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Document 52018AE2917

    Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla «Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce il Fondo Sicurezza interna» [COM(2018) 472 final — 2018/0250(COD)]

    EESC 2018/02917

    GU C 62 del 15.2.2019, p. 189–193 (BG, ES, CS, DA, DE, ET, EL, EN, FR, HR, IT, LV, LT, HU, MT, NL, PL, PT, RO, SK, SL, FI, SV)

    15.2.2019   

    IT

    Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

    C 62/189


    Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla «Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce il Fondo Sicurezza interna»

    [COM(2018) 472 final — 2018/0250(COD)]

    (2019/C 62/31)

    Relatore:

    José Antonio MORENO DÍAZ

    Consultazione

    Parlamento europeo, 02/07/2018

    Consiglio, 25/07/2018

    Base giuridica

    Articoli 82, paragrafo 1, 84, 87, paragrafo 2, e articolo 304 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

     

     

    Sezione competente

    Occupazione, affari sociali, cittadinanza

    Adozione in sezione

    26/09/2018

    Adozione in sessione plenaria

    18/10/2018

    Sessione plenaria n.

    538

    Esito della votazione

    (favorevoli/contrari/astenuti)

    141/3/4

    1.   Conclusioni e raccomandazioni

    1.1.

    Il CESE conviene sulla necessità di assegnare maggiori risorse agli interventi e ai programmi operativi e preventivi in materia di sicurezza, e di istituire a questo scopo un fondo flessibile e trasparente, in cui la ripartizione delle risorse sia conforme a criteri operativi e a obiettivi stabiliti con chiarezza e prevedibilità, destinati a rafforzarli.

    1.2.

    L’assetto interno del fondo sulla sicurezza deve progredire nel senso di un approfondimento dell’impostazione preventiva; a questo scopo, è essenziale contare sulla partecipazione e collaborazione della società civile, in particolare prestando assistenza alle vittime e aiutandole a organizzarsi, vigilando sugli operatori responsabili della sicurezza e prevenendo la radicalizzazione.

    1.3.

    Gli stanziamenti del Fondo, siano essi destinati a Stati membri dell’UE o a paesi terzi, devono essere assegnati esclusivamente a istituzioni pubbliche che garantiscano concretamente il rispetto scrupoloso dei diritti umani.

    1.4.

    Il CESE dovrebbe essere coinvolto, in qualità di osservatore, nella creazione e nello sviluppo di questo fondo, per far conoscere il punto di vista della società civile organizzata a livello dell’UE.

    1.5.

    Il CESE richiama l’attenzione sulla necessità di affrontare specificamente il rischio connesso alla radicalizzazione violenta di gruppi dell’estrema destra.

    1.6.

    Il CESE richiama altresì l’attenzione sull’esigenza di intervenire sui meccanismi di finanziamento dei gruppi di criminalità organizzata e sui loro flussi finanziari.

    1.7.

    Il CESE ritiene necessario andare oltre un approccio puramente reattivo e approfondire l’impostazione preventiva, non solo attraverso la valutazione delle cause profonde che spingono alcune persone a radicalizzarsi e a costituire un pericolo per i propri simili, ma anche mediante l’analisi dei meccanismi di finanziamento dei gruppi violenti.

    1.8.

    I diritti umani, secondo la linea di pensiero su cui è fondata la stessa Unione europea, devono essere parte integrante di ogni azione e rappresentarne il criterio vincolante. Questo significa, nel quadro di un fondo di sostegno finanziario, che occorre rifiutare l’assegnazione di risorse a chi non dimostri di rispettare le norme minime in questo campo. Questo punto di vista è condiviso sia dalla Commissione (1) nella sua recente proposta sulle misure finanziarie volte a garantire lo Stato di diritto negli Stati membri, che dal gruppo Diritti fondamentali e Stato di diritto creato all’interno del CESE.

    2.   Testo della proposta

    2.1.

    Il presente parere fa proprio, sul piano metodologico, il contenuto dell’articolo 2 della proposta della Commissione per quanto riguarda le definizioni dei vari concetti impiegati nella trattazione dell’argomento.

    2.2.

    Il CESE condivide le riflessioni contenute nella proposta in esame, che sono basate su dati concreti relativi alle minacce per la sicurezza in Europa, minacce che si sono amplificate e diversificate prendendo la forma di attentati terroristici e di nuovi sistemi di criminalità organizzata, compresa la criminalità informatica.

    2.3.

    La sicurezza ha una dimensione intrinsecamente transfrontaliera e richiede pertanto la risposta ferma e coordinata dell’UE. Oltre ai problemi di sicurezza interna, l’Unione deve far fronte a minacce esterne complesse che nessuno Stato membro può gestire da solo.

    2.4.

    La sicurezza resterà una questione determinante per l’UE negli anni a venire. Gli europei si aspettano che l’Unione e i governi nazionali garantiscano la sicurezza in un mondo incerto e in rapida evoluzione. È pertanto auspicabile che vengano realizzate azioni in campo educativo e pedagogico sulla prevenzione dei comportamenti violenti, anche attraverso la scelta di libri di testo e di materiale didattico in cui predomini una visione di rispetto dei diritti fondamentali, del pluralismo e della diversità.

    2.5.

    Indubbiamente, le sfide che l’Unione europea deve affrontare, in particolare il terrorismo internazionale, non possono essere affrontate dai singoli Stati membri senza il sostegno finanziario e tecnico dell’UE. Sebbene il terrorismo (sia quello la cui origine è in un paese terzo che quello nato all’interno dell’UE, oppure quello di matrice religiosa o scaturito dall’estremismo politico, in particolare quello degli ambienti dell’estrema destra) e altri pericoli (derivanti dal traffico di droga, dalla tratta di esseri umani a fini di sfruttamento e da altri reati gravi) non conoscano attualmente frontiere, spetta agli Stati membri garantire la sicurezza pubblica ai propri cittadini, nel pieno rispetto dei diritti fondamentali sanciti anche nel corpus normativo dell’UE e nei trattati internazionali.

    2.6.

    L’UE può e deve appoggiare le azioni del caso e, a questo proposito, i trattati prevedono la necessità di garantire un livello elevato di sicurezza, in particolare attraverso misure di prevenzione, oltre che con il coordinamento e la cooperazione tra le forze di polizia, le autorità giudiziarie e le altre autorità competenti, come le agenzie decentrate.

    2.7.

    L’Agenzia dell’Unione europea per la cooperazione nell’attività di contrasto (Europol), l’Agenzia dell’Unione europea per la formazione delle autorità di contrasto (CEPOL) e l’Osservatorio europeo delle droghe e delle tossicodipendenze (OEDT) svolgono un ruolo fondamentale a livello non solo operativo, ma anche di coordinamento e di sostegno, per realizzare le priorità, gli obiettivi e le attività dell’UE in materia di sicurezza.

    2.8.

    Il Fondo Sicurezza interna è istituito per agevolare la cooperazione transfrontaliera e lo scambio di informazioni tra le autorità di contrasto degli Stati membri e altre autorità pertinenti. In particolare, tale cooperazione si esplica tramite l’interoperabilità dei vari sistemi di informazione dell’UE per la sicurezza, migliorando l’efficacia e l’efficienza della gestione delle frontiere e della migrazione, facilitando le azioni operative comuni e fornendo assistenza per la formazione, per la costruzione delle infrastrutture di sicurezza essenziali, per la raccolta e il trattamento dei codici di prenotazione (registri dei nomi dei passeggeri) conformemente all’acquis dell’UE pertinente e per l’acquisto delle attrezzature tecniche necessarie.

    2.9.

    Il fondo mira a intensificare la cooperazione operativa transfrontaliera per prevenire e individuare la criminalità transfrontaliera, oltre che per condurre indagini in proposito, e a sostenere gli sforzi volti a potenziare la capacità di combattere tale criminalità, compreso il terrorismo, in particolare attraverso una maggiore cooperazione tra le autorità pubbliche, la società civile e i partner privati in tutti gli Stati membri.

    2.10.

    Il coinvolgimento della società civile nei temi relativi alla sicurezza ha rappresentato uno strumento non solo assai utile, ma anche necessario ai fini di un miglioramento qualitativo in rapporto al rispetto dei diritti fondamentali, al controllo delle autorità affinché non commettano abusi, e alla denuncia di alcuni comportamenti indesiderati, che costituiscono tuttavia una tentazione costante. In un contesto democratico non bisogna lasciarsi guidare da un approccio esclusivamente securitario e improntato alla sola efficacia dell’azione. Il Fondo di cui si propone l’istituzione deve pertanto essere messo a disposizione per finanziare programmi che rafforzino tale controllo e sostengano le strutture giuridiche che permettono di sottoporre l’operato delle forze di sicurezza all’esame indipendente di un giudice. Il sostegno va inoltre fornito anche per l’evidente compito di prevenire la radicalizzazione, per la formazione e la sensibilizzazione sociale.

    2.11.

    Le organizzazioni non governative, così come tutte quelle della società civile, stanno già apportando, in termini quantitativi e qualitativi, il loro contributo alla sicurezza mediante:

    la prevenzione e il contrasto delle azioni eccessive o poco rispettose dei diritti umani realizzate dalle forze di polizia degli Stati membri;

    la prevenzione e il contrasto della radicalizzazione ideologica sotto ogni punto di vista;

    la sensibilizzazione della società a favore delle vittime e della loro integrazione sociale, oltre che per fornire il sostegno necessario;

    l’articolazione dell’organizzazione, oltre che della capacità operativa e propositiva, delle vittime, di tutte le persone che si adoperano a loro favore in modo solidale, nonché di tutte le parti interessate ai temi della sicurezza;

    l’intervento in campo educativo, soprattutto tra i più giovani, con uno scopo duplice e importantissimo: da un lato, la sensibilizzazione, dall’altro, la prevenzione della radicalizzazione;

    numerose altre azioni che hanno l’effetto indiretto di favorire la sicurezza interna e quella alle frontiere, come il suddetto controllo dell’operato delle forze di sicurezza, l’educazione e la sensibilizzazione, la protezione delle vittime e l’assistenza loro fornita affinché possano organizzarsi ecc.;

    In quest’ottica, bisogna permettere alla società civile di monitorare costantemente in che modo viene utilizzato il Fondo.

    2.12.

    Questo ventaglio di azioni deve ricevere il sostegno diretto delle autorità dell’Unione e, visto che viene promossa la sicurezza, occorre prevedere un apposito stanziamento nel quadro della dotazione del Fondo.

    2.13.

    Sia l’UE che i suoi Stati membri devono essere consapevoli che anche talune organizzazioni della società civile possono — direttamente o indirettamente — incoraggiare discorsi e/o azioni che sono contrari ai valori e diritti sanciti dall’UE.

    2.14.

    La sfida principale che la proposta mira ad affrontare è la necessità di una maggiore flessibilità nella gestione del futuro fondo rispetto all’attuale periodo di programmazione. È inoltre importante prevedere i mezzi atti a garantire che i finanziamenti siano indirizzati verso le priorità e le azioni dell’UE con un significativo valore aggiunto per l’Unione. Visto che, per affrontare le nuove sfide e priorità, sono necessari nuovi meccanismi di assegnazione dei fondi in funzione del regime prescelto di gestione diretta, indiretta o concorrente, tali meccanismi devono anche consentire la partecipazione di membri attivi della società civile, come indicato al punto precedente, per il raggiungimento delle finalità stabilite. In quest’ottica, il CESE propone di essere coinvolto, in qualità di osservatore, nella creazione e nello sviluppo di questo fondo, per far conoscere il punto di vista della società civile organizzata a livello dell’UE.

    2.15.

    Tenuto conto della rilevanza dell’importo assegnato quale dotazione del Fondo (2 500 000 000 EUR), bisogna chiarire i criteri per la distribuzione di tale ammontare. È auspicabile che sia mantenuta la necessaria flessibilità, ma specificando con chiarezza le voci di bilancio in cui saranno ripartiti gli stanziamenti.

    2.16.

    Questi stanziamenti dovranno seguire un criterio di semplicità, volto a evitare eccessivi vincoli burocratici nell’accesso al Fondo, ed essere improntati al principio della fiducia reciproca. La chiarezza e la prevedibilità in questo campo renderanno più agevole per i responsabili politici dei vari Stati membri l’attuazione di interventi rapidi, anche da parte di gruppi speciali (task force), con la garanzia che tali interventi potranno contare sul sostegno finanziario del Fondo.

    2.17.

    Il CESE valuta positivamente la proposta in esame e considera opportuna l’istituzione del Fondo Sicurezza interna (sulla base dell’articolo 3, paragrafo 2, del trattato sull’Unione europea), che è inoltre giustificato dagli obiettivi di cui all’articolo 67 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea. Tale fondo è retto dai principi di solidarietà e di equa ripartizione delle responsabilità (come sancito dall’articolo 80 del TFUE), nonché dai principi di sussidiarietà (in quanto la materia non rientra nella competenza esclusiva dell’UE) e di proporzionalità, secondo quanto stabilito nello strumento legislativo pertinente (il regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce il Fondo Sicurezza interna).

    2.18.

    In ogni caso, l’istituzione del Fondo Sicurezza interna ha come scopo la creazione di uno strumento complementare all’attività condotta sia dalle agenzie e dai fondi di cui l’UE già dispone, che dagli organi competenti a livello nazionale. Il suo obiettivo fondamentale consiste nel contribuire ad assicurare un livello elevato di sicurezza all’interno dell’Unione, in particolare lottando contro il terrorismo e la radicalizzazione (oltre che contro i reati gravi, la criminalità organizzata e la criminalità informatica) e fornendo assistenza e protezione alle vittime di reati; in quest’ottica, persegue obiettivi specifici quali lo scambio di informazioni, il potenziamento delle azioni transfrontaliere congiunte e il rafforzamento delle capacità in materia di prevenzione, sempre in cooperazione con le autorità pubbliche competenti, la società civile e i partner privati negli Stati membri (2). In tale contesto, è importante anche intervenire sui meccanismi di finanziamento e sui flussi finanziari delle organizzazioni criminali, e il Fondo deve tenere conto di tale questione.

    2.19.

    È infine opportuno ricordare che il CESE ha partecipato in qualità di osservatore al gruppo di esperti ad alto livello della Commissione in materia di radicalizzazione, che è stato creato nel 2017 (3).

    3.   Raccomandazioni

    3.1.

    Il Fondo dovrebbe adoperarsi a valutare le cause profonde che spingono alcune persone ad aderire a movimenti — e ad organizzarsi in gruppi — che rappresentano un pericolo per i propri simili, attraverso analisi e indagini approfondite che contribuiscano a prevenire situazioni oggettive.

    3.2.

    L’istituzione del Fondo trae il suo fondamento negli investimenti e nei risultati realizzati in precedenza, come il programma Sicurezza e tutela delle libertà, lo strumento per la cooperazione di polizia e la dimensione strategica relativa agli stupefacenti del programma Giustizia. In ogni caso, bisognerà approfondire il senso dell’affermazione secondo cui «lo strumento permetterà di affrontare nuove priorità o intraprendere azioni urgenti e attuarle tramite la modalità di attuazione più adatta all’obiettivo strategico» (4). L’innovazione rappresenta una priorità, in particolare perché i gruppi contro cui si intende lottare sono enormemente innovativi.

    3.3.

    I criteri relativi alla ripartizione della dotazione del Fondo devono essere esclusivamente di natura operativa, in modo da finanziare azioni e programmi, e andranno evitati criteri quali le dimensioni della popolazione o del paese considerato. Occorre inoltre attribuire la priorità alla totale trasparenza nella ripartizione e gestione degli stanziamenti del Fondo, che sarà accessibile ai mezzi d’informazione e alla società civile, in modo che possano vigilare sul rispetto delle condizioni stabilite per usufruire delle risorse finanziarie del Fondo.

    3.4.

    È inoltre importante prevedere che il Fondo, una volta istituito, venga valutato sul piano della sua rilevanza ed efficacia realizzando periodicamente uno studio aggiornato sulla situazione generale che permetta di valutarne l’evoluzione.

    3.5.

    Il Comitato economico e sociale europeo desidera ricordare alcune delle nuove priorità che il documento in esame non prende in considerazione e che meritano una valutazione specifica, in quanto possono rappresentare un fattore importante, specialmente in rapporto all’obiettivo di prevenzione della radicalizzazione, obiettivo che è stato oggetto di una certa complicità da parte di alcune autorità.

    3.6.

    Il CESE fa riferimento, nel contesto attuale, ai movimenti di estrema destra, neonazisti, antisemiti, dei suprematisti bianchi ecc., o di qualsiasi altra natura che sono favorevoli alle discriminazioni fondate sull’appartenenza etnica, l’origine, l’orientamento sessuale ecc. Questi movimenti costituiscono una minaccia reale per la sicurezza e persino per lo Stato di diritto, e sono di competenza dell’Unione, soprattutto nella misura in cui tali movimenti, malgrado le loro tendenze ultranazionaliste, iniziano a comprendere l’opportunità di assumere una dimensione internazionale e di coordinare le proprie azioni con quelle di gruppi di altre nazioni di pensiero analogo (5).

    3.7.

    La protezione e l’assistenza fornita alle vittime delle reti di trafficanti di esseri umani sembrano essere subordinate a una cooperazione effettiva ed efficiente nel perseguire i responsabili della tratta di esseri umani. Tuttavia, l’obiettivo fondamentale dell’attività dell’Unione in questo campo, oltre che del Fondo apposito, deve consistere nel proteggere le vittime e non è opportuno subordinarne la protezione alla buona o cattiva cooperazione nel perseguire i responsabili dei reati nei loro confronti.

    3.8.

    Ciononostante, è indubbio che la necessaria assegnazione delle risorse finanziarie del Fondo di cui si propone l’istituzione, direttamente alle vittime oppure alle istituzioni che contribuiscono alla loro protezione e al loro inserimento, genererà naturalmente questa cooperazione, che favorirà — anche se nel medio termine — il perseguimento e la prevenzione delle attività criminose.

    3.9.

    La prevenzione della radicalizzazione rappresenta un settore importante che non può riguardare soltanto il ventaglio dei possibili casi di radicalizzazione in un senso (facendo riferimento agli attentati più gravi commessi negli ultimi anni da gruppi islamisti radicali), perché bisogna prestare particolare attenzione anche ai vari movimenti che si ispirano all’estremismo politico e ideologico (che nascono e si sviluppano in contesti completamente differenti), oltre alle loro potenziali vittime.

    3.10.

    Un altro settore della proposta in esame per il quale il CESE deve muovere una critica è quello delle valutazioni ex post, delle consultazioni dei portatori di interessi e delle valutazioni d’impatto. Ovviamente, se ci si limita a considerare la questione dell’efficienza per quanto riguarda gli obiettivi degli strumenti, i costi, la logica, la pertinenza, la coerenza e la complementarità, la valutazione è positiva. Ciononostante, la relazione introduttiva non esamina se tali strumenti servono a migliorare non solo la cooperazione, lo scambio di conoscenze e di buone pratiche, nonché la fiducia tra le autorità, ma anche il trattamento delle questioni relative ai diritti fondamentali, a cui è dedicato soltanto un breve paragrafo (un impegno puramente formale) alla fine del capitolo 3.

    3.11.

    Visto che storicamente esiste un’antinomia tra sicurezza e diritti fondamentali, uno strumento come quello proposto, volto ad accrescere la sicurezza (senz’altro necessaria), deve prevedere anche obiettivi specifici per un maggiore rispetto dei diritti fondamentali senza pregiudicare la sicurezza. Non bisogna permettere che il rafforzamento della sicurezza vada a scapito dei diritti fondamentali.

    3.12.

    Un dato paese, sia esso uno Stato membro dell’Unione oppure un paese terzo, se non dimostra che le sue forze e i suoi organi di sicurezza intervengono in modo proporzionato, e/o non accetta di ricevere la formazione del caso o di essere soggetto a meccanismi di controllo delle sue azioni in questo campo, non deve ricevere finanziamenti dal Fondo e deve esserne escluso. L’osservanza delle norme minime in materia di rispetto dei diritti umani deve rappresentare una conditio sine qua non per poter ricevere il sostegno di altri Stati membri dell’UE, attraverso il Fondo Sicurezza interna oppure tramite qualsiasi altro meccanismo di solidarietà.

    3.13.

    Per quanto riguarda la questione della coerenza con altre politiche dell’Unione, occorre richiamare l’attenzione sulla necessità di sinergie e di un coordinamento con il Fondo Asilo, migrazione e integrazione, con il Fondo per la gestione integrata delle frontiere, nonché con l’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera (Frontex). Il funzionamento di questi fondi e l’operato di Frontex sono stati messi in discussione proprio in rapporto a tale questione, in quanto l’obiettivo della sicurezza è stato privilegiato in maniera eccessiva rispetto ad altri compiti che rientrano tra le responsabilità di tutte le autorità e istituzioni europee, a cui è già stato rivolto l’invito a prestare una maggiore attenzione a questo tema, dato che porta a garantire in misura migliore il rispetto dei diritti fondamentali.

    3.14.

    Il Fondo è e deve rimanere accessibile per sostenere azioni di cooperazione con i paesi terzi, ma le risorse finanziarie non possono essere assegnate direttamente alle autorità di questi paesi, bensì a progetti e programmi realizzati congiuntamente dalle autorità degli Stati membri e da quelle dei paesi terzi considerati. La cooperazione deve essere assolutamente subordinata al controllo dei finanziamenti accordati dal Fondo, al rispetto dei diritti umani da parte dei paesi beneficiari che sono partner nel quadro del rapporto di cooperazione e, soprattutto, al fatto che gli organismi che possono ricevere un finanziamento sono enti di diritto pubblico, che dipendono e sono gestiti dallo Stato. Bisogna assolutamente evitare che gli importi stanziati tramite il Fondo possano finanziare gruppi, piccoli o grandi che siano, non soggetti ad alcun controllo che potrebbero persino costituire un rischio per la sicurezza dei loro paesi o della stessa Unione.

    3.15.

    Gli strumenti internazionali in materia di diritto del mare, come la Convenzione di Ginevra sullo status dei rifugiati e il rimanente corpus normativo a protezione delle persone che si trovano nella difficile situazione di attraversare le frontiere tramite canali non convenzionali, impongono all’Unione e a tutti i suoi Stati membri di inserire il salvataggio in mare tra le principali preoccupazioni della politica di sicurezza delle frontiere, dando la debita accoglienza nei porti più vicini alle persone soccorse in mare e ai passeggeri clandestini delle navi, nel rispetto dei diritti fondamentali e applicando le procedure di respingimento o rimpatrio con le necessarie garanzie a tutela dei diritti di queste persone, in particolare il diritto al riconoscimento del loro status di rifugiati. Il Fondo di cui si propone l’istituzione deve perseguire anche queste finalità, sovvenendo finanziariamente alle necessità degli Stati e sostenendo la società civile, come indicato più sopra.

    Bruxelles, il 18 ottobre 2018

    Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

    Luca JAHIER


    (1)  COM(2018) 324 final.

    (2)  Articolo 3, paragrafi 1 e 2 della proposta.

    (3)  Relazione finale del gruppo di esperti ad alto livello della Commissione in materia di radicalizzazione (HLCEG-R).

    (4)  Pagina 3 della relazione introduttiva alla proposta della Commissione.

    (5)  Relazione finale del gruppo di esperti ad alto livello della Commissione in materia di radicalizzazione (HLCEG-R); raccomandazioni per i settori d’interesse politico. Nel punto 2.5, riguardante l’ideologia e la polarizzazione, il gruppo riconosce che occorre prestare attenzione anche all’ascesa dei movimenti di estrema destra e alla generale tendenza verso una polarizzazione della società.


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