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Document 52010XC0519(04)

Orientamenti sulle restrizioni verticali (Testo rilevante ai fini del SEE)

OJ C 130, 19.5.2010, p. 1–46 (BG, ES, CS, DA, DE, ET, EL, EN, FR, IT, LV, LT, HU, MT, NL, PL, PT, RO, SK, SL, FI, SV)

19.5.2010   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 130/1


Orientamenti sulle restrizioni verticali

(Testo rilevante ai fini del SEE)

2010/C 130/01

INDICE

 

Punti

Pagina

I.

INTRODUZIONE

1-7

3

1.

Finalità degli orientamenti

1-4

3

2.

Applicabilità dell’articolo 101 agli accordi verticali

5-7

3

II.

ACCORDI VERTICALI CHE NON RIENTRANO DI NORMA NEL CAMPO D’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 101, PARAGRAFO 1

8-22

4

1.

Accordi di importanza minore e PMI

8-11

4

2.

Accordi di agenzia commerciale

12-21

4

2.1.

Definizione degli accordi di agenzia commerciale

12-17

4

2.2.

L’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, agli accordi di agenzia commerciale

18-21

6

3.

Accordi di subfornitura

22

6

III.

APPLICAZIONE DEL REGOLAMENTO DI ESENZIONE PER CATEGORIA

23-73

7

1.

La «zona di sicurezza» istituita dal regolamento di esenzione per categoria

23

7

2.

Campo di applicazione del regolamento di esenzione per categoria

24-46

7

2.1.

Definizione di accordo verticale

24-26

7

2.2.

Accordi verticali tra imprese concorrenti

27-28

8

2.3.

Associazioni di dettaglianti

29-30

9

2.4.

Accordi verticali contenenti disposizioni relative ai diritti di proprietà intellettuale (DPI)

31-45

9

2.5.

Relazione con altri regolamenti di esenzione per categoria

46

11

3.

Restrizioni fondamentali previste dal regolamento di esenzione per categoria

47-59

11

4.

Casi individuali di restrizioni fondamentali relative alle vendite che possono non rientrare nel campo di applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, o che possono soddisfare le condizioni dell’articolo 101, paragrafo 3

60-64

15

5.

Restrizioni escluse dal regolamento di esenzione per categoria

65-69

16

6.

Separabilità

70-71

17

7.

Gamma di prodotti distribuiti attraverso uno stesso sistema di distribuzione

72-73

17

IV.

REVOCA DEL BENEFICIO E DISAPPLICAZIONE DEL REGOLAMENTO DI ESENZIONE PER CATEGORIA

74-85

18

1.

Procedura di revoca

74-78

18

2.

Disapplicazione del regolamento di esenzione per categoria

79-85

18

V.

DEFINIZIONE DEL MERCATO E CALCOLO DELLA QUOTA DI MERCATO

86-95

19

1.

Comunicazione della Commissione sulla definizione di mercato rilevante

86

19

2.

Il mercato rilevante per il calcolo della soglia basata sulla quota di mercato del 30% ai sensi del regolamento di esenzione

87-92

19

3.

Calcolo delle quote di mercato ai sensi del regolamento di esenzione per categoria

93-95

21

VI.

POLITICA DI APPLICAZIONE DELLA NORMATIVA NEI CASI INDIVIDUALI

96-229

21

1.

Quadro dell’analisi

96-127

21

1.1.

Effetti negativi delle restrizioni verticali

100-105

22

1.2.

Effetti positivi delle restrizioni verticali

106-109

23

1.3.

Metodologia di analisi

110-127

25

1.3.1.

Fattori pertinenti per la valutazione ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1

111-121

25

1.3.2.

Fattori pertinenti per la valutazione ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 3

122-127

27

2.

Analisi di restrizioni verticali specifiche

128-229

28

2.1.

Monomarchismo

129-150

28

2.2.

Distribuzione esclusiva

151-167

31

2.3.

Attribuzione esclusiva di clienti

168-173

35

2.4.

Distribuzione selettiva

174-188

36

2.5.

Accordi di franchising

189-191

39

2.6.

Accordi di fornitura esclusiva

192-202

40

2.7.

Pagamenti anticipati per l’accesso

203-208

42

2.8.

Accordi di gestione per categoria

209-213

43

2.9.

Vendita abbinata

214-222

43

2.10.

Restrizioni relative ai prezzi di rivendita

223-229

45

I.   INTRODUZIONE

1.   Finalità degli orientamenti

1)

I presenti orientamenti definiscono i principi da applicare ai fini della valutazione degli accordi verticali ai sensi dell’articolo 101 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (1) (in appresso «l'articolo 101») (2). La definizione di accordo verticale è contenuta nell’articolo 1, paragrafo 1, lettera a), del regolamento (UE) n. 330/2010 del 20 aprile 2010 della Commissione, relativo all’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 3, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea a categorie di accordi verticali e pratiche concordate (in appresso «il regolamento di esenzione per categoria») (3) (cfr. punti 24-46). I presenti orientamenti lasciano impregiudicata la possibilità di un’applicazione parallela dell’articolo 102 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (in appresso «l'articolo 102») agli accordi verticali. Essi sono strutturati nel modo seguente:

la sezione II (punti 8-22) descrive gli accordi verticali che non rientrano di norma nel campo d’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, del trattato;

la sezione III (punti 23-73) chiarisce le condizioni per l’applicazione del regolamento di esenzione per categoria;

la sezione IV (punti 74-85) descrive i principi relativi alla revoca e alla disapplicazione del regolamento di esenzione per categoria;

la sezione V (punti 86-95) dà indicazioni sul modo di definire il mercato rilevante e calcolare le quote di mercato;

la sezione VI (punti 96-229) descrive il quadro generale per l’esame e la politica d’applicazione delle norme da parte della Commissione in relazione a casi individuali riguardanti accordi verticali.

2)

L’analisi contenuta nei presenti orientamenti si riferisce sempre sia ai beni che ai servizi, seppure talune restrizioni verticali siano usate prevalentemente nella distribuzione di beni. Analogamente, accordi verticali possono essere conclusi per beni e servizi intermedi e finali. Salvo diversamente precisato, l’analisi e le argomentazioni sviluppate nel testo si applicano a tutti i tipi di beni e servizi e a tutti i livelli della catena commerciale. Il termine «prodotti» include pertanto sia beni che servizi. I termini «fornitore» e «acquirente» sono usati per tutti i livelli della catena commerciale. Il regolamento di esenzione per categoria e i presenti orientamenti non si applicano agli accordi con i consumatori finali quando questi ultimi non sono imprese, poiché l’articolo 101 si applica soltanto agli accordi tra imprese.

3)

Con i presenti orientamenti la Commissione intende fornire alle imprese uno strumento per valutare autonomamente gli accordi verticali alla luce delle regole di concorrenza dell’UE. Le norme fissate nei presenti orientamenti non possono essere applicate in maniera meccanica, ma devono essere applicate tenendo in debita considerazione le circostanze specifiche di ciascun caso. Ogni caso deve essere valutato alla luce delle circostanze specifiche.

4)

I presenti orientamenti non pregiudicano la giurisprudenza del Tribunale e della Corte di giustizia dell’Unione europea relativa all’applicazione dell’articolo 101 agli accordi verticali. La Commissione continuerà a monitorare il funzionamento del regolamento di esenzione per categoria e gli orientamenti sulla base delle informazioni sul mercato fornite dalle parti interessate e dalle autorità nazionali responsabili della concorrenza e potrà rivedere i presenti orientamenti alla luce degli sviluppi futuri e dell’evoluzione delle sue conoscenze in materia.

2.   Applicabilità dell’articolo 101 agli accordi verticali

5)

L’articolo 101 si applica agli accordi verticali che possono pregiudicare il commercio tra gli Stati membri e che impediscono, restringono o falsano il gioco della concorrenza (in appresso «restrizioni verticali») (4). L’articolo 101 fornisce un quadro giuridico per la valutazione delle restrizioni verticali, tenendo conto della distinzione fra effetti anticoncorrenziali e effetti favorevoli alla concorrenza. Il paragrafo 1 vieta gli accordi che restringono o falsano la concorrenza in maniera significativa, mentre il paragrafo 3 esenta gli accordi che producono sufficienti vantaggi in termini di efficienza, tali da compensare gli effetti anticoncorrenziali (5).

6)

Per la maggior parte delle restrizioni verticali possono sorgere problemi sotto il profilo della concorrenza solo qualora la concorrenza ad uno o a più livelli della catena commerciale sia insufficiente, cioè qualora esista un certo grado di potere di mercato a livello del fornitore, dell’acquirente, o di entrambi. Le restrizioni verticali sono in genere meno pregiudizievoli per la concorrenza rispetto alle restrizioni orizzontali e possono produrre miglioramenti di efficienza considerevoli.

7)

L’obiettivo dell’articolo 101 è garantire che le imprese non utilizzino gli accordi - in questo contesto, gli accordi verticali - per limitare la concorrenza sul mercato a scapito dei consumatori. La valutazione delle restrizioni verticali è importante anche per l’obiettivo più ampio della realizzazione di un mercato interno integrato. L’integrazione dei mercati promuove la concorrenza nell’Unione europea. Le imprese non devono avere la possibilità di ricostituire barriere di natura privata fra gli Stati membri, là dove le barriere statali sono state abolite.

II.   ACCORDI VERTICALI CHE NON RIENTRANO DI NORMA NEL CAMPO D’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 101, PARAGRAFO 1

1.   Accordi di importanza minore e PMI

8)

Gli accordi non suscettibili di pregiudicare in modo significativo gli scambi fra Stati membri, o che non abbiano per oggetto o per effetto quello di restringere sensibilmente il gioco della concorrenza, non rientrano nel campo d’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, del trattato. Il regolamento di esenzione per categoria si applica esclusivamente agli accordi che rientrano nell’ambito di applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1. I presenti orientamenti lasciano impregiudicata l’applicazione della comunicazione della Commissione relativa agli accordi di importanza minore che non determinano restrizioni sensibili della concorrenza ai sensi dell’articolo 81, paragrafo 1, del trattato che istituisce la Comunità europea (de minimis) (6) o di successive comunicazioni sugli «accordi di importanza minore».

9)

Qualora sussistano le condizioni specificate nella comunicazione sugli «accordi di importanza minore» per quanto riguarda l’assenza di restrizioni fondamentali (o gravi) e di eventuali effetti cumulativi, gli accordi verticali stipulati da imprese non concorrenti la cui singola quota sul mercato rilevante non superi il 15% sono generalmente esclusi dal campo d’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1 (7). D’altro canto, non si presume che gli accordi verticali stipulati da imprese la cui quota di mercato è superiore al 15% violino automaticamente l’articolo 101, paragrafo 1. Anche accordi fra imprese la cui quota di mercato superi tale tetto del 15% possono non avere un effetto significativo sul commercio fra Stati membri e possono non costituire una restrizione sensibile della concorrenza (8). Tali accordi devono essere valutati nel loro contesto giuridico ed economico. I criteri per la valutazione dei singoli accordi sono definiti ai punti 96-229.

10)

Per quanto riguarda le restrizioni fondamentali di cui alla comunicazione sugli «accordi di importanza minore», l’articolo 101, paragrafo 1, può applicarsi in taluni casi anche al di sotto della soglia del 15% qualora gli accordi abbiano un effetto sensibile sugli scambi tra Stati membri e sulla concorrenza. Rilevante sotto tale aspetto è la giurisprudenza in materia della Corte di giustizia e del Tribunale (9). Va notato inoltre che talvolta può risultare necessario valutare gli effetti positivi e negativi delle restrizioni fondamentali, come descritto, in particolare, al punto 47 dei presenti orientamenti.

11)

La Commissione ritiene infine che, ferma restando la possibilità di problemi dovuti alla presenza di restrizioni fondamentali e di effetti cumulativi, gli accordi verticali fra piccole e medie imprese quali definite nell’allegato della raccomandazione della Commissione, del 6 maggio 2003, relativa alla definizione delle microimprese, piccole e medie imprese (10) siano raramente di natura tale da influenzare sensibilmente gli scambi fra Stati membri o da restringere in modo significativo il gioco della concorrenza ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, e non rientrino quindi, di regola, nel campo di applicazione di detto articolo. Nei casi in cui, tuttavia, tali accordi soddisfino le condizioni per l’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, la Commissione si asterrà in genere dall’avviare un procedimento per mancanza di un sufficiente interesse dell’Unione europea, purché tali imprese non occupino, congiuntamente o individualmente, una posizione dominante in una parte sostanziale del mercato interno.

2.   Accordi di agenzia commerciale

2.1.   Definizione degli accordi di agenzia commerciale

12)

Un agente è una persona fisica o giuridica cui viene conferito il potere di negoziare e/o concludere contratti per conto di un’altra persona (il preponente), in nome proprio o in nome del preponente per:

l’acquisto di beni o servizi destinati al preponente, o

la vendita di beni o servizi forniti dal preponente.

13)

Il fattore determinante per definire un accordo di agenzia commerciale ai fini dell’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, è il rischio finanziario o commerciale assunto dall’agente in relazione alle attività per le quali è stato nominato come agente dal preponente (11). A questo proposito, non è rilevante, ai fini della valutazione, il fatto che l’agente agisca per uno o più preponenti, né la qualifica assegnata al loro accordo dalle parti o dalla normativa nazionale.

14)

Vi sono tre tipi di rischio finanziario o commerciale che sono pertinenti per la definizione di un accordo di agenzia commerciale ai fini dell’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1. Innanzitutto, vi sono i rischi specifici del contratto direttamente collegati ai contratti conclusi e/o negoziati dall’agente per conto del preponente, come il finanziamento delle scorte. In secondo luogo, vi sono i rischi risultanti da investimenti specifici al mercato in causa. Si tratta di investimenti richiesti specificamente dal tipo di attività per la quale l’agente è stato nominato dal preponente, vale a dire quelli richiesti per consentire all’agente di concludere e/o negoziare quel tipo di contratto. Tali investimenti non sono solitamente recuperabili, il che significa che, abbandonando quel particolare settore di attività, l’investimento non può essere utilizzato per altre attività o ceduto senza incorrere in una perdita significativa. In terzo luogo, vi sono i rischi connessi ad altre attività svolte sullo stesso mercato del prodotto, nella misura in cui il preponente richiede all’agente di svolgere tali attività non in qualità di agente per conto del preponente ma a proprio rischio.

15)

Ai fini dell’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, l’accordo verrà considerato un accordo di agenzia commerciale se l’agente non sostiene alcun rischio, o se sostiene rischi non significativi, in relazione ai contratti conclusi e/o negoziati per conto del preponente, in relazione ad investimenti specifici del mercato per quel settore di attività e in relazione ad altre attività che il preponente richiede di svolgere nel medesimo mercato del prodotto. I rischi connessi all’attività di prestazione di servizi d’agenzia in via generale, come il rischio che il reddito di un agente sia legato ai risultati della sua attività di agente, o gli investimenti generali in locali o personale, non sono tuttavia rilevanti ai fini di tale valutazione.

16)

Ai fini dell’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, un accordo verrà pertanto considerato in genere un accordo di agenzia commerciale se la proprietà dei beni oggetto del contratto acquistati o venduti non passa all’agente o se l’agente non fornisce egli stesso i servizi oggetto del contratto, e se l’agente:

a)

non concorre alle spese connesse alla fornitura/acquisto di beni o servizi oggetto del contratto, inclusi i costi del trasporto dei beni; ciò non impedisce all’agente di prestare il servizio di trasporto, a condizione che i costi siano sostenuti dal preponente;

b)

non mantiene, a proprio costo o rischio, scorte dei beni oggetto del contratto, inclusi i costi di finanziamento delle scorte e della perdita delle stesse e può restituire i beni invenduti al preponente senza pagamento di un contributo, salvo in caso di colpa dell’agente (ad esempio per non aver adottato misure di sicurezza ragionevoli al fine di evitare la perdita delle scorte);

c)

non assume responsabilità nei confronti di terzi per eventuali danni causati dal prodotto venduto (responsabilità per il prodotto) salvo in caso di colpa dell’agente;

d)

non assume responsabilità in caso di inadempimento del contratto da parte dei clienti, ad eccezione della perdita della provvigione, salvo in caso di colpa dell’agente (ad esempio per non aver adottato ragionevoli misure di sicurezza o antifurto, ovvero per aver omesso di prendere i ragionevoli provvedimenti per denunciare il furto al preponente o alla polizia, o per non aver comunicato al preponente l’informazione disponibile in merito all’affidabilità finanziaria del cliente);

e)

non è direttamente o indirettamente obbligato ad effettuare investimenti nella promozione delle vendite, come contributi ai budget pubblicitari del preponente;

f)

non effettua investimenti in attrezzature, locali o formazione del personale, specifici per il mercato in questione, come ad esempio la cisterna di benzina nel caso della vendita di carburante, o software specifici per la vendita di prodotti assicurativi nel caso di agenti di assicurazioni, a meno che tali costi non vengano integralmente rimborsati dal preponente;

g)

non svolge altre attività nel medesimo mercato del prodotto richiesto dal preponente, a meno che tali attività non vengano integralmente rimborsate dal preponente.

17)

Detto elenco non è esaustivo. Tuttavia, qualora l’agente sostenga uno o più dei rischi o costi di cui ai punti 14, 15 e 16, l’accordo tra agente e preponente non verrà considerato un accordo di agenzia commerciale. La questione relativa al rischio deve essere valutata caso per caso, tenendo conto della realtà economica della situazione più che della forma giuridica. Per motivi pratici, l’analisi dei rischi può iniziare con la valutazione dei rischi specifici del contratto. Se i rischi specifici del contratto sono assunti dall’agente, questo sarà sufficiente per concludere che l’agente è un distributore indipendente. Al contrario, se l’agente non assume rischi specifici del contratto, sarà necessario continuare l’analisi valutando i rischi relativi ad investimenti specifici per il mercato. Infine, se l’agente non assume né rischi specifici del contratto né rischi relativi ad investimenti specifici per il mercato, i rischi relativi ad altre attività richieste all’interno del medesimo mercato del prodotto possono dover essere presi in considerazione.

2.2.   L’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, agli accordi di agenzia commerciale

18)

Nel caso di accordi di agenzia commerciale quali definiti alla sezione 2.1, le funzioni di vendita o di acquisto dell’agente fanno parte delle attività del preponente. Poiché il preponente assume i rischi, sia finanziari che commerciali, connessi alla vendita o all’acquisto dei beni o servizi oggetto del contratto tutti gli obblighi imposti all’agente in relazione ai contratti conclusi e/o negoziati per conto del preponente non rientrano nel campo di applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1. I seguenti obblighi imposti all’agente saranno considerati parte integrante di un contratto di agenzia. Ciascuno di essi riguarda in effetti la facoltà del preponente di stabilire la sfera delle attività dell’agente in relazione ai beni o servizi oggetto del contratto, elemento essenziale se è il preponente a dover assumere i rischi e ad essere pertanto nella posizione di determinare la strategia commerciale:

a)

limitazioni riguardanti il territorio in cui l’agente può vendere tali beni o servizi;

b)

limitazioni riguardanti i clienti cui l’agente può vendere tali beni o servizi;

c)

il prezzo e le condizioni a cui l’agente deve vendere o comprare tali beni o servizi.

19)

Oltre a disciplinare le condizioni di vendita o acquisto dei beni o servizi oggetto del contratto da parte dell’agente per conto del preponente, gli accordi di agenzia commerciale contengono spesso disposizioni riguardanti i rapporti fra le due parti. Tali disposizioni possono in particolare ostare a che il preponente designi altri agenti per un dato tipo di operazione, per un dato cliente o territorio (clausola di agenzia in esclusiva), e/o possono ostare a che l’agente operi come agente o distributore di imprese in concorrenza con il preponente (clausole di «monomarchismo»). Poiché l’agente costituisce un’impresa separata rispetto al preponente, le disposizioni riguardanti i rapporti fra le due parti possono violare l’articolo 101, paragrafo 1. Le clausole di agenzia in esclusiva non producono, in genere, effetti anticoncorrenziali. Le clausole di «monomarchismo» e quelle che si estendono al di là della durata dell’accordo, che riguardano la concorrenza tra marchi, possono tuttavia violare l’articolo 101, paragrafo 1, se causano o contribuiscono ad effetti (cumulativi) di esclusione dal mercato rilevante nel quale i beni o servizi oggetto del contratto sono venduti o acquistati (cfr. in particolare la sezione VI.2.1). Tali clausole possono beneficiare del regolamento di esenzione per categoria, in particolare se soddisfano le condizioni di cui all’articolo 5 di detto regolamento. Possono anche essere giustificate a livello individuale da efficienze ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 3, come ad esempio illustrato ai punti 144-148.

20)

Un accordo di agenzia commerciale può inoltre rientrare nel campo d’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, del trattato anche nel caso in cui il preponente sopporti tutti i rischi finanziari e commerciali rilevanti, quando esso agevola comportamenti collusivi. Potrebbe ad esempio trattarsi del caso in cui un gruppo di preponenti utilizza gli stessi agenti impedendo al tempo stesso collettivamente a terzi di avvalersene a loro volta, ovvero utilizza gli agenti per porre in essere pratiche collusive relative alla strategia commerciale o ai fini di uno scambio di informazioni sensibili relative al mercato tra i preponenti.

21)

Qualora l’agente assuma uno o più rischi pertinenti illustrati al punto 16, l’accordo tra l’agente ed il preponente non costituisce un accordo di agenzia commerciale ai fini dell’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1. In tal caso l’agente sarà trattato alla stregua di un’impresa indipendente e l’accordo tra l’agente e il preponente sarà soggetto all’articolo 101, paragrafo 1, come qualsiasi altro accordo verticale.

3.   Accordi di subfornitura

22)

La subfornitura consiste nella fornitura di dati tecnici o attrezzature da parte di un committente ad un subfornitore che si impegna a fabbricare su tale base determinati prodotti (esclusivamente) per il committente. La subfornitura è l’oggetto della comunicazione della Commissione, del 18 dicembre 1978, relativa alla valutazione dei contratti di subfornitura alla luce dell'articolo 85, paragrafo 1, del trattato che istituisce la Comunità economica europea (12) (in appresso «la comunicazione sulla subfornitura»). Ai sensi di tale comunicazione, che rimane di applicazione, i contratti di subfornitura ai sensi dei quali il subfornitore si impegna a fabbricare determinati prodotti esclusivamente per il committente non rientrano in genere nel campo di applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, se i dati tecnici o le attrezzature in questione sono necessarie per consentire al subfornitore di fabbricare i prodotti. Tuttavia, altre restrizioni imposte al subfornitore, come l’obbligo di non effettuare o sfruttare la propria attività di ricerca e sviluppo o di non produrre in generale per terzi, possono rientrare nel campo di applicazione dell’articolo 101 (13).

III.   APPLICAZIONE DEL REGOLAMENTO DI ESENZIONE PER CATEGORIA

1.   La «zona di sicurezza» istituita dal regolamento di esenzione per categoria

23)

Per la maggior parte delle restrizioni verticali possono sorgere problemi sotto il profilo della concorrenza solo qualora la concorrenza ad uno o a più livelli della catena commerciale sia insufficiente, cioè qualora esista un certo grado di potere di mercato a livello del fornitore, dell’acquirente, o di entrambi. A condizione che non contengano restrizioni fondamentali della concorrenza che siano restrizioni per oggetto, il regolamento di esenzione per categoria introduce una presunzione di legalità per gli accordi verticali, la quale dipende dalla quota di mercato detenuta dal fornitore e dall’acquirente. Ai sensi dell’articolo 3 del regolamento di esenzione per categoria, l’applicabilità dell’esenzione per categoria è determinata dalla quota di mercato detenuta dal fornitore sul mercato in cui egli vende i beni o i servizi oggetto del contratto e dalla quota dell’acquirente sul mercato in cui egli acquista i beni o i servizi oggetto del contratto. Affinché si applichi l’esenzione per categoria, sia la quota di mercato del fornitore che quella dell’acquirente devono essere pari o inferiori al 30%. La sezione V dei presenti orientamenti dà indicazioni sul modo di definire il mercato rilevante e calcolare le quote di mercato. Al di sopra della soglia della quota di mercato del 30% non si può presumere che gli accordi verticali rientrino nel campo di applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, o che non soddisfino le condizioni dell’articolo 101, paragrafo 3, ma non si può neppure presumere che gli accordi verticali che rientrano nel campo di applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, soddisfino di norma le condizioni dell’articolo 101, paragrafo 3.

2.   Campo di applicazione del regolamento di esenzione per categoria

2.1.   Definizione di accordo verticale

24)

Gli accordi verticali sono definiti all’articolo 1, paragrafo 1, lettera a), del regolamento di esenzione per categoria come «gli accordi o le pratiche concordate conclusi tra due o più imprese, operanti ciascuna, ai fini dell’accordo o della pratica concordata, ad un livello differente della catena di produzione o di distribuzione, e che si riferiscono alle condizioni in base alle quali le parti possono acquistare, vendere o rivendere determinati beni o servizi.»

25)

La definizione di accordo verticale di cui al punto 24 comporta quattro elementi principali:

a)

il regolamento di esenzione per categoria si applica ad accordi e pratiche concordate e non si applica al comportamento unilaterale delle imprese interessate. Tale comportamento unilaterale può rientrare nel campo di applicazione dell’articolo 102 che vieta gli abusi di posizione dominante. Perché vi sia accordo ai sensi dell’articolo 101, è sufficiente che le imprese in questione abbiano espresso la loro volontà comune di comportarsi sul mercato in una determinata maniera. Il modo di manifestarsi di tale concorso di volontà non è rilevante, purché sia fedele espressione della volontà delle parti stesse. Nel caso non vi sia accordo esplicito che esprima il concorso di volontà, la Commissione dovrà provare che la politica unilaterale di una parte è accettata dall’altra. Per quanto riguarda gli accordi verticali, vi sono due modi possibili per stabilire l’assenso ad una particolare politica unilaterale. In primo luogo, l’assenso può essere dedotto dai poteri attribuiti alle parti in un accordo generale redatto in precedenza. Se le clausole dell’accordo redatto in precedenza prevedono o autorizzano una parte ad adottare in seguito una politica unilaterale specifica che sarà vincolante per l’altra parte, l’assenso a tale politica da parte dell’altra parte può essere stabilito sulla base di tale circostanza (14). In secondo luogo, in mancanza di un assenso così esplicito, la Commissione può illustrare l’esistenza di un assenso tacito. Per questo è necessario illustrare innanzi tutto che una parte richiede esplicitamente o implicitamente la cooperazione dell’altra per attuare la propria politica unilaterale e, in secondo luogo, che l’altra parte soddisfa tale esigenza realizzando tale politica unilaterale in pratica (15). Ad esempio se, dopo l’annuncio di un fornitore di una riduzione unilaterale di fornitura per impedire il commercio parallelo, i distributori riducono immediatamente i propri ordini e smettono di operare nel commercio parallelo, tali distributori acconsentono tacitamente alla politica unilaterale del fornitore. Lo stesso non potrebbe dirsi se i distributori continuassero ad operare nel commercio parallelo o a cercare nuovi modi per farlo. Analogamente, per gli accordi verticali, l’assenso tacito può essere dedotto dal livello di coercizione esercitato da una parte per imporre la propria politica unilaterale all’altra parte o alle altre parti dell’accordo assieme ai distributori che pongono effettivamente e concretamente in atto la politica unilaterale del fornitore. Ad esempio, un sistema di controlli e di sanzioni, organizzato da un fornitore per penalizzare i distributori che non si conformano alla sua politica unilaterale, indica l’assenso tacito della politica unilaterale del fornitore se tale sistema permette al fornitore di attuare in pratica la sua politica. I due modi di stabilire l’assenso descritti al presente punto possono essere utilizzati congiuntamente;

b)

gli accordi o le pratiche concordate sono conclusi fra due o più imprese. Gli accordi verticali in cui una delle parti sia un consumatore finale che non opera in qualità di impresa non rientrano nel campo di applicazione del regolamento di esenzione per categoria. Più in generale, gli accordi con consumatori finali non rientrano nel campo d’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, in quanto esso si applica solo agli accordi tra imprese, alle decisioni di associazioni di imprese e alle pratiche concordate delle imprese. Resta comunque impregiudicata la possibile applicazione dell’articolo 102;

c)

gli accordi o le pratiche concordate sono conclusi fra imprese operanti ciascuna, ai fini dell’accordo, a un diverso livello della catena di produzione o di distribuzione: ciò significa ad esempio che un’impresa produce materie prime che l’altra impresa utilizza come input, o che la prima è un fabbricante, la seconda un grossista e la terza un dettagliante. Ciò non esclude che un’impresa operi a più di un livello della catena produttiva o distributiva;

d)

gli accordi o le pratiche concordate riguardano le condizioni secondo le quali le parti dell’accordo, il fornitore e l’acquirente, «possono acquistare, vendere o rivendere determinati beni o servizi». Ciò traduce l’obiettivo del regolamento di esenzione per categoria di coprire gli accordi di acquisto e di distribuzione. Si tratta di accordi che riguardano le condizioni relative all’acquisto, alla vendita o alla rivendita dei beni o servizi somministrati dal fornitore e/o le condizioni relative alla vendita, da parte dell’acquirente, dei beni o servizi che incorporano i beni o servizi suddetti. Ai sensi dell’applicazione del regolamento di esenzione per categoria, sia i beni o servizi somministrati dal fornitore sia i beni o servizi derivati sono considerati beni o servizi oggetto del contratto. Sono interessati tutti gli accordi verticali relativi a beni e servizi, finali e intermedi. Analogamente, accordi verticali possono essere conclusi per beni e servizi intermedi e finali. L’unica eccezione è rappresentata dal settore degli autoveicoli, fino a quando resterà oggetto di uno specifico regolamento di esenzione per categoria quale il regolamento (CE) n. 1400/2002 della Commissione, del 31 luglio 2002, relativo all'applicazione dell'articolo 81, paragrafo 3, del trattato a categorie di accordi verticali e pratiche concordate nel settore automobilistico (16) o un regolamento successivo. I beni o servizi somministrati dal fornitore possono essere rivenduti dall’acquirente, o essere utilizzati da quest’ultimo come input per la produzione di propri beni o servizi.

26)

Il regolamento di esenzione per categoria si applica anche ai beni venduti e acquistati a fini di locazione a terzi. Non sono invece contemplati in quanto tali gli accordi di locazione e di leasing, in quanto non vi è la vendita di beni o servizi dal fornitore all’acquirente. Più in generale, il regolamento di esenzione per categoria non esenta le restrizioni e gli obblighi che non si riferiscono alle condizioni di acquisto, vendita e rivendita, quali il divieto fatto alle parti di svolgere indipendentemente attività di ricerca e sviluppo, che siano stati inclusi dalle parti in un accordo che, per il resto, ha natura verticale. Inoltre, le disposizioni dell’articolo 2, paragrafi da 2 a 5, del regolamento di esenzione per categoria escludono, direttamente o indirettamente, taluni accordi verticali dall’applicazione di detto regolamento.

2.2.   Accordi verticali tra imprese concorrenti

27)

L’articolo 2, paragrafo 4, del regolamento di esenzione per categoria esclude esplicitamente dal suo campo di applicazione gli «accordi verticali conclusi tra imprese concorrenti». Gli accordi verticali tra imprese concorrenti saranno esaminati, per quanto riguarda eventuali effetti collusivi, nell’ambito delle linee direttrici sull'applicabilità dell'articolo 81 del trattato CE agli accordi di cooperazione orizzontale (17). Tuttavia, gli aspetti verticali di tali accordi devono essere esaminati nell’ambito dei presenti orientamenti. L’articolo 1, paragrafo 1, lettera c), del regolamento di esenzione per categoria definisce un’impresa concorrente come «un concorrente effettivo o potenziale». Due imprese vengono trattate come concorrenti effettivi se operano sullo stesso mercato rilevante. Un’impresa è trattata come concorrente potenziale di un’altra impresa se, in assenza dell’accordo, è probabile, in caso di incremento modesto ma permanente dei prezzi relativi, che la prima impresa, entro un breve periodo di tempo di norma non superiore ad 1 anno, effettui i necessari investimenti aggiuntivi o sostenga altri costi necessari per passare ad altri prodotti onde entrare sul mercato rilevante su cui opera l’altra impresa. Tale valutazione deve basarsi su fondamenti realistici; non è sufficiente la semplice possibilità teorica di ingresso su un mercato (18). Un distributore che comunichi ad un produttore le specifiche per fabbricare determinati beni da commercializzare con il marchio del distributore stesso non deve essere considerato come un produttore dei beni suddetti.

28)

Le disposizioni dell’articolo 2, paragrafo 4, del regolamento di esenzione per categoria prevedono due eccezioni all’esclusione generale degli accordi verticali tra concorrenti. Tali eccezioni riguardano gli accordi non reciproci. Gli accordi non reciproci tra concorrenti rientrano nel campo d’applicazione del regolamento di esenzione per categoria se a) il fornitore è un produttore e distributore di beni, mentre l’acquirente è solo un distributore e non, nel contempo, un’impresa concorrente a livello della produzione, oppure b) il fornitore è un prestatore di servizi operante a diversi livelli della catena commerciale, mentre l’acquirente opera a livello del dettaglio e non è un’impresa concorrente al livello della catena commerciale in cui acquista i servizi oggetto del contratto. La prima eccezione fa sì che nel regolamento rientrino le situazioni di duplice distribuzione, ossia quelle in cui il produttore di un bene opera anche in quanto distributore, in concorrenza con i distributori indipendenti del bene medesimo. In caso di duplice distribuzione, si ritiene in genere che l'impatto potenziale sul rapporto concorrenziale tra il produttore e il dettagliante a livello del dettaglio sia di minore importanza rispetto all’impatto potenziale dell’accordo verticale di fornitura sulla concorrenza in generale al livello della produzione o del dettaglio. La seconda eccezione riguarda situazioni analoghe di duplice distribuzione, ma in questo caso in relazione ai servizi, quando il fornitore è anche un fornitore di prodotti al livello del commercio al dettaglio sul quale opera l’acquirente.

2.3.   Associazioni di dettaglianti

29)

L’articolo 2, paragrafo 2, del regolamento di esenzione per categoria include nel suo campo di applicazione gli accordi verticali conclusi da associazioni di imprese che soddisfano determinate condizioni ed esclude pertanto dal regolamento di esenzione per categoria gli accordi verticali conclusi da tutte le altre associazioni. Gli accordi verticali conclusi tra associazioni e i loro membri, o fra associazioni e i loro fornitori, rientrano nel campo d’applicazione del regolamento di esenzione per categoria a condizione che tutti i membri siano rivenditori al dettaglio di beni (e non di servizi) e che ciascuno dei membri di dette associazioni realizzi un fatturato non eccedente i 50 milioni di euro. I dettaglianti sono distributori che rivendono beni ai consumatori finali. Se solo un numero limitato di membri dell’associazione realizza un fatturato superiore alla soglia dei 50 milioni di euro e tali membri rappresentano complessivamente meno del 15% del fatturato collettivo di tutti i membri messi assieme, questa circostanza non dovrebbe di norma modificare il risultato della valutazione alla luce dell’articolo 101.

30)

Un’associazione di imprese può comportare accordi orizzontali e verticali. Gli accordi orizzontali devono essere valutati alla luce dei principi enunciati nelle linee direttrici sull'applicabilità dell'articolo 81 del trattato CE agli accordi di cooperazione orizzontale (19). Se tale valutazione porta a concludere che la cooperazione tra imprese nell’area dell’acquisto o della vendita è accettabile, si renderà necessaria un’ulteriore valutazione per esaminare gli accordi verticali conclusi dall’associazione con i suoi fornitori o con i singoli membri. Quest’ultima valutazione si atterrà alle norme contenute nel regolamento di esenzione per categoria e ai presenti orientamenti. Ad esempio, gli accordi orizzontali conclusi fra i membri dell’associazione o le decisioni adottate dall’associazione stessa, come la decisione che impone ai suoi membri di effettuare i loro acquisti presso l’associazione stessa, o la decisione di attribuire territori esclusivi ai membri, devono essere valutati innanzitutto come accordi orizzontali. Solo se tale valutazione porta a concludere che l'accordo orizzontale non è anticoncorrenziale si rende necessaria una valutazione degli accordi verticali tra l’associazione ed i singoli membri o tra l’associazione ed i fornitori.

2.4.   Accordi verticali contenenti disposizioni relative ai diritti di proprietà intellettuale (DPI)

31)

L’articolo 2, paragrafo 3, del regolamento di esenzione per categoria include nel suo campo di applicazione gli accordi verticali contenenti talune disposizioni relative alla cessione all’acquirente o all’uso da parte di quest’ultimo di DPI ed esclude pertanto dal campo di applicazione del regolamento di esenzione per categoria tutti gli altri accordi verticali contenenti disposizioni relative ai DPI. Il regolamento di esenzione per categoria si applica agli accordi verticali contenenti disposizioni relative ai DPI quando sono soddisfatte cinque condizioni:

a)

le disposizioni relative ai DPI devono far parte di un accordo verticale, vale a dire di un accordo che stabilisca le condizioni alle quali le parti possono acquistare, vendere o rivendere taluni beni o servizi;

b)

i DPI devono essere ceduti o dati in uso su licenza all’acquirente;

c)

le disposizioni relative ai DPI non devono costituire l’oggetto primario dell’accordo;

d)

le disposizioni relative ai DPI devono essere direttamente collegate all’uso, alla vendita o alla rivendita di beni o servizi da parte dell’acquirente o dei suoi clienti. Nel caso del franchising, in cui è la commercializzazione a costituire l’oggetto dell’uso dei DPI, i beni o servizi devono essere distribuiti dall’affiliato principale o dagli affiliati;

e)

le disposizioni relative ai DPI non devono comportare, in relazione ai beni o servizi contrattuali, restrizioni di concorrenza aventi un oggetto identico a quello delle restrizioni verticali non esentate in virtù del regolamento di esenzione per categoria.

32)

Tali condizioni assicurano che il regolamento di esenzione per categoria si applichi agli accordi verticali nei quali l’uso, la vendita o la rivendita di beni o servizi può avvenire in modo più efficiente grazie alla cessione o alla concessione in uso su licenza di DPI all’acquirente. In altre parole, restrizioni relative alla cessione o concessione in uso di DPI possono essere incluse qualora l’oggetto primario dell’accordo sia l’acquisto o la distribuzione di beni o servizi.

33)

La prima condizione precisa che il contesto in cui vengono concessi i DPI è rappresentato da un accordo relativo all’acquisto o alla distribuzione di beni ovvero da un accordo relativo all’acquisto o alla prestazione di servizi e non da un accordo di cessione o licenza di DPI ai fini della produzione di beni o da un semplice accordo di licenza. Il regolamento di esenzione per categoria non include, ad esempio:

a)

gli accordi nei quali una parte fornisce ad un’altra una ricetta e la licenza per la produzione di una bevanda sulla base di tale ricetta;

b)

gli accordi in virtù dei quali una parte fornisce ad un’altra uno stampo o un originale e la licenza per produrre e distribuire riproduzioni;

c)

la semplice licenza di un marchio di fabbrica o di un segno distintivo a fini di merchandising;

d)

i contratti di sponsorizzazione riguardanti il diritto di farsi pubblicità come sponsor ufficiale di un evento;

e)

la licenza di diritti d’autore come i contratti di diffusione radiofonica e televisiva riguardanti il diritto di registrare e/o trasmettere un avvenimento.

34)

La seconda condizione precisa che il regolamento di esenzione per categoria non si applica qualora i DPI vengano trasferiti dall’acquirente al fornitore, indipendentemente dal fatto che essi riguardino le modalità di produzione o di distribuzione. Un accordo relativo al trasferimento di DPI al fornitore e contenente possibili restrizioni alle vendite effettuate dal fornitore non rientra nel campo di applicazione del regolamento di esenzione per categoria. Ciò significa in particolare che la subfornitura che comporti il trasferimento di know-how a un subfornitore (20) non rientra nel campo di applicazione del regolamento di esenzione per categoria (cfr. anche punto 22). Tuttavia, gli accordi verticali in virtù dei quali l’acquirente comunica al fornitore specifiche che si limitano a descrivere i beni o servizi da fornire sono inclusi nel campo di applicazione del regolamento di esenzione per categoria.

35)

La terza condizione precisa che, affinché un accordo verticale rientri nel campo di applicazione del regolamento di esenzione per categoria, l’oggetto primario dell’accordo non deve essere la cessione di DPI o la concessione in licenza di DPI, bensì l’acquisto, la vendita o la rivendita di beni o servizi, mentre le disposizioni relative ai DPI sono finalizzate all’esecuzione dell’accordo verticale.

36)

La quarta condizione implica che le disposizioni relative ai DPI devono mirare a facilitare l’uso, la vendita o la rivendita di beni o servizi da parte dell’acquirente o dei suoi clienti. I beni o servizi destinati a tale uso o rivendita sono abitualmente forniti dal licenziante ma possono altresì essere acquistati dal licenziatario presso terzi. Le disposizioni relative ai DPI riguardano in generale la commercializzazione di beni o servizi. È quanto avviene ad esempio in un contratto di franchising, nel quale l’affiliante vende all’affiliato beni ai fini della rivendita e gli concede inoltre la licenza per l’uso del suo marchio e del suo know-how ai fini della commercializzazione di tali beni o il fornitore di estratti concentrati per bevande concede all’acquirente la licenza per diluire e imbottigliare gli estratti ai fini della loro rivendita come bevande.

37)

La quinta condizione mette in rilievo il fatto che le disposizioni relative ai DPI non devono avere lo stesso oggetto delle restrizioni fondamentali di cui all’articolo 4 del regolamento di esenzione per categoria o delle restrizioni escluse dal campo di applicazione di detto regolamento ai sensi dell’articolo 5 del regolamento stesso (cfr. punti 47-69 dei presenti orientamenti).

38)

I diritti di proprietà intellettuale destinati all’esecuzione di accordi verticali ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 3, del regolamento di esenzione per categoria, coprono generalmente tre aree principali: i marchi, i diritti d’autore e il know-how.

Marchi

39)

Una licenza di utilizzazione di un marchio concessa a un distributore può essere collegata alla distribuzione dei prodotti di chi concede la licenza in un particolare territorio. Una licenza esclusiva è da equiparare alla distribuzione esclusiva.

Diritti d’autore

40)

I rivenditori di beni tutelati da diritti d’autore (libri, software, ecc.) possono essere obbligati dal titolare del diritto d’autore stesso a rivendere il bene solo a condizione che l’acquirente, che si tratti di un altro rivenditore o dell’utente finale, si impegni a non violare tale diritto. Tali obblighi imposti al rivenditore, qualora rientrino nel campo d’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, sono ammessi dal regolamento di esenzione per categoria.

41)

Gli accordi che prevedono la fornitura di copie di un software su supporto materiale a fini di rivendita, e in cui il rivenditore non acquisisce una licenza sul software ma si limita ad avere il diritto di rivendere le copie su supporto materiale, devono essere considerati, ai fini del regolamento di esenzione per categoria, accordi relativi alla fornitura di beni per la rivendita. In questa forma di distribuzione, l’unico accordo di licenza del software è quello fra il titolare del diritto d’autore e l’utilizzatore del software: esso può assumere la forma di una «shrink wrap licence», ossia di una licenza soggetta a una serie di condizioni incluse nella confezione della copia su supporto materiale, e che si ritiene che l’utente finale accetti con l’apertura della confezione stessa.

42)

Gli acquirenti di hardware incorporante software protetto da diritti d’autore possono essere obbligati dal titolare del diritto d’autore a non violare tale diritto e sono dunque tenuti a non fare copie e a non rivendere il software, o a non fare copie e a non utilizzare il software in combinazione con altro hardware. Tali restrizioni all’utilizzazione, qualora rientrino nel campo d’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, del trattato, sono ammesse dal regolamento di esenzione per categoria.

Know-how

43)

Gli accordi di franchising, con l’eccezione di quelli di franchising industriale, sono il più chiaro esempio di trasferimento di know-how all’acquirente per fini di commercializzazione (21). Essi contengono licenze di diritti di proprietà intellettuale relativi a marchi o segni distintivi e know-how per l’utilizzo e la distribuzione di beni o la prestazione di servizi. In aggiunta alla licenza di utilizzazione di DPI, l’affiliante solitamente fornisce all’affiliato, per la durata dell’accordo, assistenza commerciale o tecnica, come servizi di approvvigionamento, formazione, consulenze immobiliari, pianificazione finanziaria, ecc. La licenza e l’assistenza sono parti integranti della formula commerciale oggetto del franchising.

44)

La concessione di licenze prevista dagli accordi di franchising rientra nel regolamento di esenzione per categoria se tutte le cinque condizioni enumerate al punto 31 sono soddisfatte. Solitamente ciò si verifica poiché, nella maggior parte degli accordi di franchising, compresi gli accordi di franchising principale, l’affiliante fornisce beni e/o servizi, soprattutto servizi di assistenza commerciale o tecnica, all’affiliato. I DPI aiutano l’affiliato a rivendere i prodotti forniti dall’affiliante o da un fornitore da questi designato, ovvero ad utilizzare tali prodotti e vendere i beni o i servizi derivati. Qualora l’accordo di franchising riguardi esclusivamente o principalmente la licenza di utilizzazione di DPI, un simile accordo non rientra nell’ambito d’applicazione del regolamento di esenzione per categoria, ma la Commissione applicherà, in generale, i principi stabiliti nel regolamento di esenzione per categoria e nei presenti orientamenti.

45)

In particolare, per tutelare i diritti di proprietà intellettuale dell’affiliante, all’affiliato sono generalmente imposti i seguenti obblighi che, se rientranti nel campo di applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, sono anch’essi ammessi dal regolamento di esenzione per categoria:

a)

non intraprendere, direttamente o indirettamente, attività simili;

b)

non acquisire partecipazioni nel capitale di un’impresa concorrente, tali da conferire all’affiliato il potere di influenzare il comportamento economico di tale impresa;

c)

non rivelare a terzi il know-how fornito dall’affiliante finché tale know-how non sia divenuto di dominio pubblico;

d)

comunicare all’affiliante qualsiasi esperienza acquisita sfruttando il franchising, e concedere all’affiliante e agli altri affiliati una licenza non esclusiva per il know-how che risulta da tale esperienza;

e)

segnalare all’affiliante le violazioni dei diritti di proprietà intellettuale sotto licenza, intraprendere azioni legali contro i trasgressori o assistere l’affiliante in qualsiasi azione legale intentata contro gli stessi;

f)

non utilizzare il know-how concesso in licenza dall’affiliante a fini diversi dallo sfruttamento del franchising;

g)

non cedere i diritti e gli obblighi derivanti dall’accordo di franchising senza il consenso dell’affiliante.

2.5.   Relazione con altri regolamenti di esenzione per categoria

46)

L’articolo 2, paragrafo 5, stabilisce che il regolamento di esenzione per categoria «non si applica agli accordi verticali oggetto di altri regolamenti di esenzione per categoria, salvo che in essi sia diversamente disposto.». Il regolamento di esenzione per categoria, pertanto, non si applica agli accordi verticali ammessi dal regolamento (CE) n. 772/2004 della Commissione, del 27 aprile 2004, relativo all’applicazione dell’articolo 81, paragrafo 3, del trattato CE a categorie di accordi di trasferimento di tecnologia (22), dal regolamento (CE) n. 1400/2002 della Commissione, del 31 luglio 2002, relativo all’applicazione dell’articolo 81, paragrafo 3, del trattato a categorie di accordi verticali e pratiche concordate nel settore automobilistico (23) o dal regolamento (CE) n. 2658/2000 della Commissione, del 29 novembre 2000, relativo all’applicazione dell’articolo 81, paragrafo 3, del trattato a categorie di accordi di specializzazione (24) e dal regolamento (CE) n. 2659/2000 della Commissione, del 29 novembre 2000, relativo all’applicazione dell’articolo 81, paragrafo 3, del trattato a categorie di accordi in materia di ricerca e sviluppo (25), che esentano gli accordi verticali conclusi nel contesto di accordi orizzontali o da eventuali regolamenti futuri, salvo che in essi sia diversamente disposto.

3.   Restrizioni fondamentali previste dal regolamento di esenzione per categoria

47)

L'articolo 4 del regolamento di esenzione per categoria contiene un elenco di restrizioni fondamentali che comportano l’esclusione dell’accordo verticale nella sua totalità dal campo d’applicazione del regolamento di esenzione per categoria stesso (26). Se un accordo contiene una restrizione fondamentale di questo tipo, ciò fa presumere che l’accordo rientri nel campo di applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1. Si presume inoltre che sia improbabile che l’accordo soddisfi le condizioni dell’articolo 101, paragrafo 3, per cui l’esenzione per categoria non si applica. Le imprese hanno tuttavia la possibilità di dimostrare l’esistenza di effetti favorevoli alla concorrenza ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 3, in un caso individuale (27). Qualora le imprese provino che dall’inclusione nell’accordo della restrizione fondamentale derivino probabili efficienze e che in generale tutte le condizioni dell’articolo 101, paragrafo 3, sono soddisfatte, la Commissione dovrà valutare effettivamente il probabile impatto negativo sulla concorrenza prima di decidere in via definitiva se le condizioni dell’articolo 101, paragrafo 3, sono soddisfatte (28).

48)

La restrizione fondamentale di cui all’articolo 4, lettera a), del regolamento di esenzione per categoria riguarda l’imposizione di prezzi di rivendita, ossia gli accordi o pratiche concordate volti a stabilire, direttamente o indirettamente, un prezzo di rivendita fisso o minimo o un livello di prezzo fisso o minimo che deve essere rispettato dall’acquirente. In caso di disposizioni contrattuali o pratiche concordate che stabiliscono direttamente il prezzo di rivendita la restrizione è palese, ma tale imposizione può anche essere attuata in modo indiretto. Esempi di quest’ultimo caso sono: gli accordi che fissano il margine del distributore, o il livello massimo degli sconti che il distributore può praticare a partire da un livello di prezzo prescritto; la subordinazione di sconti o del rimborso dei costi promozionali da parte del fornitore al rispetto di un dato livello di prezzo; il collegamento del prezzo di rivendita imposto ai prezzi di rivendita dei concorrenti; minacce, intimidazioni, avvertimenti, penalità, rinvii o sospensioni di consegne o risoluzioni di contratti in relazione all’osservanza di un dato livello di prezzo. Gli strumenti diretti o indiretti per fissare i prezzi possono essere resi più efficaci se combinati con altre misure volte a individuare i distributori che praticano riduzioni, come l’attuazione di un sistema di controllo dei prezzi, o l’obbligo, per i dettaglianti, di segnalare i membri della rete di distribuzione che si discostano dal livello di prezzo standard. Analogamente, la fissazione diretta o indiretta dei prezzi può essere resa più efficace in combinazione con misure volte a far sì che l’acquirente sia poco incentivato a ridurre il prezzo di rivendita, ad esempio quando il fornitore stampa un prezzo di rivendita raccomandato sul prodotto o obbliga l’acquirente ad applicare una «clausola del cliente più favorito». Gli stessi mezzi indiretti e le stesse misure di «sostegno» possono essere impiegati per trasformare i prezzi massimi o raccomandati in prezzi di rivendita imposti. Si considera tuttavia che l’uso di una particolare misura di sostegno o la comunicazione da parte del fornitore all’acquirente di un listino di prezzi raccomandati o massimi non comportino, di per sé, alcuna imposizione di un prezzo di rivendita.

49)

Nel caso di accordi di agenzia commerciale, il preponente stabilisce di norma i prezzi di vendita, in quanto l’agente non diviene il proprietario dei beni. Tuttavia, qualora un accordo di questo tipo non possa essere considerato un accordo di agenzia commerciale ai fini dell’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1 (cfr. punti 12-21), un obbligo che impedisca all’agente, o limiti la sua possibilità di ripartire la sua commissione, fissa o variabile, con il cliente costituirebbe una restrizione fondamentale ai sensi dell’articolo 4, lettera a), del regolamento di esenzione per categoria. Onde evitare di includere nell’accordo tale restrizione fondamentale, l’agente dovrebbe dunque essere lasciato libero di ridurre il prezzo effettivo pagato dal cliente senza per questo ridurre il reddito del preponente (29).

50)

La restrizione fondamentale di cui all’articolo 4, lettera b), del regolamento di esenzione per categoria riguarda accordi o pratiche concordate che hanno come oggetto diretto o indiretto la restrizione delle vendite di un acquirente che è parte contraente dell’accordo o dei suoi clienti, con riferimento al territorio in cui o ai clienti ai quali l’acquirente o i suoi clienti possono vendere i beni o servizi oggetto del contratto. Questa restrizione fondamentale riguarda la ripartizione del mercato per territori o gruppi di clienti. Ciò può risultare da obblighi diretti, come l’obbligo, per il distributore, di non vendere a determinati clienti o a clienti in determinati territori, o l’obbligo di passare tali ordini ad altri distributori. Lo stesso risultato può essere ottenuto attraverso misure indirette volte a indurre il distributore a non effettuare vendite a tali clienti, come dinieghi o diminuzioni di premi e sconti, cessazione della fornitura, riduzioni nei volumi delle forniture oppure limitazioni dei volumi delle forniture in funzione del volume della domanda esistente all’interno di un territorio o di una clientela, minacce di risoluzione dei contratti, richieste di un prezzo più elevato per i prodotti da esportare, limitazioni della quota di vendite che può essere esportata o obblighi di cedere i profitti. La ripartizione può infine risultare dal rifiuto del fornitore di offrire una garanzia valida sull’intero territorio dell’Unione europea, garanzia in virtù della quale i distributori sono di norma tenuti ad offrire essi stessi il servizio e a farsi rimborsare per tale servizio dal fornitore, anche in relazione a prodotti venduti da altri distributori all’interno del loro territorio (30). Tali pratiche possono più facilmente operare come restrizioni delle vendite per l’acquirente quando il fornitore realizza nel contempo un sistema di controllo volto a verificare l’effettiva destinazione dei beni forniti (ad esempio con l’uso di etichette differenziate o di numeri di serie). Gli obblighi imposti ai rivenditori di esporre il marchio del fornitore non sono tuttavia considerati restrizioni fondamentali. Poiché l’articolo 4, lettera b), riguarda soltanto le restrizioni relative alle vendite da parte dell’acquirente o dei suoi clienti, neppure le restrizioni delle vendite del fornitore sono una restrizione fondamentale, fermo restando quanto specificato al punto 59 relativamente alle vendite di pezzi di ricambio nel contesto dell’articolo 4, lettera e), del regolamento di esenzione per categoria. L’articolo 4, lettera b), si applica lasciando impregiudicata una restrizione del luogo di stabilimento dell'acquirente. Il beneficio del regolamento di esenzione per categoria è pertanto possibile se viene concordato che l’acquirente limiti i propri punti vendita e depositi ad un indirizzo, posto o territorio particolari.

51)

Vi sono quattro eccezioni alla restrizione fondamentale di cui all’articolo 4, lettera b), del regolamento di esenzione per categoria. La prima eccezione di cui all’articolo 4, lettera b), punto i), consente ad un fornitore di limitare le vendite attive di una parte acquirente dell’accordo a territori o gruppi di clienti attribuiti in esclusiva ad un altro acquirente o che il fornitore si è riservato. Un territorio o un gruppo di clienti sono attribuiti in esclusiva quando il fornitore acconsente a vendere i propri prodotti ad un unico distributore perché li distribuisca in un particolare territorio o ad un particolare gruppo di clienti ed il distributore esclusivo è protetto, all’interno del suo territorio o verso il suo gruppo di clienti, dalle vendite attive da parte di tutti gli altri acquirenti del fornitore nell’Unione europea, indipendentemente dalle vendite effettuate dal fornitore. Il fornitore può combinare l’attribuzione di un territorio esclusivo e quella di un gruppo di clienti esclusivo, ad esempio nominando un distributore esclusivo per un particolare gruppo di clienti in un determinato territorio. Tale protezione di territori o gruppi di clienti attribuiti in esclusiva deve tuttavia consentire le vendite passive in quei territori e a quei gruppi di clienti. Ai fini dell’applicazione dell’articolo 4, lettera b), del regolamento di esenzione per categoria, la Commissione intende le vendite attive e passive nel modo seguente:

vendite «attive»: il contatto attivo con singoli clienti ad esempio per posta, compreso mediante l’invio di messaggi di posta elettronica non sollecitati, o mediante visite ai clienti; oppure il contatto attivo con uno specifico gruppo di clienti, o con clienti situati in uno specifico territorio attraverso inserzioni pubblicitarie sui media o via Internet o altre promozioni specificamente indirizzate a quel gruppo di clienti o a clienti in quel territorio. La pubblicità o le promozioni che sono interessanti per l’acquirente soltanto se raggiungono (anche) uno specifico gruppo di clienti o clienti in un territorio specifico, sono considerati vendite attive a tale gruppo di clienti o ai clienti in tale territorio;

vendite «passive»: la risposta ad ordini non sollecitati di singoli clienti, incluse la consegna di beni o la prestazione di servizi a tali clienti. Sono vendite passive le azioni pubblicitarie o promozioni di portata generale che raggiungano clienti all’interno dei territori (esclusivi) o dei gruppi di clienti (esclusivi) di altri distributori, ma che costituiscano un modo ragionevole per raggiungere clienti al di fuori di tali territori o gruppi di clienti, ad esempio per raggiungere clienti all’interno del proprio territorio. Le azioni pubblicitarie o promozioni di portata generale sono considerate un modo ragionevole per raggiungere tali clienti se è interessante per l’acquirente attuare tali investimenti anche se non raggiungono clienti all’interno del territorio (esclusivo) o del gruppo di clienti (esclusivo) di altri distributori.

52)

Internet rappresenta uno strumento straordinario per raggiungere clienti più numerosi e diversificati rispetto a quanto avverrebbe utilizzando solo metodi di vendita più tradizionali; per questo motivo determinate restrizioni dell’utilizzo di Internet vengono trattate come restrizioni delle (ri)vendite. In linea di principio, a qualsiasi distributore deve essere consentito di utilizzare Internet per vendere prodotti. In generale, l’esistenza di un sito Internet è considerata una forma di vendita passiva in quanto si tratta di un modo ragionevole di consentire ai clienti di raggiungere il distributore. L'esistenza di un sito può produrre effetti al di fuori del territorio o gruppo di clienti del distributore; tuttavia, si tratta di una conseguenza della tecnologia, che consente un facile accesso da qualsiasi luogo. Se un cliente visita il sito Internet di un distributore e lo contatta, e se tale contatto si conclude con una vendita, inclusa la consegna effettiva, ciò viene considerato come una vendita passiva. Lo stesso avviene se un cliente decide di essere informato (automaticamente) dal distributore e questo determina una vendita. Le scelte delle lingue utilizzate sul sito o per la comunicazione sono considerate di per sé una forma di vendita passiva. La Commissione considera pertanto le seguenti circostanze come restrizioni fondamentali delle vendite passive in considerazione del fatto che tali restrizioni sono atte a limitare le possibilità del distributore di raggiungere clienti più numerosi e diversificati:

a)

un accordo con cui il distributore (esclusivo) impedisca a clienti situati in un altro territorio (esclusivo) di visualizzare il suo sito Internet o che preveda sul proprio sito Internet il reinstradamento automatico dei clienti verso il sito Internet del produttore o di altri distributori (esclusivi). Ciò non esclude la possibilità di concordare che il sito Internet del distributore offra anche una serie di link ai siti Internet di altri distributori e/o del fornitore;

b)

un accordo con cui il distributore (esclusivo) interrompa le transazioni dei consumatori via Internet una volta accertato mediante i dati della loro carta di credito che il loro indirizzo non si trova nel territorio (esclusivo) del distributore;

c)

un accordo con cui il distributore limiti la proporzione delle vendite complessive fatte via Internet. Questo non esclude la possibilità che il fornitore richieda, senza limitare le vendite on-line del distributore, che l’acquirente venda off-line almeno una certa quantità assoluta (in valore o in volume) dei prodotti per garantire una gestione efficiente del suo punto vendita «non virtuale», né impedisce al fornitore di assicurarsi che l’attività on-line del distributore rimanga coerente con il modello di distribuzione del fornitore (cfr. punti 54 e 56). Tale quantità assoluta di vendite off-line richieste può essere la stessa per tutti gli acquirenti o essere stabilita a livello individuale per ogni acquirente sulla base di criteri oggettivi, come le dimensioni dell’acquirente nella rete o la sua ubicazione geografica;

d)

un accordo con cui il distributore paghi un prezzo più elevato per i prodotti destinati ad essere rivenduti on-line dal distributore rispetto ai prodotti destinati a essere rivenduti off-line. Ciò non esclude la possibilità che il fornitore concordi con l’acquirente un compenso fisso (ossia non un compenso variabile che aumenti in base al fatturato realizzato off-line in quanto questo rappresenterebbe indirettamente una doppia tariffazione) per sostenere gli sforzi di vendita off-line o on-line dell’acquirente.

53)

Una restrizione dell’uso di Internet imposta alle parti distributrici dell’accordo è compatibile con il regolamento di esenzione per categoria solo se le promozioni via Internet o l’uso di Internet determinassero vendite attive, ad esempio, nei territori o ai gruppi di clienti esclusivi di altri distributori. La Commissione considera la pubblicità on-line specificamente indirizzata a determinati clienti una forma di vendita attiva a tali clienti. I banner che mostrino un collegamento territoriale su siti Internet di terzi rappresentano ad esempio una forma di vendita attiva sul territorio in cui tali banner sono visibili. In linea generale, gli sforzi compiuti per essere reperiti specificamente in un determinato territorio o da un determinato gruppo di clienti costituisce una vendita attiva in tale territorio o a tale gruppo di clienti. Il pagamento di un compenso ad un motore di ricerca o ad un provider pubblicitario on-line affinché vengano presentate inserzioni pubblicitarie specificamente agli utenti situati in un particolare territorio rappresenta una vendita attiva in tale territorio.

54)

Tuttavia, nel quadro dell’esenzione per categoria il fornitore può esigere il rispetto di standard qualitativi in relazione all’uso di siti Internet per la rivendita dei suoi beni, così come può farlo in relazione ad un punto vendita o alla vendita via catalogo o all’attività pubblicitaria e promozionale in generale. Ciò può essere rilevante, in particolare, per la distribuzione selettiva. Ai sensi dell’esenzione per categoria, il fornitore può ad esempio richiedere ai suoi distributori di avere più punti vendita o saloni di esposizione «non virtuali» come condizione per divenire membri del suo sistema di distribuzione. A norma dell’esenzione per categoria sono possibili anche successive modifiche a tale condizione, tranne se tali modifiche hanno come oggetto la limitazione diretta o indiretta delle vendite on-line da parte dei distributori. Analogamente, un fornitore può richiedere che i propri distributori utilizzino piattaforme di terzi per distribuire i prodotti oggetto del contratto esclusivamente in conformità delle norme e condizioni concordate tra il fornitore ed i suoi distributori per l’utilizzo di Internet da parte di questi ultimi. Ad esempio, qualora il sito Internet del distributore sia ospitato da una piattaforma di terzi, il fornitore può richiedere che i clienti non entrino nel sito del distributore attraverso un sito recante il nome o il logo della piattaforma di terzi.

55)

Vi sono altre tre eccezioni alla restrizione fondamentale di cui all’articolo 4, lettera b), del regolamento di esenzione per categoria. Tutte e tre le eccezioni consentono la restrizione sia delle vendite attive che di quelle passive. In base alla prima eccezione è ammissibile limitare le vendite di un grossista agli utenti finali, il che permette ad un fornitore di mantenere il livello della catena commerciale all’ingrosso distinto da quello al dettaglio. Tale eccezione non esclude tuttavia che il grossista possa vendere a determinati utenti finali, ad esempio grandi utenti finali, non consentendogli nel contempo di vendere a (tutti gli) altri utenti finali. La seconda eccezione permette ad un fornitore di limitare le vendite di un distributore designato in un sistema di distribuzione selettiva, a qualsiasi livello della catena commerciale, a distributori non autorizzati situati in qualsiasi territorio in cui il sistema viene applicato in quel momento o in cui il fornitore non vende ancora i prodotti oggetto del contratto (indicato all’articolo 4, lettera b), punto iii) come il «territorio che il fornitore ha riservato a tale sistema»). La terza eccezione consente a un fornitore di imporre a un acquirente di componenti, a cui questi sono forniti a scopo di incorporazione, restrizioni relativamente alla rivendita di detti componenti a concorrenti del fornitore. Il termine «componenti» include qualsiasi bene intermedio ed il termine «incorporazione» si riferisce all’uso come input per la produzione di un bene.

56)

La restrizione fondamentale di cui all’articolo 4, lettera c), del regolamento di esenzione per categoria esclude dal beneficio dell’esenzione le restrizioni delle vendite attive o passive agli utenti finali - siano essi utilizzatori professionali o consumatori finali - da parte dei membri di un sistema di distribuzione selettiva, fatta salva la possibilità di proibire ad un membro di tale sistema di svolgere la propria attività in un luogo di stabilimento non autorizzato. Ciò significa che ai rivenditori operanti in un sistema di distribuzione selettiva, quale definito all’articolo 1, paragrafo 1, lettera e), del regolamento di esenzione per categoria, non possono essere imposte restrizioni riguardo agli utenti o agli agenti incaricati di tali acquisti per conto degli utenti, ai quali essi possono vendere, tranne per proteggere un sistema di distribuzione esclusiva gestito altrove (cfr. punto 51). All’interno di un sistema di distribuzione selettiva il rivenditore dovrebbe essere libero di vendere, in modo sia attivo che passivo, a tutti gli utenti finali, anche mediante Internet. La Commissione considera pertanto come una restrizione fondamentale qualsiasi obbligo che impedisce ai rivenditori designati l’utilizzo di Internet per raggiungere clienti più numerosi e differenziati imponendo criteri per le vendite on-line che non sono nel complesso equivalenti a quelli imposti presso un punto vendita «non virtuale». Ciò non significa che i criteri imposti per le vendite on-line debbano essere identici a quelli imposti per le vendite off-line, ma piuttosto che dovrebbero perseguire gli stessi obiettivi ed ottenere risultati comparabili e che la differenza tra i criteri deve essere giustificata dalla natura diversa di questi due modi di distribuzione. Per impedire le vendite a distributori non autorizzati, un fornitore può ad esempio richiedere ai propri distributori selezionati di non vendere ad un singolo utente finale più di una determinata quantità di prodotti oggetto del contratto. Tale condizione può dover essere più rigida per le vendite on-line se è più facile per un distributore non autorizzato ottenere tali prodotti utilizzando Internet. Analogamente, la condizione potrebbe dover essere più rigida per le vendite off-line se è facile ottenerli da un punto vendita «non virtuale». Per garantire la consegna tempestiva di prodotti oggetto del contratto, per le vendite off-line un fornitore può imporre che i prodotti vengano consegnati immediatamente. Considerando che non è possibile imporre una condizione identica per le vendite on-line, il fornitore può precisare determinati termini di consegna praticabili per tali vendite. Per le vendite on-line è possibile che debbano essere formulati requisiti specifici per un help desk post-vendita on-line, onde coprire i costi della restituzione dei prodotti da parte dei clienti, e per applicare sistemi di pagamento sicuri.

57)

All’interno del territorio in cui il fornitore gestisce una distribuzione selettiva, questo sistema non può essere combinato con la distribuzione esclusiva, poiché ciò determinerebbe una restrizione delle vendite attive o passive da parte dei rivenditori a norma dell'articolo 4, lettera c), del regolamento di esenzione per categoria, con l’eccezione che possono essere imposte restrizioni alla capacità del rivenditore di stabilire l’ubicazione dei propri locali commerciali. Ai rivenditori selezionati può essere vietato esercitare l’attività da locali diversi, o aprire nuovi punti vendita in sedi diverse. In questo contesto, l’utilizzo del proprio sito Internet da parte di un distributore non può essere assimilato all’apertura di un nuovo punto vendita in una sede diversa. Se il rivenditore possiede un punto vendita mobile, può essere definita un’area al di fuori della quale non potrà operare. Il fornitore può inoltre impegnarsi a rifornire solo un rivenditore o un numero limitato di rivenditori in una parte particolare del territorio in cui viene applicato il sistema di distribuzione selettiva.

58)

La restrizione fondamentale di cui all’articolo 4, lettera d), del regolamento di esenzione per categoria riguarda la restrizione delle forniture incrociate tra distributori autorizzati nell’ambito di un sistema di distribuzione selettiva. Di conseguenza, un accordo o una pratica concordata non possono avere come oggetto diretto o indiretto quello di impedire o limitare le vendite attive o passive dei prodotti contrattuali fra i distributori selezionati, i quali devono rimanere liberi di acquistare detti prodotti da altri distributori designati della rete, operanti allo stesso livello o a un livello diverso della catena commerciale. La distribuzione selettiva non può pertanto essere combinata con restrizioni verticali volte ad obbligare i distributori ad acquistare i prodotti oggetto del contratto esclusivamente da una fonte determinata. Ciò significa inoltre che nell’ambito di una rete di distribuzione selettiva non può essere imposta ai grossisti designati alcuna restrizione quanto alle vendite del prodotto contrattuale a dettaglianti autorizzati.

59)

La restrizione fondamentale di cui all’articolo 4, lettera e), del regolamento di esenzione per categoria, infine, riguarda accordi volti a impedire o limitare ad utenti finali, riparatori indipendenti e prestatori di servizi la possibilità di accedere ai pezzi di ricambio direttamente presso il produttore di tali pezzi. Un accordo fra un produttore di pezzi di ricambio e un acquirente «assemblatore» che incorpora tali pezzi nei propri prodotti (original equipment manufacturer) non può, direttamente o indirettamente, impedire o limitare le vendite di tali componenti, da parte del produttore degli stessi, ad utenti finali, riparatori indipendenti o prestatori di servizi. Restrizioni indirette possono aversi, in particolare, quando al fornitore dei pezzi di ricambio sono poste restrizioni relative alla fornitura di informazioni tecniche e di apparecchiature speciali necessarie per l’impiego dei pezzi di ricambio da parte di utenti finali, riparatori indipendenti o prestatori di servizi. Tuttavia l’accordo può contenere restrizioni relative alla fornitura dei pezzi di ricambio ai riparatori o ai prestatori di servizi incaricati dall’assemblatore della riparazione o della manutenzione dei propri prodotti. In altre parole, l’assemblatore può esigere che la sua rete di riparazione e manutenzione acquisti da lui i pezzi di ricambio.

4.   Casi individuali di restrizioni fondamentali relative alle vendite che possono non rientrare nel campo di applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, o che possono soddisfare le condizioni dell’articolo 101, paragrafo 3

60)

Talune restrizioni fondamentali possono, in via eccezionale, essere obiettivamente necessarie all’esistenza di un accordo di tipo o natura particolari (31) e non rientrare nel campo di applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, ad esempio quando è necessario allinearsi ad un divieto pubblico di vendita di sostanze pericolose a determinati clienti per motivi sanitari o di sicurezza. Le imprese hanno inoltre la possibilità di eccepire incrementi di efficienza ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 3, in un caso individuale. La presente sezione fornisce alcuni esempi di restrizioni relative alle (ri)vendite, mentre l’imposizione di prezzi di rivendita è trattata nella sezione VI.2.10.

61)

Un distributore che sarà il primo a vendere un nuovo marchio o il primo a vendere un marchio esistente su un nuovo mercato, garantendo quindi un vero e proprio ingresso sul mercato rilevante, può dover effettuare investimenti considerevoli per avviare e/o sviluppare il nuovo mercato sul quale non vi era precedentemente alcuna richiesta di quel tipo di prodotto in generale o di quel tipo di prodotto fabbricato da quel determinato produttore. Tali costi possono essere spesso costi irrecuperabili (o sommersi) ed in tali circostanze è possibile che il distributore non sia disposto a stipulare l’accordo di distribuzione in mancanza di una protezione per un certo periodo di tempo nei confronti delle vendite (attive e) passive nel suo territorio o al suo gruppo di clienti da parte di altri distributori. Ciò avviene, ad esempio, quando un produttore stabilito in un particolare mercato nazionale entra in un altro mercato nazionale e introduce i propri prodotti grazie ad un distributore esclusivo e quando tale distributore deve effettuare degli investimenti per lanciare e consolidare il marchio sul nuovo mercato. Qualora siano necessari da parte del distributore investimenti considerevoli per avviare e/o sviluppare il nuovo mercato, le restrizioni delle vendite passive da parte di altri distributori in tale territorio o a tale gruppo di clienti, necessarie affinché il distributore recuperi il costo degli investimenti, non rientrano in genere nel campo di applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, nei primi due anni in cui tale distributore vende i beni o servizi oggetto del contratto in tale territorio o a tale gruppo di clienti, anche se generalmente si considera che restrizioni fondamentali di questo tipo rientrino nel campo di applicazione di detto articolo.

62)

In caso di test vero e proprio di un nuovo prodotto in un territorio limitato o con un gruppo limitato di clienti ed in caso di introduzione scaglionata di un nuovo prodotto, è possibile che venga limitata la vendita attiva da parte dei distributori designati per vendere il nuovo prodotto sul mercato di prova o per partecipare alla prima o alle prime fasi dell’introduzione scaglionata al di fuori del mercato di prova o del o dei mercati nei quali il prodotto è introdotto per la prima volta, senza che questo rientri nel campo di applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, per il periodo necessario per il test o per l’introduzione del prodotto.

63)

Nel caso di un sistema di distribuzione selettiva, le forniture incrociate tra distributori designati devono di norma rimanere libere (cfr. punto 58). Tuttavia, qualora grossisti designati situati in territori diversi debbano investire in attività promozionali nei «propri» territori per sostenere le vendite effettuate da dettaglianti designati e non sia pratico stabilire per contratto le condizioni per una promozione efficace, le restrizioni alle vendite attive da parte del grossista a dettaglianti designati nei territori di altri grossisti per evitare eventuali episodi di parassitismo possono soddisfare, in casi individuali, le condizioni dell’articolo 101, paragrafo 3.

64)

In generale, richiedere ad un distributore di pagare un prezzo più elevato per i prodotti destinati ad essere rivenduti on-line dal distributore rispetto ai prodotti destinati a essere rivenduti off-line («ådoppia tariffazione») costituisce una restrizione fondamentale (cfr. punto 52). Tuttavia, in alcune specifiche circostanze, l’accordo può soddisfare le condizioni dell’articolo 101, paragrafo 3. Ciò può avvenire nel caso particolare in cui il produttore concordi tale doppia tariffazione con i propri distributori, in quanto le vendite on-line determinano costi sostanzialmente più alti per il produttore rispetto alle vendite effettuate off-line. Ad esempio, malgrado le vendite effettuate off-line prevedano l’installazione sul posto da parte del distributore, a differenza delle vendite on-line, queste ultime possono provocare maggiori reclami e ricorsi alla garanzia da parte dei clienti nei confronti del produttore. In tale contesto, la Commissione valuterà anche in che misura è probabile che la restrizione limiti le vendite via Internet ed impedisca al distributore di raggiungere clienti più numerosi e diversificati.

5.   Restrizioni escluse dal regolamento di esenzione per categoria

65)

L’articolo 5 del regolamento di esenzione per categoria esclude determinati obblighi dal campo di applicazione del regolamento anche se non viene superata la soglia della quota di mercato. Tuttavia, il regolamento di esenzione per categoria resta applicabile alla parte restante dell’accordo verticale se questa può essere separata dagli obblighi che non beneficiano dell’esenzione.

66)

La prima esclusione è disposta dall’articolo 5, paragrafo 1, lettera a), del regolamento di esenzione per categoria e riguarda gli obblighi di non concorrenza. Per obbligo di non concorrenza si intende qualsiasi accordo in base al quale l’acquirente acquista dal fornitore o da un’altra impresa da questo indicata più dell’80% degli acquisti annui complessivi dei beni o servizi contrattuali e dei loro succedanei effettuati dall’acquirente stesso nell’anno civile precedente (cfr. definizione di cui all’articolo 1, paragrafo 1, lettera d), del regolamento di esenzione per categoria), impedendo in tal modo all’acquirente di acquistare beni o servizi concorrenti o limitando tali acquisti a meno del 20% degli acquisti complessivi. Se, nel primo anno successivo alla conclusione dell’accordo, non sono disponibili dati sugli acquisti rilevanti dell’acquirente per l’anno che precede la conclusione del contratto, può essere presa in considerazione la stima più accurata del suo fabbisogno annuo complessivo presentata dall’acquirente. Tali obblighi di non concorrenza non sono ammessi dal regolamento di esenzione per categoria quando la loro durata è indeterminata o superiore a cinque anni. Neanche gli obblighi di non concorrenza tacitamente rinnovabili oltre i cinque anni sono ammessi dal regolamento di esenzione per categoria (cfr. l’articolo 5, paragrafo 1, secondo comma). In generale, gli obblighi di non concorrenza sono esenti a norma di detto regolamento quando la loro durata è limitata a cinque anni o a un periodo più breve e non esistono ostacoli tali da rendere problematico per l’acquirente porre effettivamente termine all’obbligo di non concorrenza allo scadere dei cinque anni. Se, ad esempio, l’accordo prevede un obbligo di non concorrenza di cinque anni e il fornitore concede all’acquirente un prestito, il rimborso di tale prestito non dovrebbe impedire all’acquirente di porre effettivamente termine all’obbligo di non concorrenza allo scadere dei cinque anni. Analogamente, se il fornitore fornisce all’acquirente apparecchiature non specificamente funzionali al rapporto contrattuale, l’acquirente dovrebbe avere la possibilità di rilevare tali apparecchiature al loro valore di mercato allo scadere dell’obbligo di non concorrenza.

67)

Il limite di cinque anni non si applica quando i beni o servizi sono rivenduti dall’acquirente «in locali e terreni di proprietà del fornitore o da questi affittati presso terzi non collegati all’acquirente.» In tali casi l’obbligo di non concorrenza può essere della stessa durata del periodo di occupazione del punto vendita da parte dell’acquirente (articolo 5, paragrafo 2, del regolamento di esenzione per categoria). La ragione di tale eccezione è che sarebbe irragionevole attendersi che un fornitore acconsenta alla vendita di prodotti concorrenti in locali e terreni di sua proprietà senza il suo consenso. Per analogia, gli stessi principi si applicano quando l’acquirente opera a partire da un punto vendita mobile appartenente al fornitore o da questo affittato presso terzi non collegati all’acquirente. La costituzione artificiale di un diritto reale (quale il trasferimento da parte del distributore dei propri diritti di proprietà sul terreno ed i locali al fornitore per un periodo limitato di tempo) volta ad aggirare il limite di durata di cinque anni non può beneficiare di questa eccezione.

68)

La seconda esclusione è definita dall’articolo 5, paragrafo 1, lettera b), del regolamento di esenzione per categoria e riguarda gli obblighi di non concorrenza per l’acquirente che si protraggono dopo la scadenza dell’accordo. Tali obblighi non sono generalmente ammessi dal regolamento di esenzione per categoria, a meno che essi non siano indispensabili per proteggere il know-how trasferito dal fornitore all’acquirente, siano limitati ai punti vendita da cui l’acquirente ha operato durante il periodo di vigenza del contratto e siano limitati ad un periodo massimo di un anno (cfr. l’articolo 5, paragrafo 3, del regolamento di esenzione per categoria). In base alla definizione di cui all’articolo 1, paragrafo 1, lettera g), del regolamento di esenzione per categoria, il know-how deve essere «sostanziale» nel senso che «comprende conoscenze significative e utili all’acquirente per l’uso, la vendita o la rivendita dei beni o dei servizi contrattuali».

69)

La terza esclusione è contenuta nell’articolo 5, paragrafo 1, lettera c), del regolamento di esenzione per categoria e riguarda la vendita di beni concorrenti in un sistema di distribuzione selettiva. Il regolamento di esenzione per categoria copre la combinazione della distribuzione selettiva e con un obbligo di non concorrenza che impone al rivenditore di non rivendere marchi concorrenti in generale. Tuttavia, se il fornitore impedisce ai rivenditori designati, direttamente o indirettamente, di acquistare prodotti destinati alla rivendita presso alcuni particolari fornitori concorrenti, tale obbligo non può beneficiare del regolamento di esenzione per categoria. Obiettivo dell’esclusione di questo obbligo è quello di evitare che un gruppo di fornitori, i quali utilizzino gli stessi punti vendita facenti parte di un sistema di distribuzione selettiva, impedisca ad uno o più concorrenti particolari di utilizzare tali rivenditori per distribuire i loro prodotti (preclusione del mercato ad un fornitore concorrente, che equivarrebbe ad una forma di boicottaggio collettivo) (32).

6.   Separabilità

70)

Il regolamento di esenzione per categoria esenta gli accordi verticali a condizione che essi non contengano o non configurino nessuna delle restrizioni fondamentali di cui all’articolo 4 di detto regolamento. Nel caso siano presenti una o più restrizioni fondamentali, il beneficio del regolamento di esenzione per categoria è inapplicabile all’accordo nella sua interezza. Non vi è separabilità per le restrizioni fondamentali.

71)

La regola della separabilità si applica invece alle restrizioni escluse, di cui all’articolo 5 del regolamento di esenzione per categoria. Il beneficio del regolamento di esenzione per categoria sarà pertanto negato solo in relazione a quella parte dell’accordo verticale che non sia conforme a tali condizioni.

7.   Gamma di prodotti distribuiti attraverso uno stesso sistema di distribuzione

72)

Quando un fornitore distribuisce diversi beni o servizi in base allo stesso accordo di distribuzione, alcuni di questi beni o servizi possono rientrare nel campo d’applicazione del regolamento di esenzione per categoria ed altri no, secondo la quota di mercato che rappresentano. In tal caso gli accordi sono esentati per i beni e servizi che soddisfano le condizioni del regolamento di esenzione per categoria stesso.

73)

Ai beni o servizi non contemplati dal regolamento di esenzione per categoria si applicano le ordinarie regole di concorrenza, e ciò significa che:

a)

non vi è esenzione per categoria, ma non vi è neppure presunzione di illegalità;

b)

qualora si configuri una violazione dell’articolo 101, paragrafo 1, e non vi sia possibilità di esenzione, è possibile esaminare se vi siano soluzioni adeguate per eliminare il problema di concorrenza nell’ambito del sistema di distribuzione esistente;

c)

se non vi sono soluzioni adeguate, il fornitore interessato dovrà adottare altri accordi di distribuzione.

Tale situazione può altresì verificarsi nel caso in cui l’articolo 102 trovi applicazione in relazione solo a certi prodotti e non rispetto ad altri.

IV.   REVOCA DEL BENEFICIO E DISAPPLICAZIONE DEL REGOLAMENTO DI ESENZIONE PER CATEGORIA

1.   Procedura di revoca

74)

La presunzione di legalità conferita dal regolamento di esenzione per categoria può essere revocata se un accordo verticale, considerato isolatamente ovvero in combinazione con accordi simili attuati da fornitori o acquirenti concorrenti, rientra nel campo d’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, e non soddisfa tutte le condizioni di cui all’articolo 101, paragrafo 3.

75)

Le condizioni di cui all’articolo 101, paragrafo 3, del trattato possono non essere soddisfatte in particolare quando l’accesso al mercato rilevante o la concorrenza al suo interno risultino significativamente limitati dall’effetto cumulativo di reti parallele di accordi verticali simili posti in essere da fornitori o acquirenti concorrenti. Le reti parallele di accordi verticali devono essere considerate simili se contengono restrizioni verticali che producono sul mercato effetti simili. Una tale situazione può ad esempio verificarsi quando, su un dato mercato, alcuni fornitori praticano un tipo di distribuzione selettiva puramente qualitativa, mentre altri fornitori praticano una distribuzione selettiva quantitativa. Una situazione del genere può verificarsi anche quando, su un determinato mercato, l’uso cumulativo di criteri qualitativi preclude l’ingresso sul mercato a distributori più efficienti. In tali circostanze la valutazione deve tenere conto degli effetti anticoncorrenziali attribuibili a ciascuna singola rete di accordi. Se del caso, la revoca può riguardare solo un particolare criterio qualitativo o solo le limitazioni quantitative del numero di distributori autorizzati.

76)

La responsabilità per gli effetti cumulativi anticoncorrenziali può essere attribuita solo a quelle imprese che vi contribuiscono in misura significativa. Gli accordi conclusi da imprese il cui contributo all’effetto cumulativo è insignificante non ricadono nel divieto sancito dall’articolo 101, paragrafo 1, del trattato (33), e non sono pertanto soggetti al meccanismo di revoca. La valutazione di tale contributo sarà effettuata conformemente ai criteri esposti ai punti 128-229.

77)

Qualora si applichi la procedura di revoca, spetta alla Commissione dimostrare che l’accordo rientra nel campo d’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, del trattato, e che esso non soddisfa una o più delle condizioni dell’articolo 101, paragrafo 3. Una decisione di revoca può avere solo effetto ex nunc, il che significa che l’esenzione degli accordi interessati rimarrà valida fino alla data in cui la revoca diventa efficace.

78)

Come specificato nel considerando 14 del regolamento di esenzione per categoria, l’autorità responsabile della concorrenza di uno Stato membro può revocare il beneficio del regolamento di esenzione per gli accordi verticali che producono effetti anticoncorrenziali in tale Stato membro o in una parte di esso avente tutte le caratteristiche di un mercato geografico distinto. La Commissione ha il potere esclusivo di revocare il beneficio del regolamento di esenzione per categoria per quanto riguarda gli accordi verticali che limitano la concorrenza su un mercato geografico rilevante più vasto del territorio di un singolo Stato membro. Quando il mercato geografico rilevante è costituito dal territorio di un singolo Stato membro, o da una parte di esso, la Commissione e lo Stato membro interessato avranno una facoltà concorrente di decidere la revoca.

2.   Disapplicazione del regolamento di esenzione per categoria

79)

L’articolo 6 del regolamento di esenzione per categoria stabilisce che la Commissione può, mediante regolamento, escludere dal campo d’applicazione del regolamento di esenzione per categoria le reti parallele di restrizioni verticali simili, qualora esse coprano più del 50% di un mercato rilevante. Tale misura non è indirizzata a singole imprese, ma riguarda tutte le imprese i cui accordi siano definiti nel regolamento sull’inapplicabilità del regolamento di esenzione per categoria.

80)

Mentre la revoca del beneficio del regolamento di esenzione per categoria implica l’adozione di una decisione che constati una violazione dell’articolo 101 da parte di una singola impresa, un regolamento adottato ai sensi dell’articolo 6 dello stesso regolamento di esenzione per categoria annulla semplicemente tale beneficio per le restrizioni e i mercati interessati, e ripristina la piena applicazione dell’articolo 101, paragrafi 1 e 3. Dopo l’adozione di un regolamento che dichiara il regolamento di esenzione per categoria inapplicabile a determinate restrizioni verticali in un dato mercato, saranno i criteri elaborati dalla relativa giurisprudenza della Corte di giustizia e del Tribunale dell’Unione europea e dalle comunicazioni e precedenti decisioni della Commissione a guidare l’applicazione dell’articolo 101 ai singoli accordi. Qualora ciò si riveli una misura appropriata, la Commissione adotterà una decisione in un caso specifico, che potrà servire da orientamento per tutte le imprese operanti sul mercato interessato.

81)

Al fine di calcolare il tasso di copertura del mercato del 50%, deve essere presa in considerazione ciascuna singola rete di accordi verticali contenenti restrizioni - o combinazione di restrizioni - aventi sul mercato effetti simili. L’articolo 6 del regolamento di esenzione per categoria non comporta l’obbligo, per la Commissione, di intervenire ogniqualvolta sia superato il tasso di copertura del mercato del 50%. La disapplicazione risulta in generale appropriata quando è verosimile che l’accesso al mercato rilevante o la concorrenza al suo interno sono ristretti in maniera significativa, e ciò può verificarsi in particolare quando reti parallele di distribuzione selettiva che coprono più del 50% di un mercato sono atte a precludere il mercato avvalendosi di criteri di selezione che non sono necessari rispetto alla natura del prodotto rilevante o che praticano discriminazioni verso determinate forme di distribuzione atte alla vendita di tali prodotti.

82)

Nel valutare la necessità di applicazione dell’articolo 6 del regolamento di esenzione per categoria, la Commissione dovrà giudicare se una revoca individuale del beneficio dell’esenzione possa essere una soluzione più appropriata. Ciò può dipendere, in particolare, dal numero di imprese concorrenti che contribuiscono al prodursi di un effetto cumulativo su un dato mercato o dal numero dei mercati geografici interessati all’interno della Comunità.

83)

Qualsiasi regolamento di cui all’articolo 6 del regolamento di esenzione per categoria deve definire con precisione il proprio campo d’applicazione. Pertanto, la Commissione deve definire in primo luogo il prodotto e i mercati geografici rilevanti e, in secondo luogo, individuare il tipo di restrizione verticale a cui il regolamento di esenzione per categoria non sarà più applicabile. Per quanto riguarda quest’ultimo aspetto, la Commissione potrà adeguare il campo d’applicazione dell’eventuale regolamento in relazione al problema di concorrenza che essa intende affrontare. Ad esempio, mentre per stabilire il tasso di copertura del mercato del 50% verranno prese in considerazione tutte le reti parallele di accordi di monomarchismo, la Commissione potrà invece limitare il campo d’applicazione del regolamento che dichiara l’inapplicabilità del regolamento di esenzione per categoria ai soli obblighi di non concorrenza che superino una determinata durata. Gli accordi di durata minore o di natura meno restrittiva potranno quindi non esserne interessati, in considerazione del minor effetto di preclusione ad essi attribuibile. Analogamente, quando la distribuzione selettiva è praticata, su un dato mercato, in combinazione con ulteriori restrizioni come obblighi di non concorrenza o imposizioni di volumi d’acquisto minimi, il regolamento di disapplicazione del regolamento di esenzione per categoria può riguardare solo tali restrizioni supplementari. Qualora ciò risulti appropriato, la Commissione può anche fornire indicazioni riguardo al livello della quota di mercato che, nello specifico contesto, si ritiene non contribuisca significativamente a causare effetti cumulativi da parte di una singola impresa.

84)

Ai sensi del regolamento n. 19/65/CEE del Consiglio, del 2 marzo 1965, relativo all'applicazione dell'articolo 85, paragrafo 3, del trattato a categorie di accordi e pratiche concordate (34), la Commissione deve stabilire un periodo transitorio non inferiore ai sei mesi prima che diventi applicabile un regolamento che stabilisca l’inapplicabilità del regolamento di esenzione per categoria. Ciò dovrebbe consentire alle imprese interessate di modificare i propri accordi in considerazione del regolamento sull’inapplicabilità del regolamento di esenzione per categoria.

85)

Un regolamento che dichiara l’inapplicabilità del regolamento di esenzione per categoria non inciderà sulla validità dell’esenzione degli accordi interessati nel periodo precedente la data d'applicazione.

V.   DEFINIZIONE DEL MERCATO E CALCOLO DELLA QUOTA DI MERCATO

1.   Comunicazione della Commissione sulla definizione di mercato rilevante

86)

La comunicazione della Commissione sulla definizione del mercato rilevante ai fini dell’applicazione del diritto comunitario in materia di concorrenza (35) fornisce indicazioni sulle regole, i criteri e gli elementi utilizzati dalla Commissione per definire il mercato. Detta comunicazione non sarà ulteriormente illustrata nell’ambito dei presenti orientamenti e servirà come base per le questioni di definizione del mercato. In questa sede saranno trattati solo aspetti specifici relativi alle restrizioni verticali, che non sono contemplati nella suddetta comunicazione.

2.   Il mercato rilevante per il calcolo della soglia basata sulla quota di mercato del 30% ai sensi del regolamento di esenzione

87)

Ai sensi dell’articolo 3 del regolamento di esenzione per categoria, sia la quota di mercato del fornitore che quella dell’acquirente sono determinanti per stabilire se si applica l’esenzione per categoria. Affinché si applichi l’esenzione per categoria, sia la quota del fornitore, sul mercato su cui vende i prodotti oggetto del contratto all’acquirente, che quella dell’acquirente, sul mercato su cui acquista i prodotti oggetto del contratto, devono essere pari o inferiori al 30%. Per gli accordi tra piccole e medie imprese non è in genere necessario calcolare le quote di mercato (cfr. punto 11).

88)

Per calcolare la quota di mercato di un’impresa è necessario definire il mercato rilevante sul quale l’impresa vende o acquista i prodotti oggetto del contratto, più precisamente il mercato rilevante del prodotto e il mercato geografico rilevante. Il mercato rilevante del prodotto comprende tutti i beni o servizi considerati intercambiabili dagli acquirenti in ragione delle loro caratteristiche, del prezzo e dell’uso cui sono destinati. Il mercato geografico rilevante comprende l’area in cui le imprese interessate forniscono e acquistano beni o servizi rilevanti, caratterizzata da condizioni di concorrenza sufficientemente omogenee e che può essere distinta dalle aree geografiche vicine, in particolare poiché in esse sussistono condizioni di concorrenza sensibilmente diverse.

89)

Il mercato del prodotto dipende in primo luogo dalla fungibilità del prodotto dal punto di vista dell’acquirente. Quando il prodotto fornito è utilizzato come input per la fabbricazione di altri prodotti e non è di norma individuabile nel prodotto finale, il mercato del prodotto è solitamente definito dalle preferenze degli acquirenti diretti. I clienti degli acquirenti non avranno in genere una particolare preferenza per gli input che gli acquirenti utilizzano. Solitamente le restrizioni verticali concordate tra il fornitore e l’acquirente degli input riguardano esclusivamente la vendita e l’acquisto del prodotto intermedio e non la vendita del prodotto finito. Nel caso della distribuzione di beni finali, la sostituibilità per gli acquirenti diretti sarà di norma determinata o influenzata dalle preferenze dei consumatori finali. Un distributore, in quanto rivenditore, non può ignorare le preferenze dei consumatori finali quando effettua i suoi acquisti di beni finali. Inoltre, al livello della distribuzione, è più frequente che le restrizioni verticali non riguardino solo la vendita di prodotti dal fornitore all’acquirente, ma anche la loro rivendita. Poiché generalmente vi sono diverse forme di distribuzione concorrenti, i mercati non sono solitamente definiti dalla forma di distribuzione praticata. Nel caso in cui i fornitori vendano una gamma di prodotti, tale gamma può determinare il mercato del prodotto qualora sia la gamma nel suo insieme e non i singoli prodotti ad essere considerata come sostituibile dagli acquirenti. Poiché i distributori sono acquirenti professionali, il mercato geografico all’ingrosso è generalmente più ampio del mercato al dettaglio in cui il prodotto è rivenduto al consumatore finale. Ciò porta spesso alla definizione di mercati all’ingrosso nazionali o ancora più ampi. Anche i mercati al dettaglio possono tuttavia essere più ampi rispetto all’area di ricerca del consumatore finale in caso di condizioni di mercato omogenee e di bacini di utenza locali o regionali che si sovrappongono.

90)

Nel caso in cui un accordo verticale sia concluso tra tre parti che operano ciascuna ad un diverso livello della catena commerciale, la quota di mercato di ciascuna delle parti deve essere pari o inferiore al 30% perché si applichi l’esenzione per categoria. Come specificato all’articolo 3, paragrafo 2, del regolamento di esenzione per categoria, qualora in un accordo multilaterale un’impresa acquisti i beni o servizi oggetto del contratto da un’impresa parte contraente dell’accordo e venda i beni o servizi oggetto del contratto a un’altra impresa parte contraente dell’accordo, l’esenzione per categoria si applica soltanto se la quota di mercato della prima impresa non supera la soglia del 30% sia come acquirente sia come fornitore. Se ad esempio, un accordo fra un produttore, un grossista (o un’associazione di dettaglianti) e un dettagliante prevede un obbligo di non concorrenza, per beneficiare dell’esenzione per categoria sia la quota di mercato del produttore che quella del grossista (o di un’associazione di dettaglianti) sui rispettivi mercati a valle non devono superare il 30% e sia la quota di mercato del grossista (o di un’associazione di dettaglianti) che quella del dettagliante sui rispettivi mercati degli acquisti non devono superare il 30%.

91)

Se un fornitore produce sia il prodotto assemblato sia i pezzi di ricambio o per la riparazione di questo prodotto, tale fornitore sarà spesso l’unico o il principale fornitore del mercato dei pezzi di ricambio e per la riparazione. Lo stesso può accadere anche quando il fornitore (assemblatore) subappalti la fabbricazione dei pezzi di ricambio o per la riparazione. A seconda delle circostanze specifiche del caso in esame, come gli effetti delle restrizioni considerate, l’arco di vita del prodotto assemblato e l’importanza dei costi di riparazione o sostituzione, il mercato rilevante ai fini dell’applicazione del regolamento di esenzione per categoria può essere il mercato del prodotto assemblato inclusi i pezzi di ricambio oppure i due mercati separati del prodotto assemblato e dei pezzi di ricambio (36). In pratica, si tratta di decidere se una parte significativa degli acquirenti compie la propria scelta tenendo conto dei costi nell’arco di vita del prodotto. In tal caso, ciò indica che esiste un mercato combinato per il prodotto assemblato e i pezzi di ricambio.

92)

Quando l’accordo verticale, oltre alla fornitura del bene contrattuale, contiene anche disposizioni relative ai DPI - come una disposizione relativa all’uso del marchio di fabbrica del fornitore - che facilitano all’acquirente la commercializzazione del bene contrattuale, la quota di mercato detenuta dal fornitore sul mercato dove questi vende il bene contrattuale è rilevante ai fini dell’applicazione del regolamento di esenzione per categoria. Quando l’affiliante non fornisce beni destinati alla rivendita, ma un insieme di beni e servizi combinati con DPI i quali nel complesso costituiscono la formula commerciale oggetto del franchising, l’affiliante deve tenere conto della sua quota di mercato in quanto fornitore di una formula commerciale. A tal fine, l’affiliante deve calcolare la sua quota sul mercato in cui la formula commerciale viene sfruttata, vale a dire sul mercato in cui l’affiliato utilizza la formula commerciale in questione per offrire beni o servizi agli utenti finali. L’affiliante deve basare la sua quota di mercato sul valore dei beni o servizi offerti dai suoi affiliati su tale mercato. Su tale mercato, i concorrenti possono offrire altre formule commerciali in franchising, ma anche fornire beni o servizi fungibili non in franchising. Ad esempio, senza pregiudizio per la definizione di un tale mercato, se vi fosse un mercato dei servizi di ristorazione rapida, un affiliante operante su questo mercato dovrebbe calcolare la sua quota sulla base dei dati relativi alle vendite effettuate dai suoi affiliati su detto mercato.

3.   Calcolo delle quote di mercato ai sensi del regolamento di esenzione per categoria

93)

Il calcolo della quota di mercato deve essere basato, in linea di principio, su dati espressi in valore. Qualora questi non siano disponibili, possono essere effettuate delle stime basate su elementi verificabili e su altre informazioni di mercato attendibili, ivi compresi i volumi delle vendite (cfr. articolo 7, lettera a), del regolamento di esenzione per categoria).

94)

La produzione interna, ossia la produzione di un bene intermedio per uso proprio di un’impresa, può essere di notevole rilievo ai fini dell’analisi della concorrenza in quanto costituisce un elemento di pressione concorrenziale, oppure perché accentua la posizione di un’impresa sul mercato. Ai fini della definizione del mercato e del calcolo della quota di mercato per i beni e i servizi intermedi la produzione interna, tuttavia, non sarà presa in considerazione.

95)

In caso di duplice distribuzione, ossia nel caso in cui il produttore di un bene finale operi anche come distributore sul mercato, la definizione di mercato e il calcolo della quota di mercato dovranno comunque includere la vendita dei propri prodotti da parte dei produttori attraverso i loro distributori e agenti integrati (cfr. articolo 7, lettera c), del regolamento di esenzione per categoria). I distributori integrati sono imprese collegate ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 2, del regolamento di esenzione per categoria (37).

VI.   POLITICA DI APPLICAZIONE DELLA NORMATIVA NEI CASI INDIVIDUALI

1.   Quadro dell’analisi

96)

Al di fuori del campo di applicazione del regolamento di esenzione per categoria, è importante esaminare se nel caso in esame l’accordo considerato rientra nel campo di applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, e in tal caso se le condizioni di cui all’articolo 101, paragrafo 3, sono soddisfatte. A condizione che non contengano restrizioni della concorrenza per oggetto e, in particolare, restrizioni fondamentali della concorrenza, non si può presumere che gli accordi verticali che non beneficiano del regolamento di esenzione per categoria a causa del superamento della soglia di mercato rientrino nell’ambito di applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, o non soddisfino le condizioni dell’articolo 101, paragrafo 3. È necessaria a tal fine una valutazione individuale dei probabili effetti dell’accordo. Le imprese sono invitate a effettuare una propria valutazione. Gli accordi che non restringono la concorrenza ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, o che soddisfano le condizioni di cui all’articolo 101, paragrafo 3, sono validi ed efficaci. Ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio, del 16 dicembre 2002, concernente l'applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli 81 e 82 del trattato (38) per beneficiare di un’esenzione individuale ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 3, non è necessario effettuare alcuna notifica. Nel caso di un esame individuale da parte della Commissione, questa dovrà dimostrare che l’accordo in questione viola l’articolo 101, paragrafo 1, del trattato e incombe invece alle imprese che invocano l’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 3, dimostrare che le condizioni enunciate in tale paragrafo sono soddisfatte. Qualora vengano dimostrati probabili effetti anticoncorrenziali, le imprese potranno addurre prove degli effetti positivi dell’accordo in termini di efficienza e spiegare perché un dato sistema di distribuzione è indispensabile per apportare probabili benefici ai consumatori senza eliminare la concorrenza, prima che la Commissione decida se l’accordo soddisfa le condizioni dell’articolo 101, paragrafo 3.

97)

Per valutare se un accordo verticale ha l’effetto di limitare la concorrenza verrà effettuato un confronto tra la situazione effettiva o la probabile situazione futura sul mercato rilevante, caratterizzata dalle restrizioni verticali esistenti, e la situazione che si avrebbe in mancanza delle restrizioni verticali contenute nell’accordo. Nella valutazione dei singoli casi la Commissione prenderà in considerazione, ove del caso, sia gli effetti reali che quelli probabili. Perché gli accordi verticali siano restrittivi per effetto occorre che pregiudichino la concorrenza effettiva o potenziale in misura tale che, con ragionevole probabilità, si possano prevedere effetti negativi sui prezzi, sulla produzione, sull’innovazione o sulla varietà o qualità dei beni e dei servizi offerti sul mercato rilevante. I probabili effetti negativi sul mercato devono essere sensibili (39). Effetti anticoncorrenziali sensibili sono possibili quando almeno una delle parti detenga o acquisisca un certo potere di mercato e l’accordo contribuisca a creare, mantenere o rafforzare tale potere di mercato, ovvero consenta alle parti di avvalersene. Il potere di mercato è la capacità di mantenere i prezzi ad un livello superiore al livello competitivo o di mantenere la produzione, in termini di quantità, di qualità e di varietà dei prodotti o di innovazione, ad un livello inferiore al livello competitivo per un periodo di tempo non trascurabile. Il grado di potere di mercato richiesto di norma per constatare una violazione ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, è inferiore al grado di potere di mercato richiesto per constatare una posizione dominante ai sensi dell’articolo 102.

98)

Le restrizioni verticali sono in genere meno pregiudizievoli per la concorrenza rispetto alle restrizioni orizzontali. La ragione principale per la maggiore attenzione nei confronti delle restrizioni orizzontali risiede nel fatto che queste ultime consistono in accordi conclusi tra concorrenti che producono prodotti o forniscono servizi identici o fungibili. Sul piano orizzontale, l’esercizio di un potere di mercato da parte di un’impresa (vendita del suo prodotto ad un prezzo più elevato) può andare a vantaggio dei concorrenti, il che può far sì che le imprese in concorrenza si inducano reciprocamente a tenere comportamenti anticoncorrenziali. Negli accordi verticali l’output dell’una costituisce l’input dell’altra, ossia le attività delle parti dell’accordo sono complementari tra loro. Ciò significa che l’esercizio di un potere di mercato da parte dell’impresa a monte, o da parte dell’impresa a valle, è normalmente pregiudizievole per la domanda del prodotto dell’altra. Le imprese partecipanti all’accordo hanno pertanto buoni motivi per impedirsi reciprocamente di esercitare un potere di mercato.

99)

Tuttavia tale fattore di autodisciplina non deve essere sopravvalutato. Un’impresa che non dispone di alcun potere di mercato può tentare di aumentare gli utili solo ottimizzando i propri processi di fabbricazione e di distribuzione, con o senza l’ausilio di restrizioni verticali. Più in generale, dato il ruolo complementare delle parti di un accordo verticale nel portare un prodotto sul mercato, le restrizioni verticali possono produrre incrementi di efficienza considerevoli. Per contro, un’impresa che beneficia di un certo potere di mercato può anche tentare di accrescere i propri utili a spese dei concorrenti diretti, aumentando i loro costi, nonché a spese dei suoi clienti e in ultima analisi dei consumatori, appropriandosi di una parte del loro margine. Una situazione simile può verificarsi quando l’impresa a monte e l’impresa a valle si suddividono gli utili supplementari o quando l’una delle due si avvale delle restrizioni verticali per appropriarsi di tutti gli utili supplementari.

1.1.   Effetti negativi delle restrizioni verticali

100)

Gli effetti negativi sul mercato che possono derivare da restrizioni verticali e che il diritto dell’UE in materia di concorrenza è volto a prevenire sono i seguenti:

a)

preclusione anticoncorrenziale del mercato ad altri fornitori o ad altri acquirenti, per mezzo della creazione di barriere all’ingresso o all’espansione;

b)

indebolimento della concorrenza tra il fornitore e i suoi concorrenti e/o agevolazione della collusione fra tali fornitori, spesso denominata riduzione della concorrenza tra marchi (40);

c)

indebolimento della concorrenza tra l’acquirente e i suoi concorrenti e/o agevolazione della collusione fra tali concorrenti, spesso denominata riduzione della concorrenza tra marchi se riguarda la concorrenza dei distributori sulla base del marchio o del prodotto dello stesso fornitore;

d)

creazione di ostacoli all’integrazione dei mercati, tra cui, in primo luogo, limitazioni delle possibilità dei consumatori di acquistare beni o servizi nello Stato membro di propria scelta.

101)

La preclusione del mercato, l’indebolimento della concorrenza e la collusione a livello dei produttori possono danneggiare i consumatori, in particolare, aumentando i prezzi all’ingrosso dei prodotti, limitando la scelta di prodotti, abbassandone la qualità o riducendo il livello d’innovazione dei prodotti. La preclusione del mercato, l’indebolimento della concorrenza e la collusione a livello dei distributori possono danneggiare i consumatori, in particolare, aumentando i prezzi al dettaglio dei prodotti, limitando la scelta della combinazione prezzo-servizio e dei formati di distribuzione, abbassando la disponibilità e la qualità dei servizi al dettaglio e riducendo il livello di innovazione della distribuzione.

102)

In un mercato in cui i singoli distributori distribuiscono il marchio o i marchi di un unico fornitore, una riduzione della concorrenza tra i distributori dello stesso marchio determinerà una riduzione della concorrenza all’interno del marchio tra tali distributori, ma può non avere un effetto negativo sulla concorrenza tra i distributori in generale. In tal caso, se la concorrenza tra marchi è accesa, è improbabile che una riduzione della concorrenza all’interno del marchio abbia effetti negativi per i consumatori.

103)

Gli accordi di esclusiva sono in linea di massima più anticoncorrenziali di accordi che non prevedono esclusiva. Gli accordi di esclusiva, che sia prevista espressamente nelle clausole contrattuali o che abbia tale effetto nella pratica, fanno sì che una delle parti soddisfi la totalità o la quasi totalità del suo fabbisogno presso l’altra parte. Una clausola di non concorrenza, ad esempio, limita i rifornimenti dell’acquirente ad un unico marchio. L’imposizione di quantità minime di acquisto lascia invece all’acquirente un certo margine di manovra per procurarsi beni concorrenti. L’effetto di preclusione può pertanto essere minore in caso di imposizione di quantità minime di acquisto.

104)

Le restrizioni verticali concordate per i beni e i servizi che non sono di marca sono in linea di massima meno dannose delle restrizioni riguardanti la distribuzione di beni e servizi di marca. Il marchio tende ad accrescere la differenziazione del prodotto e a ridurne la fungibilità e pertanto riduce l’elasticità della domanda ed accresce la possibilità di aumentare i prezzi. La distinzione tra beni o servizi di marca e beni o servizi non di marca coinciderà spesso con la distinzione tra beni e servizi intermedi e beni e servizi finali.

105)

In generale, una combinazione di restrizioni verticali aggrava i loro effetti negativi. Talune combinazioni di restrizioni verticali sono tuttavia meno limitative per la concorrenza rispetto al ricorso isolato a ciascuna di esse. Ad esempio in un sistema di distribuzione esclusiva il distributore può avere la tentazione di aumentare il prezzo dei prodotti, dato che la concorrenza all’interno del marchio è stata ridotta. L’imposizione di quantità minime di acquisto o la fissazione di un prezzo massimo di rivendita può limitare tali aumenti dei prezzi. I potenziali effetti negativi delle restrizioni verticali sono rafforzati quando vari fornitori organizzano nello stesso modo i rapporti commerciali con i propri acquirenti, determinando in questo modo i cosiddetti effetti cumulativi.

1.2.   Effetti positivi delle restrizioni verticali

106)

È importante riconoscere che le restrizioni verticali possono avere effetti positivi, in particolare promuovendo la concorrenza non basata sui prezzi ed il miglioramento della qualità dei servizi. Quando un’impresa non dispone di alcun potere di mercato può solo tentare di aumentare gli utili ottimizzando i propri processi di fabbricazione e di distribuzione. In un certo numero di casi le restrizioni verticali possono essere utili a tal fine in quanto le normali contrattazioni tra produttore e dettagliante nel libero mercato, che portano esclusivamente a determinare il prezzo e la quantità per una data transazione, possono dare origine a un livello subottimale di investimenti e vendite.

107)

I presenti orientamenti intendono fornire un quadro delle varie motivazioni che possono giustificare le restrizioni verticali, ma non pretendono di essere né completi né esaustivi. Le ragioni seguenti possono giustificare l’applicazione di talune restrizioni verticali:

a)

«Risolvere un problema di parassitismo». Un distributore può avvantaggiarsi degli sforzi promozionali di un altro distributore. Questo tipo di problema è assai comune a livello di grossisti e dettaglianti. La distribuzione esclusiva o restrizioni analoghe possono essere utili per combattere il fenomeno del parassitismo. Tale problema può verificarsi anche tra fornitori, ad esempio quando uno di essi investe nella promozione del suo marchio nei punti di vendita dell’acquirente, in generale a livello di dettagliante, facendo sì che anche i concorrenti beneficino della clientela che questi sforzi fanno affluire nei negozi. Restrizioni quali un obbligo di non concorrenza possono costituire una soluzione soddisfacente a questo tipo di parassitismo (41).

Per costituire un problema, il parassitismo deve essere reale. Il parassitismo tra acquirenti è possibile solo nei servizi pre-vendita e in altre attività promozionali, ma non nei servizi post-vendita che il distributore può addebitare ai propri clienti a livello individuale. In generale, il prodotto deve essere relativamente nuovo o tecnicamente complesso o la reputazione del prodotto deve essere un fattore considerevolmente determinante della relativa domanda, poiché altrimenti il cliente è, di norma, in grado di sapere in anticipo ciò che vuole sulla base dei suoi acquisti anteriori. Il prodotto deve inoltre avere un certo valore, perché altrimenti non sarebbe interessante per un cliente recarsi in un negozio per ottenere informazioni e andare in un altro negozio per fare l’acquisto. Infine non deve risultare semplice per il fornitore imporre per contratto a tutti gli acquirenti requisiti effettivi in materia di promozione o di servizi.

Il parassitismo tra fornitori è inoltre possibile solo in situazioni specifiche, vale a dire se la promozione viene realizzata presso i locali dell’acquirente ed è generica e non specifica al marchio.

b)

«Aprire o accedere a nuovi mercati». Qualora un produttore voglia entrare in un nuovo mercato geografico, ad esempio esportando per la prima volta in un altro paese, il distributore dovrà effettuare specifici investimenti iniziali per affermare il marchio sul mercato. Per convincere un distributore locale ad effettuare tali investimenti, potrebbe essere necessario fornire a tale distributore una protezione territoriale in modo tale che possa recuperare il costo degli investimenti praticando temporaneamente un prezzo più elevato. I distributori basati su altri mercati dovrebbero quindi essere indotti ad astenersi per un periodo limitato dal vendere sul nuovo mercato (cfr. anche punto 61, sezione III.3). Si tratta di un caso particolare della forma di parassitismo di cui al numero 1).

c)

«La questione del parassitismo di certificazione». In certi settori, taluni dettaglianti sono rinomati per vendere esclusivamente prodotti di qualità. In un tal caso, vendere tramite questi dettaglianti può essere importantissimo per il lancio di un nuovo prodotto. Se inizialmente il produttore non può limitare le sue vendite ai negozi del segmento alto del mercato, corre il rischio di vedersi eliminato dal listino ed il lancio del prodotto potrebbe fallire. Ciò significa che potrebbe essere giustificato permettere l’imposizione, per un periodo limitato, di una restrizione quale la distribuzione esclusiva o la distribuzione selettiva. Tale periodo deve essere sufficiente a garantire il lancio del nuovo prodotto, ma non di durata così lunga da impedirne la diffusione su grande scala. Tali benefici sono più probabili in relazione a beni la cui qualità è di difficile valutazione prima del consumo (prodotti cosiddetti «d’esperienza») o a beni complessi che rappresentino un acquisto relativamente oneroso per il consumatore finale.

d)

«Il problema della rinuncia all’investimento». Vi sono talora investimenti specifici alla relazione contrattuale che devono essere realizzati o dal fornitore o dall’acquirente, come nel caso di attrezzature speciali o di formazioni specifiche. Si pensi ad esempio a un fabbricante di componenti che deve costruire nuovi macchinari e attrezzature per soddisfare una particolare esigenza di uno dei suoi clienti. L’investitore potrebbe non procedere agli investimenti necessari, a meno di definire in precedenza le condizioni che disciplineranno le forniture.

Tuttavia, come negli altri esempi di parassitismo, un rischio di sotto-investimento è reale o significativo solo se si è in presenza di un certo numero di condizioni. In primo luogo, l’investimento deve essere specifico al rapporto contrattuale. Un investimento effettuato dal fornitore è considerato specifico al rapporto contrattuale se, in caso di risoluzione del contratto, non può essere utilizzato dal fornitore in relazione ad altri clienti e non può essere venduto senza incorrere in perdite consistenti. Un investimento effettuato dall’acquirente è considerato specifico al rapporto contrattuale se, in caso di risoluzione del contratto, non può essere utilizzato dall’acquirente per acquistare e/o utilizzare prodotti forniti da altri fornitori e non può essere venduto senza incorrere in perdite consistenti. Un investimento è quindi specifico al rapporto contrattuale in quanto, ad esempio, può essere utilizzato solo per produrre un componente per un marchio specifico o per stoccare prodotti di un particolare marchio e pertanto non può essere utilizzato in modo redditizio per produrre o rivendere prodotti alternativi. In secondo luogo, deve trattarsi di un investimento di lungo termine il cui costo non può essere recuperato a breve termine. In terzo luogo, l’investimento deve essere asimmetrico, ossia uno dei contraenti investe più dell’altro. Quando ricorrono tali condizioni si giustifica di solito una restrizione verticale per il periodo necessario ad ammortizzare l’investimento. La restrizione verticale adeguata sarà del tipo «obbligo di non concorrenza» o «imposizione di quantitativi minimi di acquisto» se l’investimento è sostenuto dal fornitore, e del tipo «distribuzione esclusiva», «attribuzione dei clienti in esclusiva» o «fornitura esclusiva» se viene realizzato dall’acquirente.

e)

«Lo specifico problema della rinuncia all’investimento che può derivare in caso di trasferimento consistente di know-how». Il know-how trasferito non può essere recuperato ed è possibile che il fornitore del know-how voglia evitare che sia utilizzato per o dai suoi concorrenti. Nella misura in cui il know-how non è facilmente accessibile all’acquirente, è sostanziale ed è indispensabile per il funzionamento dell’accordo, il trasferimento può giustificare una restrizione del tipo «obbligo di non concorrenza» che non rientrerebbe di norma nel campo di applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1.

f)

«La questione dell’esternalità verticale». Un dettagliante può non trarre tutti i vantaggi derivanti dalle iniziative da lui adottate per migliorare le vendite: una parte di tali vantaggi può andare al produttore. Per ogni unità in più che il dettagliante vende abbassando il proprio prezzo di rivendita o aumentando i propri sforzi di vendita, il produttore trae un beneficio se il suo prezzo all’ingrosso supera i suoi costi di produzione marginali. Vi può essere pertanto un’esternalità positiva per il produttore grazie a tali azioni del dettagliante oppure il produttore può ritenere, dal suo punto di vista, che il dettagliante applichi prezzi troppo elevati e/o compia sforzi di vendita troppo limitati. L’esternalità negativa di una fissazione di prezzi troppo elevati da parte del dettagliante talvolta è denominata «problema della doppia marginalizzazione» e può essere evitata imponendo al dettagliante un prezzo massimo di rivendita. Per aumentare gli sforzi di vendita del dettagliante, possono essere utili la distribuzione selettiva, la distribuzione esclusiva o restrizioni simili (42).

g)

«Economie di scala nella distribuzione». Per veder sfruttate le economie di scala e garantirsi pertanto un prezzo al dettaglio inferiore per il proprio prodotto, il produttore può decidere di concentrarne la rivendita presso un numero limitato di distributori. A tal fine potrebbe utilizzare la distribuzione esclusiva, quantitativi minimi d’acquisto, la distribuzione selettiva che comporti un tale obbligo o l’approvvigionamento esclusivo.

h)

«Imperfezioni del mercato dei capitali». I normali fornitori di capitali (banche, mercati azionari) possono concedere prestiti in modo subottimale quando dispongono di informazioni imperfette sulla qualità del mutuatario o quando vi è una base inadeguata per garantire il prestito. L’acquirente o il fornitore possono disporre di informazioni migliori ed essere in grado, tramite una relazione esclusiva, di ottenere una garanzia aggiuntiva per il loro investimento. Se è il fornitore a concedere il prestito all’acquirente, ciò potrebbe determinare per quest’ultimo una restrizione del tipo «obbligo di non concorrenza» o «imposizione di quantitativi minimi di acquisto». Se è invece l’acquirente a concedere il prestito al fornitore, ciò potrebbe dar luogo ad una restrizione del tipo «fornitura esclusiva» o «imposizione di quantitativi minimi di fornitura» nei confronti del fornitore.

i)

«Uniformità e standardizzazione della qualità». Una restrizione verticale può contribuire a creare un’immagine di marca imponendo ai distributori un certo grado di uniformità e di standardizzazione della qualità, rendendo in questo modo un prodotto più allettante per i consumatori finali ed incrementandone le vendite. Ciò vale ad esempio per la distribuzione selettiva e il franchising.

108)

Le nove situazioni di cui al punto 107 evidenziano che in talune condizioni gli accordi verticali possono contribuire a conseguire vantaggi in termini di efficienza e a sviluppare nuovi mercati, il che potrebbe compensarne i possibili effetti negativi. Quanto precede è particolarmente vero per le restrizioni verticali di durata limitata che agevolino il lancio di prodotti nuovi e complessi o proteggano investimenti specifici ad un rapporto contrattuale. Talora una restrizione verticale può essere necessaria per l’intero periodo in cui il fornitore vende il suo prodotto all’acquirente (cfr. in particolare le situazioni descritte al punto 107, lettere a), e) f) g) e i)).

109)

Vi è una grande fungibilità tra le diverse restrizioni verticali. Se ne può dedurre che un medesimo problema di inefficienza potrebbe essere risolto con diverse restrizioni verticali. Ad esempio, le economie di scala nella distribuzione potrebbero essere realizzate utilizzando restrizioni quali la distribuzione esclusiva, la distribuzione selettiva, l’imposizione di quantitativi minimi o l’approvvigionamento esclusivo. Ciò è importante in quanto gli effetti negativi sulla concorrenza possono variare da una restrizione verticale all’altra. Tale fattore deve essere preso in considerazione quando si valuta il carattere indispensabile di una restrizione alla luce dell’articolo 101, paragrafo 3, del trattato.

1.3.   Metodologia di analisi

110)

La valutazione di una restrizione verticale comporta in linea generale le quattro fasi seguenti (43):

a)

innanzi tutto, le imprese interessate devono stabilire le quote di mercato del fornitore e dell’acquirente sul mercato dove essi, rispettivamente, vendono e acquistano i prodotti oggetto del contratto.

b)

Se le rispettive quote del mercato rilevante del fornitore e dell’acquirente non superano la soglia del 30%, l’accordo verticale beneficia dell’esenzione per categoria, ammesso che non includa le restrizioni fondamentali e rispetti le condizioni previste dal regolamento.

c)

Se la quota del mercato rilevante è superiore alla soglia del 30% per il fornitore e/o per l’acquirente, è necessario valutare se la restrizione verticale rientra nel campo di applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1.

d)

Se l’accordo verticale rientra nel campo di applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, è necessario esaminare se siano soddisfatte le condizioni per un’esenzione a titolo dell’articolo 101, paragrafo 3.

1.3.1.   Fattori pertinenti per la valutazione ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1

111)

Per la valutazione dei casi in cui la quota di mercato supera la soglia del 30% la Commissione effettuerà un’approfondita analisi sotto il profilo della concorrenza. Per stabilire se un accordo verticale comporti una restrizione sensibile della concorrenza a titolo dell’articolo 101, paragrafo 1, sono particolarmente rilevanti i seguenti fattori:

a)

la natura dell’accordo;

b)

la posizione di mercato delle parti;

c)

la posizione di mercato dei concorrenti;

d)

la posizione di mercato degli acquirenti dei prodotti oggetto del contratto;

e)

le barriere all’ingresso sul mercato;

f)

la maturità del mercato;

g)

il livello della catena commerciale;

h)

la natura del prodotto;

i)

altri fattori.

112)

L’importanza dei singoli fattori può variare da caso a caso e dipende da tutti gli altri fattori. Ad esempio, il fatto che le parti detengano una quota di mercato elevata, che costituisce di solito un buon indicatore dell’esistenza di un potere di mercato, può non essere indicativo dell’esistenza di un potere di mercato nel caso in cui le barriere all’ingresso siano limitate. Pertanto è impossibile elaborare regole rigorose sull’importanza dei singoli fattori.

113)

Gli accordi verticali possono assumere varie forme. È pertanto importante analizzare la natura dell’accordo in termini di restrizioni contenute, della loro durata e della percentuale delle vendite totali sul mercato interessato dalle restrizioni. Può essere necessario andare al di là delle condizioni espresse dell’accordo. L’esistenza di restrizioni implicite può essere desunta dal modo in cui l’accordo è attuato dalle parti e dagli incentivi che ne derivano.

114)

La posizione di mercato delle parti fornisce un’indicazione del grado dell’eventuale potere di mercato detenuto dal fornitore, dall’acquirente o da entrambi. Quanto più è elevata la loro quota di mercato, tanto è maggiore il loro potere di mercato. Ciò vale in particolare quando la quota di mercato riflette vantaggi in termini di costi o altri vantaggi competitivi rispetto ai concorrenti. Tali vantaggi competitivi possono derivare ad esempio dal fatto di essere stato un pioniere sul mercato (avere il sito migliore, ecc.), di detenere brevetti fondamentali o di avere una tecnologia superiore, di detenere il marchio leader o di avere un portafoglio superiore.

115)

I medesimi indicatori, ossia la quota di mercato ed eventuali vantaggi concorrenziali, vengono utilizzati per valutare la posizione di mercato dei concorrenti. Più forti sono i concorrenti e maggiore il loro numero, minore è il rischio che le parti esercitino individualmente il proprio potere di mercato e precludano il mercato ai concorrenti o indeboliscano la concorrenza. È inoltre rilevante considerare se esistono controstrategie efficaci e tempestive cui è probabile che i concorrenti ricorrano. Tuttavia, se il numero dei concorrenti diventa alquanto ridotto e la loro posizione di mercato (in termini di dimensioni, costi, potenziale di R&S ecc.) è abbastanza simile, tale struttura di mercato può far aumentare il rischio di collusione. Quote di mercato fluttuanti o soggette a rapidi cambiamenti sono generalmente un’indicazione di intensa concorrenza.

116)

La posizione di mercato dei clienti delle parti fornisce un’indicazione del fatto che uno o più di tali clienti dispongano o meno del potere contrattuale dell’acquirente. Il primo indicatore del potere contrattuale dell’acquirente è la quota di mercato del cliente sul mercato degli acquisti. Tale quota rispecchia l’importanza della sua domanda presso i suoi possibili fornitori. Altri indicatori hanno per oggetto la posizione di mercato del cliente sul suo mercato della rivendita e includono caratteristiche quali un’ampia copertura geografica dei punti vendita, la detenzione di marchi propri, compresi i prodotti con marchio del distributore, e l’immagine di marca presso i consumatori finali. In talune circostanze il potere contrattuale dell’acquirente può impedire alle parti di esercitare il proprio potere di mercato e pertanto consente di risolvere un problema di concorrenza che sarebbe altrimenti esistito. Ciò vale in particolare quando clienti forti hanno la capacità e l’interesse a consentire l’accesso sul mercato di nuove fonti di approvvigionamento, nel caso di un incremento modesto ma permanente dei prezzi relativi. Qualora i clienti forti ottengano termini favorevoli solo per se stessi o semplicemente trasferiscano l’eventuale aumento di prezzo sui propri clienti, la loro posizione non impedisce l’esercizio del potere di mercato delle parti.

117)

L’esistenza di barriere all’ingresso viene misurata in funzione della capacità delle imprese già insediate sul mercato di portare il loro prezzo al di sopra del livello concorrenziale senza provocare l’ingresso sul mercato di nuovi concorrenti. In assenza di barriere all’ingresso, la facilità e la rapidità di ingresso sul mercato renderebbero non remunerativi gli aumenti di prezzo. In linea generale, si può dire che le barriere all’ingresso sono basse quando è probabile che entro 1 o 2 anni si verifichi effettivamente l’ingresso di nuovi operatori in grado di erodere il potere di mercato o di impedirne l’esercizio. Le barriere all’ingresso possono derivare da un’ampia varietà di fattori quali economie di scala e di gamma, normative statali (soprattutto se istituiscono diritti esclusivi), aiuti di Stato, dazi sulle importazioni, diritti di proprietà intellettuale, proprietà di risorse la cui disponibilità è ridotta a causa ad esempio di limiti naturali (44), infrastrutture fondamentali, vantaggio del pioniere e fedeltà dei consumatori al marchio a seguito di una pubblicità incisiva per un certo periodo di tempo. Anche le restrizioni verticali e l’integrazione verticale possono agire come barriera all’ingresso rendendo tale ingresso più difficile e precludendo il mercato ai concorrenti (potenziali). Barriere all’ingresso potrebbero essere presenti a livello solo dei fornitori o solo degli acquirenti o ad entrambi i livelli. Alcuni di questi fattori possono essere considerati come barriere all’ingresso, in particolare a seconda che comportino o meno costi irrecuperabili. Vengono considerati costi irrecuperabili quelli che devono essere sostenuti per entrare od operare su un mercato e che sono persi in caso di uscita dal mercato stesso. I costi di pubblicità volti a rafforzare la fedeltà dei consumatori sono di norma costi irrecuperabili a meno che un’impresa che esca dal mercato possa vendere il suo marchio o utilizzarlo altrove senza subire perdite. Quanto più i costi sono irrecuperabili, tanto più i potenziali nuovi operatori devono soppesare i rischi di un ingresso nel mercato e tanto più gli operatori già insediati possono minacciare in modo credibile di allinearsi sulla nuova concorrenza in quanto i costi irrecuperabili rendono onerosa per loro un’eventuale uscita dal mercato. Se ad esempio i distributori sono vincolati ad un produttore tramite un obbligo di non concorrenza, l’effetto di preclusione sarà più significativo se l’istituzione di una rete di distribuzione propria imporrà costi irrecuperabili ad un potenziale nuovo operatore. In generale l’ingresso sul mercato comporta costi irrecuperabili, che possono essere di minore o di maggiore entità a seconda dei casi. Pertanto la concorrenza effettiva è in linea di massima più efficace e avrà un peso maggiore della concorrenza potenziale nella valutazione di un caso.

118)

Un mercato maturo è un mercato che esiste da un certo periodo di tempo e ha le caratteristiche seguenti: la tecnologia utilizzata è ben nota, diffusa e non soggetta a importanti evoluzioni, non vi sono significative innovazioni sotto il profilo dei marchi e la domanda è relativamente stabile o in calo. In un siffatto mercato gli effetti negativi sono più probabili che in mercati più dinamici.

119)

Il livello della catena commerciale è collegato alla distinzione tra beni e servizi intermedi e beni e servizi finali. I beni e i servizi intermedi sono venduti alle imprese perché esse li utilizzino come input per produrre altri beni o servizi e in linea di massima non sono riconoscibili nel bene o nel servizio finale. Gli acquirenti di prodotti intermedi sono generalmente ben informati, sono in grado di valutare la qualità e pertanto si affidano meno al marchio e all’immagine. I beni finali sono, direttamente o indirettamente, venduti ai consumatori finali, che spesso si affidano maggiormente al marchio e all’immagine. Giacché i distributori (dettaglianti, grossisti) devono rispondere alla domanda dei consumatori finali, il pregiudizio arrecato alla concorrenza può essere più grave quando si privino i distributori della possibilità di vendere uno o più marchi, che non quando s’impedisca agli acquirenti di prodotti intermedi di acquistare prodotti concorrenti da talune fonti di approvvigionamento.

120)

Per i prodotti finali la natura del prodotto incide ai fini della valutazione degli effetti potenzialmente negativi e positivi della restrizione verticale. Al fine di valutare gli effetti potenzialmente negativi è importante stabilire se i prodotti sul mercato siano più omogenei o eterogenei, se il prodotto sia costoso e assorba gran parte del bilancio del consumatore oppure se sia economico, e se il prodotto costituisca un acquisto una tantum o venga acquistato ripetutamente. In generale quando il prodotto è più eterogeneo, economico e costituisce un acquisto una tantum, è maggiore la probabilità che le restrizioni verticali abbiano effetti negativi.

121)

Nella valutazione di restrizioni particolari è possibile che debbano essere presi in considerazione altri fattori. Tra tali fattori può figurare l’effetto cumulativo, cioè la presenza sul mercato di accordi simili di altri, il fatto che l’accordo sia «imposto» (una parte è maggiormente soggetta a restrizioni o obblighi) o «concordato» (entrambe le parti accettano restrizioni o obblighi), il quadro normativo e gli eventuali comportamenti che possono indicare o agevolare la collusione quali la leadership di prezzo, le modifiche di prezzo preannunciate e le discussioni sul prezzo «giusto», la rigidità dei prezzi a fronte di una capacità in eccesso, la discriminazione mediante differenziazione dei prezzi e comportamenti collusivi passati.

1.3.2.   Fattori pertinenti per la valutazione ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 3

122)

Gli accordi verticali restrittivi possono produrre anche effetti favorevoli alla concorrenza sotto forma di incrementi di efficienza che possono superare gli effetti anticoncorrenziali. La valutazione di tali effetti viene condotta nel quadro dell’articolo 101, paragrafo 3, che prevede una deroga al divieto di cui all’articolo 101, paragrafo 1. Perché la deroga sia applicabile, l’accordo verticale deve produrre benefici economici oggettivi, le restrizioni della concorrenza devono essere indispensabili per la realizzazione degli incrementi di efficienza, ai consumatori deve essere riservata una congrua parte degli incrementi di efficienza e l’accordo non deve dare alle parti la possibilità di eliminare la concorrenza per una parte sostanziale dei prodotti di cui trattasi (45).

123)

La valutazione degli accordi restrittivi alla luce dell’articolo 101, paragrafo 3, viene effettuata tenendo conto del contesto reale in cui si inseriscono (46) e sulla base della situazione di fatto esistente ad un determinato momento. La valutazione tiene conto dei cambiamenti importanti relativi a tale situazione. La deroga di cui all’articolo 101, paragrafo 3, si applica fintantoché sono soddisfatte le quattro condizioni e cessa di applicarsi quando tale situazione viene meno (47). Quando si applica l’articolo 101, paragrafo 3, conformemente a questi principi, è necessario tenere conto degli investimenti fatti da una o dall’altra parte e del tempo o delle restrizioni necessari per realizzare e recuperare un investimento destinato ad aumentare l’efficienza di un’impresa.

124)

La prima condizione dell’articolo 101, paragrafo 3, richiede una valutazione dei benefici oggettivi prodotti dall’accordo in termini di incrementi di efficienza. A tale riguardo, gli accordi verticali hanno spesso il potenziale di contribuire a conseguire vantaggi in termini di efficienza, come illustrato nella sezione 1.2, migliorando il modo in cui le parti svolgono le loro attività complementari.

125)

Nell’applicare il criterio di cui all’articolo 101, paragrafo 3, relativo al carattere indispensabile, la Commissione esaminerà in particolare se le singole restrizioni consentano di realizzare la produzione, l’acquisto e/o la (ri)vendita dei prodotti oggetto del contratto in maniera più efficiente di quanto sarebbe stato possibile senza ricorrere alla restrizione di cui trattasi. Nell’effettuare tale valutazione, devono essere prese in considerazione le condizioni del mercato e le realtà in cui operano le parti. Le imprese che invocano il beneficio dell’articolo 101, paragrafo 3, non sono tenute a prendere in considerazione alternative ipotetiche e teoriche. Esse devono tuttavia spiegare e dimostrare perché alternative apparentemente realistiche e chiaramente meno restrittive sarebbero molto meno efficienti. Se l’applicazione di quella che, sotto il profilo commerciale, sembra un’alternativa realistica e meno restrittiva determinerebbe una significativa perdita di efficienza, la restrizione in questione è considerata indispensabile.

126)

La condizione in base alla quale ai consumatori deve essere riservata una congrua parte dei benefici implica che i consumatori dei prodotti acquistati e/o (ri)venduti alle condizioni dell’accordo verticale devono quanto meno essere compensati degli effetti negativi dell’accordo (48). Ciò significa che gli incrementi di efficienza devono compensare integralmente le possibili ripercussioni negative dell’accordo sui prezzi, sulla produzione e su altri fattori rilevanti.

127)

L’ultima condizione di cui all’articolo 101, paragrafo 3, secondo la quale l’accordo non deve dare alle parti la possibilità di eliminare la concorrenza per una parte sostanziale dei prodotti di cui trattasi, presuppone un’analisi delle pressioni concorrenziali restanti sul mercato e delle ripercussioni dell’accordo su tali fonti di concorrenza. Nell’applicare l’ultima condizione di cui all’articolo 101, paragrafo 3, si deve tenere conto della relazione tra l’articolo 101, paragrafo 3, e l’articolo 102. Conformemente ad una giurisprudenza costante, l’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 3, non pregiudica l’applicazione dell’articolo 102 (49). Poiché inoltre gli articoli 101 e 102 perseguono entrambi l’obiettivo di mantenere una concorrenza effettiva sul mercato, si deve per coerenza ritenere che l’articolo 101, paragrafo 3, precluda l’applicazione della deroga agli accordi restrittivi che costituiscono un abuso di posizione dominante (50). L’accordo verticale può non sopprimere la concorrenza effettiva, eliminando tutte le fonti esistenti di concorrenza reale o potenziale o la maggior parte di esse. La rivalità tra imprese è uno stimolo essenziale di efficienze economiche, quali le efficienze dinamiche sotto forma di innovazione. In sua assenza l’impresa dominante non avrà incentivi adeguati per continuare a creare e trasferire gli incrementi di efficienza. Quando non vi è una concorrenza residua né alcuna minaccia prevedibile di ingresso sul mercato, la protezione dalla rivalità e dal processo competitivo supera gli eventuali incrementi di efficienza. Un accordo restrittivo che mantenga, crei o rafforzi una posizione di mercato che si avvicina a quella di monopolio non può di norma essere giustificato per il fatto che crea anche incrementi di efficienza.

2.   Analisi di restrizioni verticali specifiche

128)

Le restrizioni verticali e le combinazioni di restrizioni verticali più diffuse vengono analizzate secondo il quadro di analisi di cui ai punti 96-127. Esistono altre restrizioni e combinazioni per le quali nei presenti orientamenti non vengono fornite indicazioni dirette. Tuttavia, tali situazioni saranno trattate conformemente agli stessi principi e attribuendo la stessa importanza all’effetto prodotto dalle restrizioni sul mercato.

2.1.   Monomarchismo

129)

La denominazione «monomarchismo» raggruppa gli accordi la cui principale caratteristica è che l’acquirente è costretto o indotto a concentrare gli ordini di un particolare tipo di prodotto presso un unico fornitore. Questa categoria comprende, tra l’altro, gli obblighi di non concorrenza e l’imposizione di quantità minime di acquisto. Un accordo di non concorrenza si basa su un sistema di obblighi o incentivi che induce l’acquirente ad acquistare presso un unico fornitore più dell’80% del suo fabbisogno su un determinato mercato. Ciò non significa che l’acquirente possa soltanto comperare direttamente dal fornitore, bensì che egli non compererà e rivenderà o utilizzerà come componenti beni o servizi concorrenti. L’imposizione di volumi di acquisto è una forma più leggera di divieto di concorrenza e consiste in un sistema di obblighi o incentivi pattuito tra fornitore e acquirente che induce quest’ultimo a concentrare in misura significativa i propri acquisti presso un unico fornitore. L’imposizione di volumi di acquisto può ad esempio assumere la forma di obblighi di quantitativi minimi di acquisto, di richieste relative al magazzinaggio o di applicazione di prezzi non lineari, quali sistemi di sconti condizionati e listini composti di due parti (una commissione fissa e un prezzo per unità). È prevedibile che la cosiddetta «clausola inglese», che prescrive all’acquirente di riferire al fornitore eventuali offerte migliori e gli consente di accettare tali offerte solo quando il fornitore non può eguagliarle, abbia lo stesso effetto di un obbligo di monomarchismo specialmente quando l’acquirente deve rivelare chi fa l’offerta migliore.

130)

I possibili rischi per la concorrenza del monomarchismo sono la preclusione del mercato ai fornitori concorrenti e ai fornitori potenziali, l’indebolimento della concorrenza e l’agevolazione della collusione tra i fornitori in caso di uso cumulativo e, qualora l’acquirente sia un dettagliante che vende ai consumatori finali, una perdita della concorrenza tra marchi all’interno dei punti vendita. Tutti questi effetti restrittivi hanno una conseguenza diretta per la concorrenza tra marchi.

131)

Il monomarchismo è esentato in virtù del regolamento di esenzione per categoria se sia la quota di mercato del fornitore che quella dell’acquirente non superano il 30% e a condizione che l’obbligo di non concorrenza non abbia una durata superiore ai 5 anni. La presente sezione fornisce orientamenti per la valutazione dei singoli casi al di sopra della predetta soglia di quota di mercato o oltre il limite di 5 anni.

132)

Gli obblighi di monomarchismo di un fornitore specifico possono, in particolare, determinare una preclusione anticoncorrenziale quando, in mancanza di detti obblighi, viene esercitata una considerevole pressione concorrenziale da parte dei concorrenti che non erano ancora presenti nel mercato al momento della conclusione dei relativi accordi o che non sono in grado di competere per soddisfare interamente il fabbisogno dei clienti. I concorrenti possono non essere in grado di competere per l’intero fabbisogno di un singolo cliente perché il fornitore in questione è un partner commerciale inevitabile almeno per una parte della domanda sul mercato, ad esempio perché il suo marchio incontra le preferenze di molti consumatori finali e quindi deve necessariamente essere in stock o perché le pressioni in termini di capacità sugli altri fornitori sono tali che una parte della domanda può essere soddisfatta soltanto dal fornitore in questione (51). La «posizione di mercato del fornitore» è pertanto di grande importanza per valutare possibili effetti anticoncorrenziali di un obbligo di monomarchismo.

133)

Se i concorrenti possono competere a pari condizioni per l’intero fabbisogno di ogni singolo cliente, è in genere improbabile che gli obblighi di monomarchismo di un fornitore specifico ostacolino la concorrenza effettiva, a meno che il passaggio dei clienti ad un altro fornitore non sia reso difficile dalla durata e dalla copertura di mercato degli obblighi di monomarchismo. Quanto più è elevata la quota di mercato vincolata, cioè la parte della sua quota di mercato corrispondente alle vendite effettuate mediante l’applicazione di un obbligo di monomarchismo, tanto più si presume sia significativo l’effetto di preclusione. Analogamente, quanto più è elevata la durata degli obblighi di monomarchismo, tanto più si presume sia significativo l’effetto di preclusione. In linea di massima si considera che gli obblighi di monomarchismo di durata inferiore a un anno conclusi da imprese che non detengono una posizione dominante non diano luogo ad effetti anticoncorrenziali o effetti negativi netti significativi. Per gli obblighi di monomarchismo di durata compresa tra 1 e 5 anni assunti da imprese che non detengono una posizione dominante è necessario di solito un adeguato equilibrio di effetti pro- e anti-concorrenziali, mentre nel caso di obblighi di monomarchismo aventi una durata superiore ai 5 anni non si ritiene che per la maggior parte degli investimenti tale durata sia necessaria per ottenere i vantaggi di efficienza conclamati o che i vantaggi possano compensare il loro effetto di preclusione. È più probabile che gli obblighi di monomarchismo determinino una preclusione anticoncorrenziale quando sono concordati da imprese dominanti.

134)

Per valutare il potere di mercato del fornitore, è importante prendere in considerazione la «posizione di mercato dei suoi concorrenti». Se i concorrenti sono sufficientemente numerosi e forti, sono improbabili effetti anticoncorrenziali significativi. Non è invece molto probabile che i concorrenti vengano esclusi se essi detengono posizioni di mercato analoghe e possono offrire prodotti simili di qualità equivalente. In tal caso tuttavia può verificarsi la preclusione del mercato ai nuovi operatori potenziali se più fornitori importanti concludono accordi di monomarchismo con un numero significativo di acquirenti nel mercato rilevante (situazione di effetto cumulativo). In questa situazione, inoltre, gli accordi di monomarchismo possono agevolare la collusione tra fornitori concorrenti. Se individualmente questi fornitori sono ammessi al beneficio del regolamento di esenzione per categoria, potrebbe essere necessario revocare l’esenzione per far fronte al problema dell’effetto cumulativo. In linea generale si ritiene che una quota di mercato vincolata inferiore al 5% non contribuisca in misura significativa all’effetto cumulativo di esclusione.

135)

Nei casi in cui la quota di mercato del fornitore maggiore non supera il 30% e la quota di mercato dei cinque maggiori fornitori non supera il 50% è improbabile che si verifichi un effetto anticoncorrenziale individuale o cumulativo. Se un nuovo concorrente potenziale non può entrare nel mercato ottenendo un profitto, ciò è probabilmente dovuto a fattori diversi dagli obblighi di monomarchismo, quali ad esempio le preferenze dei consumatori.

136)

«Le barriere all’ingresso» sono importanti per stabilire se vi sia una preclusione anticoncorrenziale. Nella misura in cui è relativamente facile per i fornitori concorrenti creare nuovi sbocchi o trovare acquirenti alternativi per il loro prodotto, è improbabile che vi sia un problema reale di esclusione dal mercato. Le barriere all’ingresso sono tuttavia frequenti, a livello sia della produzione sia della distribuzione.

137)

«Il potere dell’acquirente» è rilevante in quanto acquirenti importanti difficilmente tollereranno di essere privati della possibilità di rifornirsi di prodotti o servizi concorrenti. Più in generale, onde convincere i clienti ad accettare il monomarchismo, il fornitore può doverli compensare, interamente o in parte, della perdita in concorrenza derivante dall’esclusività. Qualora tale compensazione venga concessa, può essere nell’interesse individuale del cliente accettare un obbligo di monomarchismo con il fornitore. Sarebbe tuttavia errato concludere automaticamente in base a questo che tutti gli obblighi di monomarchismo, considerati nel loro insieme, sono complessivamente vantaggiosi per i clienti in tale mercato e per i consumatori finali. In particolare, è improbabile che i consumatori ne beneficino nel loro insieme se esistono molti clienti e l’effetto degli obblighi di monomarchismo, nel loro insieme, è di impedire l’ingresso o l’espansione sul mercato di imprese concorrenti.

138)

Infine, è rilevante il «livello della catena commerciale». La preclusione anticoncorrenziale è meno probabile nel caso di un prodotto intermedio. Quando il fornitore di un prodotto intermedio non ha una posizione dominante, una parte considerevole della domanda continua ad essere «disponibile» per i concorrenti. Al di sotto del livello di posizione dominante si può tuttavia verificare un effetto di preclusione anticoncorrenziale in una situazione di effetto cumulativo. È improbabile che si verifichi un effetto cumulativo se è vincolato meno del 50% del mercato.

139)

Se l’accordo riguarda la fornitura di un prodotto finale a livello del commercio all’ingrosso, la probabilità che insorga un problema di concorrenza dipende in gran parte dal tipo di vendita all’ingrosso e dalle barriere all’ingresso su tale mercato. Se i produttori concorrenti possono facilmente istituire un proprio canale di vendita all’ingrosso non sussiste un rischio reale di preclusione anticoncorrenziale. Le barriere all’ingresso sono più o meno basse in funzione del tipo di vendita all’ingrosso, cioè a seconda del fatto che i grossisti possano operare in modo efficace trattando soltanto il prodotto oggetto dell’accordo (ad esempio gelati) o che non risulti invece più economico per loro trattare un’intera gamma di prodotti (ad esempio prodotti congelati). In quest’ultimo caso per un produttore che venda un unico prodotto non risulta economico avviare una propria organizzazione di vendita all’ingrosso. In tal caso possono insorgere effetti anticoncorrenziali. Inoltre, problemi dovuti ad un effetto cumulativo possono insorgere quando diversi fornitori vincolano la maggior parte dei grossisti disponibili.

140)

Per quanto riguarda i prodotti finali, in linea di massima è più probabile che un fenomeno di preclusione si verifichi a livello del commercio al dettaglio, date le barriere significative che si frappongono alla costituzione, da parte dei produttori, di punti di vendita al dettaglio per i loro prodotti. Inoltre, a livello di dettaglianti, gli accordo di monomarchismo possono dare luogo ad una riduzione della concorrenza tra marchi all’interno dei punti vendita. Per le ragioni predette e considerati tutti gli altri fattori pertinenti, a livello di vendita al dettaglio possono insorgere effetti anticoncorrenziali significativi se un fornitore che non è in posizione dominante vincola una quota pari o superiore al 30% del mercato rilevante. Nel caso di un’impresa in posizione dominante, anche una quota di mercato vincolata modesta può già dare luogo ad effetti anticoncorrenziali significativi.

141)

Anche al livello della vendita al dettaglio potrebbe verificarsi un effetto di preclusione cumulativo. Quando tutti i fornitori hanno quote di mercato inferiori al 30% è improbabile che si verifichi un effetto cumulativo di esclusione anticoncorrenziale se la quota di mercato vincolata totale è inferiore al 40% ed una revoca dell’esenzione per categoria è quindi improbabile. Tale valore può essere più elevato quando si prendono in considerazione altri fattori quali il numero dei concorrenti, le barriere all’ingresso ecc. Quando non tutte le imprese detengono quote di mercato inferiori alla soglia di cui al regolamento di esenzione per categoria, ma nessuna ha una posizione dominante, è improbabile un effetto cumulativo di preclusione anticoncorrenziale se la quota di mercato totale vincolata è inferiore al 30%.

142)

Se l’acquirente opera dai locali e terreni di proprietà del fornitore o da questi affittati presso terzi non collegati all’acquirente, la possibilità di imporre misure correttive efficaci a un eventuale effetto di preclusione risulterà limitata. In tal caso è improbabile un intervento da parte della Commissione al di sotto del livello di posizione dominante.

143)

In taluni settori la vendita di più di un marchio in uno stesso locale può essere difficile nel qual caso un problema di esclusione può essere risolto limitando la durata effettiva dei contratti.

144)

Qualora venga riscontrata l’esistenza di sensibili effetti anticoncorrenziali, sussiste la possibilità di un’esenzione ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 3. Per gli obblighi di non concorrenza possono essere rilevanti soprattutto i vantaggi in termini di efficienza di cui al punto 107, lettera a) (parassitismo tra i fornitori), lettera d), lettera e) (problema della rinuncia all’investimento) e lettera h) (imperfezioni del mercato dei capitali).

145)

In caso di vantaggi di efficienza quali quelli di cui al punto 107, lettere a), d) e h), l’imposizione di volumi minimi di acquisto potrebbe essere un’alternativa meno restrittiva. Un obbligo di non concorrenza potrebbe essere l’unica via praticabile per conseguire un incremento di efficienza quale quello descritto al punto 107, lettera e) (problema della rinuncia all’investimento connesso al trasferimento di know-how).

146)

Nel caso di un investimento specifico al rapporto contrattuale effettuato dal fornitore (si veda il punto 107, lettera d)) un accordo di non concorrenza o di imposizione di quantitativi minimi di acquisti per il periodo di ammortamento degli investimenti soddisfa in linea generale le condizioni di cui all’articolo 101, paragrafo 3. Nel caso di elevati investimenti specifici al rapporto contrattuale può essere giustificato un obbligo di non concorrenza di durata superiore ai 5 anni. Un investimento specifico al rapporto contrattuale può essere rappresentato ad esempio dall’installazione o dall’adattamento di attrezzature che il fornitore possa utilizzare in seguito solo per produrre componenti per un particolare acquirente. Investimenti generali o specifici ad un mercato volti a creare capacità (supplementari) non costituiscono normalmente investimenti specifici al rapporto contrattuale. Tuttavia, se un fornitore installa nuove capacità specificatamente collegate alle attività di un particolare acquirente, come nel caso ad esempio di un’impresa produttrice di lattine metalliche che creasse nuove capacità per produrre lattine nei locali di un produttore di alimenti o nelle vicinanze del suo impianto di inscatolamento, le nuove capacità potrebbero essere economicamente redditizie solo per la produzione destinata a questo particolare cliente e in tal caso l’investimento dovrebbe essere considerato specifico al rapporto contrattuale.

147)

Se il fornitore concede un prestito all’acquirente o gli fornisce attrezzature non specifiche al rapporto contrattuale, normalmente ciò non può essere di per sé sufficiente a giustificare l’esenzione in caso di effetto di preclusione anticoncorrenziale sul mercato. In caso di imperfezioni del mercato dei capitali, può risultare più efficiente che il prestito sia concesso dal fornitore di un prodotto piuttosto che da una banca (si veda il punto 107, lettera h)). Tuttavia, in un caso di questo genere il prestito dovrebbe essere fornito nel modo meno restrittivo possibile e all’acquirente non dovrebbe pertanto essere impedito, in linea generale, di porre fine a tale obbligo rimborsando la parte di prestito ancora in essere in qualsiasi momento e senza alcuna penale.

148)

Il trasferimento di un know-how sostanziale (punto 107, lettera e)) giustifica solitamente un obbligo di non concorrenza per l’intera durata dell’accordo di fornitura, come ad esempio nel contesto del franchising.

149)

Esempio di divieto di concorrenza

Il leader di un mercato nazionale di un prodotto di consumo d’impulso, che detiene una quota di mercato del 40%, vende la maggior parte dei suoi prodotti (90%) tramite dettaglianti vincolati (quota di mercato vincolata pari al 36%). Gli accordi obbligano i dettaglianti ad effettuare acquisti solo dal leader del mercato per un periodo minimo di quattro anni. Il leader del mercato è rappresentato in modo particolarmente forte nelle aree più densamente popolate quali la capitale. I 10 concorrenti, alcuni dei quali presenti solo localmente, hanno tutti quote di mercato inferiori, pari al massimo al 12%. Tali 10 concorrenti vendono complessivamente un altro 10% del mercato tramite punti vendita vincolati. Nel mercato vi è una forte differenziazione per marchi e prodotti. Il leader di mercato detiene i marchi più forti; è l’unico a realizzare regolarmente campagne pubblicitarie nazionali e fornisce ai suoi dettaglianti vincolati banconi particolari per lo stoccaggio e la presentazione dei suoi prodotti.

Il risultato è che complessivamente il 46% (36% + 10%) del mercato è precluso ai potenziali nuovi operatori e ai concorrenti esistenti che non dispongono di punti vendita vincolati. Per i nuovi operatori potenziali l’ingresso nel mercato è ancora più difficile proprio nelle aree densamente abitate, nelle quali vorrebbero di preferenza accedere al mercato e dove la preclusione è ancora più forte. Inoltre, data la forte differenziazione dei marchi e dei prodotti e gli elevati costi di ricerca in relazione al prezzo del prodotto, l’assenza di concorrenza tra marchi all’interno del punto vendita dà luogo ad un’ulteriore perdita di benessere per i consumatori. Gli eventuali incrementi di efficienza derivanti dall’esclusività del punto vendita, che il leader di mercato afferma derivare da una riduzione dei costi di trasporto e un possibile problema di rinuncia all’investimento riguardante i banconi di stoccaggio e presentazione, sono limitati e non controbilanciano gli effetti negativi sulla concorrenza. I vantaggi in termini di efficienza sono limitati, in quanto i costi di trasporto sono funzione dei quantitativi e non dell’esclusività ed i banconi di stoccaggio non contengono know-how particolare e non sono specifici al marchio. Pertanto è improbabile che sussistano le condizioni di cui all’articolo 101, paragrafo 3.

150)

Esempio di imposizione di quantitativi di acquisto

Un produttore X con una quota di mercato del 40% vende l’80% dei suoi prodotti tramite contratti che prevedono che il rivenditore sia tenuto ad acquistare almeno il 75% del suo fabbisogno di quel tipo di prodotto da X. In cambio X offre finanziamenti ed attrezzature a tassi favorevoli. I contratti hanno una durata di 5 anni nel corso dei quali il rimborso del prestito è previsto con rate uniformi. Dopo i primi 2 anni, tuttavia, gli acquirenti hanno la possibilità di risolvere il contratto con un preavviso di sei mesi se rimborsano il prestito ancora in essere e rilevano le attrezzature al valore di mercato. Al termine dei cinque anni le attrezzature diventano proprietà dell’acquirente. Dei 12 produttori concorrenti la maggior parte è di piccole dimensioni - il principale ha una quota di mercato del 20% - ed essi hanno concluso contratti analoghi con durata diversa. I produttori aventi quote di mercato inferiori al 10% hanno spesso contratti di durata maggiore e con clausole di risoluzione meno generose. I contratti del produttore X lasciano ai concorrenti la possibilità di soddisfare il 25% del fabbisogno dell’esercizio. Negli ultimi tre anni due nuovi produttori sono entrati nel mercato e hanno acquisito una quota di mercato congiunta pari al 8% circa, in parte rilevando i prestiti di vari rivenditori in contropartita della stipulazione di contratti.

La quota di mercato vincolata del produttore X è pari al 24% (0,75 × 0,80 × 40%). La quota di mercato vincolata degli altri produttori è pari al 25% circa. Ne consegue che in totale circa il 49% del mercato è precluso ai nuovi operatori potenziali e agli operatori esistenti che non dispongono di punti vendita vincolati almeno per i primi due anni dei contratti di fornitura. La situazione del mercato è tale che i rivenditori incontrano spesso difficoltà ad ottenere prestiti dalle banche e sono generalmente troppo piccoli per ottenere capitali per altre vie, ad esempio emettendo azioni. Il produttore X inoltre è in grado di dimostrare che concentrando le vendite presso un numero limitato di rivenditori realizza una migliore pianificazione delle vendite e una riduzione delle spese di trasporto. In considerazione, da un lato, delle efficienze e, dall’altro, di quel 25% non vincolato nei contratti del produttore X, della possibilità reale di risolvere il contratto anticipatamente, del recente ingresso di nuovi produttori e del fatto che circa la metà dei rivenditori non è vincolata, è probabile che l’imposizione di un volume di acquisti minimo del 75% da parte del produttore X soddisfi le condizioni di cui all’articolo 101, paragrafo 3.

2.2.   Distribuzione esclusiva

151)

In un accordo di distribuzione esclusiva, il fornitore acconsente a vendere i propri prodotti ad un unico distributore perché li rivenda in un particolare territorio. Al tempo stesso al distributore viene solitamente imposto un limite alla vendita attiva in altri territori assegnati su base esclusiva. I possibili effetti sulla concorrenza sono essenzialmente una riduzione della concorrenza all’interno di uno stesso marchio e la compartimentazione del mercato, che possono facilitare la discriminazione di prezzo. Quando tutti o quasi tutti i fornitori applicano accordi di distribuzione esclusiva, l’indebolimento della concorrenza e la collusione, sia a livello di fornitori che di distributori, potrebbero risultare agevolate. Infine, gli accordi di distribuzione esclusiva possono determinare la preclusione ad altri distributori e pertanto ridurre la concorrenza a tale livello.

152)

La distribuzione esclusiva rientra nell’ambito del regolamento di esenzione per categoria quando sia la quota di mercato del fornitore che quella dell’acquirente non superano il 30%, anche se in combinazione con altre restrizioni verticali non fondamentali, quali l’obbligo di non concorrenza limitato a 5 anni, l’imposizione di determinati quantitativi o l’acquisto esclusivo. La combinazione di accordi di distribuzione esclusiva e di distribuzione selettiva beneficia dell’esenzione per categoria solo se la vendita attiva in altri territori non è sottoposta a limitazioni. La presente sezione fornisce orientamenti per valutare i casi di distribuzione esclusiva, qualora la soglia di mercato del 30% sia superata.

153)

La valutazione della posizione di mercato del fornitore e dei suoi concorrenti è di grande importanza, poiché l’eliminazione della concorrenza all’interno di un marchio può essere pregiudizievole solo quando la concorrenza tra marchi è ridotta. Quanto più è forte «la posizione di mercato del fornitore» tanto più è grave l’eliminazione della concorrenza all’interno del marchio. Se la soglia di mercato del 30% è superata, può esserci un rischio di una sensibile riduzione di concorrenza all’interno del marchio. In tal caso, per soddisfare le condizioni di cui all’articolo 101, paragrafo 3, può essere necessario che la riduzione della concorrenza all’interno del marchio sia compensata da vantaggi significativi in termini di efficienza.

154)

«La posizione di mercato dei concorrenti» può avere una duplice rilevanza: in generale una forte posizione dei concorrenti implica che la riduzione di concorrenza all’interno di un marchio è compensata da una sufficiente concorrenza tra marchi. Tuttavia, se il numero di concorrenti si riduce molto e la loro posizione di mercato è abbastanza simile in termini di quote di mercato, capacità e rete di distribuzione, esiste un rischio di collusione e/o di indebolimento della concorrenza che può essere accresciuto dall’eliminazione della concorrenza all’interno dei singoli marchi, in particolare quando più fornitori gestiscono sistemi analoghi di distribuzione. Il rischio di collusione e/o di indebolimento della concorrenza aumenta ulteriormente quando fornitori diversi designano lo stesso distributore esclusivo in un determinato territorio, vale a dire nel caso di «distribuzione esclusiva multipla». L’attribuzione ad un rivenditore di un diritto esclusivo a distribuire due o più prodotti concorrenti importanti nello stesso territorio può ridurre sostanzialmente, per tali marchi, la concorrenza tra i marchi stessi. Quanto maggiore è la quota di mercato cumulata dei marchi distribuiti dai rivenditori esclusivi comuni a più fornitori, tanto maggiore è il rischio di collusione e/o di indebolimento della concorrenza e maggiore la riduzione della concorrenza tra marchi. Se un dettagliante è il distributore esclusivo di una serie di marchi, è possibile che, se un produttore riduce il prezzo all’ingrosso per il suo marchio, il dettagliante esclusivo non è spinto a trasferire tale riduzione di prezzo al consumatore finale perché ridurrebbe le vendite e i profitti conseguiti con gli altri marchi. Ne consegue che, rispetto alla situazione in cui non vi sono distributori esclusivi multipli, i produttori hanno un interesse ridotto ad entrare reciprocamente in concorrenza sui prezzi. Tali effetti cumulativi possono giustificare la revoca dell’esenzione altrimenti applicabile quando le quote di mercato dei fornitori e degli acquirenti sono inferiori alla soglia fissata per il regolamento di esenzione per categoria.

155)

«Le barriere all’ingresso» che possono impedire ai fornitori di creare nuovi distributori o di trovare distributori alternativi sono criteri meno importanti per valutare i possibili effetti anticoncorrenziali della distribuzione esclusiva. La preclusione del mercato agli altri fornitori non si verifica se la distribuzione esclusiva non è accompagnata dal monomarchismo.

156)

La preclusione del mercato agli altri distributori non è pregiudizievole se il fornitore che gestisce il sistema di distribuzione esclusiva designa un elevato numero di distributori esclusivi nello stesso mercato ed essi sono liberi di effettuare vendite a distributori non designati. La preclusione del mercato agli altri distributori può diventare tuttavia un problema qualora esista un «potere d’acquisto» e un potere di mercato a valle, in particolare in presenza di territori molto vasti nei quali i distributori esclusivi diventano l’acquirente esclusivo nell’intero mercato. Ciò si verifica, per esempio, quando una catena di supermercati diventa l’unico distributore di un marchio leader in un mercato alimentare nazionale al dettaglio. La preclusione del mercato agli altri distributori può risultare più grave nel caso di distributori esclusivi multipli.

157)

«Il potere d’acquisto» può anche aumentare il rischio di collusione da parte degli acquirenti quando gli accordi di distribuzione esclusiva sono imposti ad uno o più fornitori da acquirenti importanti eventualmente situati in territori differenti.

158)

«La maturità del mercato» è un fattore di valutazione importante, in quanto l’eliminazione della concorrenza all’interno di un marchio e la discriminazione di prezzo possono costituire un grave pregiudizio in un mercato maturo, ma diventano meno rilevanti in un mercato caratterizzato da una domanda crescente e da tecnologie e posizioni di mercato in evoluzione.

159)

«Il livello della catena commerciale» è un fattore importante, in quanto i possibili effetti negativi possono essere diversi a livello di commercio all’ingrosso o al dettaglio. La distribuzione esclusiva è applicata principalmente alla distribuzione di beni e servizi finali. Una riduzione di concorrenza all’interno di un marchio può verificarsi soprattutto a livello di commercio al dettaglio, se i territori sono vasti, poiché i consumatori finali potrebbero avere un margine ridotto di scelta, per un marchio importante, tra un distributore che offre un prezzo elevato con un servizio elevato ed un distributore a prezzo basso e servizio basso.

160)

Quando un produttore sceglie un grossista quale distributore esclusivo, gli assegna di norma un territorio più vasto, corrispondente, per esempio, a quello di un intero Stato membro. In tal caso, se il grossista può vendere senza restrizioni il prodotto ai dettaglianti a valle, è probabile che non ci saranno rilevanti effetti anticoncorrenziali. Un’eventuale riduzione della concorrenza all’interno del marchio, a livello di commercio all’ingrosso, può essere facilmente compensata da vantaggi di efficienza nella logistica, promozione ecc., in particolare quando la sede operativa del produttore è in un altro paese. I possibili effetti negativi sulla concorrenza tra marchi derivanti dall’eventuale esistenza di distributori esclusivi multipli sono tuttavia superiori a livello di commercio all’ingrosso che al dettaglio. Se un grossista diventa il distributore esclusivo di un numero significativo di fornitori, questo può non solo ridurre la concorrenza tra tali marchi ma anche determinare una preclusione al livello all’ingrosso della catena commerciale.

161)

Come sottolineato al punto 155, la preclusione del mercato agli altri fornitori non si verifica se la distribuzione esclusiva non è accompagnata dal monomarchismo. Tuttavia, anche quando la distribuzione esclusiva è accompagnata dal monomarchismo, la preclusione anticoncorrenziale del mercato ad altri fornitori è improbabile, tranne eventualmente quando il monomarchismo è applicato ad una densa rete di distributori esclusivi con piccoli territori o in caso di effetto cumulativo. In tal caso, può essere necessario applicare i principi descritti alla sezione 2.1 in merito al monomarchismo. Tuttavia, quando la combinazione di tali elementi non ha un effetto di preclusione rilevante, la combinazione di distribuzione esclusiva e monomarchismo può essere considerata favorevole alla concorrenza in quanto aumenta per il distributore esclusivo l’incentivo a concentrare i propri sforzi su un marchio specifico. Di conseguenza, in assenza di un tale effetto di preclusione, è possibile che la combinazione della distribuzione esclusiva e della clausola di non concorrenza soddisfi le condizioni di cui all’articolo 101, paragrafo 3, per tutta la durata dell’accordo, in particolare a livello di commercio all’ingrosso.

162)

La combinazione della distribuzione esclusiva e dell’obbligo di approvvigionamento esclusivo aumenta i possibili rischi per la concorrenza, in quanto può causare una riduzione di concorrenza all’interno di un marchio ed una compartimentazione del mercato, il che può facilitare in particolare la discriminazione di prezzo. La distribuzione esclusiva riduce già l’arbitraggio da parte dei clienti in quanto limita il numero di distributori e generalmente riduce la loro libertà di praticare vendite attive. Gli accordi di approvvigionamento esclusivo, che impongono ai distributori esclusivi di acquisire, per un determinato marchio, le loro forniture direttamente dal produttore, eliminano inoltre l’eventuale arbitraggio dei distributori esclusivi cui viene impedito di rifornirsi da altri distributori del sistema. Ciò migliora le possibilità per il fornitore di limitare la concorrenza all’interno del marchio applicando nel contempo condizioni di vendita diverse a scapito dei consumatori, a meno che la combinazione non consenta incrementi di efficienza che determinino prezzi più bassi per tutti i consumatori finali.

163)

«La natura dei prodotti» non è un fattore molto rilevante ai fini della valutazione di eventuali effetti anticoncorrenziali della distribuzione esclusiva. Tuttavia, tale natura diventa rilevante per la valutazione di eventuali vantaggi di efficienza, vale a dire dopo aver accertato un effetto anticoncorrenziale sensibile.

164)

La distribuzione esclusiva può determinare vantaggi di efficienza, in particolare quando sono necessari investimenti da parte dei distributori al fine di proteggere o creare l’immagine del marchio. Si ritiene, di norma, che i vantaggi di efficienza si verifichino soprattutto per prodotti nuovi, prodotti complessi, prodotti la cui qualità è di difficile valutazione prima del consumo (prodotti cosiddetti «d’esperienza») o le cui qualità sono di difficile valutazione anche dopo il consumo (prodotti cosiddetti «di convinzione»). Inoltre, la distribuzione esclusiva può avere come effetto un risparmio di costi logistici, grazie ad economie di scala nel trasporto e nella distribuzione.

165)

Esempio di distribuzione esclusiva a livello di commercio all’ingrosso

A è il leader di un mercato di beni durevoli di consumo. A vende i suoi prodotti tramite una rete di grossisti esclusivi. I territori assegnati ai grossisti hanno le dimensioni di un intero paese per gli Stati membri più piccoli e di una regione per gli Stati membri di dimensioni più grandi. I grossisti esclusivi gestiscono le vendite a tutti i dettaglianti situati nel loro territorio, ma non vendono ai consumatori finali. I grossisti sono incaricati della promozione del prodotto nei loro mercati. Tale promozione include la sponsorizzazione di eventi locali, ma anche la presentazione e la promozione dei nuovi prodotti presso i dettaglianti nei loro territori. Nel mercato in esame la tecnologia e l’innovazione del prodotto evolvono molto rapidamente e il servizio di prevendita fornito ai dettaglianti e ai consumatori finali svolge un ruolo importante. I grossisti non hanno l’obbligo di soddisfare tutto il loro fabbisogno del marchio del fornitore A approvvigionandosi presso il produttore stesso e l’arbitraggio tra grossisti o dettaglianti è possibile, in quanto i costi di trasporto sono relativamente bassi rispetto al valore del prodotto. Ai grossisti non è stato imposto alcun obbligo di non concorrenza. I dettaglianti vendono anche altri marchi, di fornitori concorrenti, e a livello di vendita al dettaglio non esistono accordi di distribuzione esclusiva o selettiva. Nel mercato UE delle vendite ai grossisti, A detiene una quota di mercato del 50% circa. Nei diversi mercati nazionali al dettaglio, la quota di mercato di A varia dal 40% al 60%. In ogni mercato nazionale esistono da 6 a 10 concorrenti di A: B, C e D sono i concorrenti principali, presenti anche in ogni singolo mercato nazionale, con quote di mercato che variano dal 5% al 20%. I produttori restanti sono nazionali e detengono quote di mercato inferiori. B, C e D hanno reti di distribuzione simili, mentre i produttori locali tendono a vendere i loro prodotti direttamente ai dettaglianti.

Nel mercato all’ingrosso descritto nell'esempio, il rischio di una concorrenza ridotta all’interno del marchio e di discriminazione di prezzo è basso. L’arbitraggio non è ostacolato e l’assenza di concorrenza all’interno del marchio non è un fattore particolarmente rilevante nel commercio all’ingrosso. Nel commercio al dettaglio, non sono ostacolate né la concorrenza all’interno di un marchio né quella tra marchi. Inoltre, la concorrenza tra marchi è in larga misura impregiudicata dagli accordi esclusivi a livello di commercio all’ingrosso. Di conseguenza è probabile che, anche qualora esistano effetti anticoncorrenziali, sussistano altresì le condizioni previste dall’articolo 101, paragrafo 3.

166)

Esempio di distributori esclusivi multipli in un mercato oligopolistico

In un mercato nazionale di prodotti finali esistono quattro leader di mercato, ciascuno dei quali detiene una quota di mercato del 20% circa. I quattro leader di mercato vendono il loro prodotto tramite distributori esclusivi al livello di vendita al dettaglio. A tali rivenditori viene assegnato un territorio esclusivo, che corrisponde alla città in cui essi hanno sede o ad una zona della città, per le città di dimensioni più grandi. Nella maggior parte dei territori, i quattro leader di mercato hanno designato un rivenditore esclusivo comune (situazione di distribuzione multipla), spesso centralmente ubicato e abbastanza specializzato nel prodotto. Il 20% della quota restante del mercato nazionale è composto di piccoli produttori locali, di cui il maggiore detiene una quota di mercato del 5%. Tali produttori locali vendono di norma i loro prodotti tramite altri dettaglianti, in particolare perché i distributori esclusivi dei quattro principali fornitori sono in genere poco interessati a vendere marchi meno conosciuti e più a buon mercato. Sul mercato esiste una forte differenziazione di marchi e di prodotti. I quattro leader di mercato effettuano ampie campagne nazionali di pubblicità e promuovono un'immagine forte del marchio, mentre i produttori marginali non fanno pubblicità per i loro prodotti a livello nazionale. Il mercato è abbastanza maturo e caratterizzato da una domanda stabile e dall’assenza di rilevanti innovazioni di prodotto e tecnologiche. Il prodotto è relativamente semplice.

In un simile mercato oligopolistico, esiste un rischio di collusione tra i quattro leader di mercato. Tale rischio aumenta a causa della distribuzione multipla. La concorrenza all’interno dei singoli marchi è ridotta dall’esclusività territoriale. La concorrenza tra i quattro marchi principali è ridotta, a livello di commercio al dettaglio, in quanto lo stesso dettagliante fissa il prezzo per tutti e quattro i marchi nel suo territorio. In una situazione di distribuzione multipla, se un produttore riduce il prezzo per il suo marchio, il rivenditore non è spinto a trasferire tale riduzione di prezzo al consumatore finale perché ridurrebbe le vendite e i profitti conseguiti con gli altri marchi. Ne consegue che i produttori hanno un interesse ridotto ad entrare reciprocamente in concorrenza sui prezzi. La concorrenza sui prezzi tra i diversi marchi esiste essenzialmente per i beni dei produttori marginali, con un’immagine debole di marchio. Gli eventuali vantaggi in termini di efficienza per i distributori esclusivi (comuni) sono limitati, in quanto il prodotto è relativamente semplice, l’attività di rivendita non richiede alcuna formazione od investimento specifici e la pubblicità è fatta essenzialmente a livello dei produttori.

Anche se ognuno dei leader di mercato detiene una quota di mercato inferiore alla soglia, le condizioni di cui all’articolo 101, paragrafo 3, potrebbero non essere soddisfatte e potrebbe essere necessario revocare l’esenzione per categoria per gli accordi conclusi con i distributori la cui quota di mercato è inferiore al 30% nel mercato dell’approvvigionamento.

167)

Esempio di distribuzione esclusiva ed approvvigionamento esclusivo

Un produttore A è il leader del mercato europeo per un bene di consumo durevole di notevole ingombro e detiene una quota di mercato compresa tra il 40% e il 60% nella maggior parte dei mercati nazionali al dettaglio. Negli Stati membri in cui ha una quota di mercato elevata ha meno concorrenti con quote di mercato molto più ridotte. I concorrenti sono presenti solo su uno o due mercati nazionali. La strategia a lungo termine di A è vendere il suo prodotto attraverso le proprie controllate nazionali a distributori esclusivi a livello di vendita al dettaglio cui non è consentito effettuare vendite attive nei rispettivi territori. Tali distributori sono quindi incentivati a promuovere il prodotto ed a fornire i servizi di prevendita. Recentemente, i dettaglianti esclusivi sono anche obbligati ad acquistare i prodotti del produttore A esclusivamente dalla filiale nazionale del produttore A nel loro paese. I dettaglianti che vendono il marchio del produttore A sono i principali rivenditori di quel tipo di prodotto nel loro territorio. Essi commerciano anche in marchi concorrenti, peraltro con livelli di successo ed entusiasmo variabili. Dopo l’introduzione dell’approvvigionamento esclusivo, A applica differenze di prezzo tra i mercati comprese tra il 10% e il 15%, applicando i prezzi più elevati nei mercati in cui ha meno concorrenza. La domanda e l’offerta sono relativamente stabili sui mercati e non sussistono differenze tecnologiche rilevanti.

In tali mercati caratterizzati da prezzi elevati, il venir meno della concorrenza all’interno del marchio non deriva solo dall’esclusività territoriale a livello di commercio al dettaglio, ma è anche accentuato dall’obbligo di approvvigionamento esclusivo imposto ai dettaglianti. L’obbligo di approvvigionamento esclusivo contribuisce a mantenere i mercati e i territori separati, rendendo impossibile l’arbitraggio tra i dettaglianti esclusivi, ossia i principali rivenditori di tale tipo di prodotto. I dettaglianti esclusivi non possono neppure svolgere vendite attive nei rispettivi territori e in pratica tendono a non effettuare consegne al di fuori del proprio territorio. Di conseguenza, può verificarsi una discriminazione a livello dei prezzi, senza avere determinato un significativo aumento delle vendite complessive. L’arbitraggio dei consumatori o degli operatori economici indipendenti è ridotto a causa dell’ingombro del prodotto.

Anche se gli eventuali vantaggi in termini di efficienza della designazione di distributori esclusivi possono essere convincenti, è improbabile che gli eventuali incrementi di efficienza derivanti dalla combinazione di distribuzione esclusiva e approvvigionamento esclusivo, ed in particolare gli eventuali vantaggi di efficienza di quest’ultimo, connessi principalmente a economie di scala per il trasporto, compensino l’effetto negativo causato dalla discriminazione di prezzo e dalla ridotta concorrenza all’interno del marchio. Pertanto è improbabile che sussistano le condizioni di cui all’articolo 101, paragrafo 3.

2.3.   Attribuzione esclusiva di clienti

168)

In un accordo di attribuzione esclusiva di clienti, il fornitore accetta di vendere i suoi prodotti esclusivamente a un distributore, affinché esso provveda a rivenderli ad un determinato gruppo di clienti. Contemporaneamente, il distributore è in genere limitato nelle vendite attive ad altri gruppi di clienti assegnate in esclusiva. Il regolamento di esenzione per categoria non limita il modo in cui può essere definito un gruppo di clienti esclusivo; si può trattare, ad esempio, di un tipo particolare di clienti definiti in base alla loro occupazione, ma anche di un elenco di clienti specifici selezionati in base ad uno o più criteri oggettivi. I possibili effetti sulla concorrenza sono essenzialmente una riduzione della concorrenza all’interno di uno stesso marchio e la compartimentazione del mercato, che possono facilitare in particolare la discriminazione di prezzo. Se tutti o quasi tutti i fornitori applicano un accordo di attribuzione esclusiva di clienti, l’indebolimento della concorrenza e la collusione, sia a livello dei fornitori che dei distributori, potrebbero essere facilitate. Infine, gli accordi di attribuzione esclusiva di clientela possono determinare la preclusione del mercato ad altri distributori e pertanto ridurre la concorrenza a tale livello.

169)

L’attribuzione esclusiva di clienti rientra nel regolamento di esenzione per categoria se sia la quota di mercato del fornitore che quella dell’acquirente non superano la soglia del 30%, anche se combinata con ulteriori restrizioni verticali non fondamentali quali, per esempio, l’obbligo di non concorrenza, l’imposizione di volumi d’acquisto minimi o l’acquisto esclusivo. La combinazione dell’attribuzione esclusiva di clienti con la distribuzione selettiva configura normalmente una restrizione fondamentale, in quanto generalmente i distributori designati non sono liberi di praticare vendite attive agli utilizzatori finali. Nell’ipotesi di un superamento della soglia di quota di mercato del 30% gli orientamenti di cui ai punti 151-167 sulla distribuzione esclusiva valgono mutatis mutandis per la valutazione dell’attribuzione esclusiva di clienti, tenendo conto delle osservazioni specifiche della presente sezione.

170)

L’attribuzione esclusiva di clienti rende, in genere, più difficile l’arbitraggio da parte dei clienti. Inoltre, dato che ogni distributore designato ha la propria categoria di clienti, i distributori non designati che non rientrino in tale categoria possono avere difficoltà a rifornirsi del prodotto: ciò riduce le possibilità di arbitraggio dei distributori non designati.

171)

Gli accordi di attribuzione esclusiva di clienti sono applicati soprattutto ai prodotti intermedi e ai prodotti finali nello stadio del commercio all’ingrosso, poiché in tale caso è possibile distinguere categorie di clienti con fabbisogni specifici diversi rispetto al prodotto.

172)

Gli accordi di attribuzione esclusiva di clientela possono creare vantaggi in termini di efficienza, in particolare quando i distributori devono effettuare investimenti, per esempio in impianti, formazione o know-how specifici al fine di assecondare le richieste dei propri gruppi di clienti. Il periodo di ammortamento di tali investimenti consente di giustificare la durata di un sistema di attribuzione esclusiva di clientela. In genere, tali accordi sono giustificati soprattutto quando riguardano prodotti nuovi o complessi e prodotti che devono essere adattati alle esigenze dei singoli clienti. Tali esigenze specifiche sono identificabili in particolare per i beni intermedi, vale a dire i beni venduti a differenti categorie di acquirenti professionali. Quando gli accordi di attribuzione riguardano clienti finali, è poco probabile che si verifichino vantaggi in termini di efficienza.

173)

Esempio di attribuzione esclusiva di clientela

Una società ha sviluppato un sofisticato impianto antincendio. La società detiene attualmente una quota pari al 40% del mercato degli impianti antincendio. Quando ha iniziato le vendite di tale sofisticato impianto antincendio, la società deteneva, con un prodotto più vecchio, una quota di mercato del 20%. Le condizioni d’installazione del nuovo tipo di impianto antincendio dipendono dal tipo di edificio in cui essa deve essere effettuata e dall’uso al quale l’edificio è adibito (ufficio, impianto chimico, ospedale ecc.). La società ha designato una serie di distributori, incaricati della vendita e dell’installazione dell’impianto antincendio. Ogni distributore ha assunto l’impegno di dare una formazione adeguata ai propri dipendenti in merito ai requisiti generali e specifici necessari per l’installazione dell’impianto antincendio presso determinate categorie di clienti. Per garantire la specializzazione dei distributori, la società ha attribuito ad ogni distributore una categoria di clienti in esclusiva e ha proibito le vendite attive alle altre categorie di clienti in esclusiva. Dopo un periodo di cinque anni tutti i distributori esclusivi saranno autorizzati a vendere attivamente a tutte le categorie di clienti, e di conseguenza il sistema di attribuzione esclusiva di clienti cesserà. A quella data, il fornitore potrà iniziare a vendere anche a nuovi distributori. Nel mercato, che è abbastanza dinamico, vi sono stati di recente due ingressi e vari sviluppi tecnologici. Anche i concorrenti, che detengono quote di mercato comprese tra il 5% e il 25%, stanno migliorando la qualità dei loro prodotti.

In tale situazione, è probabile che le condizioni di cui all’articolo 101, paragrafo 3, siano soddisfatte in quanto l’esclusiva ha una durata limitata e consente ai distributori di ammortizzare gli investimenti e di concentrare gli sforzi di vendita, in un primo tempo, su una determinata categoria di clienti; inoltre gli eventuali effetti anticoncorrenziali sono limitati da un mercato dinamico.

2.4.   Distribuzione selettiva

174)

Gli accordi di distribuzione selettiva, come gli accordi di distribuzione esclusiva, restringono da una parte il numero dei distributori autorizzati e dall’altra le possibilità di rivendita. Tali accordi si differenziano da quelli di distribuzione esclusiva in quanto la restrizione del numero di rivenditori non dipende dal numero di territori assegnati, bensì da criteri di selezione essenzialmente legati alla natura dei prodotti. Un’ulteriore differenza rispetto alla distribuzione esclusiva deriva dal fatto che le restrizioni imposte alla rivendita non sono restrizioni di vendita attiva in un territorio, bensì restrizioni di qualsiasi vendita a rivenditori non autorizzati. Di conseguenza, solo i rivenditori designati ed i consumatori finali possono diventare acquirenti. Nella maggioranza dei casi, si ricorre ad accordi di distribuzione selettiva per la distribuzione di prodotti finali di marca.

175)

I possibili effetti sulla concorrenza sono una riduzione della concorrenza all’interno di un marchio e, in particolare nell’ipotesi di un effetto cumulativo, la preclusione del mercato a determinati tipi di distributori e un indebolimento della concorrenza e un'agevolazione della collusione tra fornitori o acquirenti. Ai fini della valutazione di eventuali effetti anticoncorrenziali della distribuzione selettiva ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, è necessario fare una distinzione tra accordi di distribuzione selettiva puramente qualitativa e accordi di distribuzione selettiva quantitativa. Gli accordi di distribuzione selettiva puramente qualitativa selezionano i rivenditori unicamente sulla base di criteri oggettivi collegati alla natura dei prodotti, quali il livello di qualificazione professionale del personale addetto alle vendite, il servizio fornito da ciascun punto vendita autorizzato, la vendita di una determinata gamma di prodotti ecc (52). L’applicazione di tali criteri non impone un limite diretto al numero dei rivenditori. In genere, si ritiene che la distribuzione selettiva basata su criteri puramente qualitativi non rientri nell’ambito dell’articolo 101, paragrafo 1, in quanto non provoca effetti anticoncorrenziali, purché vengano soddisfatte tre condizioni. In primo luogo la natura del prodotto in questione deve rendere necessario un sistema di distribuzione selettiva nel senso che un tale sistema deve rappresentare un requisito legittimo, in considerazione delle caratteristiche del prodotto in questione, per conservarne la qualità e garantirne un utilizzo corretto. In secondo luogo, la scelta dei rivenditori deve avvenire secondo criteri oggettivi d’indole qualitativa stabiliti indistintamente e resi disponibili per tutti i rivenditori potenziali e applicati in modo non discriminatorio. In terzo luogo i criteri stabiliti non devono andare oltre il necessario (53). La distribuzione selettiva quantitativa aggiunge ulteriori criteri di selezione che limitano in maniera più diretta il numero potenziale di rivenditori, imponendo per esempio un livello minimo o massimo di acquisti, fissando il numero di rivenditori, ecc.

176)

La distribuzione selettiva qualitativa e quantitativa beneficia dell’esenzione per categoria fintantoché la quota di mercato sia del fornitore che dell’acquirente non supera il 30%, anche se ad essa sono combinate altre restrizioni verticali non fondamentali come il divieto di concorrenza e la distribuzione esclusiva, purché i distributori autorizzati non siano soggetti a restrizioni nella vendita attiva tra loro e agli utilizzatori finali. Il regolamento di esenzione per categoria esenta gli accordi di distribuzione selettiva a prescindere dalla natura del prodotto in questione e del criterio di selezione. Tuttavia, se le caratteristiche del prodotto (54) non richiedono una distribuzione selettiva o non richiede i criteri applicati, come ad esempio la condizione per i distributori di avere uno o più punti vendita «non virtuali» o di fornire specifici servizi, tale sistema di distribuzione non comporta generalmente vantaggi in termini di efficienza tali da compensare una notevole riduzione della concorrenza all’interno del marchio. Se si verificano effetti anticoncorrenziali sensibili, è probabile che il beneficio dell’esenzione per categoria venga revocato. La presente sezione, inoltre, fornisce orientamenti per la valutazione della distribuzione selettiva nei casi individuali che non rientrano nel regolamento di esenzione per categoria o nel caso di un effetto cumulativo derivante da reti parallele di distribuzione selettiva.

177)

«La posizione di mercato del fornitore e dei suoi concorrenti» è un fattore molto importante per valutare gli eventuali effetti anticoncorrenziali, in quanto la riduzione di concorrenza all’interno di un marchio può essere dannosa solo se la concorrenza tra marchi diversi è ridotta. Quanto più forte è la posizione del fornitore tanto più grave è la riduzione di concorrenza all’interno del marchio. Un altro fattore importante è il numero di reti di distribuzione selettiva presenti nello stesso mercato. Se sul mercato la distribuzione selettiva viene applicata da un solo fornitore, la distribuzione selettiva quantitativa non crea di norma effetti negativi netti a condizione che i beni oggetto del contratto richiedano per loro natura l’utilizzo di un sistema di distribuzione selettiva e a condizione che i criteri di selezione applicati siano necessari per garantire un’efficiente distribuzione dei beni in questione. In realtà, tuttavia, pare che la distribuzione selettiva venga spesso applicata da vari fornitori in un determinato mercato.

178)

La posizione dei concorrenti può assumere una duplice rilevanza e svolgere un ruolo importante, in particolare, nel caso di effetti cumulativi. In genere, quando i concorrenti hanno una forte posizione di mercato, la riduzione di concorrenza all’interno di uno stesso marchio sarà facilmente compensata da una concorrenza sufficiente tra i marchi. Tuttavia, quando la maggioranza dei principali fornitori applica accordi di distribuzione selettiva, vi sarà un’eliminazione sostanziale della concorrenza all’interno di un marchio, una possibile esclusione di determinati tipi di distributori nonché un maggior rischio di collusione tra questi maggiori fornitori. Il rischio di esclusione dei distributori più efficienti è sempre stato maggiore nel caso della distribuzione selettiva piuttosto che della distribuzione esclusiva, a causa della restrizione delle vendite a rivenditori non autorizzati imposta nella distribuzione selettiva. Tale restrizione ha l’obiettivo di attribuire ai sistemi di distribuzione selettiva un carattere chiuso, rendendo l’approvvigionamento impossibile per i rivenditori non autorizzati. Ciò rende la distribuzione selettiva particolarmente atta ad evitare una pressione sui margini del produttore e dei rivenditori autorizzati da parte di rivenditori di tipo «discount» (che siano distributori che operano off-line o soltanto on-line). La preclusione di tali formati di distribuzione, sia essa dovuta all’applicazione cumulativa della distribuzione selettiva o all’applicazione da parte di un singolo fornitore avente una quota di mercato superiore al 30%, riduce le possibilità per i consumatori di trarre vantaggio dai benefici specifici offerti da tali formati, quali prezzi inferiori, maggiore trasparenza e accesso più ampio.

179)

Quando il regolamento di esenzione per categoria viene applicato a reti individuali di distribuzione selettiva, la possibilità di una revoca o di una dichiarazione d’inapplicabilità dell’esenzione potrebbe essere valutata nel caso di effetto cumulativo. Tuttavia è improbabile che sorga un problema di effetto cumulativo quando la quota di mercato coperta dalla distribuzione selettiva è inferiore al 50%. Inoltre è improbabile che si verifichino effetti pregiudizievoli se il tasso di copertura del mercato è superiore al 50%, ma la quota di mercato aggregata dei cinque maggiori fornitori (CR5) è inferiore al 50%. Qualora tanto il CR5 che la quota di mercato coperta dalla distribuzione selettiva superino il 50%, la valutazione può variare a seconda che la distribuzione selettiva venga applicata da tutti e cinque i maggiori fornitori o solo da alcuni. Quanto più è forte la posizione dei concorrenti che non applicano la distribuzione selettiva, tanto più diventa improbabile la preclusione del mercato ad altri distributori. Qualora tutti e cinque i maggiori fornitori pratichino la distribuzione selettiva possono sorgere preoccupazioni in materia di concorrenza in particolare relativamente agli accordi che applicano criteri di selezione quantitativi che limitano in modo diretto il numero di rivenditori autorizzati o che applicano criteri qualitativi, quale la condizione di avere uno o più punti vendita «non virtuali» o di fornire specifici servizi, il che preclude il mercato a determinati formati di distribuzione. In genere è improbabile che le condizioni di cui all’articolo 101, paragrafo 3, vengano soddisfatte se i sistemi di distribuzione selettiva in oggetto impediscono l’accesso al mercato ai nuovi distributori in grado di vendere adeguatamente i prodotti in questione, e in particolare ai distributori di tipo «discount» o ai distributori che operano soltanto on-line ed offrono ai consumatori prezzi inferiori, limitando così la distribuzione a vantaggio di alcuni canali già esistenti e a detrimento del consumatore finale. Forme più indirette di distribuzione selettiva quantitativa, derivanti ad esempio dalla combinazione di criteri di selezione puramente qualitativi con l’imposizione ai rivenditori dell’obbligo di effettuare un volume annuale minimo di acquisti, sono meno atte a produrre effetti negativi netti se tale volume non costituisce una parte significativa del fatturato totale del distributore realizzato per i prodotti in questione e non supera quanto è necessario perché il fornitore recuperi gli investimenti che sono specifici al rapporto contrattuale e/o realizzi economie di scala nella distribuzione. Per quanto riguarda il contributo individuale, in linea generale si ritiene che un fornitore avente una quota di mercato inferiore al 5% non contribuisca in misura significativa all’effetto cumulativo.

180)

Le «barriere all’ingresso» hanno rilievo principalmente nell’ipotesi di esclusione dal mercato di rivenditori non autorizzati. Di norma, le barriere all’ingresso saranno notevoli, in quanto la distribuzione selettiva è abitualmente applicata da produttori di prodotti di marca. I dettaglianti esclusi dal sistema avranno in genere bisogno di tempo e di investimenti sostanziali per lanciare marchi propri o per ottenere altrove forniture competitive.

181)

Il «potere d’acquisto» è suscettibile di aumentare il rischio di collusione tra rivenditori e di modificare pertanto in maniera sostanziale la valutazione di eventuali effetti anticoncorrenziali causati dalla distribuzione selettiva. In particolare, si può verificare un’esclusione dal mercato dei dettaglianti più efficienti se una forte organizzazione di rivenditori impone al fornitore criteri di selezione volti a limitare la distribuzione a vantaggio dei suoi membri.

182)

L’articolo 5, paragrafo 1, lettera c), del regolamento di esenzione per categoria proibisce al fornitore di obbligare direttamente o indirettamente i rivenditori autorizzati a non vendere marchi di particolari fornitori concorrenti. Tale condizione ha specificatamente l’obiettivo di evitare la collusione orizzontale volta ad escludere particolari marchi attraverso la creazione di un assortimento selettivo di marchi da parte dei fornitori leader del mercato. È improbabile che tale obbligo sia esentabile quando il CR5 è uguale o superiore al 50%, tranne quando nessuno dei fornitori che impone tale obbligo fa parte dei cinque principali fornitori del mercato.

183)

La preclusione del mercato ad altri fornitori non costituisce normalmente un problema se gli altri fornitori possono utilizzare gli stessi distributori, vale a dire a condizione che il sistema di distribuzione selettiva non sia combinato con il monomarchismo. Nell’ipotesi di una fitta rete di distributori autorizzati o nel caso di effetti cumulativi, la combinazione della distribuzione selettiva e di un obbligo di non concorrenza è suscettibile di creare un rischio di esclusione per gli altri fornitori. In tal caso vanno applicati i principi descritti alla sezione 2.1 in merito al monomarchismo. Anche se la distribuzione selettiva non è combinata con un divieto di concorrenza, la preclusione del mercato ai fornitori concorrenti può tuttavia costituire un problema se i cinque fornitori leader non solo applicano criteri di selezione puramente qualitativi ma impongono ai loro rivenditori ulteriori obblighi quale l’obbligo di riservare ai loro prodotti uno spazio minimo sugli scaffali o di garantire che le vendite dei loro prodotti da parte del distributore raggiungano una percentuale minima del fatturato totale del distributore. È improbabile che tale problema si presenti se la quota di mercato coperta dalla distribuzione selettiva è inferiore al 50% o, qualora tale tasso di copertura venga superato, se la quota di mercato dei cinque maggiori fornitori è inferiore al 50%.

184)

La «maturità del mercato» è un fattore importante di valutazione, in quanto la riduzione della concorrenza all’interno di un marchio e un’eventuale esclusione di fornitori o rivenditori possono rappresentare un problema serio in un mercato maturo, mentre sono elementi meno rilevanti in un mercato caratterizzato da una domanda crescente, tecnologie in evoluzione e posizioni di mercato in mutamento.

185)

La distribuzione selettiva può essere efficiente quando consente risparmi di costi logistici, grazie ad economie di scala nel trasporto dei beni, situazione che può verificarsi indipendentemente dalla natura del prodotto (punto 107, lettera g)). Tuttavia, nei sistemi di distribuzione selettiva, tali economie rappresentano di norma solo un’efficienza marginale. La natura del prodotto è un fattore estremamente importante per eliminare un problema del parassitismo tra i distributori (punto 107, lettera a)) o per facilitare la creazione di un’immagine di marchio (punto 107, lettera i)). Di norma, ciò vale soprattutto per prodotti nuovi, per prodotti complessi e per prodotti le cui qualità sono di difficile valutazione prima del consumo (prodotti cosiddetti «d’esperienza») o anche dopo il consumo (prodotti cosiddetti «di convinzione»). La combinazione della distribuzione selettiva con una clausola di ubicazione, che tutela un rivenditore designato dall’eventualità che altri rivenditori designati aprano un punto vendita nelle vicinanze, può in particolare soddisfare le condizioni di cui all’articolo 101, paragrafo 3, se essa è indispensabile per proteggere considerevoli investimenti, specifici al rapporto contrattuale, effettuati dai distributori autorizzati (punto 107, lettera d)).

186)

Per garantire che venga scelta la restrizione meno anticoncorrenziale, è importante verificare se gli stessi vantaggi in termini di efficienza non potrebbero essere ottenuti ad un costo comparabile, stabilendo esclusivamente, per esempio, requisiti inerenti al servizio.

187)

Esempio di distribuzione selettiva quantitativa

In un mercato di beni durevoli, il leader di mercato (marchio A), che detiene una quota di mercato del 35%, vende i suoi prodotti ai consumatori finali attraverso una rete di distribuzione selettiva. L’ammissione alla rete è subordinata a numerosi criteri: il personale del punto vendita deve essere specializzato e fornire servizi di prevendita, nel punto vendita deve esistere una zona specializzata, dedicata alle vendite del prodotto e di prodotti hi-tech analoghi e il punto vendita deve vendere un’ampia gamma di prodotti del fornitore e presentarli alla vendita in maniera attraente. Inoltre, il numero di dettaglianti ammessi nella rete è limitato in modo diretto da un numero massimo di dettaglianti per numero di abitanti in ogni provincia o area urbana. Il produttore A ha sei concorrenti in tale mercato. I concorrenti principali, B, C e D, detengono quote di mercato rispettivamente pari al 25%, 15% e 10%, mentre gli altri produttori hanno quote di mercato inferiori. A è l’unico produttore ad utilizzare la distribuzione selettiva. I distributori selettivi del marchio A commercializzano sempre un certo numero di marchi concorrenti. Tuttavia, tali marchi concorrenti sono venduti anche in ampia misura in punti vendita non facenti parte della rete di distribuzione selettiva di A. I canali di distribuzione sono vari: i marchi B e C, per esempio, sono venduti nella maggior parte dei negozi selezionati da A, ma sono in vendita anche in altri negozi in grado di offrire un servizio di alta qualità e negli ipermercati. Il marchio D è venduto essenzialmente in negozi che garantiscono un servizio di alto livello. La tecnologia è in rapida evoluzione in tale mercato ed i fornitori principali mantengono, con campagne pubblicitarie, un’immagine di forte qualità dei loro prodotti.

In tale mercato, il tasso di copertura degli accordi di distribuzione selettiva è del 35%. La concorrenza tra le marche non è direttamente pregiudicata dal sistema di distribuzione selettiva di A. La concorrenza all’interno della marca A potrebbe risultarne limitata, ma i consumatori hanno accesso a dettaglianti a basso servizio/basso prezzo per le marche B e C, che hanno un’immagine di qualità comparabile alla marca A. Inoltre, l’accesso degli altri marchi a dettaglianti che forniscano un servizio elevato non è precluso, in quanto non vi sono restrizioni alla libertà dei distributori selezionati di vendere marchi concorrenti e le restrizioni quantitative cui è soggetto il numero di dettaglianti per il marchio A lasciano agli altri dettaglianti che offrono un grado elevato di servizio la libertà di distribuire marchi concorrenti. In tal caso, alla luce delle condizioni stabilite in materia di servizi da offrire e dei vantaggi di efficienza che probabilmente ne derivano, nonché del ridotto effetto sulla concorrenza all’interno del marchio, è probabile che sussistano le condizioni previste all’articolo 101, paragrafo 3.

188)

Esempio di distribuzione selettiva in presenza di effetti cumulativi

Nel mercato di uno specifico articolo sportivo esistono sette produttori, che detengono le seguenti quote di mercato: 25%, 20%, 15%, 15%, 10%, 8% e 7%. I cinque produttori principali distribuiscono i loro prodotti tramite accordi di distribuzione selettiva quantitativa, mentre i due produttori di dimensioni più piccole utilizzano sistemi diversi di distribuzione, con il risultato che il tasso di copertura della distribuzione selettiva è pari all’85%. I criteri imposti per l’ammissione alle reti di distribuzione selettiva sono ampiamente uniformi tra i produttori: i distributori devono avere uno o più punti vendita «non virtuali», tali punti vendita devono disporre di personale qualificato ed offrire servizi di prevendita, nel negozio deve esistere uno spazio specializzato dedicato alle vendite del prodotto, di superficie minima specificata, il negozio deve vendere un’ampia gamma del marchio in oggetto ed esporre l’articolo in maniera attraente, il punto vendita deve essere ubicato in una strada commerciale e il genere di prodotto deve rappresentare almeno il 30% del fatturato totale del punto vendita. Di norma, lo stesso rivenditore è designato distributore selettivo per tutti e cinque i marchi. I due marchi che non utilizzano il sistema di distribuzione selettiva vendono in genere tramite dettaglianti meno specializzati, che offrono un livello di servizio inferiore. Il mercato è stabile, sia al livello dell’offerta che della domanda, ed esistono una forte immagine del marchio e differenziazione del prodotto. I cinque leader di mercato hanno forti immagini di marchio, acquisite tramite campagne pubblicitarie e promozionali, mentre i due produttori di dimensioni più piccole hanno adottato una strategia commerciale di prodotti a buon mercato, senza forte immagine di marca.

In tale mercato l’accesso ai cinque marchi principali è negato ai distributori di tipo «discount» e ai distributori che operano soltanto on-line. In effetti, la condizione secondo cui il prodotto deve rappresentare almeno il 30% dell’attività del rivenditore ed i criteri relativi alla presentazione del prodotto ed ai servizi di prevendita escludono dalla rete dei distributori autorizzati la maggior parte dei distributori di tipo «discount». La condizione di avere uno o più punti vendita «non virtuali» esclude dalla rete i distributori che operano soltanto on-line. Di conseguenza, i consumatori non hanno altra scelta che comprare i cinque marchi principali nei punti vendita che offrono un servizio elevato a prezzo elevato. Tale situazione ha per effetto una limitazione della concorrenza tra marchi a livello dei cinque marchi principali. Il fatto che i due marchi meno diffusi possano essere acquistati in punti vendita a basso servizio e basso prezzo non compensa la riduzione di concorrenza, in quanto l’immagine di marca del prodotto dei cinque leader di mercato è molto superiore. La concorrenza tra marchi è ridotta anche dalla presenza di distributori multipli. Benché esista un certo grado di concorrenza all’interno di un marchio e il numero di dettaglianti non sia direttamente limitato, i criteri di ammissione alla rete di distribuzione sono sufficientemente rigidi da consentire la distribuzione dei cinque marchi principali, nel rispettivo territorio, solo ad un numero ristretto di rivenditori.

I vantaggi in termini di efficienza associati a tali sistemi di distribuzione selettiva quantitativa sono limitati: il prodotto non è molto complesso e non giustifica un servizio particolarmente elevato. In tale situazione, se i produttori non riescono a provare che esistono vantaggi di efficienza collegati alla loro rete di distribuzione selettiva, è probabile che il beneficio dell’esenzione per categoria dovrà essere revocato a causa dei suoi effetti cumulativi, che limitano la scelta e aumentano i prezzi per il consumatore.

2.5.   Accordi di franchising

189)

Gli accordi di franchising comportano la licenza di un insieme di diritti di proprietà intellettuale che riguardano in particolare marchi o insegne e know-how, per l’uso e la distribuzione di beni o servizi. Oltre alla licenza di DPI, l’affiliante fornisce inoltre all’affiliato, durante il periodo di vigenza dell’accordo, un’assistenza tecnica o commerciale. La licenza e l’assistenza formano parte integrante della formula commerciale oggetto del franchising. L’affiliante riceve generalmente dall’affiliato il pagamento di un corrispettivo per l’utilizzazione della specifica formula commerciale. Gli accordi di franchising possono offrire all’affiliante la possibilità di costituire, con investimenti limitati, una rete uniforme per la distribuzione dei suoi prodotti. Oltre alla concessione della formula commerciale, gli accordi di franchising comportano abitualmente una combinazione di diverse restrizioni verticali riguardanti i prodotti distribuiti, in particolare la distribuzione selettiva e/o obblighi di non concorrenza e/o la distribuzione esclusiva o sue forme più deboli.

190)

I limiti d’applicazione del regolamento di esenzione per categoria alle licenze di DPI nell’ambito degli accordi di franchising sono esaminati ai punti 24-46. Per le restrizioni verticali sugli acquisti, sulle vendite e sulle rivendite di beni e servizi contenute in accordi di franchising, quali la distribuzione selettiva, l’obbligo di non concorrenza o la distribuzione esclusiva, l’esenzione per categoria si applica sino alla quota di mercato del 30% (55). Le indicazioni fornite precedentemente in relazione a questi tipi di restrizioni si applicano, tenuto conto delle specificazioni di seguito riportate, anche al franchising.

a)

Quanto maggiore è il trasferimento di know-how, tanto più facilmente le restrizioni determinano incrementi di efficienza e/o sono indispensabili per proteggere il know-how e tanto più facilmente le restrizioni verticali soddisfano le condizioni di cui all’articolo 101, paragrafo 3.

b)

Un obbligo di non concorrenza relativo ai beni o servizi acquistati dall’affiliato non rientra nell’articolo 101, paragrafo 1, quando esso è necessario per mantenere la reputazione e l’identità comuni della rete di franchising. In tali situazioni, anche la durata dell’obbligo di non concorrenza è irrilevante ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, a condizione che essa non superi la durata dell’accordo stesso di franchising.

191)

Esempio di franchising

Un produttore ha sviluppato una nuova presentazione per la vendita di caramelle in punti vendita particolari, nei quali le caramelle possono essere colorate a seconda della richiesta specifica del consumatore. Il produttore dei dolciumi ha inoltre sviluppato i macchinari necessari per la colorazione delle caramelle. Il produttore produce anche i liquidi utilizzati per colorare le caramelle. La qualità e la freschezza del liquido utilizzato sono di importanza vitale per la produzione di caramelle di qualità. Il produttore è riuscito ad affermare le proprie vendite di caramelle grazie ad una serie di punti vendita propri, che operano tutti utilizzando la stessa denominazione commerciale e un'immagine uniforme (stile di presentazione dei negozi, campagne pubblicitarie comuni, ecc.). Il produttore ha avviato un sistema di franchising al fine di espandere le vendite. Gli affiliati sono obbligati ad acquistare le caramelle, il liquido e gli impianti di colorazione dal produttore, ad avere la medesima immagine e a lavorare utilizzando la stessa denominazione commerciale, a pagare un corrispettivo per la licenza, a contribuire alle campagne pubblicitarie comuni e a garantire la riservatezza delle informazioni contenute nel manuale operativo preparato dall’affiliante. Inoltre, gli affiliati sono autorizzati a vendere solo nei negozi autorizzati, agli utenti finali o ad altri affiliati, e non possono vendere altre caramelle. L’affiliante ha l’obbligo di non designare altri affiliati e di non aprire un proprio punto vendita in un determinato territorio contrattuale. L’affiliante ha inoltre l’obbligo di aggiornare e sviluppare ulteriormente i suoi prodotti, la presentazione commerciale e il manuale operativo e di mettere tali miglioramenti a disposizione di tutti i punti vendita affiliati. Gli accordi di franchising sono conclusi per una durata di dieci anni.

I rivenditori di caramelle comprano tali prodotti in un mercato nazionale o da produttori nazionali che li forniscono in conformità ai gusti nazionali, oppure da grossisti che, oltre a vendere prodotti di altri produttori nazionali, importano caramelle da produttori esteri. Su tale mercato, i prodotti dell’affiliante sono in concorrenza con altre marche di caramelle. L’affiliante detiene una quota del 30% del mercato delle caramelle vendute ai rivenditori. La concorrenza proviene da una serie di marchi nazionali ed internazionali, a volte prodotte da grandi società alimentari diversificate. Esistono molti potenziali punti vendita di caramelle, quali i tabaccai, i rivenditori di generi alimentari, i bar ed i negozi specializzati di dolciumi. Nel mercato dei macchinari per la colorazione degli alimenti la quota di mercato dell’affiliante è inferiore al 10%.

La maggior parte degli obblighi contenuti negli accordi di franchising può essere considerata necessaria per proteggere i diritti di proprietà intellettuale o per garantire la reputazione e l’identità comune della rete di franchising e, pertanto, essi non rientrano nell’articolo 101, paragrafo 1. Le restrizioni alla vendita (territorio contrattuale e distribuzione selettiva) costituiscono un incentivo per gli affiliati ad investire nei macchinari di colorazione e nella formula oggetto del franchising e, anche se non necessarie, contribuiscono almeno a mantenere l’identità comune, compensando di conseguenza la riduzione di concorrenza all’interno del marchio. La clausola di non concorrenza, che esclude le marche di caramelle diverse dai punti vendita per tutta la durata degli accordi, consente all’affiliante di mantenere l’uniformità dei punti vendita e di impedire ai concorrenti di trarre benefici dal marchio commerciale. Tale clausola non ha come effetto una grave preclusione, dato che esiste un grande numero di potenziali punti vendita accessibili ad altri produttori di caramelle. Gli accordi di franchising di tale affiliante soddisfano probabilmente le condizioni per essere esentati ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 3, nella misura in cui gli obblighi contenuti negli accordi rientrino nelle disposizioni dell’articolo 101, paragrafo 1.

2.6.   Accordi di fornitura esclusiva

192)

La denominazione «fornitura esclusiva» raggruppa le restrizioni la cui principale caratteristica è che il fornitore è costretto o indotto a vendere i prodotti oggetto del contratto soltanto o principalmente ad un unico acquirente, in generale o per un uso particolare. Si può trattare di un obbligo di fornitura esclusiva, che limita le vendite del fornitore ad un unico acquirente a scopo di rivendita o per un uso particolare, ma anche, ad esempio, dell’imposizione di quantitativi minimi, con incentivi pattuiti tra il fornitore e l’acquirente che spingono il fornitore a concentrare le proprie vendite essenzialmente su un acquirente. La fornitura esclusiva nel caso di beni e servizi intermedi è spesso designata come fornitura industriale.

193)

La fornitura esclusiva di clienti rientra nel regolamento di esenzione per categoria se né la quota di mercato del fornitore né quella dell’acquirente superano il 30%, anche se combinate con ulteriori restrizioni verticali non fondamentali quali, per esempio, l’obbligo di non concorrenza. La presente sezione fornisce orientamenti per la valutazione degli accordi di fornitura esclusiva nei singoli casi.

194)

Il principale effetto degli accordi di fornitura esclusiva è la preclusione anticoncorrenziale del mercato ad altri acquirenti. Vi è un’analogia con gli eventuali effetti della distribuzione esclusiva, in particolare quando il distributore esclusivo diventa l’acquirente esclusivo per un intero mercato (cfr. la sezione 2.2, in particolare il punto 156). La quota di mercato dell’acquirente nel mercato degli acquisti a monte costituisce ovviamente un fattore estremamente importante per valutare la capacità dell’acquirente di «imporre» accordi di fornitura esclusiva che precludono ad altri acquirenti l’accesso alla fornitura. Tuttavia, il fattore determinante per valutare se esista o meno un problema di concorrenza è la posizione dell’acquirente nel mercato a valle. Se l’acquirente non detiene potere di mercato a valle, non dovrebbero esserci gravi effetti negativi nei confronti dei consumatori. Si possono registrare effetti pregiudizievoli se la quota di mercato dell’acquirente sul mercato delle vendite a valle e sul mercato degli acquisti a monte è superiore al 30%. Se la quota di mercato dell’acquirente nel mercato a monte non supera il 30% possono comunque verificarsi notevoli effetti di preclusione soprattutto se la quota di mercato dell’acquirente nel mercato a valle supera il 30% e la fornitura esclusiva riguarda un uso particolare dei prodotti oggetto del contratto. Nel caso di un’impresa con una posizione dominante nel mercato a valle qualsiasi obbligo di fornire i prodotti esclusivamente o principalmente all’acquirente in posizione dominante può avere effetti anticoncorrenziali significativi.

195)

Ai fini della valutazione, non è solo «la posizione di mercato dell’acquirente» nel mercato a valle e a monte ad essere rilevante, bensì anche la portata e la durata dell’obbligo contenuto negli accordi di fornitura esclusiva. Quanto maggiore è la quota di fornitura vincolata e più lunga la durata della fornitura esclusiva, tanto più grave sarà l’effetto di preclusione. Gli accordi di fornitura esclusiva di durata inferiore a 5 anni, stipulati da imprese che non hanno una posizione dominante richiedono, di norma, una valutazione degli effetti pro- e anticoncorrenziali, mentre si ritiene che accordi di durata superiore a cinque anni non siano necessari, per la maggior parte dei tipi d’investimento, per produrre i vantaggi di efficienza conclamati o non siano sufficienti a compensare l’effetto di preclusione causato da tali accordi di fornitura esclusiva di lunga durata.

196)

«La posizione di mercato degli acquirenti concorrenti nel mercato a monte» è un fattore importante, in quanto è probabile che gli acquirenti concorrenti subiscano un’esclusione per motivi anticoncorrenziali, vale a dire un aumento dei loro costi, solo se le loro dimensioni sono notevolmente inferiori a quelle dell’acquirente che ne è la causa. È poco probabile che si verifichi un’esclusione di acquirenti concorrenti se essi hanno un potere d’acquisto simile e sono in grado di offrire ai fornitori possibilità di vendita analoghe. In tal caso, potrebbe esserci preclusione solo nei confronti di nuovi operatori potenziali, i quali non sarebbero in grado di approvvigionarsi se alcuni acquirenti importanti stipulano accordi di fornitura esclusiva con la maggioranza dei fornitori sul mercato. Tale effetto cumulativo può giustificare la revoca del beneficio dell’esenzione per categoria.

197)

«Le barriere all’ingresso» a livello dei fornitori sono un fattore rilevante per determinare se esista una vera esclusione. Nella misura in cui per gli acquirenti concorrenti è efficiente procurarsi i beni o i servizi tramite un’integrazione verticale a monte, la preclusione del mercato non dovrebbe creare problemi reali. Tuttavia, esistono spesso barriere significative all’ingresso sul mercato.

198)

«Il contropotere negoziale dei fornitori» è un fattore rilevante in quanto fornitori importanti non acconsentiranno facilmente a rinunciare ad acquirenti alternativi. La preclusione è pertanto soprattutto un rischio nell’ipotesi di fornitori deboli e di acquirenti forti. Nell’ipotesi di fornitori forti, l’accordo di fornitura esclusiva può essere combinato con una clausola di non concorrenza. In tal caso, si applicano a tale combinazione anche i criteri sviluppati per il monomarchismo. Quando entrambe le parti hanno fatto investimenti che sono specifici al rapporto contrattuale (problema della rinuncia all’investimento), la combinazione degli accordi di fornitura esclusiva con l’obbligo di non concorrenza, vale a dire l’esclusiva reciproca in accordi di fornitura industriale, può spesso essere giustificata, in particolare al di sotto del livello di posizione dominante.

199)

Infine, «il livello della catena commerciale e la natura dei prodotti» sono fattori rilevanti per valutare la preclusione dal mercato. La preclusione anticoncorrenziale è meno probabile se il prodotto è intermedio e omogeneo. In primo luogo, un produttore che sia stato escluso e che usa un determinato input è in genere in grado di rispondere in modo più flessibile alla domanda dei clienti rispetto ad un grossista/dettagliante che deve soddisfare la domanda del consumatore finale, per il quale i marchi possono avere un significato importante. In secondo luogo, la perdita di un'eventuale fonte di approvvigionamento è meno grave per gli acquirenti esclusi quando i prodotti sono omogenei rispetto a quando un prodotto è eterogeneo, con caratteristiche e qualità differenti. Nel caso di prodotti finali di marca o di prodotti intermedi differenziati, se esistono barriere all’ingresso sul mercato, la fornitura esclusiva può causare sensibili effetti anticoncorrenziali qualora gli acquirenti concorrenti siano di dimensioni relativamente piccole rispetto all’acquirente della fornitura esclusiva, anche se quest’ultimo non ha una posizione dominante nel mercato a valle.

200)

I vantaggi di efficienza sono probabili nel caso di un problema di rinuncia all’investimento (punto 107, lettere d) ed e)), in maggiore misura per i prodotti intermedi che per quelli finali. Altri vantaggi in termini di efficienza sono meno probabili. Eventuali economie di scala a livello di distribuzione (punto 107, lettera g)) non sembrano giustificare un accordo di fornitura esclusiva.

201)

Nel caso di un problema di rinuncia all’investimento, ed ancora di più nel caso di economie di scala a livello di distribuzione, l’imposizione di vincoli quantitativi al fornitore, per esempio di un obbligo di fornitura minima, potrebbe rappresentare un’alternativa meno restrittiva.

202)

Esempio di fornitura esclusiva

Nel mercato di un determinato tipo di componenti (mercato di prodotti intermedi), il fornitore A decide, insieme all’acquirente B, di sviluppare una diversa versione del componente, sfruttando il proprio know-how ed effettuando un ingente investimento in nuovi macchinari, avvalendosi di specificazioni fornite dall’acquirente B. B dovrà effettuare ingenti investimenti per incorporare il nuovo tipo di componente. L’accordo stipula che A fornirà il nuovo prodotto solo all’acquirente B sino alla scadenza di un periodo di cinque anni a decorrere dalla data del primo ingresso nel mercato. B ha l’obbligo di comprare il nuovo prodotto solo da A per tutta la durata del periodo di cinque anni. Sia A che B possono continuare rispettivamente a vendere e a comprare le altre versioni del componente altrove. La quota di mercato dell’acquirente B nel mercato dei componenti a monte, e nel mercato di beni finali a valle, è del 40%. La quota di mercato del fornitore di componenti è del 35%. Sul mercato esistono altri due fornitori di componenti che detengono una quota di mercato del 20-25% circa, oltre ad una serie di fornitori di dimensioni più piccole.

L’accordo, a causa degli ingenti investimenti, soddisferà probabilmente le condizioni di cui all’articolo 101, paragrafo 3, alla luce dei vantaggi in termini di efficienza e del limitato effetto di preclusione che esso produce. Agli altri acquirenti viene preclusa una particolare versione del prodotto di un fornitore che detiene solo il 35% della quota di mercato ed esistono altri fornitori di componenti che potrebbero sviluppare nuovi prodotti simili. La preclusione agli altri fornitori di una parte della domanda dell’acquirente B è limitata ad una quota massima del 40% del mercato.

2.7.   Pagamenti anticipati per l’accesso

203)

I pagamenti anticipati per l’accesso sono commissioni fisse che i fornitori pagano ai distributori, nell’ambito di una relazione verticale, all’inizio di un periodo di riferimento per ottenere accesso alla loro rete di distribuzione e per remunerare i servizi forniti ai fornitori dai dettaglianti. Tale categoria comprende pratiche diverse come l’applicazione di commissioni per garantire la presenza del prodotto (56) o delle cosiddette «pay-to-stay fees» (57), i pagamenti per avere accesso alle campagne promozionali del distributore ecc. I pagamenti anticipati per l’accesso beneficiano dell’esenzione per categoria quando sia la quota di mercato del fornitore che quella dell’acquirente non superano il 30%. La presente sezione fornisce orientamenti per la valutazione dei pagamenti anticipati per l’accesso in casi individuali.

204)

I pagamenti anticipati per l’accesso possono determinare a volte una preclusione anticoncorrenziale nei confronti di altri distributori qualora tali pagamenti spingano il fornitore a portare i suoi prodotti sul mercato attraverso un unico distributore o un numero limitato di distributori. Commissioni elevate possono far sì che un fornitore voglia portare sul mercato un volume considerevole delle proprie vendite attraverso tale distributore in modo da coprire i costi delle commissioni. In questo caso, i pagamenti anticipati per l’accesso possono avere lo stesso effetto di preclusione a valle di un obbligo di fornitura esclusiva. La valutazione di tale effetto negativo viene fatta in analogia con la valutazione degli obblighi di fornitura esclusiva (in particolare punti 194-199).

205)

In via eccezionale, i pagamenti anticipati per l’accesso possono anche determinare la preclusione anticoncorrenziale nei confronti di altri fornitori se il ricorso molto diffuso ai pagamenti anticipati per l’accesso aumenta le barriere all’ingresso sul mercato di nuovi piccoli operatori. La valutazione di un eventuale effetto negativo di questo tipo è fatta in analogia con la valutazione degli obblighi di monomarchismo (in particolare punti 132-141).

206)

Oltre a provocare eventuali effetti di preclusione, i pagamenti anticipati per l’accesso possono indebolire la concorrenza e facilitare la collusione tra distributori. È probabile che i pagamenti anticipati per l’accesso aumentino il prezzo applicato dal fornitore per i prodotti oggetto del contratto, poiché il fornitore deve coprire la spesa di tali pagamenti. Prezzi di fornitura più elevati possono ridurre l’incentivo dei dettaglianti a concorrere a livello dei prezzi sul mercato a valle, mentre i profitti dei distributori aumentano grazie ai pagamenti per l’accesso. Tale riduzione della concorrenza tra distributori attraverso l’uso cumulativo di pagamenti anticipati per l’accesso richiede di norma che il mercato della distribuzione sia estremamente concentrato.

207)

Tuttavia, l’utilizzo di pagamenti anticipati per l’accesso può in molti casi contribuire ad una distribuzione efficiente dello spazio sugli scaffali per i nuovi prodotti. I distributori dispongono spesso di minori informazioni rispetto ai fornitori in merito al potenziale di successo dei nuovi prodotti da immettere sul mercato e, di conseguenza, la quantità di prodotti da tenere in magazzino può essere sub-ottimale. I pagamenti anticipati per l’accesso possono essere usati per ridurre tale asimmetria di informazioni tra i fornitori ed i distributori permettendo esplicitamente ai fornitori di competere per lo spazio sugli scaffali. Il distributore può dunque ricevere un segnale che indichi quale dei prodotti ha maggiori possibilità di successo in quanto un fornitore accetta di norma un pagamento iniziale per l’accesso se considera scarsa la probabilità di insuccesso dell’introduzione del prodotto.

208)

Inoltre, a causa dell’asimmetria di informazioni menzionata al punto 207, i fornitori possono essere incentivati ad avvantaggiarsi degli sforzi promozionali dei distributori per introdurre prodotti sub-ottimali. Se un prodotto non ha successo, i distributori pagheranno parte dei costi di tale fallimento. Il ricorso a pagamenti anticipati per l’accesso può impedire un parassitismo di questo genere, rispostando il rischio di insuccesso dei prodotti sui fornitori e contribuendo quindi ad un tasso ottimale di introduzioni di prodotti.

2.8.   Accordi di gestione per categoria

209)

Gli accordi di gestione per categoria sono accordi mediante i quali, nell’ambito di un accordo di distribuzione, il distributore affida al fornitore (il cosiddetto «capitano di categoria») la commercializzazione di una categoria di prodotti, ivi compresi, in generale, non solo i prodotti del fornitore ma anche i prodotti dei suoi concorrenti. Il capitano di categoria può pertanto avere un’influenza, ad esempio, sul posizionamento e sulla promozione dei prodotti nel punto vendita e sulla selezione dei prodotti per il punto vendita. Gli accordi di gestione per categoria beneficiano dell’esenzione per categoria quando sia la quota di mercato del fornitore che quella dell’acquirente non superano il 30%. La presente sezione fornisce orientamenti per la valutazione degli accordi di gestione per categoria in casi individuali.

210)

Anche se nella maggior parte dei casi non sono problematici, gli accordi di gestione per categoria possono a volte falsare la concorrenza tra fornitori e determinare alla fine la preclusione anticoncorrenziale nei confronti di altri fornitori se il capitano di categoria è in grado, grazie alla sua influenza sulle decisioni di commercializzazione del distributore, di limitare o danneggiare la distribuzione dei prodotti di fornitori concorrenti. Benché nella maggior parte dei casi il distributore non abbia interesse a limitare la propria scelta di prodotti, quando vende anche prodotti concorrenti con il proprio marchio (prodotti con marchio del distributore) egli può anche essere incentivato a precludere il mercato a determinati fornitori, in particolare fornitori di prodotti intermedi. La valutazione di tale effetto di preclusione a monte è fatta in analogia con la valutazione degli obblighi di monomarchismo (in particolare punti 132-141) affrontando questioni quali la copertura di mercato di tali accordi, la posizione di mercato dei fornitori concorrenti e l’eventuale uso cumulativo di tali accordi.

211)

Inoltre, gli accordi di gestione per categoria possono facilitare la collusione tra i distributori quando lo stesso fornitore agisce come capitano di categoria per tutti o per la maggior parte dei distributori che competono su un mercato ed offre a tali distributori un punto di riferimento comune per le loro decisioni di commercializzazione.

212)

La gestione per categoria può agevolare anche la collusione tra fornitori a causa delle maggiori opportunità di scambiare, attraverso i dettaglianti, informazioni di mercato delicate, come per esempio le informazioni relative alla futura fissazione dei prezzi, a piani promozionali o a campagne pubblicitarie (58).

213)

Tuttavia, l’utilizzo di accordi di gestione per categoria può anche creare vantaggi in termini di efficienza. Gli accordi di gestione per categoria possono permettere ai distributori di avere accesso alle conoscenze di marketing del fornitore per un determinato gruppo di prodotti e di realizzare economie di scala poiché garantiscono che la quantità ottimale di prodotti venga presentata sugli scaffali in modo tempestivo e diretto. Poiché la gestione per categoria si basa sulle abitudini dei clienti, gli accordi di gestione per categoria possono condurre ad una maggiore soddisfazione della clientela in quanto contribuiscono a rispondere meglio alle aspettative della domanda. In generale, quanto maggiore è la concorrenza tra marchi e quanto minori sono i costi che i consumatori devono sostenere per passare ad altri prodotti, tanto maggiori sono i vantaggi economici realizzati mediante la gestione per categoria.

2.9.   Vendita abbinata

214)

Per «vendita abbinata» si intendono le situazioni in cui i clienti che acquistano un prodotto (il prodotto principale) devono acquistare anche un altro prodotto distinto (il prodotto abbinato) dallo stesso fornitore o da qualcuno designato da quest’ultimo. La vendita abbinata può essere considerata abusiva ai sensi dell’articolo 102 del trattato (59). La vendita abbinata può anche costituire una restrizione verticale che rientra nel campo d’applicazione dell’articolo 101 se si traduce in un obbligo che rientra nella categoria «monomarchismo» (cfr. punti 129-150) riguardante il prodotto abbinato. I presenti orientamenti si applicano solo a quest’ultima fattispecie.

215)

Il fatto che i prodotti vengano considerati distinti dipende dalla domanda dei clienti. Due prodotti sono distinti se, in assenza di vendite abbinate, un numero considerevole di clienti acquisterebbe o avrebbe acquistato il prodotto principale senza comperare anche il prodotto abbinato dallo stesso fornitore, permettendo quindi una produzione autonoma sia per il prodotto principale che per il prodotto abbinato (60). La prova che due prodotti sono distinti potrebbe includere prove dirette del fatto che, se hanno la scelta, i clienti acquistano il prodotto principale e il prodotto abbinato separatamente da diverse fonti, o prove indirette, come la presenza sul mercato di imprese specializzate nella produzione o nella vendita del prodotto abbinato senza il prodotto principale (61), o prove che indicano che le imprese con scarso potere di mercato, in particolare su mercati competitivi, tendono a non abbinare o aggregare tali prodotti. Ad esempio, dato che i clienti desiderano acquistare le scarpe con i lacci e per i distributori non è fattibile mettere alle scarpe nuove lacci scelti dai clienti, è diventato parte degli usi commerciali fornire le scarpe con i lacci. La vendita di scarpe con i lacci non costituisce quindi una vendita abbinata.

216)

La vendita abbinata può produrre effetti di preclusione anticoncorrenziale nel mercato del prodotto abbinato, del prodotto principale o di entrambi al tempo stesso. Il prodursi di un effetto di preclusione dipende dalla quota delle vendite complessive sul mercato del prodotto abbinato che si trova ad essere vincolata. Per gli elementi da prendere in considerazione per stabilire la portata dell’effetto di preclusione ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, si veda l’analisi elaborata per il monomarchismo. La vendita abbinata implica almeno una certa pressione sui quantitativi esercitata sull’acquirente del prodotto abbinato. Se viene stipulato inoltre un obbligo di non concorrenza relativo al prodotto abbinato, l’eventuale effetto di preclusione sul mercato di detto prodotto si accresce. La vendita abbinata può determinare una minore concorrenza per i clienti interessati all’acquisto del prodotto abbinato ma non del prodotto principale. Se non vi è un numero sufficiente di clienti disposti ad acquistare soltanto il prodotto abbinato per sostenere i concorrenti del fornitore nel mercato abbinato, la vendita abbinata può provocare prezzi più elevati per tali clienti. Se il prodotto abbinato è un prodotto complementare importante per i clienti del prodotto principale, una diminuzione dei fornitori alternativi del prodotto abbinato - e dunque una disponibilità ridotta di tale prodotto - può rendere più difficile un ingresso limitato al mercato del prodotto principale.

217)

La vendita abbinata può anche portare direttamente a prezzi superiori al livello concorrenziale, soprattutto in tre situazioni. In primo luogo, se il prodotto principale e il prodotto abbinato possono essere utilizzati in proporzioni variabili come fattori del processo di produzione, i clienti possono reagire ad un aumento di prezzo del prodotto principale aumentando la loro domanda del prodotto abbinato riducendo la domanda del prodotto principale. Praticando una vendita abbinata dei due prodotti il fornitore può cercare di evitare questa sostituzione e di conseguenza essere in grado di aumentare i prezzi. In secondo luogo, quando la vendita abbinata consente una discriminazione di prezzo secondo l’uso che il cliente fa del prodotto principale, ad esempio l’abbinamento delle cartucce d’inchiostro alla vendita di fotocopiatrici (razionamento). In terzo luogo, quando in caso di contratti di lunga durata o di mercati secondari relativi a prodotti assemblati aventi una frequenza di sostituzione bassa, diventa difficile per gli acquirenti calcolare le conseguenze dell’abbinamento.

218)

La vendita abbinata beneficia dell’esenzione per categoria quando la quota di mercato del fornitore, sia sul mercato del prodotto abbinato che su quello del prodotto principale, e la quota di mercato dell’acquirente, sui mercati rilevanti a monte, non eccedono il 30%. Essa può essere combinata con altre restrizioni verticali non fondamentali quali un obbligo di non concorrenza o una pressione sui quantitativi del prodotto principale o l’approvvigionamento esclusivo. La presente sezione fornisce orientamenti per la valutazione delle vendite abbinate nei singoli casi che superano la soglia della quota di mercato.

219)

«La posizione di mercato del fornitore» sul mercato del prodotto principale è ovviamente di decisiva importanza per valutare i possibili effetti anticoncorrenziali. In generale questo tipo di accordo viene imposto dal fornitore. L’importanza del fornitore sul mercato del prodotto principale è la principale ragione per la quale può essere difficile per un acquirente rifiutare l’obbligo di abbinamento.

220)

La posizione di mercato dei suoi concorrenti è importante per valutare il potere di mercato del fornitore sul mercato del prodotto principale. Finché i concorrenti sono sufficientemente numerosi e forti non c’è da attendersi alcun effetto anticoncorrenziale, dato che gli acquirenti hanno sufficienti possibilità di procurarsi il prodotto principale senza quello abbinato, a meno che anche altri fornitori pratichino lo stesso abbinamento. Inoltre sono pertinenti per stabilire la posizione di mercato del fornitore anche «le barriere all’ingresso sul mercato del prodotto principale». Se la vendita abbinata è combinata con un obbligo di non concorrenza relativo al prodotto principale, la posizione del fornitore ne viene notevolmente rafforzata.

221)

«Il potere d’acquisto» è importante in quanto acquirenti forti non possono essere facilmente costretti ad accettare l’abbinamento senza beneficiare anch’essi, almeno in parte, degli eventuali vantaggi in termini di efficienza. La vendita abbinata non fondata su motivi di efficienza rischia quindi di verificarsi soprattutto quando gli acquirenti non detengono un potere d’acquisto significativo.

222)

Qualora venga riscontrata l’esistenza di sensibili effetti anticoncorrenziali, sussiste la possibilità che siano soddisfatte le condizioni di cui all’articolo 101, paragrafo 3. Obbligazioni in materia di vendite abbinate possono contribuire a migliorare l’efficienza attraverso la produzione o la distribuzione congiunta dei prodotti abbinati. Se il prodotto abbinato non è fabbricato dal fornitore, può esservi un beneficio derivante dalla possibilità per quest’ultimo di acquistare il prodotto abbinato in grandi quantitativi. Affinché la vendita abbinata soddisfi le condizioni di cui all’articolo 101, paragrafo 3, si dovrà tuttavia dimostrare che almeno una parte di tali riduzioni dei costi viene trasferita al consumatore, il che di norma non avviene se il dettagliante è in grado di ottenere con regolarità forniture dei medesimi prodotti o di prodotti equivalenti a condizioni analoghe o migliori di quelle offerte dal fornitore che applica la vendita abbinata. La vendita abbinata può produrre un beneficio anche quando contribuisce ad assicurare una certa uniformità e standardizzazione della qualità (cfr. punto 107, lettera i)). Si dovrà dimostrare, tuttavia, che gli effetti positivi non possono essere conseguiti con pari efficienza imponendo all’acquirente di utilizzare o rivendere beni che soddisfino determinati standard minimi di qualità, piuttosto che costringendolo ad acquistare tali beni dal fornitore o da un terzo designato dal fornitore. I requisiti relativi agli standard qualitativi minimi non rientrano di norma nel campo di applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1. Qualora il fornitore del prodotto principale imponga all’acquirente i fornitori presso i quali esso deve acquistare il prodotto abbinato, ad esempio perché è impossibile formulare standard qualitativi minimi, è possibile che anche tale pratica esuli dal campo di applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, in particolare se il fornitore del prodotto principale non ottiene un vantaggio (finanziario) diretto dalla designazione dei fornitori del prodotto abbinato.

2.10.   Restrizioni relative ai prezzi di rivendita

223)

Come illustrato nella sezione III.3, l’imposizione di prezzi di rivendita, ossia gli accordi o pratiche concordate volti a stabilire, direttamente o indirettamente, un prezzo di rivendita fisso o minimo o un livello di prezzo fisso o minimo che deve essere rispettato dall’acquirente, è considerata una restrizione fondamentale. Il fatto che in un accordo vengano imposti prezzi di rivendita porta a presumere che l’accordo limiti la concorrenza e rientri pertanto nel campo di applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1. Ciò porta inoltre a presumere che sia improbabile che l’accordo soddisfi le condizioni dell’articolo 101, paragrafo 3, per cui l’esenzione per categoria non si applica. Le imprese hanno tuttavia la possibilità di eccepire incrementi di efficienza ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 3, in un caso individuale. Alle imprese spetta provare che i probabili incrementi di efficienza derivano dall’inclusione nell’accordo dell’imposizione di prezzi di rivendita e dimostrare che sono soddisfatte tutte le condizioni dell’articolo 101, paragrafo 3. È quindi compito della Commissione valutare effettivamente gli eventuali effetti negativi sulla concorrenza e sui consumatori prima di decidere se le condizioni dell’articolo 101, paragrafo 3, sono soddisfatte.

224)

L’imposizione di prezzi di rivendita può limitare la concorrenza in vari modi. In primo luogo, l’imposizione di prezzi di rivendita può facilitare la collusione tra fornitori aumentando la trasparenza dei prezzi sul mercato e rendendo quindi più semplice constatare se un fornitore si discosta dall’equilibrio collusivo riducendo il suo prezzo. L’imposizione di prezzi di rivendita pregiudica inoltre l’incentivo del fornitore a ridurre il prezzo da questi applicato ai suoi distributori, in quanto il prezzo fisso di rivendita gli impedirà di trarre vantaggio dall’aumento delle vendite. Tale effetto negativo è plausibile, in particolare, se il mercato tende a risultati collusivi, ad esempio se i produttori formano un rigido oligopolio, e una parte significativa del mercato è coperta da accordi relativi all’imposizione di prezzi di rivendita. In secondo luogo, eliminando la concorrenza tra i diversi marchi a livello dei prezzi, l’imposizione di prezzi di rivendita può anche facilitare la collusione tra gli acquirenti, ossia al livello della distribuzione. I distributori forti o bene organizzati possono essere in grado di costringere o di convincere uno o più fornitori a fissare il loro prezzo di rivendita al di sopra del livello competitivo ed aiutarli quindi a raggiungere o stabilizzare un equilibrio collusivo. Tale perdita di concorrenza a livello dei prezzi sembra particolarmente problematica quando l’imposizione di prezzi di rivendita viene suggerita dagli acquirenti, dai cui interessi orizzontali collettivi si possono prevedere effetti negativi per i consumatori. In terzo luogo, l’imposizione di prezzi di rivendita può, in linea più generale, indebolire la concorrenza tra i produttori e/o tra i dettaglianti, in particolare quando i produttori utilizzano gli stessi distributori per distribuire i loro prodotti e l’imposizione di prezzi di rivendita è applicata da tutti o da molti di loro. In quarto luogo, l’effetto immediato dell’imposizione di prezzi di rivendita sarà quello di impedire a tutti o a determinati distributori di ridurre il loro prezzo di vendita per un marchio particolare. In altre parole, l’effetto diretto dell’imposizione di prezzi di rivendita è un aumento dei prezzi. In quinto luogo, l’imposizione di prezzi di rivendita può ridurre la pressione sul margine del produttore, in particolare quando il produttore ha un problema di impegni, ossia quando ha interesse a diminuire il prezzo applicato ai distributori successivi. In una tale situazione, il produttore può piuttosto privilegiare l’imposizione di prezzi di rivendita, in modo da avere un sostegno nel proprio impegno a non abbassare il prezzo per i distributori successivi e ridurre la pressione sul proprio margine. In sesto luogo, l’imposizione di prezzi di rivendita può essere attuata da un produttore che detiene un potere di mercato tale da precludere il mercato a rivali di dimensioni inferiori. Il margine maggiore che l’imposizione di prezzi di rivendita può offrire ai distributori può spingerli a favorire un marchio particolare rispetto a marchi concorrenti al momento di consigliare i clienti, anche se consigli di questo tipo non sono nell’interesse dei clienti stessi, o a non vendere affatto tali marchi concorrenti. L’imposizione di prezzi di rivendita può infine ridurre il dinamismo e l’innovazione al livello di distribuzione. Impedendo la concorrenza a livello dei prezzi tra i diversi distributori, l’imposizione di prezzi di rivendita può impedire a dettaglianti più efficienti di entrare sul mercato e/o di acquisire dimensioni sufficienti con prezzi bassi. Può inoltre impedire o ostacolare l’ingresso e l’espansione di modelli di distribuzione basati sui prezzi bassi, come i distributori di tipo «discount».

225)

Tuttavia, a volte l’imposizione di prezzi di rivendita non ha soltanto l’effetto di limitare la concorrenza ma può anche condurre, in particolare se determinata dal fornitore, a incrementi di efficienza, che verranno valutati ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 3. In particolare, quando un produttore introduce un nuovo prodotto, l’imposizione di prezzi di rivendita può essere utile, nel periodo di introduzione e di domanda in crescita, per spingere i distributori a tenere meglio in considerazione l’interesse del produttore a promuovere il prodotto. L’imposizione di prezzi di rivendita può fornire ai distributori i mezzi per aumentare gli sforzi di vendita e se i distributori in questo mercato subiscono la pressione concorrenziale questo può indurli ad ampliare la domanda complessiva del prodotto e far sì che il lancio del prodotto avvenga con successo, anche a beneficio dei consumatori (62). Analogamente, prezzi fissi di rivendita, e non semplicemente prezzi massimi di rivendita, possono essere necessari per organizzare, in un sistema di franchising o un sistema di distribuzione simile, applicando un formato di distribuzione uniforme, una campagna coordinata a breve termine di prezzi bassi (da 2 a 6 settimane nella maggior parte dei casi) che vada anche a vantaggio dei consumatori. In alcune situazioni, il margine extra fornito dall’imposizione di prezzi di rivendita può consentire ai dettaglianti di fornire servizi (aggiuntivi) pre-vendita, in particolare in caso di prodotti «d'esperienza» (la cui qualità è di difficile valutazione prima del consumo) o di prodotti complessi. Se un numero sufficiente di clienti fa ricorso a tali servizi per compiere la propria scelta ma poi acquista il prodotto ad un prezzo inferiore presso dettaglianti che non forniscono servizi di questo tipo (e dunque non sostengono i relativi costi), i dettaglianti che forniscono servizi di alto livello possono ridurre o eliminare questi servizi che aumentano la domanda del prodotto del fornitore. L’imposizione di prezzi di rivendita può evitare un fenomeno di parassitismo di questo tipo a livello della distribuzione. Le parti dovranno dimostrare in maniera convincente che si può prevedere che l’accordo relativo all’imposizione di prezzi di rivendita fornisca non solo i mezzi ma anche gli incentivi per superare un eventuale parassitismo tra dettaglianti relativamente a questi servizi e che i servizi di pre-vendita vadano nel complesso a vantaggio dei consumatori come parte della dimostrazione del rispetto di tutte le condizioni di cui all’articolo 101, paragrafo 3.

226)

La prassi di raccomandare un prezzo di rivendita a un rivenditore o di richiedere al rivenditore di rispettare un prezzo di rivendita massimo può beneficiare di un’esenzione ai sensi del regolamento di esenzione per categoria quando la quota di mercato di ciascuna delle parti dell’accordo non supera la soglia del 30%, a condizione che ciò non determini un prezzo di vendita minimo o fissato in conseguenza delle pressioni esercitate o degli incentivi offerti da una qualsiasi delle parti. La presente sezione fornisce orientamenti per la valutazione dei prezzi massimi o raccomandati al di là della quota di mercato e per i casi di revoca del beneficio dell'esenzione per categoria vengono fornite le seguenti indicazioni.

227)

I prezzi massimi e raccomandati possono costituire un rischio per la concorrenza in quanto fungeranno da punto di convergenza per i rivenditori e possono essere adottati dalla maggior parte dei rivenditori o da tutti e/o i prezzi massimi o raccomandati possono indebolire la concorrenza o facilitare la collusione tra fornitori.

228)

Un fattore importante per la valutazione dei possibili effetti contrari alla concorrenza causati dai prezzi massimi o raccomandati è la posizione di mercato del fornitore. Quanto più è forte la posizione di mercato del fornitore, tanto è maggiore il rischio che un prezzo massimo o un prezzo di rivendita raccomandato porti ad un’applicazione più o meno uniforme di tale livello di prezzo da parte dei rivenditori, perché essi possono servirsene come punto di convergenza. Può risultare difficile per i rivenditori imporre un prezzo che si discosti da quello che essi percepiscono come il prezzo di rivendita preferito da un fornitore molto importante nel mercato.

229)

Qualora venga riscontrata l’esistenza di sensibili effetti anticoncorrenziali per i prezzi di rivendita massimi o raccomandati, si pone la questione di un’eventuale esenzione ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 3. Per quanto riguarda i prezzi di rivendita massimi, l’efficienza di cui al punto 107, lettera f) (evitare la doppia marginalizzazione) può essere particolarmente rilevante. Un prezzo massimo di rivendita può inoltre contribuire a garantire che il marchio in questione competa in modo più deciso con altri marchi, compresi i prodotti con marchio proprio, distribuiti dallo stesso distributore.


(1)  Con effetto dal 1o dicembre 2009, l'articolo 81 e l'articolo 82 del trattato CE sono sostituiti rispettivamente dall'articolo 101 e dall'articolo 102 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea («TFUE»), sebbene il loro disposto rimanga sostanzialmente invariato. Ai fini della presente decisione, i riferimenti agli articoli 101 e 102 del TFUE si intendono fatti, ove necessario, agli articoli 81 e 82 del trattato CE. Il TFUE ha inoltre introdotto alcune novità terminologiche, come la sostituzione di «Comunità» con «Unione» e di «mercato comune» con «mercato interno». I presenti orientamenti si avvalgono della terminologia del TFUE.

(2)  I presenti orientamenti sostituiscono la comunicazione della Commissione «Linee direttrici sulle restrizioni verticali» (GU C 291 del 13.10.2000, pag. 1).

(3)  GU L 102 del 23.4.2010, pag. 1.

(4)  Cfr., inter alia, le sentenze della Corte di giustizia nelle cause riunite 56/64 e 58/64, Grundig-Consten/ Commissione, Racc. 1966, pag. 299, e nella causa 56/65, Technique Minière/ Maschinenbau Ulm, Racc. 1966, pag. 235, e la sentenza del Tribunale nella causa T-77/92, Parker Pen/ Commissione, Racc. 1994, pag. II-549.

(5)  Cfr. la comunicazione della Commissione «Linee direttrici sull’applicazione dell’articolo 81, paragrafo 3, del trattato» (GU C 101 del 27.4.2004, pag. 97), per quanto riguarda la metodologia generale della Commissione e l’interpretazione delle condizioni di applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1 e, in particolare, dell’articolo 101, paragrafo 3.

(6)  GU C 368 del 22.12.2001, pag. 13.

(7)  Per gli accordi conclusi tra imprese concorrenti la soglia della quota di mercato de minimis è pari al 10% per la loro quota di mercato collettiva su ciascuno dei mercati rilevanti interessati.

(8)  Cfr. la sentenza del Tribunale nella causa T-7/93, Langnese-Iglo/ Commissione, Racc. 1995, pag. II-1533, punto 98.

(9)  Cfr. le sentenze della Corte di giustizia nella causa 5/69, Völk/ Vervaeke, Racc. 1969, pag. 295, nella causa 1/71, Cadillon/ Höss, Racc. 1971, pag. 351, e nella causa C-306/96, Javico/ Yves Saint Laurent, Racc. 1998, pag. I-1983, punti 16 e 17.

(10)  GU L 124 del 20.5.2003, pag. 36.

(11)  Cfr. la sentenza del Tribunale nella causa T-325/01, Daimler Chrysler/ Commissione, Racc. 2005, pag. II-3319; la sentenza della Corte di giustizia nella causa C-217/05, Confederación Española de Empresarios de Estaciones de Servicio/ CEPSA, Racc. 2006, pag. I-11987; e la sentenza della Corte di giustizia nella causa C-279/06, CEPSA Estaciones de Servicio SA/ LV Tobar e Hijos SL, Racc. 2008, pag. I-6681.

(12)  GU C 1 del 3.1.1979, pag. 2.

(13)  Cfr. punto 3 della comunicazione sulla subfornitura.

(14)  Sentenza della Corte di giustizia nella causa C-74/04 P, Commissione/ Volkswagen AG, Racc. 2006, pag. I-6585.

(15)  Sentenza del Tribunale nella causa T-41/96, Bayer AG/ Commissione, Racc. 2000, pag. II-3383.

(16)  GU L 203 dell'1.8.2002, pag. 30.

(17)  GU C 3 del 6.1.2001, pag. 2. È prevista a breve una revisione di tali linee direttrici.

(18)  Cfr. la comunicazione della Commissione sulla definizione del mercato rilevante ai fini dell’applicazione del diritto comunitario in materia di concorrenza (GU C 372 del 9.12.1997, pag. 5), punti 20-24, la tredicesima relazione sulla politica di concorrenza della Commissione, punto 55, e la decisione 90/410/CEE della Commissione sul caso IV/32.009, Elopak/ Metal Box-Odin (GU L 209 dell’8.8.1990, pag. 15).

(19)  Cfr. punto 27.

(20)  Cfr. la comunicazione relativa alla valutazione dei contratti di subfornitura di cui al punto 22.

(21)  I punti 43-45 si applicano per analogia ad altri tipi di accordi di distribuzione che comportano il trasferimento di un know-how sostanziale dal fornitore all’acquirente.

(22)  GU L 123 del 27.4.2004, pag. 11.

(23)  Cfr. punto 25.

(24)  GU L 304 del 5.12.2000, pag. 3.

(25)  GU L 304 del 5.12.2000, pag. 7.

(26)  Il presente elenco di restrizioni fondamentali si applica agli accordi verticali relativi agli scambi all’interno dell'Unione. Nella misura in cui gli accordi verticali riguardano le esportazioni all’esterno dell'Unione o le importazioni/reimportazioni dall’esterno dell'Unione, si veda la sentenza della Corte di giustizia nella causa C-306/96, Javico/ Yves Saint Laurent, Racc. 1998, pag. I-1983. In tale sentenza, al punto 20, la Corte di giustizia ha statuito che «un accordo che comporti l'impegno assunto dal rivenditore nei confronti del produttore, di destinare la commercializzazione dei prodotti contrattuali ad un mercato che si trovi al di fuori del territorio della Comunità, non può essere considerato come un accordo che abbia per scopo di limitare in maniera considerevole la concorrenza all'interno del mercato comune e sia per sua stessa natura idoneo a pregiudicare il commercio tra gli Stati membri».

(27)  Cfr., in particolare, i punti 106-109 che descrivono in linea generale eventuali efficienze relative alle restrizioni verticali e la sezione VI.2.10 sulle restrizioni relative ai prezzi di rivendita. Per indicazioni generali in merito cfr. la comunicazione della Commissione «Linee direttrici sull’applicazione dell’articolo 81, paragrafo 3, del trattato» (GU C 101 del 27.4.2004, pag. 97).

(28)  A livello giuridico si tratta tuttavia di due fasi distinte che possono in pratica essere un processo iterativo in cui le parti e la Commissione integrano e migliorano le rispettive argomentazioni in diverse fasi.

(29)  Cfr. ad esempio la decisione 91/562/CEE della Commissione sul caso IV/32.737, Eirpage (GU L 306 del 7.11.1991, pag. 22), in particolare il considerando 6.

(30)  Se il fornitore decide di non rimborsare i propri distributori per i servizi prestati in base alla garanzia valida sull’intero territorio dell’UE, può essere concordato con questi che, qualora un distributore effettui una vendita al di fuori del territorio che gli è attribuito, egli dovrà pagare al distributore designato per il territorio di destinazione una commissione basata sul costo dei servizi eseguiti/da eseguire comprendente un margine di profitto ragionevole. Tale tipo di sistema può non essere considerato una restrizione delle vendite dei distributori al di fuori del loro territorio (cfr. la sentenza del del Tribunale nella causa T-67/01, JCB Service/ Commissione, Racc. 2004, pag. II-49, punti 136-145).

(31)  Cfr. il punto 18 della comunicazione della Commissione - Linee direttrici sull’applicazione dell’articolo 81, paragrafo 3, del trattato (GU C 101 del 27.4.2004, pag. 97).

(32)  Un esempio di misure indirette aventi simili effetti di esclusione si può ritrovare nella decisione 92/428/CEE della Commissione sul caso IV/33.542, Parfums Givenchy (GU L 236 del 19.8.1992, pag. 11).

(33)  Sentenza della Corte di giustizia nella causa C-234/89 del 28 febbraio 1991, Stergios Delimitis/ Henninger Bräu AG, Racc. 1991, pag. I-935.

(34)  GU 36 del 6.3.1965, pag. 533/65.

(35)  GU L 372 del 9.12.1997, pag. 5.

(36)  Cfr. ad esempio la decisione della Commissione sul caso Pelikan/ Kyocera (1995), COM(96) 126 (non pubblicata), punto 87, e la decisione della Commissione 91/595/CEE sul caso IV/M.12, Varta/ Bosch (GU L 320 del 22.11.1991, pag. 26), la decisione sul caso IV/M.1094, Caterpillar/ Perkins Engines (GU C 94 del 28.3.1998, pag. 23) e la decisione sul caso IV/M.768, Lucas/ Varity (GU C 266 del 13.9.1996, pag. 6). Cfr. anche il punto 56 della comunicazione della Commissione sulla definizione del mercato rilevante ai fini dell’applicazione del diritto comunitario in materia di concorrenza (cfr. punto 86).

(37)  Ai fini della definizione del mercato e del calcolo della quota di mercato non è rilevante il fatto che il distributore integrato venda o meno anche prodotti di concorrenti.

(38)  GU L 1 del 4.1.2003, pag. 1.

(39)  Cfr. la sezione II.1.

(40)  Per collusione si intende sia la collusione esplicita sia la collusione tacita (comportamento parallelo consapevole).

(41)  Se i consumatori beneficino effettivamente degli sforzi promozionali aggiuntivi dipende dal fatto che la promozione aggiuntiva informi e convinca, e dunque vada a vantaggio di molti nuovi clienti, o che raggiunga principalmente clienti che già sanno cosa vogliono comprare e per i quali la promozione aggiuntiva implica soltanto o principalmente un aumento di prezzo.

(42)  Cfr. tuttavia la nota precedente.

(43)  Tali fasi non intendono presentare un ragionamento giuridico che la Commissione dovrebbe seguire in quest’ordine per prendere una decisione.

(44)  Cfr. la decisione 97/26/CE della Commissione sul caso IV/M.619, Gencor/ Lonhro (GU L 11 del 14.1.1997, pag. 30).

(45)  Cfr. la comunicazione della Commissione «Linee direttrici sull’applicazione dell’articolo 81, paragrafo 3, del trattato» (GU C 101 del 27.4.2004, pag. 97).

(46)  Cfr. la sentenza della Corte di giustizia nelle cause riunite 25/84 e 26/84, Ford, Racc. 1985, pag. 2725.

(47)  Cfr. a tale riguardo, ad esempio, la decisione 1999/242/CE della Commissione (caso n. IV/36.237-TPS), (GU L 90 del 2.4.1999, pag. 6). Analogamente, anche il divieto di cui all’articolo 101, paragrafo 1, si applica solo fintantoché l’accordo ha per oggetto o per effetto una restrizione della concorrenza.

(48)  Cfr. punto 85 degli orientamenti sull’applicazione dell’articolo 81, paragrafo 3, del trattato, citate alla nota 4.

(49)  Cfr. la sentenza della Corte di giustizia nelle cause riunite C-395/96 P e C-396/96 P, Compagnie Marittime Belge, Racc. 2000, pag. I-1365, punto 130. Analogamente, l’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 3, non pregiudica l’applicazione delle norme del trattato in materia di libera circolazione delle merci, dei servizi, delle persone e dei capitali. Tali disposizioni trovano applicazione, in talune circostanze, in relazione agli accordi, alle decisioni e alle pratiche concordate ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1; cfr. a tale proposito causa C-309/99, Wouters, Racc. 2002, pag. I-1577, punto 120.

(50)  Cfr. a questo riguardo, la sentenza della Corte di giustizia nella causa T-51/89, Tetra Pak (I), Racc. 1990, pag. II-309. Cfr. inoltre il punto 106 della comunicazione della Commissione «Linee direttrici sull’applicazione dell’articolo 81, paragrafo 3, del trattato» (GU C 101 del 27.4.2004, pag. 97).

(51)  Sentenza del Tribunale nella causa T-65/98, Van den Bergh Foods/ Commissione, Racc. 2003, pag. II-4653, punti 104 e 156.

(52)  Cfr. ad esempio la sentenza del Tribunale nella causa T-88/92, Groupement d’achat Edouard Leclerc/ Commissione, Racc. 1996, pag. II-1961.

(53)  Cfr. sentenze della Corte di giustizia nelle cause C-31/80, L’Oréal/ PVBA, Racc. 1980, pag. 3775, punti 15 e 16, C-26/76, Metro I, Racc. 1977, pag. 1875, punti 20 e 21, C-107/82, AEG, Racc. 1983, pag. 3151, punto 35, e la sentenza del Tribunale nella causa T-19/91, Vichy/ Commissione, Racc. 1992, pag. II-415, punto 65.

(54)  Cfr. ad esempio la sentenza del Tribunale nella causa T-19/92, Groupement d'achat Edouard Leclerc/ Commissione, Racc. 1996, pag. II-1851, punti 112-123; la causa T-88/92 Groupement d'achat Edouard Leclerc/ Commissione, Racc. 1996, pag. II-1961, punti 106-117, e la giurisprudenza di cui alla nota precedente.

(55)  Cfr. anche punti 86-95, in particolare punto 92.

(56)  Commissioni fisse che i produttori pagano ai dettaglianti per avere accesso al loro spazio sugli scaffali.

(57)  Pagamenti forfetari effettuati per garantire la presenza continuata di un prodotto esistente sugli scaffali per un ulteriore periodo di tempo.

(58)  Lo scambio diretto di informazioni tra concorrenti non rientra nel campo di applicazione del regolamento di esenzione per categoria, cfr. l’articolo 2, paragrafo 4, di detto regolamento e i punti 27 e 28 dei presenti orientamenti.

(59)  Sentenza della Corte di giustizia nella causa C-333/94 P, Tetrapak/ Commissione, Racc. 1996, pag. I-5951, punto 37. Cfr. anche la comunicazione della Commissione «Orientamenti sulle priorità della Commissione nell’applicazione dell’articolo 82 del trattato CE al comportamento abusivo delle imprese dominanti volto all’esclusione dei concorrenti» (GU C 45 del 24.2.2009, pag. 7).

(60)  Sentenza del Tribunale nella causa T-201/04, Microsoft/ Commissione, Racc. 2007, pag. II-3601, punti 917, 921 e 922.

(61)  Sentenza del Tribunale nella causa T-30/89, Hilti/ Commissione, Racc. 1991, pag. II-1439, punto 67.

(62)  Sulla base del presupposto che non sia semplice per il fornitore imporre per contratto a tutti gli acquirenti requisiti effettivi in materia di promozione; cfr. anche punto 107, lettera a).


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