COMMISSIONE EUROPEA
Bruxelles, 18.10.2021
COM(2021) 649 final
RELAZIONE DELLA COMMISSIONE AL PARLAMENTO EUROPEO E AL CONSIGLIO
a norma dell'articolo 16, paragrafo 1, del regolamento (UE) 2021/953 del Parlamento europeo e del Consiglio su un quadro per il rilascio, la verifica e l'accettazione di certificati interoperabili di vaccinazione, di test e di guarigione in relazione alla COVID‑19 (certificato COVID digitale dell'UE) per agevolare la libera circolazione delle persone durante la pandemia di COVID‑19
1.Introduzione
Il 14 giugno 2021 il Parlamento europeo e il Consiglio hanno adottato il regolamento (UE) 2021/953 che istituisce il certificato COVID digitale dell'UE ("regolamento sul certificato COVID digitale dell'UE"). Tale regolamento definisce un quadro comune per il rilascio, la verifica e l'accettazione di certificati interoperabili di vaccinazione, di test o di guarigione in relazione alla COVID-19 per agevolare la libera circolazione dei cittadini UE e dei loro familiari durante la pandemia di COVID-19. È accompagnato dal regolamento (UE) 2021/954, che estende il quadro del certificato COVID digitale dell'UE ai cittadini di paesi terzi che sono regolarmente soggiornanti o residenti nel territorio di uno Stato membro e che sono autorizzati a spostarsi negli altri Stati membri ai sensi del diritto dell'Unione.
Il certificato COVID digitale dell'UE è per i cittadini un modo semplice e sicuro per dimostrare la propria condizione in relazione alla COVID‑19. È gratuito e può essere utilizzato in formato tanto digitale quanto cartaceo. Il certificato COVID digitale dell'UE ha costituito un elemento fondamentale della risposta dell'Europa alla pandemia di COVID-19. La sua rapida adozione e attuazione ha permesso ai cittadini europei di spostarsi liberamente e in sicurezza e al settore europeo dei viaggi di aprire in tempo per l'estate 2021. Ad oggi sono stati emessi più di 591 milioni di certificati COVID digitali dell'UE.
Il certificato COVID digitale dell'UE è considerato sempre più come un punto di riferimento a livello internazionale e uno standard globale, e numerosi paesi terzi stanno sviluppando soluzioni interoperabili con il sistema dell'UE. Il sistema non richiede lo scambio di dati personali e non esiste una banca dati dell'UE che conservi i dati contenuti nei certificati. Attualmente sono collegati al sistema 43 paesi e territori.
Il regolamento sul certificato COVID digitale dell'UE impone alla Commissione di presentare entro il 31 ottobre 2021 una relazione al Parlamento europeo e al Consiglio. La presente relazione fornisce una panoramica dell'attuazione pratica del regolamento sul certificato COVID digitale dell'UE dal momento dell'adozione, il 14 giugno 2021. Nel periodo di riferimento la Commissione ha raccolto dati sull'attuazione tecnica del regolamento, tra cui il collegamento dei paesi terzi al sistema, gli sviluppi concernenti il rilascio dei certificati di guarigione e di vaccinazione, l'uso dei certificati da parte del settore del trasporto aereo e l'uso dei certificati da parte degli Stati membri per finalità diverse dai viaggi.
Oltre agli argomenti contemplati dal regolamento, la presente relazione contiene altresì informazioni su altri sviluppi riguardanti il certificato COVID digitale dell'UE: il collegamento dei paesi terzi all'ambiente del certificato COVID digitale dell'UE, gli orientamenti ricevuti in merito al periodo di validità dei certificati di guarigione, gli sviluppi relativi al rilascio dei certificati di vaccinazione e l'uso da parte degli Stati membri del certificato COVID digitale dell'UE per fini interni.
2.Sviluppi intervenuti dal momento dell'adozione del certificato COVID digitale dell'UE
2.1.Attuazione tecnica
2.1.1.Numero di certificati COVID digitali dell'UE rilasciati
Al 13 ottobre 2021 gli Stati membri avevano emesso più di 591 milioni di certificati COVID digitali dell'UE, di cui 437 milioni di certificati di vaccinazione, 144 milioni di certificati di test e 10 milioni di certificati di guarigione. Nell'allegato I figura una ripartizione dettagliata per Stato membro.
2.1.2.Gateway dell'UE e lavoro a livello tecnico
Le specifiche tecniche, le norme e gli orientamenti per il rilascio, la verifica e l'accettazione comuni del certificato COVID digitale dell'UE sono stati sviluppati congiuntamente dalla Commissione e dagli Stati membri nel contesto della rete eHealth (rete di assistenza sanitaria online). Tutte le specifiche sviluppate dalla rete eHealth si basano su standard aperti e sono pubblicate come open source sul sito web della rete. Ciò ha facilitato l'interoperabilità con i sistemi sviluppati dai paesi terzi (cfr. sezione 2.2).
Nel complesso il sistema è versatile, solido e progettato per adattarsi all'eterogeneità dei sistemi degli Stati membri. Il quadro di fiducia per il sistema del certificato COVID digitale dell'UE si basa su un'infrastruttura a chiave pubblica che assicura l'autenticità e l'integrità dei certificati emessi mediante codici QR (Quick Response) firmati digitalmente. I soggetti autorizzati a rilasciare i certificati (ad esempio ospedali o laboratori) convertono i dati richiesti dal regolamento sul certificato COVID digitale dell'UE in un codice QR. In seguito firmano digitalmente il codice QR utilizzando un algoritmo crittografico asimmetrico e la propria chiave privata. Le chiavi pubbliche corrispondenti ai soggetti che rilasciano i certificati, utilizzate per verificare l'autenticità, l'integrità e la validità dei codici QR firmati digitalmente, vengono scambiate tramite il gateway del certificato COVID digitale dell'UE ("il gateway dell'UE"), tenuto e aggiornato dalla Commissione. Le informazioni a chiave pubblica (che non contengono dati personali) vengono quindi trasferite tra le infrastrutture digitali nazionali degli Stati membri ("back-end") tramite il gateway e distribuite dai back-end nazionali al software di verifica nei dispositivi mobili.
Mentre gli Stati membri sono responsabili dello sviluppo dei rispettivi back-end nazionali e dell'attuazione delle rispettive soluzioni nazionali, la Commissione ha sviluppato implementazioni di riferimento per applicazioni mobili di emissione, verifica e salvataggio dei certificati, rese accessibili al pubblico sotto forma di soluzioni open source. Di conseguenza, per molti Stati membri e paesi dello Spazio economico europeo, le implementazioni di riferimento hanno costituito la base per lo sviluppo delle soluzioni nazionali. Le implementazioni di riferimento sono state utili anche ai paesi terzi che hanno sviluppato soluzioni nazionali, nonché per la loro connessione al gateway dell'UE.
Sono in corso nel quadro della rete eHealth lavori destinati a migliorare ulteriormente il sistema del certificato COVID digitale dell'UE. Ad esempio, gli Stati membri possono adesso scambiarsi, tramite il gateway dell'UE, le rispettive norme nazionali sull'accettazione dei certificati. Ciò consente di verificare automaticamente tali norme tramite le applicazioni di verifica, in aggiunta alla verifica dell'autenticità dei codici QR dei certificati. Consente inoltre di verificare i certificati in modo più rapido e affidabile rispetto alle norme nazionali, dato che non è più necessario verificare manualmente il rispetto di tali norme. Ad oggi 13 paesi collegati al gateway hanno caricato le loro norme e 20 paesi le hanno scaricate nelle proprie applicazioni verificatrici nazionali. La Commissione invita tutti gli Stati membri a condividere le loro norme, il che migliorerebbe l'esperienza del viaggio e ridurrebbe l'incertezza per i passeggeri.
In un'ottica simile, gli Stati membri e la Commissione stanno coordinando i loro sforzi sulla revoca dei certificati. Secondo il regolamento sul certificato COVID digitale dell'UE, gli Stati membri dovrebbero essere in grado di stabilire e scambiare con altri Stati membri elenchi di revoca dei certificati per motivi medici e di salute pubblica e in caso di certificati rilasciati od ottenuti fraudolentemente. Questo è possibile in casi limitati, in particolare per revocare certificati rilasciati erroneamente, come conseguenza di una frode o in seguito alla sospensione di una partita di vaccino anti-COVID risultata difettosa. Lo scambio bilaterale di elenchi di revoca dei certificati contenenti gli identificativi univoci dei certificati revocati può essere sostenuto dal quadro di fiducia per il certificato COVID digitale dell'UE. Gli esperti della rete eHealth stanno esaminando le modalità con cui si potrebbe conseguire tale obiettivo da un punto di vista tecnico preservando la natura attuale del trattamento dei dati da parte del gateway dell'UE. È importante che gli Stati membri sostengano tale lavoro affinché sia sviluppata rapidamente una soluzione.
2.2.Decisioni di equivalenza e interoperabilità internazionale
2.2.1.Quadro per le decisioni di equivalenza del certificato COVID digitale dell'UE
Data la sua rilevanza per l'accordo sullo Spazio economico europeo, il regolamento sul certificato COVID digitale dell'UE è stato integrato in tale accordo e si applica quindi anche a Islanda, Liechtenstein e Norvegia. Per gli altri paesi il regolamento sul certificato COVID digitale dell'UE prevede che, qualora siano soddisfatti determinati requisiti di interoperabilità, la Commissione possa adottare una decisione che stabilisca che i certificati di un paese terzo devono essere considerati equivalenti ai certificati COVID digitali dell'UE ("decisioni di equivalenza"), con conseguente collegamento del paese terzo interessato al gateway dell'UE.
Al paese terzo interessato ad aderire al sistema dell'UE viene chiesto innanzitutto di valutare la propria conformità rispetto alle specifiche tecniche del sistema del certificato COVID digitale dell'UE. Se, in seguito a tale autovalutazione, ritiene di essere pronto dal punto di vista tecnico, il paese terzo può inviare una richiesta ufficiale alla Commissione. La Commissione valuta quindi la domanda, al fine di assicurare che siano soddisfatti tutti i requisiti tecnici. Durante tale processo, tutti i paesi terzi sono sottoposti alle stesse procedure tecniche di screening e prova applicate agli Stati membri quando si sono collegati al sistema.
Al fine di sostenere i paesi terzi interessati a richiedere una decisione di equivalenza per il loro sistema di certificato COVID-19, le informazioni generali e tecniche sul sistema del certificato COVID digitale dell'UE sono condivise tramite il servizio europeo per l'azione esterna e le delegazioni dell'UE. Inoltre, tutti i requisiti tecnici sono resi accessibili al pubblico sul sito web della rete eHealth.
Dato che il regolamento sul certificato COVID digitale dell'UE mira ad agevolare la libera circolazione dei cittadini dell'UE all'interno dell'Unione, l'effetto delle decisioni di equivalenza è di consentire a tali cittadini e ai loro familiari, se in possesso di un certificato rilasciato da un paese terzo, di utilizzarlo nell'esercizio del loro diritto alla libera circolazione. Per lo stesso motivo, il regolamento in quanto tale non richiede esplicitamente che i paesi terzi che chiedono una decisione di equivalenza accettino reciprocamente il certificato COVID digitale dell'UE per i viaggi verso i loro rispettivi paesi. Tuttavia, prima di accettare una decisione di equivalenza, la Commissione ha chiesto a tutti i paesi terzi interessati di accettare il certificato COVID digitale dell'UE e finora tutti hanno confermato l'accettazione.
Sebbene il certificato COVID digitale dell'UE miri ad agevolare la libera circolazione all'interno dell'UE, l'interesse dei paesi terzi ad essere collegati al sistema del certificato COVID digitale dell'UE facilita indirettamente anche l'ingresso dei cittadini di paesi terzi nell'UE. In ragione della pandemia di COVID-19, da metà marzo del 2020 è in vigore una restrizione dei viaggi non essenziali nell'UE, coordinata mediante una raccomandazione del Consiglio. Tale raccomandazione è stata modificata il 20 maggio 2021 per consentire l'ingresso nell'UE dei cittadini di paesi terzi completamente vaccinati. Sebbene la raccomandazione stabilisca che gli Stati membri potrebbero accettare certificati di vaccinazione di paesi terzi conformemente al diritto nazionale, tenendo conto della necessità di poter verificare l'autenticità, la validità e l'integrità dei certificati, l'adozione di una decisione di equivalenza per un paese terzo facilita tale processo.
Al 13 ottobre 2021 vi erano stati contatti preliminari con 60 paesi terzi o territori interessati, 40 dei quali avevano formalmente presentato i risultati dell'autovalutazione del loro grado di preparazione per l'adesione al sistema dell'UE. Con il certificato COVID digitale dell'UE, l'Unione ha fissato uno standard globale e ha esercitato una funzione di guida tecnologica a livello mondiale nel cuore della pandemia, garantendo al contempo la protezione dei dati e la sicurezza, mantenendo il valore cruciale della centralità dell'essere umano durante la transizione digitale e rimanendo aperta al mondo.
Il regolamento contiene due basi giuridiche distinte a tal fine: l'articolo 3, paragrafo 10, e l'articolo 8, paragrafo 2, a seconda delle relazioni dell'UE con il paese terzo interessato nel settore della libera circolazione.
2.2.2.Decisione di equivalenza a norma dell'articolo 3, paragrafo 10
L'articolo 3, paragrafo 10, del regolamento conferisce alla Commissione il potere di adottare atti di esecuzione che stabiliscano che i certificati COVID-19 rilasciati da un paese terzo con il quale l'UE e gli Stati membri hanno concluso un accordo sulla libera circolazione che non contiene un meccanismo di incorporazione degli atti giuridici dell'Unione sono equivalenti ai certificati COVID digitali dell'UE.
Tale disposizione attualmente riguarda soltanto la Svizzera, che ha concluso un accordo con l'Unione europea e i suoi Stati membri sulla libera circolazione delle persone. L'8 luglio 2021 la Commissione ha adottato una decisione di esecuzione che collega la Svizzera al sistema dell'UE. Di conseguenza, i certificati COVID-19 emessi dalla Svizzera sono accettati alle condizioni di cui all'articolo 5, paragrafo 5, all'articolo 6, paragrafo 5, e all'articolo 7, paragrafo 8, del regolamento sul certificato COVID digitale dell'UE.
2.2.3.Decisioni di equivalenza a norma dell'articolo 8, paragrafo 2
Conformemente all'articolo 8, paragrafo 2, del regolamento, la Commissione può adottare atti di esecuzione che stabiliscano che i certificati COVID-19 interoperabili rilasciati da un paese terzo sono considerati equivalenti ai certificati COVID digitali dell'UE, al fine di agevolare l'esercizio del diritto di libera circolazione all'interno dell'Unione da parte dei loro titolari. Al 13 ottobre 2021 la Commissione aveva adottato tali decisioni di equivalenza per quanto concerne i certificati COVID-19 rilasciati da Albania, Andorra, Isole Fær Øer, Israele, Monaco, Marocco, Macedonia del Nord, Panama, San Marino, Turchia, Ucraina e Città del Vaticano. Sono in preparazione altre decisioni di equivalenza.
2.2.4.Interoperabilità con sistemi sviluppati a livello internazionale
Conformemente all'articolo 4, paragrafo 3, del regolamento, il quadro di fiducia per il certificato COVID digitale dell'UE cerca di garantire l'interoperabilità con i sistemi tecnologici istituiti a livello internazionale.
L'Organizzazione per l'aviazione civile internazionale (ICAO) ha recentemente sviluppato la norma VDS-NC (Visible Digital Seal for Non-Constrained Environments). La Commissione sta conducendo colloqui con l'ICAO per individuare le modalità per colmare il divario tra le specifiche del suo standard e il certificato COVID digitale dell'UE. A tale proposito vi sono varie difficoltà legate alle differenze tra le due norme, ad esempio in termini di serie di dati, codifica dei vaccini o dimensione del codice QR del VDS-NC dell'ICAO, che potrebbe rendere problematica la verifica se non vengono utilizzati lettori specifici. Allo stesso tempo, secondo le informazioni a disposizione della Commissione, nessun paese terzo ha ancora attuato e utilizzato un sistema di certificato COVID-19 basato sulla norma VDS-NC dell'ICAO. Anche se i colloqui tecnici continueranno, le soluzioni praticabili potrebbero richiedere tempo e investimenti finanziari da parte degli Stati membri. Inoltre, in base al regolamento sul certificato COVID digitale dell'UE, l'adozione di decisioni di equivalenza è limitata ai sistemi di certificato COVID-19 sviluppati dai paesi terzi, il che pone difficoltà in relazione alle organizzazioni internazionali.
Il 27 luglio 2021 l'OMS ha pubblicato specifiche tecniche e orientamenti per l'attuazione in merito alla documentazione digitale per i certificati COVID-19 concernenti lo status di vaccinazione, in cui si sottolinea che il certificato COVID digitale dell'UE è conforme a tali orientamenti e non è una norma parallela o in conflitto. Il 26 agosto 2021 l'Associazione internazionale del trasporto aereo (IATA, International Air Transport Association) ha esortato i paesi ad adottare il certificato COVID digitale dell'UE come norma globale. Nei principi di alto livello del G7 per una ripresa sicura e sostenibile dei viaggi internazionali adottati il 30 settembre 2021, i membri del Gruppo dei 7 (G7) riconoscono lo "sviluppo positivo del certificato COVID digitale dell'UE, operativo a livello internazionale".
2.3.Sviluppi concernenti il rilascio dei certificati di guarigione
2.3.1.Possibile rilascio di certificati di guarigione sulla base dei risultati di test antigenici rapidi
2.3.1.1.Orientamenti ricevuti dal Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie
Il rilascio di un certificato di guarigione sulla base di un test antigenico rapido non è contemplato dal regolamento sul certificato COVID digitale dell'UE pur essendo previsto nella proposta originale della Commissione, poiché al momento dell'adozione l'ECDC riteneva che l'esecuzione di test antigenici rapidi fosse sufficiente per il rilascio dei certificati di test ma non per quello dei certificati di guarigione. Ciò è dovuto al fatto che i test antigenici rapidi erano stati inizialmente concepiti e approvati per sottoporre a test le persone sintomatiche che presentavano un'infezione da SARS-CoV-2 in corso e un carico virale elevato. Sarebbero state necessarie prestazioni più elevate per limitare il numero di falsi positivi risultanti da un test antigenico rapido.
Da allora le prestazioni cliniche dei test antigenici rapidi sono migliorate. Nel maggio del 2021 il gruppo di lavoro tecnico sui test diagnostici COVID-19 istituito dal comitato per la sicurezza sanitaria, competente per la gestione dell'elenco comune dell'UE dei test antigenici rapidi, ha messo in atto una procedura più strutturata, coerente e rapida per l'aggiornamento di tale elenco. Inoltre, il 29 giugno 2021, gli esperti del gruppo di lavoro tecnico hanno concordato definizioni e criteri ulteriori che dovrebbero essere presi in considerazione per studi di convalida indipendenti che valutano le prestazioni cliniche dei test antigenici rapidi per la diagnosi della COVID-19, oltre a quelli stabiliti nella raccomandazione del Consiglio del 21 gennaio 2021.
Uno dei criteri concordati era un maggiore tasso di specificità, pari al 98 %. Attualmente l'elenco comune dell'UE comprende test antigenici rapidi che sono stati valutati attraverso studi di valutazione indipendenti e mostrano una sensibilità ≥90 % (per alcuni persino ≥95 %) e una specificità ≥98 %. Grazie a questo miglioramento delle stime delle caratteristiche dei test, la percentuale di probabilità di avere un test falso positivo è adesso considerata inferiore. Inoltre, nel luglio 2021, il gruppo di lavoro tecnico ha deciso di escludere dall'elenco i test antigenici rapidi salivari e che utilizzano altri tipi di campioni alternativi, nonché i test antigenici rapidi autodiagnostici, aumentando ulteriormente la probabile coerenza delle prestazioni dei test inclusi nell'elenco.
In considerazione di tali sviluppi, l'ECDC è attualmente favorevole all'emissione di certificati di guarigione a persone che hanno ottenuto un risultato positivo per l'infezione da SARS‑CoV-2 a seguito di un test antigenico rapido incluso nell'elenco comune, e ha aggiornato l'elenco dei test antigenici rapidi per la COVID-19 (per maggiori informazioni, cfr. allegato II).
2.3.1.2.Valutazione da parte della Commissione
Sulla base degli orientamenti dell'ECDC, la Commissione ha consultato esperti degli Stati membri in diversi consessi, quali il comitato per la sicurezza sanitaria, la rete eHealth e il gruppo di lavoro tecnico sui test diagnostici COVID-19, per ottenere ulteriori contributi scientifici e tecnici in merito all'eventuale rilascio di certificati di guarigione basati su risultati positivi di test antigenici rapidi.
A seguito di tali consultazioni la Commissione conclude che per il momento non si registra tra gli esperti degli Stati membri un sostegno sufficiente al rilascio di certificati di guarigione esclusivamente sulla base del risultato di un test antigenico rapido, ossia senza ulteriore conferma mediante un test di reazione a catena della polimerasi-trascrittasi inversa (RT‑PCR). Diversi esperti degli Stati membri ritengono che i test antigenici rapidi non siano ancora sufficientemente affidabili in termini di livelli di specificità, dato che varie relazioni indicano problemi di qualità, in particolare un livello elevato di risultati falsi positivi. Secondo gli esperti, le politiche attualmente in vigore nella maggior parte degli Stati membri per quanto riguarda i test richiedono un test RT-PCR di conferma in caso di risultato positivo di un test antigenico rapido. In caso di esito positivo, il risultato del test RT-PCR di conferma può quindi costituire la base per il rilascio di un certificato di guarigione.
In considerazione di quanto sopra, per il momento la Commissione continuerà a monitorare la questione e potrebbe considerare la possibilità di adottare un atto delegato per modificare il regolamento sul certificato COVID digitale dell'UE per consentire il rilascio di certificati di guarigione sulla base di risultati di test antigenici rapidi in una fase successiva.
2.3.2.Possibile rilascio di certificati di guarigione sulla base dei risultati di test anticorpali
2.3.2.1.Orientamenti ricevuti dal Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie
A maggio del 2021 l'ECDC e il Centro comune di ricerca hanno pubblicato una relazione tecnica sull'utilizzo dei test anticorpali per il SARS-CoV-2 nel contesto dei certificati COVID digitali dell'UE, che elenca i punti principali da considerare nella loro raccomandazione di non prevedere il rilascio di certificati di guarigione sulla base dei risultati dei test degli anticorpi. Tra tali considerazioni figurano le seguenti.
-Un test anticorpale positivo non può fornire alcuna indicazione sul momento dell'infezione e non può escludere un'infezione in corso.
-Anche se i test anticorpali forniscono prove di una risposta immunitaria, non è noto se i livelli di anticorpi offrano una protezione sufficiente né per quanto tempo.
-Non è ancora noto se gli anticorpi individuati dai test attualmente in commercio impediscano di essere infettati dalle nuove varianti emergenti di SARS-CoV-2.
-Date le differenze tra i vari test anticorpali, è estremamente difficile confrontarne i risultati a causa della mancanza di standardizzazione.
-I test per la ricerca della proteina Spike sono incapaci di distinguere tra le persone precedentemente infettate e quelle che hanno ricevuto almeno una dose di un vaccino.
L'ECDC ha riesaminato tali conclusioni (per ulteriori informazioni, cfr. allegato II) e ritiene che i punti di cui sopra restino validi e che non vi sia stata alcuna modifica sostanziale in relazione ai dati scientifici. Di conseguenza l'ECDC ritiene che i test anticorpali attualmente disponibili non siano adatti per la valutazione del momento dell'infezione e dello stato immunitario di una persona. I risultati positivi di test anticorpali non sono quindi considerati sufficienti per il rilascio dei certificati di guarigione.
2.3.2.2.Valutazione da parte della Commissione
Sulla base degli orientamenti dell'ECDC, la Commissione non sta attualmente considerando la possibilità di adottare un atto delegato per modificare il regolamento sul certificato COVID digitale dell'UE per consentire il rilascio di certificati di guarigione sulla base di test anticorpali. La Commissione potrà riconsiderare la propria posizione sulla base di nuovi orientamenti emessi dall'ECDC.
2.3.3.Periodo di validità dei certificati di guarigione
2.3.3.1.Orientamenti ricevuti dal Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie
Conformemente al punto 3, lettera h), dell'allegato del regolamento sul certificato COVID digitale dell'UE, la validità dei certificati di guarigione è attualmente limitata a 180 giorni dalla data del primo risultato positivo del test di amplificazione dell'acido nucleico (NAAT). Tale limitazione è dovuta alle conoscenze attualmente limitate sulla durata dell'immunità delle persone che hanno contratto l'infezione da SARS-CoV-2. Ad oggi deve ancora essere stabilita la correlazione tra l'immunità misurata e la protezione clinica dall'infezione da SARS-CoV-2.
La validità dei certificati di guarigione dipende dagli ultimi dati scientifici sulla durata dell'immunità protettiva dopo l'infezione naturale e sull'efficacia dell'infezione precedente in presenza di varianti attuali e potenziali future del SARS-CoV-2, un processo dinamico che evolve in modo regolare.
Dopo aver esaminato tutte le informazioni disponibili, l'ECDC ritiene che attualmente non vi siano prove sufficienti per sostenere un'estensione del periodo di validità dei certificati di guarigione oltre 180 giorni (per ulteriori informazioni, cfr. allegato II).
2.3.3.2.Valutazione da parte della Commissione
Basandosi sugli orientamenti dell'ECDC, la Commissione non prevede attualmente di adottare un atto delegato per modificare il regolamento sul certificato COVID digitale dell'UE per estendere il periodo di validità dei certificati di guarigione oltre 180 giorni dalla data del primo risultato positivo di un test NAAT.
2.4.Sviluppi concernenti il rilascio dei certificati di vaccinazione
2.4.1.Periodo di validità dei certificati di vaccinazione
2.4.1.1.Orientamenti ricevuti dal Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie
In base al regolamento sul certificato COVID digitale dell'UE spetta agli Stati membri decidere in merito alla durata di accettazione della validità dei certificati di vaccinazione e solo l'accettazione dei vaccini approvati dall'UE è obbligatoria. L'accettazione dei vaccini anti COVID-19 che abbiano completato l'iter previsto per l'inserimento nell'elenco per l'uso di emergenza dell'OMS è facoltativa. Di recente l'Agenzia europea per i medicinali (EMA) ha valutato l'utilizzo di una dose di richiamo del vaccino anti COVID-19 Comirnaty (di BioNTech/Pfizer) per le persone di età compresa tra 18 e 55 anni aventi un sistema immunitario normale. Sulla base di dati indicanti un aumento dei livelli di anticorpi quando una dose di richiamo è somministrata a tali persone circa sei mesi dopo la seconda dose, l'EMA ha concluso che per le persone aventi almeno 18 anni può essere presa in considerazione una dose di richiamo almeno sei mesi dopo la seconda dose.
Secondo l'ECDC, le prove attualmente disponibili sull'efficacia dei vaccini e sulla durata della protezione mostrano che tutti i vaccini autorizzati dall'UE sono attualmente altamente protettivi contro un ricovero in ospedale, malattie gravi e decesso correlati alla COVID-19. Sebbene possa essere necessario somministrare dosi aggiuntive a gruppi vulnerabili dal punto di vista medico (persone immunodepresse, anziani, ecc.) e diversi Stati membri dell'UE lo stiano già facendo, l'ECDC è giunto alla conclusione che non è urgente somministrare dosi di richiamo di vaccino alle persone completamente vaccinate della popolazione generale.
2.4.1.2.Valutazione da parte della Commissione
Tenuto conto dell'assenza di dati scientifici irrefutabili sulla diminuzione dell'immunità dopo un determinato periodo di tempo, la Commissione non prevede attualmente di modificare il regolamento sul certificato COVID digitale dell'UE per specificare la validità dei certificati di vaccinazione. La Commissione continuerà a seguire molto attentamente la questione man mano che si sviluppano dati scientifici.
È inoltre importante sottolineare che la somministrazione di dosi di richiamo non pregiudica la validità dei certificati rilasciati nell'ambito del ciclo di vaccinazione primaria. A seguito delle discussioni tecniche in seno alla rete eHealth, la Commissione sta preparando un atto di esecuzione che modifica le specifiche tecniche del certificato COVID digitale dell'UE per garantire norme uniformi per la codifica delle dosi aggiuntive di vaccino anti COVID-19 nei certificati di vaccinazione rilasciati successivamente.
2.5.Informazioni ricevute dagli Stati membri
2.5.1.Informazioni ricevute a norma dell'articolo 11 del regolamento sul certificato COVID digitale dell'UE
La Commissione monitora l'attuazione da parte degli Stati membri del regolamento sul certificato COVID digitale dell'UE. Tale monitoraggio è collegato a quello della raccomandazione 2020/1475 del Consiglio
, che ha stabilito un approccio coordinato alla limitazione della libertà di circolazione in risposta alla pandemia di COVID-19 sulla base di una mappa con codice cromatico "a semaforo" pubblicata settimanalmente dall'ECDC
. Per utilizzare al meglio il sistema del certificato COVID digitale dell'UE, nel giugno 2021 il Consiglio, a seguito di una proposta della Commissione, ha modificato la raccomandazione
. La raccomandazione stabilisce, tra l'altro, un'interpretazione coordinata di "vaccinazione completa" e dei periodi di validità dei test effettuati nel contesto dei viaggi. Le informazioni degli Stati membri sul certificato COVID digitale dell'UE sono raccolte mediante tabelle riepilogative presentate dagli Stati membri alla Commissione e al Consiglio, e sono inoltre messe a disposizione sulla piattaforma Re-open EU
.
Il regolamento sul certificato COVID digitale dell'UE prevede che, fatta salva la competenza degli Stati membri di imporre restrizioni per motivi di salute pubblica, qualora accettino certificati di vaccinazione, certificati di test che attestano un risultato negativo o certificati di guarigione, gli Stati membri si astengono dall'imporre ulteriori restrizioni alla libera circolazione, a meno che non siano necessarie e proporzionate allo scopo di tutelare la salute pubblica in risposta alla pandemia di COVID-19
.
Qualora uno Stato membro imponga ai titolari di certificati COVID digitali dell'UE di sottoporsi, dopo l'ingresso nel suo territorio, a quarantena o ad autoisolamento o a un test per l'infezione da SARS-CoV-2, o qualora imponga altre restrizioni ai titolari di tali certificati perché, per esempio, la situazione epidemiologica in uno Stato membro o in una regione all'interno di uno Stato membro peggiora rapidamente, in particolare a causa di una variante di SARS-CoV-2 che desti preoccupazione o interesse, esso dovrebbe informarne di conseguenza la Commissione e gli altri Stati membri
. Gli Stati membri forniscono tali informazioni sotto forma di notifiche formali alla Commissione e al Consiglio. Al 13 ottobre 2021 Danimarca, Irlanda, Malta e Slovacchia avevano presentato informazioni ai sensi di tale disposizione. Gli obblighi aggiuntivi notificati da tali Stati membri riguardano test aggiuntivi dopo l'arrivo per i titolari di certificati di test provenienti da zone a rischio più elevato, la quarantena per i titolari di certificati di test provenienti da zone con varianti che destano preoccupazione o di interesse oppure l'obbligo di quarantena per viaggiatori non vaccinati. I motivi addotti da tali Stati membri sono stati i tassi elevati di notifica di casi o l'individuazione di varianti che destano preoccupazione o interesse, in particolare la cosiddetta variante Delta (in una fase in cui tale variante non era ancora il ceppo dominante di SARS-CoV-2 in tutta l'Unione europea). La durata delle misure variava: fino a metà luglio, fino alla fine di settembre 2021, fino ad ottobre 2021 o per un periodo indeterminato. Gli Stati membri interessati hanno riferito che le restrizioni erano soggette a valutazione continua. La Commissione continuerà a monitorare la conformità al diritto dell'UE, in particolare ai principi di non discriminazione e di proporzionalità, delle misure di sanità pubblica degli Stati membri che incidono sul diritto dei cittadini alla libera circolazione.
2.5.2.Ulteriori informazioni sull'attuazione del regolamento sul certificato COVID digitale dell'UE
Il regolamento sul certificato COVID digitale dell'UE prevede che i certificati di vaccinazione siano rilasciati dallo Stato membro nel quale è stato somministrato il vaccino. Se una persona è vaccinata in due Stati membri diversi, il primo Stato membro dovrebbe rilasciare un certificato COVID digitale dell'UE indicante la prima dose e il secondo Stato membro dovrebbe rilasciare, su presentazione della prova che la prima dose è stata somministrata in un altro Stato membro, un certificato COVID digitale dell'UE indicante la seconda dose (tale certificato indicherà "2/2"). Tuttavia, in alcuni casi, i cittadini hanno segnalato difficoltà a ricevere un certificato COVID digitale dell'UE indicante correttamente la somministrazione della seconda dose, nonostante fornissero la prova della prima dose.
Alcuni Stati membri non hanno ancora trovato una soluzione soddisfacente per il rilascio di certificati COVID digitali dell'UE a determinate categorie di persone, principalmente per quanto riguarda i certificati di vaccinazione. I problemi sono stati segnalati soprattutto per le persone che non risiedono permanentemente nello Stato membro interessato, le persone senza assicurazione sanitaria nello Stato membro e le persone sprovviste di un numero del registro nazionale o di un numero di previdenza sociale nello Stato membro. Taluni Stati membri hanno incontrato altresì difficoltà nell'istituire un sistema che consenta il rilascio (tempestivo) di certificati di test ai viaggiatori residenti in altri Stati membri.
Per quanto concerne il formato dei certificati COVID digitali dell'UE, sono state segnalate alcune difficoltà in relazione ai certificati di test e alla necessità di poter ricevere un formato cartaceo di tali certificati. Taluni Stati membri non rilasciano certificati di test in formato cartaceo, sostenendo che l'invio di tali certificati per posta li farebbe giungere a destinazione oltre la scadenza del loro periodo di validità. È stato altresì segnalato che il rilascio di certificati COVID digitali dell'UE in formato cartaceo da parte dei prestatori di assistenza sanitaria non è sempre stata gratuita.
La Commissione mantiene contatti regolari con gli Stati membri a livello tecnico per quanto concerne l'attuazione del certificato COVID digitale dell'UE. Alcune delle questioni menzionate sopra sono già state risolte. Ad esempio, il Belgio ha confermato che non è necessario disporre di un'identità elettronica per ricevere un certificato di test, la Croazia ha confermato di rilasciare certificati di vaccinazione ai cittadini UE mobili, la Germania ha confermato che i risultati dei test antigenici rapidi sono emessi anche in formato cartaceo, l'Irlanda ha confermato che i fornitori di test per la COVID-19 stanno rilasciando certificati di test in un formato conforme al regolamento e la Spagna ha confermato che i cittadini UE non residenti che sono vaccinati o sottoposti a test in Spagna possono ricevere un certificato COVID digitale dell'UE.
Sono emersi problemi anche in certi Stati membri in cui alcuni cittadini hanno segnalato divergenze tra il nome indicato nei loro documenti di viaggio e quello indicato nel certificato COVID digitale dell'UE. Il 26 luglio 2021 è stata pubblicata una rettifica relativa alla versione francese del regolamento sul certificato COVID digitale dell'UE per chiarire ulteriormente che i certificati devono includere "nom(s) et prénom(s)" anziché "nom(s) de famille et prénom(s)", che può essere frainteso come il nome di nascita della persona. La Commissione ha chiarito agli Stati membri che il nome incluso nel certificato deve corrispondere al nome indicato sui documenti di viaggio del titolare. In caso di errori i cittadini sono incoraggiati a mettersi in contatto con le autorità nazionali che hanno rilasciato il certificato per farli correggere.
Per quanto concerne l'attuazione del regolamento (UE) 2021/954, non sono stati segnalati problemi specifici in merito al rilascio di certificati COVID digitali dell'UE a cittadini di paesi terzi regolarmente soggiornanti o regolarmente residenti nel loro territorio e autorizzati a spostarsi negli altri Stati membri ai sensi del diritto dell'Unione. Tuttavia ciò è molto probabilmente dovuto al fatto che gli Stati membri hanno istituito un unico sistema per il rilascio di certificati COVID digitali dell'UE tanto ai cittadini UE quanto ai cittadini di paesi terzi regolarmente residenti negli stessi. Inoltre, per quanto concerne i visitatori a breve termine, ciò può essere spiegato dall'assenza di un obbligo per gli Stati membri di rilasciare alle persone che hanno una prova di vaccinazione in un paese terzo un certificato COVID digitale dell'UE. Ai sensi dell'articolo 8, paragrafo 1, del regolamento sul certificato COVID digitale dell'UE, tale rilascio è facoltativo, sebbene diversi Stati membri offrano questa possibilità.
Per fornire ai cittadini informazioni aggiuntive, la Commissione ha pubblicato le domande poste di frequente sul certificato COVID digitale dell'UE, sulle vaccinazioni e sulle restrizioni di viaggio.
2.5.3.Informazioni ricevute a norma dell'articolo 15 del regolamento sul certificato COVID digitale dell'UE (introduzione graduale)
Il regolamento sul certificato COVID digitale dell'UE si applica dal 1° luglio 2021. Qualora non fosse stato in grado di rilasciare certificati COVID digitali dell'UE a partire da tale data, uno Stato membro ne doveva informare di conseguenza la Commissione e gli altri Stati membri. Laddove contenevano le serie di dati riportate nell'allegato, i certificati COVID-19 rilasciati da tale Stato membro in un formato non conforme al regolamento dovevano essere accettati dagli altri Stati membri fino al 12 agosto 2021. La Commissione ha ricevuto tali informazioni, che in alcuni casi hanno riguardato soltanto un ritardo di un paio di giorni, da otto Stati membri.
Per garantire un'agevole introduzione del sistema, la Commissione ha incoraggiato gli Stati membri a iniziare a rilasciare certificati COVID digitali dell'UE già prima dell'entrata in applicazione. La Commissione ha sostenuto questo processo lanciando, il 1º giugno 2021, il gateway dell'UE. Dato che tramite il gateway dell'UE non sono scambiati dati personali, gli Stati membri hanno potuto utilizzare la sua funzionalità già prima dell'entrata in applicazione del regolamento. Lo stesso giorno i primi Stati membri hanno iniziato a rilasciare certificati, e in tutto 21 Stati membri hanno anticipato il termine del 1º luglio 2021. Questo è stato il risultato di un chiaro impegno da parte degli Stati membri a favore del certificato COVID digitale dell'UE e del suo obiettivo di aprire l'Europa ai suoi cittadini in tempo per i mesi estivi.
2.6.Settore del trasporto aereo
Il settore del trasporto aereo è stato uno dei primi settori in cui il certificato COVID digitale dell'UE è stato utilizzato su larga scala, ed è un buon banco di prova per capire il funzionamento pratico del certificato. L'Agenzia dell'Unione europea per la sicurezza aerea e l'ECDC hanno aggiornato le raccomandazioni formulate nel protocollo sulla sicurezza sanitaria nel settore dell'aviazione in relazione alla COVID-19 affinché tale protocollo risultasse allineato al certificato COVID digitale dell'UE immediatamente dopo l'adozione del regolamento.
Il regolamento sul certificato COVID digitale dell'UE lascia agli Stati membri stabilire le modalità di verifica dei certificati. Da un'indagine condotta dalla Commissione tra gli Stati membri sulla verifica del certificato COVID digitale dell'UE per i viaggi aerei sono emersi almeno 15 modi diversi di organizzare il processo di verifica, con conseguente rischio di duplicazioni significative e mancanza di chiarezza e ritardi per i passeggeri.
Al fine di rimediare a tale situazione la Commissione ha pubblicato una comunicazione con raccomandazioni rivolte gli Stati membri per razionalizzare la verifica. Per evitare controlli inutili del certificato COVID digitale dell'UE da parte di diversi soggetti (operatori di compagnie aeree, operatori aeroportuali, autorità pubbliche, ecc.), la Commissione ha raccomandato un processo di verifica secondo la modalità dello "sportello unico" alla partenza. La verifica dovrebbe essere effettuata altresì il prima possibile e preferibilmente prima che il passeggero arrivi all'aeroporto di partenza, e gli Stati membri sono incoraggiati a fornire agli operatori e ai viaggiatori informazioni complete, comprensibili e tempestive in merito ai requisiti e ai processi di verifica.
Sebbene il numero di passeggeri del settore aereo continui a essere significativamente inferiore ai livelli antecedenti la pandemia, l'associazione aeroportuale Airports Council International Europe (ACI Europe) ha riferito che secondo i dati preliminari relativi a luglio 2021 il volume totale dei passeggeri è più che raddoppiato rispetto a luglio del 2020, con miglioramenti significativi rispetto al secondo trimestre del 2021. ACI Europe attribuisce tale cambiamento di tendenza all'utilizzo del certificato COVID digitale dell'UE associato ad un allentamento delle restrizioni ai viaggi.
In tale contesto sono attualmente allo studio ulteriori funzionalità del sistema del certificato COVID digitale dell'UE, tra cui funzionalità migliorate del portafoglio digitale nonché una soluzione di ticketing che mostri come le compagnie aeree e altri operatori di servizi di trasporto possano integrare perfettamente le prove di verifica del certificato nelle procedure di check-in online senza condividere dati personali.
2.7.Utilizzo del certificato COVID digitale dell'UE per finalità nazionali
Il regolamento sul certificato COVID digitale dell'UE riguarda l'uso dei certificati per gli spostamenti all'interno dell'Unione europea durante la pandemia di COVID-19. Non prescrive né vieta altri usi del certificato, e l'utilizzo dei certificati COVID-19 per finalità nazionali, ad esempio per l'accesso a eventi o a determinati luoghi, va oltre l'ambito di applicazione del regolamento.
Qualora uno Stato membro decida di utilizzare il certificato COVID digitale dell'UE per altre finalità, tale uso deve essere previsto dal diritto nazionale, che deve rispettare in particolare la normativa in materia di protezione di dati. Allo stesso tempo, laddove uno Stato membro istituisca un sistema di certificati COVID-19 a fini nazionali, dovrebbe garantire che possano essere utilizzati e siano pienamente accettati anche i certificati COVID digitali dell'UE. L'obiettivo è assicurare che i viaggiatori che si recano in un altro Stato membro non debbano ottenere un certificato nazionale supplementare. In questo modo si garantisce che il sistema interoperabile del certificato COVID digitale dell'UE sia utilizzato al massimo delle sue potenzialità.
Nel contesto di un'indagine condotta nel settembre del 2021, venti Stati membri hanno riferito di utilizzare il certificato COVID digitale dell'UE per tali fini. Cinque Stati membri hanno segnalato che stanno valutando l'uso dei certificati per fini nazionali. Gli Stati membri utilizzano il certificato per l'accesso a grandi eventi (il caso d'utilizzo di gran lunga più comune), ristoranti, cinema e musei, locali notturni, centri fitness e altri impianti sportivi, attività che implicano contatti fisici quali parrucchieri, saloni di bellezza e centri massaggi, alberghi, ospedali e case di cura, oppure università e scuole.
3.Conclusioni e sviluppi futuri
Al momento della presentazione della proposta iniziale dalla Commissione nel marzo del 2021, molti hanno espresso dubbi sull'intenzione della Commissione di rendere il sistema operativo in tempo per l'estate. Ma il fatto che il Parlamento europeo e il Consiglio abbiano raggiunto un accordo in soli tre mesi – e che agli Stati membri e alla Commissione siano bastate soltanto due settimane in più per mettere in atto e far funzionare il sistema – dimostra che quando le istituzioni dell'UE e gli Stati membri agiscono insieme sono in grado di agire rapidamente.
Il certificato COVID digitale dell'UE si è rivelato un grande successo negli sforzi dell'Europa per affrontare e attenuare l'impatto della pandemia di COVID-19 sulle società e sulle economie. Il certificato agevola i viaggi ed è stato fondamentale per sostenere l'industria del turismo europea, duramente colpita. Il certificato COVID digitale dell'UE è inoltre un successo a livello mondiale. Ad oggi è lo standard globale, e attualmente è l'unico sistema operativo a livello internazionale. È utilizzato da vari paesi in quattro continenti. Si tratta inoltre del primo esempio di fascicolo elettronico interoperabile disposto su larga scala in un numero così elevato di paesi in tempi brevissimi.
Tale successo è apprezzato anche dai cittadini. Secondo un'indagine Eurobarometro pubblicata nel settembre del 2021, circa due terzi (65 %) dei partecipanti hanno convenuto che il certificato COVID digitale dell'UE costituisce il mezzo più sicuro per viaggiare liberamente in Europa durante la pandemia di COVID-19.
Sebbene il regolamento abbia un'applicazione limitata nel tempo, il certificato COVID digitale dell'UE ha dimostrato che è possibile sviluppare un sistema sicuro e protetto, che tutela la vita privata e la protezione dei dati in modo accessibile. I certificati sono disponibili gratuitamente, in formato digitale e cartaceo, e sono adatti sia alla lettura da parte di esseri umani che alla lettura ottica. Si tratta pertanto di un importante banco di prova per lo sviluppo di un pacchetto di strumenti per un'identità digitale dell'UE.
Il regolamento sul certificato COVID digitale dell'UE si applica attualmente fino al 30 giugno 2022. Entro il 31 marzo 2022 la Commissione presenterà al Parlamento europeo e al Consiglio un'ulteriore relazione sull'applicazione del regolamento, che potrà essere accompagnata da una proposta legislativa per prorogare il periodo di applicazione del regolamento, tenuto conto dell'evoluzione della situazione epidemiologica in relazione alla pandemia di COVID-19.
Tuttavia la Commissione non esclude la possibilità di presentare una proposta di questo tipo già in una fase precedente al fine di assicurare che, per motivi di certezza del diritto, la necessaria procedura legislativa possa essere conclusa sufficientemente in tempo prima di giugno del 2022. Tale proroga potrebbe essere necessaria, ad esempio, se sarà probabile che la pandemia non si sarà ancora attenuata in tempo per l'estate del 2022 e che la mancata proroga del certificato COVID digitale dell'UE comporterà ulteriori restrizioni alla libera circolazione, in quanto i cittadini dell'UE sarebbero privati di un modo efficace, sicuro e rispettoso della vita privata per dimostrare il proprio stato COVID-19. Qualsiasi proposta della Commissione di prorogare il regolamento sarebbe limitata nel tempo, poiché l'obiettivo della Commissione è ripristinare la libera circolazione senza restrizioni non appena la situazione epidemiologica lo consenta.