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Document 62014CC0160

    Conclusioni dell’avvocato generale Y. Bot, presentate l'11 giugno 2015.
    João Filipe Ferreira da Silva e Brito e a. contro Estado português.
    Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Varas Cíveis de Lisboa.
    Rinvio pregiudiziale – Ravvicinamento delle legislazioni – Mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimenti di imprese, di stabilimenti o di parti di imprese o di stabilimenti – Nozione di trasferimento di stabilimento – Obbligo di sottoporre una domanda di pronuncia pregiudiziale ai sensi dell’articolo 267, terzo comma, TFUE – Pretesa violazione del diritto dell’Unione imputabile a un giudice nazionale avverso le cui decisioni non è possibile proporre un ricorso di diritto interno – Normativa nazionale che subordina il diritto al risarcimento del danno derivante da una simile violazione al previo annullamento della decisione che ha occasionato tale danno.
    Causa C-160/14.

    Court reports – general

    ECLI identifier: ECLI:EU:C:2015:390

    CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

    YVES BOT

    presentate l’11 giugno 2015 ( 1 )

    Causa C‑160/14

    João Filipe Ferreira da Silva e Brito e altri

    contro

    Estado português

    [domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Varas Cíveis de Lisboa (Portogallo)]

    «Ravvicinamento delle legislazioni — Trasferimento d’impresa — Mantenimento dei diritti dei lavoratori — Obbligo di rinvio pregiudiziale — Violazione del diritto dell’Unione imputabile a un giudice nazionale avverso le cui decisioni non possa proporsi un ricorso giurisdizionale di diritto interno — Normativa nazionale che subordina il diritto al risarcimento del danno subito a causa di una simile violazione alla condizione della previa revoca della decisione che ha provocato tale danno»

    1. 

    La presente domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 1, paragrafo 1, della direttiva 2001/23/CE del Consiglio, del 12 marzo 2001, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimenti di imprese, di stabilimenti o di parti di imprese o di stabilimenti ( 2 ), nonché sull’articolo 267, terzo comma, TFUE e sulla giurisprudenza della Corte relativa alla responsabilità degli Stati per violazione del diritto dell’Unione.

    2. 

    Le questioni poste dal Varas Cíveis de Lisboa (Portogallo) sono state sollevate nell’ambito di un’azione per risarcimento intentata dal sig. Ferreira da Silva e Brito nonché da altri ricorrenti contro l’Estado português, fondata su un’asserita violazione del diritto dell’Unione imputabile al Supremo Tribunal de Justiça (Corte Suprema di Giustizia).

    3. 

    L’esame della prima questione mi porterà ad interpretare, alla luce delle circostanze del procedimento principale, la nozione di «trasferimento di uno stabilimento», ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, della direttiva. Concluderò, contrariamente alla soluzione adottata dal Supremo Tribunal de Justiça, che tale disposizione deve essere interpretata nel senso che la nozione di trasferimento di uno stabilimento comprende una situazione in cui un’impresa attiva nel mercato dei voli charter è liquidata con decisione del suo azionista di maggioranza, che è a sua volta un’impresa operante nel settore dell’aviazione e che, nell’ambito della liquidazione della prima impresa:

    assume la posizione della società liquidata nei contratti di locazione di aerei e nei contratti in vigore di voli charter stipulati con operatori turistici;

    svolge l’attività precedentemente svolta dalla società liquidata;

    riassume alcuni dipendenti fino a quel momento operanti per la società liquidata e li colloca in funzioni identiche, e

    riceve piccole apparecchiature della società liquidata.

    4. 

    Esporrò, in seguito, nell’ambito dell’esame della seconda questione, le ragioni per cui l’articolo 267, terzo comma, TFUE deve essere interpretato nel senso che un giudice nazionale avverso le cui decisioni non possa proporsi un ricorso giurisdizionale di diritto interno, quale il Supremo Tribunal de Justiça, era tenuto, in circostanze come quelle del procedimento principale, a sottoporre alla Corte un rinvio pregiudiziale.

    5. 

    Infine, nell’ambito dell’esame della terza questione, spiegherò perché, in circostanze come quelle del procedimento principale, il diritto dell’Unione, e in particolare la giurisprudenza risultante dalla sentenza Köbler ( 3 ), deve essere interpretato nel senso che osta a un regime nazionale relativo alla responsabilità dello Stato che condizioni il diritto al risarcimento alla previa revoca della decisione che ha causato il danno.

    I – Contesto normativo

    A – Il diritto dell’Unione

    6.

    La direttiva 2001/23 ha proceduto alla codificazione della direttiva 77/187/CEE del Consiglio, del 14 febbraio 1977, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimenti di imprese, di stabilimenti o di parti di imprese o di stabilimenti ( 4 ), come modificata dalla direttiva 98/50/CE del Consiglio, del 29 giugno 1998 ( 5 ).

    7.

    Ai sensi del considerando 8 della direttiva:

    «La sicurezza e la trasparenza giuridiche hanno richiesto un chiarimento della nozione giuridica di trasferimento alla luce della giurisprudenza della Corte di giustizia. Tale chiarimento non ha modificato la sfera di applicazione della direttiva 77/187(...), quale interpretata dalla Corte di giustizia».

    8.

    L’articolo 1, paragrafo 1, lettere a) e b), della direttiva dispone quanto segue:

    «a)

    La presente direttiva si applica ai trasferimenti di imprese, di stabilimenti o di parti di imprese o di stabilimenti ad un nuovo imprenditore in seguito a cessione contrattuale o a fusione.

    b)

    Fatta salva la lettera a) e le disposizioni seguenti del presente articolo, è considerato come trasferimento ai sensi della presente direttiva quello di un’entità economica che conserva la propria identità, intesa come insieme di mezzi organizzati al fine di svolgere un’attività economica, sia essa essenziale o accessoria».

    9.

    L’articolo 3, paragrafo 1, primo comma, della direttiva così prevede:

    «I diritti e gli obblighi che risultano per il cedente da un contratto di lavoro o da un rapporto di lavoro esistente alla data del trasferimento sono, in conseguenza di tale trasferimento, trasferiti al cessionario».

    B – Il diritto portoghese

    10.

    L’articolo 13 del regime di responsabilità civile extracontrattuale dello Stato e degli altri enti pubblici ( 6 ), adottato con la legge n. 67/2007 (Lei que aprova o Regime da Responsabilidade Civil Extracontractual do Estado e Demais Entidades Públicas), del 31 dicembre 2007 ( 7 ), come modificata dalla legge n. 31/2008, del 17 luglio 2008 ( 8 ), prevede quanto segue:

    «1.   Fatte salve le situazioni di condanna penale ingiusta e di privazione ingiustificata della libertà, lo Stato risponderà civilmente per i danni derivati dalle decisioni giurisdizionali manifestamente incostituzionali o illegittime o ingiustificate per errore manifesto nella valutazione dei rispettivi presupposti di fatto.

    2.   La pretesa di risarcimento deve fondarsi sulla previa revoca della decisione lesiva da parte del giudice competente».

    II – Fatti della controversia principale e questioni pregiudiziali

    11.

    Il 19 febbraio 1993, la Air Atlantis SA (in prosieguo: l’«AIA»), costituita nel 1985 e operante nel settore del trasporto aereo non di linea (voli charter), è stata liquidata. In tale contesto, i ricorrenti nel procedimento principale sono stati oggetto di un licenziamento collettivo.

    12.

    A partire dal 1o maggio 1993, la compagnia Transportes Aéreos Portugueses (in prosieguo: la «TAP»), che era il principale azionista dell’AIA, ha iniziato a gestire una parte dei voli che l’AIA si era impegnata ad effettuare nel periodo dal 1o maggio al 31 ottobre 1993. La TAP ha effettuato inoltre un certo numero di voli charter, mercato nel quale fino a quel momento non era attiva, poiché si trattava di rotte servite in precedenza dall’AIA. A tal fine, la TAP ha utilizzato una parte delle attrezzature che l’AIA utilizzava per le sue attività, in particolare quattro aerei. La TAP ha altresì preso in carico il pagamento dei canoni corrispondenti ai relativi contratti di leasing e ha rilevato le apparecchiature da ufficio precedentemente possedute e utilizzate dall’AIA nei suoi locali di Lisbona (Portogallo) e di Faro (Portogallo) nonché altri beni materiali. Inoltre, la TAP ha assunto alcuni ex dipendenti dell’AIA.

    13.

    Successivamente, i ricorrenti nel procedimento principale hanno impugnato detto licenziamento collettivo dinanzi al tribunal de trabalho de Lisboa (tribunale del lavoro di Lisbona) chiedendo la propria riassunzione nella TAP e il pagamento di retribuzioni.

    14.

    Con decisione del 6 febbraio 2007, il tribunal de trabalho de Lisboa ha accolto parzialmente l’impugnazione del licenziamento collettivo e ha disposto la riassunzione dei ricorrenti nel procedimento principale nelle categorie corrispondenti, nonché il risarcimento dei danni. A sostegno della sua decisione, il tribunal de trabalho de Lisboa ha dichiarato che, nella fattispecie, sussisteva un trasferimento di uno stabilimento, almeno parziale, in quanto l’identità dello stabilimento era stata conservata e le sue attività erano state proseguite, cosicché la TAP si era sostituita al precedente datore di lavoro nei contratti di lavoro.

    15.

    Tale decisione è stata appellata dinanzi al Tribunal da Relação de Lisboa (Corte d’appello di Lisbona), che, con sentenza del 16 gennaio 2008, ha annullato la decisione di primo grado nella parte in cui aveva condannato la TAP alla riassunzione dei ricorrenti nel procedimento principale e al risarcimento dei danni, ritenendo verificatasi la decadenza dal diritto di impugnazione del licenziamento collettivo e considerando che non vi era stato un trasferimento, totale o parziale, di stabilimento da parte dell’AIA in favore della TAP.

    16.

    I ricorrenti nel procedimento principale hanno quindi proposto ricorso per cassazione dinanzi al Supremo Tribunal de Justiça, che, nella sua sentenza del 25 febbraio 2009, ha statuito che il licenziamento collettivo non era viziato da alcuna illegittimità. Detto organo giurisdizionale ha osservato, facendo propria l’argomentazione del Tribunal da Relação de Lisboa, che, perché vi sia trasferimento di uno stabilimento non è sufficiente la «mera continuazione» di un’attività commerciale, in quanto è altresì necessario che si conservi l’identità dello stabilimento. Orbene, nel caso di specie, la TAP, nell’effettuare i voli nel corso dell’estate del 1993, non si sarebbe servita di un’«entità» con la stessa identità dell’«entità» che apparteneva in precedenza all’AIA, bensì del suo proprio strumento di intervento nel mercato di cui trattasi, vale a dire la propria impresa. Non sussistendo identità tra le due «entità», secondo il Supremo Tribunal de Justiça, non si può concepire la sussistenza di un trasferimento di uno stabilimento.

    17.

    Per quanto riguarda il diritto dell’Unione, il Supremo Tribunal de Justiça ha rilevato che la Corte, pronunciandosi in relazione a situazioni nelle quali un’impresa aveva proseguito l’attività in precedenza svolta da un’altra impresa, aveva dichiarato che tale «mera circostanza» non consentiva di concludere che vi era stato un trasferimento di entità economica, poiché «un’entità non può essere ridotta all’attività che le era affidata» ( 9 ).

    18.

    Poiché alcuni ricorrenti nel procedimento principale avevano chiesto al Supremo Tribunal de Justiça di sottoporre un rinvio pregiudiziale alla Corte, quest’ultimo ha osservato che «[l]’obbligo di rinvio pregiudiziale per i giudici nazionali avverso le cui decisioni non possa proporsi un ricorso giurisdizionale di diritto interno sussiste solo quando tali giudici ritengano necessario ricorrere al diritto [dell’Unione] per la risoluzione della controversia di cui sono aditi e, inoltre, sia stata sollevata una questione di interpretazione di tale diritto».

    19.

    Il Supremo Tribunal de Justiça ha inoltre considerato che «[l]a stessa Corte di giustizia ha riconosciuto espressamente che “la corretta applicazione del diritto [dell’Unione] può imporsi con tale evidenza da non lasciar adito ad alcun ragionevole dubbio sulla soluzione da dare alla questione sollevata”, escludendo altresì in tal caso l’obbligo di rinvio pregiudiziale. Orbene, alla luce del contenuto delle [disposizioni del diritto dell’Unione] menzionate dai [ricorrenti nel procedimento principale], tenuto conto dell’interpretazione ad esse data dalla Corte (...) e date le circostanze della causa (...) prese in considerazione (...), non sussiste alcun dubbio rilevante nell’interpretazione che imponga il rinvio pregiudiziale».

    20.

    Il Supremo Tribunal de Justiça ha sottolineato, inoltre, che «la Corte [aveva] stabilito una vasta e consolidata giurisprudenza sulla problematica dell’interpretazione delle norme [del diritto dell’Unione] che fanno riferimento al “trasferimento di uno stabilimento”, al punto che l[a] direttiva (...) riflette già il consolidamento delle nozioni enunciate in forza di tale giurisprudenza, nozioni che vengono formulate ora con chiarezza in termini di interpretazione giurisprudenziale (comunitaria e nazionale), che, nella presente causa, dispensa dalla previa consultazione della Corte».

    21.

    I ricorrenti nel procedimento principale hanno quindi proposto ricorso per responsabilità civile extracontrattuale contro l’Estado português chiedendo che quest’ultimo sia condannato al risarcimento di determinati danni patrimoniali causati. A sostegno del loro ricorso, affermano che la sentenza del Supremo Tribunal de Justiça è manifestamente illegittima, in quanto interpreta erroneamente la nozione di «trasferimento di uno stabilimento», di cui alla direttiva, e in quanto tale giudice non ha adempiuto all’obbligo di sottoporre alla Corte le questioni pregiudiziali di diritto dell’Unione pertinenti.

    22.

    L’Estado português sostiene che, ai sensi dell’articolo 13, paragrafo 2, dell’RRCEE, la pretesa di risarcimento deve fondarsi sulla previa revoca della decisione lesiva da parte del giudice competente, e ricorda che, poiché la sentenza del Supremo Tribunal de Justiça non è stata revocata, non può aver luogo alcun risarcimento.

    23.

    Il giudice del rinvio spiega che è necessario determinare se la sentenza emessa dal Supremo Tribunal de Justiça sia manifestamente illegittima in quanto interpreta erroneamente la nozione di «trasferimento di uno stabilimento», ai sensi della direttiva e alla luce degli elementi di fatto di cui quest’ultimo disponeva. Inoltre, occorrerebbe accertare se il Supremo Tribunal de Justiça avesse l’obbligo di procedere al rinvio pregiudiziale che gli era stato chiesto.

    24.

    È in tale contesto che il Varas Cíveis de Lisboa ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

    «1)

    Se la direttiva (...), e in particolare il suo articolo 1, paragrafo 1, debba essere interpretata nel senso che la nozione di “trasferimento di uno stabilimento” comprenda una situazione in cui un’impresa attiva nel mercato dei voli charter è liquidata con decisione del suo azionista di maggioranza, a sua volta impresa operante nel settore dell’aviazione, e in cui, nell’ambito della liquidazione, l’impresa controllante:

    assume la posizione della società liquidata nei contratti di locazione di aerei e nei contratti in vigore di voli charter stipulati con operatori turistici;

    svolge l’attività precedentemente svolta dalla società liquidata;

    riassume alcuni dipendenti fino a quel momento operanti per la società liquidata e li colloca in funzioni identiche;

    riceve piccole apparecchiature della società liquidata.

    2)

    Se l’articolo 267 TFUE (...) debba essere interpretato nel senso che il Supremo Tribunale de Justiça, tenuto conto dei fatti descritti nella [prima] questione (...) e della circostanza che i giudici nazionali di grado inferiore che avevano giudicato la causa abbiano adottato decisioni contraddittorie, sia tenuto a sottoporre alla Corte (...) una questione pregiudiziale vertente sulla corretta interpretazione della nozione di “trasferimento di uno stabilimento” ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, della direttiva (...).

    3)

    Se il diritto dell’Unione e, in particolare, i principi sanciti dalla Corte (...) nella sentenza Köbler (C‑224/01, EU:C:2003:513) sulla responsabilità dello Stato per i danni causati ai singoli a seguito di una violazione del diritto dell’Unione commessa da un organo giurisdizionale nazionale di ultimo grado, osti all’applicazione di una normativa nazionale che richiede come fondamento della pretesa di risarcimento esercitata contro lo Stato la previa revoca della decisione lesiva».

    III – Analisi

    A – Sulla prima questione

    25.

    Con la sua prima questione, il giudice del rinvio chiede se possa costituire un «trasferimento di uno stabilimento», ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, della direttiva, una situazione in cui un’impresa attiva nel mercato dei voli charter è liquidata con decisione del suo azionista di maggioranza, che è a sua volta un’impresa operante nel settore dell’aviazione e che, nell’ambito della liquidazione della prima impresa:

    assume la posizione della società liquidata nei contratti di locazione di aerei e nei contratti in vigore di voli charter stipulati con operatori turistici;

    svolge l’attività precedentemente svolta dalla società liquidata;

    riassume alcuni dipendenti fino a quel momento operanti per la società liquidata e li colloca in funzioni identiche, e

    riceve piccole apparecchiature della società liquidata.

    26.

    Come risulta dal considerando 3 e dall’articolo 3 della direttiva, quest’ultima è diretta a proteggere i lavoratori, assicurando il mantenimento dei loro diritti in caso di trasferimento di impresa ( 10 ). A tal fine, l’articolo 3, paragrafo 1, primo comma, della direttiva prevede che i diritti e gli obblighi che risultano per il cedente da un contratto di lavoro o da un rapporto di lavoro esistente alla data del trasferimento sono, in conseguenza di tale trasferimento, trasferiti al cessionario. Dal canto suo, l’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva protegge i lavoratori da ogni licenziamento deciso dal cedente o dal cessionario sulla sola base del trasferimento.

    27.

    Ai sensi del suo articolo 1, paragrafo 1, lettera a), la direttiva si applica ai trasferimenti di imprese, di stabilimenti o di parti di imprese o di stabilimenti ad un nuovo imprenditore in seguito a cessione contrattuale o a fusione. La Corte ha interpretato la nozione di cessione contrattuale in modo elastico per rispondere all’obiettivo della direttiva, che è quello di tutelare i lavoratori subordinati in caso di trasferimento della loro impresa ( 11 ). Così, la Corte ha statuito che la direttiva è applicabile in tutti i casi di cambiamento, nell’ambito di rapporti contrattuali, della persona fisica o giuridica responsabile della gestione dell’impresa, la quale assume le obbligazioni del datore di lavoro nei confronti dei dipendenti dell’impresa medesima ( 12 ).

    28.

    La Corte ha già dichiarato che la direttiva 77/187 era applicabile ai trasferimenti tra società di uno stesso gruppo ( 13 ).

    29.

    Essa ha precisato, inoltre, le condizioni in presenza delle quali la direttiva 77/187 si applica in caso di trasferimento di un’impresa in stato di liquidazione giudiziaria o volontaria. Così, se, da un lato, la Corte ha statuito, nella sua sentenza Abels ( 14 ), che tale direttiva non si applica ai trasferimenti di un’impresa, di uno stabilimento o di una parte di stabilimento nell’ambito di una procedura di fallimento ( 15 ), dall’altro, essa ha dichiarato, nella sua sentenza Dethier Équipement ( 16 ), che la medesima direttiva si applica nell’ipotesi del trasferimento di un’azienda in stato di liquidazione giudiziale in caso di prosecuzione dell’attività dell’azienda ( 17 ). Nella sua sentenza Europièces ( 18 ), essa è giunta alla medesima conclusione nel caso di un’impresa trasferita che sia oggetto di una liquidazione volontaria ( 19 ).

    30.

    Sia dall’interpretazione elastica che deve essere adottata riguardo alla nozione di cessione contrattuale sia dalla giurisprudenza della Corte relativa specificamente all’ipotesi di liquidazione dell’entità ceduta, risulta che lo scioglimento e la liquidazione dell’AIA possono costituire un «trasferimento di uno stabilimento», ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, lettera a), della direttiva.

    31.

    Il trasferimento deve, tuttavia, soddisfare inoltre le condizioni stabilite dall’articolo 1, paragrafo 1, lettera b), della direttiva, vale a dire deve riguardare un’entità economica, intesa come «insieme di mezzi organizzati al fine di svolgere un’attività economica, sia essa essenziale o accessoria», che conserva, successivamente al trasferimento, la propria «identità».

    32.

    Per accertare la sussistenza di un trasferimento d’impresa, occorre quindi che sia soddisfatto il criterio decisivo della sussistenza di tale trasferimento, vale a dire che l’entità in questione conservi la propria identità dopo essere stata rilevata dal nuovo datore di lavoro ( 20 ).

    33.

    Per determinare se questa condizione sia soddisfatta, si deve prendere in considerazione il complesso delle circostanze di fatto che caratterizzano l’operazione di cui trattasi, fra le quali rientrano in particolare il tipo di impresa o di stabilimento in questione, la cessione o meno degli elementi materiali, quali gli edifici ed i beni mobili, il valore degli elementi immateriali al momento della cessione, la riassunzione o meno della maggior parte del personale da parte del nuovo imprenditore, il trasferimento o meno della clientela, nonché il grado di analogia delle attività esercitate prima e dopo la cessione e la durata di un’eventuale sospensione di tali attività. Tutti questi elementi, tuttavia, sono soltanto aspetti parziali di una valutazione complessiva cui si deve procedere e non possono, perciò, essere considerati isolatamente ( 21 ).

    34.

    La Corte ha sottolineato che il giudice nazionale deve tener conto in particolare, nell’ambito della valutazione delle circostanze di fatto che caratterizzano l’operazione de qua, del genere di impresa o di stabilimento di cui trattasi. Ne consegue, a suo avviso, che l’importanza da attribuire rispettivamente ai singoli criteri attinenti alla sussistenza di un trasferimento ai sensi della direttiva varia necessariamente in funzione dell’attività esercitata, o addirittura in funzione dei metodi di produzione o di gestione utilizzati nell’impresa, nello stabilimento o nella parte di stabilimento in questione ( 22 ).

    35.

    I diversi fattori che consentono di verificare se l’entità di cui trattasi conservi la propria identità dopo essere stata rilevata dal nuovo datore di lavoro, e quindi di qualificare un’operazione come «trasferimento» ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, della direttiva, hanno pertanto un peso che varia a seconda del tipo di attività esercitata dall’impresa in questione.

    36.

    Ciò che è determinante è accertare se l’entità di cui trattasi conservi la propria identità, il che deriva in particolare dall’esistenza di un trasferimento di elementi patrimoniali materiali o immateriali significativi e dal fatto che la gestione di tale entità sia effettivamente proseguita o rilevata dal nuovo datore di lavoro per le medesime attività o per attività analoghe. Orbene, queste due circostanze si sono verificate nel caso di specie.

    37.

    Per quanto riguarda il trasferimento di elementi patrimoniali materiali o immateriali significativi, è vero che la Corte ha rilevato che un’entità economica può essere in grado, in determinati settori, di operare senza siffatti elementi, di modo che la conservazione della sua identità, al di là dell’operazione di cui essa è oggetto, non può, per ipotesi, dipendere dalla cessione di tali elementi ( 23 ).

    38.

    Come risulta dalla giurisprudenza della Corte, ciò non vale, tuttavia, nel caso delle imprese che operano in settori che necessitano dell’utilizzo di elementi patrimoniali considerevoli. Così avviene, ad esempio, nel caso del settore del trasporto con autobus, che esige materiale e impianti notevoli. In quest’ultimo caso, la Corte ha considerato che l’assenza di cessione, da parte del vecchio appaltatore, degli elementi patrimoniali materiali utilizzati per l’esercizio delle linee di autobus in questione costituisce una circostanza di cui occorre tenere conto ( 24 ). La Corte ne desume che, in un settore come quello del trasporto pubblico di linea con autobus, ove gli elementi materiali contribuiscono in maniera importante all’esercizio dell’attività, l’assenza di cessione da parte del vecchio al nuovo appaltatore, ad un livello significativo, di tali elementi che sono indispensabili al buon funzionamento dell’entità in questione, deve condurre a ritenere che quest’ultima non mantenga la propria identità ( 25 ).

    39.

    Da tale giurisprudenza risulta che, in una controversia come quella di cui trattasi nel procedimento principale, che riguarda anch’essa il settore dei trasporti, il trasferimento di elementi patrimoniali materiali significativi dev’essere considerato un elemento essenziale al fine di determinare se sussista un «trasferimento di uno stabilimento» ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, della direttiva.

    40.

    Nella sua valutazione delle circostanze di fatto che caratterizzano l’operazione di cui trattasi, il giudice del rinvio dovrà quindi attribuire un peso particolare al fattore relativo alla cessione di elementi patrimoniali materiali significativi alla TAP.

    41.

    A tal riguardo, è pacifico che vi sia stato il rilevamento, da parte della TAP, dei contratti di locazione relativi a quattro aerei precedentemente utilizzati dall’AIA nell’ambito della sua attività. Dal fascicolo emerge che detto rilevamento è stato motivato, in particolare, dalla volontà della TAP di evitare le conseguenze finanziarie negative che avrebbero potuto derivare dalla risoluzione anticipata di tali contratti. I motivi all’origine della decisione della TAP di rilevare i contratti di locazione relativi a quattro aerei gestiti in precedenza dall’AIA sono, tuttavia, irrilevanti ai fini della qualificazione di un’operazione come «trasferimento», ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, della direttiva. Ciò che importa è soltanto la constatazione obiettiva del fatto che tali contratti siano stati effettivamente trasferiti alla TAP all’atto dello scioglimento dell’AIA, in quanto la TAP ha continuato ad utilizzare gli aerei in questione.

    42.

    Come osservano giustamente i ricorrenti nel procedimento principale, non può ritenersi che, per il fatto che la TAP è l’azionista di maggioranza e il principale creditore dell’AIA, essa sia libera di disporre di un’impresa del proprio gruppo e di rilevarne le attività, senza assumersi gli obblighi derivanti dalla direttiva.

    43.

    Poco importa, parimenti, che gli aerei rilevati dalla TAP siano stati utilizzati indifferentemente per il trasporto di linea e per il trasporto non di linea. Ciò che importa è che tali aerei siano stati utilizzati, ancorché parzialmente, nell’ambito dell’attività di trasporto non di linea della TAP, la quale costituisce la prosecuzione di un’attività precedentemente svolta dall’AIA.

    44.

    Inoltre, il fatto che gli aerei rilevati fossero in regime di locazione non costituisce un ostacolo all’esistenza di un trasferimento di uno stabilimento, poiché è la continuità dell’utilizzo di tali elementi patrimoniali da parte del cessionario ad essere determinante.

    45.

    Infine, non rileva neanche il fatto che gli aerei siano stati restituiti al termine dei contratti di leasing, tra il 1998 e il 2000. Ciò che conta è che i contratti siano stati effettivamente trasferiti e che gli aerei siano stati effettivamente utilizzati dalla TAP per un periodo di tempo significativo.

    46.

    Da tali elementi risulta che la constatazione, effettuata dal giudice del rinvio, secondo cui la TAP ha assunto la posizione della società liquidata nei contratti di locazione di aerei costituisce un indizio importante della sussistenza di un trasferimento di uno stabilimento in quanto dimostra il rilevamento, da parte della TAP, di elementi patrimoniali indispensabili per la prosecuzione dell’attività precedentemente esercitata dall’AIA.

    47.

    A tale constatazione si aggiunge quella secondo cui la TAP ha rilevato anche piccole apparecchiature della società liquidata, tra cui apparecchiature di bordo e da ufficio. Si tratta di un ulteriore indizio della sussistenza di un trasferimento di uno stabilimento.

    48.

    Inoltre, dal fascicolo risulta che la TAP ha assunto la posizione della società liquidata nei contratti di voli charter in corso con gli operatori turistici e per lo sviluppo delle attività esercitate precedentemente da tale società. Orbene, dalla giurisprudenza della Corte emerge che il trasferimento della clientela costituisce un indizio rilevante dell’esistenza di un trasferimento d’impresa ( 26 ).

    49.

    Il Supremo Tribunal de Justiça sembra considerare che il fatto che la TAP sia stata autorizzata ad operare nel mercato dei voli charter e che la stessa l’abbia già fatto «episodicamente» ostava all’esistenza di un «trasferimento di uno stabilimento» ai sensi della direttiva. Orbene, condivido l’opinione dei ricorrenti nel procedimento principale, secondo cui il fatto che un’impresa sia già attiva o sia idonea ad esserlo in un determinato mercato non osta a che quest’ultima assicuri la continuità di attività simili esercitate da un’altra impresa che è stata nel frattempo liquidata, estendendo così le proprie attività.

    50.

    Per quanto riguarda in particolare i voli effettuati nel 1994, si tratta, come ha constatato il Supremo Tribunal de Justiça nella sua sentenza, di contratti conclusi dalla TAP direttamente con gli operatori turistici per rotte su cui quest’ultima non operava in precedenza in quanto trattavasi di rotte tradizionali dell’AIA. Secondo il Supremo Tribunal de Justiça, «la TAP ha esercitato, come avrebbe potuto fare qualsiasi altra compagnia aerea, un’attività che rappresenta semplicemente l’occupazione dello spazio di mercato lasciato libero dalla chiusura dell’AIA».

    51.

    Orbene, come osservano giustamente i ricorrenti nel procedimento principale, il fatto stesso che la TAP abbia iniziato ad esercitare un’attività esercitata in precedenza da un’altra impresa del suo gruppo, che essa aveva nel frattempo liquidato, costituisce un indizio importante della sussistenza di un trasferimento di uno stabilimento, in quanto dimostra la prosecuzione, da parte della TAP, dell’attività precedentemente esercitata dall’AIA.

    52.

    Nella sua sentenza, il Supremo Tribunal de Justiça si basa sulla sentenza Süzen ( 27 ) per dichiarare che la mera prosecuzione di un’attività esercitata da un’altra impresa non è sufficiente per stabilire l’esistenza di un trasferimento di uno stabilimento ( 28 ). Tuttavia, dalla giurisprudenza della Corte risulta che, qualora una tale prosecuzione di attività si accompagni al rilevamento di elementi patrimoniali importanti, non vi sono dubbi sulla sussistenza di un trasferimento di uno stabilimento.

    53.

    La prosecuzione, da parte della TAP, dell’attività precedentemente esercitata dall’AIA è dimostrata anche da un altro indizio evocato dal giudice del rinvio, vale a dire la riassunzione nell’ambito della TAP di lavoratori in precedenza distaccati presso la società liquidata, e ciò per far loro esercitare funzioni identiche a quelle che esercitavano nell’ambito di quest’ultima società.

    54.

    Come ha constatato il Supremo Tribunal de Justiça nella sua sentenza, è stato dimostrato che due dipendenti, in precedenza distaccate dalla TAP presso la direzione commerciale dell’AIA, sono stati collocate, dopo lo scioglimento di quest’ultima, all’interno della sua direzione commerciale in posti nel settore dei voli non di linea ad hoc e dei contratti di voli charter della stagione aeronautica estiva del 1993.

    55.

    Secondo il Supremo Tribunal de Justiça, non si tratta del mantenimento, da parte della TAP, di lavoratori precedentemente impiegati dall’AIA. Tali lavoratori erano legati alla TAP da un contratto di lavoro. Si trattava quindi di lavoratori impiegati dalla TAP, e non dall’AIA. Le dipendenti in questione erano distaccate dalla TAP per esercitare le loro funzioni presso l’AIA e sono ritornati, dopo lo scioglimento di quest’ultima, nell’impresa che le impiegava. Nella sua sentenza, il Supremo Tribunal de Justiça considera pertanto che il ritorno dei lavoratori della TAP nella loro impresa, dopo lo scioglimento dell’AIA, presso la quale erano distaccati, consegue all’adempimento del contratto di lavoro da essi concluso con il loro datore di lavoro, ossia la TAP. Anche se tali lavoratori sono stati assegnati a posti corrispondenti alla loro categoria e, nel corso del 1993, hanno esercitato funzioni nel settore dei voli non di linea gestiti dalla TAP in quell’anno, secondo il Supremo Tribunal de Justiça la loro attività all’interno della TAP non consentirebbe il profilarsi dell’organizzazione di un’entità economica autonoma adibita ai voli non di linea.

    56.

    Tuttavia, come osservano correttamente i ricorrenti nel procedimento principale, la riassegnazione delle due dipendenti presso la TAP a funzioni direttamente legate al settore dei voli non di linea è rivelatrice della prosecuzione dell’attività dell’AIA da parte della TAP, attività che era esercitata precedentemente soltanto in modo episodico, cosicché rafforza un po’ di più la tesi della sussistenza di un trasferimento di uno stabilimento. Per di più, tali dipendenti sembrano costituire un «gruppo organizzato» ( 29 ), poiché sono state assegnate, all’interno della TAP, a funzioni simili a quelle che esercitavano presso l’AIA.

    57.

    Come ulteriore indizio della sussistenza di un trasferimento di uno stabilimento, occorre menzionare il grado di somiglianza delle attività esercitate prima e dopo il trasferimento. Come rileva la Commissione, l’AIA era un’impresa di trasporto aereo specializzata nei voli non di linea. La TAP, la cui attività primaria è il trasporto aereo, era autorizzata a gestire sia voli di linea sia voli non di linea, e quindi autorizzata ad operare sul mercato dei voli charter, come già faceva, ancorché episodicamente ( 30 ). Vi è quindi una forte somiglianza tra le attività esercitate dalle due imprese.

    58.

    Per quanto riguarda, infine, il criterio relativo all’eventuale sospensione delle attività, è stato accertato che la TAP aveva iniziato dal 1o maggio 1993, vale a dire immediatamente dopo lo scioglimento dell’AIA, a gestire almeno una parte dei voli charter che l’AIA si era impegnata ad effettuare per la stagione estiva del 1993. Non vi è stata, pertanto, alcuna sospensione di attività di durata significativa. Al contrario, vi è stata continuità dell’attività, poiché circa quindici giorni dopo lo scioglimento dell’AIA, la TAP è subentrata a quest’ultima ai fini dell’esecuzione dei contratti relativi ai voli in questione.

    59.

    Tutti questi indizi dimostrano, a mio avviso, la sussistenza di un «trasferimento di uno stabilimento», ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, della direttiva.

    60.

    Tuttavia, il Supremo Tribunal de Justiça è giunto a una conclusione diversa, poiché ha adottato un’interpretazione troppo restrittiva della condizione relativa al mantenimento dell’identità dell’entità trasferita. Più precisamente, il suo ragionamento non menziona in alcun punto una sentenza della Corte che, tuttavia, avrebbe dovuto portarlo a un’altra conclusione, vale a dire la sentenza Klarenberg ( 31 ), che precede di diversi giorni la sentenza del Supremo Tribunal de Justiça e le cui conclusioni dell’avvocato generale Mengozzi, che la Corte ha seguito, erano state presentate il 6 novembre 2008 ( 32 ).

    61.

    Nella sua sentenza, il Supremo Tribunal de Justiça ha attribuito un’importanza particolare al criterio secondo cui, per constatare la sussistenza di un «trasferimento», ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, lettera b), della direttiva, dev’essere possibile individuare l’unità economica trasferita al cessionario ( 33 ).

    62.

    A tal riguardo, il Supremo Tribunal de Justiça ha rilevato che non era stato provato che la TAP avesse creato un servizio di voli non di linea trasponendo esattamente la struttura che era appartenuta all’AIA. Alla luce di tutti i fatti constatati, la TAP non avrebbe rilevato un’entità economica finalizzata direttamente e in modo autonomo a proseguire l’attività di voli charter precedentemente esercitata dall’AIA. In particolare, non sarebbe avvenuto un trasferimento di più elementi separati che, in seguito, sarebbero stati riorganizzati in seno alla TAP facendo risorgere un’impresa o uno stabilimento autonomo. Inoltre, nessun indizio rivelerebbe l’esistenza, all’interno della TAP, di un’unità adibita all’attività dei voli charter organizzata in modo autonomo a tal fine.

    63.

    Ne consegue che, secondo il Supremo Tribunal de Justiça, l’analisi complessiva degli indizi non consente di riconoscere, all’interno della TAP, un insieme di risorse materiali e umane che costituisca un sostegno all’attività dei voli charter, organizzato in modo autonomo a tal fine, vale a dire un’entità economica che mantenga la propria identità e prosegua in modo autonomo un’attività di aviazione commerciale non di linea in seno alla TAP. Al contrario, il Supremo Tribunal de Justiça rileva che le apparecchiature dell’AIA, successivamente utilizzate dalla TAP, si sono diluite nell’insieme delle apparecchiature della TAP e che quest’ultima ha effettuato voli di linea e voli non di linea per i quali ha utilizzato indistintamente il proprio personale e le apparecchiature della propria compagnia aerea.

    64.

    A fronte di tale argomento, va precisato che, ai sensi della direttiva, può aversi un trasferimento con mantenimento dell’identità dell’entità trasferita anche qualora quest’ultima non conservi la propria struttura organizzativa autonoma. In altre parole, contrariamente a quanto ritenuto dal Supremo Tribunal de Justiça, la condizione relativa al mantenimento dell’identità non significa che l’entità economica trasferita debba conservare la propria autonomia nella struttura del cessionario.

    65.

    Nella causa che ha dato luogo alla sentenza Klarenberg ( 34 ), l’argomento della parte convenuta nel procedimento principale era identico a quello accolto dal Supremo Tribunal de Justiça per escludere la sussistenza di un trasferimento di uno stabilimento. Tale parte sosteneva, infatti, che l’«entità economica», definita all’articolo 1, paragrafo 1, lettera b), della direttiva, conserva la sua identità solo se viene mantenuto il nesso organizzativo che unisce l’insieme delle persone e/o degli elementi. Per contro, l’entità economica ceduta non conserverebbe la sua identità nell’ipotesi in cui, a seguito della cessione, perda la sua autonomia dal punto di vista organizzativo, in quanto le risorse acquisite vengono integrate dal cessionario in una struttura integralmente nuova ( 35 ).

    66.

    La Corte ha dichiarato che una siffatta concezione dell’identità dell’entità economica, che riposa unicamente sul fattore relativo all’autonomia organizzativa, non può essere accolta, tenuto conto in particolare dell’obiettivo perseguito dalla direttiva, che consiste nel garantire una protezione effettiva dei diritti dei lavoratori in una situazione di trasferimento. Infatti, secondo la Corte, tale concezione, in ragione del solo fatto che il cessionario decida di dissolvere la parte di impresa o di stabilimento acquisita e di integrarla nella sua struttura, implicherebbe l’esclusione dell’applicazione della direttiva a tale parte di impresa o di stabilimento, privando così i lavoratori interessati della tutela concessa dalla direttiva medesima ( 36 ).

    67.

    Per quanto riguarda il fattore relativo all’aspetto organizzativo, la Corte ha già statuito che quest’ultimo concorre a definire l’identità di un’entità economica ( 37 ). Tuttavia, essa ha statuito altresì che una modifica della struttura organizzativa dell’entità trasferita non è idonea a impedire l’applicazione della direttiva ( 38 ).

    68.

    La Corte ha dichiarato inoltre che «l’art. 1, n. 1, lett. b), della direttiva (...) definisce esso stesso l’identità di un’entità economica facendo riferimento a un “insieme di mezzi organizzati al fine di svolgere un’attività economica, sia essa essenziale o accessoria”, ponendo così l’accento non solo sull’elemento organizzativo dell’entità trasferita, ma anche su quello del proseguimento della sua attività economica» ( 39 ). Essa ne ha dedotto che la condizione relativa al mantenimento dell’identità di un’entità economica ai sensi della direttiva andava interpretata prendendo in considerazione i due elementi, quali previsti dall’articolo 1, paragrafo 1, lettera b), di quest’ultima, che, considerati nel loro insieme, costituiscono tale identità, nonché l’obiettivo della protezione dei lavoratori contemplato da tale direttiva ( 40 ).

    69.

    Alla luce di tali considerazioni e al fine di non privare la direttiva di una parte del suo effetto utile, la Corte ha statuito che la condizione relativa al mantenimento dell’identità di un’entità economica andava interpretata non già nel senso che richiede il mantenimento dell’organizzazione specifica imposta dall’imprenditore ai diversi fattori di produzione trasferiti, ma nel senso che presuppone il mantenimento del nesso funzionale di interdipendenza e complementarità fra tali fattori ( 41 ).

    70.

    Infatti, secondo la Corte, il mantenimento di un siffatto nesso funzionale tra i vari fattori trasferiti consente al cessionario di utilizzare questi ultimi, anche se essi sono integrati, dopo il trasferimento, in una nuova diversa struttura organizzativa al fine di continuare un’attività economica identica o analoga ( 42 ).

    71.

    Alla luce della sentenza Klarenberg ( 43 ), poco importa che l’entità rilevata sia stata fusa nell’organizzazione della TAP, nei limiti in cui sia stato mantenuto un nesso funzionale tra gli elementi patrimoniali e il personale rilevati, da una parte, e la prosecuzione dell’attività precedentemente esercitata dall’AIA, dall’altra.

    72.

    Nella sua sentenza, il Supremo Tribunal de Justiça ha attribuito una particolare importanza al fatto che gli aerei e il personale rilevati siano stati utilizzati per i voli di linea e per i voli non di linea. A suo avviso, tale circostanza è idonea a dimostrare che non vi è mantenimento di un’entità economica autonoma adibita all’attività di voli non di linea in seno alla TAP.

    73.

    A tal riguardo, ritengo che sia poco importante che gli elementi trasferiti siano stati utilizzati non soltanto per i voli non di linea, ma anche per i voli di linea. La condizione relativa al mantenimento dell’identità dell’entità rilevata non esige un utilizzo esclusivo degli elementi patrimoniali trasferiti ai fini dell’attività proseguita. Il nesso funzionale tra tali elementi patrimoniali e l’attività proseguita permane anche qualora detti elementi siano utilizzati anche per l’esercizio di un’altra attività, a fortiori quando si tratti di un’attività analoga nel settore del trasporto aereo.

    74.

    Come afferma la Commissione, dalla sentenza Klarenberg ( 44 ) risulta che lo scioglimento dell’AIA e l’integrazione di una parte significativa delle sue attività nella struttura organizzativa della TAP, anche se queste ultime non abbiano conservato un’identità «autonoma», non sono sufficienti ad escludere l’applicazione della direttiva. Ciò che importa è che i mezzi trasferiti conservino la loro identità e siano utilizzati, dopo il trasferimento, al fine di proseguire un’attività economica identica o analoga.

    75.

    Orbene, nel caso di specie, le attività dell’AIA sono state utilizzate in un primo tempo (stagione aeronautica estiva del 1993) al fine di proseguire un’attività identica a quella dell’AIA, vale a dire i voli charter che l’AIA si era impegnata ad effettuare, e successivamente al fine di proseguire un’attività identica (voli charter organizzati dalla TAP) o simile (voli di linea della TAP).

    76.

    Come ha precisato la Corte nella sua sentenza Klarenberg ( 45 ), la formulazione dell’articolo 6, paragrafo 1, primo e quarto comma, della direttiva conferma che, nello spirito del legislatore dell’Unione, quest’ultima è destinata ad essere applicata a qualsiasi trasferimento che soddisfi i presupposti di cui all’articolo 1, paragrafo 1, della medesima, che l’entità economica trasferita conservi o no la sua autonomia nella struttura del cessionario ( 46 ).

    77.

    Spetta, certamente, in ultima analisi, al giudice del rinvio verificare se le condizioni della sussistenza di un trasferimento di uno stabilimento siano soddisfatte nella fattispecie. Secondo giurisprudenza costante, spetta al giudice del rinvio competente accertare, nell’ambito di una valutazione globale del complesso delle circostanze di merito che caratterizzano l’operazione di cui trattasi, se sia stata preservata l’identità dell’unità economica trasferita ( 47 ).

    78.

    Tuttavia, il particolare contesto del procedimento principale, che è la conseguenza di prese di posizione divergenti dei giudici nazionali, dovrebbe indurre la Corte, a mio avviso, a rispondere in modo più preciso e diretto al giudice del rinvio.

    79.

    Propongo pertanto di rispondere alla prima questione che l’articolo 1, paragrafo 1, della direttiva deve essere interpretato nel senso che la nozione di trasferimento di uno stabilimento comprende una situazione in cui un’impresa attiva nel mercato dei voli charter è liquidata con decisione del suo azionista di maggioranza, che è a sua volta un’impresa operante nel settore dell’aviazione e che, nell’ambito della liquidazione della prima impresa:

    assume la posizione della società liquidata nei contratti di locazione di aerei e nei contratti in vigore di voli charter stipulati con operatori turistici;

    svolge l’attività precedentemente svolta dalla società liquidata;

    riassume alcuni dipendenti fino a quel momento operanti per la società liquidata e li colloca in funzioni identiche, e

    riceve piccole apparecchiature della società liquidata.

    B – Sulla seconda questione

    80.

    Con la sua seconda questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, alla Corte se l’articolo 267 TFUE debba essere interpretato nel senso che un giudice nazionale avverso le cui decisioni non possa proporsi un ricorso giurisdizionale di diritto interno, quale il Supremo Tribunal de Justiça, era tenuto, alla luce dei fatti descritti nella prima questione e della circostanza che i giudici nazionali di grado inferiore che avevano giudicato la causa avevano adottato decisioni contraddittorie, a sottoporre alla Corte la questione pregiudiziale vertente sulla corretta interpretazione della nozione di «trasferimento di uno stabilimento» ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, della direttiva.

    81.

    Va ricordato, in via preliminare, che il procedimento istituito dall’articolo 267 TFUE è uno strumento di cooperazione fra la Corte e i giudici nazionali per mezzo del quale la prima fornisce ai secondi gli elementi di interpretazione del diritto dell’Unione che son loro necessari per la soluzione della controversia che sono chiamati a dirimere ( 48 ).

    82.

    Nell’ambito di tale cooperazione, spetta esclusivamente al giudice nazionale cui è stata sottoposta la controversia e che deve assumersi la responsabilità dell’emananda decisione giurisdizionale valutare, alla luce delle particolari circostanze della causa, sia la necessità di una pronuncia pregiudiziale per essere in grado di emettere la propria sentenza sia la rilevanza delle questioni che sottopone alla Corte ( 49 ).

    83.

    L’obbligo di adire la Corte, stabilito dall’articolo 267, terzo comma, TFUE rientra nell’ambito della cooperazione istituita al fine di garantire la corretta applicazione e l’interpretazione uniforme del diritto dell’Unione nell’insieme degli Stati membri, fra i giudici nazionali, in quanto incaricati dell’applicazione del diritto dell’Unione, e la Corte ( 50 ).

    84.

    Va ricordato che l’obbligo di investire la Corte di una questione pregiudiziale, previsto dall’articolo 267, terzo comma, TFUE nei confronti dei giudici nazionali le cui decisioni non possono essere oggetto di ricorso, mira in particolare ad evitare che in uno Stato membro si consolidi una giurisprudenza nazionale in contrasto con le norme del diritto dell’Unione ( 51 ).

    85.

    Secondo la Corte, un siffatto obiettivo è raggiunto quando sono soggetti a tale obbligo di rinvio, fatti salvi i limiti riconosciuti dalla Corte nella sua sentenza Cilfit e a. ( 52 ), le corti supreme, nonché tutti i giudici nazionali avverso le cui decisioni non possa essere proposto ricorso giurisdizionale ( 53 ).

    86.

    Qualora non esista alcun ricorso giurisdizionale avverso la decisione di un giudice nazionale, quest’ultimo è, in linea di principio, tenuto a rivolgersi alla Corte ai sensi dell’articolo 267, terzo comma, TFUE quando è chiamato a pronunciarsi su una questione di interpretazione del predetto Trattato ( 54 ).

    87.

    Dal rapporto fra il secondo e il terzo comma dell’articolo 267 TFUE deriva che i giudici di cui al terzo comma dispongono dello stesso potere di valutazione di tutti gli altri giudici nazionali nello stabilire se sia necessaria una pronuncia su un punto di diritto dell’Unione onde consentir loro di decidere. Tali giudici non sono, pertanto, tenuti a sottoporre una questione di interpretazione del diritto dell’Unione sollevata dinanzi ad essi se questa non è rilevante, vale a dire nel caso in cui la sua soluzione, qualunque essa sia, non possa in alcun modo influire sull’esito della controversia ( 55 ).

    88.

    Per contro, ove essi accertino la necessità di ricorrere al diritto dell’Unione al fine di risolvere la controversia di cui sono investiti, l’articolo 267 TFUE impone loro, in linea di principio, di sottoporre alla Corte qualsiasi questione di interpretazione che venga in essere ( 56 ).

    89.

    In presenza di una controversia che sollevi una questione d’interpretazione del diritto dell’Unione, l’esecuzione, da parte di un giudice nazionale avverso le cui decisioni non possa proporsi un ricorso giurisdizionale di diritto interno, del suo obbligo di adire la Corte costituisce dunque il principio, e la rinuncia ad adire la Corte, l’eccezione.

    90.

    La sentenza Cilfit e a. ( 57 ) impone ai giudici nazionali che statuiscono in ultimo grado un obbligo di motivazione maggiore quando essi si astengono dall’interrogare la Corte.

    91.

    Pertanto, per quanto riguarda la portata dell’obbligo previsto dall’articolo 267, terzo comma, TFUE, quale circoscritto dalla Corte, da una giurisprudenza consolidatasi a partire da tale sentenza risulta che un giudice avverso le cui decisioni non può essere proposto ricorso giurisdizionale di diritto interno è tenuto, qualora una questione di diritto dell’Unione si ponga dinanzi ad esso, ad adempiere il proprio obbligo di rinvio, a meno che abbia constatato che la questione non è pertinente, o che la disposizione del diritto dell’Unione di cui trattasi ha già costituito oggetto di interpretazione da parte della Corte, ovvero che la corretta applicazione del diritto dell’Unione si impone con tale evidenza da non lasciar adito a ragionevoli dubbi. La configurabilità di tale eventualità va valutata in funzione delle caratteristiche proprie del diritto dell’Unione, delle particolari difficoltà che la sua interpretazione presenta e del rischio di divergenze di giurisprudenza all’interno dell’Unione europea ( 58 ).

    92.

    La Corte ha precisato che, fatte salve le indicazioni risultanti dalla sentenza Köbler ( 59 ), la giurisprudenza sancita con la sentenza Cilfit e a. ( 60 ) lascia unicamente al giudice nazionale il compito di valutare se la corretta applicazione del diritto dell’Unione si imponga con un’evidenza tale da non lasciare adito ad alcun ragionevole dubbio e, di conseguenza, di decidere di astenersi dal sottoporre alla Corte una questione di interpretazione del diritto dell’Unione che è stata sollevata dinanzi ad esso ( 61 ).

    93.

    Nell’ambito del presente rinvio pregiudiziale, il giudice del rinvio chiede alla Corte se, alla luce della sua giurisprudenza relativa alla nozione di trasferimento di uno stabilimento e tenuto conto dell’esistenza di posizioni divergenti dei giudici nazionali in merito all’interpretazione da adottare riguardo ai fatti del caso di specie, il Supremo Tribunal de Justiça fosse o meno autorizzato a non nutrire «alcun ragionevole dubbio» relativo alla questione di interpretazione sollevata e potesse quindi astenersi dal sottoporre alla Corte un rinvio pregiudiziale.

    94.

    A tal riguardo, va sottolineato che i giudici nazionali avverso le cui decisioni non possa proporsi un ricorso giurisdizionale di diritto interno devono esercitare particolare prudenza prima di escludere l’esistenza di qualsiasi ragionevole dubbio. Essi devono esporre i motivi per cui hanno la certezza di applicare correttamente il diritto dell’Unione.

    95.

    Tale prudenza deve condurli, in particolare, a verificare in modo preciso se l’applicazione del diritto dell’Unione che essi considerano tenga debitamente conto delle caratteristiche proprie del diritto dell’Unione, delle particolari difficoltà che presenta la sua interpretazione, nonché del rischio di divergenze di giurisprudenza all’interno dell’Unione.

    96.

    Il Supremo Tribunal de Justiça ha considerato che le nozioni presenti nella direttiva, e in particolare quella di trasferimento di uno stabilimento, fossero sufficientemente chiare in termini di interpretazione giurisprudenziale. Ciò implicava, a suo avviso, che non fosse necessario, nella fattispecie, procedere a un rinvio pregiudiziale.

    97.

    Tale approccio mi sembra errato perché sappiamo che l’interpretazione della nozione di trasferimento di uno stabilimento si contraddistingue per un approccio caso per caso. Le cause di cui è successivamente investita la Corte le consentono di affinare la portata di detta nozione. Si tratta quindi di una giurisprudenza in costante evoluzione. Questa particolarità avrebbe dovuto indurre il Supremo Tribunal de Justiça alla prudenza prima di decidere di non adire la Corte.

    98.

    A tale eccesso di fiducia nel carattere consolidato della giurisprudenza della Corte relativa alla nozione di trasferimento di uno stabilimento si aggiunge una presa in considerazione incompleta di detta giurisprudenza, che ha portato il Supremo Tribunal de Justiça ad adottare un’interpretazione erronea di tale nozione.

    99.

    In una situazione come quella di cui trattasi nel procedimento principale, in cui esiste una giurisprudenza della Corte sulla nozione da interpretare, un giudice nazionale che è, in linea di principio, soggetto a un obbligo di rinvio e che ritiene che la controversia di cui è investito sollevi una questione di interpretazione del diritto dell’Unione ha la scelta tra due alternative. Adire la Corte per ottenere ulteriori precisazioni ai fini della controversia che è chiamato a risolvere oppure decidere di non adempiere il proprio obbligo di rinvio, ma in quest’ultimo caso deve accettare e applicare la risposta già fornita dalla Corte. Qualora non optasse per alcuna di queste due alternative e adottasse un’altra interpretazione della nozione di diritto dell’Unione di cui trattasi, detto giudice commetterebbe una violazione di tale diritto, che dev’essere considerata sufficientemente qualificata ( 62 ). Ciò deriva da una giurisprudenza costante, secondo cui una violazione del diritto dell’Unione è sufficientemente qualificata allorché essa è intervenuta ignorando manifestamente la giurisprudenza della Corte nella materia di cui trattasi ( 63 ).

    100.

    In definitiva, se avesse tenuto conto in modo rigoroso e completo della giurisprudenza della Corte, compresa quella più recente, il Supremo Tribunal de Justiça non avrebbe potuto avere alcuna certezza sull’applicazione del diritto dell’Unione che ha effettuato.

    101.

    Occorre che la Corte adotti una posizione rigorosa per quanto riguarda il richiamo dell’obbligo di rinvio che incombe sui giudici nazionali avverso le cui decisioni non possa proporsi un ricorso giurisdizionale di diritto interno. Infatti, come ha precisato l’avvocato generale Léger nelle sue conclusioni nella causa Traghetti del Mediterraneo ( 64 ) e come evidenzia la presente causa,«[l]’inadempimento di siffatto obbligo rischia infatti di condurre il giudice di cui trattasi a commettere un errore (...), indipendentemente dal fatto che si tratti di errore nell’interpretare il diritto [dell’Unione] applicabile o nel dedurre le conseguenze che se ne devono trarre per l’interpretazione conforme del diritto interno o per la valutazione della compatibilità di quest’ultimo con il diritto [dell’Unione]» ( 65 ).

    102.

    Inoltre, sottolineo che l’inosservanza, da parte dei giudici nazionali avverso le cui decisioni non possa proporsi un ricorso giurisdizionale di diritto interno, del loro obbligo di rinvio porta a privare la Corte del compito fondamentale assegnatole dall’articolo 19, paragrafo 1, primo comma, TUE, che è quello di assicurare «il rispetto del diritto nell’interpretazione e nell’applicazione dei trattati».

    103.

    Infine, dal fascicolo risulta che, nell’ambito della presente causa, i giudici portoghesi avevano adottato posizioni divergenti quanto all’interpretazione della nozione di trasferimento di uno stabilimento. A mio avviso, sebbene la mera esistenza di decisioni contraddittorie emesse da giudici nazionali non possa essere sufficiente a far sorgere l’obbligo di rinvio pregiudiziale previsto dall’articolo 267, terzo comma, TFUE, si tratta di un elemento di contesto che rafforza l’osservazione che il Supremo Tribunal de Justiça avrebbe dovuto adottare una posizione più prudente e sottoporre alla Corte un rinvio pregiudiziale.

    104.

    Dall’insieme di tali elementi, secondo me, deriva che l’articolo 267, terzo comma, TFUE deve essere interpretato nel senso che un giudice nazionale avverso le cui decisioni non possa proporsi un ricorso giurisdizionale di diritto interno, quale il Supremo Tribunal de Justiça, era tenuto, in circostanze come quelle del procedimento principale, a sottoporre alla Corte un rinvio pregiudiziale.

    C – Sulla terza questione

    105.

    Con la sua terza questione, il giudice del rinvio chiede alla Corte, in sostanza, se il diritto dell’Unione, e in particolare la giurisprudenza risultante dalla sentenza Köbler ( 66 ), debba essere interpretato nel senso che osta a un regime nazionale relativo alla responsabilità dello Stato che condizioni il diritto al risarcimento alla previa revoca della decisione che ha causato il danno.

    106.

    Ricordo che, ai sensi dell’articolo 13, paragrafo 2, dell’RRCEE, «[l]a pretesa di risarcimento deve fondarsi sulla previa revoca della decisione lesiva da parte del giudice competente».

    107.

    Per stabilire se tale condizione sia o meno conforme al diritto dell’Unione, è necessario, in via preliminare, ricordare che il principio della responsabilità dello Stato per danni causati alle persone da violazioni del diritto dell’Unione ad esso imputabili è inerente al sistema del Trattato ( 67 ).

    108.

    Per quanto riguarda la responsabilità dello Stato per violazione del diritto dell’Unione imputabile a una decisione di un organo giurisdizionale di ultimo grado, la Corte ha precisato che, considerate la specificità della funzione giurisdizionale nonché le legittime esigenze della certezza del diritto, la responsabilità dello Stato, in un caso del genere, non è illimitata. Come la Corte ha affermato, tale responsabilità può sussistere solo nel caso eccezionale in cui l’organo giurisdizionale che ha statuito in ultimo grado abbia violato in modo manifesto il diritto vigente. Al fine di determinare se questa condizione sia soddisfatta, il giudice nazionale investito di una domanda di risarcimento dei danni deve, a tal riguardo, tener conto di tutti gli elementi che caratterizzano la situazione sottoposta al suo sindacato, e, in particolare, del grado di chiarezza e di precisione della norma violata, del carattere intenzionale della violazione, della scusabilità o inescusabilità dell’errore di diritto, della posizione adottata eventualmente da un’istituzione dell’Unione nonché della mancata osservanza, da parte dell’organo giurisdizionale di cui trattasi, del suo obbligo di rinvio pregiudiziale ai sensi dell’articolo 267, terzo comma, TFUE ( 68 ).

    109.

    Come ho evidenziato supra, tale violazione manifesta del diritto dell’Unione vigente è presunta, in ogni caso, quando la decisione interessata interviene ignorando manifestamente la giurisprudenza della Corte in materia ( 69 ).

    110.

    Il diritto al risarcimento sorgerà, dunque, se detta condizione relativa alla violazione manifesta del diritto dell’Unione vigente è soddisfatta, non appena sarà stato stabilito che la norma di diritto violata ha per oggetto il conferimento di diritti ai singoli e che esiste un nesso di causalità diretto tra la violazione manifesta invocata e il danno subito dall’interessato. Tali tre condizioni sono, in effetti, necessarie e sufficienti per attribuire ai singoli un diritto al risarcimento, senza tuttavia escludere che la responsabilità dello Stato possa essere accertata a condizioni meno restrittive in base al diritto nazionale ( 70 ).

    111.

    La Corte ha anche avuto l’opportunità di precisare che, fatto salvo il diritto al risarcimento, che si fonda direttamente sul diritto dell’Unione qualora siano soddisfatte le suddette tre condizioni, è nell’ambito della normativa nazionale sulla responsabilità che lo Stato è tenuto a riparare le conseguenze del danno arrecato, restando inteso che le condizioni stabilite dalle legislazioni nazionali in materia di risarcimento dei danni non possono essere meno favorevoli di quelle relative ad analoghi reclami di natura interna (principio di equivalenza) e non possono essere congegnate in modo da rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile ottenere il risarcimento (principio di effettività) ( 71 ).

    112.

    È alla luce del principio di effettività che occorre, a mio avviso, esaminare la modalità procedurale prevista dall’articolo 13, paragrafo 2, dell’RRCEE. È pertanto necessario accertare se una siffatta modalità procedurale sia tale da rendere al soggetto danneggiato, in pratica e in circostanze come quelle del procedimento principale, impossibile o eccessivamente difficile ottenere un risarcimento.

    113.

    Nel caso di specie, il punto cruciale è quello di determinare se tale soggetto benefici o meno di un mezzo di ricorso avverso una sentenza del Supremo Tribunal de Justiça che gli arrechi pregiudizio. Interrogato a tal riguardo in udienza, il governo portoghese ha, dapprima, fornito una risposta negativa a tale domanda, precisando in seguito la propria risposta in modo poco convincente. Spetterà al giudice del rinvio verificare lo stato del proprio ordinamento su questo punto. Qualora detto giudice constati che il soggetto danneggiato non dispone di mezzi di ricorso avverso una sentenza del Supremo Tribunal de Justiça che gli arrechi pregiudizio, dovrebbe considerare che la modalità procedurale prevista dall’articolo 13, paragrafo 2, dell’RRCEE è contraria al principio di effettività in quanto rende impossibile a tale soggetto ottenere un risarcimento.

    114.

    In ogni caso, mi pare che dalla discussione svoltasi dinanzi alla Corte risulti che, quand’anche dovesse essere individuato un siffatto mezzo di ricorso avverso una sentenza del Supremo Tribunal de Justiça, tale mezzo sembrerebbe in larga misura teorico e difficile da attuare ( 72 ). Di conseguenza, qualora la modalità procedurale prevista dall’articolo 13, paragrafo 2, dell’allegato della legge relativa al RRCEE ponesse, in tale ipotesi, un serio ostacolo all’ottenimento di un risarcimento da parte del soggetto danneggiato, essa rimarrebbe, a mio avviso, contraria al principio di effettività. Infatti, una siffatta modalità procedurale renderebbe eccessivamente difficile a tale soggetto ottenere un risarcimento.

    115.

    Concludo dunque che, in circostanze come quelle del procedimento principale, il diritto dell’Unione, e in particolare la giurisprudenza risultante dalla sentenza Köbler ( 73 ), deve essere interpretato nel senso che osta a una normativa nazionale relativa alla responsabilità dello Stato che condizioni il diritto al risarcimento alla previa revoca della decisione che ha causato il danno.

    IV – Conclusione

    116.

    Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre rispondere come segue alle questioni poste dal Varas Cíveis de Lisboa:

    1)

    L’articolo 1, paragrafo 1, della direttiva 2001/23/CE del Consiglio, del 12 marzo 2001, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimenti di imprese, di stabilimenti o di parti di imprese o di stabilimenti, deve essere interpretato nel senso che la nozione di trasferimento di uno stabilimento comprende una situazione in cui un’impresa attiva nel mercato dei voli charter è liquidata con decisione del suo azionista di maggioranza, che è a sua volta un’impresa operante nel settore dell’aviazione e che, nell’ambito della liquidazione della prima impresa:

    assume la posizione della società liquidata nei contratti di locazione di aerei e nei contratti in vigore di voli charter stipulati con operatori turistici;

    svolge l’attività precedentemente svolta dalla società liquidata;

    riassume alcuni dipendenti fino a quel momento operanti per la società liquidata e li colloca in funzioni identiche, e

    riceve piccole apparecchiature della società liquidata.

    2)

    L’articolo 267, terzo comma, TFUE deve essere interpretato nel senso che un giudice nazionale avverso le cui decisioni non possa proporsi un ricorso giurisdizionale di diritto interno, quale il Supremo Tribunal de Justiça (Corte suprema, Portogallo), era tenuto, in circostanze come quelle del procedimento principale, a sottoporre alla Corte un rinvio pregiudiziale.

    3)

    In circostanze come quelle del procedimento principale, il diritto dell’Unione, e in particolare la giurisprudenza risultante dalla sentenza Köbler (C‑224/01, EU:C:2003:513), deve essere interpretato nel senso che osta a una normativa nazionale relativa alla responsabilità dello Stato che condizioni il diritto al risarcimento alla previa revoca della decisione che ha causato il danno.


    ( 1 ) Lingua originale: il francese.

    ( 2 ) GU L 82, pag. 16; in prosieguo: la «direttiva».

    ( 3 ) C‑224/01, EU:C:2003:513.

    ( 4 ) GU L 61, pag. 26.

    ( 5 ) GU L 201, pag. 88.

    ( 6 ) In prosieguo: l’«RRCEE».

    ( 7 ) Diário da República, 1a serie, n. 251, del 31 dicembre 2007.

    ( 8 ) Diário da República, 1a serie, n. 137, del 17 luglio 2008.

    ( 9 ) Il Supremo Tribunal de Justiça cita, a tal riguardo, il punto 15 della sentenza Süzen (C‑13/95, EU:C:1997:141).

    ( 10 ) V., in particolare, ordinanza Gimnasio Deportivo San Andrés (C‑688/13, EU:C:2015:46, punto 34 e giurisprudenza citata).

    ( 11 ) V., in particolare, sentenza Jouini e a. (C‑458/05, EU:C:2007:512, punto 24 e giurisprudenza citata).

    ( 12 ) V., in particolare, sentenza Amatori e a. (C‑458/12, EU:C:2014:124, punto 29 e giurisprudenza citata).

    ( 13 ) V., in particolare, sentenza Allen e a. (C‑234/98, EU:C:1999:594, punti 17, 20 e 21).

    ( 14 ) 135/83, EU:C:1985:55.

    ( 15 ) Punto 30.

    ( 16 ) C‑319/94, EU:C:1998:99.

    ( 17 ) Punto 32.

    ( 18 ) C‑399/96, EU:C:1998:532.

    ( 19 ) Punto 35.

    ( 20 ) V., in particolare, sentenza Amatori e a. (C‑458/12, EU:C:2014:124, punto 30 e giurisprudenza citata).

    ( 21 ) V., in particolare, sentenze Spijkers (24/85, EU:C:1986:127, punto 13); Redmond Stichting (C‑29/91, EU:C:1992:220, punto 24); Süzen (C‑13/95, EU:C:1997:141, punto 14), nonché Abler e a. (C‑340/01, EU:C:2003:629, punto 33).

    ( 22 ) V., in particolare, sentenza Liikenne (C‑172/99, EU:C:2001:59, punto 35 e giurisprudenza citata).

    ( 23 ) Ibidem, punto 37 e giurisprudenza citata.

    ( 24 ) Ibidem, punto 39 e giurisprudenza citata.

    ( 25 ) Ibidem, punto 42 e giurisprudenza citata.

    ( 26 ) V. paragrafo 33 delle presenti conclusioni.

    ( 27 ) C‑13/95, EU:C:1997:141.

    ( 28 ) Punto 15.

    ( 29 ) Sentenza Jouini e a. (C‑458/05, EU:C:2007:512, punto 32).

    ( 30 ) La Commissione cita la sentenza del Supremo Tribunal de Justiça.

    ( 31 ) C‑466/07, EU:C:2009:85.

    ( 32 ) Conclusioni dell’avvocato generale Mengozzi nella causa Klarenberg (C‑466/07, EU:C:2008:614).

    ( 33 ) Punto 3.6.1, ultimo paragrafo.

    ( 34 ) C‑466/07, EU:C:2009:85.

    ( 35 ) Punto 42.

    ( 36 ) Punto 43.

    ( 37 ) V., in particolare, sentenze Allen e a. (C‑234/98, EU:C:1999:594, punto 27); Mayeur (C‑175/99, EU:C:2000:505, punto 53); Liikenne (C‑172/99, EU:C:2001:59, punto 34), e Klarenberg (C‑466/07, EU:C:2009:85, punto 44).

    ( 38 ) V., in particolare, sentenze Mayeur (C‑175/99, EU:C:2000:505, punto 54); Jouini e a. (C‑458/05, EU:C:2007:512, punto 36), e Klarenberg (C‑466/07, EU:C:2009:85, punto 44).

    ( 39 ) Sentenza Klarenberg (C‑466/07, EU:C:2009:85, punto 45).

    ( 40 ) Ibidem, punto 46.

    ( 41 ) Ibidem, punto 47.

    ( 42 ) Ibidem, punto 48.

    ( 43 ) C‑466/07, EU:C:2009:85.

    ( 44 ) Idem.

    ( 45 ) Idem.

    ( 46 ) Punto 50.

    ( 47 ) Punto 49.

    ( 48 ) V., in particolare, sentenze Schneider (C‑380/01, EU:C:2004:73, punto 20); Stradasfalti (C‑228/05, EU:C:2006:578, punto 44), nonché Kirtruna e Vigano (C‑313/07, EU:C:2008:574, punto 25).

    ( 49 ) Sentenze Schneider (C‑380/01, EU:C:2004:73, punto 21); Längst (C‑165/03, EU:C:2005:412, punto 31), nonché Kirtruna e Vigano (C‑313/07, EU:C:2008:574, punto 26).

    ( 50 ) V., in particolare, sentenza Intermodal Transports (C‑495/03, EU:C:2005:552, punto 38 e giurisprudenza citata).

    ( 51 ) Ibidem, punto 29 e giurisprudenza citata.

    ( 52 ) 283/81, EU:C:1982:335.

    ( 53 ) V., in particolare, sentenza Intermodal Transports (C‑495/03, EU:C:2005:552, punto 30 e giurisprudenza citata).

    ( 54 ) Sentenza Consiglio nazionale dei geologi e Autorità garante della concorrenza e del mercato (C‑136/12, EU:C:2013:489, punto 25 e giurisprudenza citata).

    ( 55 ) Ibidem, punto 26 e giurisprudenza citata.

    ( 56 ) Ibidem, punto 27 e giurisprudenza citata.

    ( 57 ) 283/81, EU:C:1982:335.

    ( 58 ) Sentenza Intermodal Transports (C‑495/03, EU:C:2005:552, punto 33).

    ( 59 ) C‑224/01, EU:C:2003:513.

    ( 60 ) 283/81, EU:C:1982:335.

    ( 61 ) Sentenza Intermodal Transports (C‑495/03, EU:C:2005:552, punto 37 e giurisprudenza citata).

    ( 62 ) V. Pertek, J., «Renvoi préjudiciel en interprétation», JurisClasseur Europe Traité, fascicolo 361, 2010, § 97.

    ( 63 ) V., in particolare, sentenze Traghetti del Mediterraneo (C‑173/03, EU:C:2006:391, punto 43 e giurisprudenza citata), e Fuß (C‑429/09, EU:C:2010:717, punto 52 e giurisprudenza citata).

    ( 64 ) C‑173/03, EU:C:2005:602.

    ( 65 ) Punto 66.

    ( 66 ) C‑224/01, EU:C:2003:513.

    ( 67 ) V., in particolare, sentenza Ogieriakhi (C‑244/13, EU:C:2014:2068, punto 49 e giurisprudenza citata).

    ( 68 ) V., in particolare, sentenza Traghetti del Mediterraneo (C‑173/03, EU:C:2006:391, punto 32 e giurisprudenza citata).

    ( 69 ) Ibidem, punto 43 e giurisprudenza citata. V. altresì sentenza Fuß (C‑429/09, EU:C:2010:717, punto 52 e giurisprudenza citata).

    ( 70 ) V., in particolare, sentenza Traghetti del Mediterraneo (C‑173/03, EU:C:2006:391, punto 45 e giurisprudenza citata).

    ( 71 ) V., in particolare, sentenza Fuß (C‑429/09, EU:C:2010:717, punto 62 e giurisprudenza citata).

    ( 72 ) In udienza, il governo portoghese ha affermato, del resto, di non essere a conoscenza di casi nei quali l’articolo 696, lettera f), del nuovo codice di procedura civile portoghese sia stato attuato in una situazione di incompatibilità di una sentenza del Supremo Tribunal de Justiça con il diritto dell’Unione.

    ( 73 ) C‑224/01, EU:C:2003:513.

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