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Document 61983CC0231

    Conclusioni dell'avvocato generale VerLoren van Themaat del 23 ottobre 1984.
    Henri Cullet e Chambre syndicale des réparateurs automobiles et détaillants de produits pétroliers contro Centre Leclerc di Tolosa e Centre Leclerc di Saint-Orens-de-Gameville.
    Domanda di pronuncia pregiudiziale: Tribunal de commerce de Toulouse - Francia.
    Disciplina nazionale del prezzo dei carburanti.
    Causa 231/83.

    Raccolta della Giurisprudenza 1985 -00305

    ECLI identifier: ECLI:EU:C:1984:322

    CONCLUSIONI DELL'AVVOCATO GENERALE

    PIETER VERLOREN VAN THEMAAT

    del 23 ottobre 1984 ( *1 )

    Signor Presidente,

    signori Giudici,

    1. La questione sollevata

    Con ordinanza del 1o agosto 1983, il presidente del Tribunal de commerce di Tolosa vi ha sottoposto la seguente questione pregiudiziale:

    « Se gli artt. 3, leu. f), e 5 del trattato 25 marzo 1957 che istituisce la Comunità economica europea vadano interpretati nel senso che vietano che in uno Stato membro vengano introdotti, con legge o con regolamento, prezzi minimi imposti alla vendita ai consumatori, al distributore, di carburanti (benzina normale, super e nafta) sistema che obbliga il dettagliante, cittadino di uno qualunque degli Stati della Comunità, ad attenersi al prezzo minimo stabilito ».

    A prima vista questa formulazione rivela una forte analogia con la questione sulla quale si è pronunciato l'avvocato generale Darmon nel procedimento 229/83 (Ledere) il 3 ottobre scorso. Dal mio esame dei fatti e soprattutto dalla normativa in materia francese e comunitaria risulterà tuttavia che vi sono sostanziali differenze rispetto a detta causa francese vertente sui libri.

    2. Gli antefatti, le norme francesi e le conseguenze di queste norme sulle possibilità di importazione

    2.1. Gli antefatti

    Tra i fatti che hanno dato origine alla causa di merito, l'unico rilevante qui è che gli attori in detta causa chiedono che venga vietato a due centri Ledere di vendere i carburanti in questione a prezzi inferiori ai minimi fissati dal provvedimento 29 aprile 1982, n. 13 A, e dalle relative norme d'applicazione.

    2.2. Le norme francesi che ci interessano

    Le piuttosto complicate norme francesi sui prezzi che entrano in linea di conto sono esaminate nelle memorie dei convenuti nella causa principale, del governo francese e della Commissione, e tali esami sono riassunti nella relazione d'udienza. Per la mia trattazione ritengo essenziali le seguenti caratteristiche del sistema.

    Per ogni zona geografica di prezzo viene stabilito un prezzo minimo di vendita al pubblico per ciascuno dei prodotti in questione. Questo prezzo minimo comprende lo sconto massimo sul prezzo massimo medio di vendita al minuto. Detto prezzo massimo si calcola aumentando secondo i criteri stabiliti dalla legge i prezzi alla raffineria, dai quali dipendono anche i prezzi massimi di vendita per gli importatori. I prezzi alla raffineria sono generalmente identici al prezzo massimo vigente per le raffinerie. Per la determinazione di detto prezzo massimo in linea di principio sono decisive le quotazioni medie sul mercato libero nell'ambito della Comunità, calcolate secondo un determinato metodo. Ciò vale però soltanto se le quotazioni sul mercato libero così calcolate non differiscono di oltre l'8%, in più o in meno, dal costo di produzione delle raffinerie francesi.

    Per i prezzi all'importazione e per quelli di acquisto dei dettaglianti non è stabilito alcun minimo. I dettaglianti possono quindi trarre vantaggio da prezzi inferiori, ai quali i carburanti in questione vengano offerti nella Comunità. Detto prezzo minimo al pubblico, però impedisce loro talvolta di trasmettere al consumatore il vantaggio di prezzo ottenuto all'acquisto.

    2.3. Le conseguenze della disciplina francese

    La questione se il prezzo minimo così prescritto per la vendita al pubblico possa in determinate situazioni ostacolare le importazioni ha naturalmente costituito il tema principale delle osservazioni scritte e orali. Pur se nel corso del procedimento sono stati prospettati anche problemi relativi alla conformità al trattato del modo in cui viene calcolato il prezzo limite, non è necessario risolverli qui. U giudice proponente non vi ha infatti sottoposto questioni in merito. Lo stesso vale per quanto riguarda l'incidenza indiretta che può avere sul livello di prezzo e sul volume delle importazioni l'obbligo imposto agli importatori di stipulare l'80o/o dei loro contratti a medio termine. La disciplina del regime delle importazioni del resto non occorre venga discussa, poiché in merito non sono state sollevate questioni.

    Il governo francese, quanto al prezzo minimo, ha sostanzialmente sostenuto che le possibilità di importazione e di collocamento di un prodotto (relativamente omogeneo) come la benzina, dipendono esclusivamente dal prezzo all'ingrosso. Se il prezzo all'ingrosso della benzina importata è inferiore a quello della benzina francese, i dettaglianti daranno sempre la preferenza alla benzina importata, anche se di questo prezzo d'acquisto inferiore, aumentato delle spese e del margine di utile, sovente non può interamente fruirne anche il consumatore. In questo caso il maggior utile va al dettagliante. Dato il vantaggio che il dettagliante ricava quindi sempre dall'acquisto di benzina importata a basso prezzo, il prezzo minimo fissato non può mai — ha sostenuto il governo francese all'udienza — rappresentare un ostacolo per le importazioni. L'esattezza di questo assunto, a quanto sostiene il governo francese, sarebbe confermata dalle statistiche all'importazione prodotte a richiesta della Corte. Secondo dette statistiche, l'importazione di benzina in Francia dagli altri Stati membri fra il 1981 e il 1983 è aumentata del 139%, malgrado il consumo totale abbia avuto solo un lieve aumento. Tuttavia, un aumento delle importazioni di questa entità non esclude affatto che vi siano ancora notevoli ostacoli per l'interscambio comunitario. Anche la circostanza che l'interscambio comunitario, grazie all'abolizione dei dazi doganali e delle norme sui contingentamenti, negli anni '60 sia enormemente aumentato, non elimina il fatto generalmente ammesso che l'interscambio comunitario incontri ancor sempre innumerevoli ostacoli. Secondo la vostra giurisprudenza, il continuo aumento dell'interscambio comunitario non costituisce una prova attendibile del fatto che l'interscambio stesso non possa risentire di un provvedimento (cfr. sentenza nelle cause 56 e 58/64, Grundig-Consten, Race. 1966, pag. 519, primo e secondo capoverso).

    Contro l'assunto del governo francese relativo all'incidenza effettiva dei prezzi minimi sulle possibilità d'importazione, all'udienza la Commissione ha inoltre giustamente osservato che questi prezzi minimi in determinati casi impediscono ai dettaglianti di aumentare la loro quota di mercato per quanto riguarda la benzina importata a basso prezzo. Ciò limita inevitabilmente anche la possibilità di aumentare la quota di mercato dei prodotti di importazione.

    3. La rilevanza degli artt. 3, lett. f), e 5 del trattato

    Stando alla sua lettera, la questione del giudice a quo deve già venir risolta negativamente perché gli artt. 3, leu. f), e 5 del trattato, a sé stanti o considerati congiuntamente, non contengono alcun divieto immediatamente efficace, che il giudice nazionale dovrebbe applicare nella fattispecie.

    L'art. 3, lett. f), è un articolo di natura programmatica che, secondo la vostra giurisprudenza può avere importanza esclusivamente per determinare gli scopi di altre disposizioni del trattato. In particolare esso può dunque avere rilevanza per l'interpretazione degli artt. 85-102 del trattato.

    Tenuto conto delle altre finalità del trattato, nell'art. 3, leu. f) non si può inoltre ravvisare alcun indizio nel senso che anche tutte le misure d'intervento che limitano la concorrenza, adottate dalla Comunità o da uno Stato membro, in linea di principio siano incompatibili con gli scopi del trattato. Un divieto di misure d'intervento di questo tipo non si può dunque desumere nemmeno dal combinato disposto dell'art. 5 e dell'art. 3, leu. f), del trattato ( 1 ).

    A differenza dell'art. 3, lett. f), l'art. 5 è invece più di un articolo programmatico, che possa aver rilievo esclusivamente per definire gli scopi delle altre disposizioni del trattato. L'art. 5, 1o e 2o comma, contempla invece due obblighi generali e un divieto generale, il cui contenuto concreto però, nella prima frase, dipende da altri obblighi e divieti sanciti dal trattato o scaturenti da atti delle istituzioni comunitarie, direttamente efficaci o meno. Ora, come avete confermato tra l'altro nelle sentenze 78/70 (Deutsche Grammophon/Metro, Race. 1971, pag. 498, n. 5), 13/77 (Inno-ATAB, Race. 1977, pag. 2115, nn. 30, 31, 36 e 37) e 141/78 (Francia/Regno Unito, Race. 1979, pag. 2923, n. 8), dall'art. 5, seconda e terza frase, si desume che l'obbligo di collaborazione tra Stati membri sancito da detto articolo può talvolta prevalere su altri obblighi specifici espressamente sanciti e giuridicamente vincolanti. Dalla struttura del trattato o da altre fonti autorevoli, si dovrà certo poter trarre una precisazione degli obblighi generali di cui all'art. 5. Tuttavia, quando si tratta di provvedimenti delle autorità nazionali che limitino direttamente o indirettamente il commercio fra Stati, oppure possono limitarlo in determinate circostanze, nella maggior parte dei casi l'art. 5 non aggiungerà gran che agli artt. 30-36 e ad altre disposizioni specifiche del trattato. Queste disposizioni specifiche del trattato si dovranno allora considerare al massimo come un'elaborazione più dettagliata dell'art. 5 senza la quale l'art. 5 in questi casi non costituirebbe una fonte di obblighi o di divieti immediatamente efficaci.

    Dal fatto che l'art. 3, lett. f), e l'art. 5, isolati o considerati congiuntamente, non contengano alcun divieto direttamente efficace che i giudici nazionali devono far osservare, solo il governo italiano, nelle osservazioni scritte, trae la conclusione che la questione sottopostavi deve venir risolta negativamente. Nelle altre osservazioni scritte o orali la questione viene esaminata congiuntamente o anche esclusivamente alla luce degli artt. 85 e 86 (in base alla vostra sentenza Inno-ATAB già citata) e degli artt. 30 e 36 del trattato.

    4. La rilevanza degli artt. 85/86 e 30/36 del trattato

    4.1.

    Come ha già fatto l'avvocato generale Darmon nelle recenti conclusioni per la causa francese dei libri (causa 229/83), ritengo che, per l'applicazione dell'art. 5 in relazione agli artt. 85 e 86 del trattato, si debba stabilire in primo luogo se ci troviamo di fronte ad una disciplina « mista » o « semipubblica » oppure ad una disciplina di carattere meramente pubblico. Si può definire disciplina semipubblica quella in cui le norme istituite dalle autorità rendono possibili pratiche delle imprese che alterino la concorrenza, vietate dal diritto privato e dagli artt. 85 e 86, o addirittura le prescrivono (come è avvenuto in pane nella causa francese dei libri). Quando le autorità prescrivono agli editori e agli importatori di applicare nel settore librario un sistema di vincolo verticale dei prezzi (oppure, ciò che è lo stesso, dichiarano obbligatorio per tutti un sistema di vincolo verticale dei prezzi di diritto privato che non viene applicato generalmente), le conseguenze pratiche della disciplina vengono determinate principalmente dal contenuto del sistema di vincolo verticale dei prezzi praticato collettivamente dalle imprese private e riconosciuto dalle autorità. È irrilevante il fatto che la disciplina ufficiale prescriva del pari di concedere uno sconto del 5% sul prezzo al pubblico determinato con metodi di diritto privato. Se il sistema si risolve anche nel creare, per categorie di libri importati, un monopolio di importazione a favore di determinati operatori si offre del pari la possibilità di abusare di una posizione economica dominante. Concordo con l'avvocato generale Darmon nel ritenere che la logica conseguenza della vostra già citata sentenza Inno-ATAB è che in un caso del genere si può applicare l'art. 5, 2o comma, in relazione agli artt. 85 e 86. Considerando la situazione sotto questa luce, assumono primaria importanza non già le conseguenze che limitano l'importazione, bensì quelle che limitano la concorrenza.

    4.2.

    Nel caso in esame di disciplina dei prezzi minimi al minuto per i prodotti petroliferi non si tratta affatto di un sistema misto o semipubblico di questo genere. Il contenuto della disciplina dei prezzi minimi, e quindi le sue conseguenze dirette ed indirette fra l'altro per le possibilità d'importazione, sono determinate esclusivamente dalla normativa emanata dall'autorità. In un caso del genere i criteri elaborati dalla sentenza Inno-ATAB non possono applicarsi e la disciplina va esaminata esclusivamente sotto il profilo degli artt. 30 e 36 del trattato (eventualmente in relazione all'art. 5, prima e terza frase, o al contrario, alla luce dell'art. 5 in relazione agli artt. 30 e 36). Questo è anche l'orientamento espresso dalla Commissione e dal governo francese nella causa odierna.

    5. Esame dei prezzi minimi per i prodotti petroliferi sui quali verte la causa odierna alla luce degli artt. 30 e 36 del trattato

    5.1.Le osservazioni presentate

    Per una completa panoramica delle osservazioni scritte presentate dalle convenute nella causa principale, dai governi francese ed italiano e dalla Commissione, mi richiamo alla relazione d'udienza. Nella fase orale non solo il governo greco ha aggiunto le sue osservazioni, bensì sono state ulteriormente precisate le più importanti osservazioni presentate per iscritto. Ricorderò che il rappresentante del governo greco, come pure quello del governo francese, ha concluso che gli artt. 3, leu. f), e 5 del trattato, in relazione agli artt. 30 e successivi, nonché 85 e successivi non ostano a discipline di prezzi minimi come quella in esame. Solo per quel che sarà necessario ritornerò su determinati argomenti.

    5.2.Esame alla luce dell'art. 30

    A partire dalla vostra sentenza Dassonville (causa 8/74, Race. 1974, pag. 837) la vostra giurisprudenza consolidata in fatto di misure d'effetto equivalente alle restrizioni quantitative è orientata nel senso che va considerata tale « ogni normativa commerciale degli Stati membri che possa ostacolare direttamente o indirettamente, in atto o in potenza, gli scambi in tracomunitari ».

    Circa le discipline dei prezzi minimi questo criterio è stato ulteriormente precisato in particolare nella vostra sentenza Van Tiggele (causa 82/77, Race. 1978, pag. 25). (Cfr. però per l'esame dei prezzi minimi al minuto per gli articoli di tabacco alla luce dell'art. 30 anche la sentenza già citata Inno-ATAB, la causa 90/82, Commissione/Francia, Race. 1983, pag. 2011, e le cause riunite 177 e 178/82, Van de Haar, Race. 1984, pag. 1797). La causa Van Tiggele verteva sui prezzi minimi al dettaglio per determinate bevande distillate (in particolare sul ginepro stagionato e giovane). Dopo aver ripetuto al n. 12 la massima della sentenza Dassonville, al n. 13 avete affermato che « benché una normativa nazionale in materia di prezzi che si applichi indistintamente alle merci di produzione nazionale ed ai prodotti importati non possa, generalmente, produrre un simile effetto, in determinati casi può tuttavia verificarsi il contrario ». Il principio generale è stato poi precisato nei punti 16 e 17. Le eccezioni a questo principio generale, per quanto ci interessa nella causa attuale, sono invece state precisate nei nn. 14 e 18. Il n. 14 recita: « Così, un ostacolo all'importazione potrebbe risultare in particolare dal fatto che un'autorità nazionale fissi prezzi o margini di utile a un livello tale da svantaggiare i prodotti importati rispetto ai prodotti nazionali corrispondenti, in quanto non possono essere smerciati con profitto nelle condizioni stabilite oppure perché il vantaggio concorrenziale risultante da costi di produzione inferiori ne risulta neutralizzato ». Al n. 18 si aggiunge che il principio generale non vale per « il prezzo minimo fissato in un importo determinato, che pur applicandosi indistintamente alle merci di produzione nazionale ed ai prodotti importati, può ostacolare lo smercio di questi ultimi in quanto impedisce che il loro costo di produzione inferiore si ripercuota sul prezzo di vendita al consumatore ».

    Dal mio esame delle conseguenze di fatto del regime di prezzi in questione emerge già la ragione per cui, a mio parere, si deve disattendere l'argomento del governo francese, secondo cui l'art. 30 nella fattispecie non va applicato. In precedenza, nella mia esposizione (fine del n. 2) sono giunto alla conclusione che i prezzi minimi francesi per la vendita dei prodotti petroliferi al distributore in determinate circostanze impedivano ai dettaglianti di aumentare la loro quota di mercato (e quindi il volume della stessa importazione di benzina a buon mercato dagli altri Stati membri). È quindi assodato che anche la disciplina dei prezzi minimi di cui trattasi può, « ostacolare direttamente o indirettamente, in atto o in potenza, gli scambi intracomunitari », per citare ancora una volta la massima Dassonville. È pure accertato, perciò, che i vantaggi concorrenziali derivanti da bassi costi vengono annullati, in quanto si rende impossibile l'aumento della quota di mercato. Poiché questo costituisce uno degli scopi che si perseguono mediante la concorrenza, ricorre anche l'ipotesi di cui al n. 14 della sentenza Van Tiggele (e per motivi analoghi, anche quella del n. 18 della stessa sentenza). È quindi parimenti assodato che anche una disciplina di prezzi minimi come quella in esame ricade in linea di principio sotto il divieto dell'art. 30. In particolare si tratta di un impedimento indiretto e potenziale dell'importazione (che dipende dalla situazione di mercato). L'ostacolo potrà insorgere cioè quando i prezzi rilevati sul mercato libero (« spot market »), in Olanda oppure sui mercati di altri Stati membri in generale saranno di oltre l'8% inferiori ai costi di produzione delle raffinerie francesi. Diversamente da quanto sostiene il governo francese, questa conclusione è piuttosto rafforzata che scalzata dal fatto che, diversamente da quanto avveniva nella causa Van Tiggele per il ginepro, nell'acquisto di benzina quasi solo il prezzo costituisce un fattore concorrenziale e la qualità e la concorrenza tra le marche possono venir trascurate, data l'omogeneità dei diversi carburanti sul mercato.

    Questa conclusione implica inoltre che una disciplina di prezzi minimi come quella in esame in realtà non può considerarsi una disciplina di prezzi che abbia le stesse conseguenze tanto per le merci importate quanto per quelle nazionali. Condivido l'opinione della Commissione secondo cui non sussistono nemmeno le condizioni poste dalla vostra giurisprudenza nel corso degli anni circa la cosiddetta « rule of reason », comparsa per la prima volta nei nn. 6 e 7 della motivazione della sentenza Dassonville. In particolare nelle sentenze « Cassis de Dijon » (causa 120/78, Race. 1979, pag. 649) e Commissione/Irlanda (causa 113/80, Race. 1981, pag. 1625, in particolare n. 10) si precisa che i motivi cogenti di interesse generale contemplati nella « rule of reason » possono determinare la disapplicazione della massima fondamentale della sentenza Dassonville, e quindi dell'art. 30 stesso, soltanto quando si tratta effettivamente di misure che valgono indistintamente per le merci importate e per quelle nazionali oppure, per dirla col n. 7 della vostra sentenza Dassonville, di misure che anche di fatto non si risolvono in una « restrizione dissimulata (indiretta) del commemreio tra gli Stati membri ». La valutazione delle giustificazioni addotte dal governo francese, in queste circostanze non deve venir effettuata in base alla « rule of reason » bensì alla luce dell'art. 36 del trattato. Questo d'altronde è anche il fondamento della giustificazione della disciplina che il governo francese ha svolto in subordine.

    5.3. Esame delle giustificazioni allegate aüa luce dell'art. 36 del trattato CEE

    Come giustificazioni della disciplina in esame il governo francese, nelle osservazioni scritte e orali, in particolare ha indicato: 1) l'intento di limitare il consumo dei prodotti petroliferi; 2) il desiderio di garantire la presenza di punti di rifornimento nell'intero territorio francese; 3) la tutela dell'ordine pubblico e della pubblica sicurezza.

    Quanto a queste giustificazioni le mie conclusioni possono essere relativamente brevi. Le due prime giustificazioni sono di evidente carattere economico e per di più non vi è modo di trovare loro un fondamento nell'art. 36. Alla luce della vostra costante giurisprudenza in materia di art. 36, esse vanno quindi disattese già per questi due motivi. A questo proposito mi richiamo tra l'altro alla sentenza nella causa 95/81 (Commissione/Italia, Race. 1982, pag. 2187). Il richiamo all'ordine pubblico e alla pubblica sicurezza può spiegarsi solo con riferimento ai disordini sociali e agli atti di ostruzione e di violenza, che ha provocato la guerra dei prezzi scatenata dai centri Ledere. Un'interpretazione così ampia della nozione di ordine pubblico non trova però sostegno nella vostra giurisprudenza. La Commissione si richiama a questo proposito in particolare alla sentenza nella causa 7/78 (Thompson ed altri, Race. 1978, pag. 2247, in particolare n. 34). Aggiungerò tuttavia che, se si ammette che i disordini possono giustificare le inosservanze al principio della libera circolazione delle merci, alla luce di quanto è successo lo scorso anno (e anche prima, in occasione della guerra del vino franco-italiana) si potrebbero avere conseguenze che giungono ad estremi inaccettabili. Se si accettassero come giustificazione i blocchi stradali e gli altri mezzi di lotta delle categorie che si sentono minacciate dall'importazione e dalla vendita a prezzi di concorrenza di determinati prodotti o servizi a basso prezzo, oppure dai lavoratori immigrati o dallo stabilimento di stranieri, non si potrebbe più fare affidamento sulla sussistenza delle quattro libertà fondamentali del trattato. Le categorie private, anziché il trattato e le istituzioni comunitarie (o quelle nazionali nei limiti posti dal trattato) determinerebbero in tal caso la loro portata. Il principio dell'ordine pubblico impone in questi casi piuttosto un efficace intervento delle pubbliche autorità per sedare disordini di questo genere. In un certo senso ad abundantiam, la Commissione aggiunge che, anche accettando in linea di massima una delle giustificazioni di cui sopra, l'art. 36, seconda frase, osterebbe all'accettazione definitiva. Infatti, risulta anche dall'esame effettuato dalla Commissione, e che io condivido, delle conseguenze concrete della disci-. plina francese litigiosa, che essa costituisce una protezione dissimulata delle raffinerie francesi e quindi una restrizione dissimulata dell'interscambio fra Stati membri.

    Per amor di completezza voglio infine ancora soffermarmi sulla vostra sentenza 10 luglio 1984 nella causa 72/83 (Campus Oil Limited ed altri, Race. 1984, pag. 2727). Poiché detta sentenza al momento della trattazione orale non era ancora stata pronunciata, era impossibile farvi riferimento. In un procedimento pregiudiziale ciò però non esclude affatto che la vostra Corte vi faccia richiamo d'ufficio. Come vi ricorderete la vostra Corte in quell'occasione ha deciso che uno Stato membro « il quale, per l'approvvigionamento di prodotti petroliferi, dipenda interamente o quasi interamente dalle importazioni può richiamarsi a motivi di pubblica sicurezza ai sensi dell'art. 36 del trattato per imporre agli importatori l'obbligo di procurarsi una determinata percentuale del loro fabbisogno acquistandola da una raffineria situata nel suo territorio a prezzi fissati dal ministro competente in base alle spese relative all'esercizio di detta raffineria qualora la produzione di questa non possa essere smerciata liberamente, a prezzi competitivi, sul mercato di cui trattasi ». Si aggiunge tuttavia che « i quantitativi di prodotti petroliferi interessati da siffatto sistema non possono superare né i limiti dell'approvvigionamento minimo senza il quale la pubblica sicurezza dello Stato interessato sarebbe compromessa, né il livello di produzione necessario per garantire la disponibilità della capacità della raffineria nell'eventualità di una crisi e per consentire permanentemente la trasformazione del petrolio per la cui fornitura lo Stato interessato ha stipulato contratti a lunga scadenza ».

    Non è ora il caso di esaminare il significato di detta sentenza per l'interpretazione dell'art. 36 sotto un profilo generale. Contro l'applicazione analogica di detta sentenza nella causa in esame, a mio giudizio, risultano in ogni caso decisive differenze nelle circostanze di fatto. In primo luogo uno Stato come la Francia, data la sua posizione geografica, in periodi di crisi di approvvigionamento petrolifero può servirsi delle misure d'emergenza adottate nell'ambito comunitario ed internazionale onde garantire un aiuto reciproco, con maggior facilità di uno Stato circondato dal mare come l'Irlanda. In secondo luogo emerge dai dati statistici prodotti nel corso del presente procedimento che le raffinerie francesi provvedono al fabbisogno francese in una percentuale all'incirca doppia rispetto alla parte di mercato nazionale attribuita alle raffinerie irlandesi dalla disciplina irlandese allora impugnata. In terzo luogo emerge dai nn. 34 e 47 della sentenza Campus Oil che la tutela della pubblica sicurezza costituisce giustificazione solo in quanto la capacità di fornitura in questione è necessaria per garantire il buon funzionamento delle pubbliche istituzioni irlandesi e dei più importanti servizi pubblici e addirittura la sopravvivenza della sua popolazione. Oltre a servizi di pubblica utilità ed una certa parte dei servizi pubblici veri e propri, vanno inclusi in questa categoria anche gli ospedali. In base ai fatti e agli argomenti svolti nel procedimento odierno, la disciplina francese è invece stata motivata invocando la necessità di garantire un approvvigionamento ineccepibile sotto l'aspetto della ripartizione geografica, ma solo per il fabbisogno privato. Dal considerando n. 35 della sentenza Campus Oil emerge che questo tipo di interessi è stato considerato di indole puramente economica, e quindi non può giustificare un ricorso all'art. 36, e in proposito vi siete anche richiamati alla già citata sentenza 95/81. In quarto luogo la disciplina irlandese serviva soltanto a migliorare le garanzie per l'approvvigionamento di sufficienti quantitativi di petrolio grezzo. A questo proposito mi richiamo ai punti 39 e 40 della sentenza. Nel caso che ora esaminiamo non è affatto emerso che la disciplina francese persegua scopi analoghi. Essa si riferisce infatti esclusivamente alla benzina e non aumenta affatto le garanzie di approvvigionamento di petrolio grezzo in periodi di crisi.

    La sentenza Campus Oil non mi offre quindi alcuno spunto per modificare le conclusioni che ho già esposto circa l'applicazione alla presente fattispecie dell'art. 36.

    5.4. Conclusioni

    In conclusione vi propongo di risolvere la questione specifica come segue:

    « L'art. 5 del trattato CEE, in relazione agli am. 30 e 36 del trattato deve venire interpretato nel senso che la determinazione di un prezzo minimo per la vendita al pubblico ad opera di uno Stato membro ad un livello ed in base a norme del tipo di quelle previste dalla disciplina in questione costituisce un provvedimento di effetto equivalente alle restrizioni quantitative ai sensi dell'art. 30 del trattato e non un divieto giustificato dall'art. 36 del trattato, se i prezzi all'importazione dagli altri Stati membri per il calcolo del prezzo minimo in determinate circostanze di mercato e sino ad un determinato livello vengono adeguati ai prezzi o ai costi dei produttori di prodotti nazionali analoghi. Gli artt. 3, lett. f), e 5 del trattato considerati a sé stanti o congiuntamente, non contengono invece alcuna norma direttamente efficace che possa avere rilievo per la decisione della lite principale ».

    Come avrete notato, nel formulare la mia proposta di soluzione della questione sottopostavi ho cercato di tenere conto al massimo della formulazione della questione. Se si rielaborasse la questione — iniziativa che andrebbe motivata — sarebbe naturalmente possibile fornire una soluzione esclusivamente basata sugli artt. 30 e 36 del trattato. Nel redigere la mia proposta ho inoltre cercato di evitare taluni malintesi che potrebbero sorgere se si accogliesse la soluzione proposta dalla Commissione. Vi ricorderete che uno dei possibili malintesi è stato dissipato dalla Commissione al termine della fase orale.


    ( *1 ) Traduzione dall'olandese.

    ( 1 ) Le due considerazioni di cui sopra non impediscono affatto che già dal quarto considerando del preambolo del trattato CEE si desuma che anche le quattro libertà contemplate nel trattato hanno fra l'altro lo scopo di garantire una concorrenza non alterata. Però le disposizioni del trattato relative a ?|uesta materia si valgono su questo punto di altri criteri più acili da applicare che non gli artt. 85-92. Per converso, nel-l'elaborare e nell'applicare il regolamento n. 17 è apparso che in particolare negli Suti membri nei quali, sul piano nazionale, non vige alcun divieto di massima per le intese, l'argomento più convincente a favore dell'applicazione del regime relativamente severo dell'art. 85 in relazione al regolamento n. 17 è sempre suto tratto dalla considerazione che agli operatori economici non si può consentire di porre in essere restrizioni dell'interscambio fra gli Suti che limitino la concorrenza, che siano vieute per gli stessi Suti membri. Finché non si sarà raggiunto un grado di unità del mercato pari, ad esempio, a quello degli Stati Uniti, lo scopo dell'eliminazione degli osucoli esistenti continuerà ad avere quindi una certa precedenza, anche nell'applicazione dell'art. 85, nella lotu contro altre forme di limitazione della concorrenza. La pratica giuridica lo conferma. Il limiuto significato concreto della seconda considerazione per la fattispecie in esame emergerà nel prosieguo della presente esposizione.

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