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Document 52012PC0614
Proposal for a DIRECTIVE OF THE EUROPEAN PARLIAMENT AND OF THE COUNCIL on improving the gender balance among non-executive directors of companies listed on stock exchanges and related measures
Proposta di DIRETTIVA DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO riguardante il miglioramento dell’equilibrio di genere fra gli amministratori senza incarichi esecutivi delle società quotate in Borsa e relative misure
Proposta di DIRETTIVA DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO riguardante il miglioramento dell’equilibrio di genere fra gli amministratori senza incarichi esecutivi delle società quotate in Borsa e relative misure
/* COM/2012/0614 final - 2012/0299 (COD) */
Proposta di DIRETTIVA DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO riguardante il miglioramento dell’equilibrio di genere fra gli amministratori senza incarichi esecutivi delle società quotate in Borsa e relative misure /* COM/2012/0614 final - 2012/0299 (COD) */
RELAZIONE 1. CONTESTO DELLA PROPOSTA Antefatti I consigli delle società nell’UE sono
caratterizzati da persistenti disparità di genere, come dimostra il fatto che
solo il 13,7% dei posti di amministratore nelle maggiori società quotate in
Borsa sono attualmente occupati da donne (il 15% per quanto riguarda gli
amministratori non esecutivi)[1].
Rispetto ad altri settori della società, specialmente al settore pubblico[2], la sotto-rappresentanza delle
donne nei consigli delle imprese quotate è considerevole. Da decenni gli Stati membri e le istituzioni
dell’UE si impegnano a fondo per promuovere la parità di genere nel processo
decisionale dell'economia, in particolare per rafforzare la presenza femminile
nei consigli delle società, adottando raccomandazioni e incoraggiando
l’auto-regolamentazione. Due raccomandazioni del Consiglio (del 1984 e del 1996)
hanno incitato il settore privato ad aumentare la presenza delle donne a tutti
i livelli del processo decisionale, in particolare con programmi d’azioni
positive, ed hanno invitato la Commissione a prendere provvedimenti per
raggiungere una partecipazione di genere equilibrata al riguardo[3]. A livello nazionale, sono
state prese iniziative in materia di auto-regolamentazione e di governo
societario per spingere le imprese a nominare un maggior numero di donne ai
posti di responsabilità. I progressi verso una maggiore percentuale di
donne nei consigli delle società sono stati tuttavia molto lenti: negli anni
passati si è registrato un incremento medio annuo di soli 0,6 punti
percentuali[4].
Il tasso di miglioramento nei singoli Stati membri è stato diseguale e ha
prodotto risultati estremamente divergenti. Il progresso più significativo è
stato registrato negli Stati membri, e in altri paesi, in cui sono state
introdotte misure vincolanti[5].
Le iniziative di auto-regolamentazione intraprese in una serie di Stati membri
non hanno prodotto cambiamenti altrettanto significativi. A questo ritmo,
sarebbero necessari vari decenni per avvicinarsi alla parità di genere in tutta
l’UE. Dati gli approcci molto
diversi messi in atto dai singoli Stati membri, le crescenti discrepanze fra di
essi rischiano di accentuarsi. Alcuni di essi hanno legiferato in materia, ma
rivolgendosi a categorie di imprese differenti e con diversi approcci
giuridici. Le legislazioni nazionali, se mai affrontano il problema, evolvono
in direzioni diverse. Alcuni Stati membri hanno privilegiato un modello
“conformità o spiegazione”, in base al quale le società che non si attengono
all’obiettivo dell’equilibrio di genere sono tenute a spiegarne i motivi,
mentre altri hanno stabilito un obiettivo di equilibrio di genere assolutamente
vincolante dal punto di vista giuridico e corredato da sanzioni. Alcuni Stati
membri si rivolgono alle società quotate in Borsa, mentre altri si concentrano
sulle grandi imprese (quotate o meno), o solo sulle imprese pubbliche. Le
misure di alcuni Stati membri riguardano gli amministratori senza incarichi
esecutivi delle società quotate, mentre quelle di altri interessano gli amministratori
sia esecutivi che non esecutivi. L’assenza di
regolamentazione a livello nazionale o la differenza tra le normative non solo
portano a discrepanze nel numero di donne fra gli amministratori esecutivi e
non esecutivi, e a tassi di miglioramento diversi fra gli Stati membri, ma
costituiscono anche un problema a livello di mercato interno, imponendo alle
società europee quotate in Borsa requisiti divergenti in materia di governo
societario. Questi divari nell’evoluzione delle normative nazionali hanno
prodotto una frammentazione del quadro normativo nell’UE, che si traduce
nell’esistenza di obblighi giuridici incoerenti e difficilmente comparabili, in
una situazione confusa e in costi più elevati per le società, gli investitori e
le altre parti interessate, e che in ultima analisi ostacola il buon
funzionamento del mercato interno. In particolare, queste differenze negli
obblighi delle società, siano essi imposti per legge o auto-regolamentati,
possono causare complicazioni pratiche per le società quotate che operano a
livello transfrontaliero, specialmente in occasione della
costituzione di controllate o di fusioni e acquisizioni, così come per i
candidati ai posti nei consigli. L’attuale mancanza di trasparenza nelle
procedure di selezione e nei criteri di qualificazione per l’assegnazione dei
posti nei consigli nella maggior parte degli Stati membri costituisce una
grossa barriera all’introduzione di una maggiore diversità di genere fra i
membri dei consigli, e incide negativamente sulle carriere dei candidati a tali
posti e sulla loro libertà di circolazione, così come sulle decisioni degli
investitori. L'opacità dei procedimenti di nomina rende più difficile alle
donne in possesso delle qualifiche necessarie candidarsi nei consigli,
soprattutto in un altro Stato membro. La mancanza di trasparenza nei criteri di
qualificazione per i posti di amministratore può anche avere ripercussioni
negative sulla fiducia di coloro che investono in una società, specialmente in
situazioni transfrontaliere. La diffusione di informazioni rilevanti sulla
composizione di genere dei consigli si tradurrebbe in una maggiore
responsabilizzazione dell’impresa, in un processo decisionale più consapevole e
più solido, in un migliore stanziamento dei capitali e, in ultimo, in una crescita
e in un'occupazione maggiori e più sostenibili nell’UE. Il ricorso insufficiente alle capacità di
donne altamente qualificate costituisce una perdita in termini di potenziale di
crescita economica. Mobilitare pienamente tutte le risorse umane disponibili
sarebbe un elemento fondamentale per affrontare le sfide demografiche dell’UE,
per competere con successo in un’economia globalizzata e per garantire un
vantaggio comparativo nei confronti dei paesi terzi. Inoltre, lo squilibrio di
genere nei consigli delle società quotate dell’UE può essere un’occasione
mancata a livello dell’impresa in termini sia di governo societario che di
risultati finanziari dell’impresa[6].
Il nodo del problema è il persistere delle molteplici barriere che impediscono
alle donne altamente qualificate disponibili a svolgere compiti di
amministratore, sempre più numerose[7],
di ascendere agli alti livelli gerarchici delle società. La riluttanza a
nominare candidate donne nei consigli trova spesso le sue radici negli
stereotipi di genere in materia di assunzioni e promozioni, in una cultura
imprenditoriale dominata dagli uomini e nella mancanza di trasparenza delle
procedure di nomina nei consigli. Questi elementi, che, presi nel loro insieme,
vengono spesso indicati come il “soffitto di cristallo”, pregiudicano il
funzionamento ottimale del mercato del lavoro nell’UE per quanto riguarda i
quadri dirigenti. La persistente sotto-rappresentanza delle
donne è una componente cruciale di una generale mancanza di varietà nella
composizione dei consigli, con le relative conseguenze negative. Nei consigli
caratterizzati dalla predominanza di membri di un solo sesso è molto più
probabile riscontrare un “pensiero di gruppo” di scarsa apertura. Ciò può
contribuire a impedire che le decisioni di gestione siano effettivamente messe
in discussione, poiché la mancanza di punti di vista, valori e competenze
diversificati rischia di smorzare i dibattiti, impoverire le idee e scoraggiare
le critiche. L’insufficiente varietà nei consigli è legata principalmente al
fatto che il mercato non offre incentivi sufficienti affinché la situazione
cambi. A tale riguardo, l'inadeguatezza delle pratiche di nomina degli
amministratori contribuisce a perpetuare la scelta di candidati dal profilo
simile. La selezione spesso attinge a un gruppo troppo ristretto di persone:
gli amministratori non esecutivi sono spesso nominati attraverso una rete di
“vecchi amici”, ossia fra le conoscenze professionali e personali degli attuali
membri del consiglio. Il problema è accentuato dalla mancanza di trasparenza in
materia di diversità di genere: il livello delle informazioni, e la loro
disponibilità per i cittadini, sono spesso insufficienti. Per quanto riguarda gli obiettivi in materia
di composizione dei consigli, la trasparenza delle assunzioni e la
comunicazione di informazioni sulla diversità di genere, i problemi individuati
pregiudicano le prestazioni generali delle imprese, la loro
responsabilizzazione, la capacità degli investitori di valutare adeguatamente e
opportunamente tutte le informazioni rilevanti e di tenerne conto, e
l’efficienza dei mercati finanziari dell’UE. Di conseguenza, il potenziale del
mercato interno in termini di crescita e di occupazione sostenibili rischia di
non venire pienamente sfruttato. Sono quindi necessarie condizioni chiare che
disciplinino le soglie che le imprese devono raggiungere per quanto concerne la
rappresentanza di genere degli amministratori senza incarichi esecutivi, la
trasparenza delle procedure d’assunzione (criteri di qualificazione) e gli
obblighi di comunicazione sulla situazione relativa alla diversità di genere
nei consigli. Contesto politico Negli ultimi tempi, la questione del
rafforzamento della partecipazione delle donne ai processi decisionali in
ambito economico è diventata sempre più rilevante sulle scene nazionali,
europea e internazionale, soprattutto sotto l'aspetto della dimensione
economica della diversità di genere. La Commissione europea ha ribadito il proprio
sostegno a una maggiore presenza delle donne nelle posizioni di responsabilità,
sia nella Carta per le donne[8]
che nella Strategia per la parità tra donne e uomini 2010-2015[9]. Ha inoltre pubblicato varie
relazioni sullo stato della situazione[10].
Nel Patto europeo per la parità di genere 2011-2020,
adottato il 7 marzo 2011, il Consiglio ha riconosciuto che le politiche volte a
promuovere la parità di genere sono vitali per la crescita economica, la
prosperità e la competitività, e ha sollecitato azioni di promozione della pari
partecipazione di donne e uomini ai processi decisionali a tutti i livelli e in
tutti i settori, allo scopo di utilizzare pienamente tutti i talenti
disponibili. Il Parlamento europeo ha ripetutamente
esortato le imprese e gli Stati membri a incrementare la rappresentanza delle
donne negli organi decisionali e ha invitato la Commissione a proporre per via
legislativa delle quote per raggiungere la soglia fondamentale del 30% di presenza femminile negli organi di gestione entro il 2015, e del
40% entro il 2020[11]. Le parti sociali europee hanno ribadito il
proprio impegno a favore di ulteriori azioni in
quest’ambito nel loro programma di lavoro 2012-2014. Oggetto della proposta La proposta è intesa ad aumentare
sostanzialmente il numero delle donne nei consigli delle imprese nell’insieme
dell’UE, fissando un obiettivo minimo del 40% di presenza del sesso
sotto-rappresentato fra gli amministratori senza incarichi esecutivi delle
società quotate in Borsa e imponendo alle società che presentano una quota
inferiore di introdurre, nelle procedure di selezione per tali posti, criteri
prestabiliti, chiari, univoci e formulati in modo neutro, allo scopo di
raggiungere tale obiettivo. Scopo della proposta è promuovere la parità di
genere nei processi decisionali e permettere di utilizzare pienamente il vivaio
di competenze dei candidati ai fini di una rappresentanza più equilibrata di
uomini e donne nei consigli, contribuendo così agli obiettivi di Europa 2020.
La direttiva consentirà di infrangere le barriere che impediscono alle donne di
raggiungere posizioni di dirigenza, migliorando il governo societario e le
prestazioni delle imprese. Per garantire condizioni
uniformi ed evitare complicazioni pratiche per le società quotate nel mercato
interno è fondamentale introdurre un’armonizzazione minima, sia per quanto
riguarda l’obbligo, per le imprese quotate, di prendere le decisioni di nomina
in base a una valutazione comparativa oggettiva delle qualifiche dei candidati,
sia per quanto riguarda la fissazione di un obiettivo quantitativo relativo
all’equilibrio di genere fra gli amministratori senza incarichi esecutivi. L’obiettivo quantificato del 40% stabilito
dalla presente direttiva si applica solo agli amministratori senza incarichi
esecutivi, per raggiungere un compromesso fra l’esigenza di incrementare la
diversità di genere nei consigli, da un lato, e, dall’altro, la necessità di
ridurre al minimo l’ingerenza con la gestione quotidiana di una società. Gli
amministratori senza incarichi esecutivi e i consigli di sorveglianza hanno un
ruolo fondamentale nelle nomine ai massimi livelli di gestione e
nell’elaborazione della politica dell’impresa in materia di risorse umane. Una
maggiore presenza del sesso sotto-rappresentato fra gli amministratori senza
incarichi esecutivi avrà quindi positivi effetti a cascata sulla diversità di
genere in tutta la scala gerarchica. La proposta interessa le società quotate, per
la loro importanza economica e per la loro alta visibilità. Sono tali società a
fissare le norme del settore privato in generale. Esse tendono inoltre ad avere
consigli di maggiori dimensioni e hanno uno status giuridico simile in tutta
l’Unione, il che consente la necessaria comparabilità delle situazioni. L'obiettivo del 40% proposto come percentuale
minima per entrambi i sessi è in linea con le soglie attualmente in discussione
o già fissate in una serie di Stati membri dell’UE/paesi del SEE. Questa cifra
si colloca fra la “massa critica” minima del 30%, ritenuta necessaria per
sortire un effetto sostenibile sulle attività dei consigli, e la piena parità
di genere (50%). Coerenza con altre politiche e
obiettivi dell’Unione e con la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione
europea La parità tra donne e uomini è uno dei valori
fondanti dell’Unione e uno dei suoi obiettivi fondamentali ai sensi dell’articolo
2 e dell’articolo 3, paragrafo 3, del TUE. Ai sensi dell’articolo 8 del TFUE,
in tutte le sue azioni l’Unione mira ad eliminare le ineguaglianze, nonché a
promuovere la parità, tra uomini e donne. Importanti strumenti giuridici sono in vigore
per promuovere pari opportunità e parità di trattamento fra uomini e donne in
materia di occupazione e impiego, anche per quanto riguarda il lavoro autonomo[12]. La proposta è coerente con la Carta dei
diritti fondamentali dell’Unione europea (in appresso: la "Carta").
Contribuirà a promuovere i diritti fondamentali, in particolare quelli relativi
alla parità fra uomini e donne (articolo 23) e alla libertà professionale
(articolo 15). La proposta tocca anche la libertà
d’impresa (articolo 16) e il diritto di proprietà
(articolo 17), ma lo fa in modo giustificato: in linea col principio di
proporzionalità essa riguarda gli amministratori senza incarichi esecutivi,
che, pur svolgendo un ruolo importante, in particolare in relazione al governo
societario, non si occupano della gestione quotidiana delle attività. L’articolo 21, paragrafo 1, della Carta vieta,
in linea di principio, qualsiasi forma di discriminazione basata sul sesso.
L’articolo 23 riconosce, tuttavia, che il principio della parità non osta al
mantenimento o all’adozione di misure che prevedano vantaggi specifici a favore
del sesso sotto-rappresentato. Questo principio di azione positiva è
riconosciuto anche dall’articolo 157, paragrafo 4, del TFUE. La Corte di giustizia dell’Unione europea ha
stabilito i criteri da osservare per conciliare i due concetti di parità
formale di trattamento e di azione positiva volta a determinare una parità di
fatto. Entrambi questi concetti sono riconosciuti nella Carta così come
all’articolo 157 del TFUE e all’articolo 3 della direttiva
2006/54/CE. I criteri sono i seguenti: (1)
le misure devono riguardare un settore in cui le
donne siano sotto-rappresentate; (2)
si può dare la priorità alle candidate donne solo
se queste sono ugualmente qualificate rispetto ai candidati uomini; (3)
la priorità alle candidate donne ugualmente
qualificate non deve essere automatica e incondizionata: occorre
prevedere una “clausola di salvaguardia” che contempli la possibilità di
accordare eccezioni in casi giustificati che tengano conto delle circostanze
individuali, in particolare della situazione personale dei candidati. La proposta rispetta questi criteri (si veda
l’articolo 4, paragrafo 3). 2. RISULTATI DELLE CONSULTAZIONI CON LE
PARTI INTERESSATE E VALUTAZIONI D’IMPATTO Consultazione e ricorso al parere di
esperti Dal 5 marzo al 28 maggio 2012 la Commissione
ha organizzato una consultazione pubblica per raccogliere i pareri delle parti
interessate sull’opportunità di intraprendere una qualche azione per affrontare
il problema dello squilibrio di genere nei consigli delle società e, in caso
affermativo, che tipo d’azione. Delle 485 risposte, 161 sono state inviate da
privati cittadini e le restanti 324 erano ripartite come segue: 13 Stati
membri, 3 governi regionali, 6 città o comuni, 79 imprese (sia grandi imprese
quotate che PMI), 56 associazioni di imprese a livello UE e nazionale, 53 ONG
(la maggior parte organizzazioni femminili) e inoltre sindacati, associazioni
professionali, partiti politici, associazioni di investitori e azionisti,
attori del governo societario e altri. È emerso un ampio consenso quanto all’urgente
necessità di aumentare la proporzione delle donne nei consigli delle società.
La stragrande maggioranza di coloro che hanno risposto ha convenuto sul fatto
che la diversità di genere fra i dipendenti delle imprese e nelle strutture dei
consigli è un motore di innovazione, creatività, buona governance ed espansione
di mercato delle imprese, e che sarebbe miope lasciare inutilizzato il
potenziale economico rappresentato dalle donne qualificate. Diversi sono i
punti di vista delle parti interessate quanto al modo appropriato per apportare
un cambiamento: mentre alcuni – soprattutto esponenti del mondo imprenditoriale
– sono a favore del mantenimento di un’auto-regolamentazione, altri, fra cui
sindacati, organizzazioni femminili, altre ONG e un certo numero di autorità
regionali e municipali, sostengono un approccio più ambizioso che rivesta la
forma di obiettivi vincolanti. Alcuni hanno suggerito di concentrarsi in primo
luogo sugli amministratori senza incarichi esecutivi e sui consigli di
sorveglianza, poiché ciò costituirebbe un’ingerenza meno significativa nella
gestione quotidiana delle imprese, rimandando a una fase successiva la
questione degli amministratori con incarichi esecutivi. Da un sondaggio Eurobarometro del 2011[13] è emerso che l’88% degli
europei pensa che le donne debbano essere equamente rappresentate negli organi
direttivi delle imprese. Davanti alla possibilità di scegliere fra tre opzioni
per raggiungere l’equilibrio di genere nei consigli delle imprese, i pareri si
dividono fra l'auto-regolamentazione delle imprese stesse (31%), misure
giuridicamente vincolanti (26%), e misure non vincolanti come Carte e Codici di
governo societario (20%). Il 75% degli europei è comunque a favore
dell’adozione di una normativa, purché vengano prese in considerazione le
qualifiche e non sia automaticamente favorito uno dei sessi. Valutazione d’impatto La valutazione d’impatto ha analizzato cinque
opzioni, ampiamente descritte nella corrispondente relazione: –
opzione 1: scenario di
base (cioè nessuna ulteriore azione a livello UE); –
opzione 2:
raccomandazione della Commissione che incoraggi gli Stati membri a raggiungere,
entro il 2020, l’obiettivo del 40% almeno di rappresentanza di entrambi i sessi
nei consigli di amministrazione; –
opzione 3: direttiva
che introduca come obiettivo vincolante, entro il 2020, il 40% almeno di
rappresentanza di entrambi i sessi fra gli amministratori senza incarichi
esecutivi; –
opzione 4: direttiva
che introduca, come obiettivo vincolante, il 40% almeno di rappresentanza di
entrambi i sessi, entro il 2020, per gli amministratori senza incarichi
esecutivi, e un obiettivo flessibile per gli amministratori con incarichi
esecutivi, che sarebbe fissato dalle stesse società; –
opzione 5: direttiva
che introduca come obiettivo vincolante, entro il 2020, il 40% di
rappresentanza di entrambi i sessi nei consigli, per gli amministratori sia
esecutivi che non esecutivi. Dal confronto tra le conseguenze delle varie
opzioni è emerso che: (i) le misure vincolanti sono più efficaci per realizzare
gli obiettivi rispetto alle misure non vincolanti; (ii) le misure che
interessano gli amministratori sia esecutivi che non esecutivi sono più
efficaci delle misure che riguardano un solo gruppo; (iii) le misure vincolanti
producono maggiori vantaggi a livello sociale ed economico rispetto alle misure
non vincolanti. Al tempo stesso, l’efficacia delle varie
opzioni è direttamente legata a quanto esse interferiscono con i diritti delle
società e degli azionisti in quanto proprietari, ivi compresi i loro diritti
fondamentali. Rispetto a una misura non vincolante con un effetto concreto, ma
comunque limitato, uno strumento vincolante che prescriva requisiti minimi per
la composizione dei consigli eserciterebbe un impatto più sostanziale in
termini di obiettivi perseguiti. Misure vincolanti comporterebbero costi e
oneri amministrativi comparativamente più significativi, che rimarrebbero
comunque piuttosto modesti considerati i benefici economici previsti. Si
prevedono oneri amministrativi minimi per tutte le opzioni, dato che queste
riguarderebbero solo le società quotate, che dovrebbero potersi avvalere di
meccanismi già esistenti per gli obblighi di comunicazione e di informazione. La presente proposta opta per la maggiore
efficacia degli obiettivi fissi, e per i benefici economici e sociali più ampi
che ne deriverebbero, per quanto riguarda gli amministratori senza incarichi
esecutivi: tali vantaggi giustificano un maggiore livello di interferenza con i
diritti fondamentali. La proposta non intende invece stabilire un obiettivo
vincolante fisso per gli amministratori con incarichi esecutivi, data la
maggiore necessità di conoscenze ed esperienze specifiche che richiede la
gestione quotidiana di un’impresa. Tuttavia, le imprese dovrebbero essere
tenute ad assumere impegni per quanto riguarda gli amministratori con incarichi
esecutivi, che rispecchino le loro specificità, e a riferire in merito
all’osservanza di tali impegni. La proposta si basa quindi sull’opzione 4. 3. ELEMENTI GIURIDICI DELLA PROPOSTA Base giuridica L’articolo 157, paragrafo 3, del TFUE è la
base giuridica per ogni misura vincolante volta ad assicurare l’applicazione
del principio delle pari opportunità e della parità di trattamento tra uomini e
donne in materia di occupazione e impiego, inclusa l’azione positiva. La proposta si basa sull’articolo 157,
paragrafo 3, del TFUE. Sussidiarietà Le misure introdotte da alcuni Stati membri
per rafforzare l’equilibrio di genere nei consigli delle società sono molto
diverse tra loro; molti Stati membri, soprattutto quelli in cui la proporzione
di donne fra gli amministratori è molto bassa, non hanno intrapreso alcuna
azione in proposito, per mancanza di volontà o per le resistenze incontrate.
Variano tra uno Stato membro e l'altro anche le percentuali di donne nei
consigli (l’indicatore chiave va dal 3% al 27%), il che compromette il
raggiungimento dell’obiettivo fondamentale della parità di genere nei processi
decisionali in ambito economico nell’insieme dell’Unione. Le proiezioni presentate nella relazione della
valutazione d’impatto - basate su ampie informazioni sulle iniziative
legislative e di auto-regolamentazione esistenti o previste in quest’ambito in
tutti gli Stati membri - mostrano che, in assenza di un’azione dell’UE, la
rappresentanza femminile nei consigli delle società quotate passerebbe
presumibilmente dal 13,7% nel 2012 al 20,4% (20,84% escludendo le PMI) nel 2020
in tutta l’UE. Solo uno Stato membro (la Francia) avrà raggiunto una
percentuale di rappresentanza femminile nei consigli del 40% entro il 2020, e
questo a seguito dell’adozione di una normativa nazionale che impone
l’osservanza di una quota. Si prevede che solo altri 7 Stati membri - Finlandia, Lettonia, Paesi Bassi, Slovacchia, Spagna, Danimarca e
Svezia – raggiungano il 40% entro il 2035. Oltre ad essere
insoddisfacente in una prospettiva di parità di genere, questa situazione non
sarebbe sufficiente a far raggiungere, nei consigli dell’Unione, la “massa critica”
di donne che, come mostrano gli studi, è necessaria per generare effetti
positivi sulle prestazioni delle imprese. In base a questo scenario, nell’UE
nel suo insieme probabilmente non si raggiungerebbe la proporzione del 40% di
donne nei consigli neanche entro il 2040. Indipendentemente dal fatto che gli
Stati membri possano in generale prendere iniziative efficaci, le loro
indicazioni concrete quanto alle loro intenzioni, comprese le loro risposte
alla consultazione pubblica e le proiezioni basate su tutte le informazioni
disponibili, dimostrano chiaramente che le azioni intraprese da ognuno di essi
singolarmente non permetteranno di raggiungere l’obiettivo di una più
equilibrata rappresentanza uomo-donna nei consigli in linea con gli obiettivi
fissati nella presente proposta, né entro il 2020 né in un prossimo futuro. Questa situazione comporta un certo numero di
rischi per il raggiungimento dell’obiettivo fondamentale della parità di genere
nell’Unione. I trattati istitutivi intendevano creare condizioni di concorrenza
uniformi fra gli Stati membri sancendo il principio della parità di
retribuzione e della parità di genere sul mercato del lavoro, per evitare ogni
concorrenza al ribasso fra di essi in materia di lavoro e di pari trattamento.
Gli Stati membri, in effetti, possono essere riluttanti a legiferare di loro
propria iniziativa in questo settore, poiché avvertono il rischio che le loro
imprese si trovino svantaggiate rispetto a quelle di altri Stati membri. Questa
percezione, rafforzata dalla pressione esercitata dal mondo imprenditoriale,
rappresenta un ulteriore grosso ostacolo che frena gli Stati membri
nell’adozione di misure adeguate. Inoltre, normative nazionali frammentarie e
divergenti causano inevitabilmente problemi pratici per il funzionamento del
mercato interno. L’esistenza di disposizioni di diritto societario diverse e di
sanzioni differenti in caso di inosservanza di eventuali quote nazionali
vincolanti (ad esempio l’esclusione dalle gare pubbliche d’appalto) potrebbero
complicare la vita aziendale e avere un effetto deterrente sugli investimenti
transfrontalieri delle imprese e sulla creazione di controllate in altri Stati
membri. Norme divergenti, o l’assenza di regole sulle procedure di selezione
per le posizioni chiave di amministratore non esecutivo, senza alcuna norma
minima, e l’effetto di tali discrepanze sul governo societario e sulla
valutazione del governo societario da parte degli investitori, potrebbero
provocare ulteriori problemi per il funzionamento del mercato interno. Il potenziale di competitività e di crescita
insito nel pieno utilizzo del serbatoio di talenti rappresentato dalle donne
più qualificate per i posti di amministratore potrebbe essere sfruttato più
efficacemente, per motivi di scala, se tutti gli Stati membri si impegnassero
in tale direzione, specialmente quelli che registrano attualmente risultati
esigui e in cui non è stata assunta, o presa in considerazione, alcuna
iniziativa. Solo una misura a livello dell’UE può contribuire effettivamente a
garantire condizioni uniformi in tutta l’Unione e ad evitare complicazioni
pratiche nella vita aziendale, grazie a un’armonizzazione minima dei requisiti
di governo societario che pongano criteri obiettivi di qualificazione alla base
delle decisioni di nomina, allo scopo di raggiungere l’equilibrio di genere fra
gli amministratori senza incarichi esecutivi. Si può pertanto concludere che gli obiettivi
dell’azione prevista non possono essere raggiunti in modo sufficiente dai
singoli Stati membri e possono essere realizzati meglio attraverso un’azione
coordinata a livello UE piuttosto che con iniziative nazionali di portata,
ambizione ed efficacia diverse. La proposta rispetta pertanto il principio di
sussidiarietà. Proporzionalità Le misure non vincolanti, come le precedenti
raccomandazioni dell’UE e gli inviti all’auto-regolamentazione, non hanno
realizzato – né ci si può aspettare che realizzino – l’obiettivo di migliorare
la parità di genere nei processi decisionali in ambito economico dell’Unione.
Per raggiungere questi scopi è quindi necessario intraprendere, a livello
dell’UE, un’azione di più vasta portata. Ciò non dovrebbe comunque andare al di
là di quanto strettamente necessario per ottenere un progresso sostenibile
nella percentuale di donne nei consigli, senza ingerenze nel funzionamento
delle società private e nell’economia di mercato. La presente proposta di armonizzazione minima
si limita a fissare obiettivi comuni, lasciando agli Stati membri sufficiente
libertà di stabilire come realizzarli al meglio a livello nazionale tenuto
conto del contesto nazionale, regionale e locale, compreso il diritto
societario e le prassi di nomina nei consigli. In particolare, si prevede di
apportare al diritto societario nazionale solo le modifiche strettamente necessarie
per un’armonizzazione minima dei requisiti per le decisioni di nomina, e
rispettando le diverse strutture dei consigli delle imprese negli Stati membri.
La proposta non riguarda le piccole e medie imprese (PMI), per le quali tali
misure potrebbero rappresentare un onere sproporzionato. Inoltre, come spiegato
sopra, la proposta fissa obiettivi quantitativi solo per gli amministratori
senza incarichi esecutivi, limitando quindi considerevolmente l’ingerenza nella
gestione quotidiana delle imprese. Poiché gli amministratori senza incarichi
esecutivi svolgono principalmente funzioni di sorveglianza, è anche più facile
sceglierli tra candidati qualificati esterni all’impresa o allo specifico
settore – considerazione importante per le aree economiche in cui un
determinato sesso è particolarmente sotto-rappresentato nell'ambito del
personale. La natura temporanea della direttiva proposta
(vedi articolo 10) rafforza il rispetto dei principi di sussidiarietà e di
proporzionalità. Scelta dello strumento La direttiva è lo strumento che meglio
garantisce un livello minimo e uniforme di diversità di genere fra gli
amministratori senza incarichi esecutivi nei consigli delle società quotate
nell’UE, consentendo al tempo stesso agli Stati membri di adattare i dettagli
della normativa alle loro specifiche situazioni in termini di diritto
societario nazionale e di scegliere le modalità di attuazione e le sanzioni più
opportune. Essa consente inoltre ai singoli Stati membri che lo desiderano di
andare oltre le norme minime. Spazio economico europeo Il testo presenta interesse per lo Spazio
economico europeo e la direttiva sarà applicabile agli Stati non UE dello
Spazio economico europeo a seguito di una decisione del comitato misto SEE. 4. INCIDENZA SUL BILANCIO Nessuna. 5. SPIEGAZIONE DETTAGLIATA DELLE
DISPOSIZIONI SPECIFICHE Articolo 1 - Scopo Questa disposizione enuncia lo scopo della
direttiva. Articolo 2 - Definizioni L’articolo 2 contiene le principali
definizioni, che sono basate su quelle figuranti nella raccomandazione 2005/162/CE
della Commissione sul ruolo degli amministratori senza incarichi esecutivi o
dei membri del consiglio di sorveglianza delle società quotate e sui comitati
del consiglio d’amministrazione o di sorveglianza[14], nella raccomandazione 2003/361/CE
della Commissione, del 6 maggio 2003, relativa alla definizione delle
microimprese, piccole e medie imprese[15]
per quanto riguarda la definizione delle PMI, e nella direttiva 2006/111/CE
della Commissione, del 16 novembre 2006, relativa alla trasparenza delle
relazioni finanziarie tra gli Stati membri e le loro imprese pubbliche e alla
trasparenza finanziaria all'interno di talune imprese[16], per quanto attiene alla
definizione di imprese pubbliche. Le definizioni garantiscono in particolare che
la direttiva si applichi uniformemente ai vari tipi di strutture dei consigli
delle società quotate esistenti negli Stati membri, cioè ai sistemi dualistici
in cui vi sono consigli separati di gestione e di sorveglianza, ai sistemi
monistici in cui le funzioni di gestione e di sorveglianza convergono in un
solo consiglio, così come a strutture miste che presentano elementi del sistema
monistico e del sistema dualistico o che permettono alle imprese di scegliere
fra vari modelli. La definizione di “amministratore” precisa che
gli obiettivi fissati dalla direttiva riguardano tutti gli amministratori senza
incarichi esecutivi, compresi i rappresentanti dei lavoratori, negli Stati
membri in cui una certa proporzione di amministratori senza incarichi esecutivi
può o deve essere nominata o eletta dal personale della società e/o dalle
organizzazioni dei lavoratori conformemente al diritto interno o alle prassi
nazionali, mentre le procedure pratiche per garantire la realizzazione degli
obiettivi della direttiva dovrebbero essere definite dagli Stati membri
interessati (vedi considerando 21). Articolo 3 - Esclusione delle piccole e
medie imprese L’articolo esclude dal campo d’applicazione
della direttiva società quotate che siano piccole e medie imprese (“PMI”) ai
sensi della raccomandazione 2003/361/CE della Commissione, del 6 maggio 2003,
relativa alla definizione delle microimprese, piccole e medie imprese[17]. Articolo 4 - Obiettivi riguardanti gli
amministratori senza incarichi esecutivi Il paragrafo 1 obbliga le società quotate in
cui la presenza del sesso sotto-rappresentato, fra gli amministratori senza
incarichi esecutivi, non raggiunga almeno il 40% a procedere alle nomine per
tali posti sulla base di un’analisi comparativa delle qualifiche di ciascun
candidato, applicando criteri prestabiliti, chiari, univoci e formulati in modo
neutro, per raggiungere la percentuale sopra indicata entro il 1° gennaio 2020.
Un termine più breve (1° gennaio 2018) per il raggiungimento di questo
obiettivo è fissato per le società quotate che siano imprese pubbliche ai sensi
dell’articolo 2, lettera b), della direttiva 2006/111/CE della Commissione, del
16 novembre 2006, relativa alla trasparenza delle relazioni finanziarie tra gli
Stati membri e le loro imprese pubbliche e alla trasparenza finanziaria
all’interno di talune imprese[18].
Gli Stati membri esercitano un’influenza dominante sulle imprese pubbliche e
hanno quindi a disposizione un maggior numero di strumenti per produrre
cambiamenti in modo più rapido. Il paragrafo 2 specifica il metodo di calcolo
del numero esatto dei posti di amministratore senza incarichi esecutivi
necessari per raggiungere l’obiettivo di cui al paragrafo 1. Tale numero
dev’essere quello più vicino al 40%, al di sotto o al di sopra di tale soglia.
Al tempo stesso, tuttavia, per evitare eccessive costrizioni, le società
quotate non devono essere obbligate a destinare al sesso sotto-rappresentato la
metà o più dei posti di amministratore senza incarichi esecutivi. Il paragrafo 3 impone una regola di preferenza
per raggiungere l’obiettivo di cui al paragrafo 1. Conformemente a tale
regola, in presenza di candidati di entrambi i sessi aventi pari qualifiche
verrà data la priorità al candidato del sesso sotto-rappresentato, a meno che
una valutazione obiettiva che tenga conto di tutti i criteri relativi ai
singoli candidati non faccia propendere per il candidato dell’altro sesso.
Questo requisito procedurale è necessario per garantire la conformità degli
obiettivi con la giurisprudenza[19]
della Corte di giustizia dell’Unione europea in materia di azione positiva. Le
condizioni stabilite in questo paragrafo dovranno essere soddisfatte a uno
stadio adeguato della procedura di selezione, a seconda delle disposizioni di
diritto nazionale e dello statuto delle società quotate. Il paragrafo 4 impone un obbligo di
comunicazione e una disposizione in materia di onere della prova applicabile in
caso di contestazione della procedura di selezione da parte di un candidato
respinto. Il paragrafo 5 prevede la possibilità di
giustificare l’inosservanza dell’obiettivo qualora il sesso sotto-rappresentato
costituisca meno del 10% del personale. Il paragrafo 6 prevede che l’obiettivo di cui
al paragrafo 1 possa essere considerato realizzato quando gli appartenenti al
sesso sotto-rappresentato occupano almeno un terzo di tutti i posti di
amministratore, che si tratti di amministratori con incarichi esecutivi o senza
incarichi esecutivi. Articolo 5 – Misure supplementari da parte
delle società e obblighi di informazione Il paragrafo 1 impone alle società quotate di
assumere impegni individuali in materia di rappresentanza di entrambi i sessi
fra gli amministratori con incarichi esecutivi e di realizzarli entro il 1°
gennaio 2020, o entro il 1° gennaio 2018 nel caso di società quotate che sono
imprese pubbliche. Il paragrafo 2 fa obbligo alle società quotate
di fornire e pubblicare informazioni, su base annuale, sulla composizione di
genere dei loro consigli e sull’osservanza dell’articolo 4, paragrafo 1, e
dell’articolo 5, paragrafo 1. Il paragrafo 3 impone alle società quotate che
non soddisfano gli obiettivi relativi agli amministratori senza incarichi
esecutivi o gli impegni riguardanti gli amministratori con incarichi esecutivi
l’obbligo supplementare di spiegarne le ragioni e di descrivere le misure prese
e previste per rispettare gli obiettivi o gli impegni in futuro. Il paragrafo 4 riguarda le competenze degli
organismi nazionali per la parità previsti dalla direttiva 2006/54/CE. Articolo 6 - Sanzioni L’articolo fa obbligo agli Stati membri di
definire un regime di sanzioni effettive, proporzionate e dissuasive
applicabile in caso di violazione della direttiva. Un elenco non esaustivo di
possibili misure concrete figura al paragrafo 2. Articolo 7 - Requisiti minimi Questa disposizione enuncia la natura di
armonizzazione minima della direttiva. Articolo 8 – Attuazione Gli Stati membri sono tenuti ad adottare le
misure di attuazione della direttiva entro due anni dalla data di adozione di
quest'ultima. L’articolo specifica poi gli obblighi relativi a tali misure, che
devono essere comunicate alla Commissione. Il paragrafo 3 consente agli Stati
membri che prima dell'entrata in vigore della direttiva hanno già adottato
misure ai fini di una più equilibrata rappresentanza uomo-donna fra gli amministratori
senza incarichi esecutivi delle società quotate, di sospendere l'applicazione
dei requisiti procedurali relativi alle nomine di cui all'articolo 4, paragrafi
1, 3, 4 e 5, purché possano dimostrare che le misure adottate siano di
efficacia equivalente ai fini della realizzazione dell'obiettivo di cui
all'articolo 4, paragrafo 1. Articoli 9, 10 e 11 - Riesame; entrata in
vigore e scadenza; destinatari La direttiva impone agli Stati membri
l’obbligo di presentare relazioni. La Commissione è tenuta a riesaminare
l’applicazione della direttiva ed a riferire al riguardo ogni due anni,
specificando in particolare se gli obiettivi stabiliti siano stati raggiunti. Gli obiettivi restano validi solo fino a
quando non si realizzino progressi sostenibili nella composizione di genere dei
consigli. La direttiva contiene a tal fine una “clausola di caducità”. 2012/0299 (COD) Proposta di DIRETTIVA DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL
CONSIGLIO riguardante il miglioramento dell’equilibrio
di genere fra gli amministratori senza incarichi esecutivi delle società
quotate in Borsa e relative misure (Testo rilevante ai fini del SEE) IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO
DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento
dell’Unione europea, in particolare l’articolo 157, paragrafo 3, vista la proposta della Commissione
europea, previa trasmissione del progetto di atto
legislativo ai parlamenti nazionali, visto il parere del Comitato economico e
sociale europeo[20], deliberando secondo la procedura
legislativa ordinaria, considerando quanto segue: (1) La parità tra donne e uomini
è uno dei valori fondanti dell’Unione e uno dei suoi obiettivi fondamentali ai
sensi dell’articolo 2 e dell’articolo 3, paragrafo 3, del trattato sull’Unione
europea. Ai sensi dell’articolo 8 del trattato sul funzionamento dell’Unione
europea (in appresso “il trattato”), nelle sue azioni l’Unione mira ad
eliminare le ineguaglianze, nonché a promuovere la parità, tra uomini e donne.
L’articolo 157, paragrafo 3, del trattato fornisce la base giuridica per l’adozione
di misure dell’Unione volte ad assicurare l’applicazione del principio delle
pari opportunità e della parità di trattamento tra uomini e donne in materia di
occupazione e impiego. (2) Il principio dell’azione
positiva e la sua importanza per l’instaurazione di un’effettiva e concreta
parità fra donne e uomini sono riconosciuti all’articolo 157, paragrafo 4, del
trattato e all’articolo 23 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione
europea, secondo il quale la parità tra uomini e donne deve essere assicurata
in tutti i campi e il principio della parità non osta al mantenimento o
all’adozione di misure che prevedano vantaggi specifici a favore del sesso
sotto-rappresentato. (3) La raccomandazione 84/635/CEE
del Consiglio, del 13 dicembre 1984, sulla promozione di azioni positive a
favore delle donne[21],
ha esortato gli Stati membri a fare in modo che l’azione positiva comprenda,
per quanto possibile, azioni riguardanti la partecipazione attiva delle donne
agli organi decisionali. Secondo la raccomandazione 96/694/CE del Consiglio,
del 2 dicembre 1996, riguardante la partecipazione delle donne e degli uomini
al processo decisionale[22],
gli Stati membri dovrebbero incoraggiare il settore privato a rafforzare la
presenza femminile a tutti i livelli decisionali, soprattutto mediante
l'adozione di piani di parità e programmi di azioni positive o nel quadro dei
medesimi. (4) Negli ultimi anni la
Commissione europea ha presentato varie relazioni sulla situazione relativa
alla diversità di genere nei processi decisionali in ambito economico[23]. La Commissione ha
incoraggiato le società quotate dell’Unione europea ad aumentare il numero di
donne nei loro consigli attraverso misure di auto-regolamentazione e ad
assumere su base volontaria impegni concreti al riguardo[24]. Nella Carta per le donne[25] del 5 marzo 2010, la
Commissione europea ha sottolineato che le donne non hanno ancora pieno accesso
alla condivisione del potere e della capacità decisionale nella vita politica
ed economica, e ha ribadito l’impegno a fare uso delle sue competenze per
promuovere una rappresentanza più equa di donne e uomini ai posti di
responsabilità. Il miglioramento dell’equilibrio di genere nei processi
decisionali figura fra le azioni prioritarie della Strategia della Commissione
per la parità tra donne e uomini 2010-2015[26].
(5) Nel Patto europeo per la
parità di genere 2011-2020, adottato il 7 marzo 2011, il Consiglio ha
riconosciuto che le politiche volte a promuovere la parità di genere sono
vitali per la crescita economica, la prosperità e la competitività, ha ribadito
l’impegno a colmare i divari di genere per realizzare gli obiettivi della
strategia Europa 2020, soprattutto in tre settori di grande importanza per la
parità di genere, vale a dire l’occupazione, l’istruzione e la promozione
dell’inclusione sociale, e ha sollecitato azioni dirette a promuovere la pari
partecipazione di donne e uomini ai processi decisionali a tutti i livelli e in
tutti i settori, per utilizzare pienamente tutti i talenti disponibili. (6) Il Parlamento europeo, nella
sua risoluzione del 6 luglio 2011[27]
sulle donne e la direzione delle imprese, ha incitato le imprese a raggiungere
entro il 2015 la soglia critica del 30% di donne negli organi di gestione ed
entro il 2020 quella del 40%, e ha chiesto alla Commissione di proporre entro
il 2012 un intervento legislativo (quote incluse) nel caso in cui le misure
adottate dalle imprese e dagli Stati membri risultassero inadeguate. Il
Parlamento europeo ha ribadito tale richiesta d’intervento normativo nella sua
risoluzione del 13 marzo 2012 sulla parità tra donne e uomini nell’Unione
europea – 2011[28]. (7) L’utilizzo efficiente del
capitale umano è il fattore più importante della competitività di un’economia
ed è fondamentale per affrontare le sfide demografiche dell’UE, per competere
con successo in un’economia globalizzata e per garantire un vantaggio
comparativo rispetto ai paesi terzi. Il numero di donne dotate di un elevato
livello di istruzione e di qualifiche cresce sempre di più, come dimostra il
fatto che il 60% delle persone laureate è di sesso femminile. Continuare a non
attingere a questo vivaio nell’ambito dei procedimenti di nomina ai posti
decisionali in campo economico significherebbe rinunciare a sfruttare appieno
un capitale umano di grande competenza. (8) A livello delle imprese è
largamente riconosciuto che la presenza di donne nei consigli migliora il
governo societario: i risultati di squadra e la qualità del processo
decisionale sono difatti rafforzati da una mentalità più collettiva e più
diversificata, che assorbe una gamma più ampia di prospettive e permette quindi
di raggiungere decisioni più equilibrate. Numerosi studi hanno inoltre mostrato
che esiste una correlazione positiva fra la diversità di genere a livello di
alta dirigenza e i risultati finanziari e la redditività di un’impresa.
Aumentare la rappresentanza delle donne nei consigli delle società quotate
nell’Unione può quindi avere un impatto positivo sul loro andamento. (9) Esistono inoltre elementi che
dimostrano che l’uguaglianza sul mercato del lavoro può migliorare
sostanzialmente la crescita economica. Rafforzare la presenza femminile nei
consigli delle società quotate dell’Unione non solo ha effetti positivi sulle
donne che vengono nominate, ma contribuisce anche ad attirare talenti femminili
nelle imprese e a garantire una maggiore presenza delle donne a tutti i
livelli, dirigenti e dipendenti. Pertanto, una maggiore percentuale di donne
nei consigli delle società ha l’effetto positivo di colmare il divario
occupazionale fra i generi e la disparità retributiva. Utilizzare pienamente i
talenti femminili esistenti permetterebbe agli individui e alla collettività di
trarre vantaggi nettamente superiori dall'istruzione. Il fatto che le donne
siano sotto-rappresentate nei consigli delle società quotate dell’UE
costituisce un’occasione mancata di raggiungimento di una crescita sostenibile
a lungo termine per le economie degli Stati membri in generale. (10) Nonostante la legislazione
europea in vigore destinata a prevenire e contrastare la discriminazione
sessuale, nonostante le raccomandazioni del Consiglio specificamente volte ad
aumentare la presenza delle donne nelle sedi decisionali economiche e
nonostante le azioni di incoraggiamento all’auto-regolamentazione intraprese a
livello dell’Unione, le donne continuano ad essere di gran lunga inferiori
numericamente agli uomini nei più alti organi decisionali delle imprese in
tutta l’UE. Nel settore privato e specialmente nelle società quotate, questo
squilibrio di genere è particolarmente significativo e accentuato. Il
principale indicatore della Commissione sulla rappresentanza di genere nei
consigli delle società mostra che la proporzione di donne partecipanti ai
processi decisionali ad alto livello rimane molto bassa. Nel gennaio 2012 le
donne occupavano in media solo il 13,7% dei posti nei consigli delle maggiori
società quotate degli Stati membri. Fra gli amministratori senza incarichi
esecutivi, le donne rappresentavano solo il 15%. (11) La proporzione di donne nei
consigli delle società si accresce molto lentamente: negli ultimi anni si è
registrato un aumento medio annuo di appena 0,6 punti percentuali. Il tasso di
miglioramento varia da uno Stato membro all’altro e ha prodotto risultati
fortemente divergenti. Progressi molto più significativi sono stati registrati
negli Stati membri che hanno introdotto misure vincolanti. Dati gli approcci molto diversi messi in atto dai singoli
Stati membri per aumentare la rappresentanza delle donne nei loro consigli, le
crescenti discrepanze fra di essi rischiano di accentuarsi. (12) La
regolamentazione frammentata e divergente, o l’assenza di regolamentazione, a
livello nazionale, per quanto riguarda l’equilibrio di genere nei consigli
delle società quotate, non solo produce discrepanze nel numero di donne fra gli
amministratori senza incarichi esecutivi e tassi di miglioramento diversi nei
vari Stati membri, ma può anche rappresentare un ostacolo al mercato interno,
imponendo alle imprese europee quotate requisiti divergenti in materia di
governo societario. Queste differenze negli obblighi delle società, siano essi
imposti per legge o auto-regolamentati, possono causare complicazioni pratiche
per le società quotate che operano a livello transfrontaliero, specialmente in
occasione della costituzione di controllate o di fusioni e acquisizioni, così
come per i candidati ai posti nei consigli. (13) L’attuale mancanza di
trasparenza nelle procedure di selezione e nei criteri di qualificazione per
l’assegnazione dei posti nei consigli nella maggior parte degli Stati membri
costituisce una grossa barriera all’introduzione di una maggiore diversità di
genere fra i membri dei consigli e incide negativamente sia sulle carriere dei
candidati a tali posti, sia sulla libertà di circolazione, così come sulle decisioni
degli investitori. Una tale opacità impedisce a potenziali candidati di
presentare domanda per posti di amministratore per i quali le loro qualifiche
sarebbero fortemente necessarie e di contestare decisioni di nomina dettate da
discriminazioni di genere, limitando così la libertà di circolazione nel
mercato interno. Le varie strategie degli investitori, d’altro lato, richiedono
informazioni legate anche alla capacità e alla competenza dei membri dei
consigli: una maggiore trasparenza nei criteri di qualificazione e nelle
procedure di selezione per i posti di amministratore permetterebbe agli
investitori di valutare meglio la strategia della società e di adottare
decisioni con cognizione di causa. (14) La presente direttiva non
intende armonizzare in dettaglio le normative nazionali sulle procedure di
selezione e sui criteri di qualificazione ai posti di amministratore; è
tuttavia necessario introdurre norme minime che obblighino le imprese quotate
prive di una rappresentanza di genere equilibrata a fondare le decisioni di
nomina degli amministratori senza incarichi esecutivi su
una valutazione comparativa oggettiva delle qualifiche dei candidati in
termini di idoneità, competenza e rendimento professionale, per raggiungere
l’equilibrio di genere in tale categoria di amministratori. Solo una misura a
livello dell’UE può contribuire effettivamente a garantire condizioni uniformi
in tutta l’Unione e ad evitare complicazioni pratiche nella vita aziendale. (15) La strategia Europa 2020 per
una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva[29] indica una maggiore
partecipazione delle donne al mercato del lavoro come presupposto fondamentale
per rilanciare la crescita e per affrontare le sfide demografiche in Europa. La
strategia stabilisce fra gli obiettivi principali il raggiungimento, entro il 2020,
di un tasso di occupazione del 75% per donne e uomini di età compresa tra 20 e 64
anni, finalità che può essere realizzata solo in presenza di un chiaro impegno
a favore dell’uguaglianza di genere e di un’intensificazione degli sforzi per
eliminare tutte le barriere alla partecipazione delle donne al mercato del
lavoro. L’attuale crisi economica ha accentuato l’esigenza sempre maggiore in
Europa di poter fare affidamento sulla conoscenza, la competenza e l’innovazione,
e di sfruttare appieno il vivaio di talenti disponibili. Si prevede che il
rafforzamento della partecipazione delle donne ai processi decisionali in
ambito economico, in particolare nei consigli, abbia ripercussioni positive
sull’occupazione femminile nelle imprese interessate e sull’economia in
generale. (16) Occorre quindi che l’Unione si
prefigga l’obiettivo di aumentare la presenza delle donne nei consigli delle
società, sia per rilanciare la crescita economica e la competitività delle
imprese europee che per realizzare un’effettiva uguaglianza di genere sul
mercato del lavoro. Tale finalità dev'essere perseguita introducendo requisiti
minimi in materia di azione positiva, sotto forma di misure vincolanti volte al
raggiungimento di un obiettivo quantitativo relativo alla composizione di
genere nei consigli delle società quotate, tenuto conto del fatto che gli Stati
membri e gli altri paesi che hanno scelto questo metodo o un approccio simile
hanno ottenuto i risultati migliori in termini di riduzione della
sotto-rappresentanza delle donne nei posti decisionali in campo economico. (17) Le società quotate in Borsa
rivestono una particolare importanza economica e si distinguono per la loro
visibilità e il loro impatto sul mercato in generale. Occorre quindi che le
misure previste dalla presente direttiva si applichino alle società quotate,
definite come società registrate in uno Stato membro i cui titoli sono ammessi
alla negoziazione in uno o più Stati membri su un mercato regolamentato ai
sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, punto 14, della direttiva 2004/39/CE del
Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 aprile 2004, relativa ai mercati degli strumenti finanziari[30]. Tali società fissano le norme
per tutta l’economia e si può prevedere che le loro pratiche siano seguite
dagli altri tipi di imprese. Il carattere pubblico delle società quotate
giustifica che siano regolamentate in più ampia misura, nel comune interesse. (18) È opportuno che la presente
direttiva non si applichi alle microimprese e alle piccole e medie imprese
(PMI) ai sensi della raccomandazione 2003/361/CE della Commissione, del 6
maggio 2003, relativa alla definizione delle microimprese, piccole e medie
imprese[31],
anche se sono società quotate. (19) I consigli delle società
quotate negli Stati membri presentano strutture diverse. La principale
distinzione è quella fra un sistema dualistico, con un consiglio di gestione e
un consiglio di sorveglianza, e un sistema monistico in cui le funzioni di
gestione e di sorveglianza convergono in un solo consiglio. Vi sono inoltre
strutture miste che presentano aspetti di entrambi i sistemi o che permettono
alle imprese di scegliere fra vari modelli. È opportuno che le misure previste
dalla presente direttiva si applichino a tutti i tipi di strutture dei consigli
negli Stati membri. (20) In tutti i tipi di consigli
esiste una distinzione fra gli amministratori con incarichi esecutivi, che si
occupano della gestione quotidiana della società, e gli amministratori senza
incarichi esecutivi, che non partecipano alla gestione quotidiana ma svolgono
una funzione di sorveglianza. È opportuno che gli obiettivi quantitativi
previsti dalla presente direttiva si applichino solo agli amministratori senza
incarichi esecutivi, per trovare il giusto compromesso fra l’esigenza di
aumentare la diversità di genere nei consigli, da un lato, e, dall’altro, la
necessità di ridurre al minimo l’ingerenza con la gestione quotidiana di una
società. Inoltre, poiché gli amministratori
senza incarichi esecutivi svolgono principalmente funzioni di sorveglianza, è
più facile sceglierli tra candidati qualificati esterni all’impresa e in larga
misura anche tra candidati che non appartengono allo specifico settore in cui
opera una data impresa: si tratta di una considerazione importante per i
settori economici in cui un determinato sesso è particolarmente
sotto-rappresentato nell'ambito del personale. (21) In vari Stati membri una certa
percentuale degli amministratori senza incarichi esecutivi può o deve essere
nominata o eletta dal personale della società e/o dalle organizzazioni dei
lavoratori conformemente al diritto interno o alle prassi nazionali. Gli
obiettivi quantitativi previsti dalla presente direttiva devono applicarsi a
tutti gli amministratori senza incarichi esecutivi, compresi i rappresentanti
del personale. Tuttavia, tenuto conto appunto del fatto che alcuni
amministratori senza incarichi esecutivi sono rappresentanti del personale, la
definizione delle procedure pratiche per garantire la realizzazione di tali
obiettivi deve spettare agli Stati membri interessati. (22) Occorre obbligare le società
quotate dell’Unione a predisporre mezzi adeguati ai fini dell'adozione di
procedure idonee per soddisfare gli specifici obiettivi relativi alla
composizione di genere nei loro consigli. Le società quotate nei cui consigli i
posti di amministratori senza incarichi esecutivi sono occupati dal sesso
sotto-rappresentato per meno del 40% dovrebbero procedere alle nomine per tali
posti sulla base di un’analisi comparativa delle qualifiche di ciascun
candidato, applicando criteri prestabiliti, chiari, univoci e formulati in modo
neutro, per raggiungere la percentuale sopra indicata entro il 1° gennaio 2020.
La direttiva fissa quindi, come obiettivo da raggiungere entro tale data, una
rappresentanza almeno del 40% del sesso sotto-rappresentato fra gli
amministratori senza incarichi esecutivi. Tale obiettivo, in linea di
principio, riguarda solo la diversità di genere complessiva fra gli
amministratori senza incarichi esecutivi e non interferisce con la scelta
concreta dei singoli amministratori, caso per caso, da un’ampia rosa di
candidati uomini e donne; in particolare, non esclude alcun particolare
candidato a un posto di amministratore, né impone alcun singolo amministratore
alle società o agli azionisti. La scelta di membri del consiglio idonei resta
quindi alle società e agli azionisti. (23) Gli Stati membri esercitano
un’influenza dominante sulle società quotate che sono imprese pubbliche ai
sensi dell’articolo 2, lettera b), della direttiva 2006/111/CE della
Commissione, del 16 novembre 2006, relativa alla trasparenza delle relazioni
finanziarie tra gli Stati membri e le loro imprese pubbliche e alla trasparenza
finanziaria all’interno di talune imprese[32].
In virtù di tale influenza dominante, essi hanno a disposizione strumenti per
produrre più rapidamente i cambiamenti necessari. Per tali imprese, quindi, è
opportuno anticipare la data entro cui dev'essere raggiunto l’obiettivo del 40%
almeno del sesso sotto-rappresentato fra gli amministratori senza incarichi
esecutivi. (24) Per determinare il numero di
posti di amministratore senza incarichi esecutivi necessario per soddisfare
l’obiettivo prefissato occorrono precisazioni supplementari: viste le
dimensioni della maggior parte dei consigli, infatti, dal punto di vista
matematico è possibile solo superare o rimanere al di sotto dell’esatta quota
del 40%. Pertanto, il numero di posti in consiglio necessari per soddisfare
l’obiettivo dev'essere quello che si avvicina di più al 40%. Al tempo stesso,
per evitare discriminazioni nei confronti del sesso inizialmente
sovra-rappresentato, le società quotate non devono essere obbligate a destinare
al sesso sotto-rappresentato la metà o più dei posti di amministratore senza
incarichi esecutivi. Ad esempio, gli appartenenti al sesso sotto-rappresentato
devono occupare almeno un posto nei consigli con tre o quattro amministratori
senza incarichi esecutivi, almeno due posti nei consigli con cinque o sei
amministratori senza incarichi esecutivi e almeno tre posti nei consigli con
sette od otto amministratori senza incarichi esecutivi. (25) Nella sua giurisprudenza[33] sull’azione positiva e sulla
sua compatibilità col principio di non-discriminazione fondata sul sesso (ora
sancito anche dall’articolo 21 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione
europea), la Corte di giustizia dell’Unione europea ha accettato che, in certi
casi, possa essere accordata una preferenza al sesso sotto-rappresentato nella
selezione per un impiego o una promozione, purché il candidato del sesso
sotto-rappresentato abbia qualifiche pari a quelle del concorrente dell’altro
sesso in termini di idoneità, competenza e rendimento professionale, e purché
questa preferenza non sia automatica e incondizionata ma possa non venire accordata
se specifici motivi inerenti alla persona del candidato dell’altro sesso fanno
propendere a suo favore, e purché la domanda di ciascun candidato sia
sottoposta a una valutazione obiettiva che prenda in considerazione tutti i
criteri relativi ai singoli candidati. (26) In linea con tale
giurisprudenza, gli Stati membri devono garantire che la scelta dei candidati
più qualificati per i posti di amministratore senza incarichi esecutivi sia
basata su un’analisi comparativa delle qualifiche di ciascun candidato, con
riferimento a criteri prestabiliti, chiari, univoci e formulati in modo neutro.
Fra i tipi di criteri di selezione che le società potrebbero applicare
figurano, ad esempio, l’esperienza professionale nelle mansioni di gestione e/o
di sorveglianza, la conoscenza di specifici settori rilevanti come la finanza,
il controllo o la gestione delle risorse umane, competenze di leadership e di
comunicazione e capacità di lavoro in rete. Il candidato del sesso
sotto-rappresentato deve avere la precedenza se possiede qualifiche uguali a
quelle del candidato dell’altro sesso in termini di idoneità, competenza e
rendimento professionale, e a meno che una valutazione obiettiva, che prenda in
considerazione tutti i criteri relativi ai singoli candidati, non faccia propendere
per un candidato dell’altro sesso. (27) I metodi di assunzione e di
nomina degli amministratori differiscono da uno Stato membro all’altro e da una
società all’altra. Possono prevedere che, ad esempio, un comitato di nomina
proceda a una pre-selezione di candidati da presentare all’assemblea degli
azionisti, oppure la nomina diretta degli amministratori da parte dei singoli
azionisti, o ancora la votazione sui singoli candidati o su liste di candidati
in sede di assemblea degli azionisti. Le condizioni relative alla selezione dei
candidati devono essere soddisfatte a uno stadio adeguato della procedura di
selezione, conformemente alle disposizioni di diritto nazionale e allo statuto
delle società quotate interessate. A tale riguardo, la presente direttiva
introduce solo un’armonizzazione minima delle procedure di selezione,
permettendo di applicare le condizioni definite dalla giurisprudenza della
Corte di giustizia per realizzare l’obiettivo di una rappresentanza di genere
più equilibrata dei consigli delle società quotate. (28) La presente direttiva è intesa
a migliorare l’equilibrio di genere fra gli amministratori delle società
quotate in Borsa e a contribuire in tal modo alla realizzazione del principio
di parità di trattamento fra uomini e donne, riconosciuto come diritto
fondamentale dell’Unione. Le società quotate dovrebbero pertanto essere tenute
a comunicare, su richiesta di un candidato respinto, non solo i criteri di
qualificazione su cui si è basata la selezione, ma anche la valutazione
comparativa obiettiva di tali criteri e, ove rilevante, le considerazioni che
hanno portato a scegliere un candidato del sesso non sotto-rappresentato.
Queste limitazioni al diritto al rispetto della vita privata per quanto
riguarda il trattamento di dati personali, riconosciuto dagli articoli 7 e 8
della Carta, e l’obbligo per le società quotate di fornire tali informazioni,
su richiesta, al candidato respinto, sono necessari e, secondo il principio di
proporzionalità, rispondono effettivamente a riconosciute finalità di interesse
generale. Sono quindi in linea con le condizioni che regolamentano tali
limitazioni, di cui all’articolo 52, paragrafo 1, della Carta, e con la
giurisprudenza pertinente della Corte di giustizia. (29) Qualora un candidato respinto
del sesso sotto-rappresentato adduca elementi che permettano di presumere la
parità delle sua qualifiche rispetto a quelle del candidato prescelto
dell’altro sesso, la società quotata dev'essere tenuta a dimostrare la
correttezza della scelta. (30) È necessario che gli Stati
membri prevedano sanzioni effettive, proporzionate e dissuasive per le
violazioni della presente direttiva, che possono includere, fra l’altro,
sanzioni amministrative e la nullità o l’annullamento, da parte di un organo
giudiziario, della nomina o dell'elezione degli amministratori senza incarichi
esecutivi avvenute in violazione delle disposizioni nazionali adottate
conformemente all’articolo 4, paragrafo 1. (31) Poiché la composizione di
genere del personale si ripercuote direttamente sulla disponibilità di
candidati del sesso sotto-rappresentato, gli Stati membri possono decidere che,
qualora gli appartenenti al sesso sotto-rappresentato costituiscano meno del 10%
dell’organico di una società, questa non sia tenuta a soddisfare l’obiettivo
fissato dalla presente direttiva. (32) Poiché le società quotate
dovrebbero mirare ad aumentare la percentuale del sesso sotto-rappresentato in
tutti posti decisionali, gli Stati membri potrebbero decidere di considerare
realizzato l'obiettivo previsto dalla presente direttiva quando le società
quotate possono dimostrare che gli appartenenti al sesso sotto-rappresentato
occupano almeno un terzo di tutti i posti di amministratore, con o senza
incarichi esecutivi. (33) Oltre alle misure riguardanti
gli amministratori senza incarichi esecutivi, e anche nell'ottica di migliorare
l'equilibrio di genere fra gli amministratori aventi mansioni di gestione
quotidiana, le società quotate devono essere tenute ad assumere impegni
individuali – da onorare entro il 1° gennaio 2020 – relativamente alla
rappresentanza di entrambi i sessi fra gli amministratori con incarichi
esecutivi. Tali impegni devono essere volti a realizzare progressi tangibili
verso un equilibrio di genere migliore rispetto alla situazione attuale
dell'impresa. (34) Gli Stati membri devono fare
obbligo alle società quotate di fornire annualmente alle autorità nazionali
competenti informazioni sulla composizione di genere dei loro consigli e sul
conseguimento degli obiettivi previsti dalla presente direttiva, per consentire
a tali autorità di valutare i progressi di ciascuna società verso l'equilibrio
di genere fra gli amministratori. È opportuno che tali informazioni vengano
pubblicate e che, qualora la società non abbia raggiunto l'obiettivo
prefissato, esse includano una descrizione delle misure che l'impresa ha
intrapreso fino a quel momento e che intende introdurre in futuro per
realizzarlo. (35) Gli Stati membri possono avere
adottato misure che predispongono mezzi per garantire una più equilibrata
rappresentanza uomo-donna nei consigli delle società, già prima dell'entrata in
vigore della presente direttiva. È opportuno che tali Stati membri abbiano la
possibilità di applicare le misure adottate al posto dei requisiti procedurali
relativi alle nomine, se possono dimostrare che dette misure sono di efficacia
equivalente per raggiungere l'obiettivo del 40% almeno di appartenenti al sesso
sotto-rappresentato fra gli amministratori senza incarichi esecutivi delle
società quotate entro il 1° gennaio 2020, o entro il 1° gennaio 2018 nel caso
delle società quotate che sono imprese pubbliche. (36) La
presente direttiva rispetta i diritti fondamentali e si conforma ai principi
sanciti dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. Contribuisce
in particolare all'esercizio del diritto di parità tra uomini e donne (articolo
23 della Carta) e della libertà professionale e del diritto di lavorare
(articolo 15 della Carta). È inoltre volta a garantire il pieno rispetto del
diritto a un ricorso effettivo e ad un giudice imparziale (articolo 47 della
Carta). Le limitazioni alla libertà d'impresa (articolo 16 della Carta) e al
diritto di proprietà (articolo 17, paragrafo 1, della Carta) rispettano il
contenuto essenziale di tali diritti e libertà, sono necessarie e
proporzionate, e rispondono effettivamente a finalità di interesse generale
riconosciute dall'Unione e alla necessità di tutelare i diritti e le libertà
altrui. (37) Benché alcuni Stati membri
abbiano adottato disposizioni regolamentari nel settore in oggetto o abbiano
incoraggiato l'auto-regolamentazione, e questo con risultati diseguali, la
maggioranza di essi non ha intrapreso alcuna azione né indicato la propria
volontà di intervenire in modo sufficientemente incisivo. Dalle proiezioni
basate su un'analisi esaustiva di tutte le informazioni disponibili sulle
tendenze passate e attuali e dalle intenzioni manifestate emerge che l'azione
individuale dei singoli Stati membri non permetterà di ottenere nel prossimo
futuro una rappresentanza di genere equilibrata fra gli amministratori senza
incarichi esecutivi dei consigli delle società dell'Unione, conformemente agli
obiettivi stabiliti dalla presente direttiva. Tenuto conto di tali circostanze
e dati i divari crescenti fra gli Stati membri in termini di rappresentanza
uomo-donna nei consigli della società, l'equilibrio di genere in tali consigli
nell'Unione può essere migliorato solo attraverso un approccio comune, e il
potenziale di uguaglianza di genere, competitività e crescita può essere
realizzato meglio grazie a un'azione coordinata a livello dell'Unione piuttosto
che con iniziative nazionali di portata, ambizione ed efficacia diverse. Poiché
gli obiettivi della presente direttiva non possono essere conseguiti in misura
sufficiente dagli Stati membri e possono quindi, a motivo della portata e degli
effetti dell'azione, essere conseguiti meglio a livello dell'Unione, questa può
adottare misure conformemente al principio di sussidiarietà di cui all'articolo
5 del trattato sull'Unione europea. (38) Conformemente al principio di
proporzionalità di cui allo stesso articolo, la presente direttiva si limita a
fissare obiettivi e principi comuni che non vanno al di là di quanto necessario
per il conseguimento di tali obiettivi. Gli Stati membri dispongono di libertà
sufficiente per stabilire come realizzare al meglio gli obiettivi previsti
dalla presente direttiva tenuto conto del contesto nazionale, in particolare
delle norme e prassi relative alle nomine ai posti di amministratore. La presente
direttiva non interferisce con la possibilità, per le società, di nominare i
membri più qualificati, e lascia a tutte le società quotate un periodo di
adattamento sufficientemente lungo. (39) Conformemente al principio di
proporzionalità, l'obiettivo stabilito per le società quotate dev'essere
limitato nel tempo e restare valido solo finché non siano stati realizzati
progressi sostenibili nella composizione di genere dei consigli. Per tale
ragione la Commissione dovrebbe riesaminare regolarmente l'applicazione della
presente direttiva e riferire in merito al Parlamento europeo e al Consiglio.
La direttiva giunge a scadenza il 31 dicembre 2028. In occasione del riesame la
Commissione deve valutare l'eventuale necessità di prorogare la durata della
direttiva oltre tale periodo. (40) Conformemente alla
dichiarazione politica comune del 28 settembre 2011 degli Stati membri e della
Commissione sui documenti esplicativi[34],
gli Stati membri si sono impegnati, ove ciò sia giustificato, ad accompagnare
la notifica delle loro misure di recepimento con uno o più documenti intesi a
chiarire il rapporto tra le componenti di una direttiva e le parti
corrispondenti degli strumenti nazionali di recepimento. Per quanto riguarda la
presente direttiva, il legislatore ritiene che la trasmissione di tali
documenti sia giustificata, HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: Articolo 1
Oggetto La presente
direttiva intende garantire una rappresentanza più equilibrata di uomini e
donne fra gli amministratori senza incarichi esecutivi delle società quotate,
stabilendo misure dirette ad accelerare i progressi verso la parità di genere
pur lasciando alle imprese il tempo sufficiente per prendere le necessarie
disposizioni. Articolo 2
Definizioni Ai fini della
presente direttiva si intende per: (1)
"società quotata": una società registrata
in uno Stato membro i cui titoli sono ammessi alla negoziazione in un mercato
regolamentato ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, punto 14, della direttiva
2004/39/CE, in uno o più Stati membri; (2)
"consiglio": ogni organo amministrativo,
di gestione o di sorveglianza di una società; (3)
"amministratore": ogni membro di un
consiglio, inclusi i rappresentanti del personale; (4)
"amministratore con incarichi esecutivi":
ogni membro dell’organo di amministrazione di una società a struttura monistica
impegnato nella gestione corrente della società, e ogni membro di un consiglio
di gestione in una società a struttura dualistica; (5)
"amministratore senza incarichi
esecutivi": ogni membro dell’organo di amministrazione di una società a
struttura monistica diverso da un amministratore con incarichi esecutivi e ogni
membro di un consiglio di sorveglianza in una società a struttura dualistica; (6)
"organo di amministrazione di una società a
struttura monistica": un consiglio unico che combina le funzioni di
gestione e di sorveglianza di una società; (7)
"sistema dualistico": sistema in cui le
funzioni di gestione e di sorveglianza di una società sono svolte da due
consigli separati; (8)
"piccola e media impresa" o
"PMI": una società che occupa meno di 250 persone, il cui fatturato
annuo non supera i 50 milioni di EUR oppure il cui totale di bilancio annuo non
supera i 43 milioni di EUR, oppure, per una PMI registrata in uno Stato membro
la cui valuta non sia l’euro, gli importi equivalenti nella valuta di tale
Stato membro; (9)
"impresa pubblica": un’impresa nei
confronti della quale i poteri pubblici possano esercitare, direttamente o
indirettamente, un’influenza dominante per ragioni di proprietà, di
partecipazione finanziaria o della normativa che la disciplina. L’influenza
dominante è presunta qualora i poteri pubblici si trovino nei riguardi
dell’impresa, almeno in una delle seguenti situazioni: –
detengano la maggioranza del capitale sottoscritto
dell’impresa, o –
dispongano della maggioranza dei voti attribuiti
alle quote emesse dall’impresa, o –
possano designare più della metà dei membri
dell’organo di amministrazione, di gestione o di sorveglianza dell’impresa. Articolo 3
Esclusione delle piccole e medie imprese La presente direttiva non si applica alle
piccole e medie imprese ("PMI"). Articolo 4
Obiettivi riguardanti gli amministratori senza incarichi esecutivi 1. Gli Stati membri provvedono
affinché le società quotate nei cui consigli i posti di amministratori senza
incarichi esecutivi siano occupati per meno del 40% dal sesso
sotto-rappresentato procedano alle nomine per tali posti sulla base di
un’analisi comparativa delle qualifiche di ciascun candidato, applicando
criteri prestabiliti, chiari, univoci e formulati in modo neutro, allo scopo di
raggiungere la percentuale sopra indicata entro il 1° gennaio 2020, o entro il 1° gennaio 2018 nel caso di società quotate che sono imprese
pubbliche. 2. Il numero di posti di
amministratore senza incarichi esecutivi necessari per raggiungere l’obiettivo
di cui al paragrafo 1 è il numero più vicino alla proporzione del 40%, ma non
superiore al 49%. 3. Per raggiungere l’obiettivo
di cui al paragrafo 1 gli Stati membri provvedono affinché, nella selezione
degli amministratori senza incarichi esecutivi, sia data priorità al candidato
del sesso sotto-rappresentato se questo è ugualmente qualificato rispetto al
candidato dell’altro sesso in termini di idoneità, competenza e rendimento
professionale, a meno che una valutazione obiettiva che tenga conto di tutti i
criteri specifici dei singoli candidati non faccia propendere per il candidato
dell’altro sesso. 4. Gli Stati membri provvedono
affinché le società quotate siano tenute a comunicare, su richiesta di un
candidato respinto, i criteri di qualificazione alla base della selezione, la
valutazione comparativa obiettiva di tali criteri e, se del caso, le
considerazioni che hanno portato a scegliere un candidato dell’altro sesso. 5. Gli Stati membri,
conformemente ai rispettivi sistemi giuridici nazionali, adottano le misure
necessarie affinché, qualora un candidato respinto del sesso
sotto-rappresentato adduca elementi che permettano di presumere la parità delle
sue qualifiche rispetto a quelle del candidato prescelto dell’altro sesso,
spetti alla società quotata dimostrare che non è stata violata la disposizione
di cui al paragrafo 3. 6. Gli Stati membri possono
esentare dal raggiungimento dell’obiettivo di cui al paragrafo 1 le società
quotate in cui il sesso sotto-rappresentato costituisca meno del 10% del
personale. 7. Gli Stati membri possono
stabilire che l’obiettivo di cui al paragrafo 1 è stato raggiunto quando le
società quotate possono dimostrare che gli appartenenti al sesso
sotto-rappresentato occupano almeno un terzo di tutti i posti di
amministratore, che si tratti di amministratori con incarichi esecutivi o senza
incarichi esecutivi. Articolo 5
Misure supplementari da parte delle società e obblighi di informazione 1. Gli Stati membri provvedono
affinché le società quotate assumano impegni individuali in materia di
rappresentanza equilibrata di genere fra gli amministratori con incarichi
esecutivi, da realizzare entro il 1° gennaio 2020 o, nel caso delle società
quotate che siano imprese pubbliche, entro il 1° gennaio 2018. 2. Gli Stati membri fanno obbligo
alle società quotate di fornire informazioni alle autorità nazionali
competenti, una volta all’anno a decorrere da [due anni dopo l’adozione],
in merito alla rappresentanza di genere nei loro consigli, distinguendo fra
amministratori senza incarichi esecutivi e amministratori con incarichi
esecutivi, e in merito alle misure prese riguardo agli obiettivi di cui
all’articolo 4, paragrafo 1, e al paragrafo 1 del presente articolo, e di
pubblicare tali informazioni in modo adeguato e accessibile sul loro sito web. 3. Qualora una società quotata
non rispetti gli obiettivi di cui all’articolo 4, paragrafo 1, o gli impegni
individuali assunti ai sensi del paragrafo 1 del presente articolo, le
informazioni di cui al paragrafo 2 del presente articolo includono anche le
ragioni della mancata realizzazione degli obiettivi o degli impegni e una
descrizione delle misure che la società ha adottato o intende adottare per
raggiungere gli obiettivi o per onorare gli impegni assunti. 4. Gli Stati membri adottano le
misure necessarie per garantire che l’organismo o gli organismi designati ai
sensi dell’articolo 20 della direttiva 2006/54/CE del Parlamento europeo e del
Consiglio, del 5 luglio 2006, riguardante l’attuazione del principio delle pari
opportunità e della parità di trattamento fra uomini e donne in materia di
occupazione e impiego (rifusione)[35],
siano anche competenti a promuovere, analizzare, controllare e sostenere
l’equilibrio di genere nei consigli delle società quotate. Articolo 6
Sanzioni 1. Gli Stati membri definiscono
un regime di sanzioni per le violazioni delle disposizioni nazionali adottate
conformemente alla presente direttiva e prendono tutte le misure necessarie per
garantire che sia applicato. 2. Le sanzioni devono essere
effettive, proporzionate e dissuasive e possono comprendere le seguenti misure:
(a)
sanzioni amministrative; (b)
nullità o annullamento, da parte di un organo
giudiziario, della nomina o dell'elezione degli amministratori senza incarichi
esecutivi avvenute in violazione delle disposizioni nazionali adottate
conformemente all’articolo 4, paragrafo 1. Articolo 7
Requisiti minimi Gli Stati membri
possono introdurre o mantenere disposizioni più favorevoli di quelle previste
dalla presente direttiva per garantire una rappresentanza più equilibrata di
uomini e donne nelle società registrate sul loro territorio nazionale, e
condizione che tali disposizioni non creino una discriminazione ingiustificata
né ostacolino il corretto funzionamento del mercato interno. Articolo 8
Attuazione 1. Gli Stati membri adottano e
pubblicano, al più tardi [due anni dopo l’adozione], le disposizioni
legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla
presente direttiva. Essi comunicano immediatamente alla Commissione il testo di
tali disposizioni. 2. Quando gli Stati membri
adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente
direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all’atto della
pubblicazione ufficiale. Le modalità del riferimento sono decise dagli Stati membri. 3. Fermi restando l'articolo 4,
paragrafo 6, e l'articolo 4, paragrafo 7, gli Stati membri che prima
dell'entrata in vigore della presente direttiva abbiano già adottato misure per
garantire una più equilibrata rappresentanza uomo-donna fra gli amministratori
senza incarichi esecutivi nelle società quotate possono sospendere
l'applicazione dei requisiti procedurali relativi alle nomine di cui
all'articolo 4, paragrafi 1, 3, 4 e 5, purché possa essere dimostrato che dette
misure consentano agli appartenenti al sesso sotto-rappresentato di occupare
almeno il 40% dei posti di amministratore senza incarichi esecutivi delle
società quotate entro il 1° gennaio 2020, o entro il 1° gennaio 2018 nel
caso di società quotate che sono imprese pubbliche. Lo Stato membro in questione comunica tale
informazione alla Commissione. 4. Gli Stati membri comunicano
alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno che
essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva. Articolo 9
Riesame 1. Al più tardi il 1° gennaio 2017,
e successivamente ogni due anni, gli Stati membri trasmettono alla Commissione
una relazione in merito all’attuazione della presente direttiva. Tali relazioni
devono contenere, fra l’altro, informazioni esaustive sulle misure prese per
raggiungere gli obiettivi stabiliti all’articolo 4, paragrafo 1, le
informazioni necessarie ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 2, e informazioni
sugli impegni individuali assunti dalle società quotate conformemente
all’articolo 5, paragrafo 1. 2. Gli Stati membri che, ai
sensi dell'articolo 8, paragrafo 3, hanno sospeso l'applicazione dei requisiti
procedurali relativi alle nomine di cui all'articolo 4, paragrafi 1, 3, 4 e 5,
includono nelle relazioni di cui al paragrafo 1 informazioni che dimostrino i
risultati concreti ottenuti grazie alle misure nazionali di cui all'articolo 8,
paragrafo 3. La Commissione stila in seguito una relazione speciale in cui
stabilisce se dette misure consentano effettivamente agli appartenenti al sesso
sotto-rappresentato di occupare almeno il 40% dei posti di amministratore senza
incarichi esecutivi entro il 1° gennaio 2018 per le società quotate che sono
imprese pubbliche, ed entro il 1° gennaio 2020 per le società quotate che non
sono imprese pubbliche. La Commissione pubblica la prima di tali relazioni
entro il 1° luglio 2017 e le relazioni successive entro sei mesi dalla
trasmissione delle relative relazioni nazionali di cui al paragrafo 1. Gli Stati membri interessati provvedono affinché
le società quotate che, applicando le misure nazionali di cui all'articolo 8,
paragrafo 3, non hanno nominato o eletto almeno il 40% di appartenenti al sesso
sotto-rappresentato ai posti di amministratore senza incarichi esecutivi nei
loro consigli entro il 1° gennaio 2018 se sono imprese pubbliche, ed entro il 1°
gennaio 2020 se non sono imprese pubbliche, applichino i requisiti procedurali
relativi alle nomine di cui all'articolo 4, paragrafi 1, 3, 4 e 5, a decorrere
rispettivamente dall'una o dall'altra data. 3. La Commissione
riesamina l’applicazione della presente direttiva e riferisce al Parlamento
europeo e al Consiglio al più tardi il 31 dicembre 2021 e successivamente ogni
due anni. La Commissione valuta in particolare se gli obiettivi della direttiva
siano stati raggiunti. 4. Nella sua relazione la
Commissione valuta se sia necessario prorogare la durata della direttiva oltre
la data specificata all’articolo 10, paragrafo 2, o modificarla, tenendo conto
dell'evoluzione della rappresentanza di uomini e donne nei consigli delle
società quotate e ai vari livelli dei processi decisionali in campo economico,
e considerando se i progressi realizzati siano sufficientemente sostenibili. Articolo 10
Entrata in vigore e scadenza 1. La presente direttiva entra
in vigore il [ventesimo] giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta
ufficiale dell’Unione europea. 2. La presente direttiva scade
il 31 dicembre 2028. Articolo 11
Destinatari Gli Stati membri
sono destinatari della presente direttiva. Fatto a Bruxelles, il Per il Parlamento europeo Per
il Consiglio Il presidente Il
presidente [1] Questa disparità di genere è considerevole in tutti gli
Stati membri dell'UE, con medie nazionali che vanno dal 5% circa in MT, CY, HU,
LU, LU, PT, IT, EE e EL fino al 25% circa in SE, LV e FI. La percentuale di
donne varia, a seconda degli Stati membri, fra il 3% e il 28% circa per quanto
riguarda gli amministratori non esecutivi, e fra lo 0% e il 21% circa per
quanto riguarda gli amministratori esecutivi. Si veda la relazione sullo stato di
avanzamento della situazione Women in economic decision-making in the EU,
marzo 2012
(http://ec.europa.eu/justice/gender-equality/files/women-on-boards_en.pdf). [2] Alcuni esempi: 30% di donne ai livelli più alti delle
amministrazioni pubbliche nazionali; 33% di donne fra i membri delle più alte
corti giudiziarie. Negli istituti di ricerca, il 22% dei membri dei consigli
d'amministrazione sono donne (2007). Solo le banche centrali nazionali sono
rimaste, contro ogni tendenza, roccaforti quasi esclusivamente maschili: l'83%
dei membri nei loro consigli d'amministrazione sono uomini, e attualmente non
vi è una sola donna amministratrice di una banca centrale nell'UE. [3] GU L 331 del 19.12.1984, pag. 34 e GU L 319 del 10.12.1996,
pag. 11. [4] Vedi la relazione sullo stato di avanzamento della
situazione citata alla nota 1. [5] Da ottobre 2010 a gennaio 2012, l'aumento di gran lunga
maggiore nella percentuale di donne nei consigli è stato registrato in Francia
(aumento di 10 punti percentuali, fino a toccare il 22%), dove le imprese hanno
raggiunto, in anticipo, la prima soglia introdotta da una nuova legge nel
gennaio 2011 (20% entro il 2014, 40% entro il 2017). La Norvegia ha portato la
percentuale di donne nei consigli dal 18% nel 2006, quando è stata introdotta la
soglia vincolante, al 40% in soli tre anni. [6] La pubblicazione più recente è dell'Istituto di ricerca
del Crédit Suisse (agosto 2012), Gender diversity and corporate performance.
Fra gli altri studi importanti è opportuno citare: Catalyst (2004), The Bottom
Line: Connecting Corporate Performance and Gender Diversity; McKinsey
(relazioni del 2007, 2008 e 2010), Women Matter; Deutsche Bank Research
(2010), Towards gender-balanced leadership; Ernst & Young (2012), Mixed
leadership. [7] Le donne rappresentano circa il 60% dei laureati
dell'UE. Cosa ancora più importante, l'iniziativa Women on Board per le
scuole di direzione aziendale europee ha individuato rapidamente 7 000 donne idonee a entrare a far parte
dei consigli d'amministrazione, altamente qualificate, con una solida
esperienza professionale e pronte ad assumere le cariche in questione
(http://www.edhec.com/html/Communication/womenonboard.html). [8] COM(2010) 78 definitivo. [9] COM(2010) 491 definitivo. [10] Cfr.: relazione della Commissione More women in senior
position, gennaio 2010; documento di lavoro dei servizi della Commissione The
Gender Balance in Business Leadership, marzo 2011 (SEC(2011) 246
definitivo); relazione sullo stato di avanzamento della situazione Women in
economic decision-making in the EU, marzo 2012; documento di lavoro dei
servizi della Commissione Progress on equality between women and men in 2011,
aprile 2012 (SWD(2012) 85 final). [11] Si vedano ad es. la risoluzione del 6 luglio 2011 sulle
donne e la direzione delle imprese (2010/2115(INI)), e la risoluzione del 13
marzo 2012 sulla parità tra donne e uomini nell'Unione europea – 2011 (2011/2244(INI)). [12] In particolare le direttive 2006/54/CE e 2010/41/UE. [13] Speciale Eurobarometro 376 (2012), Women in
decision-making positions (http://ec.europa.eu/public_opinion/archives/eb_special_379_360_en.htm#376). [14] GU L 52 del 25.2.2005, pag. 51. [15] GU L 124 del 20.5.2003, pag. 36. [16] GU L 318 del 17.11. 2006, pag. 17. [17] GU L 124 del 20.5.2003, pag. 36. [18] GU L 318 del 17.11.2006, pag. 17. [19] C-450/93 - Kalanke (Racc. 1995, pag. I-3051); C-409/95 - Marschall (Racc. 1997, pag. I-6363); C‑158/97
- Badeck (Racc. 2000, pag. I-1875); C-407/98 - Abrahamsson (Racc. 2000, pag. I-5539). [20] GU C […] del […], pag. […]. [21] GU L 331 del 19.12.1984, pag. 34. [22] GU L 319 del 10.12.1996, pag. 11. [23] Relazione della Commissione More women in senior
position (2010); documento di lavoro dei servizi della Commissione The
Gender Balance in Business Leadership, del 1° marzo 2011 (SEC(2011) 246
definitivo); relazione sullo stato di avanzamento della situazione Women in
economic decision-making in the EU, del 5 marzo 2012; documento di lavoro
dei servizi della Commissione Progress on equality between women and men in 2011,
del 16 aprile 2012 (SWD(2012) 85 final). [24] "Un impegno formale per più donne alla guida delle
imprese europee", IP/11/242. [25] COM(2010) 78 definitivo. [26] COM(2010) 491 definitivo. [27] 2010/2115(INI). [28] 2011/2244(INI). [29] COM(2010) 2020
definitivo. [30] GU L 145 del 30.4.2004, pag. 1. [31] GU L 124 del 20.5.2003, pag. 36. [32] GU L 318 del 17.11.2006, pag. 17. [33] C-450/93 - Kalanke (Racc. 1995, pag. I-3051);
C-409/95 - Marschall (Racc. 1997, pag. I-6363); C‑158/97 - Badeck (Racc.
2000, pag. I-1875); C-407/98 - Abrahamsson (Racc. 2000,
pag. I-5539). [34] GU C 369 del 17.12.2011, pag. 14. [35] GU L 204 del 26.7.2006, pag. 23.