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Document 62009CC0380

    Conclusioni dell'avvocato generale Mengozzi del 28 giugno 2011.
    Melli Bank plc contro Consiglio dell'Unione europea.
    Impugnazione - Politica estera e di sicurezza comune - Misure restrittive adottate nei confronti della Repubblica islamica dell’Iran allo scopo di impedire la proliferazione nucleare - Congelamento dei capitali della filiale di una banca - Principio di proporzionalità - Possesso o controllo dell’ente.
    Causa C-380/09 P.

    Raccolta della Giurisprudenza 2012 -00000

    ECLI identifier: ECLI:EU:C:2011:424

    CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

    PAOLO MENGOZZI

    presentate il 28 giugno 2011 ( 1 )

    Causa C-380/09 P

    Melli Bank plc

    contro

    Consiglio dell’Unione europea

    «Impugnazione — Misure restrittive adottate nei confronti della Repubblica islamica dell’Iran allo scopo di impedire la proliferazione nucleare — Estensione delle misure restrittive alle entità “possedute o controllate” da persone o entità riconosciute partecipare, essere direttamente associate o dare il loro sostegno alle attività nucleari dell’Iran — Filiale interamente posseduta — Potere discrezionale del Consiglio per l’iscrizione negli elenchi — Motivi dell’iscrizione — Proporzionalità — Obbligo di motivazione»

    Indice

     

    I — Antefatti e sentenza impugnata

     

    II — Procedimento dinanzi alla Corte e conclusioni delle parti

     

    III — Analisi

     

    A — Sul terzo motivo, concernente un errore di diritto nell’interpretazione del criterio volto a stabilire se la ricorrente sia «posseduta o controllata» ai sensi dell’art. 7, n. 2, lett. d), del regolamento n. 423/2007

     

    1. Argomenti delle parti

     

    2. Valutazione

     

    B — Sul primo motivo, concernente un errore di diritto nell’interpretazione dell’art. 7, n. 2, lett. d), del regolamento n. 423/2007, e sul secondo motivo, concernente una violazione del principio di proporzionalità

     

    1. Argomenti delle parti

     

    2. Analisi

     

    a) Sul primo capo del primo motivo

     

    b) Sul secondo capo del primo motivo e sul secondo motivo

     

    C — Sul quarto motivo, concernente un errore di valutazione per quanto riguarda l’obbligo di motivazione della decisione controversa

     

    1. Argomenti delle parti

     

    2. Analisi

     

    IV — Sulle spese

     

    V — Conclusione

    1. 

    L’impugnazione in esame, proposta dalla Melli Bank plc (in prosieguo: la «Melli Bank» o la «ricorrente»), è diretta all’annullamento della sentenza Melli Bank/Consiglio ( 2 ) (in prosieguo: la «sentenza impugnata»), pronunciata dal Tribunale di primo grado delle Comunità europee (in prosieguo: il «Tribunale») nelle cause riunite T-246/08 e T-332/08. Con detta sentenza il Tribunale ha respinto, nella causa T-246/08, il ricorso di annullamento proposto dalla ricorrente avverso il punto 4 della tabella B dell’allegato alla decisione del Consiglio 23 giugno 2008, 2008/475/CE, che attua l’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 423/2007 concernente misure restrittive nei confronti dell’Iran (in prosieguo: la «decisione controversa») ( 3 ), decisione con cui il Consiglio dell’Unione europea (in prosieguo: il «Consiglio») ha proceduto all’iscrizione della ricorrente nell’elenco delle entità i cui capitali devono essere sottoposti a congelamento, e, nella causa T-332/08, oltre alla domanda di annullamento del punto 4 della menzionata tabella B, la domanda diretta a far dichiarare l’inapplicabilità nei suoi confronti dell’art. 7, n. 2, lett. d), del regolamento (CE) del Consiglio 19 aprile 2007, n. 423, concernente misure restrittive nei confronti dell’Iran ( 4 ).

    I — Antefatti e sentenza impugnata

    2.

    Dai punti 1 e seguenti della sentenza impugnata risulta che la ricorrente è una società per azioni registrata e avente la sede sociale nel Regno Unito. Essa ha iniziato le sue attività nel 2002, in seguito alla trasformazione della succursale britannica della Bank Melli Iran (in prosieguo: la «Bank Melli»). Quest’ultima, che detiene l’intero capitale sociale della ricorrente, è una banca iraniana appartenente allo Stato iraniano. La Melli Bank, dal canto suo, è autorizzata e regolamentata dalla Financial Services Authority (autorità britannica per i servizi finanziari; in prosieguo: la «FSA»).

    3.

    La causa promossa dinanzi al Tribunale si ricollega alle misure restrittive adottate per esercitare pressioni sulla Repubblica islamica d’Iran affinché ponga fine alle attività nucleari che presentano un rischio di proliferazione e allo sviluppo di sistemi di lancio di armi nucleari (in prosieguo: la «proliferazione nucleare»). Detto regime trae origine dalla risoluzione 1737 (2006) ( 5 ) del 26 dicembre 2006 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite (in prosieguo: il «Consiglio di sicurezza»), il cui allegato elencava persone ed entità che, secondo il Consiglio di sicurezza, erano implicate nella proliferazione nucleare in Iran, i cui capitali e le cui risorse economiche (in prosieguo: i «capitali») dovevano essere sottoposti a congelamento. L’elenco è stato aggiornato con la risoluzione 1747 (2007) del 24 marzo 2007 del Consiglio di sicurezza ( 6 ). Va rilevato che né la Bank Melli, né la Melli Bank erano incluse in tale elenco, neanche dopo il suo aggiornamento.

    4.

    La risoluzione 1737 (2006) è stata attuata, per quanto riguarda l’Unione europea, con la posizione comune del Consiglio 27 febbraio 2007, 2007/140/PESC, concernente misure restrittive nei confronti dell’Iran ( 7 ). L’art. 5, n. 1, lett. a), di tale posizione comune prevedeva il congelamento dei capitali posseduti, detenuti o controllati, direttamente o indirettamente, dalle persone o entità indicate dalla risoluzione. L’art. 5, n. 1, lett. b), del medesimo atto estendeva tale misura alle persone e alle entità riconosciute dal Consiglio come partecipanti, direttamente associate o recanti sostegno alla proliferazione nucleare.

    5.

    Nei limiti in cui risultavano coinvolte anche competenze della Comunità europea, alla posizione comune 2007/140 è seguita l’adozione, sul fondamento degli artt. 60 CE e 301 CE, del regolamento n. 423/2007. L’art. 7, n. 1, di tale regolamento, il cui contenuto è molto simile a quello della posizione comune, prevede il congelamento dei capitali delle persone, delle entità o degli organismi indicati dalla risoluzione 1737 (2006), nonché di tutti i capitali posseduti, detenuti o controllati da tali persone, entità od organismi. L’art. 7, n. 2, lett. a) e b), del regolamento n. 423/2007 estende tale possibilità di congelamento dei capitali alle persone, entità od organismi indicati dal Consiglio e che, conformemente all’art. 5, n. 1, lett. b), della posizione comune 2007/140, sono stati riconosciuti partecipare, essere direttamente associati o dare il loro sostegno alla proliferazione nucleare. Le persone, le entità e gli organismi indicati dal Consiglio ai sensi dell’art. 7, n. 2, del regolamento n. 423/2007 sono elencati nell’allegato V di detto regolamento.

    6.

    Ai sensi dell’art. 7, n. 2, lett. d), di tale regolamento, figurano nell’allegato V anche le «persone fisiche e giuridiche, le entità e gli organismi (…) che (…) sono stati riconosciuti (…) essere persone giuridiche, entità o organismi posseduti o controllati da una persona, un’entità o un organismo di cui alle lettere a) o b), anche con mezzi illeciti», e i cui capitali sono quindi sottoposti a congelamento.

    7.

    L’art. 15, n. 2, di detto regolamento prevede, inoltre, che «[i]l Consiglio, deliberando a maggioranza qualificata, redige, riesamina e modifica l’[allegato V] in conformità delle decisioni adottate dal Consiglio [ai sensi dell’art. 5, n. 1, lett. b)] della posizione comune 2007/140 (…)». Sempre secondo la medesima disposizione, il Consiglio deve riesaminare detto elenco periodicamente e almeno ogni dodici mesi.

    8.

    L’art. 15, n. 3, del regolamento n. 423/2007 dispone che «[i]l Consiglio motiva dettagliatamente le decisioni adottate a norma del paragrafo 2 e le rende note alle persone, alle entità e agli organismi interessati».

    9.

    Successivamente all’adozione del regolamento n. 423/2007, il Consiglio di sicurezza ha adottato la risoluzione 1803 (2008) ( 8 )3 marzo 2008, con cui ha chiesto «a tutti gli Stati di vigilare sulle attività svolte dalle istituzioni finanziarie stabilite sul loro territorio con tutte le banche domiciliate in Iran, in particolare la [Bank Melli], nonché con le loro succursali e agenzie all’estero, per evitare che tali attività concorrano ad attività che comportano un rischio di proliferazione» ( 9 ).

    10.

    Il 23 giugno 2008 il Consiglio ha adottato la posizione comune 2008/479/PESC ( 10 ), che ha modificato la posizione comune 2007/140. In base all’allegato della nuova posizione comune, la Bank Melli e le sue succursali e filiali sono state incluse tra le entità interessate dal congelamento dei capitali conformemente all’art. 5, n. 1, lett. b), della posizione comune 2007/140. Il congelamento è stato mantenuto nei confronti della Bank Melli e della ricorrente con la posizione comune 2008/652/PESC ( 11 ), che ha nuovamente modificato la posizione comune 2007/140.

    11.

    In pari data il Consiglio ha adottato la decisione controversa. Ai sensi del punto 4 della tabella B dell’allegato a detta decisione, il Consiglio ha iscritto la Bank Melli e le sue filiali, compresa la Melli Bank, nell’elenco di cui all’allegato V di detto regolamento ( 12 ). Tale iscrizione ha comportato il congelamento dei capitali della ricorrente.

    12.

    Infatti, il punto 4 della tabella B dell’allegato alla decisione controversa menziona il nome della ricorrente, il suo indirizzo postale di Londra e la data della sua iscrizione (26 giugno 2008). Il Consiglio ha formulato come segue un paragrafo unico in cui sono esposti i motivi che l’hanno indotto ad iscrivere la Bank Melli e le sue filiali e succursali nell’elenco: la Bank Melli «[f]ornisce o cerca di fornire sostegno finanziario a società che procurano merci per i programmi nucleari e missilistici iraniani o sono coinvolte in tale attività (…). La Bank Melli funge da facilitatore per le attività sensibili dell’Iran. Ha mediato numerosi acquisti di materiali sensibili per i programmi nucleari e missilistici iraniani. Ha fornito una serie di servizi finanziari a nome di entità collegate alle industrie nucleari e missilistiche iraniane, compresi l’apertura di lettere di credito e la tenuta dei conti. Molte delle società sopramenzionate sono indicate nelle [risoluzioni] 1737 e 1747 [del Consiglio di sicurezza]».

    13.

    Con atti introduttivi depositati presso la cancelleria del Tribunale il 25 giugno ed il 15 agosto 2008 sono stati proposti i ricorsi nelle cause T-246/08 e T-332/08. Nella causa T-246/08 la ricorrente chiedeva al Tribunale di annullare il punto 4 della tabella B dell’allegato alla decisione controversa e di condannare il Consiglio alle spese. Nella causa T-332/08 la ricorrente chiedeva al Tribunale di annullare il punto 4 della tabella B dell’allegato alla decisione controversa e, qualora ritenesse che l’applicazione dell’art. 7, n. 2, lett. d), del regolamento n. 423/2007 fosse obbligatoria, di dichiarare l’inapplicabilità di tale disposizione, ai sensi dell’art. 241 CE. La ricorrente chiedeva inoltre la condanna del Consiglio alle spese. Le due cause sono state riunite ai fini della fase orale e della sentenza con ordinanza 15 dicembre 2008.

    14.

    Nella causa T-246/08 la ricorrente sollevava due motivi, uno relativo ad una violazione del principio di proporzionalità e l’altro relativo alla violazione del principio di non discriminazione. Nella causa T-332/08 essa sosteneva che l’applicazione dell’art. 7, n. 2, lett. d), del regolamento n. 423/2007 non poteva essere considerata obbligatoria ma che, se così fosse, tale disposizione sarebbe in contrasto con il principio di proporzionalità e quindi inapplicabile, ai sensi dell’art. 241 CE; peraltro, la ricorrente lamentava una violazione, da parte del Consiglio, dell’obbligo di motivazione ad esso incombente.

    15.

    Nella sentenza impugnata il Tribunale ha respinto tutti i motivi dedotti nelle due cause e ha condannato la ricorrente a sopportare le spese sostenute dal Consiglio, comprese quelle afferenti ai procedimenti sommari ( 13 ).

    II — Procedimento dinanzi alla Corte e conclusioni delle parti

    16.

    Il 25 settembre 2009 la Melli Bank ha proposto impugnazione avverso la sentenza impugnata.

    17.

    La ricorrente chiede che la Corte voglia annullare la sentenza impugnata, accogliere i ricorsi proposti nelle cause T-246/08 e T-332/08, annullare il punto 4 della tabella B dell’allegato alla decisione controversa, dichiarare inapplicabile l’art. 7, n. 2, lett. d), del regolamento n. 423/2007, qualora constati che esso ha effetto obbligatorio, e condannare il Consiglio alle spese del giudizio di impugnazione e del procedimento dinanzi al Tribunale.

    18.

    Nella loro comparsa di risposta il Consiglio, convenuto in primo grado, la Repubblica francese, il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, nonché la Commissione europea, intervenienti in primo grado a sostegno del Consiglio, chiedono alla Corte di respingere l’impugnazione e di condannare la Melli Bank alle spese.

    19.

    Nel presente procedimento dinanzi alla Corte è stato autorizzato il deposito di una replica. Tutte le altre parti, ad eccezione del Regno Unito, hanno depositato una controreplica.

    20.

    Tutte le parti, ad eccezione del Regno Unito, sono state sentite all’udienza tenutasi dinanzi alla Corte il 29 marzo 2011.

    III — Analisi

    21.

    Nella presente impugnazione la ricorrente solleva quattro motivi. Il primo motivo verte su un errore di diritto nell’interpretazione dell’art. 7, n. 2, lett. d), del regolamento n. 423/2007. Il secondo motivo riguarda una violazione del principio di proporzionalità. Il terzo motivo verte su un errore di diritto nella formulazione e nell’applicazione del criterio diretto a stabilire se la ricorrente sia effettivamente posseduta o controllata dalla sua società madre ai sensi del suddetto articolo. Il quarto motivo verte su un errore di diritto nella valutazione, da parte del Tribunale, dell’obbligo del Consiglio di motivare la decisione di includere la ricorrente nell’elenco delle entità i cui capitali devono essere sottoposti a congelamento. Per una migliore comprensione dell’articolazione generale dell’impugnazione inizierò con l’esame del terzo motivo.

    A — Sul terzo motivo, concernente un errore di diritto nell’interpretazione del criterio volto a stabilire se la ricorrente sia «posseduta o controllata» ai sensi dell’art. 7, n. 2, lett. d), del regolamento n. 423/2007

    1. Argomenti delle parti

    22.

    Con tale motivo la ricorrente contesta l’interpretazione operata dal Tribunale, ai punti 119 e seguenti della sentenza impugnata, del criterio menzionato all’art. 7, n. 2, lett. d), del regolamento n. 423/2007, sul cui fondamento il Consiglio ha disposto il congelamento dei suoi capitali. In sostanza, essa sostiene che il Tribunale ha correttamente dichiarato che la questione essenziale era sapere se essa potesse essere indotta con una probabilità non trascurabile ad eludere l’effetto delle misure adottate nei confronti della società controllante, ma che non ha applicato correttamente tale criterio, attribuendo, in particolare, un’eccessiva importanza alla possibilità per la Bank Melli di nominare i dirigenti della ricorrente, in quanto ciò non costituisce un fattore determinante per stabilire se essa sia posseduta o controllata dalla Bank Melli. A tal fine, la ricorrente ribadisce un certo numero di argomenti di ordine fattuale, già dedotti in primo grado, diretti in particolare a contestare il rigetto, ad opera del Tribunale, delle misure alternative, per la maggior parte ex post, da essa suggerite. Omettendo di applicare correttamente il suddetto criterio, il Tribunale sarebbe incorso in un errore di diritto che porterebbe ad impedire qualsiasi analisi caso per caso, contrariamente a quanto auspicato dallo stesso Tribunale al punto 69 della medesima sentenza. Inoltre, la ricorrente considera inappropriato il richiamo operato dal Tribunale alla giurisprudenza relativa ai presupposti per l’imputazione ad una società controllante del comportamento anticoncorrenziale della controllata, in quanto, contrariamente alla situazione di queste ultime, applicare alla ricorrente una presunzione secondo cui la sua società controllante esercita su di essa un’influenza determinante, in quanto detiene il 100% del suo capitale, sarebbe in contrasto con i suoi diritti della difesa. Tali diritti risulterebbero violati in quanto la Melli Bank non ha avuto modo di presentare osservazioni al Consiglio, né di replicare agli argomenti formulati nei suoi confronti. Il fatto di considerare che la filiale rischia di eludere talune misure restrittive adottate nei confronti della società controllante sarebbe peraltro in contrasto con il principio della presunzione di innocenza, sancito dall’art. 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (in prosieguo: la «CEDU») e dall’art. 48 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. In ogni caso la ricorrente conclude che, non avendo applicato correttamente il criterio appropriato nel momento in cui ha deciso di sottoporre a congelamento i suoi capitali ai sensi dell’art. 7, n. 2, lett. d), del regolamento n. 423/2007, il Consiglio ha commesso un errore di diritto.

    23.

    Il Consiglio e le altre parti nel procedimento chiedono il rigetto di tale motivo. La Commissione sostiene che la ricorrente chiede una nuova valutazione fattuale della controversia, senza tuttavia avere dimostrato un’inesattezza materiale o uno snaturamento dei fatti che emerga dall’analisi svolta dal Tribunale. La Repubblica francese e la Commissione ritengono che la ricorrente, articolando il motivo in esame, non abbia dimostrato alcun errore di diritto imputabile al Tribunale. La Repubblica francese, il Regno Unito e la Commissione, pur condividendo, sostanzialmente, l’approccio del Tribunale e pur ritenendo che esso abbia applicato in maniera equilibrata la giurisprudenza pertinente in materia di diritto della concorrenza, suggeriscono tuttavia che, poiché il criterio presenta le caratteristiche di un’alternativa — «controllato o posseduto» —, e poiché appare chiaramente che l’entità in questione è posseduta da un’entità già iscritta ai sensi dell’art. 7, n. 2, lett. a) o b), del regolamento n. 423/2007, non occorre che il Consiglio proceda ad un ulteriore esame e dimostri che essa è anche controllata, o che la filiale presenta un rischio di elusione delle misure di cui è destinataria la società controllante. Tuttavia, le suddette parti non hanno tratto da tale argomento alcuna particolare conseguenza giuridica quanto alla presente impugnazione. Il Consiglio, da parte sua, ricorda che, alla luce della giurisprudenza del giudice comunitario, le misure restrittive non rivestono carattere penale e che, pertanto, l’argomento fondato sulla violazione della presunzione di innocenza della ricorrente è inoperante.

    2. Valutazione

    24.

    La Corte è invitata nella specie a precisare il criterio idoneo a motivare l’iscrizione di un’entità ai sensi dell’art. 7, n. 2, lett. d), del regolamento n. 423/2007 ( 14 ). Rilevo subito che, come dichiarato dal Tribunale ( 15 ), dal testo di tale disposizione risulta chiaramente che l’iscrizione di dette entità non è motivata dalla loro partecipazione o dal loro sostegno alla politica di proliferazione nucleare condotta dalla Repubblica islamica dell’Iran, ma unicamente dal fatto che dette entità sono «possedute o controllate» da entità che sono state riconosciute, esse stesse ed esse sole, partecipare, essere direttamente associate o dare il loro sostegno alla suddetta politica. Inoltre, il criterio è formulato in maniera chiaramente alternativa. Nella presente causa, il criterio che occorre interpretare è quello del possesso ai sensi della menzionata disposizione.

    25.

    Dalla sentenza impugnata risulta che il Tribunale ha ritenuto necessario adottare un’interpretazione più elaborata del criterio del possesso. Dopo avere ricordato la costante giurisprudenza della Corte secondo cui una disposizione di diritto dell’Unione deve essere interpretata non solo alla luce della sua lettera, ma anche del suo contesto e degli obiettivi da essa perseguiti ( 16 ), il Tribunale ha considerato che, per soddisfare il criterio del possesso da parte di un’entità i cui capitali sono stati congelati ai sensi dell’art. 7, n. 2, lett. a) e b), del regolamento, il semplice possesso formale poteva non essere sufficiente. Un simile orientamento mi sembra ragionevole, tenuto conto del fatto che le ipotesi di possesso non si riassumono tutte, come nel caso di specie, in una partecipazione al 100% della società controllante nel capitale della sua controllata. In tal caso, infatti, opera la presunzione secondo cui il possesso totale implica la capacità della società controllante di influire sulla politica decisionale della sua filiale, mentre, nel caso di una partecipazione al capitale di livello inferiore, tale capacità può risultare meno evidente.

    26.

    Il Tribunale ha quindi dichiarato che «si deve accertare se la controllata, essendo posseduta [dalla Bank Melli], possa essere indotta, con un grado di probabilità non trascurabile, ad eludere l’effetto delle misure adottate nei confronti della sua entità controllante» ( 17 ). Secondo un’interpretazione strettamente letterale della disposizione in questione, ai sensi della quale la mera constatazione del possesso potrebbe essere sufficiente a motivare l’iscrizione di un’entità, il Tribunale ha preferito un’interpretazione teleologica, tenendo conto dell’obiettivo perseguito dal regolamento. È in questo preciso contesto che il Tribunale, pur sottolineando la specificità del settore in cui è intervenuta la misura restrittiva che ha colpito la ricorrente, si è ispirato alla giurisprudenza della Corte relativa all’imputabilità alla società controllante del comportamento anticoncorrenziale di una controllata. Come ho già avuto modo di ricordare recentemente in un altro contesto ( 18 ), da tale giurisprudenza risulta che, nel caso specifico in cui una società controllante detenga il 100% del capitale della propria controllata, la quale abbia infranto le norme del diritto dell’Unione in materia di concorrenza, da un lato, tale società controllante può esercitare un’influenza determinante sul comportamento di detta controllata ( 19 ) e, dall’altro, esiste una presunzione relativa secondo cui la predetta società controllante esercita effettivamente una simile influenza ( 20 ).

    27.

    L’atteggiamento del Tribunale mi sembra improntato alla prudenza, e ciò per due motivi. In primo luogo, con la sua interpretazione esso consente di superare l’applicazione automatica del criterio del possesso, tendendo ad analizzarne l’incidenza sul funzionamento e sul processo decisionale della controllata. In secondo luogo, il Tribunale non ha proceduto ad una trasposizione della giurisprudenza della Corte relativa al diritto della concorrenza, ma al contrario, consapevole delle fondamentali differenze tra i due settori, si è semplicemente ispirato ad essa. Secondo un’affermazione del Tribunale non contestata né dinanzi ad esso, né in sede di impugnazione, la ricorrente è posseduta al 100% dalla Bank Melli — indubbiamente iscritta nell’elenco delle entità i cui capitali devono essere sottoposti a congelamento ai sensi dell’art. 7, n. 2, lett. a) e b), del regolamento n. 423/2007 —, la quale può, a tale titolo, nominarne il personale direttivo ( 21 ). Pertanto, è corretto ritenere che la ricorrente presenti un rischio non trascurabile, naturalmente connesso al fatto che essa è posseduta integralmente, e confermato dall’argomento relativo al titolare del potere di nomina del personale direttivo, di elusione delle misure adottate nei confronti della sua società controllante.

    28.

    Sempre nell’intento di superare un orientamento rigidamente formale del criterio del possesso, il Tribunale ha proseguito la sua analisi verificando se dagli atti, e più in generale dai rapporti tra la ricorrente e la sua società controllante, emergessero circostanze eccezionali atte a controbilanciare l’influenza esercitata dalla Bank Melli sulla propria controllata attraverso la nomina del suo personale direttivo. A tal riguardo, dinanzi al Tribunale sono stati esaminati tutti gli argomenti della ricorrente, ma nessuno di essi è sembrato presentare il livello di garanzia sufficiente. Anche volendo ammettere che la Corte sia competente, in sede di impugnazione, a pronunciarsi nuovamente su tali argomenti, che mi sembrano rientrare più nell’ambito della valutazione dei fatti che non in quello della loro qualificazione giuridica, essa dovrebbe confermare la posizione del Tribunale, dato che dai punti 125-128 della sentenza impugnata risulta che la ricorrente ha dedotto elementi reali, ma insufficienti per escludere qualsiasi rischio di elusione, o ha proposto misure il cui carattere puramente prospettico — per non dire ipotetico — impedisce alla Corte di esprimere un giudizio informato in ordine alla loro fattibilità ed efficacia.

    29.

    Alla luce delle considerazioni sopra esposte, mi è quindi difficile cogliere l’argomento della ricorrente secondo cui il ragionamento del Tribunale privilegerebbe un’applicazione automatica del criterio del possesso rispetto ad un’analisi caso per caso, in quanto, benché la circostanza che la ricorrente sia posseduta al 100% sia tale da suggerire che la sua società controllante eserciti necessariamente su di essa un’influenza, se del caso, determinante, il Tribunale ha tuttavia ricercato proprio gli elementi che gli consentivano di concludere in tal senso — nella specie, la nomina del personale direttivo della ricorrente da parte dell’entità controllante e l’esistenza concomitante di un rischio reale di elusione delle misure adottate contro la Bank Melli —, analizzando nel contempo le altre circostanze che avrebbero potuto mitigare tale conclusione, e, secondo le parole stesse del Tribunale, controbilanciare l’influenza decisiva della società controllante. La soluzione che ne deriva mi sembra quindi adeguata sia al contesto peculiare in cui sono intervenute nella specie le misure restrittive, sia alla situazione specifica della ricorrente per quanto riguarda la natura, la portata e l’intensità dei suoi rapporti con la società controllante.

    30.

    Il criterio applicato dal Tribunale nella sentenza impugnata non contrasta con la formulazione alternativa dell’art. 7, n. 2, lett. d), del regolamento n. 423/2007, dato che, in effetti, ciò che si deve stabilire attraverso il criterio del possesso è il rischio di un’influenza esercitata dalla società controllante sulla sua controllata. Tale nozione di influenza mi sembra quindi notevolmente diversa da quella di controllo.

    31.

    La specificità della situazione della ricorrente, i cui capitali sono stati sottoposti a congelamento non perché essa partecipi o rechi il proprio sostegno alla proliferazione nucleare in Iran, ma solo perché si tratta di una filiale posseduta da una siffatta entità, impone al Consiglio in primo luogo, e in seguito al giudice comunitario, di procedere ad un’analisi circostanziata del suo caso, come di quello di tutte le entità iscritte ai sensi dell’art. 7, n. 2, lett. d), del regolamento n. 423/2007. Si può tuttavia ritenere che la decisione del Consiglio di sottoporre a congelamento i capitali della ricorrente si sia basata su una sorta di presunzione secondo cui una filiale posseduta al 100% da un’entità che partecipa o dà sostegno alla proliferazione nucleare ed è oltretutto attiva nel settore bancario e finanziario rischia realmente di subire pressioni da parte della società controllante affinché eluda le misure restrittive adottate nei confronti di quest’ultima. Una tale presunzione, lo ricordo, può operare solo in caso di possesso totale e, come rammentato dal Tribunale, ha carattere relativo. Tuttavia, la ricorrente sostiene comunque che, in tal caso, i suoi diritti della difesa sono stati violati, non essendole mai stata data la possibilità di contestare la presunzione sopra menzionata, in particolare prima dell’adozione della decisione controversa.

    32.

    A tal riguardo rilevo che, secondo costante giurisprudenza, in occasione dell’adozione di una prima decisione di congelamento dei capitali, il Consiglio adempie il suo obbligo di motivazione se porta a conoscenza degli interessati i motivi per i quali è stata adottata la decisione nei loro confronti al momento stesso dell’adozione del provvedimento o al più presto possibile ( 22 ). Più in generale, la Corte ha riconosciuto che i diritti della difesa da garantirsi nella fase del procedimento preliminare non sono assoluti e che, in presenza di misure restrittive, una comunicazione preventiva dei motivi dell’iscrizione di un’entità nell’elenco «sarebbe tale da compromettere l’efficacia delle misure di congelamento di capitali» e che «misure siffatte devono, per loro stessa natura, poter beneficiare di un effetto sorpresa» ( 23 ). Se, con la doglianza molto generica relativa ad una violazione dei suoi diritti della difesa, la ricorrente intende contestare l’assenza di una previa audizione, è giocoforza constatare che il Consiglio non è tenuto nella specie a procedere a tale audizione, per motivi afferenti alla specificità delle misure restrittive e alla tutela della loro efficacia. Per il resto, è sufficiente prendere in considerazione il parere pubblicato sulla Gazzetta ufficiale dell’Unione europea il giorno successivo all’adozione della decisione controversa per constatare che la ricorrente poteva chiedere un riesame al Consiglio ( 24 ). Inoltre, dinanzi al Tribunale la ricorrente ha sviluppato una serie di argomenti diretti a contestare l’affermazione secondo cui, dati i suoi legami con la Bank Melli, essa avrebbe potuto eludere le misure restrittive adottate contro quest’ultima, argomenti che il Tribunale ha esaminato uno per uno, ritenendosi quindi sufficientemente edotto per farlo. In base a tutte le suesposte considerazioni, la censura relativa ad una violazione dei diritti della difesa della ricorrente non può essere accolta.

    33.

    Infine, la ricorrente sostiene che il ragionamento del Tribunale pregiudica la presunzione di sua innocenza, in quanto parte dal presupposto che essa adotterà necessariamente un comportamento contrario alle indicazioni contenute nel regolamento n. 423/2007. Su questo punto mi limiterò a richiamare due elementi. Da un lato, il Tribunale si è sempre espresso con estrema prudenza, affermando in particolare che «la ricorrente (…) [può] essere indotta, con un grado di probabilità non trascurabile, ad eludere l’effetto delle misure adottate nei confronti della sua entità controllante» ( 25 ) e parlando di «rischio non trascurabile che la [Bank Melli] sia in grado di indurre la ricorrente ad effettuare operazioni vietate» ( 26 ). Pertanto, la responsabilità dell’elusione graverebbe più sulla società controllante che non sulla ricorrente, considerata piuttosto come priva dei mezzi per resistere alle pressioni su di essa esercitate. Dall’altro, la Corte non ha mai ritenuto che misure restrittive come quelle in discussione nel caso di specie costituissero sanzioni penali, ma solo misure cautelari ( 27 ), nei cui confronti non può operare la presunzione di innocenza, dato che la ricorrente non è formalmente accusata ( 28 ).

    34.

    Per tutte le ragioni sopra esposte, il terzo motivo deve essere respinto in quanto infondato.

    B — Sul primo motivo, concernente un errore di diritto nell’interpretazione dell’art. 7, n. 2, lett. d), del regolamento n. 423/2007, e sul secondo motivo, concernente una violazione del principio di proporzionalità

    1. Argomenti delle parti

    35.

    Con il primo capo del primo motivo, la ricorrente intende contestare la conclusione del Tribunale secondo cui l’art. 7, n. 2, lett. d), del regolamento n. 423/2007 obbliga il Consiglio a congelare i capitali di tutte le entità possedute o controllate da entità riconosciute partecipare o dare sostegno alla proliferazione nucleare in Iran. Essa afferma, sostanzialmente, che il Tribunale si è contraddetto riconoscendo il carattere obbligatorio di tale disposizione ( 29 ) e riconoscendo nel contempo l’esistenza di un potere di valutazione delle circostanze del caso di specie, in capo al Consiglio, per stabilire quali entità siano definibili come «possedute o controllate» ai sensi del suddetto articolo ( 30 ). Il regolamento prevede, infatti, un metodo individualizzato d’iscrizione, che non richiede automaticamente ed imperativamente il congelamento dei capitali di tutte le entità possedute o controllate, come dimostra l’art. 15, n. 3, del regolamento n. 423/2007, ai sensi del quale il Consiglio deve indicare all’entità di cui all’art. 7, n. 2, lett. d), i motivi della sua iscrizione nell’elenco delle entità i cui capitali devono essere sottoposti a congelamento. Il Tribunale sarebbe incorso in un errore di diritto nel ritenere che detto articolo abbia effetti obbligatori per il Consiglio, mentre quest’ultimo disporrebbe di un potere discrezionale per stabilire se una filiale, ancorché posseduta integralmente, soddisfi le condizioni enunciate dalla suddetta disposizione. La prassi non uniforme del Consiglio, che l’ha condotto in particolare ad iscrivere solo due delle venti filiali della Bank Melli, dimostra chiaramente che il Consiglio non ha iscritto automaticamente tutte le entità da essa possedute. Il Consiglio disporrebbe quindi effettivamente di un potere discrezionale ai fini dell’iscrizione delle entità e, pertanto, l’applicazione dell’art. 7, n. 2, lett. d), del regolamento n. 423/2007 non sarebbe obbligatoria, contrariamente a quanto dichiarato dal Tribunale. La ricorrente conclude il suo argomento relativo a tale questione affermando che, iscrivendo la ricorrente nell’elenco, il Consiglio ha commesso un errore di diritto in quanto ha erroneamente ritenuto di esservi obbligato da una disposizione imperativa.

    36.

    In secondo luogo, la ricorrente sostiene che l’art. 7, n. 2, lett. d), del regolamento n. 423/2007, essendo in contrasto con il principio di proporzionalità, non può essere interpretato come una disposizione obbligatoria (secondo capo del primo motivo) e, in subordine, che, qualora la Corte dovesse confermarne il carattere obbligatorio, esso sarebbe in contrasto con il principio di proporzionalità (secondo motivo), contrariamente a quanto dichiarato dal Tribunale. In ogni caso, la questione sollevata nella specie è quella della conformità di tale articolo al principio di proporzionalità, dato che la ricorrente rinvia, nel secondo motivo, agli argomenti esposti nell’ambito del primo motivo sulla medesima questione. Da un lato, e contrariamente a quanto dichiarato dal Tribunale, la proporzionalità della suddetta disposizione andrebbe valutata alla luce delle pertinenti risoluzioni del Consiglio di sicurezza, compresa la risoluzione 1803 (2008) ( 31 ). Con tale risoluzione il Consiglio di sicurezza non avrebbe ritenuto necessario sottoporre a congelamento i capitali della ricorrente, ma si sarebbe limitato a chiedere una sorveglianza sulle attività finanziarie della sua società controllante, il che porterebbe a dimostrare che potevano essere adottate misure meno restrittive di quelle stabilite dal Consiglio, senza con ciò compromettere il conseguimento dell’obiettivo. Dall’altro, lo stesso regolamento n. 423/2007 contiene disposizioni che prevedono misure diverse dal congelamento dei capitali ( 32 ), misure alternative che, ancorché ex post, avrebbero potuto perfettamente esserle applicate, dato che il Consiglio non ha dimostrato che tali misure sarebbero meno efficaci nei confronti della ricorrente rispetto ad una misura di congelamento dei capitali. La ricorrente osserva di avere suggerito essa stessa, nel ricorso dinanzi al Tribunale, talune misure alternative che quest’ultimo non ha ritenuto opportuno accogliere, considerando che essa non ne aveva dimostrato l’efficacia, alla luce del legittimo scopo perseguito, e nonostante incombesse al Consiglio provarne l’inefficacia ( 33 ). Il Tribunale non avrebbe nemmeno attribuito sufficiente rilevanza alla prassi del Consiglio secondo cui il congelamento dei capitali delle entità appartenenti ad entità che partecipano o danno sostegno alla proliferazione nucleare non è automatica, e la ricorrente rammenta che non tutte le filiali della Bank Melli sono state oggetto di tale misura restrittiva.

    37.

    Il Consiglio, la Repubblica francese, il Regno Unito e la Commissione ritengono che l’interpretazione data dal Tribunale all’art. 7, n. 2, lett. d), del regolamento n. 423/2007 sia corretta. Sia dalla lettera di tale disposizione che dall’economia generale dell’art. 7, n. 2, risulta che i capitali delle entità riconosciute come «possedute o controllate» devono essere sottoposti a congelamento. Il potere discrezionale del Consiglio viene quindi esercitato in occasione del controllo relativo alla sussistenza delle condizioni di applicazione della lett. d). Il Tribunale ha peraltro menzionato, a titolo indicativo, alcuni criteri pertinenti che possono essere presi in considerazione dal Consiglio in tale contesto. La prassi non uniforme di quest’ultimo non può rimettere in discussione siffatta interpretazione, dato che il Consiglio può non essere in grado di individuare tutte le entità possedute o controllate da un’entità designata quale entità che partecipa o dà sostegno alla proliferazione nucleare. In ogni caso, la Commissione sottolinea che un comportamento del Consiglio eventualmente incompatibile con il regolamento n. 423/2007 non è atto ad ingenerare alcun legittimo affidamento nella ricorrente. La Repubblica francese aggiunge che, poiché la misura del congelamento si applica automaticamente alle entità possedute o controllate, non è necessaria la loro indicazione nominativa nell’allegato. Peraltro, le suddette parti processuali sostengono che il Tribunale ha applicato correttamente il principio di proporzionalità e ha giustamente dichiarato, da un lato, che la risoluzione 1803 (2008) non è un criterio sulla cui base occorra valutare la proporzionalità della decisione controversa e, dall’altro, che il congelamento dei capitali di entità possedute da entità riconosciute partecipare o dare il loro sostegno alla proliferazione nucleare è proporzionato al legittimo scopo perseguito. Esse concludono unanimemente per il rigetto del primo e del secondo motivo, mentre il Consiglio arriva a ritenere che la ricorrente chieda, in maniera inadeguata nell’ambito di un’impugnazione, una nuova valutazione dei fatti.

    2. Analisi

    a) Sul primo capo del primo motivo

    38.

    Ricordo preliminarmente che l’art. 7, n. 2, lett. d), del regolamento n. 423/2007 enuncia che «[f]igurano nell’allegato V le persone fisiche e giuridiche, le entità e gli organismi non menzionati nell’allegato IV che (…) sono stati riconosciuti (…) essere persone giuridiche, entità o organismi posseduti o controllati da una persona, un’entità o un organismo [che partecipa, è direttamente associato o dà il suo sostegno alla proliferazione nucleare], anche con mezzi illeciti».

    39.

    Sottolineo che l’interpretazione data dal Tribunale alla disposizione di cui trattasi è ispirata alla giurisprudenza della Corte, secondo cui si deve tener conto non soltanto della lettera della disposizione, ma anche del suo contesto e degli scopi perseguiti dalla normativa di cui essa fa parte ( 34 ).

    40.

    Dal testo stesso del suddetto articolo risulta che occorre distinguere due elementi. Il congelamento dei capitali è certamente obbligatorio, come prevede l’art. 7, n. 2, ab initio, con l’impiego della locuzione «sono congelati», ma ciò solo dopo che il Consiglio abbia individuato talune entità riconosciute come «possedute o controllate», riconoscimento che apre quindi la strada ad una valutazione, da parte del Consiglio, della situazione individuale di ciascuna delle entità suscettibili di essere designate ai sensi dell’art. 7, n. 2, lett. d). Devo quindi necessariamente condividere l’affermazione del Tribunale secondo cui detta disposizione «impone al Consiglio di congelare i capitali di un’entità “posseduta o controllata” da un’entità riconosciuta quale partecipante alla proliferazione nucleare ai sensi dell’art. 7, n. [2], lett. a) o lett. b), del medesimo regolamento, sulla base di una valutazione svolta dal Consiglio caso per caso in ordine alla qualità di entità “posseduta o controllata” delle entità interessate» ( 35 ).

    41.

    L’argomento della ricorrente diretto a contestare l’interpretazione dell’art. 7, n. 2, lett. d), del regolamento n. 423/2007 è piuttosto confuso e mi sembra fondato, sostanzialmente, su una lettura incompleta o erronea della sentenza impugnata. Essa ritiene in particolare che, affermando, al punto 63, che «la misura di congelamento dei capitali delle entità possedute o controllate è obbligatoria», il Tribunale abbia sancito il carattere obbligatorio di tale disposizione. Orbene, come si è dimostrato, il punto 63 è solo una fase del ragionamento del Tribunale, che stabilisce l’interpretazione definitiva di detto articolo al punto 67 sopra citato, il quale sancisce una valutazione caso per caso da parte del Consiglio.

    42.

    Secondo la ricorrente, il fatto che il Tribunale abbia menzionato anche alcuni criteri pertinenti, che possono essere presi in considerazione dal Consiglio per valutare se un’entità sia «posseduta o controllata» ( 36 ), implicherebbe che lo stesso Tribunale non avrebbe ritenuto sufficiente, ai fini dell’inclusione automatica nell’allegato V, la circostanza che una filiale sia posseduta o controllata da un’entità considerata sostenitrice della proliferazione nucleare. Orbene, da un lato, il passaggio pertinente della sentenza impugnata fa riferimento ai criteri che possono essere presi in considerazione per valutare la qualità di entità «posseduta o controllata», che è una nozione ben più ampia della semplice nozione di filiale, e, dall’altro, la menzione di tali criteri di valutazione non è affatto contraddittoria rispetto alla premessa iniziale, ossia che il congelamento dei capitali è obbligatorio, ma solo nei confronti di entità che siano state riconosciute come «possedute o controllate», vale a dire che soddisfino le condizioni di applicazione dell’art. 7, n. 2, lett. d), del regolamento n. 423/2007. Tali criteri, forniti a titolo indicativo dal Tribunale e ai quali sarei tentato di aggiungere il settore di attività dell’entità in questione ( 37 ), sono quelli che possono orientare il Consiglio nel riconoscere detta entità quale entità «posseduta o controllata» ai sensi dell’art. 7, n. 2, lett. d), del regolamento n. 423/2007 e sono perfettamente compatibili con l’idea di una valutazione caso per caso delle situazioni individuali.

    43.

    L’estensione della misura del congelamento dei capitali alle entità indicate nel suddetto articolo è quindi obbligatoria solo se il Consiglio ritiene di essere in presenza di un’entità «posseduta o controllata» ai sensi della disposizione citata. Tale interpretazione è peraltro in linea con il potere discrezionale tradizionalmente riconosciuto al Consiglio in questa materia. A mio avviso, la confusione in cui è incorsa la ricorrente nasce dal fatto che essa ha operato un’interpretazione meramente letterale di detto articolo. Essa si basa sulla prassi non uniforme del Consiglio per dimostrare che non tutte le entità possedute dalla Bank Melli sono state iscritte e che ciò significa quindi che il Consiglio non è tenuto a sottoporre a congelamento i capitali di tutte le entità che soddisfano le condizioni di cui all’art. 7, n. 2, lett. d), del regolamento n. 423/2007.

    44.

    Tale argomentazione non può essere accolta.

    45.

    Da un lato, ai sensi di tale articolo il Consiglio deve sottoporre a congelamento i capitali di entità «possedute o controllate» a condizione che le abbia riconosciute come tali. L’obbligo di estendere le misure di congelamento a tali entità «possedute o controllate» è inscindibilmente connesso alla capacità dell’istituzione di individuarle. Il Consiglio ha peraltro ricordato in udienza che, nel 2010, sono state applicate misure restrittive a circa quindici nuove entità «possedute o controllate» dalla Bank Melli ( 38 ).

    46.

    D’altro lato, il criterio del possesso o del controllo non può essere interpretato, come si è già dimostrato, come un rigido criterio formale. Il riferimento, nel testo dell’art. 7, n. 2, lett. d), del regolamento n. 423/2007, all’idea di un riconoscimento mi sembra tanto più pertinente in quanto nella specie ci si occupa di ciò che viene tradizionalmente presentato come un sistema di «sanzioni intelligenti», la cui applicazione, in linea di principio, deve riguardare solo le persone ed entità per le quali risulti strettamente giustificata. In altre parole, devono essere obbligatoriamente sottoposti a congelamento solo i capitali delle entità riconosciute dal Consiglio come «possedute o controllate» ai sensi dell’art. 7, n. 2, lett. d), di detto regolamento. In linea con quanto da me suggerito nell’analisi del terzo motivo, la circostanza che un’entità sia «posseduta o controllata» deve essere valutata alla luce dello scopo perseguito dal regolamento n. 423/2007. Il possesso e il controllo cui fa riferimento detta disposizione devono essere interpretati in maniera autonoma rispetto al senso ordinario o corrente di queste due nozioni. Un’entità può essere considerata «posseduta o controllata» ai sensi del regolamento n. 423/2007 se è naturalmente destinata a dare sostegno alla proliferazione nucleare perseguita dallo Stato iraniano in ragione del fatto che è interamente posseduta (al 100%) da una società controllante, ma non può esserlo se la partecipazione di tale società al suo capitale, pur restando maggioritaria, indica che l’influenza esercitata è molto meno significativa. Alla luce di tale ragionamento si può quindi comprendere ed accogliere l’affermazione del Tribunale secondo cui «il Consiglio è legittimato (…) a non applicare l’art. 7, n. 2, lett. d), [del regolamento n. 423/2007] a entità che, a suo parere, non soddisfino i criteri di applicazione di tale disposizione, ancorché si tratti di filiali delle entità riconosciute quali partecipanti alla proliferazione nucleare» ( 39 ).

    47.

    L’interpretazione fornita dal Tribunale, secondo la quale il Consiglio è tenuto a sottoporre a congelamento i capitali delle entità riconosciute come possedute o controllate ai sensi dell’art. 7, n. 2, lett. d), del regolamento n. 423/2007, non è contraddittoria, come sostiene la ricorrente. L’analisi del Tribunale su questo punto è esente da qualsiasi errore di diritto. Il primo capo del primo motivo deve quindi essere respinto in quanto infondato.

    b) Sul secondo capo del primo motivo e sul secondo motivo

    48.

    La ricorrente contesta, in primo luogo, il fatto che il Tribunale abbia escluso la pertinenza della risoluzione 1803 (2008), in cui il Consiglio di sicurezza si è limitato a chiedere agli Stati di vigilare sulla Bank Melli e sulle sue filiali e succursali ( 40 ). La decisione di sottoporre a congelamento i capitali della Bank Melli e delle sue filiali sarebbe quindi stata adottata sul fondamento di una disposizione sproporzionata rispetto a quanto richiesto dal Consiglio di sicurezza.

    49.

    Quanto al contesto normativo in cui è intervenuta la decisione controversa, mi permetto di rinviare ai paragrafi 106 e seguenti delle conclusioni presentate in data odierna nella causa C-548/09 P, Bank Melli Iran/Consiglio. Mi limiterò a ricordare due elementi. Da un lato, il potere conferito al Consiglio sul fondamento dell’art. 7, n. 2, trae origine dalla posizione comune 2007/140, che ha attuato, nell’ordinamento giuridico dell’Unione, la risoluzione 1737 (2006); tale attuazione, tuttavia, si fonda unicamente sulla volontà dell’Unione di iscrivere la propria azione nell’ottica di contribuire al conseguimento degli obiettivi perseguiti dalle Nazioni Unite e di non compromettere l’adempimento degli obblighi internazionali dei suoi Stati membri, ma non sull’esistenza di un obbligo positivo e diretto, a carico dell’Unione, di dare attuazione alle risoluzioni del Consiglio di sicurezza, dato che essa non è parte della Carta delle Nazioni Unite. Peraltro, da tale posizione comune risulta chiaramente che l’Unione intendeva andare oltre quanto prescritto dalla risoluzione, prevedendo un potere autonomo del Consiglio in materia di identificazione e di iscrizione ( 41 ). Dall’altro, e di conseguenza, occorre operare una netta distinzione tra l’art. 7, n. 1, del regolamento n. 423/2007, che autorizza il Consiglio a sottoporre a congelamento i capitali delle persone, delle entità e degli organismi individuati dal Consiglio di sicurezza, e l’art. 7, n. 2, di detto regolamento, che prevede un potere autonomo del Consiglio di disporre il congelamento dei capitali delle persone, delle entità e degli organismi che lo stesso Consiglio ha riconosciuto partecipare, essere direttamente associati o dare il loro sostegno alla proliferazione nucleare in Iran e delle entità da essi possedute o controllate. È quindi corretto affermare, come ha fatto il Tribunale al punto 99 della sentenza impugnata, che la proporzionalità dell’iscrizione di un’entità effettuata dal Consiglio sul fondamento dell’art. 7, n. 2, del regolamento n. 423/2007 non deve essere valutata in base alla risoluzione 1803 (2008), che detto articolo non ha mai inteso attuare, bensì, al contrario, e come dimostrerò più oltre, alla luce dello scopo perseguito dal regolamento n. 423/2007.

    50.

    Quanto all’argomento relativo ad un errore di diritto commesso dal Tribunale nella valutazione della proporzionalità dell’art. 7, n. 2, lett. d), del regolamento n. 423/2007, occorre rammentare che, secondo una costante giurisprudenza richiamata dal Tribunale al punto 100 della sentenza impugnata, il principio di proporzionalità, che è parte integrante dei principi generali del diritto dell’Unione, esige che gli atti delle istituzioni comunitarie non superino i limiti di ciò che è idoneo e necessario al conseguimento degli scopi legittimamente perseguiti dalla normativa di cui trattasi, fermo restando che, qualora sia possibile una scelta tra più misure appropriate, si deve ricorrere a quella meno restrittiva e che gli inconvenienti causati non devono essere sproporzionati rispetto agli scopi perseguiti ( 42 ).

    51.

    Sulla falsariga di tale giurisprudenza, rilevo che la ricorrente non ha contestato la legittimità dello scopo perseguito, vale a dire la lotta contro la proliferazione nucleare in Iran ai fini del mantenimento della pace e della sicurezza internazionale ( 43 ). Essa contesta invece la valutazione secondo cui il congelamento dei suoi capitali è una misura necessaria e idonea al conseguimento di tale scopo, mentre sono state evocate da parte sua misure alternative e misure di controllo. La ricorrente ritiene in particolare che le misure di cooperazione con la FSA, la proposta di un’autorizzazione previa delle operazioni o l’attuazione di una politica di divieto totale di operazioni con l’Iran siano state oggetto di un rigetto ingiustificato da parte del Tribunale. La ricorrente omette tuttavia di precisare che è stata esclusa in via principale non tanto l’efficacia delle misure, quanto piuttosto la ricevibilità della loro invocazione. Dal punto 109 della sentenza impugnata risulta infatti che dette misure sono state evocate solo in udienza, senza che la ricorrente adducesse alcuna giustificazione per tale ritardo. Poiché essa non ha contestato, nell’ambito dell’impugnazione, la constatazione della tardività dell’invocazione delle suddette misure, la Corte, a mio avviso, non è tenuta a pronunciarsi sulla valutazione — che appare del tutto subordinata — effettuata dal Tribunale, malgrado tutto, in merito alla fattibilità o all’efficacia delle misure in questione. A tale proposito, rilevo comunque che esigere, come ha fatto il Tribunale, che la ricorrente dimostri la fattibilità delle misure alternative da essa suggerite non significa imporle un onere probatorio irragionevole, ma rientra, al contrario, nella normale attività di controllo e di verifica della fondatezza degli argomenti addotti dalle parti in causa. Pertanto, la ricorrente non può nemmeno sostenere che incombesse al Consiglio dimostrare l’impraticabilità delle ipotetiche misure alternative da essa evocate, e più in particolare del sistema di previa approvazione e sorveglianza da parte di un mandatario indipendente, e lo stesso Tribunale ha peraltro preso posizione in ordine all’efficacia della proposta relativa al divieto totale di operazioni con l’Iran ( 44 ).

    52.

    Quanto al resto, si deve necessariamente constatare la correttezza della valutazione del Tribunale relativa alla necessità e all’adeguatezza di una misura di congelamento dei capitali adottata nei confronti di un’entità «posseduta o controllata» da un’entità che partecipa o dà sostegno alla proliferazione nucleare. Infatti, l’art. 7, n. 2, lett. d), del regolamento n. 423/2007 riguarda specificamente una categoria di persone, entità od organismi che, per il fatto di essere posseduti o controllati da un’entità di cui all’art. 7, n. 2, lett. a) o lett. b), presentano con quest’ultima un rapporto particolarmente stretto. Mi sembra che l’affermazione del Tribunale secondo cui sussiste «un rischio non trascurabile che [l’entità riconosciuta quale partecipante alla proliferazione nucleare] eserciti pressioni su quelle da essa possedute o controllate» sia pienamente conforme alla ratio legis dell’art. 7, n. 2, lett. d). Il rischio che si comprometta l’efficacia complessiva del sistema, eludendolo, giustifica l’accento posto sulle misure preventive e, pertanto, la conclusione che le misure che il Tribunale ha potuto qualificare come misure ex post, ancorché necessariamente meno restrittive, non offrono le garanzie necessarie per poter essere considerate altrettanto efficaci. È quindi tale rischio che giustifica il trattamento peculiare cui sono sottoposte le entità di cui all’art. 7, n. 2, lett. d), del regolamento n. 423/2007. Pertanto, le misure di congelamento dei capitali adottate nei loro confronti non appaiono manifestamente inadeguate ( 45 ).

    53.

    Quanto al carattere sproporzionato, è certamente corretto affermare che la misura di congelamento dei capitali è stata adottata nei confronti della ricorrente in ragione del fatto che, secondo il Consiglio, essa è interamente posseduta da un’entità che dà sostegno a detta proliferazione e che la medesima misura comporta, per la ricorrente, conseguenze considerevoli ( 46 ). Tuttavia, la Corte ha già riconosciuto, come ricordato dal Tribunale al punto 111 della sentenza impugnata, che «l’importanza degli obiettivi perseguiti da un atto comunitario [quale un regolamento con cui vengono adottate misure restrittive] è tale da giustificare eventuali conseguenze negative, anche di un certo peso, per taluni operatori, ivi compresi quelli che non hanno alcuna responsabilità riguardo alla situazione che ha condotto all’adozione delle misure in questione, ma che si vedono pregiudicati, segnatamente, nei loro diritti di proprietà» ( 47 ). Tenuto conto dell’obiettivo fondamentale e legittimo sopra ricordato e della necessità di tutelare, a tal fine, l’efficacia delle misure restrittive adottate sul fondamento dell’art. 7, n. 2, lett. a) e b), del regolamento n. 423/2007, si deve ritenere che la valutazione relativa al carattere sproporzionato delle conseguenze del congelamento dei capitali nei confronti della ricorrente sia stata svolta applicando correttamente i principi elaborati dalla Corte in tale materia e che il Tribunale abbia giustamente concluso che l’art. 7, n. 2, lett. d), del regolamento n. 423/2007, che ha consentito l’applicazione alle entità possedute o controllate dalla Bank Melli e, pertanto, alla ricorrente, delle misure di congelamento dei capitali, non lede il principio di proporzionalità.

    54.

    Pertanto, il secondo capo del primo motivo e il secondo motivo devono essere respinti in quanto infondati.

    C — Sul quarto motivo, concernente un errore di valutazione per quanto riguarda l’obbligo di motivazione della decisione controversa

    1. Argomenti delle parti

    55.

    Invocando sia l’art. 15, n. 3, del regolamento n. 423/2007 ( 48 ), sia la giurisprudenza in materia, la ricorrente contesta al Tribunale di avere ritenuto che il Consiglio avesse assolto il suo obbligo di motivazione della decisione controversa, mentre il testo di quest’ultima menziona soltanto l’art. 7, n. 2, di detto regolamento, senza precisare la parte di tale disposizione sul cui fondamento la ricorrente è stata iscritta nell’allegato. Peraltro, detto allegato espone una motivazione dettagliata solo per quanto riguarda la Bank Melli, ma non per quanto riguarda la Melli Bank, mentre il Consiglio non ha indicato nella decisione controversa nemmeno i motivi che l’hanno indotto a ritenere che la Melli Bank presentasse un rischio non trascurabile di elusione delle misure adottate nei confronti della sua società controllante. Il Tribunale avrebbe affermato erroneamente, in quanto in maniera affrettata, che il Consiglio ha implicitamente ritenuto che la ricorrente fosse posseduta ai sensi dell’art. 7, n. 2, lett. d), e che per tale motivo fosse quindi stata iscritta nell’elenco delle entità i cui capitali devono essere sottoposti a congelamento. Poiché in tale elenco non sono state iscritte tutte le filiali della Bank Melli, la ricorrente avrebbe potuto legittimamente dubitare che la sua iscrizione fosse stata motivata unicamente dalla sua qualità di filiale. Il Tribunale non potrebbe neanche affermare che il Consiglio si sia basato su una presunzione relativa senza entrare in contraddizione con l’obbligo sancito dal regolamento di motivare dettagliatamente l’iscrizione. Il fatto che il ricorso di annullamento sia stato articolato principalmente su motivi concernenti l’assenza di controllo della Bank Melli sulla ricorrente sarebbe irrilevante ai fini della valutazione dell’obbligo del Consiglio di motivare la decisione controversa. Infine, la ricorrente precisa nell’impugnazione di avere avviato una corrispondenza con il Consiglio, cui ha chiesto di trasmetterle il suo fascicolo. Poiché tale trasmissione è stata rifiutata, essa ritiene che ciò dimostri che non è mai esistita alcuna motivazione dettagliata quanto alla sua iscrizione. Contrariamente a quanto concluso dal Tribunale, il Consiglio non avrebbe rispettato il suo obbligo di motivare dettagliatamente la decisione di iscrizione.

    56.

    Il Consiglio e le altre parti processuali concludono per il rigetto del motivo, in quanto nel testo della decisione controversa sono menzionati l’art. 7, n. 2, del regolamento n. 423/2007 ed il punto 4 della tabella B, che fa riferimento alle filiali e alle succursali della Bank Melli. Orbene, essendo posseduta al 100% da quest’ultima, la ricorrente non poteva ignorare di essere stata iscritta in qualità di entità posseduta o controllata dalla Bank Melli. Il Consiglio non era tenuto a fornire, nella decisione controversa, tutti gli elementi che ne hanno motivato la decisione. Peraltro, la ricorrente ha compreso tali motivi, in quanto ha potuto proporre un ricorso di annullamento dinanzi al Tribunale e ha in tal sede sostenuto una posizione che consisteva sostanzialmente nel contestare i suoi vincoli giuridici ed operativi con la Bank Melli. Pertanto, la motivazione è sufficiente e il Tribunale ha operato una valutazione giuridicamente ineccepibile applicando principi fondamentali elaborati dalla giurisprudenza comunitaria in materia.

    57.

    La Commissione è l’unica parte nel procedimento che ha considerato, in occasione del primo scambio di memorie, che la ricorrente intendesse anche contestare l’assenza di notifica individuale della decisione controversa da parte del Consiglio. La Commissione afferma, in via principale, che si tratta di un motivo nuovo che dovrebbe essere dichiarato irricevibile dalla Corte. In subordine, la Commissione contesta l’esistenza di un obbligo incombente sul Consiglio di notificare individualmente la decisione alla ricorrente. In fase di replica, la ricorrente ha sostenuto che la questione della notifica è una delle sfaccettature dell’argomento da essa esposto con riguardo alla motivazione della decisione e pertanto, così come ha fatto il Tribunale nella sentenza Bank Melli Iran/Consiglio ( 49 ), deve essere esaminata dalla Corte, la quale dovrebbe concludere nel senso di una violazione dell’obbligo di notifica nella presente causa. Il Consiglio e la Repubblica francese contestano quest’ultima affermazione nella loro controreplica.

    2. Analisi

    58.

    La ricorrente contesta, in primo luogo, la valutazione del Tribunale relativa alla motivazione fornita dal Consiglio a sostegno della decisione controversa e sostiene che detta motivazione non indica le ragioni che hanno indotto tale istituzione ad adottare l’atto di cui è causa.

    59.

    Come ricordato dal Tribunale ( 50 ), l’obbligo di motivazione è un’esigenza sancita dal diritto primario ( 51 ) e ribadita dall’art. 15, n. 3, del regolamento n. 423/2007 ( 52 ). Per valutare se sia stato rispettato l’obbligo di motivare una decisione adottata da un’istituzione dell’Unione, occorre verificare se la motivazione abbia consentito all’entità interessata di conoscere le ragioni della misura adottata e al giudice competente di esercitare il proprio controllo. Tuttavia, la motivazione di un atto non deve necessariamente specificare tutti gli elementi di fatto e di diritto pertinenti, in quanto, per stabilire se essa sia sufficiente, occorre prendere in considerazione non solo il suo tenore letterale, ma anche il suo contesto e il complesso delle norme giuridiche che disciplinano la materia ( 53 ). Rilevo che tali basilari principi sono stati riaffermati dal Tribunale ai punti 143 e 145 della sentenza impugnata.

    60.

    Il Tribunale ha inoltre ricordato che l’obbligo di motivazione costituisce un principio fondamentale del diritto dell’Unione, al quale si può derogare solo per ragioni imperative ( 54 ), e che il Consiglio è tenuto a portare a conoscenza dell’entità interessata le ragioni «specifiche e concrete» per le quali è stata adottata una decisione di congelamento dei capitali ( 55 ). Tenendo conto inoltre del contesto particolare in cui si colloca l’adozione della decisione controversa, il Tribunale ha trasposto, per analogia, il ragionamento seguito dalla Corte in presenza di misure restrittive adottate nell’ambito della lotta contro il terrorismo, rilevando che l’obbligo di motivazione è tanto più importante in quanto le entità colpite per la prima volta da una misura di congelamento dei capitali non dispongono di un diritto ad una previa audizione ( 56 ). Da tale giurisprudenza risulta inoltre che il Consiglio assolve il proprio obbligo di motivazione se, contemporaneamente all’adozione della misura o al più presto possibile, porta a conoscenza dell’entità interessata i motivi che l’hanno indotto ad adottare nei suoi confronti una decisione di congelamento dei capitali ( 57 ).

    61.

    Per rispondere all’argomento ribadito dinanzi alla Corte dalla Repubblica francese, secondo cui non occorre che le entità possedute o controllate siano menzionate nell’elenco delle persone, delle entità e degli organismi i cui capitali devono essere sottoposti a congelamento, ricordo che, al contrario, dall’art. 7, n. 2, lett. d), del regolamento n. 423/2007 risulta chiaramente che «[f]igurano nell’allegato V le persone fisiche e giuridiche, le entità e gli organismi (…) che (…) sono stati riconosciuti (…) essere (…) posseduti o controllati». In altre parole, detto regolamento prevede proprio un’iscrizione formale delle entità di cui all’art. 7, n. 2, lett. d), nel detto allegato. Il giudizio del Tribunale su tale punto ( 58 ) è quindi corretto.

    62.

    Inoltre, è in applicazione dei principi sopra ricordati che il Tribunale è giunto alla conclusione secondo cui la motivazione della decisione controversa, ancorché «particolarmente succinta», è sufficiente ( 59 ). La sua valutazione era diretta ad accertare se la motivazione contenuta nella decisione impugnata avesse consentito alla ricorrente di comprendere i motivi per cui i suoi capitali sono stati sottoposti a congelamento. A tal riguardo, un certo numero di elementi milita a favore dell’analisi circostanziata del Tribunale.

    63.

    È vero che, nella decisione controversa, il Consiglio ha redatto un paragrafo unico contenente i motivi che l’hanno indotto ad iscrivere la Bank Melli e le sue filiali e succursali nell’elenco e che i motivi dedotti nella colonna «Motivi» riguardano in primo luogo la Bank Melli, e non la ricorrente. Ciò detto, se, come credo, l’obbligo di motivazione deve essere valutato verificando se l’interessato abbia o meno compreso i motivi della sua iscrizione e se gli sia stata data la possibilità di giudicarne — ed eventualmente di contestarne — la fondatezza, è giocoforza constatare che il testo della decisione menziona l’art. 7, n. 2, del regolamento n. 423/2007. Inoltre, sotto la voce «Nome» del punto 4 della tabella B dell’allegato alla decisione controversa, figura la seguente frase: «Bank Melli, Melli Bank Iran e tutte le succursali e filiali comprese» ( 60 ). Non può essere accolto l’argomento della ricorrente secondo cui essa ha dovuto «indovinare» su quale lettera del suddetto art. 7, n. 2, fosse fondata la decisione di congelamento dei suoi capitali, dato che difficilmente poteva ignorare di essere posseduta al 100% dalla Bank Melli. Il fatto che l’art. 7, n. 2, lett. d), del regolamento n. 423/2007 disponga che sono congelati i capitali delle entità riconosciute come «possedut[e] o controllat[e]», la menzione delle filiali e delle succursali di cui al punto 4 della tabella B dell’allegato, oltre alla specifica menzione della ricorrente e del suo indirizzo postale, costituiscono, a mio avviso, un’indicazione sufficiente dei motivi dell’iscrizione. Trarre tale conclusione non significa tuttavia privare la ricorrente della possibilità di chiedere al Consiglio, posteriormente all’adozione della decisione, di trasmetterle, nei limiti del possibile, ulteriori elementi di informazione in ordine ai motivi che l’hanno indotto a ritenere che essa presentasse un rischio non trascurabile di subire pressioni da parte della società controllante, che avrebbero potuta indurla ad eludere le misure restrittive adottate nei confronti di quest’ultima. Aggiungo infine che il fatto che la ricorrente sia posseduta al 100% dalla sua società controllante non è irrilevante ai fini della valutazione che la Corte deve operare in merito alla sufficienza della motivazione. In altre parole, mentre nella fattispecie il carattere succinto di tale motivazione non dovrebbe costituire un elemento ostativo alla sua sufficienza, probabilmente il Consiglio dovrebbe produrre uno sforzo maggiore nel caso in cui il possesso o il controllo risultassero meno evidenti.

    64.

    Peraltro, la ricorrente ha menzionato nell’impugnazione una corrispondenza avviata con il Consiglio riguardo alla trasmissione del suo fascicolo. Tale riferimento è irrilevante ai fini dell’esame del presente motivo. Infatti, tale censura, ammesso che sia ricevibile — cosa di cui non sono convinto ( 61 )—, non riguarda in alcun caso la questione della sufficienza della motivazione contenuta nella decisione stessa, ma semmai quella, distinta, dell’accesso al fascicolo, che tuttavia non è stata sollevata dinanzi al Tribunale.

    65.

    Pertanto, il Tribunale non è incorso in alcun errore di diritto nel considerare che, ancorché succinta per quanto riguarda la ricorrente, la motivazione della decisione controversa è comunque adeguata al contesto e sufficiente per consentire, da un lato, alla ricorrente di comprendere e valutare le ragioni che hanno indotto il Consiglio ad adottare tale decisione nei suoi confronti e, dall’altro, al Tribunale di esercitare il proprio controllo.

    66.

    Quanto alla questione se la decisione controversa avrebbe dovuto essere notificata alla ricorrente, devo ammettere di nutrire seri dubbi in ordine alla ricevibilità di ciò che la ricorrente ha presentato nella replica come un ampliamento del motivo in esame. Infatti, nessuno dei motivi sollevati dinanzi al Tribunale era diretto a contestare l’assenza di notifica individuale della decisione controversa da parte del Consiglio. Conseguentemente, e assai diversamente che nella sentenza Bank Melli Iran/Consiglio ( 62 ) richiamata dalla ricorrente, nella sentenza impugnata il Tribunale non ha espresso alcuna valutazione su tale motivo, in ragione — precisamente — della sua inesistenza. Pertanto, anche ammesso che la ricorrente intendesse sollevare tale questione in fase di impugnazione, il suo argomento non è comunque diretto contro la sentenza impugnata.

    67.

    Si tratta quindi chiaramente di un motivo nuovo, dedotto dalla ricorrente in fase di replica in risposta all’interpretazione data dalla Commissione al punto 116 dell’impugnazione, punto in cui la Commissione ha ritenuto di individuare una contestazione del modo in cui la decisione è stata portata a conoscenza della ricorrente e sulla quale essa ha quindi ampiamente esposto la propria tesi nella comparsa di risposta.

    68.

    Non condivido questa lettura del punto in questione. È vero che, nella versione originale, il punto 116 enuncia che la giurisprudenza del Tribunale «makes it clear that a person must be notified of the reasons for a decision against him at the time at which the decision is made» ( 63 ). Ma in ogni caso, nel resto dell’impugnazione la ricorrente non espone alcun argomento diretto a dimostrare che incombesse al Consiglio un obbligo di notifica individuale. Sarebbe un’evidente forzatura ritenere che il solo impiego del termine «notified» nella prima memoria equivalga all’esposizione di un motivo concernente l’obbligo di notifica individuale della decisione controversa. La ricorrente non avrebbe comunque potuto articolare siffatto motivo, in quanto, come si è già sottolineato, non l’ha dedotto nell’ambito del procedimento dinanzi al Tribunale. La discussione che si è aperta tra le parti in occasione della replica e della controreplica, e successivamente in udienza, non deve quindi sviare la Corte riguardo alla ricevibilità degli argomenti concernenti la notifica, che costituiscono un motivo nuovo fondato sulla violazione dell’obbligo di notifica da parte del Consiglio, che in quanto tale è irricevibile, dato che la competenza della Corte è limitata alla valutazione della soluzione di diritto che è stata fornita a fronte dei motivi discussi dinanzi al giudice di primo grado ( 64 ).

    69.

    Pertanto, il quarto motivo deve essere respinto in quanto parzialmente infondato e parzialmente irricevibile.

    IV — Sulle spese

    70.

    Ai sensi dell’art. 122, primo comma, del regolamento di procedura, quando l’impugnazione è infondata, la Corte statuisce sulle spese. A tenore dell’art. 69, n. 2, del medesimo regolamento, applicabile al procedimento di impugnazione in virtù dell’art. 118 del suddetto regolamento, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché il Consiglio ne ha fatto domanda e i motivi della ricorrente, a mio parere, devono essere respinti, quest’ultima deve essere condannata alle spese relative al procedimento di impugnazione. La Repubblica francese, il Regno Unito e la Commissione, che hanno partecipato al procedimento dinanzi alla Corte sul fondamento dell’art. 115 del regolamento di procedura, sopporteranno le proprie spese ai sensi dell’art. 69, n. 4, di detto regolamento.

    V — Conclusione

    71.

    Alla luce delle considerazioni che precedono, propongo alla Corte di dichiarare e statuire quanto segue:

    «1)

    L’impugnazione è respinta.

    2)

    La Melli Bank plc è condannata alle spese sostenute dal Consiglio dell’Unione europea».


    ( 1 ) Lingua originale: il francese.

    ( 2 ) Sentenza 9 luglio 2009 (Racc. pag. II-2629).

    ( 3 ) GU L 163, pag. 29.

    ( 4 ) GU L 103, pag. 1.

    ( 5 ) S/RES/1737 (2006)*.

    ( 6 ) S/RES/1747 (2007).

    ( 7 ) GU L 61, pag. 49.

    ( 8 ) S/RES/1803 (2008).

    ( 9 ) Ibidem, punto 10. Rilevo che la versione inglese di tale risoluzione menziona le «branches and subsidiaries», traducibili come «succursali e filiali», distinzione che mi sembra più chiara rispetto a quella contenuta nella sua versione francese.

    ( 10 ) GU L 163, pag. 43.

    ( 11 ) Posizione comune del Consiglio 7 agosto 2008 (GU L 213, pag. 58).

    ( 12 ) La Bank Melli, società controllante della ricorrente, ha proposto, per quanto la riguarda, un ricorso di annullamento contro la decisione controversa dinanzi al Tribunale [sentenza 14 ottobre 2009, causa T-390/08, Bank Melli Iran/Consiglio (Racc. pag. II-3967)]. Essa ha proposto un’impugnazione contro la sentenza del Tribunale, registrata presso la cancelleria della Corte con il numero C-548/09 P, che forma oggetto di un procedimento distinto dal presente. In data odierna sono parimenti presentate le conclusioni nella causa C-548/09 P, Bank Melli Iran/Consiglio.

    ( 13 ) La ricorrente ha infatti proposto dinanzi al Tribunale due domande di provvedimenti urgenti, una nella causa T-246/08 e l’altra nella causa T-332/08, dirette ad ottenere la sospensione dell’applicazione nei suoi confronti del punto 4 della tabella B dell’allegato alla decisione controversa. Entrambe le domande sono state respinte con ordinanze del presidente 27 agosto e 17 settembre 2008 e le spese sono state riservate.

    ( 14 ) Articolo citato al paragrafo 6 delle presenti conclusioni.

    ( 15 ) V. punto 69 della sentenza impugnata.

    ( 16 ) V. punti 61 e 120 della sentenza impugnata.

    ( 17 ) Punto 121 della sentenza impugnata.

    ( 18 ) V. paragrafo 10 delle mie conclusioni nella causa C-520/09 P, Arkema/Commissione (pendente dinanzi alla Corte).

    ( 19 ) Sentenze 14 luglio 1972, causa 48/69, ICI/Commissione, (Racc. pag. 619, punti 136 e 137), e 10 settembre 2009, causa C-97/08 P, Akzo Nobel e a./Commissione (Racc. pag. I-8237, punto 60).

    ( 20 ) V. sentenze Akzo Nobel e a./Commissione, cit., punto 60, e 20 gennaio 2011, causa C-90/09 P, General Química e a./Commissione (Racc. pag. I-1, punto 39).

    ( 21 ) V. punto 124 della sentenza impugnata.

    ( 22 ) Sentenza 3 settembre 2008, cause riunite C-402/05 P e C-415/05 P, Kadi e Al Barakaat International Foundation/Consiglio e Commissione (Racc. pag. I-6351, punto 336). La violazione dell’obbligo di motivazione in senso stretto forma oggetto di un motivo distinto, nella specie il quarto (v. paragrafi 55 e segg. delle presenti conclusioni).

    ( 23 ) Sentenza Kadi e Al Barakaat International Foundation/Consiglio e Commissione, cit. (punti 339 e 340).

    ( 24 ) Comunicazione 24 giugno 2008 all’attenzione delle persone, entità e organismi che sono stati inclusi dal Consiglio nell’elenco delle persone, entità e organismi cui si applica l’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 423/2007 del Consiglio (allegato V) (GU C 159, pag. 1).

    ( 25 ) Punto 121 della sentenza impugnata.

    ( 26 ) Punto 124 della sentenza impugnata.

    ( 27 ) Sentenza Kadi e Al Barakaat International Foundation/Consiglio e Commissione, cit. (punto 358).

    ( 28 ) A differenza dell’art. 48, n. 1, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, che non era in vigore nel momento in cui è stata pronunciata la sentenza impugnata, l’art. 6, n. 2, della CEDU prevede che la presunzione di innocenza debba essere garantita ad «[o]gni persona accusata di un reato» (il corsivo è mio).

    ( 29 ) Punto 63 della sentenza impugnata.

    ( 30 ) Punti 64 e 65 della sentenza impugnata.

    ( 31 ) V. paragrafo 9 delle presenti conclusioni.

    ( 32 ) La ricorrente cita, a tale riguardo, gli artt. 5, 7, nn. 3 e 4, 13 e 16 del regolamento n. 423/2007.

    ( 33 ) Dette misure alternative suggerite dalla ricorrente sono descritte al punto 87 della sentenza impugnata e respinte al punto 107 della stessa.

    ( 34 ) V. punto 61 della sentenza impugnata.

    ( 35 ) Punto 67 della sentenza impugnata.

    ( 36 ) Fra i quali il livello di autonomia operativa dell’entità in questione o l’incidenza del controllo da parte di un’autorità pubblica (v. punto 69 della sentenza impugnata).

    ( 37 ) Al punto 69 della sentenza impugnata il Tribunale esclude dai criteri pertinenti la natura dell’attività dell’entità interessata. Anche se non credo che si debba considerare un criterio esclusivo, tuttavia sono convinto che l’attività dell’entità sia un criterio pertinente, come chiaramente dimostrato dalla situazione della ricorrente e come confermato dal Consiglio in udienza.

    ( 38 ) V. punto 3 della tabella B del regolamento di esecuzione (UE) del Consiglio 26 luglio 2010, n. 668, che attua l’articolo 7, paragrafo 2 del regolamento (CE) n. 423/2007 concernente misure restrittive nei confronti dell’Iran (GU L 195, pag. 25), che elenca le quindici entità considerate «possedute o controllate» dalla Bank Melli.

    ( 39 ) Punto 73 della sentenza impugnata.

    ( 40 ) V. punto 10 della risoluzione 1803 (2008), citato al paragrafo 9 delle presenti conclusioni.

    ( 41 ) V. decimo ‘considerando’ e art. 5, n. 1, della posizione comune 2007/140.

    ( 42 ) V., in una giurisprudenza copiosa, sentenze 18 novembre 1987, causa 137/85, Maizena e a. (Racc. pag. 4587, punto 15); 13 novembre 1990, causa C-331/88, Fedesa e a. (Racc. pag. I-4023, punto 13); 7 dicembre 1993, causa C-339/92, ADM Ölmühlen (Racc. pag. I-6473, punto 15), e 7 luglio 2009, causa C-558/07, S.P.C.M. e a. (Racc. pag. I-5783, punto 41 e giurisprudenza ivi citata).

    ( 43 ) V. punto 75 dell’impugnazione.

    ( 44 ) V. punto 109 della sentenza impugnata.

    ( 45 ) Sul fatto che solo la manifesta inadeguatezza di una misura sia atta a pregiudicarne la legittimità, v. sentenze 12 dicembre 2006, causa C-380/03, Germania/Parlamento e Consiglio (Racc. pag. I-11573, punto 145 e giurisprudenza ivi citata), e S.P.C.M. e a., cit. (punto 42).

    ( 46 ) V., per analogia, sentenza Kadi e Al Barakaat International Foundation/Consiglio e Commissione (cit., punto 358).

    ( 47 ) Ibidem (punto 361 e giurisprudenza ivi citata).

    ( 48 ) Articolo citato al paragrafo 8 delle presenti conclusioni.

    ( 49 ) Sentenza citata (punti 86-88).

    ( 50 ) V. punto 143 della sentenza impugnata.

    ( 51 ) Art. 253 CE.

    ( 52 ) V. paragrafo 8 delle presenti conclusioni.

    ( 53 ) V., inter alia, sentenza della Corte 1o febbraio 2007, causa C-266/05 P, Sison/Consiglio (Racc. pag. I-1233, punto 80).

    ( 54 ) V. punti 143 e 144 della sentenza impugnata.

    ( 55 ) V. punto 144 della sentenza impugnata.

    ( 56 ) V. punto 143 della sentenza impugnata.

    ( 57 ) V. punto 144 della sentenza impugnata.

    ( 58 ) V. punto 146 della sentenza impugnata.

    ( 59 ) V. punto 148 della sentenza impugnata.

    ( 60 ) Il corsivo è mio.

    ( 61 ) Ricordo infatti che, secondo costante giurisprudenza, «il fatto di consentire ad una parte di sollevare per la prima volta dinanzi alla Corte un motivo ed argomenti che essa non aveva dedotto dinanzi al Tribunale equivarrebbe a consentirle di sottoporre alla Corte, la cui competenza in materia di ricorsi avverso decisioni del Tribunale di primo grado è limitata, una controversia più ampia di quella di cui era stato investito il Tribunale. Nell’ambito di un’impugnazione, la competenza della Corte è pertanto limitata alla valutazione della soluzione giuridica che è stata fornita a fronte dei motivi e degli argomenti discussi dinanzi al giudice di primo grado» (sentenza 21 settembre 2010, cause riunite C-514/07 P, C-528/07 P e C-532/07 P, Svezia/API e Commissione, Racc. pag. I-8533, punto 126 e giurisprudenza ivi citata).

    ( 62 ) Citata alla nota 12.

    ( 63 ) Il corsivo è mio.

    ( 64 ) V., in una giurisprudenza copiosa, le citate sentenze Sison/Consiglio (punto 95 e giurisprudenza citata) e Svezia e a./API e Commissione (punto 126 e giurisprudenza citata). Qualora la Corte dovesse concludere diversamente, mi permetto di rinviare ai paragrafi 32 e seguenti delle conclusioni presentate in data odierna nella causa C-548/09 P, Bank Melli Iran/Consiglio, in cui suggerisco alla Corte di considerare che incombe al Consiglio un obbligo di notifica individuale della decisione controversa, pur ammettendo che la violazione di tale obbligo non può essere sanzionata sotto il profilo della legittimità, ma solamente sotto quello dell’opponibilità della detta decisione.

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