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Document 61993TJ0480

    Sentenza del Tribunale di primo grado (Quarta Sezione ampliata) del 14 settembre 1995.
    Antillean Rice Mills NV e altri contro Commissione delle Comunità europee.
    Regime di associazione dei paesi e territori d'oltremare - Misura di salvaguardia - Ricorso d'annullamento - Ricevibilità.
    Cause riunite T-480/93 e T-483/93.

    Raccolta della Giurisprudenza 1995 II-02305

    ECLI identifier: ECLI:EU:T:1995:162

    61993A0480

    SENTENZA DEL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO (QUARTA SEZIONE AMPLIATA) DEL 14 SETTEMBRE 1995. - ANTILLEAN RICE MILLS NV, TRADING & SHIPPING CO. TER BEEK BV, EUROPEAN RICE BROKERS AVV, ALESIE CURACAO NV E GUYANA INVESTMENTS AVV CONTRO COMMISSIONE DELLE COMUNITA EUROPEE. - REGIME DI ASSOCIAZIONE DEI PAESI E TERRITORI D'OLTREMARE - MISURA DI SALVAGUARDIA - RICORSO D'ANNULLAMENTO - RICEVIBILITA. - CAUSE RIUNITE T-480/93 E T-483/93.

    raccolta della giurisprudenza 1995 pagina II-02305


    Massima
    Parti
    Motivazione della sentenza
    Decisione relativa alle spese
    Dispositivo

    Parole chiave


    ++++

    1. Ricorso d' annullamento ° Interesse ad agire ° Ricorso diretto contro un atto eseguito o abrogato

    (Trattato CEE, art. 176)

    2. Ricorso d' annullamento ° Persone fisiche o giuridiche ° Atti che le riguardano direttamente e individualmente ° Decisione della Commissione, inviata agli Stati membri, che istituisce misure di salvaguardia applicabili alle importazioni di un prodotto originario di un paese o territorio d' oltremare associato ° Imprese interessate del paese o territorio associato ° Imprese individuate aventi merci già inoltrate

    (Trattato CEE, art. 173, secondo comma; decisione del Consiglio 91/482/CEE, art. 109)

    3. Associazione dei paesi e territori d' oltremare ° Applicazione da parte del Consiglio ° Preservazione degli interessi della Comunità mediante l' inserimento di una clausola di salvaguardia nel regime che stabilisce il libero accesso al mercato comunitario dei prodotti agricoli originari dei paesi e territori associati ° Legittimità

    (Trattato CEE, art. 136, secondo comma; decisione del Consiglio 91/482, art. 109)

    4. Associazione dei paesi e territori d' oltremare ° Misure di salvaguardia contro importazioni di prodotti agricoli originari dei paesi e territori associati ° Presupposti della loro adozione ° Potere discrezionale della Commissione

    (Decisione del Consiglio 91/482, art. 109; decisioni della Commissione 93/127/CEE e 93/211/CEE)

    5. Associazione dei paesi e territori d' oltremare ° Misure di salvaguardia contro importazioni di prodotti originari dei paesi e territori associati ° Validità subordinata alla loro indispensabilità

    (Decisione del Consiglio 91/482, art. 109, n. 2; decisioni della Commissione 93/127 e 93/211)

    6. Associazione dei paesi e territori d' oltremare ° Importazione nella Comunità dei prodotti originari dei paesi e territori associati ° Divieto dei dazi doganali e delle tasse di effetto equivalente ° Tassa di effetto equivalente ° Nozione ° Prelievo riscosso in caso di inosservanza di un prezzo minimo istituito a titolo di misura di salvaguardia ° Esclusione

    (Decisione del Consiglio 91/482, artt. 101 e 109)

    7. Responsabilità extracontrattuale ° Presupposti ° Atto normativo che implica scelte di politica economica ° Violazione sufficientemente grave e manifesta di una norma giuridica superiore che tutela i singoli ° Violazione del principio di proporzionalità, che va rispettato all' atto dell' adozione di misure di salvaguardia contro importazioni di prodotti originari dei paesi e territori d' oltremare associati ° Violazione di una norma giuridica superiore che tutela i singoli, non sufficientemente grave e manifesta per far sorgere la responsabilità della Comunità, tenuto conto della buona fede della Commissione che si era basata su dati errati non contestati dagli interessati ° Necessità, in ogni caso, di un danno anormale

    (Trattato CEE, art. 215, secondo comma; decisione del Consiglio 91/482, art. 109, n. 2)

    Massima


    1. Il ricorso d' annullamento è ricevibile solo se il ricorrente ha interesse a far annullare l' atto impugnato. Siffatto interesse presuppone che l' annullamento di detto atto possa produrre, di per sé, effetti giuridici, il che non si può escludere nel caso di un atto nel frattempo eseguito o abrogato. Infatti, ai sensi dell' art. 176 del Trattato, l' istituzione da cui emana l' atto annullato è tenuta ad adottare i provvedimenti necessari per dare esecuzione alla sentenza, il che può comportare un' adeguata rettifica per eliminare gli effetti dell' atto o la rinuncia ad adottare un atto identico.

    2. Una decisione della Commissione, adottata a norma dell' art. 109 della decisione 91/482, relativa all' associazione dei paesi e territori d' oltremare, inviata agli Stati membri e che fissa, a titolo di misure di salvaguardia, un prezzo minimo all' importazione di un prodotto originario di uno dei detti territori, riguarda direttamente, ai sensi dell' art. 173, secondo comma, del Trattato, le imprese che esportano detto prodotto a partire da tale territorio, se non lascia agli Stati membri alcun margine di discrezionalità quanto all' imposizione e al livello del prezzo minimo di cui trattasi.

    Nonostante la sua natura normativa, detta decisione riguarda altresì individualmente, ai sensi della stessa disposizione, quelle fra le dette imprese, note alla Commissione a causa di contatti instaurati prima dell' adozione della misura in esame, aventi, al momento in cui essa viene adottata, merci di cui trattasi già inoltrate. Infatti, dette imprese figurano necessariamente fra le imprese interessate per le quali il succitato art. 109 prescrive, quanto all' esame dell' adeguatezza delle misure di salvaguardia previste, che si consideri, prima di qualsiasi decisione, la situazione caratterizzata dal rischio di dover subire un danno.

    3. Il Consiglio aveva la facoltà, in base all' art. 136, secondo comma, del Trattato, al fine di conciliare i principi dell' associazione dei paesi e territori d' oltremare (PTOM) alla Comunità e della politica agricola comune, di inserire nella decisione 91/482, relativa a detta associazione, una clausola di salvaguardia, enunciata dall' art. 109, che autorizza, in particolare, restrizioni della libera importazione di prodotti agricoli originari dei PTOM, qualora questa comporti turbative gravi in un settore dell' attività economica della Comunità o di uno o più Stati membri o ne comprometta la stabilità finanziaria con l' estero, ovvero sorgano difficoltà che rischino di alterare un settore d' attività della Comunità o di una sua regione. Operando questa scelta, che limita solo eccezionalmente, parzialmente e temporaneamente la libera importazione nella Comunità dei prodotti provenienti dai PTOM, il Consiglio non ha ecceduto i limiti del suo potere discrezionale derivante dall' art. 136, secondo comma, del Trattato.

    4. Prevedendo che la Commissione possa adottare o autorizzare misure di salvaguardia contro importazioni di prodotti originari dei paesi e territori d' oltremare associati qualora tali importazioni comportino turbative gravi in un settore di attività economica della Comunità o di uno o più Stati membri o compromettano la loro stabilità finanziaria con l' estero, ovvero sorgano difficoltà che rischino di alterare un settore di attività della Comunità o di una sua regione, l' art. 109, n. 1, della decisione 91/482 conferisce alla Commissione un ampio potere discrezionale, non solo quanto all' esistenza delle condizioni che giustificano l' adozione di una misura di salvaguardia, ma anche quanto al principio dell' adozione di una siffatta misura, di modo che il giudice comunitario deve, nell' ambito del suo controllo, limitarsi ad accertare se l' esercizio di detto potere non sia viziato da un errore manifesto o da uno sviamento di potere oppure se la Commissione non abbia palesemente travalicato i limiti del proprio potere discrezionale.

    Ciò non si è verificato in occasione dell' adozione delle decisioni 93/127 e 93/211, con le quali sono state istituite, e successivamente modificate nel senso di una mitigazione, misure di salvaguardia per il riso originario delle Antille olandesi. Infatti, la Commissione, tenuto conto dell' andamento verso il ribasso del prezzo del riso nella Comunità che aveva potuto constatare e del contemporaneo aumento delle importazioni provenienti da detto territorio d' oltremare, ha potuto considerare che erano sorte difficoltà che rischiavano di comportare un deterioramento nel settore della risicoltura nella Comunità e di mettere in pericolo il programma Poseidom quanto alla sua applicazione ai dipartimenti d' oltremare francesi, e che erano pertanto soddisfatte le condizioni per l' adozione di misure di salvaguardia.

    5. Le misure di salvaguardia contro importazioni di prodotti originari dei paesi e territori d' oltremare associati autorizzate dall' art. 109 della decisione 91/482 possono mirare soltanto ad ovviare alle difficoltà incontrate da un settore di attività economica della Comunità o ad impedire che sorgano siffatte difficoltà, e devono, ai sensi del n. 2 di detto articolo, essere strettamente indispensabili.

    Per questo motivo dev' essere annullata la decisione 93/127, con la quale la Commissione ha stabilito, a titolo di misura di salvaguardia, un prezzo minimo all' importazione del riso originario delle Antille olandesi, poiché il livello al quale detto prezzo è stato fissato è tale che il riso di cui trattasi è reso più caro, sul mercato comunitario, non solo del riso comunitario, ma anche del riso proveniente da paesi terzi, tra cui i paesi ACP, in contrasto con l' ordine di preferenza di cui devono beneficiare i prodotti dei paesi e territori associati e col principio di proporzionalità espresso dall' art. 109, n. 2.

    Per contro, è valida la decisione 93/211, che riporta, quanto alla stessa misura di salvaguardia, il prezzo minimo ad un livello tale che il riso di cui trattasi è posto in una situazione concorrenziale sfavorevole solo rispetto al riso comunitario, che la misura mira a tutelare.

    6. Un prelievo riscosso all' importazione di un prodotto originario di un paese o territorio d' oltremare effettuata ad un prezzo inferiore al prezzo minimo fissato nell' ambito di una misura di salvaguardia istituita a norma dell' art. 109 della decisione 91/482 non può essere considerato una tassa di effetto equivalente vietata dall' art. 101 di detta decisione, poiché l' obbligo di pagamento ha origine non già nel fatto che la merce varca la frontiera della Comunità, bensì nell' inosservanza del prezzo minimo imposto.

    7. L' adozione, a norma dell' art. 109 della decisione 91/482, di misure di salvaguardia contro importazioni di prodotti originari di un paese o territorio d' oltremare associato costituisce un' attività normativa che implica scelte di politica economica, di modo che un' illegittimità commessa in tale occasione può far sorgere la responsabilità della Comunità solo se essa viene considerata come una violazione sufficientemente grave e manifesta di un principio giuridico superiore posto a tutela dei singoli.

    L' illecito commesso dalla Commissione quando ha adottato con la decisione 93/127 una misura di salvaguardia la quale non era, quanto alle sue modalità, indispensabile per salvaguardare gli interessi della Comunità, come prescritto dal citato art. 109, n. 2, costituisce violazione di siffatto principio, nella specie il principio di proporzionalità. Esso non fa sorgere tuttavia la responsabilità della Comunità poiché non può essere considerato sufficientemente grave e manifesto, tenuto conto del fatto che la Commissione ha utilizzato, in piena buona fede, dati comunicati da autorità nazionali, che si sono rivelati errati, senza che per questo gli interessati abbiano richiamato la sua attenzione su tale inesattezza che era loro nota.

    Peraltro, anche se detto illecito fosse stato tale da far sorgere la responsabilità della Comunità, sarebbe stato necessario, perché sorgesse il diritto al risarcimento, che ci si trovasse in presenza di un danno superiore a quanto si ammette che un singolo debba sostenere, anche nel caso in cui sia vittima di un illecito, senza poter farsi risarcire col denaro pubblico.

    Parti


    Nelle cause riunite T-480/93 e T-483/93,

    Antillean Rice Mills NV, società ai sensi del diritto delle Antille olandesi, con sede in Bonaire (Antille olandesi),

    Trading & Shipping Co. Ter Beek BV, società di diritto olandese, con sede in Amsterdam,

    con gli avv.ti Paul Glazener e Winfred Knibbeler, del foro di Rotterdam, con domicilio eletto in Lussemburgo presso lo studio dell' avv. Marc Loesch, 11, rue Goethe,

    e

    European Rice Brokers AVV, società ai sensi del diritto di Aruba, con sede in Oranjestad (Aruba),

    Alesie Curaçao NV, società ai sensi del diritto delle Antille olandesi, con sede in Willemstad, Curaçao (Antille olandesi),

    Guyana Investments AVV, società ai sensi del diritto di Aruba, con sede in Oranjestad (Aruba),

    con l' avv. Johan Pel, del foro di Amsterdam, con domicilio eletto in Lussemburgo presso lo studio dell' avv. Luc Frieden, 62, avenue Guillaume,

    ricorrenti,

    contro

    Commissione delle Comunità europee, rappresentata dai signori Étienne Lasnet e Thomas van Rijn, consiglieri giuridici, e Marc van der Woude, membro del servizio giuridico, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo presso il signor Carlos Gómez de la Cruz, membro del servizio giuridico, Centre Wagner, Kirchberg,

    convenuta,

    sostenuta da

    Consiglio dell' Unione europea, rappresentato dal signor Guus Houttuin, membro del servizio giuridico, in qualità di agente, con domicilio eletto in Lussemburgo presso il signor Bruno Eynard, direttore della direzione affari giuridici della Banca europea per gli Investimenti, 100, boulevard Konrad Adenauer,

    Repubblica francese, rappresentata dalle signore Edwige Belliard, direttore aggiunto della direzione affari giuridici del ministero per gli Affari esteri, e Catherine de Salins, vice-direttore della stessa direzione, e dal signor Claude Chavance, funzionario dello stesso ministero, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo presso la sede dell' ambasciata di Francia, 9, boulevard du Prince Henri,

    Repubblica italiana, rappresentata dal signor Danilo Del Gaizo, avvocato dello Stato, con domicilio eletto in Lussemburgo presso la sede dell' ambasciata d' Italia, 5, rue Marie Adélaïde,

    intervenienti,

    aventi ad oggetto l' annullamento della decisione della Commissione 25 febbraio 1993, 93/127/CEE, che istituisce misure di salvaguardia nel settore del riso originario delle Antille olandesi (GU L 50, pag. 27), e della decisione della Commissione 13 aprile 1993, 93/211/CEE, recante modifica della decisione 25 febbraio 1993, 93/127/CEE (GU L 90, pag. 36), nonché la condanna della Commissione al risarcimento del danno che le ricorrenti sostengono di aver subito e di poter essere costrette a subire in ragione dell' adozione delle suddette decisioni,

    IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO

    DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Quarta Sezione ampliata),

    composto dai signori K. Lenaerts, presidente, R. Schintgen, C.P. Briët, R. García-Valdecasas e C.W. Bellamy, giudici,

    cancelliere: H. Jung

    vista la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione orale del 24 marzo 1995,

    ha pronunciato la seguente

    Sentenza

    Motivazione della sentenza


    Fatti

    Il contesto normativo

    1 Le Antille olandesi fanno parte dei paesi e territori d' oltremare (in prosieguo: i "PTOM") associati alla Comunità economica europea. L' associazione dei PTOM alla Comunità è disciplinata dalla Parte quarta del Trattato CEE (in prosieguo: il "Trattato"), nonché dalla decisione del Consiglio 25 luglio 1991, 91/482/CEE (GU L 263, pag. 1; in prosieguo: la "decisione PTOM"), adottata a norma dell' art. 136, secondo comma, del Trattato.

    2 Secondo l' art. 133, n. 1, del Trattato, le importazioni originarie dei PTOM fruiscono, al loro ingresso negli Stati membri, della totale abolizione dei dazi doganali che interviene progressivamente fra gli Stati membri in conformità alle disposizioni dello stesso Trattato. A norma dell' art. 101, n. 1, della decisione PTOM, i prodotti originari dei PTOM sono ammessi all' importazione nella Comunità in esenzione da dazi doganali e tasse d' effetto equivalente. Inoltre, ai sensi del n. 2 dello stesso articolo, i prodotti non originari dei PTOM che si trovano in libera pratica in uno di tali paesi o territori e vengono riesportati, nello stato in cui si trovano, sul mercato comunitario sono ammessi all' importazione nella Comunità in esenzione da dazi doganali e tasse d' effetto equivalente, alla triplice condizione che per essi siano stati pagati, nel PTOM interessato, i dazi doganali o le tasse d' effetto equivalente ad un livello pari o superiore ai dazi doganali vigenti nella Comunità per l' importazione degli stessi prodotti, originari di paesi terzi che fruiscono della clausola della nazione più favorita; che tali prodotti non siano stati oggetto di esonero o restituzione, totale o parziale, dei dazi doganali o delle tasse d' effetto equivalente; e che siano corredati di un certificato d' esportazione.

    3 L' art. 108, n. 1, primo trattino, della decisione PTOM fa rinvio all' allegato II della stessa (in prosieguo: l' "allegato II") per quanto riguarda la definizione della nozione di prodotti originari ed i relativi metodi di cooperazione amministrativa.

    4 A termini dell' art. 1 dell' allegato II, sono considerati prodotti originari dei PTOM, della Comunità e degli Stati dell' Africa, dei Caraibi e del Pacifico (in prosieguo: gli "Stati ACP") i prodotti ivi interamente ottenuti o sufficientemente trasformati.

    5 Secondo l' art. 2, n. 1, lett. b), dell' allegato II, sono considerati come interamente ottenuti nei PTOM, nella Comunità o negli Stati ACP "i prodotti del regno vegetale che vi sono raccolti".

    6 Ai sensi dell' art. 3, n. 1, dell' allegato II, i materiali non originari sono considerati come sufficientemente lavorati o trasformati quando il prodotto ottenuto è classificato in una voce tariffaria diversa da quella in cui sono classificati tutti i materiali non originari impiegati per la sua fabbricazione.

    7 Infine, l' art. 6, n. 2, dell' allegato II stabilisce che, quando prodotti interamente ottenuti nella Comunità o negli Stati ACP sono oggetto di lavorazione o di trasformazioni nei PTOM, li si considera come interamente ottenuti nei PTOM.

    8 Dal 1967 esiste un' organizzazione comune del mercato del riso, che è attualmente disciplinata dal regolamento (CEE) del Consiglio 21 giugno 1976, n. 1418, relativo all' organizzazione comune del mercato del riso (GU L 166, pag. 1), e che comprende un prezzo d' intervento per il risone, restituzioni all' esportazione e prelievi all' importazione. Questi prelievi variano in funzione del paese di origine. Nel caso degli Stati ACP viene percepito un prelievo in base ad un' aliquota ridotta entro il limite di un contingente tariffario di 125 000 tonnellate di riso sbramato e di 20 000 tonnellate di rotture di riso.

    9 Inoltre, il regolamento (CEE) del Consiglio 18 dicembre 1987, n. 3878, relativo all' aiuto alla produzione di determinate varietà di riso (GU L 365, pag. 3; in prosieguo: il "regolamento n. 3878/87"), è inteso ad incentivare la coltivazione del riso Indica da parte dei produttori comunitari. Il regolamento (CEE) del Consiglio 16 dicembre 1991, n. 3763, recante misure specifiche a favore dei dipartimenti francesi d' oltremare per quanto riguarda taluni prodotti agricoli (GU L 356, pag. 1; in prosieguo: il "regolamento n. 3763/91"), mira a favorire la risicoltura nella Guyana francese ed a promuovere lo smercio e la commercializzazione del riso in Guadalupa e in Martinica, tre dipartimenti francesi d' oltremare (in prosieguo: i "DOM"). In proposito va ricordato che, in forza dell' art. 227, n. 2, del Trattato, le norme riguardanti la libera circolazione delle merci e quelle sulla politica agricola comune, escluso l' art. 40, n. 4, si applicano ai DOM, che ° a questo titolo ° fanno parte integrante della Comunità.

    Il contesto di fatto

    1. Il mercato del riso nella Comunità

    10 Esistono principalmente tre varietà di riso: il riso a grani tondi, il riso a grani semilunghi e il riso a grani lunghi. Nella Comunità hanno importanza soltanto il riso a grani semilunghi, detto anche Japonica, consumato soprattutto negli Stati membri meridionali, ed il riso a grani lunghi, detto anche Indica, consumato soprattutto negli Stati membri settentrionali.

    11 La Spagna, la Francia e l' Italia sono gli unici Stati membri della Comunità nei quali si coltiva riso. Si tratta essenzialmente di riso Japonica, varietà la cui produzione è eccedentaria. Il regolamento n. 3878/87 (v. supra, punto 9) ha lo scopo di incoraggiare la produzione comunitaria di riso Indica.

    12 Per il consumo, le diverse varietà di riso devono essere trasformate. Dopo il raccolto, il riso viene sbramato, indi pilato, in varie fasi.

    13 Il valore unitario del riso aumenta nei vari stadi di trasformazione. Lo stadio di trasformazione viene quindi sempre indicato a fronte del prezzo o della tassa che colpisce il prodotto. Si distinguono, in generale, quattro stadi di trasformazione:

    ° risone: si tratta del riso così come viene raccolto, non ancora atto al consumo;

    ° riso semigreggio: si tratta del riso dal quale è stata asportata la lolla e che è atto al consumo, ma può essere sottoposto ad ulteriore trasformazione;

    ° riso semilavorato: si tratta del riso dal quale è stata asportata una parte del pericarpo e che è un prodotto semifinito, venduto in genere per l' ulteriore trasformazione e non per il consumo; poiché conserva parte del pericarpo, questo riso è generalmente meno deperibile del riso lavorato;

    ° riso lavorato: si tratta del riso completamente trasformato, dal quale sono stati interamente asportati la lolla e il pericarpo.

    14 La trasformazione del risone in riso lavorato può avvenire in una sola fase o in più fasi. Perciò, il risone, il riso semigreggio e il riso semilavorato possono servire da materia prima ai produttori di riso lavorato. D' altra parte, la trasformazione del riso può essere preceduta da stufatura. Il risone viene in tal caso immerso in acqua calda a pressione, fatto cuocere al vapore ed essiccato. Soltanto in seguito si procede alla sbramatura ed alla lavorazione. Il prodotto finito è denominato riso stufato ed ha minor tenore di umidità e maggior valore nutritivo del riso lavorato.

    15 La produzione comunitaria di riso lavorato a grani lunghi corrisponde al 25% circa del consumo comunitario totale. L' altro 75% è coperto da prodotti provenienti da paesi terzi, essenzialmente dagli Stati Uniti d' America e dalla Tailandia.

    2. La distribuzione del riso antillano

    16 Le ricorrenti nella causa T-480/93 sono la Antillean Rice Mills NV (in prosieguo: la "ARM") e la Trading & Shipping Co. Ter Beek NV (in prosieguo: la "Ter Beek"). La prima effettua, nelle Antille olandesi, la trasformazione di riso semigreggio importato dal Surinam e dalla Guyana in riso semilavorato. La seconda si occupa in particolare del commercio del riso e, a questo titolo, importa riso semigreggio dal Surinam e dalla Guyana nelle Antille olandesi, ove il prodotto viene trasformato dalla ARM in riso semilavorato, ed esporta riso semilavorato dalle Antille olandesi nella Comunità.

    17 Le ricorrenti nella causa T-483/93 sono la European Rice Brokers AVV (in prosieguo: la "ERB"), l' Alesie Curaçao NV (in prosieguo: la "Alesie") e la Guyana Investments AVV (in prosieguo: la "Guyana Investments"). La prima si occupa del commercio del riso. Essa, perciò, acquista riso, o lo fa acquistare per suo conto, nel Surinam e in Guyana, ed esporta nella Comunità il prodotto semilavorato, trasformato nelle Antille dall' Alesie, la quale provvede anche alla spedizione in nome e per conto della ERB. Infine, la Guyana Investments ° consociata della ERB ° effettua l' acquisto di risone in Guyana e la trasformazione di questo prodotto in riso semigreggio, ch' essa rivende in seguito alla ERB.

    3. I fatti che hanno dato origine alla controversia

    18 Prima di adottare le misure di salvaguardia sulle quali verte il presente procedimento, la Commissione si era opposta due volte al fatto che il riso antillano venisse importato nella Comunità in esenzione da prelievo. La prima volta, poco dopo che, all' inizio del 1992, erano cominciate le importazioni, la Commissione sosteneva che l' art. 101 della decisione PTOM non prevedeva alcuna esenzione dal prelievo per i prodotti agricoli. Dopo un' approfondita concertazione con il governo olandese, intervenuto presso di lei, la Commissione rinunciava alla suddetta interpretazione. La seconda volta, durante l' estate 1992, essa faceva valere che la trasformazione subita dal riso nelle Antille olandesi non era sufficiente affinché il riso semilavorato di là esportato potesse essere considerato originario delle Antille olandesi, secondo le norme relative all' origine dei prodotti stabilite dall' art. 6, n. 2, dell' allegato II della decisione PTOM (v. supra, punto 7). Un nuovo intervento del governo olandese portava la Commissione ad abbandonare il proprio punto di vista in proposito.

    19 Con lettera del 28 ottobre 1992, il governo francese chiedeva alla Commissione di adottare, in forza dell' art. 109 della decisione PTOM, una misura di salvaguardia per il riso proveniente dai PTOM. Con lettera del 14 dicembre 1992, esso forniva informazioni complementari a sostegno della propria domanda.

    20 Lo stesso faceva il governo italiano, con lettera 27 novembre 1992.

    21 In data 21 dicembre 1992 il comitato consultivo per le misure di salvaguardia teneva una riunione informale per discutere le misure prospettate dagli uffici della Commissione. Questa riunione preparava la consultazione ufficiale prevista dall' art. 1, n. 3, dell' allegato IV della decisione PTOM.

    22 Il 23 dicembre 1992 la Commissione decideva, in forza dell' art. 1, n. 2, dell' allegato IV della decisione PTOM, di adottare misure di salvaguardia. Nello stesso giorno, aveva luogo una riunione tra i funzionari competenti della Commissione e taluni rappresentanti del governo olandese per discutere le misure previste.

    23 Con lettera 23 dicembre 1992, la Commissione invitava i membri del comitato consultivo per le misure di salvaguardia a dare per iscritto il loro parere sulle misure ch' essa intendeva adottare.

    24 L' 11 gennaio 1993, il comitato consultivo si riuniva su richiesta del rappresentante olandese, il quale si era opposto alla trattazione scritta della questione. Nel corso delle deliberazioni emergeva che sette Stati membri erano favorevoli alle misure previste, uno Stato membro era contrario, uno Stato membro esprimeva riserve e tre Stati membri non erano rappresentati.

    25 Con lettera dello stesso giorno, il governo olandese proponeva, a titolo di compromesso, che venisse fissato un prezzo minimo relativo pari al 120% del prelievo vigente all' importazione, nella Comunità, di riso semigreggio a grani lunghi proveniente da paesi terzi, con un prezzo minimo assoluto di 710 USD/tonnellata.

    26 Il 12 gennaio 1993 si teneva, su richiesta del governo olandese, una nuova riunione fra il rappresentante dello stesso e i funzionari della Commissione. A questa riunione partecipavano anche i rappresentanti delle imprese interessate. Nel corso della riunione il rappresentante del governo olandese proponeva che le autorità olandesi stabilissero un prezzo minimo all' importazione, che sarebbe stato calcolato in modo da rispettare la preferenza comunitaria pur riservando al riso originario dei PTOM un regime più favorevole di quello da applicare al riso di altra origine. In concreto, tale prezzo minimo relativo sarebbe stato fissato al 120% del prelievo vigente per l' importazione di riso semigreggio a grani lunghi, con un prezzo minimo assoluto di 710 USD/tonnellata. In proposito, la Commissione sostiene tuttavia che la proposta formulata nella riunione non prendeva come base il prelievo sul riso semigreggio, bensì quello sul riso semilavorato.

    27 Il 14 gennaio 1993, il ministro delle finanze delle Antille olandesi emetteva un decreto che fissava un prezzo minimo relativo pari al 120% del prelievo vigente per l' importazione, nella Comunità, di riso semilavorato a grani lunghi, con un prezzo minimo assoluto di 710 USD per le esportazioni di riso semilavorato.

    28 Con lettere 14 gennaio 1993 del ministro-presidente delle Antille olandesi e 15 gennaio 1993 del rappresentante permanente dei Paesi Bassi (v. allegati 2 e 3 della controreplica, tanto nella causa T-480/93 quanto nella causa T-483/93), si informava la Commissione dell' imposizione di un prezzo minimo all' esportazione, fissato al 120% del prelievo vigente per l' importazione di riso semilavorato.

    29 Il 25 febbraio 1993 la Commissione emanava la decisione 93/127/CEE "che istituisce misure di salvaguardia nel settore del riso originario delle Antille olandesi" (GU L 50, pag. 27). A norma dell' art. 1, n. 1, di tale decisione, "l' immissione in libera pratica nella Comunità di riso semilavorato (...) originario delle Antille olandesi in esenzione dai dazi all' importazione" era "subordinata alla condizione che il valore in dogana non (fosse) inferiore a un prezzo minimo [relativo] pari al 120% del prelievo applicabile a questo prodotto in conformità del regolamento (CEE) n. 1418/76 del Consiglio". Ai sensi del n. 2 di detto articolo, il prezzo minimo di cui al n. 1 non doveva essere inferiore ad un prezzo minimo assoluto ("prezzo base") pari a 546 ECU/tonnellata di riso semilavorato. Nella stessa disposizione era poi previsto che detto prezzo minimo assoluto sarebbe stato aumentato mensilmente, a decorrere dal 1 marzo 1993, di 3,5 ECU/tonnellata. La misura di salvaguardia adottata dalla Commissione differiva da quella istituita dal decreto ministeriale delle Antille olandesi su un solo punto: il prezzo minimo assoluto era fissato ad un livello più elevato (546 ECU/tonnellata, pari a 775,26 USD, cui si doveva aggiungere, a partire dal 1 marzo 1993, un aumento mensile di 3,5 ECU/tonnellata).

    30 Il 1 marzo 1993 il governo olandese deferiva la decisione della Commissione al Consiglio, in forza dell' art. 1, n. 5, dell' allegato IV della decisione PTOM, chiedendo l' abrogazione del provvedimento.

    31 Nella riunione dell' 8 marzo 1993 il Consiglio esaminava la misura di salvaguardia istituita dalla Commissione, senza adottare una diversa decisione. Secondo le ricorrenti, in detta riunione, la Commissione avrebbe proposto di sottoporre a riesame la decisione considerata.

    32 Il 16 marzo 1993 aveva luogo una riunione tra i funzionari della Commissione ed i rappresentanti dei governi olandese, francese ed italiano.

    33 Il 2 aprile 1993 si riuniva nuovamente il comitato consultivo per le misure di salvaguardia. La Commissione gli sottoponeva un progetto di decisione recante modifica della decisione 93/127/CEE del 25 febbraio 1993. Quattro Stati membri approvavano questo testo, tre Stati membri sollevavano obiezioni, due Stati membri esprimevano riserve e tre Stati membri non erano rappresentati.

    34 Il 13 aprile 1993 la Commissione adottava la decisione 93/211/CEE, recante modifica della decisione 93/127/CEE del 25 febbraio 1993 (GU L 90, pag. 36). Questa decisione portava il prezzo minimo assoluto per tonnellata a 550 ECU (pari a 801,19 USD) ed aboliva il prezzo minimo relativo (120% del prelievo sul riso semilavorato a grani lunghi) nonché gli aumenti mensili.

    35 Il 16 giugno 1993 la Commissione adottava la decisione 93/356/CEE, la quale abroga la decisione 93/127/CEE del 25 febbraio 1993, che istituisce misure di salvaguardia nel settore del riso originario delle Antille olandesi (GU L 147, pag. 28).

    Procedimento

    36 Con atto depositato nella cancelleria della Corte il 10 maggio 1993, le imprese ARM e Ter Beek hanno proposto un ricorso, che è stato registrato con il n. C-271/93.

    37 Con atto depositato nella cancelleria della Corte il 14 maggio 1993, le imprese ERB, Alesie e Guyana Investments hanno proposto un ricorso, che è stato registrato con il n. C-281/93.

    38 Il 3 agosto, il 13 settembre e il 23 settembre 1993, il Consiglio, la Repubblica francese e la Repubblica italiana hanno chiesto, con domande depositate nella cancelleria della Corte, di intervenire nelle suddette cause a sostegno delle conclusioni della convenuta.

    39 Con ordinanza 27 settembre 1993 la Corte ha rimesso queste cause al Tribunale, ai sensi dell' art. 3 della decisione del Consiglio 24 ottobre 1988, 88/591/CECA, CEE, Euratom, che istituisce un Tribunale di primo grado delle Comunità europee (GU L 319, pag. 1), modificata dalla decisione del Consiglio 8 giugno 1993, 93/350/Euratom, CECA, CEE (GU L 144, pag. 21). Le cause sono state iscritte a ruolo presso il Tribunale con i numeri T-480/93 e T-483/93.

    40 Con ordinanze 23 novembre 1993, il presidente della Prima Sezione del Tribunale ha accolto le domande d' intervento a sostegno delle conclusioni della convenuta.

    41 Nella fase della replica, la ARM ha rinunciato alle proprie domande di risarcimento.

    42 Dopo la chiusura della fase scritta del procedimento, le ricorrenti nella causa T-483/93 hanno chiesto al Tribunale, con lettera datata 17 giugno 1994, l' autorizzazione a versare agli atti nuovi documenti e ad aumentare di 248 234 USD l' importo da loro preteso a titolo di risarcimento. La Commissione e la Repubblica francese si sono opposte a tale richiesta.

    43 Con lettere del 28 luglio 1994 nella causa T-480/93 e del 2 agosto 1994 nella causa T-483/93, le ricorrenti hanno chiesto, inoltre, di poter versare agli atti una lettera del rappresentante permanente del Regno dei Paesi Bassi. Esse hanno depositato questa lettera in allegato alle risposte da loro date ai quesiti posti per iscritto dal Tribunale prima dell' udienza.

    44 Le cause T-480/93 e T-483/93 sono state riunite con ordinanza 26 gennaio 1995 del presidente della Quarta Sezione ampliata.

    45 Su relazione del giudice relatore, il Tribunale (Quarta Sezione ampliata) ha deciso di passare alla fase orale senza procedere ad istruttoria. Tuttavia, nell' ambito delle misure di organizzazione del procedimento, di cui all' art. 64 del regolamento di procedura, le parti sono state invitate a rispondere per iscritto a taluni quesiti prima dell' udienza.

    46 Le parti hanno svolto le proprie difese orali e risposto ai quesiti orali del Tribunale nell' udienza del 24 marzo 1995.

    Conclusioni delle parti

    47 Nella causa T-480/93, le ricorrenti chiedono che il Tribunale voglia:

    ° annullare le suddette decisioni 25 febbraio 1993, 93/127/CEE, e 13 aprile 1993, 93/211/CEE;

    ° condannare la Comunità a riparare il danno subito dalla Ter Beek, valutato in 566 044,20 USD;

    ° condannare la Commissione alle spese.

    48 Nella causa T-483/93, le ricorrenti chiedono che il Tribunale voglia:

    ° annullare le suddette decisioni 25 febbraio 1993, 93/127/CEE, e 13 aprile 1993, 93/211/CEE;

    ° condannare la Comunità a riparare il danno subito dalle ricorrenti, valutato in 8 562 000 USD, cui si devono aggiungere 248 234 USD;

    ° condannare la Commissione alle spese.

    La Commissione, sostenuta dalla Repubblica francese e dalla Repubblica italiana, chiede che il Tribunale voglia:

    ° dichiarare irricevibili le domande di annullamento o respingerle;

    ° respingere le domande di risarcimento;

    ° condannare le ricorrenti alle spese.

    Il Consiglio chiede che il Tribunale voglia:

    ° dichiarare che non esistono, nella fattispecie, elementi atti ad inficiare la validità dell' art. 109 della decisione PTOM.

    Motivi e argomenti delle parti

    49 A sostegno delle domande di annullamento, le ricorrenti deducono sei motivi. Il primo riguarda l' illegittimità dell' art. 109 della decisione PTOM, sul quale si basa la misura di salvaguardia impugnata, in quanto detta norma attribuirebbe alla Commissione il potere di adottare misure di salvaguardia in condizioni che non sarebbero state previste dal Trattato. Il secondo motivo è tratto da una violazione dell' art. 109, n. 1, della decisione PTOM, in quanto la Commissione avrebbe adottato misure di salvaguardia, mentre non ricorrevano i presupposti per la loro adozione. Il terzo motivo si riferisce alla violazione dell' art. 109, n. 2, della decisione PTOM, derivante dal fatto che le misure di salvaguardia adottate andrebbero al di là di quanto è necessario per eliminare la pretesa minaccia di perturbazione o alterazione di un settore d' attività della Comunità o di una sua regione. Il quarto motivo è basato su una violazione degli artt. 132, punto 1), e 133, n. 1, del Trattato e dell' art. 101, n. 1, della decisione PTOM, in quanto il fatto che l' esenzione dai dazi doganali all' importazione sia subordinata al rispetto di prezzi minimi costituirebbe una tassa "condizionale" d' effetto equivalente. Il quinto motivo riguarda la violazione dell' art. 131 del Trattato, in quanto la Commissione non avrebbe tenuto conto, o non avrebbe sufficientemente tenuto conto, degli scopi dell' associazione dei PTOM. L' ultimo motivo si riferisce alla violazione del principio della diligente preparazione degli atti, nonché dell' art. 190 del Trattato, in quanto la Commissione non avrebbe esaminato, o non avrebbe sufficientemente esaminato, la situazione del mercato, né motivato le misure di salvaguardia instaurate.

    50 A sostegno delle domande di risarcimento, le ricorrenti fanno valere che la Commissione ha agito illecitamente nell' adottare le decisioni controverse, che hanno loro direttamente causato un danno.

    Le domande di annullamento

    A ° Sulla ricevibilità

    Argomenti delle parti

    51 La Commissione, sostenuta dalle intervenienti, solleva un' eccezione d' irricevibilità. Poiché hanno portata generale ed effetti per un intero settore di attività, le decisioni impugnate colpirebbero le ricorrenti alla stessa stregua di qualsiasi operatore economico che si trovi, in atto o in potenza, nella medesima situazione. Si tratta quindi, a suo avviso, di provvedimenti che si applicano a situazioni obiettivamente definite e che producono effetti giuridici per una cerchia di persone definita generalmente in astratto, provvedimenti che, perciò, non potrebbero riguardare individualmente le ricorrenti. Né potrebbero portare ad una diversa conclusione il numero ristretto delle imprese operanti nel settore o la possibilità di determinare il numero e l' identità delle imprese colpite, derivante, secondo la Commissione, da circostanze puramente fortuite (sentenze della Corte 1 aprile 1965, causa 38/64, Getreide-Import/Commissione, Racc. pag. 256, e 16 marzo 1978, causa 123/77, Unicme/Consiglio, Racc. pag. 845).

    52 Essa aggiunge che le ricorrenti non possono far valere la sentenza della Corte 17 gennaio 1985 nella causa 11/82, Piraiki-Patraiki/Commissione (Racc. pag. 207), poiché, in tale causa, le ricorrenti avevano impugnato una decisione individuale destinata a un solo Stato membro, mentre nella presente fattispecie si tratta di una decisione generale destinata a tutti gli Stati membri.

    53 La Commissione ammette, cionondimeno, che la prima decisione potrebbe riguardare individualmente la ricorrente Ter Beek nella causa T-480/93 e le ricorrenti ERB e Guyana Investments nella causa T-483/93, qualora fosse provato che dette imprese avevano stipulato contratti per la fornitura di riso semigreggio antillano e che, perciò, esse avevano già spedito varie partite al momento dell' entrata in vigore della prima decisione. La Commissione sottolinea, tuttavia, che in proposito si deve tener conto anche del fatto che la decisione di cui trattasi non faceva, in gran parte, che ripetere le disposizioni del provvedimento del governo delle Antille olandesi, entrato in vigore fin dal 14 gennaio 1993.

    54 Infine, la Commissione contesta che le ricorrenti abbiano interesse a chiedere l' annullamento delle decisioni in questione, dato che la prima, modificata dalla seconda, è stata abrogata il 16 giugno 1993, il che renderebbe priva di oggetto la domanda di annullamento (ordinanza della Corte 8 marzo 1993, causa C-123/92, Lezzi/Commissione, Racc. pag. I-809).

    55 Le ricorrenti ribattono che la domanda di annullamento è ricevibile, in quanto le decisioni destinate agli Stati membri (v. art. 5 della decisione 93/127, del 25 febbraio 1993, e art. 2 della decisione 93/211, del 13 aprile 1993) le riguardano direttamente e individualmente. Le decisioni le riguarderebbero direttamente perché non lascerebbero agli Stati membri alcun potere discrezionale quanto al prezzo minimo imposto ed ai prodotti a questo soggetti. Esse le riguarderebbero individualmente perché la situazione delle ricorrenti è, ad avviso di queste ultime, secondo la formula usata nella sentenza della Corte 15 luglio 1963 nella causa 25/62, Plaumann/Commissione (Racc. pag. 197), caratterizzata rispetto a quella di qualsiasi altro soggetto. Tutte e cinque le ricorrenti nelle due cause ritengono infatti che l' obbligo, sancito dall' art. 109, n. 2, della decisione PTOM, di scegliere in via prioritaria le misure che comportino il meno possibile di perturbazioni implichi, per la Commissione, l' obbligo d' informarsi in merito alla situazione di fatto ed alle ripercussioni negative che le misure di salvaguardia potrebbero avere sull' economia dei PTOM e sulle imprese interessate (v., per analogia, l' interpretazione data dalla Corte all' art. 130, n. 3, dell' Atto di adesione della Repubblica ellenica, nella sentenza Piraiki-Patraiki/Commissione, loc. cit.). Le ricorrenti rientrerebbero, quindi, nella ristretta cerchia delle imprese di cui la Commissione avrebbe dovuto esaminare la situazione prima di adottare le misure di salvaguardia e, perciò, le decisioni impugnate le riguarderebbero individualmente. Esse sostengono inoltre che, se la Commissione ha un siffatto obbligo, le imprese interessate hanno il diritto di far valere l' inosservanza di quest' obbligo in sede giurisdizionale.

    56 Inoltre, secondo le ricorrenti ARM nella causa T-480/93 e Alesie nella causa T-483/93, il fatto che le decisioni le riguardino individualmente ai sensi della sentenza Piraiki-Patraiki risulta, da un lato, dalla circostanza che la Commissione sapeva, in quanto conosceva la loro identità ed aveva avuto con loro regolari contatti, ch' esse erano le uniche imprese che avessero effettuato investimenti specificamente intesi alla trasformazione del riso semigreggio proveniente dagli Stati ACP in riso semilavorato per fruire delle possibilità di esportazione nella Comunità e quindi dell' esenzione dal prelievo in base all' art. 101 della decisione PTOM e, dall' altro, dalla circostanza che la loro produzione è stata paralizzata dalle misure di salvaguardia, data la mancanza di sbocchi al di fuori della Comunità.

    57 La ricorrente Ter Beek nella causa T-480/93 e le ricorrenti ERB e Guyana Investments nella causa T-483/93 aggiungono, poi, che esse avevano stipulato contratti per la fornitura di riso semilavorato, contratti che non erano stati ancora eseguiti o erano in corso di esecuzione al momento dell' adozione della prima decisione, ed avevano già effettuato spedizioni di riso, pur se questo non era stato ancora venduto. Esse rientrerebbero quindi nella ristretta e chiusa cerchia delle imprese colpite dalla prima decisione, perché non erano più in grado di dare esecuzione ai contratti stipulati o, quanto meno, non potevano più eseguirli alle condizioni concordate. A loro avviso, la Commissione avrebbe dovuto essere al corrente di tale situazione particolare, tenuto conto del tempo trascorso fra la prima domanda del governo francese e l' adozione della misura di salvaguardia e, d' altro canto, dei mezzi di cui disponeva la Commissione (v. sentenza Piraiki-Patraiki, loc. cit., e sentenza della Corte 26 giugno 1990, causa 152/88, Sofrimport/Commissione, Racc. pag. I-2477, punto 12).

    58 Infine, le ricorrenti affermano che, anche se le decisioni impugnate sono state abrogate, esse hanno sempre interesse a farne accertare l' illegittimità finché questa non sia stata dichiarata.

    Giudizio del Tribunale

    ° Sull' interesse ad agire

    59 Il Tribunale constata che, per giurisprudenza costante, il ricorso d' annullamento è ricevibile solo se il ricorrente abbia interesse a far annullare l' atto impugnato (v., da ultimo, sentenza del Tribunale 9 novembre 1994, causa T-46/92, Scottish Football Association/Commissione, Racc. pag. II-1039, punto 14). Un siffatto interesse esiste soltanto qualora l' annullamento di tale atto possa produrre, di per sé, effetti giuridici (v. sentenza della Corte 24 giugno 1986, causa 53/85, AKZO Chemie/Commissione, Racc. pag. 1965, punto 21).

    60 In proposito, si deve ricordare che, secondo l' art. 176 del Trattato, l' istituzione da cui emana l' atto annullato è tenuta ad adottare i provvedimenti che l' esecuzione della sentenza importa. Tali provvedimenti non attengono alla scomparsa dell' atto in quanto tale dall' ordinamento giuridico comunitario, poiché questa è una naturale conseguenza dell' annullamento dell' atto da parte del giudice. Essi riguardano invece l' eliminazione degli effetti delle illegittimità accertate nella sentenza di annullamento. L' annullamento di un atto che sia già stato eseguito o che, nel frattempo, sia stato abrogato a decorrere da una determinata data può sempre, perciò, avere effetti giuridici. Tale annullamento implica, infatti, per l' istituzione da cui emana l' atto, l' obbligo di adottare i provvedimenti necessari per dare esecuzione alla sentenza. L' istituzione interessata può essere indotta, ad esempio, ad effettuare un' adeguata rettifica della situazione del ricorrente o ad evitare l' adozione di un atto identico (v. sentenze della Corte 6 marzo 1979, causa 92/78, Simmenthal/Commissione, Racc. pag. 777, punto 32; 24 giugno 1986, AKZO Chemie/Commissione, loc. cit., punto 21, e 26 aprile 1988, causa 207/86, Apesco/Commissione, Racc. pag. 2151, punto 16).

    61 E' opportuno aggiungere, in risposta all' argomento che la Commissione ha tratto dalla suddetta ordinanza Lezzi/Commissione, che la presente fattispecie si distingue da quella allora considerata, poiché, a differenza di quanto dichiarato in quel procedimento, non si può ora affermare che le decisioni di modifica della decisione 93/127, del 25 febbraio 1993, e di abrogazione di questa decisione modificata equivalgano al puro e semplice annullamento della decisione stessa (v. ordinanza Lezzi/Commissione, loc. cit., punti 8-10). Si deve infatti constatare che tali decisioni non hanno avuto alcun effetto retroattivo.

    62 Da quanto precede risulta che le ricorrenti hanno sempre interesse a chiedere l' annullamento delle decisioni da loro impugnate.

    ° Sulla questione se le decisioni riguardino direttamente le ricorrenti

    63 Secondo il Tribunale, le decisioni impugnate riguardano direttamente le ricorrenti, perché non lasciavano più agli Stati membri alcun margine di discrezionalità quanto all' imposizione del prezzo minimo in questione e al livello dello stesso.

    ° Sulla questione se le decisioni riguardino individualmente le ricorrenti

    64 Ai sensi dell' art. 173, secondo comma, del Trattato CEE, qualsiasi persona fisica o giuridica può proporre, alle condizioni stabilite nel primo comma dello stesso articolo, un ricorso contro le decisioni adottate nei suoi confronti e contro le decisioni che, pur apparendo come un regolamento o una decisione adottata nei confronti di altre persone, la riguardano direttamente e individualmente.

    65 Il Tribunale constata che gli atti impugnati, pur essendo "decisioni" destinate agli Stati membri, hanno portata normativa, in quanto si applicano alla generalità degli operatori economici interessati. Il fatto che l' identità degli operatori economici cui si applicano tali atti fosse nota alla Commissione al momento dell' adozione degli atti stessi non è sufficiente, per costante giurisprudenza, a porre in discussione la loro natura normativa, purché sia assodato che tale applicazione avviene in base ad una situazione oggettiva di diritto o di fatto, definita dall' atto in relazione alla sua finalità (v., da ultimo, sentenze della Corte 24 novembre 1992, cause riunite C-15/91 e C-108/91, Buckl e a./Commissione, Racc. pag. I-6061, punto 25; 15 giugno 1993, causa C-213/91, Abertal e a./Commissione, Racc. pag. I-3177, punto 17, e 18 maggio 1994, causa C-309/89, Codorniu/Consiglio, Racc. pag. I-1853, punto 18; ordinanza del Tribunale 28 ottobre 1993, causa T-476/93, FRSEA e FNSEA/Consiglio, Racc. pag. II-1187, punto 19, e sentenza del Tribunale 21 febbraio 1995, causa T-472/93, Campo Ebro e a./Consiglio, Racc. pag. II-421, punto 32).

    66 Tuttavia, il carattere normativo degli atti impugnati non esclude ch' essi possano riguardare individualmente alcuni degli operatori economici interessati (sentenze della Corte 21 febbraio 1984, cause riunite 239/82 e 275/82, Allied Corporation e a./Commissione, Racc. pag. 1005, punto 11; 23 maggio 1985, causa 53/83, Allied Corporation e a./ Commissione, Racc. pag. 1621, punto 4; 16 maggio 1991, causa C-358/89, Extramet Industrie/Consiglio, Racc. pag. I-2501, punto 13, e Codorniu/Consiglio, loc. cit., punto 19). Per poter ritenere che un atto di portata generale adottato da un' istituzione comunitaria riguardi individualmente determinati operatori, questi devono esserne colpiti, nella loro situazione giuridica, in ragione di circostanze di fatto che li distinguano da qualsiasi altro soggetto e li identifichino alla stessa stregua del destinatario (v., in proposito, le già citate sentenze Plaumann/Commissione, pag. 220, e Codorniu/Consiglio, punto 20; ordinanza della Corte 21 giugno 1993, causa C-257/93, Van Parijs e a./Consiglio e Commissione, Racc. pag. I-3335, punto 9; sentenza del Tribunale 15 dicembre 1994, causa T-489/93, Unifruit Hellas EPE/Commissione, Racc. pag. II-1201, punto 21, e ordinanza FRSEA e FNSEA/Consiglio, loc. cit., punto 20).

    67 In proposito, è importante ricordare che, secondo la giurisprudenza della Corte, il fatto che la Commissione abbia l' obbligo, in base a specifiche disposizioni, di tener conto delle conseguenze dell' atto ch' essa intende adottare sulla situazione di determinati singoli, è tale da identificare questi ultimi (summenzionate sentenze Piraiki-Patraiki/Commissione e Sofrimport/Commissione).

    68 Nella fattispecie, il Tribunale constata che gli atti impugnati sono stati adottati in base all' art. 109 della decisione PTOM, i cui termini sono in sostanza identici a quelli dell' art. 130 dell' Atto di adesione della Repubblica ellenica, in base al quale era stata adottata la decisione di cui si trattava nella citata sentenza Piraiki-Patraiki. Infatti, l' art. 130, n. 3, dell' Atto di adesione della Repubblica ellenica stabilisce che "le misure autorizzate ai sensi del paragrafo 2 possono comportare deroghe alle norme del Trattato CEE e del presente atto nei limiti e nei termini strettamente necessari per raggiungere gli scopi contemplati dal paragrafo 1. Nella scelta di tali misure dovrà accordarsi la precedenza a quelle che turbino il meno possibile il funzionamento del mercato comune". L' art. 109, n. 2, della decisione PTOM dispone che "nell' applicare il paragrafo 1, vanno scelte in via prioritaria le misure che turbino il meno possibile il funzionamento dell' associazione e della Comunità. La portata di queste non deve eccedere il limite di quanto è strettamente indispensabile per porre rimedio alle difficoltà manifestatesi".

    69 Orbene, l' art. 130, n. 3, dell' Atto di adesione della Repubblica ellenica è stato interpretato dalla Corte, nella sentenza Piraiki-Patraiki (loc. cit., punto 28), nel senso che questa norma obbliga la Commissione, "nei limiti in cui le circostanze della fattispecie non vi si oppongono, [ad] informarsi sulle ripercussioni negative che la sua decisione potrebbe provocare sull' economia [dello Stato membro nei cui confronti la misura di salvaguardia viene richiesta] nonché nei confronti delle imprese interessate", onde poter valutare se il provvedimento ch' essa intende autorizzare soddisfi le condizioni poste dall' articolo summenzionato.

    70 Il Tribunale ritiene che l' art. 109, n. 2, della decisione PTOM, non solo in ragione dell' analogia dei suoi termini con quelli dell' art. 130, n. 3, dell' Atto di adesione della Repubblica ellenica, ma anche perché persegue lo stesso scopo di questa disposizione, cioè quello di definire l' intensità delle misure di salvaguardia che possono essere adottate dalla Comunità, debba essere interpretato nel senso che, quando intende adottare misure di salvaguardia in base a questa norma, la Commissione è tenuta, nei limiti in cui le circostanze lo permettono, ad informarsi sulle ripercussioni negative che la sua decisione potrebbe avere sull' economia del paese o territorio d' oltremare interessato, nonché sulle imprese interessate.

    71 Questa interpretazione dell' art. 109, n. 2, della decisione PTOM si impone, a fortiori, in quanto il regime d' importazione nella Comunità di merci provenienti dai PTOM è più liberale di quanto fosse, a suo tempo, il regime vigente fra la Repubblica ellenica e gli altri Stati membri. Gli artt. 25 e 29 dell' Atto di adesione consentivano infatti, durante il periodo transitorio, di mantenere in vigore la riscossione di dazi doganali e tasse d' effetto equivalente, mentre l' art. 133 del Trattato e gli artt. 101 e 102 della decisione PTOM imponevano, al momento dell' adozione degli atti impugnati, la totale abolizione dei dazi doganali e delle tasse d' effetto equivalente per l' importazione nella Comunità di prodotti originari dei PTOM.

    72 Conseguentemente, tenuto conto del fatto che l' adozione di misure di salvaguardia in base all' art. 109 della decisione PTOM influisce su una libertà d' importazione di più ampia portata che non quella prevista dall' Atto di adesione, l' obbligo della Commissione di tener conto della particolare situazione delle imprese interessate, quando si propone di derogare a tale libertà, risultava, nella fattispecie, ancor più rigoroso di quello sancito dall' Atto di adesione.

    73 Per stabilire se le ricorrenti rientrino in una cerchia ristretta di operatori economici colpiti dal provvedimento, nella loro situazione giuridica, in ragione di circostanze di fatto che li distinguano da qualsiasi altro soggetto e li identifichino alla stessa stregua del destinatario (v. sentenze Plaumann/Commissione, loc. cit., e Piraiki-Patraiki/Commissione, loc. cit., punto 28), si deve quindi accertare se le ricorrenti siano "imprese interessate" ai sensi della seconda di queste sentenze.

    74 Il Tribunale rileva, in proposito, che nella citata sentenza Piraiki-Patraiki/Commissione (punto 28) la Corte afferma che, per individuare le "imprese interessate", la Commissione deve prendere in considerazione "anche i contratti che dette imprese (...) abbiano già stipulato e la cui esecuzione verrebbe impedita", in tutto o in parte, dal provvedimento controverso. L' uso del termine "anche", in questa sentenza, mette in luce che l' esistenza di siffatti contratti non costituisce l' unico indizio che consenta di delimitare la cerchia ristretta delle imprese interessate, e che a tal fine possono essere presi in considerazione anche altri indizi.

    75 Nella fattispecie, le ricorrenti Ter Beek, nella causa T-480/93, ed ERB, nella causa T-483/93, hanno provato ch' esse avevano carichi di riso già avviati verso la Comunità nel momento in cui veniva adottata la prima decisione, alla quale la seconda non faceva che apportare una modifica, ch' esse sono intervenute con le altre ricorrenti alla riunione tenutasi il 12 gennaio 1993 fra la rappresentanza permanente olandese e i funzionari competenti della Commissione e che, perciò, la loro particolare situazione era nota a quest' ultima.

    76 Secondo il Tribunale, date queste circostanze di fatto, è lecito ritenere che le ricorrenti Ter Beek ed ERB siano imprese interessate. Benché l' obbligo di tener conto della situazione dei prodotti avviati verso la Comunità non sia sancito, in quanto tale, dall' art. 109, n. 2, della decisione PTOM, come lo era, invece, dall' art. 3, n. 3, del regolamento (CEE) del Consiglio 19 dicembre 1972, n. 2707, che definisce le condizioni di applicazione delle misure di salvaguardia nel settore degli ortofrutticoli (GU L 291, pag. 3), di cui si trattava nella sentenza Sofrimport/Commissione, quest' obbligo risulta infatti necessariamente dall' art. 109, n. 2, della decisione PTOM, considerato il particolare interesse delle imprese di tutelare i loro prodotti già avviati verso la Comunità contro gli effetti di una misura di salvaguardia, se tali imprese siano identificate o identificabili prima che la Commissione abbia adottato una decisione. Nella fattispecie il Tribunale constata che questa era la situazione delle ricorrenti che avevano reso noto il loro punto di vista alla Commissione nella riunione del 12 gennaio 1993.

    77 Si deve poi aggiungere che la Commissione non può sostenere che la sentenza Piraiki-Patraiki/Commissione non è un precedente valido in quanto, in quel caso, il provvedimento impugnato era destinato ad un solo Stato membro, mentre, nella presente fattispecie, le decisioni impugnate sono destinate a tutti gli Stati membri. Ciò che importa, infatti, non è il numero di Stati membri nei quali si applica la misura di salvaguardia, bensì la tutela di cui fruiscono, in forza del diritto comunitario, il paese o territorio interessato nonché le imprese interessate nei confronti dei quali la misura di salvaguardia viene autorizzata o adottata. Ora, su questo punto, la presente causa non differisce dalla causa Piraiki-Patraiki/Commissione.

    78 Ne consegue che le decisioni impugnate riguardano individualmente le ricorrenti Ter Beek nella causa T-480/93 ed ERB nella causa T-483/93.

    79 Poiché nella causa T-480/93, e rispettivamente nella causa T-483/93, si tratta di un unico ricorso, non è necessario esaminare se siano legittimate ad agire la ricorrente ARM nella causa T-480/93 e le ricorrenti Alesie e Guyana Investments nella causa T-483/93 (v. sentenza della Corte 24 marzo 1993, causa C-313/90, CIRFS e a./Commissione, Racc. pag. I-1125, punto 31).

    80 Da tutto quanto precede risulta che l' eccezione d' irricevibilità sollevata dalla Commissione dev' essere respinta.

    B ° Nel merito

    Primo motivo: illegittimità della base giuridica delle decisioni impugnate

    ° Argomenti delle parti

    81 Le ricorrenti sostengono che le decisioni impugnate sono illegittime in quanto fondate su una base giuridica a sua volta illegittima, cioè sull' art. 109 della decisione PTOM, a norma del quale la Commissione può adottare misure di salvaguardia, qualora l' applicazione di questa decisione "comporti turbative gravi in un settore dell' attività economica della Comunità o di uno o più Stati membri o ne comprometta la stabilità finanziaria con l' estero, ovvero sorgano difficoltà che rischino di alterare un settore d' attività della Comunità o di una sua regione". Questa facoltà di adottare misure di salvaguardia in circostanze che non erano previste dall' art. 134 del Trattato sarebbe infatti in contrasto con le disposizioni del Trattato.

    82 Le ricorrenti sottolineano che il Consiglio non può ampliare la portata dell' art. 134 del Trattato tramite una decisione generale adottata in base all' art. 136 del Trattato. Gli artt. 131-135 del Trattato non si limitano, infatti, ad enunciare gli scopi perseguiti dall' associazione dei PTOM, ma creano diritti ed obblighi ai quali il Consiglio non può derogare, neppure nelle decisioni ch' esso adotta in base all' art. 136, secondo comma, a meno che la facoltà di adottare provvedimenti derogatori non sia stata espressamente prevista, come lo è nel protocollo relativo alle importazioni nella Comunità economica europea di prodotti del petrolio raffinati nelle Antille olandesi, che è stato inserito in un protocollo allegato al Trattato; nell' art. 132, n. 5, del Trattato, secondo cui si applicano le disposizioni del capo di quest' ultimo relativo al diritto di stabilimento, fatte salve le disposizioni particolari adottate in virtù dell' art. 136; nell' art. 133, n. 3, del Trattato, che autorizza i PTOM a riscuotere determinati dazi doganali; e nell' art. 1 del protocollo, allegato al Trattato, concernente il regime particolare che si applica alla Groenlandia. Esse fanno valere che siffatte deroghe espresse non sarebbero state necessarie, se l' art. 136, secondo comma, permettesse al Consiglio di derogare in generale agli artt. 131-135 del Trattato.

    83 Le ricorrenti sottolineano inoltre che, nella sentenza 13 marzo 1979, causa 91/78, Hansen (Racc. pag. 935, punto 22), la Corte ha affermato che l' associazione dei PTOM ha lo scopo di estendere ai paesi e territori associati alla Comunità ed ai prodotti originari di tali paesi e territori le norme relative alla libera circolazione delle merci nell' ambito della Comunità. Esse aggiungono che dalla sentenza della Corte 20 aprile 1978, cause riunite 80/77 e 81/77, Commissionnaires réunis (Racc. pag. 927, punto 19), risulta che gli obiettivi della libera circolazione e della politica agricola comune non devono essere contrapposti, bensì coordinati fra loro, nel senso che la libera circolazione costituisce la regola generale. A loro avviso, gli obiettivi dell' associazione non sono subordinati rispetto a quelli della politica agricola comune, perseguiti nella fattispecie dall' organizzazione comune del mercato del riso. Non esistendo una preminenza di quest' ultima che possa legittimare una deroga alle norme sulla libera circolazione delle merci provenienti dai PTOM, le sole eccezioni ammissibili alla libera circolazione delle merci sarebbero quelle espressamente previste dal Trattato.

    84 La Commissione oppone che l' art. 136 del Trattato attribuisce al Consiglio un ampio potere discrezionale per adeguare il regime di associazione dei PTOM all' evoluzione degli stretti rapporti economici fra questi ultimi e la Comunità nel suo insieme, nonché allo sviluppo economico, sociale e culturale dei PTOM. Pertanto, a suo avviso, pur rispettando i principi dell' associazione che sono stati enunciati nelle disposizioni della Parte quarta del Trattato, il Consiglio può stabilire, come ha fatto nell' art. 109 della decisione PTOM, una clausola di salvaguardia. Una siffatta clausola sarebbe compatibile con l' art. 134 del Trattato, che non dovrebbe essere interpretato letteralmente e rigidamente, bensì in modo da tener conto del fatto ch' esso è stato emanato prima che venissero create le organizzazioni comuni dei mercati agricoli e prima che venissero abolite le barriere doganali fra gli Stati membri.

    85 Il Consiglio, in qualità di interveniente, sostiene che la questione rilevante non è quella di stabilire se l' art. 109 della decisione PTOM sia conforme all' art. 134 del Trattato, bensì quella di sapere se sia conforme all' art. 136, che ne costituisce la base giuridica.

    86 In proposito, il Consiglio afferma anzitutto che si deve precisare la portata delle espressioni "movendo dalle realizzazioni acquisite" e "basandosi sui principi iscritti nel presente trattato", usate nell' art. 136 per definire i limiti dei poteri di cui esso stesso dispone. A suo avviso, il fatto di dover adottare le decisioni relative all' associazione dei PTOM "movendo dalle realizzazioni acquisite" implica che il Consiglio deve tener conto dell' esperienza acquisita nell' applicazione delle decisioni precedenti e nei rapporti con gli Stati ACP, mentre i "principi iscritti nel presente trattato" sono non soltanto i principi enunciati nell' art. 131 del Trattato, ma anche i principi che sono iscritti negli artt. 1-7 dello stesso, come gli obiettivi della politica agricola comune, o i principi generali riconosciuti dalla giurisprudenza, come il principio della preferenza comunitaria (sentenze della Corte 13 marzo 1968, causa 5/67, Beus, Racc. pag. 114, in particolare pag. 132, e 11 ottobre 1990, causa C-46/89, Sica e Sipefel/Commissione, Racc. pag I-3621, punto 29).

    87 Contro detta tesi, le ricorrenti fanno valere che le "realizzazioni acquisite" che possono essere prese in considerazione non possono riguardare i rapporti con gli Stati ACP, perché altrimenti non si terrebbe conto della posizione privilegiata da riconoscere ai PTOM rispetto agli Stati ACP. Esse rilevano, inoltre, che il principio della preferenza comunitaria non può applicarsi nei confronti dei prodotti provenienti dai PTOM, poiché questi sono stati posti su un piede di parità con i prodotti comunitari dall' art. 132, n. 1, del Trattato.

    88 Il Consiglio afferma poi di disporre, entro i suddetti limiti, di un ampio potere discrezionale per adottare decisioni sull' associazione dei PTOM, a condizione di rispettare lo scopo essenziale di questa associazione, che è quello di garantire che tali decisioni, nel loro complesso, rispondano agli interessi dei PTOM e favoriscano il loro sviluppo. A rigore, sarebbe quindi possibile che singole disposizioni di queste decisioni facciano prevalere gli interessi della politica agricola comune della Comunità sugli interessi dei PTOM. Nel caso di specie, l' art. 109 della decisione rispetta, a suo avviso, tutte le condizioni dell' art. 136 del Trattato e non è quindi illegittimo. Questa tesi sarebbe stata confermata dall' avvocato generale Jacobs nelle sue conclusioni relative alla sentenza della Corte 12 febbraio 1992, causa C-260/90, Leplat (Racc. pag. I-643, in particolare pag. I-654).

    89 Le ricorrenti ribattono che l' art. 3, lett. k), del Trattato CEE, divenuto l' art. 3, lett. r), del Trattato CE, secondo cui lo scopo dell' associazione dei PTOM è quello di "incrementare gli scambi", esclude che una decisione del Consiglio relativa al regime dei PTOM possa ridurre gli scambi fra i PTOM e la Comunità, anche qualora una siffatta decisione favorisca lo sviluppo dei PTOM. Esse osservano, inoltre, che l' avvocato generale Jacobs, nelle suddette conclusioni, ha sottolineato la necessità che qualsiasi limitazione, da parte del Consiglio, del potere dei PTOM di riscuotere dazi doganali sia debitamente motivata. Ora, la decisione controversa non conterrebbe alcuna motivazione che giustifichi la possibilità di adottare misure di salvaguardia.

    ° Giudizio del Tribunale

    90 Il Tribunale considera che questo motivo solleva la questione della facoltà del Consiglio di inserire una clausola di salvaguardia in una decisione relativa all' associazione dei PTOM alla Comunità, adottata in forza dell' art. 136, secondo comma, del Trattato. PER LA CONTINUAZIONE DEI MOTIVI VEDI SOTTO NUMERO : 693A0480.1

    91 Al riguardo, in primo luogo, si deve osservare che i PTOM con i quali taluni Stati membri mantengono relazioni particolari sono legati alla Comunità da un regime d' associazione, disciplinato dalla Parte quarta del Trattato. Ne consegue che i PTOM, pur fruendo di uno statuto più favorevole di quello di altri paesi associati alla Comunità, non hanno tuttavia aderito a quest' ultima. Perciò, i PTOM non partecipano alla politica agricola comune ed il regime della libera circolazione delle merci fra i PTOM e la Comunità ai sensi della Parte quarta del Trattato non ha lo scopo di instaurare un mercato interno analogo a quello creato dal Trattato fra gli Stati membri.

    92 In secondo luogo, è importante rilevare che l' attuazione del regime di associazione dei PTOM alla Comunità, descritto dagli artt. 131-135 del Trattato, è un procedimento dinamico le cui modalità dovevano, a norma dell' art. 136 del Trattato, esser definite, dopo la scadenza di una convenzione d' applicazione relativa ad un primo periodo di cinque anni, con una decisione che il Consiglio avrebbe adottato deliberando all' unanimità, "basandosi sui principi iscritti nel presente trattato" e "movendo dalle realizzazioni acquisite".

    93 In proposito, si deve anzitutto sottolineare che il riferimento ai "principi iscritti nel presente trattato" non riguarda soltanto i principi iscritti nella Parte quarta, bensì tutti i principi iscritti nel Trattato, quali sono in particolare elencati nella Parte prima di quest' ultimo, intitolata "Principi". Ne consegue che le decisioni di attuazione adottate dal Consiglio in base all' art. 136, secondo comma, del Trattato devono contribuire a rendere più stretta l' associazione dei PTOM per incrementare gli scambi e proseguire in comune nello sforzo di sviluppo economico e sociale [art. 3, lett. k), del Trattato CEE], senza tuttavia compromettere l' instaurazione di una politica agricola comune nel settore dell' agricoltura [art. 3, lett. d), del Trattato CEE]. Il Consiglio è quindi tenuto a conciliare i vari principi del Trattato (v., per analogia, sentenze della Corte 24 ottobre 1973, causa 5/73, Balkan-Import-Export, Racc. pag. 1091, punto 29, e causa 10/73, Rewe Zentral, Racc. pag. 1175, punto 20; 29 febbraio 1984, causa 37/83, Rewe Zentral, Racc. pag. 1229, punti 18-20; e 11 luglio 1989, causa 195/87, Cehave, Racc. pag. 2199, punto 21).

    94 Si deve poi aggiungere che, operando le scelte che a tale scopo sono necessarie, il Consiglio deve tener conto anche delle "realizzazioni acquisite", affinché il regime di associazione si avvicini sempre più agli obiettivi iscritti nella Parte quarta del Trattato (v. sentenza della Corte 26 ottobre 1994, causa C-430/92, Paesi Bassi/Commissione, Racc. pag. I-5197, punto 22). Ciò è, del resto, per l' appunto quanto il Consiglio ha fatto nell' adottare le varie decisioni relative all' associazione dei PTOM alla Comunità. Ad esempio, dal momento che l' importazione dei prodotti provenienti dai PTOM è stata esentata dalla riscossione di dazi doganali, una clausola di salvaguardia a favore della Comunità è stata inserita nella decisione d' attuazione (art. 15, n. 2, della decisione del Consiglio 29 settembre 1970, 70/549/CEE, GU L 282, pag. 83). Per quanto riguarda più specificamente i prodotti agricoli provenienti dai PTOM, la loro importazione è stata sempre sottoposta ad un regime particolare che liberalizzava progressivamente l' importazione di tali prodotti nella Comunità, pur tutelando, al tempo stesso, l' attuazione della politica agricola comune e la preferenza comunitaria (v. art. 10, secondo comma, della decisione del Consiglio 25 febbraio 1964, 64/349/CEE, GU 1964, n. 93, pag. 1472; art. 2, n. 2, della decisione del Consiglio 29 settembre 1970, 70/549/CEE, GU L 282, pag. 83; artt. 2, n. 2, e 3, n. 2, della decisione del Consiglio 29 giugno 1976, 76/568/CEE, GU L 176, pag. 8, e art. 4 dell' allegato III della stessa; artt. 3, n. 2, e 4, n. 2, della decisione del Consiglio 16 dicembre 1980, 80/1186/CEE, GU L 361, pag. 1, e art. 5 dell' allegato III della stessa; artt. 70, n. 2, e 71, n. 2, della decisione del Consiglio 30 giugno 1986, 86/283/CEE, GU L 175, pag. 1, e art. 5 dell' allegato III della stessa; queste decisioni sono tutte relative all' associazione dei paesi e territori d' oltremare alla Comunità economica europea). Si è dovuto pertanto attendere l' adozione della decisione PTOM 25 luglio 1991 perché i prodotti agricoli originari dei PTOM venissero posti su un piede di parità con gli altri prodotti e potessero fruire, per la prima volta nel procedimento di associazione dei PTOM alla Comunità, del medesimo regime di libero accesso al mercato comunitario vigente per tutti gli altri prodotti, cioè dell' esenzione dai dazi doganali, con l' unica riserva dell' eventuale applicazione della clausola di salvaguardia di cui all' art. 109 della decisione PTOM. Ne consegue che, con la decisione PTOM, si è compiuto un passo importante, sancendo per la prima volta il principio del libero accesso alla Comunità per i prodotti agricoli originari dei PTOM, anche se tale accesso veniva subordinato, necessariamente altresì per la prima volta, ad una clausola generale di salvaguardia, che deve consentire alla Comunità di reagire, entro certi limiti, ad eventuali difficoltà che sorgano sul mercato comunitario a seguito del libero accesso dei prodotti originari dei PTOM a questo mercato. Una siffatta evoluzione del regime dei prodotti agricoli originari dei PTOM non è quindi in contrasto né con il preambolo né con l' art. 131 del Trattato, in quanto contribuisce allo sviluppo economico e sociale dei PTOM e all' instaurazione di strette relazioni economiche fra i PTOM e la Comunità nel suo insieme.

    95 Da tutto quanto precede risulta che il Consiglio aveva la facoltà, in base all' art. 136, secondo comma, del Trattato, al fine di conciliare i principi dell' associazione dei PTOM alla Comunità e della politica agricola comune, di inserire nella decisione PTOM una clausola di salvaguardia che autorizza, in particolare, restrizioni della libera importazione di prodotti agricoli originari dei PTOM, qualora questa comporti turbative gravi in un settore dell' attività economica della Comunità o di uno o più Stati membri o ne comprometta la stabilità finanziaria con l' estero, ovvero sorgano difficoltà che rischino di alterare un settore d' attività della Comunità o di una sua regione. Operando questa scelta, che limita solo eccezionalmente, parzialmente e temporaneamente la libera importazione nella Comunità dei prodotti provenienti dai PTOM, il Consiglio non ha superato i limiti del suo potere discrezionale derivante dall' art. 136, secondo comma, del Trattato.

    96 La fondatezza di tale conclusione non può essere messa in dubbio né richiamandosi all' art. 134 del Trattato, né in base ad altre norme del Trattato o di protocolli aventi lo stesso valore, che prevedano specifiche eccezioni al regime di associazione dei PTOM, come viene sostenuto dalle ricorrenti (v. supra, punto 83). La portata generale dell' obbligo incombente al Consiglio, a norma dell' art. 136, secondo comma, del Trattato, di stabilire le modalità di attuazione dell' associazione tenendo conto di tutti i principi del Trattato non è infatti limitata dalle suddette norme, che non hanno altro scopo se non quello di disciplinare situazioni particolari. Da nessuna di tali norme risulta che, adottandole, gli autori del Trattato abbiano inteso modificare la portata dell' art. 136, secondo comma, dello stesso.

    97 Ne consegue che il primo motivo dev' essere disatteso.

    Secondo motivo: violazione dell' art. 109, n. 1, della decisione PTOM

    ° Argomenti delle parti

    98 Le ricorrenti ricordano che, pur se l' art. 109, n. 1, della decisione PTOM autorizza l' adozione di misure di salvaguardia, queste possono essere prese in considerazione soltanto qualora l' applicazione della decisione PTOM comporti turbative gravi in un settore dell' attività economica della Comunità o di uno o più Stati membri o ne comprometta la stabilità finanziaria con l' estero, ovvero sorgano difficoltà che rischino di alterare un settore d' attività della Comunità o di una sua regione. Ora, a loro avviso, le importazioni di riso semilavorato proveniente dalle Antille olandesi non hanno potuto, né potranno, perturbare il settore risicolo nella Comunità.

    99 Esse osservano, in primo luogo, che la situazione del riso prodotto nella Comunità era favorevole al momento dell' entrata in vigore delle decisioni impugnate. Questa situazione favorevole, dimostrata da una crescita dei prezzi nel febbraio 1993, dopo un calo registrato nel corso dell' ultimo trimestre del 1992 (rispettivamente 778,17 USD nel febbraio 1993, 724,62 USD nel dicembre 1992 e 859,38 USD nel settembre 1992, per il riso lavorato a grani lunghi contenente il 5% di rotture di riso d' origine comunitaria), sarebbe stata determinata, anzitutto, da una penuria causata dalla siccità in Spagna e, inoltre, da una svalutazione della lira italiana che avrebbe spinto il mercato agli acquisti. Questa penuria e detta situazione favorevole del riso comunitario sarebbero state persistenti, tanto che nel marzo 1993 non erano più disponibili quantitativi di riso comunitario. Secondo le ricorrenti, non si era quindi avuta alcuna perturbazione o minaccia di alterazione del settore risicolo nella Comunità che potesse giustificare le misure di salvaguardia.

    100 In secondo luogo, ricordano le ricorrenti, era impossibile che l' importazione del riso semilavorato "antillano" potesse provocare una perturbazione o minaccia di alterazione del settore risicolo nella Comunità. L' importazione del riso semilavorato delle Antille incontrerebbe, infatti, due limiti. Da una parte, essa è possibile solo in quanto la domanda di riso lavorato a grani lunghi non può essere soddisfatta dalla stessa produzione comunitaria, perché il prezzo comunitario è inferiore a quello delle Antille; perciò, essa non potrebbe provocare una pressione sui prezzi del riso comunitario (v. infra, sub 1). Dall' altra, i quantitativi di riso importati dalle Antille olandesi non possono in nessun caso superare le eccedenze disponibili degli Stati ACP e tali eccedenze non hanno mai superato, in passato, il contingente doganale fissato dalla Comunità per questi Stati. Il quantitativo di riso disponibile per la trasformazione del riso semilavorato in riso lavorato non potrebbe quindi aumentare (v. infra, sub 2).

    1. Sul livello dei prezzi

    101 Le ricorrenti sostengono che il prezzo del riso lavorato di origine comunitaria dev' essere confrontato con il prezzo del riso lavorato prodotto con riso semilavorato delle Antille. Sarebbe questo il solo modo di confrontare i prezzi del riso antillano con i prezzi del riso comunitario, in quanto non esiste riso semilavorato di origine comunitaria, mentre le Antille olandesi non esportano riso lavorato. I produttori di riso lavorato comunitario acquistano, infatti, solo risone, per evitare di dover produrre in due fasi il riso lavorato (risone-riso semilavorato / riso semilavorato-riso lavorato), perché questo procedimento è più costoso. Anche per tale motivo una perturbazione del mercato sarebbe concepibile solo per quanto riguarda il riso lavorato: poiché un calo del prezzo del riso semilavorato delle Antille può far ribassare il prezzo del riso lavorato, quest' ultimo calo può a sua volta far ribassare il prezzo del risone prodotto nella Comunità.

    102 Le ricorrenti sostengono che, per ottenere il prezzo del riso lavorato prodotto con riso delle Antille, si deve aggiungere al prezzo del riso semilavorato di questa provenienza il costo della trasformazione effettuata secondo un determinato metodo.

    103 Esse rilevano che il prezzo del riso lavorato prodotto con riso semilavorato delle Antille superava di 200 USD il prezzo del riso lavorato di origine comunitaria. Esse ne deducono che, al prezzo al quale il riso semilavorato originario delle Antille olandesi veniva offerto sul mercato all' epoca dei fatti, il prezzo del riso lavorato ottenuto da questo riso semilavorato non poteva, in nessun caso, far concorrenza al prezzo del riso lavorato di origine comunitaria. Ad un siffatto livello di prezzo, l' importazione di riso delle Antille non sarebbe stata possibile se non qualora non fosse più disponibile riso comunitario. Di conseguenza, queste importazioni non avrebbero potuto provocare un ribasso dei prezzi comunitari che potesse, a sua volta, costituire un ostacolo per la riconversione, voluta dal regolamento n. 3878/87, della risicoltura nella Comunità. Esse aggiungono che il riso Indica è costituito, per il 70%, da riso stufato, che a loro avviso è un prodotto qualitativamente superiore, più caro e non intercambiabile con il riso delle Antille.

    104 Le ricorrenti negano, infine, che il livello dei prezzi del riso antillano procurasse loro un margine di profitto eccessivo, il quale avrebbe loro permesso di ridurre i prezzi. Esse aggiungono che, anche in tale ipotesi, un siffatto processo alle intenzioni non potrebbe bastare per giustificare l' adozione di misure di salvaguardia, tanto più che considerazioni del genere non figurano tra i motivi fatti valere nelle decisioni impugnate.

    105 La Commissione oppone che quelli che si devono confrontare sono i prezzi del riso semilavorato, non già i prezzi del riso lavorato. Solo a tale livello, infatti, avrebbe luogo la concorrenza, in quanto i "consumatori" del riso che costituisce oggetto dei provvedimenti impugnati sono, a suo avviso, le riserie comunitarie produttrici di riso lavorato. Queste riserie potrebbero utilizzare anche il risone comunitario o il riso semigreggio importato. La concorrenza, quindi, si esplicherebbe fra le varie materie prime utilizzate dalle riserie della Comunità. Tuttavia, considerato che i produttori comunitari non offrono riso semilavorato, sarebbe necessario extrapolare un prezzo del riso semilavorato comunitario a partire dal prezzo del risone comunitario e da quello di acquisto dagli enti d' intervento.

    106 Secondo la Commissione, da un siffatto confronto risulterebbe che, prima che le autorità delle Antille olandesi imponessero un prezzo minimo, il prezzo del riso semilavorato comunitario (767,48 USD/tonnellata) era nettamente superiore a quello del riso semilavorato antillano (700 USD/tonnellata). Un siffatto divario poneva i produttori della Comunità di fronte all' alternativa di ridurre i prezzi oppure di lasciare il proprio riso in magazzino in attesa di tempi migliori. Questa situazione avrebbe determinato una riduzione di prezzo del risone di provenienza comunitaria rispetto al prezzo dell' anno precedente. Il calo avrebbe raggiunto, per il riso di origine spagnola, l' 85,18% e, per il riso di origine italiana, il 91,82% del prezzo d' intervento (v. allegato 5 del controricorso). Il prezzo del risone di origine comunitaria sarebbe aumentato soltanto dopo l' annuncio delle misure di salvaguardia, nel mese di febbraio 1993.

    107 D' altra parte, la Commissione mette in dubbio la realtà dei prezzi di cui le ricorrenti si servono per corroborare la propria tesi ed aggiunge che le ricorrenti non possono farle carico di procedere per extrapolazione, visto ch' esse applicano lo stesso metodo (v. allegato 7 del ricorso nella causa T-480/93 ed allegato 8 del ricorso nella causa T-483/93). Essa contesta anche la rilevanza degli elementi su cui si basa l' analisi del mercato effettuata dalle ricorrenti, tanto più ch' essi sono posteriori all' adozione della misura di salvaguardia mentre si tratterebbe, ora, di stabilire se le valutazioni fatte al momento dell' adozione di tale provvedimento fossero ragionevoli in quel momento. Inoltre, detti elementi si riferirebbero all' intero mercato, costituito essenzialmente da riso Japonica, mentre la presente causa riguarda il riso Indica.

    108 La Commissione sostiene che l' accertato divario di prezzo costituiva una minaccia per il programma di riconversione, istituito con il regolamento n. 3878/87, dalla coltura di riso Japonica (per il quale la produzione comunitaria è eccedentaria) verso la coltura di riso Indica (per il quale la produzione comunitaria è deficitaria), poiché questo programma presuppone che i produttori abbiano la certezza di disporre di sbocchi per il loro riso Indica a prezzi garantiti grazie alla fissazione di un prezzo d' intervento. Un calo dei prezzi avrebbe quindi, anzitutto, gravi conseguenze per il bilancio della Comunità, che sarebbe costretta a procedere a massicci acquisti d' intervento, e inoltre, a lungo termine, porterebbe a un ritorno dei produttori alla coltura del riso Japonica, con conseguente aumento degli interventi e delle restituzioni all' esportazione.

    109 Essa si chiede poi come le ricorrenti, nella replica, possano affermare che il riso lavorato delle Antille e il riso lavorato di origine comunitaria sono solo scarsamente intercambiabili in quanto il riso lavorato di origine comunitaria è costituito per il 70% da riso stufato, ed osserva che questo argomento è del tutto irrilevante perché la stufatura viene effettuata dalle riserie, non già dai produttori di risone.

    110 La Commissione sottolinea, infine, che il prezzo del riso semigreggio proveniente dal Surinam è di tanto inferiore (400 USD) a quello del riso comunitario che le ricorrenti hanno grande libertà d' azione nel determinare il prezzo del loro riso sul mercato comunitario, giocando sul proprio margine di profitto.

    111 Le opinioni delle parti sono divergenti anche per quanto riguarda il metodo di "conversione" dei prezzi.

    2. Sul volume delle importazioni di riso semilavorato

    112 Le ricorrenti rilevano che la capacità d' esportazione degli Stati ACP è molto limitata, come sarebbe provato dal fatto che le esportazioni di questa provenienza non hanno mai superato il contingente doganale comunitario di 125 000 tonnellate e che il quantitativo offerto sul mercato comunitario non è mai aumentato.

    113 Esse sostengono, pertanto, che gli Stati ACP sono posti di fronte ad una scelta: esportare direttamente il proprio riso semigreggio nella Comunità o esportarlo nelle Antille olandesi. Perciò, l' importazione di riso semilavorato antillano prodotto con riso semigreggio proveniente dagli Stati ACP, lungi dall' aggiungersi all' importazione diretta di riso semigreggio dagli Stati ACP, si sostituisce alla stessa. Secondo l' art. 6, n. 2, dell' allegato II (v. supra, punto 7), il riso trasformato nelle Antille olandesi è considerato, infatti, di origine PTOM solo qualora sia stato importato dagli Stati ACP. Poiché soltanto il riso originario dei PTOM fruisce, in forza dell' art. 133 del Trattato e dell' art. 101, n. 1, della decisione PTOM, dell' abolizione dei dazi doganali e delle tasse d' effetto equivalente, il riso semilavorato "originario delle Antille" importato nella Comunità sarebbe necessariamente prodotto a partire da riso proveniente da uno Stato ACP. I soli Stati ACP aventi una produzione eccedentaria di riso sarebbero il Surinam e la Guyana.

    114 Le ricorrenti rilevano che gli Stati ACP hanno tutto l' interesse a esportare la propria produzione di riso nelle Antille olandesi, dato che qui ottengono un prezzo più elevato che esportando direttamente nella Comunità, ove il prodotto viene a trovarsi in concorrenza con il riso americano. Poiché la loro produzione eccedentaria di riso è estremamente limitata, gli Stati ACP non possono mantenere il livello delle proprie esportazioni nella Comunità, se esportano riso anche nelle Antille olandesi. Secondo le ricorrenti, le importazioni cumulate di riso proveniente dalle Antille olandesi e dagli Stati ACP si sono situate nel 1992 (con 95 855 tonnellate, di cui 40 830 di origine ACP e 58 042 di origine antillana) allo stesso livello delle importazioni di riso originario degli Stati ACP nel 1990 (83 857 tonnellate) e nel 1991 (94 373 tonnellate).

    115 La Commissione oppone che, dal punto di vista della Comunità, non è irrilevante che le eccedenze di riso degli Stati ACP siano esportate nella Comunità direttamente o passando per le Antille olandesi, dal momento che, nel primo caso, ad esse si applica un prelievo, sia pure ridotto, per determinati quantitativi, mentre, nel secondo caso, esse sono esenti da prelievo, senza alcun limite quantitativo. Esisterebbe quindi il rischio che tutta la produzione eccedentaria degli Stati ACP venga importata nella Comunità senza alcun prelievo o contingente doganale, attraverso le Antille olandesi. Nella replica, essa osserva che, nel 1993, il contingente doganale degli Stati ACP, di 125 000 tonnellate, è stato superato, poiché le importazioni dagli Stati ACP e dalle Antille olandesi hanno raggiunto complessivamente un volume di 179 154 tonnellate. Così pure, dal settembre al dicembre 1992, le importazioni di riso antillano erano state pari a 27 019 tonnellate di riso lavorato, cioè all' 11% della produzione comunitaria.

    116 La Commissione ne desume che un siffatto aumento delle importazioni in esenzione da prelievo avrebbe necessariamente portato ad un calo dei prezzi sul mercato comunitario.

    3. Sui rischi relativi al programma Poseidom

    117 Le ricorrenti sostengono che, contrariamente a quanto affermato nel preambolo della prima decisione impugnata, le misure di salvaguardia non possono essere giustificate dal fatto che sarebbe stato messo in pericolo il programma Poseidom, destinato a favorire lo smercio in Guadalupa e in Martinica del riso prodotto nella Guyana francese. Le ricorrenti, infatti, non avrebbero mai esportato riso in Guadalupa o in Martinica, né avrebbero mai inteso farlo, in quanto disponevano di sbocchi più che sufficienti nella Comunità. Questo argomento avrebbe del resto trovato conferma nella lettera 14 dicembre 1992 del governo francese (v. supra, punto 19) e in una relazione della Commissione al Consiglio del 25 novembre 1993 [COM (93) 555 def.], relativa all' attuazione del regime commerciale, nella quale si constatava che non vi erano importazioni di riso antillano nei DOM.

    118 La Commissione e la Repubblica francese, interveniente, oppongono che le specifiche misure comunitarie intese a favorire la produzione del riso nella Guyana francese e lo smercio di questo riso in Guadalupa e Martinica (art. 3, nn. 2 e 3, del regolamento n. 3763/91, v. supra, punto 9) potrebbero essere ostacolate dall' importazione di riso antillano ad un prezzo inferiore. La fragilità del mercato risiero di questi due dipartimenti, mercato che l' importazione del carico di una sola nave basterebbe a perturbare, ed il fatto che tale importazione potrebbe aver luogo in qualsiasi momento escludono qualsiasi misura correttiva, che, comunque, interverrebbe necessariamente troppo tardi. Solo una misura preventiva di salvaguardia potrebbe, quindi, essere efficace. La Commissione aggiunge tuttavia che, a suo tempo, essa ha ritenuto importante, ma non preponderante, questo argomento.

    ° Giudizio del Tribunale

    119 Si deve accertare se, in base ai dati di cui disponeva nel momento in cui ha adottato le decisioni impugnate, la Commissione potesse ragionevolmente concludere che erano soddisfatte le condizioni per l' applicazione dell' art. 109, n. 1, della decisione PTOM.

    120 Ai sensi dell' art. 109, n. 1, della decisione PTOM, la Commissione "può" adottare o autorizzare le misure di salvaguardia "qualora l' applicazione della (decisione PTOM) comporti turbative gravi in un settore dell' attività economica della Comunità o di uno o più Stati membri o ne comprometta la stabilità finanziaria con l' estero" ovvero "sorgano difficoltà che rischino di alterare un settore d' attività della Comunità o di una sua regione".

    121 Da questa norma risulta che, per instaurare misure di salvaguardia, è sufficiente che sia soddisfatta una delle due condizioni ivi contemplate. Tuttavia, la realizzazione di una di tali condizioni non impone alla Commissione di adottare una misura di salvaguardia, ma esige ch' essa statuisca in proposito.

    122 Ne consegue che, nella sfera di applicazione dell' art. 109 della decisione PTOM, la Commissione gode di un ampio potere discrezionale non solo quanto all' esistenza delle condizioni che giustificano l' adozione di un provvedimento di salvaguardia, ma anche quanto al principio dell' adozione di un provvedimento del genere. Dato questo potere, il Tribunale deve limitarsi ad accertare se il suo esercizio non sia viziato da errore manifesto o da sviamento di potere oppure se la Commissione non abbia palesemente travalicato i limiti del proprio potere discrezionale (sentenza Piraiki-Patraiki, loc. cit., punto 40).

    123 Quanto alla prima decisione, dal tenore letterale della stessa, dai vari documenti del fascicolo, nonché dalle dichiarazioni orali rese in udienza dalla Commissione, risulta che quest' ultima ha preso in considerazione vari parametri prima di concludere che era necessario adottare misure di salvaguardia.

    124 In primo luogo, essa ha constatato che, fra l' ottobre 1992 e il gennaio 1993, il prezzo del risone prodotto nella Comunità, il quale, come il riso semilavorato delle Antille, può servire da materia prima ai produttori comunitari di riso lavorato, era sceso notevolmente, per risalire nel febbraio 1993. Secondo le cifre fornite dalla Commissione (allegato V alla risposta da essa data al quesito scritto n. 10 del Tribunale), per il risone spagnolo, nel gennaio 1993, il prezzo era di 365 USD/tonnellata, cioè si collocava al livello più basso della campagna 1992/1993, mentre raggiungeva 470 USD/tonnellata nell' ottobre 1992; per il riso italiano, il prezzo era di 402 USD/tonnellata nel dicembre 1992, mentre raggiungeva 452 USD/tonnellata nell' ottobre 1992. Nel febbraio 1993, il prezzo del riso spagnolo era di 420 USD/tonnellata e quello del riso italiano di 497 USD/tonnellata. Da queste cifre risulta un' evoluzione analoga a quella subita dal prezzo del riso lavorato comunitario, il quale, secondo le cifre fornite dalle ricorrenti (ricorso T-480/93, punto 54, e T-483/93, punto 82), era di 724,26 USD/tonnellata nel dicembre 1992, mentre ammontava a 859,38 USD/tonnellata nel settembre 1992, e risaliva a 778,17 USD/tonnellata nel febbraio 1993, epoca in cui gli operatori si aspettavano che venissero adottate misure di salvaguardia (v. Weekly Rice Market News del 26 gennaio 1993, vol. 74, n. 5, 1/26/93, allegato 2 all' allegato 9 del ricorso nella causa T-480/93, che aveva sparso la voce di un' eventuale adozione delle misure di salvaguardia). Secondo il Tribunale, i prezzi indicati dalla Commissione sono affidabili, in quanto ottenuti su un mercato borsistico. Benché abbiano espresso dubbi quanto all' entità del calo del prezzo di questo tipo di riso, le ricorrenti non sono riuscite a negare la realtà di questo ribasso, che, per di più, risulta dalle cifre indicate nel punto 54 del ricorso nella causa T-480/93 e nel punto 82 del ricorso nella causa T-483/93.

    125 Il Tribunale rileva poi che le ricorrenti, rispondendo ad un quesito posto dal Tribunale, si sono riservate il diritto di contestare, previa ulteriore verifica presso commercianti indipendenti, i prezzi indicati dalla Commissione, ma, successivamente, non hanno più reagito su questo punto, il che fa aumentare la credibilità dei dati forniti dalla Commissione.

    126 Infine, va osservato che le ricorrenti non possono trarre argomento da una notevole riduzione delle scorte d' intervento per negare che il prezzo del risone Indica prodotto nella Comunità sia potuto scendere al di sotto del prezzo d' intervento. Le cifre indicate dalle ricorrenti nel ricorso, come pure nelle risposte ai quesiti scritti del Tribunale, riguardano infatti le scorte d' intervento di riso Japonica, non già di riso Indica, come la Commissione ha segnalato, senza essere contraddetta dalle ricorrenti, nel punto 24 del controricorso.

    127 In secondo luogo, la Commissione ha osservato che, nel periodo settembre-dicembre 1992, sono state importate dalle Antille circa 27 000 tonnellate di riso, volume corrispondente all' 11% della produzione comunitaria di risone. Il Tribunale constata che questa cifra non viene contestata dalle ricorrenti. Inoltre, una cifra ancor più elevata ° 36 161 tonnellate ° compare nelle tabelle che figurano nell' allegato 16 del ricorso tanto nella causa T-480/93 quanto nella causa T-483/93 e che si riferiscono a taluni certificati rilasciati per l' importazione, dai quali risulta d' altronde che, nella prima metà del 1992, non vi sono state importazioni di riso dalle Antille olandesi.

    128 Il Tribunale ritiene che, tenuto conto di questi dati ° importante ribasso del prezzo del risone di origine comunitaria in concomitanza con un notevole aumento delle importazioni di riso semilavorato delle Antille, prodotto concorrente °, alla Commissione era lecito constatare che, ai sensi dell' art. 109, n. 1, della decisione PTOM, erano sorte difficoltà che rischiavano di alterare il settore della coltivazione di riso Indica nella Comunità, e che, quindi, potevano essere poste in atto misure di salvaguardia.

    129 Per di più, il Tribunale constata che la Commissione ha tenuto conto anche di vari altri elementi, constatando che il riso antillano era offerto ad un prezzo nettamente inferiore a quello cui poteva essere offerto il riso comunitario nella fase di trasformazione considerata, cioè quella del riso semilavorato, il che non viene più contestato dalle ricorrenti.

    130 Secondo il Tribunale, la Commissione non ha commesso alcun manifesto errore di valutazione comparando i prezzi delle due materie prime nella suddetta fase. Da questa scelta risulta infatti, anzitutto, che la Commissione ha dato prova di diligenza, comparando i due prodotti di cui trattasi nella stessa fase di trasformazione. Inoltre, poiché il riso antillano veniva offerto sul mercato comunitario sotto forma di riso semilavorato, era logico che la Commissione comparasse in questa fase i due prodotti concorrenti e, a tal fine, calcolasse un prezzo teorico del riso semilavorato comunitario. Quanto al calcolo del prezzo, il Tribunale ritiene che le ricorrenti non siano riuscite a mettere in dubbio i calcoli prospettati dalla Commissione, poiché si sono limitate ad affermare che i costi di trasformazione e i costi supplementari erano troppo elevati o a contestare il tasso applicato per la conversione fra i diversi livelli di trasformazione, senza giustificare il loro punto di vista (v. punto 29 della replica nella causa T-480/93 e punto 30 della replica nella causa T-483/93, nonché le risposte delle parti al quesito n. 10 del Tribunale). Infine, le ricorrenti non possono far carico alla Commissione di aver calcolato un prezzo teorico del riso semilavorato comunitario, poiché anche il raffronto da loro proposto è basato sul calcolo di un prezzo teorico, quello del riso lavorato prodotto con riso semilavorato delle Antille (v. allegato 7 del ricorso nella causa T-480/93 e allegato 8 del ricorso nella causa T-483/93).

    131 Il Tribunale ritiene quindi che giustamente la Commissione abbia constatato che fra il prezzo del riso comunitario e quello del riso antillano esisteva un notevole divario, il quale poteva aver causato il crollo del prezzo del riso comunitario fra il settembre 1992 e il gennaio 1993.

    132 Inoltre, alla Commissione era lecito far riferimento al rischio che l' esportazione del riso antillano nei DOM mettesse in pericolo il programma Poseidom, destinato a favorire lo smercio in Guadalupa e in Martinica del riso raccolto nella Guyana francese. Se, infatti, questo rischio è sufficientemente concreto nell' ipotesi che abbiano luogo siffatte esportazioni, è irrilevante che, nel momento in cui è stato adottato il primo provvedimento, siffatte esportazioni non fossero ancora effettivamente avvenute. Ora, nella fattispecie, le ricorrenti non hanno contestato l' affermazione della Commissione secondo cui il mercato del riso di questi due dipartimenti era così fragile che l' importazione del carico di una sola nave sarebbe bastata a perturbarlo. Poiché una siffatta importazione poteva aver luogo in qualsiasi momento, una misura correttiva sarebbe stata necessariamente tardiva. Solo una misura preventiva di salvaguardia poteva quindi essere efficace.

    133 Quanto alla seconda decisione, si deve preliminarmente rilevare che essa non fa altro che modificare l' art. 1 della prima decisione, attenuandone notevolmente il contenuto, in quanto stabilisce soltanto un prezzo minimo assoluto ad un livello nettamente inferiore a quello del prezzo minimo relativo stabilito dalla prima decisione. Ne consegue che, adottando la seconda decisione, la Commissione non ha imposto una nuova misura di salvaguardia avente autonoma portata, ma si è limitata a rendere meno rigoroso il regime instaurato da una misura di salvaguardia esistente. Essa non era quindi tenuta, in tale fase, a riesaminare se in via di principio potessero essere adottate misure di salvaguardia, come aveva dovuto fare prima di adottare la prima decisione.

    134 D' altronde, e comunque, secondo il Tribunale era logico, da parte della Commissione, considerare che, malgrado il miglioramento della situazione concorrenziale del riso nell' aprile 1993, era pur sempre necessario proteggere la risicoltura comunitaria mantenendo in vigore una misura di salvaguardia. Le semine del riso cominciano, infatti, in aprile. Era quindi importante, per evitare un ritorno alla coltura già eccedentaria di riso Japonica, che non venisse scossa la fiducia degli agricoltori comunitari nelle prospettive di evoluzione del prezzo del riso Indica. In proposito è irrilevante che, in quel momento, vi fosse penuria di risone comunitario ed il prezzo dello stesso fosse aumentato. Dato il carattere preventivo della misura in questione, cioè il fatto ch' essa era intesa a difendere il livello della produzione comunitaria di riso Indica, l' importante non era la situazione esistente nel momento dell' adozione della decisione, bensì le prospettive di evoluzione della stessa che potevano esser scontate dagli agricoltori comunitari. Ora, la situazione non era tale da far loro pensare che fosse escluso qualsiasi nuovo crollo del prezzo del riso comunitario, mentre il mantenimento in vigore di una misura di salvaguardia, poiché rendeva manifesta la volontà della Commissione di continuare a difendere la coltura del riso Indica nella Comunità e di neutralizzare, in tal modo, il rischio di un' importante riduzione del prezzo di questo riso, era atto a rassicurarli. Perciò, adeguando la misura di salvaguardia ad una nuova situazione, la Commissione non ha superato i limiti del potere discrezionale attribuitole dall' art. 109, n. 1, della decisione PTOM.

    135 Da tutto quanto precede risulta che il secondo motivo dev' essere disatteso.

    Terzo motivo: violazione dell' art. 109, n. 2, della decisione PTOM

    136 Le ricorrenti sostengono che con le due decisioni impugnate è stato violato l' art. 109, n. 2, della decisione PTOM. Questa norma dispone, infatti, che "(per) applicare il paragrafo 1, vanno scelte in via prioritaria le misure che turbino il meno possibile il funzionamento dell' associazione e della Comunità. La portata di queste (misure) non deve eccedere il limite di quanto è strettamente indispensabile per porre rimedio alle difficoltà manifestatesi". Ora, ciascuna delle decisioni impugnate andrebbe ben oltre quanto è necessario per eliminare un' eventuale perturbazione o un' eventuale minaccia di alterazione del settore della risicoltura nella Comunità.

    ° Sulla prima decisione

    1. Argomenti delle parti

    137 Le ricorrenti osservano che il prezzo minimo relativo, stabilito nella prima decisione al 120% del prelievo vigente per il riso semilavorato, impediva la vendita del riso antillano ed ha escluso tale prodotto dal mercato. Sarebbero stati così compromessi gli investimenti effettuati dalle ricorrenti nelle Antille olandesi, il che avrebbe perturbato l' associazione dei PTOM alla Comunità. Detti inconvenienti sarebbero stati eccessivi rispetto allo scopo perseguito, che era quello di eliminare la perturbazione o il rischio di alterazione del mercato comunitario del riso. Inoltre, questa decisione sarebbe stata adottata violando il "principio della gerarchia delle preferenze", in quanto il prezzo minimo relativo stabilito per il riso delle Antille era superiore al prezzo del riso proveniente da paesi terzi, cosicché il riso che veniva dai PTOM era posto in una situazione meno favorevole di quella del riso che veniva dagli Stati ACP o dagli Stati Uniti. Così, la misura di salvaguardia avrebbe protetto non solo la risicoltura comunitaria, ma anche l' importazione di riso dai paesi terzi.

    138 La Commissione sottolinea, in primo luogo, ch' essa ha preferito la fissazione di un prezzo minimo ad una temporanea reintroduzione del prelievo all' importazione, perché era convinta che una siffatta misura avrebbe permesso di soddisfare pienamente gli interessi dei produttori della Comunità ed avrebbe gravato meno sull' industria di trasformazione ubicata nelle Antille olandesi.

    139 In secondo luogo, essa osserva che una misura di salvaguardia dev' essere efficace e che il solo modo di eliminare la perturbazione del settore risicolo nella Comunità era quello d' imporre, per il riso antillano, un prezzo minimo che potesse compensare lo svantaggio, sul piano della concorrenza, del riso comunitario. La Commissione ammette tuttavia che il prezzo minimo relativo rendeva il riso antillano più caro del riso proveniente da paesi terzi.

    2. Giudizio del Tribunale

    140 Il Tribunale constata che questo motivo solleva il problema di stabilire se la Commissione, adottando i provvedimenti impugnati, abbia violato il principio di proporzionalità sancito dall' art. 109, n. 2, della decisione PTOM.

    141 In proposito va rilevato che lo scopo dell' art. 109 della decisione PTOM è esclusivamente quello di ovviare alle difficoltà incontrate da un settore di attività economica della Comunità o anche di impedire che sorgano siffatte difficoltà. Per raggiungere questo scopo, il n. 2 del suddetto articolo autorizza solo le misure di salvaguardia che siano "strettamente indispensabili". Ne consegue che una misura di salvaguardia avente l' effetto di proteggere, nel contempo, un settore di attività economica di un paese terzo va oltre lo scopo perseguito dall' art. 109 della decisione PTOM e non è, quindi, per tale motivo, "strettamente indispensabile" ai sensi del predetto n. 2.

    142 Nella fattispecie, il Tribunale constata che è pacifico fra le parti che l' art. 1, n. 1, della decisione 25 febbraio 1993, 93/127/CEE, fissando il prezzo minimo relativo al 120% del prelievo vigente per il riso semilavorato, ha reso il riso antillano più caro, sul mercato comunitario, del riso proveniente da paesi terzi come gli Stati Uniti o i paesi ACP (v. l' ordine che risulta dalla tabella figurante nel punto 31 del ricorso nella causa T-480/93 e nel punto 55 del ricorso nella causa T-483/93, non contestato dalla Commissione, punto 38 del controricorso). Questa norma, perciò, non ha rispettato neppure l' ordine delle preferenze stabilito a favore dei prodotti comunitari ed a favore dei prodotti originari dei PTOM.

    143 Di conseguenza, riservando al riso ACP e al riso americano, sul mercato comunitario, una situazione concorrenziale più vantaggiosa di quella del riso antillano, l' art. 1, n. 1, della decisione 25 febbraio 1993 va oltre quanto era strettamente necessario per porre rimedio alle difficoltà provocate, quanto alla commercializzazione del riso comunitario, dall' importazione del riso delle Antille. Questa norma viola, perciò, l' art. 109, n. 2, della decisione PTOM e dev' essere quindi annullata.

    ° Sulla seconda decisione

    1. Argomenti delle parti

    144 Per quanto riguarda la seconda decisione, le ricorrenti sostengono che anch' essa è stata adottata in contrasto con l' art. 109, n. 2, della decisione PTOM, perché il prezzo minimo ch' essa impone va oltre quanto era necessario per eliminare la perturbazione o la minaccia di alterazione della risicoltura nella Comunità.

    145 Esse osservano, anzitutto, che il suddetto prezzo era nettamente superiore al prezzo del riso della Comunità e solo di poco inferiore a quello del riso degli Stati ACP. Poiché le misure di salvaguardia erano destinate a proteggere la risicoltura della Comunità, i prezzi del riso comunitario dovrebbero essere confrontati, per accertare se queste misure rispettino il principio di proporzionalità, col prezzo minimo assoluto imposto per il riso antillano. Ora, anche rispetto al riso degli Stati Uniti, il riso delle Antille avrebbe continuato a trovarsi in situazione sfavorevole sul piano della concorrenza, se si tiene conto della qualità superiore del riso americano.

    146 Le ricorrenti si chiedono, poi, perché anche nella seconda decisione sia stato imposto un prezzo minimo assoluto. Le spiegazioni che la Commissione dà nel controricorso sarebbero discordanti al riguardo, in quanto farebbero riferimento, per giustificare l' imposizione di una misura meno rigorosa, sia ad una domanda di correzione presentata dal governo olandese, sia alla situazione del mercato, mentre apportare una correzione non equivarrebbe ad attenuare il rigore di una misura di salvaguardia.

    147 Le ricorrenti aggiungono che, comunque, l' attuazione delle decisioni impugnate ha determinato gravi conseguenze finanziarie, ed anche per questo motivo tali decisioni sarebbero misure eccessive. Le autorità doganali, infatti, esigerebbero il deposito di una garanzia d' importo equivalente al prelievo dovuto sul riso semilavorato proveniente dai paesi terzi, mentre la Commissione avrebbe potuto servirsi di altri mezzi meno gravosi per le ricorrenti.

    148 La Commissione oppone che il livello del prezzo minimo della seconda decisione non era sproporzionato, in quanto veniva imposto solo un prezzo minimo assoluto, il che migliorava notevolmente la situazione del riso "originario delle Antille" sul piano della concorrenza, come sarebbe stato dimostrato dalla ripresa delle importazioni nel mese di aprile.

    2. Giudizio del Tribunale

    149 Il Tribunale constata, in primo luogo, che il prezzo minimo assoluto di 550 ECU/tonnellata imposto dall' art. 1 della suddetta decisione ha reso il riso originario delle Antille più caro del riso comunitario, ma meno caro del riso degli Stati ACP e degli Stati Uniti. E' questo, infatti, l' ordine di grandezze risultante tanto dalla tabella che figura nel punto 35 del ricorso nella causa T-480/93 e nel punto 61 del ricorso nella causa T-483/93, quanto dai calcoli effettuati dalla Commissione, che sono riportati nel punto 42 del controricorso nelle due cause.

    150 In secondo luogo, dall' allegato 23 della replica nella causa T-480/93 e dall' allegato 24 della replica nella causa T-483/93 risulta che nel mese di aprile 1993 sono state importate nella Comunità 8 400 tonnellate di riso antillano. Il Tribunale osserva che questa cifra si colloca al terzo posto fra quelle corrispondenti ai quantitativi importati in un mese fra il settembre 1992 e il maggio 1993, e che, molto probabilmente, queste importazioni sono state realizzate nel giro di circa quindici giorni dopo l' entrata in vigore della seconda decisione, adottata il 13 aprile 1993 e pubblicata nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee il 14 aprile 1993.

    151 Ne consegue che, tenuto conto di queste circostanze, le ricorrenti non hanno provato né che la Commissione abbia superato i limiti del proprio potere discrezionale fissando, nella seconda decisione, il prezzo minimo assoluto di 550 ECU/tonnellata, né che questa misura sia andata oltre quanto era strettamente necessario per porre rimedio alle difficoltà manifestatesi per la coltura del riso Indica nella Comunità, ai sensi dell' art. 109, n. 2, della decisione PTOM. La seconda decisione ha posto il riso delle Antille in situazione sfavorevole, sul piano della concorrenza, solo rispetto al riso prodotto nella Comunità. In particolare, la massiccia importazione di riso originario delle Antille durante la seconda metà del mese di aprile 1993 prova che il divario di prezzo fra il riso antillano e il riso americano era sufficiente per compensare la migliore qualità di quest' ultimo.

    152 D' altro canto, quanto all' argomento secondo cui la decisione sarebbe comunque eccessiva perché la sua attuazione da parte delle autorità doganali, le quali pretendono una garanzia equivalente al prelievo che si applica al riso semilavorato, comporterebbe gravi conseguenze finanziarie, il Tribunale ritiene che, anche se ciò fosse vero, non si tratterebbe di una conseguenza necessaria della decisione impugnata, ma soltanto di un comportamento adottato dalle autorità doganali nazionali. Ora, il carattere eccessivo di un provvedimento d' attuazione di diritto interno non implica quello della decisione comunitaria che viene attuata. Inoltre, il Tribunale non è competente ad accertare se un provvedimento nazionale di attuazione sia conforme al principio di proporzionalità. Tale questione rientra nella competenza del giudice nazionale, cui le ricorrenti avrebbero potuto rivolgersi.

    153 Da tutto quanto precede risulta che la seconda decisione non viola l' art. 109, n, 2, della decisione PTOM e che il terzo motivo, per quanto riguarda la seconda decisione, dev' essere perciò disatteso.

    Quarto motivo: violazione degli artt. 132, punto 1), e 133, n. 1, del Trattato, nonché dell' art. 101, n. 1, della decisione PTOM

    ° Argomenti delle parti

    154 A detta delle ricorrenti, il fatto che l' esenzione dai dazi doganali all' importazione sia subordinata al rispetto di prezzi minimi darebbe luogo ad una tassa "condizionale" d' effetto equivalente su prodotti originari dei PTOM. Analogamente ai dazi doganali, una siffatta tassa d' effetto equivalente sarebbe vietata dagli artt. 132, punto 1), e 133, n. 1, del Trattato ° come la Corte avrebbe affermato nella summenzionata sentenza Leplat ° nonché dall' art. 101 della decisione PTOM.

    155 La Commissione contesta questa tesi, sottolineando che nel caso di specie non si tratta di una tassa condizionale d' effetto equivalente, bensì di un prezzo minimo, e che l' art. 109 della decisione PTOM lascia un certo margine di discrezionalità quanto alla scelta delle misure da adottare.

    ° Giudizio del Tribunale

    156 Si deve preliminarmente rilevare che, per giurisprudenza costante, un onere pecuniario, sia pure minimo, imposto unilateralmente, a prescindere dalla sua denominazione e dalla sua struttura, e che colpisce le merci nazionali o estere in ragione del fatto che esse varcano la frontiera, se non è un dazio doganale propriamente detto, costituisce una tassa d' effetto equivalente ai sensi degli artt. 9 e 12 del Trattato (v. sentenze della Corte 1 luglio 1969, cause riunite 2/69 e 3/69, Sociaal Fonds voor de Diamantarbeiders, Racc. pag. 211, punto 18, e, da ultimo, 22 giugno 1994, causa C-462/92, Deutsches Milch-Kontor, Racc. pag 2757, punto 50).

    157 Nella fattispecie, non si può far a meno di constatare che nessun onere è imposto in ragione del fatto che il riso antillano, quando viene importato, varca le frontiere esterne della Comunità. Infatti, solo nell' ipotesi che non sia rispettato il prezzo minimo di vendita deve aver luogo la percezione di un onere pecuniario equivalente al prelievo dovuto sul riso semilavorato proveniente da un paese terzo. Un siffatto onere trova origine non già nel fatto che la merce varca la frontiera, bensì nell' inosservanza del prezzo minimo imposto. Esso non può, quindi, essere considerato una tassa d' effetto equivalente, vietata dalle norme cui le ricorrenti si richiamano nell' ambito del motivo ora in esame.

    158 In quanto le ricorrenti sostengano che l' imposizione dell' obbligo di pagare una cauzione equivalente al prelievo che si applica al riso semilavorato proveniente da un paese terzo costituisce una tassa d' effetto equivalente, si deve ricordare che tale obbligo non deriva dalle decisioni impugnate, ma risulta da provvedimenti adottati dalle autorità nazionali (v. supra, punto 152). Perciò, esso non potrebbe mai portare all' annullamento delle decisioni impugnate.

    Quinto motivo: violazione dell' art. 131 del Trattato, nonché della decisione PTOM

    ° Argomenti delle parti

    159 Le ricorrenti fanno valere che, nell' adottare le decisioni impugnate, la Commissione non ha tenuto conto dello scopo dell' associazione dei PTOM alla Comunità definito dall' art. 131 del Trattato, cioè quello di promuovere lo sviluppo economico e sociale dei PTOM e d' instaurare strette relazioni economiche tra essi e la Comunità nel suo insieme, nonché di favorire gli interessi degli abitanti dei PTOM e la loro prosperità, in modo da condurli allo sviluppo economico, sociale e culturale che essi attendono. La Commissione, infatti, non avrebbe preso in considerazione i notevoli investimenti effettuati dalle ricorrenti, che avrebbero grandemente contribuito alla realizzazione degli obiettivi dell' associazione.

    160 La Commissione oppone che questo motivo si confonde con il primo, in quanto, se dovesse essere accolto, renderebbe impossibile qualsiasi misura di salvaguardia, mentre l' art. 109 della decisione PTOM contempla espressamente la possibilità di adottare siffatte misure.

    161 Essa ricorda tuttavia, in via subordinata, che gli scopi perseguiti dall' associazione devono essere conciliati con altri interessi, come quelli della politica agricola comune o dei DOM.

    ° Giudizio del Tribunale

    162 Il Tribunale considera che questo motivo si confonde con il primo. Poiché, infatti, relativamente al primo motivo si è ritenuto che la possibilità di adottare misure di salvaguardia contro l' importazione di prodotti originari dei PTOM è conforme al Trattato, ciò implica necessariamente che l' adozione di siffatte misure non impedisce che vengano perseguiti gli scopi dell' associazione, quali sono definiti dall' art. 131. Conseguentemente, per motivi identici a quelli sopra indicati (punti 90-97), anche questo motivo dev' essere disatteso.

    Sesto motivo: violazione del principio della diligente preparazione degli atti, nonché dell' art. 190 del Trattato

    ° Argomenti delle parti

    163 Le ricorrenti sostengono che la Commissione ha violato il principio della diligente preparazione degli atti, in quanto non ha esaminato sufficientemente la necessità di adottare misure di salvaguardia, né gli effetti di queste ultime per l' economia delle Antille olandesi e per le imprese interessate.

    164 Esse rilevano che questa mancanza di diligenza si traduce in una violazione dell' obbligo di motivazione sancito dall' art. 190 del Trattato. Nella fattispecie, la motivazione delle due decisioni avrebbe dovuto essere particolarmente chiara e completa, poiché le decisioni stesse derogano alla libera circolazione delle merci fra la Comunità e i PTOM. Ora, la motivazione della prima decisione sarebbe infondata e/o incomprensibile relativamente a sei punti e quella della seconda renderebbe ancora più oscura la motivazione della prima. I sei punti suddetti riguardano la comparazione dei prezzi, i pericoli cui sarebbero esposte la politica agricola comune e la produzione di riso nella Guyana francese, il nesso fra il rischio di aumento delle importazioni di riso antillano e l' allegata (minaccia di) perturbazione o alterazione.

    165 Esse assumono, inoltre, che la motivazione della seconda decisione è incompatibile con quella della prima. Poiché la seconda decisione costituisce una proroga della prima, il prezzo minimo assoluto da essa previsto avrebbe dovuto, infatti, essere fissato in base agli stessi criteri sui quali si basava la fissazione del prezzo minimo relativo nella prima decisione, cioè sul prezzo d' intervento e/o sui costi di produzione del riso comunitario. Ora, le ricorrenti rilevano che il prezzo minimo assoluto stabilito nella seconda decisione è inferiore di 170 ECU/tonnellata al prezzo minimo relativo stabilito nella prima decisione. Esse ne deducono che questa differenza deve poter trovare origine sia in una diminuzione del prezzo d' intervento, sia in una diminuzione dei costi di produzione del riso comunitario.

    166 Quanto al prezzo d' intervento, le ricorrenti constatano che, lungi dal diminuire, esso è aumentato fra l' adozione della prima decisione e quella della seconda. Di conseguenza, la diminuzione del prezzo minimo (prezzo minimo assoluto della seconda decisione rispetto al prezzo minimo relativo della prima decisione) dovrebbe derivare da una riduzione dei costi di produzione di entità tale da poter compensare, al tempo stesso, la diminuzione del prezzo d' intervento e quella di 170 ECU del prezzo minimo relativo stabilito nella prima decisione.

    167 Le ricorrenti ne desumono che la prima decisione è fondata su un manifesto errore di valutazione che ha portato la Commissione a fissare un prezzo minimo relativo eccessivamente elevato, ovvero la seconda decisione è fondata su elementi di cui né esse stesse né il Tribunale sono stati messi a conoscenza.

    168 Secondo le ricorrenti, la motivazione della seconda decisione non spiegherebbe neppure perché la misura di salvaguardia avrebbe dovuto applicarsi fino al 31 agosto 1993.

    169 La Commissione non refuta specificamente questo motivo, limitandosi a richiamare i propri argomenti sulla fondatezza delle decisioni impugnate.

    ° Giudizio del Tribunale

    170 Si deve ricordare che, per costante giurisprudenza, l' accertamento del carattere adeguato della motivazione di un atto va effettuato alla luce non solo del tenore della stessa, ma anche del contesto in cui l' atto in questione è stato adottato (sentenza della Corte 14 febbraio 1990, causa C-350/88, Delacre e a./Commissione, Racc. pag. I-395, punto 16; sentenza del Tribunale 5 giugno 1992, causa T-26/90, Finsider/Commissione, Racc. pag. II-1789, punto 70).

    171 Ora, il periodo precedente l' adozione della prima decisione e il periodo intercorso fra la prima e la seconda decisione sono stati caratterizzati da molteplici contatti diretti o indiretti, tramite la rappresentanza permanente olandese, fra le ricorrenti e la Commissione (v. punto 33 del ricorso nella causa T-480/93 e punto 57 del ricorso nella causa T-483/93, ove si parla della summenzionata riunione del 12 gennaio 1993, della presentazione di un reclamo scritto contro la misura di salvaguardia dopo l' 8 marzo 1993, della visita dei rappresentanti delle ricorrenti alla Commissione in data 31 marzo 1993, nonché dei vari contatti telefonici avuti con gli uffici della Commissione). E' alla luce di queste circostanze che si deve valutare se le decisioni impugnate siano sufficientemente motivate.

    172 Il Tribunale constata anzitutto che le prime cinque censure formulate nei confronti della motivazione della prima decisione coincidono, in sostanza, con i motivi già esaminati. Dalle considerazioni da esso svolte riguardo a detti motivi risulta, in particolare, che le ricorrenti disponevano di tutti i dati necessari per valutare la fondatezza della suddetta decisione e che, in base a tali dati, il Tribunale ha potuto esercitare normalmente il proprio controllo di legittimità sulla stessa decisione (v. sentenze della Corte 30 settembre 1982, causa 108/81, Amylum/Consiglio, Racc. pag. 3107, punto 19; 8 novembre 1983, cause riunite 96/82-102/82, 104/82, 105/82, 108/82 e 110/82, IAZ e a./Commissione, Racc. pag. 3369, punto 37; 25 ottobre 1984, causa 185/83, Regia Università di Groningen, Racc. pag. 3623, punto 38, e Delacre e a./Commissione, loc. cit., punto 15).

    173 Il Tribunale constata poi che la principale critica rivolta dalle ricorrenti alla motivazione della seconda decisione consiste nel sostenere ch' essa non spiega il notevole divario esistente fra i prezzi minimi rispettivamente imposti dalla prima e dalla seconda decisione. Poiché il Tribunale ha ritenuto che il prezzo minimo relativo imposto dalla prima decisione era eccessivo, la motivazione della prima decisione sulla quale è basata la fissazione di questo prezzo non risulta più valida. Ne consegue che l' allegato contrasto fra la motivazione della prima decisione e quella della seconda non trova origine in un difetto di motivazione della seconda decisione, ma deriva dal contenuto della prima decisione, e che, perciò, non si può parlare di motivazioni contraddittorie.

    174 Per quanto riguarda il preteso difetto di motivazione relativamente alla durata iniziale della misura di salvaguardia, basta constatare che, come risulta dall' art. 3 del regolamento 21 giugno 1976, n. 1418, la campagna di commercializzazione del riso termina il 31 agosto.

    175 Da quanto precede risulta che questo motivo dev' essere disatteso.

    Le domande di risarcimento

    176 In via preliminare si deve osservare che, secondo una consolidata giurisprudenza, la responsabilità della Comunità può sorgere, in base all' art. 215 del Trattato, solo qualora ricorrano vari presupposti, e cioè la realtà del danno, il nesso causale fra il danno lamentato e il comportamento addebitato alle istituzioni e l' illegittimità di tale comportamento (v. sentenza della Corte 28 aprile 1971, causa 4/69, Luetticke/Commissione, Racc. pag. 325, punto 10). Nella presente fattispecie, l' oggetto della domanda di risarcimento deve essere limitato unicamente alla questione se la Commissione abbia fatto sorgere la responsabilità della Comunità, fissando nella prima decisione, in contrasto con l' art. 109, n. 2, della decisione PTOM, un prezzo minimo relativo troppo elevato, tale essendo l' unica illegittimità accertata nell' ambito della domanda di annullamento. Questa limitazione dell' oggetto della domanda di risarcimento implica, inoltre, che può esser preso in considerazione solo il danno assertivamente causato dalla prima decisione.

    A ° Sull' illecito

    177 Quanto alla gravità dell' illecito che dev' essere stato commesso, va rilevato che, secondo una costante giurisprudenza, se l' atto ritenuto lesivo è un atto normativo che implica scelte di politica economica, la responsabilità della Comunità potrà sorgere "unicamente in caso di violazione grave di una norma superiore intesa a tutelare i singoli" (v. sentenza della Corte 2 dicembre 1971, causa 5/71, Zuckerfabrik Schoeppenstedt/Consiglio, Racc. pag. 975, punto 11; sentenza del Tribunale 27 giugno 1991, causa T-120/89, Peine-Salzgitter/Commissione, Racc. pag. II-279, punto 74). Si deve quindi stabilire se la prima decisione fosse un atto normativo implicante scelte di politica economica, onde accertare la gravità dell' illecito necessario per comportare la responsabilità extracontrattuale della Comunità.

    178 Nella fattispecie, le ricorrenti ricordano che le decisioni impugnate le riguardano direttamente e individualmente e che perciò non possono essere considerate atti normativi (v. sentenza Zuckerfabrik Schoeppenstedt/Consiglio, loc. cit.; v. anche conclusioni dell' avvocato generale VerLoren van Themaat relative alla sentenza 5 marzo 1986, causa 59/84, Tezi Textiel BV/Commissione, Racc. pag. 887, in particolare pag. 889).

    179 La Commissione sostiene invece che le decisioni impugnate sono atti normativi che innegabilmente implicano scelte di politica economica, e che perciò dev' essere applicato il criterio più rigoroso quanto alla responsabilità.

    180 In proposito il Tribunale constata, anzitutto, che l' obbligo di rispettare un prezzo minimo di vendita s' impone in generale, ad ogni operatore economico che eventualmente importi riso antillano nella Comunità. Inoltre, dal tenore dell' art. 109, n. 2, della decisione PTOM risulta che la Commissione dispone di un ampio potere discrezionale in materia. Detta norma stabilisce infatti che, qualora ricorrano determinati presupposti, la Commissione può adottare misure di salvaguardia. Di conseguenza, l' adozione di misure di salvaguardia implica, da parte della Commissione, una scelta che si colloca, nella fattispecie, nei settori della politica agricola comunitaria e dell' associazione dei PTOM. Ne consegue che "la responsabilità della Comunità (...) sussiste (...) unicamente in caso di violazione grave di una norma superiore intesa a tutelare i singoli" (v. sentenza Zuckerfabrik Schoeppenstedt/Consiglio, loc. cit., punto 11).

    181 Questa conclusione non è inficiata dal fatto che, in merito alla domanda di annullamento, è stato ritenuto che la prima decisione riguardava individualmente le ricorrenti. Il Tribunale ricorda infatti che "l' azione prevista agli artt. 178 e 215 del Trattato è stata istituita come mezzo autonomo, dotato di una particolare funzione nell' ambito del regime delle impugnazioni e subordinato, quanto al suo esercizio, a condizioni attinenti al suo specifico oggetto" (ordinanza Van Parijs e a./Consiglio e Commissione, loc. cit., punto 14).

    182 In proposito si deve rilevare che il medesimo atto, risultato della scelta effettuata da un' istituzione comunitaria in forza del proprio potere discrezionale, non può essere soggetto, nell' ambito di una domanda di risarcimento, ad un diverso regime della responsabilità a seconda che detto atto riguardi o meno individualmente il ricorrente, nell' ambito di una connessa domanda di annullamento.

    183 Il fatto che, nell' ambito di una domanda di annullamento, sia stato accertato che l' atto criticato riguarda individualmente il ricorrente e che, perciò, costituisce una decisione destinata al ricorrente di cui trattasi non impedisce che lo stesso atto sia considerato un atto normativo nell' ambito di una domanda di risarcimento (al riguardo, v. sentenza Sofrimport/Commissione, loc. cit., punti 25 e 26, in cui la Corte, dopo aver ammesso che l' atto riguardava individualmente la ricorrente, ha tuttavia applicato il criterio di responsabilità relativo agli atti normativi).

    184 Inoltre, il fatto che un atto riguardi individualmente una persona deriva soltanto da determinate qualità proprie della stessa o da una situazione di fatto che la caratterizza rispetto a qualsiasi altro soggetto. Queste circostanze sono rilevanti solo per quanto concerne la ricevibilità di una domanda di annullamento e non dipendono dall' istituzione comunitaria da cui emana l' atto. Pertanto, esse non dovrebbero essere decisive ai fini del regime della responsabilità da applicare.

    185 Infine, nell' ambito di una domanda di annullamento, secondo la ormai consolidata giurisprudenza della Corte, un atto avente, per la sua natura e per la sua portata, carattere normativo, poiché si applica alla generalità degli operatori economici interessati, può riguardare individualmente alcuni di loro (sentenza Codorniu/Consiglio, loc. cit., punto 19). Anche se, nell' accertare la ricevibilità della domanda di annullamento, questo atto può essere considerato, per i ricorrenti di cui trattasi, come una decisione, ciò non toglie che il suo carattere normativo sussiste sempre, in quanto la sua natura e la sua portata intrinseche non sono modificate da questa valutazione.

    186 Si deve quindi accertare se l' illegittimità della prima decisione, constatata dal Tribunale, possa essere qualificata violazione grave di una norma giuridica superiore posta a tutela dei singoli.

    Argomenti delle parti

    187 Secondo le ricorrenti, sarebbe soddisfatta la triplice condizione alla quale è subordinata la violazione grave di una norma giuridica superiore che tutela i singoli. In primo luogo, esse sottolineano che, nell' ambito delle domande di annullamento, è stata da loro denunciata una violazione dell' art. 109 della decisione PTOM. In secondo luogo, esse sostengono che il principio di proporzionalità, contemplato dall' art. 109, n. 2, della decisione PTOM, è una norma superiore intesa a tutelare i loro interessi. In terzo luogo, esse fanno valere che dal terzo motivo dedotto a sostegno delle domande di annullamento risulta che la Commissione ha gravemente violato dette disposizioni, perché, se avesse avuto cura di accertare autonomamente l' esistenza dei presupposti per adottare una misura di salvaguardia, avrebbe potuto facilmente evitare l' errore di valutazione della situazione, da essa commesso imponendo siffatte misure.

    188 La Commissione sostiene che la sua responsabilità non sussisterebbe neppure se l' adozione delle impugnate misure di salvaguardia costituisse un illecito. Essa sottolinea anzitutto che non è stata provata una violazione sufficientemente grave. Perché si configuri una siffatta violazione nell' esercizio di un potere discrezionale, la Commissione avrebbe dovuto disconoscere, in modo palese e grave, i limiti che s' impongono all' esercizio dei suoi poteri (sentenza della Corte 25 maggio 1978, cause riunite 83/76 e 94/76, 4/77, 15/77 e 40/77, HNL/Consiglio e Commissione, Racc. pag. 1209, punto 6). Ora, il solo illecito ch' essa potrebbe aver commesso nella fattispecie ° il che, del resto, viene da essa contestato ° è l' aver valutato erroneamente una situazione economica complessa o il non averne tratto le esatte conclusioni. Un siffatto "illecito" non potrebbe mai essere considerato una palese e grave violazione dei limiti che s' impongono al suo potere discrezionale. Essa nega altresì di aver violato una norma giuridica superiore che tuteli gli interessi delle ricorrenti, poiché l' art. 109 della decisione PTOM tutela soltanto settori di attività economica della Comunità.

    Giudizio del Tribunale

    189 In primo luogo, secondo il Tribunale, il principio di proporzionalità contemplato dall' art. 109, n. 2, della decisione PTOM è un principio giuridico superiore posto a tutela dei singoli (sentenza della Corte 14 gennaio 1987, Zuckerfabrik Bedburg/Consiglio e Commissione, causa 281/84, Racc. pag. 49, punti 35-38). La circostanza che tale norma autorizzi soltanto le misure di salvaguardia che siano strettamente necessarie per porre rimedio alle difficoltà manifestatesi ha infatti realmente lo scopo di tutelare gli interessi dei singoli.

    190 In secondo luogo, si deve quindi accertare se la fissazione di un prezzo minimo per il riso antillano ad un livello tale da rendere questo riso più caro di quello proveniente da paesi terzi costituisca una violazione sufficientemente grave del suddetto principio, nonché una trasgressione manifesta e grave dei limiti che s' impongono all' esercizio dei poteri della Commissione (sentenze della Corte HNL/Consiglio e Commissione, loc. cit., punto 6, e 19 maggio 1992, cause riunite C-104/89 e C-37/90, Mulder e a./Consiglio e Commissione, Racc. pag. I-3061, punto 12) nell' attuazione della politica agricola comune e dell' art. 109 della decisione PTOM, compito per cui la Commissione dispone di un ampio potere discrezionale.

    191 Su questo punto, si deve anzitutto rilevare che, il 14 gennaio 1993, il ministro delle finanze delle Antille olandesi ha fissato un prezzo minimo all' esportazione pari al 120% del prelievo vigente per il riso semilavorato, il che corrisponde al prezzo minimo relativo imposto dalla Commissione nella sua prima decisione. Ne consegue che, nella prima decisione, la Commissione non ha fatto altro ° quanto meno sul punto in questione ° che riprodurre il contenuto del provvedimento adottato dalle autorità competenti del PTOM interessato. Essa si è limitata, così, ad aggiungere al provvedimento di cui trattasi una sanzione comunitaria.

    192 Il Tribunale constata poi che, nella riunione del 12 gennaio 1993, della quale, come è pacifico fra le parti, non esiste verbale, le parti hanno discusso della possibilità di sostituire l' adozione di una misura comunitaria con l' adozione di una misura unilaterale del governo delle Antille olandesi (v. la lettera 11 gennaio 1993 del rappresentante permanente dei Paesi Bassi, riportata nell' allegato 1 all' allegato 9 del ricorso nella causa T-480/93, ove si parla, in proposito, di un prezzo minimo del 120% del prelievo vigente per il riso semigreggio). Dinanzi al Tribunale, la Commissione ha sostenuto ch' essa riteneva troppo basso questo prezzo e che ha insistito per aumentarlo (punto 21 della controreplica). In tali circostanze, essa è stata informata, con lettere del 14 gennaio 1993 del ministro-presidente delle Antille olandesi e del 15 gennaio 1993 del rappresentante permanente dei Paesi Bassi (v. gli allegati 2 e 3 della replica nella causa T-480/93 e nella causa T-483/93), del fatto che era stato imposto un prezzo minimo all' esportazione pari al 120% del prelievo vigente per il riso semilavorato, senza alcun accenno alla possibilità che questo provvedimento fosse viziato da errore.

    193 Il Tribunale osserva inoltre che solo l' 8 marzo 1993 (v. lettera 22 luglio 1994 del rappresentante permanente dei Paesi Bassi, prodotta in causa in allegato alle risposte date dalle ricorrenti ai quesiti posti per iscritto dal Tribunale), nell' ambito di una riunione del Consiglio, la Commissione apprendeva che il provvedimento antillano era basato su un errore. Inoltre, sta di fatto che fra il 14 gennaio 1993, data dell' entrata in vigore del provvedimento unilaterale del ministro delle finanze delle Antille olandesi, e il 25 febbraio 1993, data della decisione della Commissione, le ricorrenti non hanno fatto alcunché per avvertire la Commissione dell' errore constatato e del fatto che, perciò, il provvedimento non veniva applicato, pur sapendo che detto provvedimento mirava a rendere superflua l' adozione di una misura di salvaguardia da parte della Commissione.

    194 Da tutto quanto precede risulta che la Commissione, nel momento in cui ha adottato la prima decisione, si è riferita in buona fede al provvedimento del governo delle Antille olandesi, senza esser stata avvertita dalle parti direttamente interessate, come le ricorrenti, dell' errore che inficiava tale provvedimento. Le ricorrenti hanno quindi contribuito a tenere all' oscuro la Commissione in proposito. Da tali circostanze risulta che la Commissione non ha disconosciuto, in modo palese e grave, i limiti che s' impongono all' esercizio dei suoi poteri e che, pertanto, essa non ha commesso una violazione sufficientemente grave di quel principio giuridico superiore che è il principio di proporzionalità.

    B ° Sul danno

    Argomenti delle parti

    195 La ricorrente Ter Beek, nella causa T-480/93, e le ricorrenti ERB e Guyana Investments, nella causa T-483/93, sostengono che il danno provocato dalla prima decisione risulta dal fatto ch' essa ha reso impossibile la vendita del riso antillano. Per il riso già avviato verso la Comunità al momento della sua entrata in vigore, la prima decisione avrebbe comportato spese di magazzinaggio e di assicurazione, riduzione del valore a causa di un lungo deposito in magazzino, perdita d' interessi, e spese varie. Per il riso già venduto, ma non ancora consegnato, le suddette ricorrenti potrebbero essere costrette a pagare indennizzi agli acquirenti che non hanno ricevuto la merce. Infine, esse assumono di dover subire la perdita dei profitti che sarebbero potuti derivare dalla vendita e dalla trasformazione del riso.

    196 La ricorrente Alesie avrebbe subito una riduzione delle entrate, in conseguenza di un calo delle vendite.

    197 Nella replica, la ricorrente Ter Beek, nella causa T-480/93, valuta il danno da essa finora subito a 566 044,20 USD.

    198 Nella replica, le ricorrenti nella causa T-483/93 calcolavano che il danno da esse subito ammontava ad un totale di 8 562 000 USD. In una lettera del 17 giugno 1994, esse hanno chiesto di versare agli atti nuovi documenti probatori e di aumentare di 248 234 USD l' importo del danno di cui pretendono il risarcimento.

    199 La Commissione oppone che, data l' imprecisione degli elementi addotti dalle ricorrenti per determinare l' esatta entità del danno da esse assertivamente subito, è impossibile controllare l' esattezza del relativo importo. Quanto ai nuovi documenti prodotti dalle ricorrenti con la lettera del 17 giugno 1994, la Commissione, sostenuta dal governo francese, ha chiesto al Tribunale, con lettera del 20 luglio 1994, di non prenderli in considerazione e di dichiarare irricevibile la domanda di aumento dell' importo del danno. Il governo francese ha osservato che l' importo indicato nella lettera delle ricorrenti non corrisponde a quello che figura nella tabella allegata alla stessa lettera.

    Giudizio del Tribunale

    200 Preliminarmente, va rilevato che dalla costante giurisprudenza della Corte risulta "che, nei settori soggetti alla politica della Comunità in materia economica, si può esigere dal singolo che sopporti, entro limiti ragionevoli, senza poter farsi risarcire col denaro pubblico, determinati effetti, dannosi per i suoi interessi economici, prodotti da un atto normativo, anche se questo viene dichiarato invalido" (sentenza HNL/Consiglio e Commissione, loc. cit., punto 6; v. pure sentenza Mulder e a./Consiglio e Commissione, loc. cit., punto 13).

    201 Nella fattispecie, l' allegato danno che il Tribunale deve prendere in considerazione si riferisce in sostanza ai carichi di riso antillano giunti in un porto della Comunità durante il periodo di vigenza della prima decisione, in quanto per essi si sarebbero rese necessarie varie spese, connesse al deposito in magazzino durante tale periodo. Il Tribunale ha infatti ritenuto che la seconda decisione non è inficiata da alcun vizio di illegittimità, cosicché qualsiasi preteso illecito sarebbe venuto a cessare il 13 aprile 1993, data in cui è stata adottata questa decisione. Inoltre, a decorrere da tale data, le importazioni e quindi le vendite di riso antillano nella Comunità hanno registrato una massiccia ripresa (v., anche qui, allegato 23 della replica nella causa T-480/93 ed allegato 24 della replica nella causa T-483/93).

    202 Dal fascicolo risulta che devono essere presi in considerazione, per il suddetto periodo, tre carichi della ricorrente Ter Beek (causa T-480/93), cioè quello della nave "Agnès", partita il 12 febbraio 1993 ed arrivata il 6 marzo 1993 (1 216,8 tonnellate), quello della nave "Erria", partita il 18 febbraio 1993 ed arrivata il 10 marzo 1993 (1 072,5 tonnellate), e quello della nave "Combi Trader", partita dopo il 9 marzo 1993 (data del rilascio della polizza di carico) ed arrivata il 31 marzo 1993 (2 421,4 tonnellate). I carichi di cui trattasi nella causa T-483/93 sono quello della nave "Munte", partita il 14 febbraio 1993 ed arrivata il 7 marzo 1993 (2 633 tonnellate), quello della nave "Wind Ocean", partita il 25 febbraio 1993 ed arrivata il 18 marzo 1993 (4 175 tonnellate), e quello della nave "Aquila", partita l' 11 marzo 1993 ed arrivata il 30 marzo 1993 (3 239 tonnellate).

    203 Il Tribunale constata che la durata del deposito in magazzino e dell' eventuale ritardo nelle vendite è, rispettivamente, di 38 giorni (per la nave "Agnès"), di 34 giorni (per la nave "Erria"), di 13 giorni (per la nave "Combi Trader"), nonché di 37 giorni (per la nave "Munte"), di 26 giorni (per la nave "Wind Ocean") e di 14 giorni (per la nave "Aquila").

    204 Ora, si deve ammettere che i suddetti periodi di deposito non sono anormali. Le ricorrenti nella causa T-483/93 hanno infatti spiegato, dinanzi al Tribunale, che la vendita dei carichi di riso avveniva mentre la merce si trovava in navigazione o dopo il suo arrivo in un porto della Comunità. In quest' ultimo caso, il riso viene depositato in magazzino fino a quando venga consegnato ad un acquirente. Tale deposito è quindi normale, anche al di fuori di qualsiasi misura di salvaguardia adottata dalla Comunità, come risulta dalla tabella prodotta dalle ricorrenti nella causa T-483/93 (allegato 20 della replica). Questa tabella indica infatti che il carico di 750 tonnellate di riso trasportato dalla nave "Green Tiger", giunta a Rotterdam il 3 gennaio 1993, non era stato ancora venduto alla data del 25 febbraio 1993, ossia 53 giorni dopo, e che il carico di 1 100 tonnellate di riso trasportato dalla nave "Henderika Klein", giunta a Rotterdam il 10 febbraio 1993, non era stato ancora venduto alla data del 25 febbraio 1993, ossia 15 giorni dopo. Il Tribunale considera, quindi, che i periodi di deposito in magazzino e l' eventuale ritardo derivatone per la vendita non si sono necessariamente protratti a causa della prima decisione.

    205 Ciò vale anche per la ricorrente Ter Beek nella causa T-480/93, che, pur avendo affermato che i suoi carichi di riso vengono in generale venduti non appena giunti in un porto della Comunità, non ha provato alcuna specifica consegna ad un qualsiasi acquirente che sia stata ritardata in seguito all' attuazione della prima decisione. Poiché, in proposito, al Tribunale non sono state fornite prove concrete, non è neppure possibile concludere che la ricorrente Ter Beek abbia subito un danno che superi determinati effetti dannosi per i suoi interessi economici, effetti che qualsiasi operatore deve sopportare quando siano prodotti da un atto normativo, anche se questo viene dichiarato invalido (sentenza HNL/Consiglio e Commissione, loc. cit., punto 6).

    206 Si deve poi aggiungere che, dalla metà di aprile, le vendite hanno registrato una massiccia ripresa (allegato 23 della replica nella causa T-480/93 e allegato 24 della replica nella causa T-483/93), in un mercato caratterizzato, a detta delle stesse ricorrenti, da una penuria di riso comunitario e da un rialzo dei prezzi, situazione di cui hanno evidentemente profittato le ricorrenti.

    207 Inoltre, e comunque, anche ammesso che le ricorrenti abbiano subito un certo danno a causa dell' applicazione della prima decisione, tale danno non era affatto imprevedibile, cosicché esse avrebbero potuto evitarlo. Tutte le navi summenzionate hanno infatti lasciato le Antille olandesi durante la fase preparatoria dell' adozione della prima decisione, fase alla quale le ricorrenti sono state debitamente associate. La terza delle navi citate in ciascuna delle due cause è partita addirittura dopo l' adozione della prima decisione. Anche se il mercato comunitario era il solo sbocco delle ricorrenti in ragione del prezzo, che ° per effetto della politica agricola comune ° era quivi molto più elevato del prezzo del mercato mondiale, da vari elementi del fascicolo risulta che le ricorrenti non potevano ignorare il rischio che un giorno venisse loro tolto il vantaggio comunitario di cui potevano fruire pienamente per la prima volta dall' adozione della decisione PTOM del 25 luglio 1991. Nel bollettino Weekly Rice Market Reports del 9 giugno 1992 (vol. 73. n. 24) si può infatti leggere che: "importers report problems with shipments of Surinam and Guyana brown LG via the (Dutch) Antilles route. At this stage it is not yet clear, whether the problems are with sufficient carrier space or that the route is considered increasingly risky for the sellers in (...) of (possible) actions by the EC Commission to close this route-gap" ["gli importatori riferiscono di problemi relativi a carichi di riso semigreggio a grani lunghi provenienti dal Surinam e dalla Guyana e importati seguendo la rotta delle Antille (olandesi). In questa fase, non è ancora chiaro se i problemi riguardino la capacità di trasporto o se la suddetta rotta debba essere considerata sempre più rischiosa per i venditori in caso di (possibili) misure della Commissione intese a chiudere questo sbocco"] (allegato 2 all' allegato 9 del ricorso nella causa T-480/93); come pure, nello Weekly Rice Market Reports del 4 agosto 1992 (vol. 73, n. 32): "The situation with Surinam rice via so-called Curacao-Route is completely unchanged. Sellers are still trying to enter the market without paying levies, but buyers prefer to await Commission investigation") ("la situazione, per il riso proveniente dal Surinam attraverso la cosiddetta rotta di Curaçao, è assolutamente invariata. I venditori stanno ancora cercando di accedere al mercato senza pagare prelievo, ma gli acquirenti preferiscono attendere gli accertamenti della Commissione") (allegato 2 all' allegato 9 del ricorso nella causa T-480/93). Inoltre, in vari contratti di vendita di riso antillano che le ricorrenti hanno prodotto in allegato alla risposta da esse data ad un quesito scritto del Tribunale sono state inserite talune clausole secondo le quali le condizioni contrattuali sarebbero state rinegoziate, se il regime legale dell' importazione fosse stato modificato dopo la stipulazione del contratto stesso. L' argomento delle ricorrenti secondo cui dette clausole riguardavano soltanto l' ipotesi dell' adozione di una nuova decisione PTOM non può essere accolto. Poiché, infatti, l' ultima decisione PTOM è stata adottata nel 1991, una nuova decisione dovrebbe essere adottata, in forza dell' art. 136 del Trattato, non prima del 1996. Il Tribunale ritiene perciò che dette clausole riguardassero l' eventuale modifica del regime d' importazione nella Comunità del riso antillano, causata dall' instaurazione di misure di salvaguardia.

    208 Da tutto quanto precede risulta che né l' illecito né il danno fatti valere dalle ricorrenti sono tali da far sorgere la responsabilità extracontrattuale della Comunità. Le domande di risarcimento devono quindi essere respinte.

    Decisione relativa alle spese


    Sulle spese

    209 A norma dell' art. 87, n. 3, del suo regolamento di procedura, il Tribunale può, se le parti soccombono rispettivamente su uno o più capi, ripartire le spese. Poiché è rimasta parzialmente soccombente, la Commissione dev' essere condannata a sopportare le proprie spese ed un terzo delle spese delle ricorrenti. Poiché le ricorrenti sono rimaste parzialmente soccombenti e la Commissione ha chiesto che vengano condannate alle spese, si deve statuire ch' esse sopporteranno due terzi delle proprie spese. In conformità all' art. 87, n. 4, primo comma, del regolamento di procedura del Tribunale, le parti intervenienti sopporteranno le proprie spese.

    Dispositivo


    Per questi motivi,

    IL TRIBUNALE (Quarta Sezione ampliata)

    dichiara e statuisce:

    1) L' art. 1, n. 1, della decisione della Commissione 25 febbraio 1993, 93/127/CEE, che istituisce misure di salvaguardia nel settore del riso originario delle Antille olandesi, è annullato.

    2) Per il resto, i ricorsi sono respinti.

    3) La Commissione sopporterà le proprie spese ed un terzo delle spese delle ricorrenti. Le ricorrenti sopporteranno due terzi delle proprie spese. Le parti intervenienti sopporteranno le proprie spese.

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