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Document 52012AE1036

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo ai fondi europei di venture capital — COM(2011) 860 definitivo — 2011/0417 (COD)

OJ C 191, 29.6.2012, p. 72–75 (BG, ES, CS, DA, DE, ET, EL, EN, FR, IT, LV, LT, HU, MT, NL, PL, PT, RO, SK, SL, FI, SV)

29.6.2012   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 191/72


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo ai fondi europei di venture capital

COM(2011) 860 definitivo — 2011/0417 (COD)

2012/C 191/13

Relatrice: NIETYKSZA

Il Consiglio e il Parlamento europeo, rispettivamente il 20 e il 17 gennaio 2012, hanno deciso, conformemente al disposto dell'articolo 114 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo ai fondi europei di venture capital

COM(2011) 860 final — 2011/0417 (COD).

La sezione specializzata Mercato unico, produzione e consumo, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 17 aprile 2012.

Alla sua 480a sessione plenaria, dei giorni 25 e 26 aprile 2012 (seduta del 26 aprile), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 131 voti favorevoli, 2 voti contrari e 5 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1   Il CESE accoglie con favore la proposta di regolamento relativo ai fondi europei di venture capital, volta a creare, con il «passaporto europeo», un veicolo giuridico d'investimento unico per tutta l'Europa che aiuti i fondi europei di venture capital ad attirare investitori internazionali e agevoli l'accesso delle piccole e medie imprese (PMI) innovative ai finanziamenti. Il regolamento detta norme uniformi in merito alle categorie di investitori e fissa requisiti uniformi per i gestori di imprese collettive che operino con la denominazione di «fondo europeo di venture capital»; stabilisce altresì requisiti in materia di composizione del portafoglio, di tecniche d'investimento e di imprese ammissibili in cui un fondo di venture capital (FVC) qualificato può investire.

1.2   L'iniziativa risponde agli obiettivi della strategia generale Europa 2020 e dell'Atto per il mercato unico, garantendo che entro il 2012 gli FVC stabiliti in qualunque Stato membro possano investire liberamente in tutta l'UE e finanziare così l'attività di imprese europee innovative e la creazione di posti di lavoro sostenibili.

1.3   Il regolamento proposto mira ad incentivare investitori privati internazionali, comprese le persone fisiche, a investire in FVC stabiliti in uno Stato membro. Ciò riveste una grande importanza in quanto oggi il settore europeo del venture capital dipende eccessivamente dalle risorse pubbliche, con oltre il 50 % dei capitali proveniente da conferimenti pubblici. Il CESE reputa che, anziché fornire capitali, le autorità pubbliche debbano piuttosto concentrarsi sulla creazione di un quadro normativo stabile.

1.4   Il regolamento proposto detta norme uniformi in merito alle categorie di investitori considerati ammissibili. Le misure proposte devono essere più flessibili e rispondono alle esigenze degli investitori privati internazionali, consentendo loro di effettuare investimenti transfrontalieri. Il CESE reputa che le misure debbano risultare interessanti per gli investitori extraeuropei così come per quelli europei, se si vuole che aumenti il volume dei capitali disponibili per le PMI dell'Unione.

1.5   Il passaporto europeo per il venture capital assume un notevole rilievo, nel contesto delle normative prudenziali come Basilea III, il pacchetto CRDIV e la direttiva Solvency II, per i grandi fornitori privati di capitali al settore del venture capital - banche, fondi pensione e compagnie assicurative -, i cui investimenti in PMI innovative sono relativamente ridotti in quanto considerati attivi ad alto rischio.

1.6   Il CESE esprime particolare apprezzamento per il ruolo assegnato ai fondi europei di venture capital nel sostenere la creazione di posti di lavoro in PMI innovative e ad alta tecnologia. I fondi, i cui attivi gestiti non devono superare la soglia dei 500 milioni di EUR, dovranno destinare direttamente alle PMI almeno il 70 % dell'aggregato dei propri conferimenti di capitale e finanziarle mediante equity o quasi-equity.

1.7   Il Comitato si compiace altresì dei requisiti uniformi per la registrazione dei fondi validi in tutta l'UE e per il passaporto paneuropeo di commercializzazione - che dovrebbero agevolare gli investimenti transfrontalieri nonché gli adempimenti delle imprese - e per i requisiti organizzativi ed etici per i gestori dei fondi europei.

1.8   Tuttavia, il CESE richiama l'attenzione anche su una serie di restrizioni che potrebbero indebolire l'impatto che ci si attende dal regolamento; tra queste rientra la limitazione della sfera di azione dei «fondi di venture capital qualificati», che viene confinata agli investimenti in strumenti rappresentativi di equity o quasi-equity emessi direttamente da un'impresa (ad esempio, azioni - o altre quote di partecipazione - di nuova emissione). Il CESE propone quindi di estendere l'ambito di applicazione del regolamento in esame alle azioni o quote di altri fondi europei di venture capital nonché ai cosiddetti «fondi di fondi», approccio che può accrescere il volume complessivo del capitale disponibile per gli investimenti nelle PMI.

1.9   Dette restrizioni escludono che un cosiddetto fondo di fondi possa ottenere un «passaporto europeo».

1.10   Il CESE richiama l'attenzione sul fatto che il passaporto unico non risolve la questione della trasparenza fiscale dei veicoli d'investimento, elemento cruciale perché gli investimenti in venture capital e private equity siano effettuati in modo efficace. Bisognerebbe esaminare il problema degli ostacoli fiscali al venture capital transfrontaliero e formulare delle proposte di soluzione.

1.11   Il CESE sottolinea che l'essenza di un veicolo d'investimento efficace è la sua capacità di permettere a diversi tipi di investitori di effettuare investimenti congiunti assicurandone nel contempo l'ottimizzazione fiscale, specie in termini di eliminazione della doppia imposizione (in questo caso l'imposta sugli investimenti in portafoglio e quella sulla distribuzione agli investitori del fondo della remunerazione del loro capitale).

1.12   Il CESE chiede di stabilire un periodo transitorio per l'applicazione delle norme riguardanti le soglie, in modo da tener conto dei diversi livelli di reddito esistenti nei vari Stati membri.

1.13   Il CESE reputa che i fondi europei di venture capital debbano essere strutture chiuse che investono almeno il 70 % dell'aggregato dei loro conferimenti di capitale e del capitale impegnato non richiamato in attività che sono investimenti ammissibili, al fine di garantire che le loro azioni non siano rimborsabili in contanti o titoli fino al momento della loro liquidazione. Essi dovrebbero inoltre avere sede nell'Unione, onde evitare la costituzione di fondi amministrati da gestori europei ma basati in paradisi fiscali a fini di evasione fiscale.

1.14   Il sistema di protezione degli investitori dovrebbe essere rafforzato mediante la nomina di un depositario, responsabile della custodia delle attività, del monitoraggio della liquidità e delle funzioni di controllo. La direttiva OICVM prevede la nomina di un depositario per gli organismi d'investimento collettivo.

1.15   Il CESE tiene poi a richiamare l'attenzione sulla particolare importanza di sviluppare l'uso delle risorse dei fondi UE per il mercato del venture capital nonché accrescere la disponibilità di finanziamenti per le imprese in fase di incubazione e in fase di avvio (start up), che, dato il livello di rischio connesso, non vengono finanziate con capitali privati.

1.16   La proposta di introdurre, con il regolamento in esame, un passaporto europeo di venture capital costituisce un passo nella giusta direzione, ma essa andrebbe integrata e rafforzata onde evitare che abbia un impatto eccessivamente ridotto rispetto alle aspettative.

2.   Il mercato del venture capital e del private equity in Europa

2.1   La proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio in esame è stata elaborata nel quadro di una valutazione specifica. Il documento descrive infatti il mercato europeo dei venture capital come un mercato debole rispetto a quello statunitense. Il mercato europeo è significativamente più piccolo, frammentato in una serie di mercati nazionali e caratterizzato dalla mancanza di norme uniformi. Solo pochi Stati membri dispongono di regimi specifici per gli FVC, con norme in materia di composizione del portafoglio, tecniche di investimento e obiettivi d'investimento ammissibili. Una situazione, questa, che rende difficile e oneroso, per fornitori di capitale come i clienti privati, i fondi pensione e le compagnie assicurative, dirigere i loro investimenti verso il venture capital.

2.2   Tradizionalmente sono i gestori di fondi britannici a raccogliere e investire la quota maggiore dei capitali europei nel settore del venture capital e del private equity. I fondi britannici sono sistematicamente riusciti a raccogliere circa il 30 % - e nel 2009 il 34 % - dei capitali dal mercato per nuovi investimenti. Nel momento di maggior successo (2007), i gestori di fondi britannici hanno investito 34 miliardi di EUR, pari al 46 % di tutti gli investimenti europei. Nel 2009, ossia in piena crisi, tale cifra era scesa a 9 miliardi di EUR, pari a quasi il 40 % del mercato. In termini di investimenti, solo il 52 % dei 9 miliardi di EUR investiti è stato convogliato in imprese britanniche, mentre il resto dei capitali è stato esportato per la maggior parte in altri paesi europei.

2.3   Gli altri grandi attori del mercato europeo sono le maggiori economie del vecchio continente, ossia Francia, Germania e Italia. La loro posizione sul mercato è stabile; nel 2009 questi tre paesi hanno raccolto circa il 31 % di tutti i nuovi capitali e investito 6,7 miliardi di EUR, pari al 29 % circa di tutti gli investimenti. Nel loro caso, la maggior parte dei capitali viene raccolta sui mercati nazionali e resta nel paese sotto forma di investimenti, che - nel caso di Italia e Germania nel 2009 - sono integrati da capitali importati.

2.4   Grandi cambiamenti hanno avuto luogo anche nella struttura dei fornitori di capitale. Nel 2008 la fonte principale di capitali sono stati i fondi pensione (28 %), mentre il peso delle banche è andato gradualmente riducendosi (22 % nel 2000 e 7 % nel 2008). Nel 2009 questa tendenza si è invertita, e la quota delle banche è salita al 18 %. Queste variazioni sono l'effetto di una brusca sospensione del flusso di capitali proveniente dai fondi pensione, i quali hanno cercato di limitare la loro esposizione in attivi di rischio.

2.5   Un indicatore del grado di difficoltà connesso alla raccolta di capitali è il tempo necessario ai gestori di fondi per la chiusura finale del fondo, ossia per mettere assieme un gruppo nozionale di investitori. Negli anni 2005-2007, per portare a termine questo processo occorreva in media non più di un anno, mentre nel 2009 per far ciò occorrevano già 18 mesi e nella prima metà del 2010 il tempo necessario era di 20 mesi.

2.6   Da anni in Europa per gli investimenti in venture capita la tendenza è a un netto calo: nel 2009 tali investimenti erano pari a 9 miliardi di EUR, mentre quelli in imprese in fase di incubazione e in fase di avvio (start up) solo a 2 miliardi di EUR, e nei primi tre trimestri del 2010 gli investimenti ammontavano a 7 miliardi di EUR.

2.7   Una conseguenza cruciale del declino degli investimenti è stato il crollo del valore medio dell'investimento in una singola impresa, passato dagli 8,8 milioni di EUR del 2008 ai 4,7 milioni di EUR del 2009. I dati della prima metà del 2010 mostrano peraltro che tale ammontare è poi risalito a 7,9 milioni di EUR.

2.8   Gli investimenti si concentrano su cinque settori: nel 2009 e 2010, il 19 % è andato al settore della produzione di beni e servizi per le imprese, il 13 % ai settori dei beni di consumo, del commercio al dettaglio e della comunicazione, e il 15 % al settore delle scienze della vita. Nel caso del venture capital, il 65 % degli investimenti è andato ai settori delle scienze della vita, dell'informatica, dell'elettronica e delle telecomunicazioni.

3.   Sintesi della proposta della Commissione

3.1   A causa della crisi finanziaria del 2008-2009 e dei nuovi requisiti prudenziali (come quelli posti da Basilea III, dal pacchetto CRDIV e dalla direttiva Solvency II), l'apertura e l'estensione di linee di credito alle PMI da parte delle banche è diminuita notevolmente, spingendo le PMI a cercare e richiedere con urgenza fonti di finanziamento alternative.

3.2   È quindi necessario garantire fonti di finanziamento alternative alle PMI innovative. A questo proposito, gli FVC possono avere un ruolo essenziale nel colmare l'insufficiente finanziamento degli investimenti nell'innovazione. Detti fondi offrono infatti finanziamenti di equity o quasi-equity per avviare aziende e piccole imprese con potenzialità di crescita a lungo termine, di norma per finanziare le loro prime fasi di sviluppo sul mercato. Contrariamente ai fondi di private equity (concentrati principalmente sulle acquisizioni), gli FVC investono a lungo termine nelle aziende, affiancando gli imprenditori.

3.3   Il settore europeo del venture capital è frammentario e dispersivo, e ciò determina una riluttanza, statisticamente rilevante, degli investitori a investire in FVC. Come conseguenza della frammentazione normativa, risulta difficile e oneroso, per i potenziali investitori in venture capital quali i soggetti privati facoltosi, i fondi pensione o le compagnie di assicurazione, convogliare alcuni dei loro investimenti verso il venture capital.

3.4   La mancanza di risorse finanziarie destinate attualmente al venture capital è direttamente responsabile delle dimensioni sub-ottimali degli FVC medi europei. In questo momento, il venture capital riveste un ruolo secondario nel finanziamento delle PMI. La mancanza di un settore di venture capital efficiente fa sì che gli innovatori e le iniziative imprenditoriali innovative europei non sfruttino appieno il loro potenziale commerciale. Questo, a sua volta, incide negativamente sulla competitività globale dell'Europa.

3.5   Tutto ciò riduce significativamente il potenziale di investimento, ovvero i fondi, e limita il flusso di capitale verso le piccole e medie imprese, in particolare verso quelle innovative, «condannando» così le PMI a dipendere dal settore bancario. La situazione è tanto più difficile per le PMI in quanto, per effetto della nuova normativa prudenziale, le banche sono oggi assai meno disposte a finanziare le PMI, anche quelle innovative, nelle prime fasi dello sviluppo.

3.6   Un mercato europeo del venture capital fiorente è uno degli obiettivi della strategia generale Europa 2020. Nell'Atto per il mercato unico (1), la Commissione europea si è impegnata ad assicurare che, entro il 2012, i fondi di venture capital istituiti negli Stati membri possano raccogliere capitali e investire liberamente in tutta l'UE.

3.7   Nel documento in esame, pubblicato il 7 dicembre 2011, la Commissione presenta una proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo ai fondi europei di venture capital. Il fulcro della proposta è l'introduzione nello Spazio economico europeo della possibilità per i fondi di venture capital di ottenere, in presenza di determinati requisiti fissati dal regolamento, lo status (ossia il «passaporto») di «fondo europeo». tale passaporto consentirà a tali fondi di operare liberamente e raccogliere fondi sul territorio di paesi diversi, nonché ad assicurare agli investitori una sicurezza di base dei loro investimenti e a ridurre i costi che le società di gestione devono sostenere per legge per accedere alle varie categorie di investitori e di mercati.

3.8   Il regolamento proposto affronta i suddetti problemi

introducendo una definizione precisa di «fondo europeo di venture capital», che deve soddisfare i seguenti requisiti essenziali: i) destinare almeno il 70 % dell'aggregato dei propri conferimenti di capitale alle PMI; ii) gestire attività che non superino complessivamente la soglia di 500 milioni di euro; (iii) fornire finanziamenti sotto forma di equity o quasi-equity alle PMI (ovvero nuovo capitale); e (iv) non ricorrere alla leva finanziaria (ossia non investire capitali maggiori rispetto a quelli impegnati dagli investitori, evitando l'indebitamento). Dovrebbe essere consentita solo l'assunzione di prestiti a breve termine per permettere al fondo di coprire le esigenze di liquidità straordinarie;

stabilendo principi uniformi in merito alle categorie di investitori considerati idonei a investire nei fondi europei di venture capital. I fondi qualificati possono essere commercializzati solo agli investitori riconosciuti come investitori professionali nella direttiva 2004/39/CE e ad alcuni altri investitori di venture capital tradizionali (quali investitori privati facoltosi o business angels);

garantendo a tutti i gestori di fondi di venture capital qualificati requisiti uniformi per la registrazione e un passaporto europeo che consentirà l'accesso agli investitori idonei nell'UE e contribuirà a creare parità di condizioni per tutti gli operatori di mercato attivi nel mercato del venture capital;

introducendo requisiti minimi in materia di trasparenza, organizzazione e conduzione degli affari che devono essere rispettati dai gestori.

4.   Osservazioni generali e specifiche

4.1   La proposta di regolamento in esame rientra nel quadro delle iniziative legislative volte a creare condizioni più favorevoli per il funzionamento del mercato del venture capital e a produrre un impatto di più larga scala sulle PMI. Il CESE vi ravvisa un ottimo primo passo verso lo sviluppo di un'industria europea innovativa e sostenibile, che impieghi tecnologie moderne, occupi lavoratori altamente qualificati e con un livello elevato di istruzione e contribuisca alla creazione di posti di lavoro.

4.2   Il CESE sottolinea che l'essenza di un veicolo d'investimento efficace è la sua capacità di permettere a diversi tipi di investitori di effettuare investimenti congiunti assicurandone nel contempo l'ottimizzazione fiscale, specie in termini di eliminazione della doppia imposizione (in questo caso l'imposta sugli investimenti in portafoglio e quella sulla distribuzione agli investitori del fondo della remunerazione del loro capitale). Il CESE ritiene che in assenza di riferimenti alla questione della trasparenza fiscale, il «passaporto europeo» potrà suscitare solo scarso interesse.

4.3   L'obiettivo di aiutare gli investitori non esperti ad accedere al mercato del venture capital può essere realizzato assai più rapidamente e agevolmente mediante il meccanismo del «fondo di fondi», che consente una notevole dispersione del rischio a livello degli investimenti in portafoglio. I fondi di fondi offrono una buona opportunità di investire in venture capital agli investitori istituzionali che destinano ad esso solo piccole somme o non dispongono di vaste competenze in materia di investimenti diretti in FVC. Secondo i dati dell'Associazione europea del capitale di rischio (European Private Equity and Venture Capital Association - EVCA), nel 2009 i fondi di fondi hanno fornito circa il 13,5 % dei nuovi capitali allocati a fondi di venture capital e private equity, mentre nell'intero periodo 2005-2009 la media è stata del 14,1 % (nello stesso periodo i fondi di fondi sono stati il secondo maggior fornitore di capitale dopo i fondi pensione).

4.4   Il CESE chiede di stabilire un periodo transitorio per l'applicazione delle norme riguardanti le soglie, in modo da tener conto dei diversi livelli di reddito esistenti nei vari Stati membri.

4.5   Il CESE reputa che i fondi europei di venture capital debbano essere strutture chiuse che investono almeno il 70 % dell'aggregato dei loro conferimenti di capitale e del capitale impegnato non richiamato in attività che sono investimenti ammissibili, al fine di garantire che le loro azioni non siano rimborsabili in contanti o titoli fino al momento della loro liquidazione. Essi dovrebbero inoltre avere sede nell'Unione, onde evitare la costituzione di fondi amministrati da gestori europei ma basati in paradisi fiscali a fini di evasione fiscale.

4.6   Il sistema di protezione degli investitori dovrebbe essere rafforzato mediante la nomina di un depositario, responsabile della custodia delle attività, del monitoraggio della liquidità e delle funzioni di controllo. La direttiva OICVM prevede la nomina di un depositario per gli organismi d'investimento collettivo, e tale principio è stato integrato anche nella direttiva AIFM. Per garantire la continuità del quadro normativo dell'UE, è opportuno nominare un depositario anche per i fondi europei di venture capital.

4.7   Il regolamento proposto non risolve il problema della relativa debolezza del mercato del venture capital. L'economia dei fondi d'investimento è governata da due fenomeni. Il primo di essi consiste nel fatto che il vivace sviluppo del settore dei fondi pensione ha provocato un aumento sistematico del valore dei capitali allocati dagli investitori nei fondi di venture capital e private equity. Tuttavia, secondo le regole che disciplinano la distribuzione del rischio d'investimento nel portafoglio degli investitori, il portafoglio ottimale di un FVC comprende da 8 a 12 società: un numero minore di investimenti rende il portafoglio più rischioso, un numero maggiore fa lievitare i costi di monitoraggio. L'effetto congiunto della crescente offerta di capitali e della regola dell'ottimizzazione del portafoglio conduce inevitabilmente a una tendenza stabile alla crescita delle dimensioni dei fondi, il che a sua volta rende necessario aumentare il valore dei singoli investimenti nella società di portafoglio. Il risultato è che la crescita dei risparmi pensionistici (risparmi a lungo termine) ha indotto uno spostamento degli investimenti dal settore del venture capital verso quello del private equity.

4.8   Il secondo fenomeno è legato al modo in cui i gestori dei fondi vengono remunerati, che consiste in una percentuale del valore del capitale gestito: un sistema tale per cui maggiori sono le dimensioni del fondo, maggiore è l'importo della remunerazione. Ciò significa che, per un dato gruppo di gestione, è più redditizio (!) gestire un (grosso) fondo di private equity che un (piccolo) fondo di venture capital, dove il rischio di investimento e i costi di gestione sono notevolmente più elevati. Questi due fenomeni fanno sì che il mercato del venture capital sia relativamente debole (cresca cioè più lentamente), poiché il capitale si dirige di preferenza verso fondi e investimenti più grandi, il che può rispondere nel contempo agli interessi di gestori dei fondi che si comportano in modo opportunistico.

4.9   Il regolamento proposto non è in grado di porre un freno a queste due tendenze, e il CESE invita la Commissione ad avviare riflessioni ulteriori in materia.

4.10   Gli investimenti effettuati dai dirigenti di un gestore di fondi di venture capital quando investono in fondi di venture capital ammissibili che essi gestiscono, provando il loro coinvolgimento e la loro responsabilità, dovrebbero essere consentiti.

4.11   Il CESE appoggia gli FVC dedicati alle imprese che puntano sulle tecnologie della società dell'informazione, sull'efficienza energetica e sulle fonti di energia rinnovabili, che possono contribuire al conseguimento degli obiettivi della strategia generale Europa 2020.

4.12   Il CESE accoglie con favore le norme del regolamento che conferiscono alla Commissione il potere di adottare atti delegati di esecuzione, e incoraggia la Commissione a continuare a monitorare gli sviluppi e l'evoluzione del mercato del venture capital.

Bruxelles, 26 aprile 2012

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Staffan NILSSON


(1)  http://ec.europa.eu/internal_market/smact/docs/20110413-communication_en.pdf 13 aprile 2011


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