione del divieto di causare qualsiasi degrado ambientale misurabile, quali cambiamenti nocivi del suolo, inquinamento idrico o atmosferico, emissioni nocive o consumo eccessivo di acqua o altri effetti sulle risorse naturali, che:

(a)comprometta le basi naturali per la conservazione e la produzione di alimenti, o

(b)privi una persona dell'accesso ad acqua potabile sicura e pulita, o

(c)ostacoli l'accesso di una persona ai servizi sanitari o distrugga questi ultimi, o

(d)leda la salute, la sicurezza, il normale uso di un bene o di un terreno o il normale svolgimento dell'attività economica di una persona, o

(e)incida sull'integrità ecologica, come il disboscamento,

in conformità dell'articolo 3 della Dichiarazione universale dei diritti umani, dell'articolo 5 del Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici e dell'articolo 12 del Patto internazionale relativo ai diritti economici, sociali e culturali.

19.Violazione del divieto di espulsione o accaparramento illecito di terreni, foreste e acque al momento dell'acquisto, dello sfruttamento o del diverso utilizzo, anche mediante disboscamento, relativamente ai terreni, foreste e acque che assicurano il sostentamento di una persona in conformità dell'articolo 11 del Patto internazionale relativo ai diritti economici, sociali e culturali.

20.Violazione del diritto dei popoli indigeni alle terre, ai territori e alle risorse che tradizionalmente possedevano o occupavano oppure hanno altrimenti utilizzato o acquisito, in conformità dell'articolo 25, dell'articolo 26, paragrafi 1 e 2, dell'articolo 27 e dell'articolo 29, paragrafo 2, della Dichiarazione delle Nazioni Unite sui diritti dei popoli indigeni.

21.Violazione di un divieto o di un diritto non contemplato dai precedenti punti da 1 a 20 ma incluso negli accordi sui diritti umani elencati nella sezione 2 della presente parte, che arreca direttamente pregiudizio a un interesse giuridico tutelato da tali accordi, purché la società fosse ragionevolmente in grado di accertare il rischio di pregiudizio e di adottare misure adeguate per assolvere gli obblighi ai sensi dell'articolo 4 della presente direttiva, tenendo conto di tutte le circostanze specifiche delle sue attività, quali il settore e il contesto operativo.

2.Convenzioni sui diritti umani e sulle libertà fondamentali

·Dichiarazione universale dei diritti umani

·Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici

·Patto internazionale relativo ai diritti economici, sociali e culturali

·Convenzione per la prevenzione e la repressione del delitto di genocidio

·Convenzione contro la tortura e altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti

·Convenzione internazionale sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale

·Convenzione sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti della donna

·Convenzione sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza

·Convenzione sui diritti delle persone con disabilità

·Dichiarazione delle Nazioni Unite sui diritti dei popoli indigeni

·Dichiarazione sui diritti delle persone appartenenti a minoranze nazionali o etniche, religiose e linguistiche

·Convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità organizzata transnazionale e protocollo addizionale della convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità organizzata transnazionale per prevenire, reprimere e punire la tratta di persone, in particolare di donne e bambini (protocollo di Palermo)

·Dichiarazione dell'Organizzazione internazionale del lavoro sui principi e i diritti fondamentali nel lavoro

·Dichiarazione tripartita di principi dell'Organizzazione internazionale del lavoro sulle imprese multinazionali e la politica sociale

·Convenzioni fondamentali dell'Organizzazione internazionale del lavoro:

·Convenzione concernente la libertà sindacale e la protezione del diritto sindacale, 1948 (n. 87)

·Convenzione sul diritto di organizzazione e di negoziazione collettiva, 1949 (n. 98)

·Convenzione sul lavoro forzato, 1930 (n. 29) e relativo protocollo del 2014

·Convenzione concernente l'abolizione del lavoro forzato, 1957 (n. 105)

·Convenzione sull'età minima, 1973 (n. 138)

·Convenzione relativa alla proibizione delle forme peggiori di lavoro minorile, 1999 (n. 182)

·Convenzione concernente l'uguaglianza di retribuzione, 1951 (n. 100)

·Convenzione concernente la discriminazione in materia di impiego e di professione, 1958 (n. 111)

Parte II

Violazioni di obiettivi e divieti riconosciuti a livello internazionale inclusi nelle convenzioni ambientali

1.Violazione dell'obbligo di adottare le misure necessarie relative all'utilizzazione delle risorse biologiche per evitare o attenuare gli impatti negativi sulla diversità biologica, in linea con l'articolo 10, lettera b), della convenzione sulla diversità biologica del 1992 [tenendo conto di eventuali modifiche a seguito della convenzione delle Nazioni Unite sulla diversità biologica per il periodo post 2020], compresi gli obblighi derivanti dal protocollo di Cartagena in materia di sviluppo, manipolazione, trasporto, uso, trasferimento e immissione nell'ambiente di organismi viventi modificati e dal protocollo di Nagoya sull'accesso alle risorse genetiche e la giusta ed equa ripartizione dei benefici derivanti dalla loro utilizzazione relativo alla convenzione sulla diversità biologica, del 12 ottobre 2014.

2.Violazione del divieto di importare o esportare senza permesso qualunque esemplare di una specie iscritta in un'appendice della convenzione sul commercio internazionale delle specie di flora e di fauna selvatiche minacciate di estinzione (CITES), del 3 marzo 1973, a norma degli articoli III, IV e V.

3.Violazione del divieto di fabbricazione di prodotti con aggiunta di mercurio a norma dell'articolo 4, paragrafo 1, e dell'allegato A, parte I, della convenzione di Minamata sul mercurio, del 10 ottobre 2013 (convenzione di Minamata).

4.Violazione del divieto di utilizzare mercurio e composti di mercurio nei processi di fabbricazione ai sensi dell'articolo 5, paragrafo 2, e dell'allegato B, parte I, della convenzione di Minamata a decorrere dalla data di eliminazione progressiva specificata nella convenzione per i rispettivi prodotti e processi.

5.Violazione del divieto di trattamento dei rifiuti di mercurio in contrasto con le disposizioni dell'articolo 11, paragrafo 3, della convenzione di Minamata.

6.Violazione del divieto di produzione e uso di sostanze chimiche a norma dell'articolo 3, paragrafo 1, lettera a), punto i), e dell'allegato A della convenzione di Stoccolma, del 22 maggio 2001, sugli inquinanti organici persistenti, nella versione del regolamento (UE) 2019/1021 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 giugno 2019, relativo agli inquinanti organici persistenti (GU L 169 del 25.6.2019, pag. 45).

7.Violazione del divieto di manipolazione, raccolta, stoccaggio e smaltimento dei rifiuti in modo non ecologicamente corretto in conformità della normativa in vigore nella giurisdizione applicabile ai sensi dell'articolo 6, paragrafo 1, lettera d), punti i) e ii), della convenzione sugli inquinanti organici persistenti.

8.Violazione del divieto di importazione di una sostanza chimica elencata nell'allegato III della convenzione sulla procedura di previo assenso informato per taluni prodotti chimici e pesticidi pericolosi nel commercio internazionale (UNEP/FAO), adottata il 10 settembre 1998, secondo quanto indicato dalla parte importatrice della convenzione conformemente alla procedura di previo assenso informato (procedura PIC).

9.Violazione del divieto di produzione e consumo di sostanze specifiche che riducono lo strato di ozono (ad es. CFC, halon, CTC, TCA, BCM, MB, HBFC e HCFC) dopo la loro eliminazione progressiva a norma della convenzione di Vienna per la protezione dello strato di ozono e del relativo protocollo di Montreal sulle sostanze che riducono lo strato di ozono.

10.Violazione del divieto di esportazione di rifiuti pericolosi ai sensi dell'articolo 1, paragrafo 1, e di altri rifiuti ai sensi dell'articolo 1, paragrafo 2, della convenzione di Basilea sul controllo dei movimenti transfrontalieri di rifiuti pericolosi e del loro smaltimento, del 22 marzo 1989 (convenzione di Basilea), e ai sensi del regolamento (CE) n. 1013/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 giugno 2006, relativo alle spedizioni di rifiuti (GU L 190 del 12.7.2006, pag. 1) (regolamento (CE) n. 1013/2006), modificato da ultimo dal regolamento delegato (UE) 2020/2174 della Commissione, del 19 ottobre 2020 (GU L 433 del 22.12.2020, pag. 11):

(a)verso una parte che ha vietato l'importazione di tali rifiuti pericolosi e di altri rifiuti (articolo 4, paragrafo 1, lettera b), della convenzione di Basilea);

(b)verso uno Stato di importazione, quale definito all'articolo 2, punto 11, della convenzione di Basilea, che non dà per iscritto il suo accordo specifico all'importazione di questi rifiuti, qualora detto Stato non abbia vietato l'importazione di tali rifiuti pericolosi (articolo 4, paragrafo 1, lettera c), della convenzione di Basilea);

(c)verso uno Stato non parte della convenzione di Basilea (articolo 4, paragrafo 5, della convenzione di Basilea);

(d)verso uno Stato di importazione se tali rifiuti pericolosi o altri rifiuti non sono gestiti secondo metodi razionali dal punto di vista ecologico in detto Stato o altrove (articolo 4, paragrafo 8, prima frase, della convenzione di Basilea).

11.Violazione del divieto di esportazione di rifiuti pericolosi dai paesi elencati nell'allegato VII della convenzione di Basilea verso paesi non compresi nell'elenco dell'allegato VII (articolo 4a della convenzione di Basilea, articolo 36 del regolamento (CE) n. 1013/2006).

12.Violazione del divieto di importazione di rifiuti pericolosi e di altri rifiuti da paesi non parti della convenzione di Basilea (articolo 4, paragrafo 5, della convenzione di Basilea).

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