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Document 52012DC0702
COMMUNICATION FROM THE COMMISSION TO THE EUROPEAN PARLIAMENT, THE COUNCIL, THE EUROPEAN ECONOMIC AND SOCIAL COMMITTEE AND THE COMMITTEE OF THE REGIONS Protecting businesses against misleading marketing practices and ensuring effective enforcement Review of Directive 2006/114/EC concerning misleading and comparative advertising
COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE AL PARLAMENTO EUROPEO, AL CONSIGLIO, AL COMITATO ECONOMICO E SOCIALE EUROPEO E AL COMITATO DELLE REGIONI Proteggere le imprese dalle pratiche di commercializzazione ingannevoli e garantire l’effettivo rispetto delle norme Revisione della direttiva 2006/114/CE concernente la pubblicità ingannevole e comparativa
COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE AL PARLAMENTO EUROPEO, AL CONSIGLIO, AL COMITATO ECONOMICO E SOCIALE EUROPEO E AL COMITATO DELLE REGIONI Proteggere le imprese dalle pratiche di commercializzazione ingannevoli e garantire l’effettivo rispetto delle norme Revisione della direttiva 2006/114/CE concernente la pubblicità ingannevole e comparativa
/* COM/2012/0702 final */
COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE AL PARLAMENTO EUROPEO, AL CONSIGLIO, AL COMITATO ECONOMICO E SOCIALE EUROPEO E AL COMITATO DELLE REGIONI Proteggere le imprese dalle pratiche di commercializzazione ingannevoli e garantire l’effettivo rispetto delle norme Revisione della direttiva 2006/114/CE concernente la pubblicità ingannevole e comparativa /* COM/2012/0702 final */
COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE AL
PARLAMENTO EUROPEO, AL CONSIGLIO, AL COMITATO ECONOMICO E SOCIALE EUROPEO
E AL COMITATO DELLE REGIONI Proteggere le imprese dalle pratiche di
commercializzazione ingannevoli e garantire l’effettivo rispetto delle norme
Revisione della direttiva 2006/114/CE concernente la pubblicità ingannevole e
comparativa 1. Introduzione Il
mercato unico dell’Unione europea è un motore di crescita e consente ai
consumatori di beneficiare di una scelta più ampia e di prezzi migliori. Una
crescita intelligente, sostenibile ed inclusiva è l’obiettivo della strategia
Europa 2020[1],
destinata ad aiutare l’Europa e le sue imprese ad uscire rafforzate dalla crisi
e a creare nuovi posti di lavoro. Tutte le politiche dell’Unione sono dirette
verso questo obiettivo. La pubblicità ha un forte impatto economico
sulle società in quanto è l’elemento chiave di ogni strategia d’impresa:
consente ai professionisti di presentare i propri beni e servizi e rappresenta
un fattore essenziale per il successo commerciale; favorisce altresì la
concorrenza fornendo ai clienti migliori informazioni e la possibilità di
confrontare i prodotti. Nel mercato unico, con un messaggio commerciale le
imprese possono raggiungere i clienti da ogni angolo d’Europa. Nelle relazioni tra imprese, i clienti e le
ditte concorrenti si aspettano dalle imprese un uso veritiero della
comunicazione commerciale e un comportamento professionalmente corretto. Le
piccole imprese – pilastro dell’economia europea[2] – sono particolarmente vulnerabili rispetto
alle pratiche commerciali ingannevoli poiché non hanno le risorse per
tutelarsi, e necessitano di un quadro chiaro ed efficiente che garantisca una
concorrenza leale e metta a disposizione mezzi efficaci per farne rispettare le
regole. Le norme dell’UE sulla pubblicità diretta alle
imprese (B2B) mirano a garantire che le società usino messaggi pubblicitari
veritieri e pratiche di commercializzazione oneste. Tali norme costituiscono un
quadro regolamentare necessario nell’ambito del marketing tra imprese dove le
società godono di ampia libertà contrattuale. In particolare, la direttiva
sulla pubblicità ingannevole e comparativa[3] fissa un livello minimo comune di tutela
contro la pubblicità ingannevole per i professionisti in tutta l’UE e disciplina
altresì la pubblicità comparativa. Con la diffusione della pubblicità online, le
pratiche pubblicitarie e di commercializzazione stanno cambiando e possono
influenzare migliaia di imprese in tutto il mondo. Pratiche pubblicitarie
ingannevoli, come quelle di società di compilazione degli annuari[4],
continuano a causare notevoli danni alle imprese, specialmente a quelle di
piccole dimensioni. Nel Riesame dello “Small Business Act”[5], la
Commissione ha pertanto annunciato la sua intenzione di valutare nuovamente il
funzionamento delle norme vigenti. Più in generale, pregiudicando la capacità
delle imprese di operare scelte informate, e quindi efficienti, le pratiche
commerciali ingannevoli portano a un malfunzionamento del mercato. La
distorsione dei meccanismi attraverso cui le imprese prendono le decisioni
economiche produce altrettante distorsioni della concorrenza, o perché il
professionista che tiene un comportamento sleale riesce ad accaparrarsi le
imprese clienti distraendole dai concorrenti onesti, o perché le imprese
danneggiate sono obbligate a pagare per servizi inutili di nessun valore.
Inoltre, le pratiche di commercializzazione ingannevoli hanno un effetto a
cascata sui consumatori poiché questi devono pagare di più per prodotti e
servizi. La presente comunicazione vuole offrire quindi
una panoramica delle modalità con cui la direttiva sulla pubblicità ingannevole
e comparativa è attuata negli Stati membri, identificare i problemi a livello
della sua applicazione e delineare i progetti per una sua futura revisione. 2. La direttiva e la sua attuazione negli
Stati membri 2.1. Sviluppo e portata delle
norme dell’Unione in materia di pubblicità nei rapporti tra imprese La direttiva sulla pubblicità ingannevole e
comparativa è uno strumento orizzontale che si applica a tutte le forme di
pubblicità destinata alle imprese. In essa la pubblicità è definita in termini
molto ampi, ossia come qualsiasi messaggio, senza che ne sia specificata la
forma, diffuso allo scopo di promuovere la fornitura di beni o servizi. Vi
rientrano quindi sia la pubblicità in senso tradizionale che altri tipi di
pratiche di commercializzazione. La direttiva stabilisce una norma minima
comune di tutela che si applica alla pubblicità ingannevole in ogni transazione
tra imprese in tutta l’Unione europea, pur lasciando agli Stati membri la
libertà di fissare livelli di protezione più alti. La direttiva stabilisce anche norme uniformi
in materia di pubblicità comparativa[6],
che fissano le condizioni per valutare quando tale tipo di pubblicità è
consentita[7];
lo scopo è garantire che tale pubblicità metta a confronto ciò che è
comparabile, sia oggettiva, non denigri o discrediti i marchi di altre società
e non crei confusione tra i professionisti. L’azione dell’Unione in questo campo è
iniziata nel 1984, quando è stata adottata la prima direttiva sulla pubblicità
ingannevole[8]
per proteggere sia i consumatori che le imprese. Senza entrare nel campo molto
più vasto della concorrenza sleale e delle pratiche commerciali sleali, la
direttiva si limitava inizialmente all’importante settore della pubblicità;
tuttavia, molti Stati membri si erano già dotati di norme contro la pubblicità
ingannevole e i cambiamenti apportati dalla direttiva ai loro ordinamenti
giuridici sono stati limitati. Le norme sono state modificate nel 1997 per
includervi disposizioni di piena armonizzazione sulla pubblicità comparativa[9], dal
momento che le regole vigenti negli Stati membri in questo settore erano
largamente divergenti[10],
comportando quindi un ostacolo alla libera circolazione dei beni e dei servizi
e una fonte di distorsioni della concorrenza. Nel 2005 la direttiva sulle pratiche
commerciali sleali[11]
ha introdotto un quadro giuridico complessivo e a sé stante, che tutela i
consumatori contro ogni forma di pratica commerciale sleale, prima durante e
dopo la conclusione di una transazione commerciale, e che si applica anche a
tutte le pratiche pubblicitarie lesive degli interessi economici dei
consumatori, a prescindere dal fatto che ledano gli interessi di un concorrente.
La direttiva sulle pratiche commerciali sleali ha ridotto il campo di
applicazione della direttiva sulla pubblicità ingannevole e comparativa a
situazioni in cui la pubblicità è rivolta unicamente alle imprese. Le
disposizioni sulla pubblicità comparativa hanno però conservato la loro
rilevanza rispetto alle operazioni commerciali tra imprese e consumatori in
quanto permettono di valutare in generale se la pubblicità comparativa sia
lecita. Nel 2006 la direttiva sulla pubblicità
ingannevole e comparativa e i suoi successivi emendamenti sono stati
consolidati in una nuova direttiva[12].
2.2. Panoramica sull’attuazione
della direttiva negli Stati membri La direttiva sulla pubblicità ingannevole e
comparativa è stata recepita negli Stati membri attraverso vari strumenti
legislativi, quali ad esempio codici commerciali, norme generali di tutela dei
consumatori e leggi in materia di commercializzazione. Se da un lato le norme
di piena armonizzazione sulla pubblicità comparativa sono state recepite in modo
uniforme, dall’altro, stando alle informazioni raccolte dalla Commissione su
tutti gli ordinamenti degli Stati membri, vi è una grande diversità di norme
che vanno oltre il livello minimi di protezione nell’Unione contro la
pubblicità ingannevole. Alcuni Stati membri hanno deciso di andare
oltre la norma minima comune sancita dalla direttiva sulla pubblicità
ingannevole e comparativa e hanno esteso, in tutto o in parte, ai rapporti tra
imprese il livello di protezione assicurato dalla direttiva sulle pratiche
commerciali sleali. In particolare, in Austria, Danimarca, Germania, Francia,
Italia e Svezia la legislazione nazionale che tutela i consumatori contro le
pratiche commerciali sleali si applica anche, in tutto o in parte, alle
pratiche di commercializzazione dirette alle imprese. Altri Stati membri danno
invece rilievo alla libertà contrattuale e al maggior grado di diligenza atteso
nelle transazioni tra imprese e non considerano opportuno tutelare allo stesso
modo le imprese e i consumatori: ad esempio, nella Repubblica ceca, in Polonia
e nel Regno Unito la legislazione pertinente in materia di pubblicità tra
imprese conferisce solo la protezione minima prevista dalle norme dell’Unione.
In generale, sono molti i modelli scelti dagli Stati membri per recepire la
direttiva[13].
Di conseguenza, il livello di protezione
per le imprese europee è variabile e le lascia nell’incertezza circa i loro
diritti ed obblighi nelle situazioni transfrontaliere. Le differenze tra i
regimi di tutela per i consumatori e per le imprese rendono ancor più incerto
il quadro. Per quanto
riguarda i sistemi di controllo del rispetto delle norme, le condizioni
introdotte dalla direttiva sulla pubblicità ingannevole e comparativa sono
piuttosto limitate. In termini generali, gli Stati membri devono assicurare la
disponibilità di mezzi adeguati ed efficaci per combattere la pubblicità
ingannevole e garantire l’osservanza delle disposizioni in materia di
pubblicità comparativa: tra l’altro, devono introdurre la possibilità di
promuovere azioni giudiziarie contro pubblicità che violano la legge, devono
conferire alle autorità giudiziarie o amministrative il potere di far
sospendere o di vietare la pubblicità ingannevole e devono esigere che l’operatore
pubblicitario fornisca prove sull’esattezza materiale dei dati di fatto
contenuti nella pubblicità[14].
Attualmente gli Stati membri assicurano il rispetto di questa direttiva sulla
base di ordinamenti nazionali diversi. La differenza più importante consiste
nella possibilità, per le pubbliche autorità, di garantire l’osservanza
delle norme (public enforcement): in alcuni Stati membri, le
autorità possono ricorrere contro professionisti disonesti, mentre in altri
possono farlo solo le vittime. Queste disparità modificano l’effettivo livello
di protezione, specie nella pubblicità transfrontaliera. Il controllo da
parte delle pubbliche autorità nei confronti di un professionista che usa
pratiche di commercializzazione ingannevoli è possibile in paesi come la
Bulgaria, la Francia, l’Italia, la Lettonia, la Lituania, la Romania e il Regno
Unito[15].
In altri Stati
membri solo le società interessate o specifiche associazioni possono agire in
giudizio: ad esempio, Austria e Germania hanno un sistema di associazioni
private di auto-regolamentazione che possono agire in giudizio contro
professionisti; il controllo dell’osservanza delle norme si basa su azioni di
diritto civile e le sanzioni possono consistere in ordinanze di sospensione,
ingiunzioni o richieste di danni. In Polonia, Repubblica ceca e Irlanda spetta
all’impresa interessata agire in giudizio, mentre le pubbliche autorità
intervengono solo nei casi in cui le pratiche sleali costituiscono un reato ai
sensi del diritto penale[16].
Vi è inoltre un’abbondante
giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea in materia di
pubblicità ingannevole e comparativa[17].
Dal 1984, quando è stata adottata la prima direttiva sulla pubblicità
ingannevole, le sentenze della Corte hanno fornito importanti chiarimenti.
Fondamentale è stata l’azione della Corte nel gettare le basi della definizione
di “consumatore medio”, termine che successivamente, nel 2005, è stato
incorporato nella direttiva sulle pratiche commerciali sleali, la quale
disciplina oggi la pubblicità nei rapporti tra imprese e consumatori. Inoltre, la Corte
ha esaminato in più occasioni le condizioni alle quali la pubblicità
comparativa è consentita, trattandosi, in molti Stati membri, di una forma di
commercializzazione nuova i cui confini andavano ancora tracciati. Ad esempio,
la Corte ha definito la condizione per il confronto del livello generale dei
prezzi[18]
e ha interpretato le disposizioni riguardanti il confronto di prodotti recanti
una denominazione d’origine[19]. 3. Consultazione pubblica e problemi
identificati Per raccogliere informazioni più specifiche
sulle pratiche pubblicitarie ingannevoli, la Commissione ha indetto una
consultazione pubblica e chiesto informazioni dettagliate agli Stati membri
mediante un questionario[20].
Nell’ambito della presente revisione, la
Commissione non solo ha raccolto dati sull’efficacia generale e sui problemi
esistenti nell’applicazione della direttiva, ma ha anche ottenuto informazioni
su questioni più vaste relative alle pratiche di commercializzazione. La
valutazione ha riguardato vari tipi di comunicazioni commerciali nei rapporti
tra imprese aventi come obiettivo la promozione di beni e servizi[21]. La presente comunicazione si concentra sulle
pratiche di commercializzazione ingannevoli che comprendono anche la pubblicità
ingannevole e le tecniche di marketing che non sono facilmente qualificabili
secondo l’attuale definizione di pubblicità. Riguarda ad esempio situazioni in
cui l’intento commerciale o l’identità del professionista sono nascosti e la
comunicazione si spaccia per un mero aggiornamento di informazioni o una
comunicazione da parte delle autorità. La consultazione pubblica si è svolta tra il 21
ottobre e il 16 dicembre 2011 e ha suscitato notevole interesse e prodotto un
totale di 280 risposte. È stato raggiunto un buon equilibrio, dal punto di
vista tanto della copertura geografica[22] che del tipo di partecipanti (16 associazioni
europee, 10 autorità nazionali, 41 organizzazioni imprenditoriali, 142 società
di cui 126 PMI, e 38 cittadini)[23].
3.1. Le più comuni pratiche di
commercializzazione ingannevoli La stragrande maggioranza dei partecipanti
alla consultazione si è concentra su una serie di pratiche di
commercializzazione ingannevoli che sono molto spesso utilizzate a livello
transfrontaliero (talvolta chiamate anche frodi o truffe mediante marketing
di massa)[24].
Oltre alle ben note formule ingannevoli delle
società di compilazione di annuari[25],
sono state riferite le seguenti pratiche diffuse: · Moduli di pagamento falsi, presentati sotto
forma di fatture per servizi che il professionista avrebbe teoricamente già
richiesto e che invece non ha mai ordinato, oppure richieste di pagamento fatte
passare come provenienti da pubbliche autorità, ad esempio il registro
ufficiale delle imprese. · Offerte di estensione dei nomi di dominio internet (ad esempio
estensione ai domini di un altro paese) con cui un professionista, attraverso
tecniche di marketing di massa, fornisce informazioni false ed esercita
pressione psicologica al fine di concludere un contratto; il professionista
finge di offrire un servizio di qualità superiore mentre di fatto chiede un
prezzo esorbitante per registrare un semplice dominio che può essere facilmente
ottenuto attraverso fornitori ufficiali a prezzi inferiori. · Offerte di estendere la tutela per marchi registrati in altri
paesi, proposte da professionisti che impiegano pubblicità ingannevole e
forniscono informazioni false sulla natura del servizio; una simile tutela dei
marchi registrati, infatti, può essere concessa solo da organismi ufficiali,
mentre ciò che offre il professionista è la mera inserzione in un annuario. · Consulenza legale attraverso un sito internet sulla base di una formula
di marketing in cui il servizio offerto è meramente costituto da banche dati
giuridiche gratuite e accessibili al pubblico, e il professionista fornisce
informazioni ingannevoli sulle caratteristiche del servizio; nonostante il
prezzo elevato, il valore aggiunto offerto dal professionista è quindi quasi
inesistente. · Marketing ingannevole sulla pubblicità sui social network,
basato su pratiche che comportano prezzi abusivi (ad esempio, un costo molto
elevato per ogni clic), quando in realtà questo servizio è offerto dagli stessi
social network a prezzi molto inferiori. In alcuni Stati membri si verifica il problema
di professionisti che inviano fatture per certi servizi sostenendo che sono
stati richiesti per telefono, quando in realtà non è stato concluso alcun
contratto. Alcune delle società che hanno risposto alla
consultazione della Commissione hanno lamentato anche l’uso di argomentazioni
ecologiche ingannevoli[26],
pratiche sleali di pubblicità comparativa e, più in generale, la mancanza di
informazioni sufficienti nella fase precontrattuale nei rapporti tra imprese di
cui una detenga un forte potere negoziale. Inoltre, i partecipanti alla consultazione
ritengono che le pratiche di commercializzazione ingannevoli nell’ambiente
online costituiscano un serio problema, e che sia in aumento la pubblicità
ingannevole transfrontaliera a danno delle imprese. Una nuova tendenza
identificata è la crescita di formule online che danneggiano le imprese a
livello mondiale. 3.2. Pratiche sleali delle società
di compilazione degli annuari 3.2.1. Genesi del problema Tra le pratiche di commercializzazione
ingannevoli che causano i maggiori problemi alle imprese in Europa, preoccupano
soprattutto quelle delle società di compilazione di annuari. Impiegati su larga
scala e origine di danni economici considerevoli, questi metodi non sono
affatto una novità[27],
ma negli ultimi anni l’avvento di internet, i nuovi strumenti di marketing di
massa[28]
e costi di pubblicazione bassi hanno cambiato la scala del problema. Pare che i
più noti operatori di questo tipo di tecniche di marketing di massa possano
inviare fino a 6 milioni di moduli all’anno. Su questo problema si è espresso il Parlamento
europeo in due risoluzioni adottate rispettivamente il 16 dicembre 2008[29] e il 9
giugno 2011[30],
reclamando vigorosamente una migliore cooperazione tra gli Stati membri, la
revisione della direttiva sulla pubblicità ingannevole e comparativa e una
migliore tutela per le imprese. Questi metodi possono prevedere svariate
forme: quella più frequente consiste nell’invio, da parte delle società di
compilazione degli annuari, di moduli di richiesta di aggiornamento,
apparentemente gratuito, dei dati negli annuari; quando il professionista
destinatario firma il modulo, però, viene informato che ciò che ha firmato è un
contratto e che gli verrà fatturato un canone annuale. I tentativi di recedere
dal contratto sono di norma rifiutati e le società sono spesso citate in
giudizio da agenzie di recupero crediti per le somme che a loro dire sarebbero
dovute. Il caso delle società di compilazione degli
annuari disoneste è un esempio del più vasto problema dei vari metodi
ingannevoli mirati a professionisti, in particolare le piccole imprese e liberi
professionisti come i medici o gli idraulici. 3.2.2. Dati sulla portata del
problema Uno studio per la
relazione richiesta dal Parlamento europeo nel 2008 ha documentato più di 13 000 denuncie
in 16 Stati membri e ha indicato che questa sarebbe solo “la punta dell’iceberg”[31]. È evidente che
numerosi Stati membri considerano grave il problema delle pratiche ingannevoli
delle società di compilazione degli annuari[32], benché solo pochi siano in possesso di dati
affidabili su questo fenomeno. In Belgio le autorità hanno ricevuto 460
denuncie nel 2008, 1165 nel 2009 e 1258 nel 2010. Nel Regno Unito, nel
periodo 2008-2010, le denunce sono state 1318. Le autorità ceche hanno fornito
cifre provenienti dall’associazione nazionale di tutela delle imprese, secondo
cui circa 2000 persone sarebbero state vittime di varie truffe di questo tipo
tra il 2007 e il 2010. In Ungheria solo di recente una truffa su vasta scala
operata da una società di compilazione di annuari ha attirato l’attenzione dei
media, mentre in alcuni Stati membri, come la Bulgaria, Cipro, la Lettonia e la
Romania, il problema sembra non esistere o non essere denunciato. Anche per le imprese questo problema è grave:
quasi la metà delle risposte alla consultazione pubblica provenivano da società
direttamente danneggiate da metodi ingannevoli di società di compilazione di
annuari. Se le PMI e i liberi professionisti sono i più vulnerabili, altri tipi
di imprese e organizzazioni sono ugualmente colpiti. È molto difficile
quantificare il danno economico per le singole imprese, ma si può stimare che
ammonti a una cifra tra i 1 000 e i 5 000 euro l’anno per impresa. Molte piccole imprese riportano altresì di
essere state vittime di vessazione psicologica costante: da molti anni
combattono, sotto la minaccia di azioni legali in paesi stranieri, con “costi
amministrativi” che aumentano e chiamate da parte delle agenzie di recupero
crediti, che le vittime descrivono come molto simili a minacce. Alcuni dei
partecipanti alla consultazione hanno potuto anche fornire dati specifici che
mostrano le dimensioni del problema[33].
3.2.3. Interventi legislativi e
repressivi contro le pratiche ingannevoli delle società di compilazione degli
annuari Le pratiche in oggetto rientrano nel campo di
applicazione della direttiva sulla pubblicità ingannevole e comparativa, ma
alcune autorità di contrasto hanno sollevato dubbi in merito al fatto che si
tratti di pubblicità poiché, in realtà, non c’è una vera promozione di beni o
servizi e il rapporto commerciale è solo apparente. L’applicazione e l’efficacia
della direttiva restano quindi un problema. Alcuni metodi sono stati oggetto di
azione giudiziaria, ma i risultati sembrano variabili: in Danimarca e Austria,
grazie all’efficace cooperazione tra organizzazioni imprenditoriali e polizia,
nonché alla costante giurisprudenza delle autorità giudiziarie, questi metodi
sono stati quasi completamente sradicati a livello nazionale, anche se sul
fronte transfrontaliero restano un problema. Anche le autorità in Belgio,
Francia e Spagna sono passate all’azione per garantire l’osservanza delle
norme, ma anche in questo caso gli interventi si sono limitati al livello
nazionale. Nella legislazione di Austria (2000)[34] e Belgio
(2011)[35]
sono state introdotte specifiche norme giuridiche aventi ad oggetto le pratiche
ingannevoli delle società di compilazione degli annuari. L’Austria ha ridotto
in maniera significativa il problema a livello nazionale ma le società
austriache sono ancora il bersaglio di pratiche di commercializzazione
ingannevoli che hanno origine in altri Stati membri. Nei Paesi Bassi è stato
istituito uno sportello per il sostegno in caso di frodi pubblicitarie e l’assistenza
alle vittime. 3.3. Risultato generale della
consultazione Coloro che hanno preso parte alla
consultazione sostengono ampiamente l’intervento legislativo. Dalla
consultazione è emersa forte la richiesta di maggiore protezione per le
piccole imprese e i liberi professionisti contro le pratiche di
commercializzazione ingannevoli[36].
Inoltre, sembra esserci un consenso sulla necessità di una procedura di
cooperazione per i casi transfrontalieri di pubblicità ingannevole, in quanto
la maggioranza ha dichiarato che le procedure per far valere il rispetto delle
norme non sono efficaci. Questo messaggio è stato sollevato in modo
ricorrente, sia dalle piccole imprese che dalle camere di commercio e dalle
autorità pubbliche[37].
Un forte sostegno è stato espresso anche a favore di uno strumento per tutta l’Unione
a tutela delle imprese contro le più dannose pratiche di marketing ingannevoli[38]. Emerge altresì
dalla consultazione che quasi nessuno Stato membro finora è intervenuto a
livello transfrontaliero contro la pubblicità ingannevole. Vari Stati membri
ritengono che ciò sia la conseguenza della mancanza di sistemi di cooperazione
strutturata e il punto debole della direttiva sulla pubblicità ingannevole e
comparativa, che contiene solo norme generali per determinare se una
comunicazione commerciale sia ingannevole[39]. 4. Valutazione della Commissione La Commissione ha condotto un’indagine
approfondita dei problemi legati alle pratiche di commercializzazione sulla
base della consultazione, delle informazioni provenienti dagli Stati membri e
di numerose denunce, giungendo alle seguenti conclusioni: ·
la direttiva sulla pubblicità ingannevole e
comparativa[40]
e i vigenti sistemi di auto-regolamentazione previsti dal suo articolo 6
risultano costituire un quadro normativo relativamente solido per una
considerevole parte del mercato pubblicitario diretto alle imprese. In numerosi
Stati membri le imprese hanno adottato codici e standard di
autoregolamentazione volontaria per la pubblicità, che agevolano la creazione
di pari condizioni di concorrenza, la definizione di buone prassi commerciali e
l’offerta di metodi alternative di risoluzione delle controversie; ·
tuttavia, il persistere di certi metodi ingannevoli
su larga scala mostra che l’attuale combinazione di norme a livello dell’Unione
e auto-regolamentazione deve essere rafforzata per combattere alcune specifiche
truffe. Le piccole imprese sono le più colpite da queste pratiche, in quanto in
termini di vulnerabilità non sono in una situazione molto diversa da quella dei
consumatori, anche se il livello di diligenza atteso nei rapporti tra imprese è
lo stesso da parte di piccole e grandi società. ·
Inoltre, dovrebbe essere tenuta in particolare
considerazione l’interpretazione delle norme in materia di pubblicità
comparativa nei casi in cui la Corte di giustizia dell’Unione europea ha
sviluppato una corposa giurisprudenza. 4.1. Pratiche di
commercializzazione che richiedono un intervento legislativo a livello del’UE L’ampiezza e la persistenza di talune pratiche
di commercializzazione chiaramente ingannevoli e il danno economico che
procurano, sia a livello nazionale che transfrontaliero, devono essere
affrontati in maniera più mirata ed efficiente nell’ambito dell’UE. In primo luogo, la definizione di
pubblicità nell’attuale direttiva non è sufficientemente chiara per fermare
le esistenti pratiche di marketing ingannevoli e per reagire agli sviluppi
futuri. Ai sensi della direttiva, la pubblicità è definita come una
rappresentazione in qualunque forma finalizzata a promuovere beni o servizi, ma
questa definizione può rivelarsi imprecisa rispetto a pratiche di marketing
camuffate come una fattura o un pagamento obbligatorio. Di conseguenza i
professionisti vittime del fenomeno, così come le autorità di contrasto
nazionali, possono avere difficoltà a riconoscere in queste pratiche della “pubblicità”
così come definita dalla direttiva e non si avvalgono quindi della stessa come
base giuridica per un’eventuale azione. Inoltre, il test per determinare se una
pratica è ingannevole non conferisce sufficiente certezza giuridica per
opporsi a questi metodi chiaramente ingannevoli[41], in
quanto è ampio, generale e si presta a diverse interpretazioni e a valutazioni
caso per caso. Un ulteriore specifico divieto di pratiche di marketing dannose
(come ad esempio il fatto di occultare lo scopo commerciale di una comunicazione)
nella forma di una “lista nera” accrescerebbe la certezza giuridica e il
livello di protezione, senza produrre indebiti effetti sulla libertà
contrattuale nei rapporti tra imprese. L’attuale direttiva non contempla una
procedura di cooperazione transfrontaliera[42], per cui le autorità nazionali non hanno
una base formale che giustifichi la richiesta d’intervento esecutivo da parte
dei loro omologhi negli altri Stati membri. Inoltre, non esistono attualmente
strumenti per condividere le informazioni relative alle pratiche di marketing
che colpiscono le imprese in Europa. In alcuni Stati membri[43], le
autorità nazionali sono oltretutto sprovviste di poteri esecutivi per fermare
queste pratiche nei rapporti tra imprese, cosicché, in situazioni di pratiche
ingannevoli transfrontaliere, le vittime sono costrette ad agire in
giurisdizioni straniere con alti costi. Anche nei casi di pratiche ingannevoli
su larga scala e con un danno economico complessivo elevato, l’unica possibile
risposta dell’amministrazione è l’indagine penale per frode, che non sembra
apportare risultati sufficienti. Può infatti risultare difficile in certi casi
provare che determinate pratiche ingannevoli costituiscono una frode ai sensi
del diritto penale, dal momento che può effettivamente esservi la prestazione
di un servizio. Manca
alle autorità nazionali un sistema di cooperazione reciproca e la
possibilità di richiedere un intervento esecutivo ai loro omologhi negli altri
Stati membri anche quando pratiche di commercializzazione ingannevoli
mettono a repentaglio l’interesse economico collettivo delle imprese, ossia
quando lo scopo non è occuparsi di controversie commerciali e far rispettare i
diritti di singole imprese, ma intervenire in casi di disfunzione grave del
mercato e di pratiche largamente diffuse che causano danni alle imprese
europee. 4.2. Pubblicità comparativa Anche
se nella pubblicità comparativa è insito il rischio di inganno riguardo ai
prodotti confrontati e ai loro prezzi, questo tipo di pubblicità può anche promuovere
la trasparenza e la concorrenza sul mercato. Da quando la direttiva sulla
pubblicità comparativa è stata adottata, si è sviluppata una corposa
giurisprudenza sul campo di applicazione di questo tipo di pubblicità[44]. Sulla base di questa giurisprudenza, la
Commissione intende analizzare la portata della definizione di pubblicità
comparativa e il suo rapporto con alcuni diritti di proprietà intellettuale dei
concorrenti. I settori che potrebbero richiedere ulteriori chiarimenti sono l’uso
del marchio del concorrente nella pubblicità comparativa, il confronto di
prodotti recanti denominazioni di origine con altri che ne sono sprovvisti,
così come le condizioni alle quali la pubblicità di un professionista può
legittimamente basarsi sul raffronto dei prezzi unicamente rispetto a certi
gruppi di prodotti. 5. Evoluzioni future La valutazione fatta dalla Commissione dei
problemi legati alla direttiva sulla pubblicità ingannevole e comparativa
mostra la necessità di un intervento legislativo in quanto il quadro
giuridico attuale ha varie lacune, sia dal punto di vista delle norme
sostanziali che da quello delle procedure di esecuzione (norme processuali). È
pertanto intenzione della Commissione presentare una proposta che rafforzi la
tutela delle imprese contro le pratiche transfrontaliere di commercializzazioni
ingannevoli. Tale proposta di modifica della direttiva attuale sarà completata
da una futura iniziativa sulle pratiche commerciali sleali tra imprese nelle
catene di vendita. Questa revisione della direttiva si
concentrerà su specifici settori problematici: chiarirà l’interazione
della direttiva con la direttiva sulle pratiche commerciali sleali; avrà lo
scopo di migliorare l’efficacia dell’esecuzione transfrontaliera, compresa la
cooperazione tra autorità competenti degli Stati membri e di rafforzare le
norme sostanziali fondamentali; risponderà alle esigenze delle imprese senza
creare inutili oneri amministrativi[45].
La Commissione intensificherà altresì l’esecuzione e creerà un gruppo di lavoro
ad hoc di autorità di esecuzione nazionali che sarà immediatamente operativo. 5.1. Incremento dell’esecuzione
delle norme vigenti con effetto immediato Malgrado i limiti dell’attuale quadro
legislativo sulle pratiche di commercializzazione ingannevoli tra imprese, la
Commissione insisterà per una più efficace esecuzione sulla base delle norme
vigenti. Come primo intervento, e in parallelo al
lavoro in ambito legislativo, la Commissione intensificherà l’esecuzione della
direttiva sulla pubblicità ingannevole e comparativa. Per far questo,
verificherà insieme agli Stati membri quali misure possono essere adottate nel
quadro delle norme vigenti per migliorare la situazione delle imprese prima che
una nuova proposta entri in vigore. Per facilitare la cooperazione degli Stati
membri, la Commissione creerà nei prossimi mesi un gruppo di lavoro ad hoc
composto da autorità di esecuzione nazionali e da autorità con un ruolo
cruciale nello scambio di informazioni sulle pratiche di marketing ingannevoli
su vasta scala e nelle attività di contrasto. La Commissione europea - istituirà, immediatamente, una rete ad hoc di autorità per intensificare l’esecuzione della direttiva sulla pubblicità ingannevole e comparativa e condividere le informazioni. 5.2. Presentazione di una proposta
legislativa 5.2.1. Nuove norme sostanziali sulle
pratiche di marketing ingannevoli Oltre che di una migliore applicazione delle
norme e di maggiore cooperazione, le imprese necessitano chiaramente di
ulteriori norme sostanziali che chiariscano la posizione giuridica e
disciplinino le pratiche di marketing più dannose tra quelle che le colpiscono
in Europa. In particolare, deve essere chiarito il campo
di applicazione della direttiva affinché una clausola generale regoli senza
ambiguità e vieti tutti i tipi di pratiche di commercializzazione ingannevoli. L’introduzione di una nuova definizione di
pratiche di commercializzazione ingannevoli chiarirà il campo di
applicazione della direttiva e servirà a meglio tutelare le imprese nella
misura in cui regolerà più efficacemente situazioni in cui una pratica di
marketing non sia facilmente riconoscibile come tipica pubblicità, eliminando
così la confusione e portando certezza giuridica. Alcune specifiche pratiche
pubblicitarie, come le argomentazioni ecologiche[46], possono
altresì richiedere definizioni aggiuntive e chiare, alla luce di quanto è
riportato in questo settore[47]. Inoltre, la Commissione intende potenziare la
tutela accordata dalle clausole generali nella direttiva introducendo un
livello supplementare di protezione, anche a vantaggio di un’esecuzione più
chiara, nella forma di una lista nera di pratiche di commercializzazione
ingannevoli vietate. I nuovi strumenti legislativi saranno perciò impostati
su un sistema a due livelli di divieto, con una clausola generale che si
applica a tutte le pratiche di marketing ingannevoli e una lista nera dei
metodi più dannosi nei rapporti tra imprese. In particolare questa lista nera comporterà un
divieto generale preventivo delle pratiche di commercializzazione ingannevoli,
come occultare lo scopo commerciale di una comunicazione, l’identità di un
professionista o informazioni fattuali sulle conseguenze della risposta a una
comunicazione. Inoltre, sarà chiaramente proibito camuffare una comunicazione
commerciale nella forma di una fattura o di un pagamento obbligatorio. La
Commissione esaminerà altresì soluzioni a livello nazionale, come quelle di
Austria e Belgio, dove specifiche norme vietano un certo numero di pratiche
ingannevoli o solo le pratiche ingannevoli delle società di compilazione degli
annuari. È intenzione della Commissione esaminare la
possibilità di inasprire le sanzioni per le violazioni di norme
nazionali applicate ai sensi della direttiva. Una simile proposta obbligherà
gli Stati membri ad assicurare che le sanzioni per pratiche di
commercializzazione ingannevoli nei rapporti tra imprese siano effettive,
proporzionate e dissuasive[48].
La Commissione prevede anche di chiarire
ulteriormente le norme sulla pubblicità comparativa, in particolare per quanto
riguarda il confronto di prezzi e il rapporto tra pubblicità comparativa e
diritti di proprietà intellettuale. La Commissione europea intende modificare la direttiva al fine di: - delinearne meglio il campo di applicazione introducendo una definizione più chiara di pratiche di commercializzazione ingannevoli; - introdurre una lista nera delle pratiche ingannevoli più dannose; - introdurre sanzioni effettive, proporzionate e dissuasive per violazioni delle norme nazionali adottate in applicazione della direttiva; - chiarire alcuni aspetti della pubblicità comparativa sulla base della giurisprudenza della Corte di giustizia. 5.2.2. Nuova procedura di
cooperazione per l’esecuzione Per trovare una soluzione alle divergenze tra
sistemi di esecuzione nazionali e all’assenza nella direttiva vigente di una
base per una cooperazione transfrontaliera efficiente, la Commissione intende
creare in questo settore una procedura di cooperazione per l’esecuzione, i cui
costi aggiuntivi siano minimi e che permetta alle autorità di esecuzione di
reagire in modo efficace quando problemi di natura transfrontaliera diventano
sistemici, colpiscono l’interesse collettivo delle imprese in Europa e violano
in modo palese le regole di concorrenza leale e le buone prassi commerciali. La Commissione vuole quindi proporre una procedura
di cooperazione per l’esecuzione che tuteli le imprese dalle pratiche di
commercializzazione ingannevoli. Affinché l’esecuzione transfrontaliera sia
supportata da una chiara base giuridica, sarà introdotto nella proposta
legislativa un esplicito obbligo di assistenza reciproca. Inoltre,
specifiche disposizioni obbligheranno gli Stati membri a designare autorità
di esecuzione dotate di poteri d’ufficio per la corretta ed effettiva
attuazione della direttiva sulla pubblicità ingannevole e comparativa. Ciò
significa che gli Stati membri potranno anche estendere i poteri di autorità
esistenti nel settore della tutela dei consumatori o della concorrenza[49] e non
dovranno necessariamente introdurre nuovi organi amministrativi. Un’applicazione
online per lo scambio di richieste garantirà una cooperazione rapida, sicura ed
efficiente dal punto di vista dei costi, senza comportare oneri e costi
aggiuntivi rilevanti per gli Stato membri. Allo scopo potrebbe essere utilizzato
l’esistente sistema d’informazione del mercato interno (IMI). Infine, la Commissione si attiverà per una
cooperazione a livello internazionale al fine di assicurare che le imprese
europee non siano bersaglio di pratiche di marketing ingannevoli in provenienza
da paesi terzi[50]. Nell’ambito della modifica legislativa, la Commissione europea intende: - creare una procedura di cooperazione per l’esecuzione (rete per l’esecuzione) che raggruppi le autorità nazionali di esecuzione competenti in materia di norme di tutela delle imprese affinché possano cooperare nei casi di pratiche di marketing ingannevoli transfrontalieri; - introdurre obblighi di assistenza reciproca per gli Stati membri che contemplino esplicitamente la possibilità di chiedere misure di esecuzione in situazioni transfrontaliere; - introdurre disposizioni che impongano agli Stati membri di designare un’autorità di esecuzione nel settore della commercializzazione tra imprese. 6. Conclusioni Tra il 2002 e il
2010[51], l’85% dei posti di
lavoro nell’UE è stato creato da piccole-medie imprese. Sono loro a detenere il
potenziale di crescita e a creare nuovi posti di lavoro, proprio ciò di cui l’Europa
ha bisogno in tempi di incertezza economica. Per prosperare ed espandersi nel
mercato unico, tutte le imprese necessitano di un quadro regolamentare
favorevole che non solo garantisca la loro libertà economica ma garantisca
anche sicurezza nelle transazioni con altri professionisti. Le piccole imprese,
in particolare, hanno bisogno di garanzie di base anche contro le pratiche di
marketing ingannevoli. La Commissione intende perciò proporre
modifiche specifiche alla direttiva sulla pubblicità ingannevole e comparativa
per eliminare pratiche ingannevoli dannose nel settore dei rapporti tra
imprese, come i metodi ingannevoli delle società di compilazione degli annuari.
A tal fine la Commissione presenterà una proposta legislativa mirata e
intensificherà le azioni volte ad assicurare che le norme vigenti siano
pienamente rispettate. [1] Europa 2020
- Una strategia per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva (COM(2010)
2020). [2] Tra le
piccole e medie imprese, 9 su 10 PMI sono micro-imprese con meno di 10
dipendenti. [3] Direttiva
2006/114/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, concernente
la pubblicità ingannevole e comparativa (nella presente comunicazione, “la
direttiva”) (GU L 376 del 27.12.2006, pag. 21). [4] Si veda
la sezione 3.2. Le pratiche sleali di società di compilazione degli annuari
consistono nell’invio alle imprese di moduli con la richiesta, apparentemente
gratuita, di aggiornare le relative informazioni nell’annuario. Quando
l’impresa destinataria firma il modulo, però, viene informata che ciò che ha
firmato è un contratto e che le verrà fatturato un canone annuale. [5] Riesame
dello “Small Business Act” per l’Europa (COM(2011)78). [6] Qualsiasi
pubblicità che identifica in modo esplicito o implicito un concorrente o beni o
servizi offerti da un concorrente. [7] Ai sensi
dell’articolo 1, la direttiva ha lo scopo di tutelare solo le imprese dalla
pubblicità ingannevole e dalle sue conseguenze sleali, ma stabilisce le
condizioni di liceità della pubblicità comparativa sia per i consumatori che
per le imprese. [8] Direttiva
84/450/CEE del Consiglio, del 10 settembre 1984, relativa al ravvicinamento
delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati
Membri in materia di pubblicità ingannevole (GU L 250 del 19.9.1984, pag. 17). [9] Direttiva
97/55/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 ottobre 1997, che
modifica la direttiva 84/450/CEE. [10] Mentre in
Danimarca, Svezia o Regno Unito la pubblicità comparativa era piuttosto
diffusa, e in Francia, Germania e Italia era consentita espressamente dalla
giurisprudenza nazionale, sia pur secondo un’interpretazione restrittiva, in
Lussemburgo era considerata un atto di concorrenza sleale, e in Portogallo era
soggetta ad un regime di autorizzazione ad hoc. [11] Direttiva 2005/29/CE
del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 maggio 2005, relativa alle
pratiche commerciali sleali tra imprese e consumatori nel mercato interno e che
modifica la direttiva 84/450/CEE del Consiglio e le direttive 97/7/CE, 98/27/CE
e 2002/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e il regolamento (CE) n. 2006/2004
del Parlamento europeo e del Consiglio (“direttiva sulle pratiche commerciali
sleali”) (GU L 149 dell’11.6.2005, pag. 22). [12] Direttiva 2006/114/CE
del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, concernente la
pubblicità ingannevole e comparativa (GU L 376 del 27.12.2006, pag. 21). [13] In
Bulgaria le norme in materia di pubblicità ingannevole e comparativa sono
contenute nella legge sulla tutela della concorrenza. A Cipro esiste una legge
distinta sul controllo dei messaggi pubblicitari ingannevoli e comparativi.
L’Ungheria distingue, nei rapporti tra imprese, fra pubblicità ingannevole,
disciplinata dalla legge sugli obblighi minimi e su talune restrizioni alla
pubblicità comparativa, e altre pratiche sleali, disciplinate dalla legge sul
divieto delle pratiche commerciali sleali e della concorrenza sleale. Lettonia,
Lituania e Slovacchia hanno leggi distinte in materia di pubblicità. [14] Articolo 5,
paragrafo 1, e articoli 3 e 7 della direttiva 2006/114/CE. [15] In Francia
l’autorità responsabile per la tutela dei consumatori può svolgere indagini
contro professionisti disonesti e alcune violazioni possono comportare sanzioni
penali. L’autorità antitrust italiana ha il potere di condurre indagini in casi
di pubblicità ingannevole diretta ad imprese e di irrogare sanzioni pecuniarie.
In Lituania, il Consiglio per la concorrenza può imporre sanzioni
amministrative, analogamente alla Romania, il cui sistema di controllo
conferisce alla Direzione generale per gli aiuti di Stato, le pratiche sleali e
i prezzi regolamentati il potere di irrogare ammende ai professionisti. Nel
Regno Unito, l’Office of Fair Trading (Ufficio per la concorrenza) può
agire in giudizio per ottenere un’ingiunzione civile, ma la pubblicità
ingannevole è anche un reato, punibile con la reclusione fino a due anni. [16] Alcuni
casi di pratiche su vasta scala di pubblicità chiaramente ingannevole sono
stati trattati in base alle norme penali nazionali contro la frode. [17] Si vedano
in particolare le sentenze nelle cause C-362/88 GB-INNO-BM, C-373/90 Istruttoria
contro X, C-126/91, Schutzverband gegen Unwesen in der Wirtschaft,
C-210/96 Gut Springenheide e Tusky, C‑220/98 Estee Lauder,
C-112/99 Toshiba Europa, C-44/01 Pippig Augenotopic, C-71/02 Herbert
Karner Industrie-Auktionen, C-228/03 Gillette, C-59/05 Siemens,
C 533/06 O2 Holdings, C-487/07 L’Oréal, C-414/06 Lidl Belgium,
C-159/09 Lidl. [18] C-356/04 Lidl
Belgium. [19] C-381/05 De
Landtsheer Emmanuel SA. [20] Sono 21
gli Stati membri che hanno risposto al questionario. [21] Tra
questi: la pubblicità online, le argomentazioni ecologiche, la pubblicità
comparativa, ecc. La comunicazione non riguarda alcune pratiche contrattuali
tra società attive principalmente nel mercato al dettaglio, che possono essere
considerate sleali a causa di uno squilibrio nei rapporti dovuto al forte
potere negoziale di alcuni operatori del mercato. Questi aspetti saranno
trattati nella prossima iniziativa sulle pratiche commerciali sleali tra
imprese nelle catene di vendita al dettaglio. [22] La
Commissione ha ricevuto le risposte dei partecipanti da tutti gli Stati membri
tranne la Lettonia, la Lituania e Malta. [23] I risultati della consultazione pubblica sono disponibili
sul sito: http://ec.europa.eu/yourvoice/ipm/forms/dispatch?userstate=DisplayPublishedResults&form=MisleadingAd
[24] La
Federazione finlandese delle imprese osserva che, stando ad uno studio, il 60%
dei professionisti autonomi ha ricevuto “pubblicità shock” (disturbing
advertising) nel 2010. Secondo le stime dell’Associazione tedesca contro la
criminalità economica (DSW), le perdite annue per le imprese derivanti da
queste pratiche in Germania si aggirano intorno ai 340 milioni di EUR. [25] Cfr.
sezione 3.2. [26] Una
pratica con cui i professionisti vantano falsamente che i loro prodotti hanno
effetti benefici sull’ambiente, ad esempio riguardo al risparmio energetico. [27] L’Associazione
europea degli editori di annuari e banche dati (European Association of
Directory and Database Publichers – EADP) che rappresenta il settore degli
annuari, fa sapere che questo tipo di pratiche sleali era già noto ben 40 anni
fa e che una delle ragioni che ha portato alla creazione delle associazioni che
ne sono membri è stata proprio la necessità di distinguere i professionisti
onesti da quelli disonesti. [28] Quali la
pubblicità via email, su siti web e media sociali, via SMS. [29] Risoluzione
del Parlamento europeo del 16 dicembre 2008 sulle pratiche sleali delle società
di compilazione degli annuari, 2008/2126(INI), A6-0446/2008. [30] Risoluzione
del Parlamento europeo del 9 giugno 2011 sugli annuari commerciali ingannevoli,
2011/0269(RSP), B7-0342/2011. [31] “Misleading
practices of directory companies in the context of current and future internal
market legislation aimed at the protection of consumers and SMEs”
IP/A/IMCO/FWC/2006-058/LOT4/C1/C6. [32] In
particolare Austria, Belgio, Germania, Francia, Lussemburgo, Polonia,
Portogallo, Repubblica ceca, Svezia, Slovacchia e Regno Unito. [33] Ad
esempio, la Federazione danese delle imprese è arrivata a ricevere 200 chiamate
al mese riguardo a questo problema. Un organismo di auto-regolamentazione della
pubblicità spagnolo ha ricevuto negli ultimi 5 anni 902 denunce. Le autorità
belghe riferiscono che più del 9% di tutte le denunce (provenienti da
consumatori e da imprese) riguarda le pratiche ingannevoli di società di
compilazione degli annuari. [34] UWG (Legge
sulla concorrenza sleale), articolo 28a. [35] Articoli
da 95 a 99 della legge belga del 23 giugno 2011 sulle pratiche commerciali e la
tutela del consumatore. Capo 4, sezione 2: pratiche commerciali sleali rispetto
a soggetti diversi dai consumatori. [36] Il 79% dei
partecipanti alla consultazione era a favore di una maggiore protezione delle
piccole imprese, specialmente nelle transazioni transfrontaliere. [37] L’85% dei
partecipanti alla consultazione si è detto favorevole alla creazione di una
procedura di cooperazione nei casi transfrontalieri. [38] L’84% dei
partecipanti alla consultazione si è detto favorevole ad un intervento a
livello dell’UE contro le pratiche commerciali più dannose che incidono sulle
imprese. [39] La
debolezza delle disposizioni di merito riguarda principalmente i criteri per
stabilire se una pubblicità è ingannevole ai sensi dell’articolo 3 della
direttiva. [40] L’ampia
definizione di pubblicità (articolo 2bis), di pubblicità ingannevole (articolo 2ter)
e i criteri per stabilire se una pubblicità è ingannevole (articolo 3). [41] Articolo 2,
paragrafo 2, e articolo 3 della direttiva 2006/114/CE. [42] Ad
esempio, una procedura simile agli obblighi di assistenza reciproca sanciti dal
regolamento (CE) n. 2006/2004 sulla cooperazione per la tutela dei
consumatori. [43] Ad esempio
in Irlanda, Paesi Bassi, Polonia e Repubblica ceca. [44] C-112/99 Toshiba
Europe, C-44/01 Pippig Augenoptik, C-356/04 Lidl Belgium, C-59/05
Siemens AG; C-381/05 De Landtsheer Emmanuel, C-533/06 O2
Holdings; C-487/07 L’Oréal SA e C-159/09 Lidl. [45] Le azioni
previste saranno soggette ad una completa valutazione d’impatto e alle norme
previste nel quadro finanziario proposto dalla Commissione. [46] Pubblicità
che vanta che il prodotto è più benefico o meno dannoso per l’ambiente dei
prodotti offerti dai concorrenti. [47] In
parallelo, la Commissione intende raccomandare buone prassi basate su un
approccio legato al ciclo di vita e su adeguate metodologie, come le future
Metodologie europee armonizzate per il calcolo dell’impatto ambientale di
prodotti (PEF) e organizzazioni (OEF). [48] Come già
l’articolo 13 della direttiva 2005/29/CE sulle pratiche commerciali sleali. [49] Sarà
valutata la fattibilità di estendere ad alcune pratiche tra imprese la portata
di procedure di cooperazione esistenti, come il meccanismo istituito dal
regolamento (CE) n. 2006/2004 sulla cooperazione per la tutela dei
consumatori, o dell’opzione di istituire una nuova procedura di cooperazione
specifica. [50] Ad
esempio, tale cooperazione può essere realizzata nel quadro della rete
internazionale per la tutela dei consumatori e l’esecuzione (International
Consumer Protection and Enforcement Network - ICPEN). [51] “Do
SMEs create more and better jobs?”, uno studio sull’impatto delle PMI sul
mercato del lavoro dell’UE, elaborato da EIM Business and Policy Research
con il sostegno finanziario della Commissione europea, Zoetemeer, novembre 2011.