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Document 52014AE7288

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla «Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, alla Banca centrale europea, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Riesame della governance economica — Relazione sull’applicazione dei regolamenti (UE) n. 1173/2011, (UE) n. 1174/2011, (UE) n. 1175/2011, (UE) n. 1176/2011, (UE) n. 1177/2011, (UE) n. 472/2013 e (UE) n. 473/2013» [COM(2014) 905 final]

OJ C 268, 14.8.2015, p. 33–39 (BG, ES, CS, DA, DE, ET, EL, EN, FR, HR, IT, LV, LT, HU, MT, NL, PL, PT, RO, SK, SL, FI, SV)

14.8.2015   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 268/33


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla «Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, alla Banca centrale europea, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Riesame della governance economica — Relazione sull’applicazione dei regolamenti (UE) n. 1173/2011, (UE) n. 1174/2011, (UE) n. 1175/2011, (UE) n. 1176/2011, (UE) n. 1177/2011, (UE) n. 472/2013 e (UE) n. 473/2013»

[COM(2014) 905 final]

(2015/C 268/06)

Relatore:

David CROUGHAN

Correlatore:

Carmelo CEDRONE

La Commissione europea, in data 19 dicembre 2014, ha deciso, conformemente al disposto dell’articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

«Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, alla Banca centrale europea, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Riesame della governance economica — Relazione sull’applicazione dei regolamenti (UE) n. 1173/2011, (UE) n. 1174/2011, (UE) n. 1175/2011, (UE) n. 1176/2011, (UE) n. 1177/2011, (UE) n. 472/2013 e (UE) n. 473/2013»

[COM(2014) 905 final].

La sezione specializzata unione economica e monetaria, coesione economica e sociale, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 2 marzo 2015.

Alla sua 506a sessione plenaria, dei giorni 18 e 19 marzo 2015 (seduta del 19 marzo 2015), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 165 voti favorevoli, 2 voti contrari e 3 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Le norme per la governance economica europea, concepite in periodo di crisi, hanno svolto un ruolo importante nel risanamento di bilancio e nel coordinamento delle politiche economiche e, con l’introduzione della valutazione dei documenti programmatici di bilancio, hanno contribuito a promuovere l’integrazione di bilancio. Il CESE teme però che abbiano comportato un prezzo alto in termini di crescita e occupazione e che abbiano rallentato l’uscita dalla crisi dell’Unione europea rispetto alle altre economie avanzate, mettendo in luce carenze delle politiche dovute in gran parte a una governance economica incompleta in un’unione economica e monetaria.

1.2.

Se le misure poste in essere nel quadro del semestre europeo hanno dato inizio al processo di risanamento di bilancio e di ricostruzione della credibilità, è evidente tuttavia che l’approccio normativo, appropriato in tempi normali, è diventato ora parte del problema. Gli Stati membri in difficoltà hanno bisogno di maggiori risorse per uscire dall’impasse della recessione e garantire crescita, creazione di posti di lavoro e, tramite la crescita, un risanamento di bilancio sostenibile.

1.3.

Il Comitato ritiene che non si possa lasciare alla sola BCE il compito di combattere l’attuale recessione della zona euro. Le misure di allentamento monetario (quantitative easing) che la BCE sta attivando devono trovare un riscontro in iniziative politiche di più ampio respiro da parte degli Stati membri, che vadano al di là del Piano d’investimenti per l’Europa annunciato dalla Commissione.

1.4.

Le differenze nella competitività relativa degli Stati membri dell’Unione economica e monetaria, che in passato sarebbero state riequilibrate con aggiustamenti valutari verso l’alto o verso il basso, non possono essere affrontate semplicemente rivolgendo raccomandazioni agli Stati membri giudicati non competitivi e sollecitandoli, sotto pena di sanzioni, a realizzare riforme.

1.5.

Occorre introdurre quanto prima meccanismi e strumenti concreti per un adeguato coordinamento delle politiche economiche che porti alla convergenza e alla solidarietà. Sebbene in un primo tempo questo processo non debba necessariamente comportare una modifica dei Trattati, il CESE è tuttavia dell’avviso che, a lungo termine, tale modifica sia necessaria.

1.6.

Nel riesame del QFP previsto nel 2016 occorrerà sostenere le riforme strutturali urgenti di comune interesse europeo, compreso il riequilibrio macroeconomico, con qualche forma di capacità di bilancio (fiscal capacity), come ad esempio lo Strumento di convergenza e di competitività proposto nel Piano per un’UEM autentica e approfondita.

1.7.

Il CESE ritiene preoccupante il fatto che il saldo strutturale — una variabile non osservabile, basata su calcoli teorici e discussi di output gap [NdT: differenza tra il prodotto interno lordo effettivo e quello potenziale], che potrebbe subire grandi revisioni — svolga un ruolo così importante sia nel braccio preventivo che in quello correttivo della procedura per i disavanzi eccessivi.

1.8.

Nel processo del semestre europeo viene dato molto più peso alla riduzione dei disavanzi annuali dei governi, come correttivo a un elevato rapporto debito/PIL, che a misure più costruttive per rafforzare la crescita del PIL. La Commissione dovrebbe non solo monitorare l’attuazione delle raccomandazioni specifiche per paese (in appresso CSR), ma anche analizzare ex post l’efficacia delle sue raccomandazioni ai fini dell’incremento della produzione, della crescita e dei posti di lavoro di qualità nello Stato membro in questione.

1.9.

Il Comitato accoglie con favore l’accento posto sull’introduzione di una certa flessibilità nelle regole del Patto di stabilità e crescita, per cui la Commissione terrà conto di taluni investimenti pubblici nel calcolo del disavanzo di bilancio. Ritiene tuttavia che si tratti di un provvedimento parziale e di portata limitata. Uno scostamento ragionevole dal parametro del 3 % fissato per il disavanzo dovrebbe essere considerato come un evento eccezionale per un certo numero di anni e non essere automaticamente sanzionabile.

1.10.

Il deficit democratico inerente al fatto che organi non eletti hanno un margine d’intervento rilevante nella governance rischia di tradursi in una scarsa titolarità delle raccomandazioni e in ostilità nei confronti del progetto europeo. All’insufficiente livello di attuazione delle CSR si potrebbe ovviare con un reale coinvolgimento della società civile e delle parti sociali nell’elaborazione delle CSR.

1.11.

Il Parlamento europeo dovrebbe avere un ruolo incisivo nello stabilire le priorità economiche di ciascun semestre e nella supervisione parlamentare delle CSR. Il processo del semestre dovrebbe essere più ampiamente pubblicizzato dagli Stati membri e dalla Commissione per garantirne una migliore comprensione da parte dei cittadini.

2.   La revisione della governance economica in breve

2.1.

Il semestre europeo, introdotto nel 2011, è stato rafforzato con l’introduzione del Patto di stabilità e di crescita riveduto, entrato in vigore il 13 dicembre 2011, e integrato da una serie di nuove normative sulla sorveglianza economica e di bilancio (cinque regolamenti e una direttiva, che insieme formano il cosiddetto Six pack). Il 30 maggio 2013 sono stati aggiunti altri due regolamenti (il cosiddetto Two pack) intesi a rafforzare ulteriormente l’integrazione e la convergenza economiche tra gli Stati membri della zona euro. Il testo in esame analizza l’efficacia dei sette regolamenti e la direzione degli sviluppi futuri. Esso affronta in generale tre aspetti spinosi della governance economica dell’UE: la sorveglianza di bilancio (1), gli squilibri macroeconomici (2), il monitoraggio e la sorveglianza dei paesi della zona euro con difficoltà in termini di stabilità finanziaria (3).

3.   Osservazioni sull’attuale governance economica

3.1.   Sorveglianza di bilancio

3.1.1.

Il Comitato giudica positivamente l’orientamento di fondo dell’Analisi annuale della crescita 2015, pubblicata in concomitanza con il Riesame della governance economica, che propone di razionalizzare e potenziare il semestre europeo semplificando le diverse fasi e i relativi risultati, come già raccomandato dal CESE nel suo parere sull’Analisi annuale della crescita 2014 (4).

3.1.2.

Il CESE ritiene che il semestre svolga un ruolo indispensabile nel processo di convergenza e di aggiustamento. Il Comitato ha inoltre invitato a lanciare una strategia di comunicazione e semplificazione, come frutto di uno sforzo comune della Commissione, del Parlamento europeo, degli Stati membri e della società civile (5).

3.1.3.

Il Comitato accoglie positivamente l’incoraggiamento all’integrazione di bilancio rappresentato dall’istituzione di un calendario comune per gli Stati membri, con la presentazione e la pubblicazione entro la metà del mese di ottobre di ogni anno dei documenti programmatici di bilancio, controllati da organismi nazionali indipendenti, per permettere alla Commissione di formulare le sue osservazioni prima dell’adozione finale da parte dei governi degli Stati membri. Il processo dovrebbe diventare più democratico e trasparente ed essere più ampiamente pubblicizzato dagli Stati membri e dalla Commissione per garantirne una migliore comprensione da parte dei cittadini. Il Comitato è favorevole a far valutare dalla Commissione il ruolo e la qualità degli organismi nazionali indipendenti.

3.1.4.

Il Comitato osserva che in base ai documenti programmatici di bilancio per il 2015 la riduzione dello sforzo di bilancio nel 2015 si tradurrà in una posizione generalmente neutra nella zona euro. Fa osservare inoltre che in marzo potrebbero essere presi provvedimenti nel quadro della procedura per i disavanzi eccessivi nei confronti di tre dei sette paesi a rischio di non conformità. Anche questa procedura dovrebbe essere più trasparente, e prevedere una maggiore consultazione dei governi nazionali e della società civile e delle parti sociali e la supervisione del Parlamento europeo.

3.1.5.

Il Comitato ritiene che, nel breve periodo preso in considerazione nel Riesame, le norme di bilancio rivedute previste dai pertinenti regolamenti sulla sorveglianza di bilancio abbiano senza dubbio contribuito al risanamento di bilancio, come dimostrato dal fatto che il disavanzo dell’UE-28 è passato dal 4,5 % del PIL nel 2011 al 3 % nel 2014.

3.1.6.

Il costo, tuttavia, è stato elevato in rapporto ai successi molto limitati ottenuti, indice del fatto che la politica dell’UE non è stata in grado di contribuire alla crescita economica e alla creazione di posti di lavoro. Si fa notare che negli USA, invece, nello stesso periodo il disavanzo è passato dal 10,6 % al 4,9 %, il tasso di crescita del PIL è aumentato dall’1,6 % al 2,4 % (nell’UE questo parametro è sceso dall’1,7 % all’1,3 %), la disoccupazione è diminuita dall’8,9 % al 6,2 % (mentre nell’UE è aumentata, passando dal 9,6 % al 10,2 %) e — fatto molto importante — l’occupazione è aumentata del 6,3 %, mentre nell’UE è ristagnata (- 0,1 %).

3.1.7.

Il CESE è molto meno ottimista della Commissione circa il fatto che gli obiettivi di disavanzo strutturale nel quadro della procedura per i disavanzi eccessivi permettano un orientamento e un monitoraggio delle politiche più precisi e trasparenti. Sebbene il Comitato ammetta che questa misura, depurata delle distorsioni del ciclo economico e delle misure di bilancio una tantum, consente di avere un quadro più trasparente, va detto tuttavia che si tratta di una variabile non osservabile basata su calcoli teorici e discussi di output gap che potrebbero subire revisioni sostanziali e in alcuni casi tradursi, molto probabilmente, in ricette politiche di scarsa qualità.

3.1.8.

Il rapporto debito/PIL è un elemento importante della sostenibilità di bilancio. Esso consta di due componenti: l’ammontare del debito e l’entità del PIL. Nessuna azione che abbia per oggetto una di queste due componenti può prescindere dall’effetto sull’altra. Se un approccio incentrato su una riduzione troppo rapida del disavanzo, allo scopo di ridurre ulteriormente il livello del debito, si traduce nella stagnazione o nel calo del PIL, l’effetto complessivo ai fini della riduzione del rapporto debito/PIL in quanto tale sarà controproducente.

3.1.9.

Il Comitato accoglie con favore l’accento posto sulla flessibilità nel rispetto delle regole del Patto di stabilità e crescita, per cui la Commissione (nello stabilire la solidità della posizione di bilancio di uno Stato membro) terrà conto: a) degli investimenti pubblici effettuati nel quadro del Piano d’investimenti per l’Europa; b) di quelli collegati al cofinanziamento a titolo dei fondi strutturali; c) delle riforme che abbiamo un impatto a lungo termine sulla sostenibilità delle finanze pubbliche; e d) delle condizioni cicliche (6). Secondo il CESE, tuttavia, si tratta di un provvedimento parziale e di portata limitata.

3.1.10.

Il CESE mette in guardia sul fatto che, malgrado un certo rafforzamento del coinvolgimento del Parlamento europeo e i maggiori contatti con i parlamenti nazionali tramite missioni in loco e la sorveglianza dei progetti di bilancio nella zona euro, il deficit democratico rimane al centro del processo, nella misura in cui istituzioni UE che in larga misura non sono tenute a dar conto del loro operato esercitano un’influenza significativa sul processo decisionale degli Stati membri.

3.1.11.

Un «deficit di input» (vale a dire, la mancanza di un vero coinvolgimento nazionale nel processo decisionale) che non sia compensato da una buona legittimità a livello di output (vale a dire, da un’efficace soluzione dei problemi economici) si traduce in una scarsa adesione ai programmi economici e in una crescente ostilità verso il progetto europeo, come illustrato dalle elezioni europee (7).

3.1.12.

La Commissione dovrebbe non soltanto valutare ex post l’attuazione delle raccomandazioni politiche da parte degli Stati membri, ma anche verificare se le sue raccomandazioni abbiano effettivamente promosso il ritorno dell’economia sulla via della sostenibilità non soltanto in termini di aggiustamenti finanziari e di bilancio, ma anche in termini di crescita economica, sviluppo e creazione di posti di lavoro di qualità.

3.2.   La procedura per gli squilibri macroeconomici

3.2.1.

Il Comitato riconosce e sostiene la necessità della procedura per gli squilibri macroeconomici, in quanto la sorveglianza di variabili chiave non di bilancio può individuare eventuali tendenze pericolose prima che si consolidino. La crisi ha dimostrato fin troppo bene il fallimento del Patto di stabilità e crescita nel limitare il controllo al solo equilibrio di bilancio, continuando a ignorare o ad affrontare soltanto marginalmente le questioni dello sviluppo e dell’occupazione.

3.2.2.

Il Parlamento europeo dovrebbe avere un ruolo importante nello stabilire le priorità economiche di ciascun semestre e nella supervisione parlamentare delle raccomandazioni specifiche per paese (8).

3.2.3.

Il Comitato osserva con grande preoccupazione l’approccio unilaterale alla correzione degli squilibri macroeconomici, considerati come un problema interamente nazionale, approccio che pone l’accento quasi esclusivamente sulla correzione dei disavanzi nocivi e proietta una visione positiva delle eccedenze. Per trovare delle soluzioni valide occorre analizzare gli squilibri e il loro impatto sull’intera economia europea.

3.2.4.

Per garantire che la procedura per gli squilibri macroeconomici e, di conseguenza, la strategia Europa 2020 non vadano incontro allo stesso insuccesso dell’agenda di Lisbona, la Commissione deve studiare un metodo migliore per valutare la qualità dell’attuazione delle CSR ed essere pronta a monitorare il processo e offrire incentivi agli Stati membri (flessibilità, «regole d’oro» ecc.) prima di ricorrere all’estremo rimedio rappresentato dalle sanzioni.

3.2.5.

Contrariamente alla sorveglianza di bilancio, che generalmente comporta risultati a breve termine e facilmente misurabili, le raccomandazioni politiche che formano una parte significativa delle CSR fanno riferimento a politiche e risultati con effetti meno immediatamente percepibili come la competitività, vari aspetti del contesto in cui operano le imprese, oppure le riforme del sistema previdenziale, di cui può essere difficile misurare il grado di attuazione o l’impatto.

3.2.6.

Nel riesame del QFP nel 2016, occorrerà sostenere le riforme strutturali urgenti di comune interesse europeo, compreso il riequilibrio macroeconomico, con qualche forma di capacità di bilancio (fiscal capacity). Il CESE esorta a considerare i possibili strumenti: lo Strumento di competitività e convergenza per consentire alle economie sotto stress di intraprendere le riforme strutturali urgenti di comune interesse europeo, delineate in sei pagine del Piano per un’UEM autentica e approfondita, e poi oggetto di una comunicazione (9); una revisione del Libro verde sulla fattibilità dell’introduzione di stability bond, prevista dal regolamento (UE) n. 1173/2011, oggetto del Riesame di cui si occupa il presente parere, e una forma di regime minimo di sicurezza sociale che venga in aiuto alle economie in difficoltà.

3.2.7.

La Commissione afferma che gli esami approfonditi sono una parte fondamentale della procedura per gli squilibri macroeconomici, le cui raccomandazioni politiche confluiscono nelle CSR. Il CESE sostiene tale prassi, potenzialmente in grado di fornire indicazioni valide in quanto comporta missioni sul posto, che migliorano significativamente la conoscenza dell’economia esaminata, e in più consente di stabilire utili relazioni di lavoro tra la Commissione e i funzionari delle finanze degli Stati membri.

3.2.8.

Poiché i risultati delle riforme nel quadro della procedura per gli squilibri macroeconomici maturano nel più lungo periodo, si teme che i governi nazionali non le considerino come una priorità e si limitino a parlarne senza far niente per realizzarle. Una parte essenziale delle CSR per la correzione degli squilibri dovrebbe concentrarsi sul completamento del mercato interno.

3.2.9.

Un effettivo coinvolgimento della società civile e delle parti sociali in quest’aspetto del semestre europeo sarebbe un modo importante per garantire la conformità e migliorare la visibilità politica e la titolarità a livello nazionale.

3.2.10.

Il CESE osserva che l’esperienza dei paesi sottoposti a programmi di aggiustamento, sui quali è stata praticata una sorveglianza costante e approfondita, potrebbe fornire insegnamenti quanto al modo migliore per la Commissione di interagire con gli Stati membri.

3.2.11.

Un documento di lavoro della direzione generale Affari economici e finanziari (ECFIN) indica che nel biennio 2012-2013 è stato attuato soltanto il 41 % delle CSR, con un leggero deterioramento da un anno all’altro (10), il che può essere visto come un forte segnale d’allarme. È assolutamente necessaria una valutazione delle ragioni alla base del divario esistente tra le raccomandazioni e la loro attuazione.

3.2.12.

Il CESE mette in guardia sul fatto che l’approccio basato sul quadro di valutazione, che è di tipo retrospettivo ed è uno dei strumenti fondamentali per giustificare un riesame approfondito, non necessariamente consente di identificare l’accumularsi di squilibri di stock che può far precipitare una futura crisi. Vi è perciò il rischio che i responsabili politici non dispongano di basi solide per adottare provvedimenti efficaci (11), e che possano anzi essere distratti dai nodi politici più cruciali.

3.3.   Paesi della zona euro che si trovano in difficoltà per quanto riguarda la loro stabilità finanziaria

3.3.1.

Il CESE riconosce la necessità di sostenere, attraverso una sorveglianza attenta, i paesi che 1) si trovano o rischiano di trovarsi in gravi difficoltà per quanto riguarda la loro stabilità finanziaria o la sostenibilità delle loro finanze pubbliche; oppure 2) chiedono o ricevono assistenza finanziaria dalle istituzioni europee, da altri Stati membri o dall’FMI.

3.3.2.

Il CESE sostiene pienamente il principio per cui, qualora uno Stato membro intraprenda un programma di aggiustamento finanziario, tutti gli altri obblighi, compreso il semestre europeo, vengono sospesi e lo Stato membro è sottoposto a una sorveglianza post programma di tipo continuativo.

3.3.3.

Il processo che copre il periodo in cui uno Stato membro si rivolge all’UE per chiedere assistenza finanziaria non è ancora stato testato poiché il relativo regolamento è entrato in vigore soltanto dopo che i quattro paesi cui si applicano programmi di aggiustamento vi erano già entrati.

3.3.4.

Il CESE invita la Commissione a eseguire e pubblicare uno studio sui risultati ottenuti dai programmi di aggiustamento in questi quattro paesi, in particolare per stabilire se i risultati manifestamente meno buoni ottenuti da uno di questi paesi avrebbero potuto essere influenzati positivamente da un approccio diverso da parte della Commissione.

4.   Occorre una visione più profonda della governance dell’UEM

4.1.

L’UE è il più grande e il più prospero blocco economico al mondo. Essa è riuscita finora a sopravvivere con un sistema di governance economica disfunzionale nato dalla decisione di formare un’unione economica e monetaria con una moneta e una politica monetaria uniche mantenendo al tempo stesso delle politiche economiche e di bilancio nazionali.

4.2.

Il Comitato ritiene che non si possa lasciare alla sola BCE il compito di combattere l’attuale recessione della zona euro. Le misure di allentamento monetario (quantitative easing) che la BCE sta attivando devono essere accompagnate da iniziative politiche di più ampio respiro da parte degli Stati membri. Il Piano d’investimenti per l’Europa annunciato dalla Commissione è un passo necessario, ma non sufficiente nella giusta direzione. Senza una maggiore integrazione di bilancio, l’approccio di tipo nazionale al coordinamento economico del semestre europeo, impedisce alla zona euro di perseguire un’adeguata posizione di bilancio.

4.3.

La crisi ha messo in luce profondi difetti, che mettono a rischio la stessa esistenza dell’euro, e imposto grandi riforme alla governance economica, adottate nella fretta e introdotte tramite trattati intergovernativi anziché con il metodo comunitario. Le differenze nella competitività relativa degli Stati membri dell’Unione economica e monetaria, che in passato sarebbero state riequilibrate con aggiustamenti valutari verso l’alto o verso il basso, non possono essere affrontate semplicemente rivolgendo raccomandazioni agli Stati membri giudicati non competitivi e sollecitandoli, sotto pena di sanzioni, a realizzare riforme.

4.4.

Se le misure poste in essere nel quadro del semestre europeo hanno dato inizio al processo di risanamento di bilancio e di ricostruzione della credibilità, è evidente tuttavia che l’approccio normativo, appropriato in tempi normali, è diventato ora parte del problema. Il Comitato ritiene che non sia più possibile affidare la governance economica (in particolare quella della zona euro) ai soli regolamenti oggetto dell’attuale Riesame. Gli Stati membri in difficoltà hanno bisogno di maggiori risorse per uscire dall’impasse della recessione e garantire crescita, creazione di posti di lavoro e, tramite la crescita, un risanamento di bilancio sostenibile.

4.5.

Il Comitato condivide le preoccupazioni che emergono dalla lettura del rapporto annuale sulla situazione sociale europea pubblicato di recente dalla Commissione (12), dove si afferma che le ricette applicate per affrontare la crisi hanno accresciuto il disagio finanziario e i livelli di indebitamento delle famiglie ed esacerbato la povertà e l’esclusione sociale, e che il deterioramento della situazione sociale per un prolungato periodo di tempo ha avuto un impatto negativo sulla fiducia dei cittadini nella capacità di governi ed istituzioni di far fronte a tali problemi. I dati riportati nel rapporto della Commissione relativamente alla qualità del lavoro (part-time, precario e instabile) e alla disoccupazione, specie quella giovanile, sono impressionanti.

4.6.

Il Comitato chiede che nel quadro di valutazione venga dato maggior rilievo agli indicatori sociali (13) e che nella regolamentazione delle politiche di bilancio, a cominciare dal semestre, si prendano tali indicatori come riferimento, onde non tradire i principi fondamentali dell’UE — vale a dire uno sviluppo armonioso e bilanciato delle attività economiche, una crescita sostenibile e rispettosa dell’ambiente, un alto tasso di convergenza delle economie, un alto livello di occupazione e di protezione sociale, la coesione economica e sociale, la solidarietà tra gli Stati membri — definiti dai Trattati di Roma e successivamente ripresi nei Trattati di Maastricht, Amsterdam e Lisbona, ma di cui il patto di bilancio e i testi che ne sono derivati non tengono sufficientemente conto.

4.7.

Per ridare coerenza al progetto di integrazione dei paesi dell’UE, e ancora più dei paesi della zona euro, occorre proporre un approccio di governance europea che consenta ai paesi più indebitati e con crescita nulla o negativa del PIL di potere effettuare gli investimenti necessari a ridare competitività ai loro sistemi produttivi e a rilanciare lo sviluppo. Tale approccio dovrebbe tenere in debita considerazione i principi di coesione economica e sociale sanciti dai Trattati istitutivi dell’UE.

4.8.

Uno scostamento ragionevole, in qualsiasi Stato membro, dal parametro del 3 % fissato per il disavanzo potrebbe essere considerato come un evento eccezionale limitato a un certo numero di anni, che quindi non farebbe scattare automaticamente le sanzioni. La Commissione — ed è questo il nuovo approccio della governance — deve esaminare attentamente le esigenze espresse dai paesi in difficoltà, valutare la congruità e fattibilità del programma di investimenti proposto dallo Stato membro rispetto agli impegni assunti (programmi di stabilità/convergenza e programmi nazionali di riforma) nel semestre europeo, e approvarlo sotto la supervisione del Parlamento europeo.

4.9.

Gli stessi parametri per la «costruzione» dei bilanci e l’interpretazione dei dati devono essere omogenei e concordati, e valere per tutti i paesi e le loro amministrazioni pubbliche, con una procedura trasparente, comprensibile e resa pubblica. Potrebbe bastare un solo regolamento con norme chiare e semplici, che garantisca il coinvolgimento della società civile, delle parti sociali e dei parlamenti nazionali.

4.10.

Con questa logica, bisognerebbe trasformare il semestre in una grande occasione per l’UEM, per ristabilire una fiducia reciproca ed iniziare un percorso comune sia per quanto riguarda le riforme strutturali, che andrebbero concordate per tutti i paesi della zona euro, sia per il bilancio. Il quadro normativo dovrebbe evolversi in direzione di un nuovo bilancio della zona euro, sperimentando una procedura di costruzione comune, con la massima trasparenza e verità come parole d’ordine per l’opinione pubblica europea.

Bruxelles, 19 marzo 2015

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Henri MALOSSE


(1)  Regolamento (UE) n. 1173/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio del 16 novembre 2011relativo all’effettiva esecuzione della sorveglianza di bilancio nella zona euro (GU L 306 del 23.11.2011, pag. 1);

Regolamento (UE) n. 1175/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 novembre 2011, che modifica il regolamento (CE) n. 1466/97 del Consiglio per il rafforzamento della sorveglianza delle posizioni di bilancio nonché della sorveglianza e del coordinamento delle politiche economiche (GU L 306 del 23.11.2011, pag. 12);

Regolamento (UE) n. 473/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 maggio 2013, sulle disposizioni comuni per il monitoraggio e la valutazione dei documenti programmatici di bilancio e per la correzione dei disavanzi eccessivi negli Stati membri della zona euro (GU L 140 del 27.5.2013, pag. 11).

(2)  Regolamento (UE) n. 1174/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 novembre 2011, sulle misure esecutive per la correzione degli squilibri macroeconomici eccessivi nella zona euro (GU L 306 del 23.11.2011, pag. 8);

Regolamento (UE) n. 1176/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 novembre 2011, sulla prevenzione e la correzione degli squilibri macroeconomici (GU L 306 del 23.11.2011, pag. 25).

(3)  Regolamento (UE) n. 472/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 maggio 2013, sul rafforzamento della sorveglianza economica e di bilancio degli Stati membri nella zona euro che si trovano o rischiano di trovarsi in gravi difficoltà per quanto riguarda la loro stabilità finanziaria (GU L 140 del 27.5.2013, pag. 1).

(4)  GU C 214 dell’8.7.2014, pag. 46.

(5)  Parere del CESE sul tema Completare l’Unione economica e monetaria — Le proposte del Comitato economico e sociale europeo per la prossima legislatura europea (GU C 451 del 16.12.2014, pag. 10).

(6)  COM(2015) 12 final.

(7)  CEPS, relazione speciale n. 98, Enhancing the Legitimacy of EMU Governance (Rafforzare la legittimità della governance dell’UEM), dicembre 2014.

(8)  Ibid.

(9)  COM(2013) 165 final.

(10)  ECFIN, «Implementing Economic Reforms — Are EU Member States Responding to European Semester Recommendations» (Attuazione delle riforme economiche: gli Stati membri rispondono alle raccomandazioni del semestre europeo?), Economic Brief, n. 37, ottobre 2014.

(11)  Daniel Gros e Alessandro Giovannini, «The “Relative” Importance of EMU Macroeconomic Imbalances in the MIP» (L’importanza «relativa» degli squilibri macroeconomici dell’UEM nel MIP), Documenti Istituto Affari Internazionali, n. 14, marzo 2014.

(12)  Employment and Social Developments in Europe (Andamento dell’occupazione e della situazione sociale in Europa), dicembre 2014.

(13)  Ad esempio, la crescita del PIL, il tasso di disoccupazione, la disoccupazione di lunga durata, il numero di persone a rischio di povertà, gli investimenti pubblici, il rapporto prezzi-retribuzioni ecc.


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