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Document 52010DC0802

    RELAZIONE DELLA COMMISSIONE AL PARLAMENTO EUROPEO, AL CONSIGLIO, AL COMITATO ECONOMICO E SOCIALE E AL COMITATO DELLE REGIONI sull'applicazione da parte degli Stati membri della direttiva 2003/88/CE ("Direttiva sull'orario di lavoro")

    /* COM/2010/0802 def. */

    52010DC0802

    RELAZIONE DELLA COMMISSIONE AL PARLAMENTO EUROPEO, AL CONSIGLIO, AL COMITATO ECONOMICO E SOCIALE E AL COMITATO DELLE REGIONI sull'applicazione da parte degli Stati membri della direttiva 2003/88/CE ("Direttiva sull'orario di lavoro") /* COM/2010/0802 def. */


    [pic] | COMMISSIONE EUROPEA |

    Bruxelles, 21.12.2010

    COM(2010) 802 definitivo

    RELAZIONE DELLA COMMISSIONE AL PARLAMENTO EUROPEO, AL CONSIGLIO, AL COMITATO ECONOMICO E SOCIALE E AL COMITATO DELLE REGIONI

    sull'a pplicazione da parte degli Stati membri della direttiva 2003/88/CE ("Direttiva sull'orario di lavoro")

    {SEC(2010) 1611 definitivo}

    RELAZIONE DELLA COMMISSIONE AL PARLAMENTO EUROPEO, AL CONSIGLIO, AL COMITATO ECONOMICO E SOCIALE E AL COMITATO DELLE REGIONI

    sull'a pplicazione da parte degli Stati membri della direttiva 2003/88/CE ("Direttiva sull'orario di lavoro")

    1. Introduzione

    La presente relazione esamina l'applicazione, da parte degli Stati membri, della direttiva 2003/88/CE[1] sull'orario di lavoro (in appresso "la direttiva") come disposto all'articolo 24 della stessa. Essa ricorda gli obiettivi e le disposizioni essenziali della direttiva e presenta i risultati principali dell'analisi svolta dalla Commissione sulla sua applicazione da parte degli Stati membri ed è corredata del documento di lavoro dei servizi della Commissione allegato, che presenta in maggiore dettaglio i risultati dell'analisi.

    Obiettivo della presente relazione è di tracciare un quadro d'insieme dell'applicazione della direttiva da parte degli Stati membri e di evidenziare i principali problemi. Essa non può fornire un resoconto completo ed esaustivo di tutti i provvedimenti nazionali di recepimento[2].

    2. Obiettivo e DISPOSIZIONI DELLA DIRETTIVA

    La direttiva è stata adottata dal Parlamento europeo e dal Consiglio conformemente all'articolo 137, paragrafo 2, del trattato CE (attualmente articolo 153, paragrafo 2, del TFUE).

    Lo scopo principale della direttiva è di stabilire prescrizioni minime di sicurezza e di salute in materia di organizzazione dell'orario di lavoro. Numerosi studi[3] dimostrano che orari di lavoro lunghi e un riposo insufficiente (specialmente per periodi di tempo protratti) possono avere effetti dannosi (un'incidenza più elevata di incidenti ed errori, maggiore stress e fatica, rischi per la salute a breve e a lungo termine).

    La Corte di giustizia ha ritenuto che le disposizioni della direttiva riguardanti l'orario di lavoro massimo, le ferie annuali retribuite e i periodi minimi di riposo " costituiscono norme della normativa sociale comunitaria che rivestono importanza particolare e di cui ogni lavoratore deve poter beneficiare"[4] .

    Analogamente, la Carta dei diritti fondamentali[5] sancisce, all'articolo 31, paragrafo 2, che:

    "Ogni lavoratore ha diritto a una limitazione della durata massima del lavoro, a periodi di riposo giornalieri e settimanali e a ferie annuali retribuite."

    La direttiva stabilisce prescrizioni minime comuni per i lavoratori in tutti gli Stati membri, che comprendono:

    - limiti all'orario di lavoro (non oltre 48 ore di lavoro settimanale medie, comprese le ore di straordinario)

    - periodi minimi di riposo giornaliero e settimanale (almeno 11 ore consecutive di riposo giornaliero e 35 ore di riposo settimanale ininterrotto)

    - ferie annuali retribuite (almeno 4 settimane all'anno)

    - una protezione supplementare per i lavoratori notturni

    La direttiva prevede altresì una certa flessibilità nell'organizzazione dell'orario di lavoro. Il periodo minimo di riposo può essere rinviato, in toto o in parte, in alcune attività. I singoli lavoratori possono scegliere di lavorare un numero di ore superiore al limite di 48 ore (clausola di non partecipazione o "opt-out"). Gli accordi collettivi possono prevedere un certo grado di flessibilità nell'organizzazione dell'orario di lavoro, ad esempio autorizzando che la media dell'orario di lavoro settimanale sia calcolata su periodi fino a 12 mesi.

    3. Analisi dell'applicazione negli Stati membri

    Nel 2008 la Commissione ha avviato un'analisi a tutto tondo dell'applicazione della direttiva da parte di tutti gli Stati membri, basandosi sulle relazioni nazionali (tenuto conto anche del parere delle parti sociali a livello nazionale), sulle relazioni delle parti sociali a livello europeo e sulle informazioni di cui disponeva da altre fonti, quali le relazioni di esperti indipendenti. I principali risultati di portata generale sono riassunti ai punti da 3.1 a 3.9. I punti sono strettamente connessi, cosa di cui dovrà tener conto un'eventuale valutazione della conformità con la direttiva.

    3.1. Limit azione dell'orario di lavoro

    A norma della direttiva, l'orario di lavoro settimanale medio (comprese le ore di straordinario) non può superare le 48 ore. In generale questo limite è stato adeguatamente recepito; numerosi Stati membri prevedono norme più protettive.

    Tuttavia, in virtù della legislazione settoriale, in Austria i medici possono essere tenuti a lavorare una media di 60 ore settimanali, senza che sia richiesto il loro previo consenso. In Francia , la scarsa chiarezza delle disposizioni in materia di durata dell'orario di lavoro dei medici sembra aver determinato una prassi in cui l'orario normale di lavoro dei medici negli ospedali pubblici può già superare il limite di 48 ore stabilito dalla direttiva. L 'Ungheria autorizza un orario di lavoro settimanale medio compreso tra le 60 e le 72 ore, previo accordo delle parti interessate, per i cosiddetti "servizi di guardia": non è chiaro se questi contratti possano rientrare nella deroga dell'opt-out. Inoltre, in diversi Stati membri l'applicazione delle norme relative all'orario del servizio di guardia, ai medici in formazione o ai lavoratori del settore pubblico solleva alcuni interrogativi circa il rispetto della durata massima dell'orario di lavoro.

    La direttiva prevede che, ai fini del calcolo delle limitazioni all'orario settimanale di lavoro, le ore lavorate siano tradotte in un valore medio per un "periodo di riferimento". Ciò consente che in alcune settimane l'orario sia più lungo, purché in altre settimane l'orario sia ridotto corrispondentemente. Di norma il periodo di riferimento non deve superare i quattro mesi; tuttavia può essere esteso per legge a non oltre sei mesi in alcune attività e, mediante la contrattazione collettiva, a non più di dodici mesi in qualsiasi attività.

    In generale il periodo di riferimento è stato applicato in maniera soddisfacente negli Stati membri e in alcuni di essi sono state recentemente apportate sostanziali modifiche intese a migliorare la conformità. Tuttavia, alcuni Stati membri non ottemperano ancora pienamente alla direttiva. La Bulgaria e la Germania consentono un periodo di riferimento di sei mesi per tutte le attività. Germania , Ungheria , Polonia e Spagna autorizzano un periodo di riferimento di 12 mesi, senza contrattazione collettiva.

    3.2. Servizio di guardia

    Il servizio di guarda si riferisce a periodi in cui il lavoratore deve rimanere sul luogo di lavoro, pronto a svolgere i suoi compiti qualora gli venga richiesto. Secondo la giurisprudenza della Corte di giustizia[6], qualsiasi servizio di guardia sul posto di lavoro dev'essere considerato pienamente equivalente ad un periodo di lavoro ai sensi della direttiva.

    Questo principio vale sia per i periodi in cui il lavoratore sta lavorando in risposta ad una chiamata (servizio di guardia "attivo"), che per i periodi in cui il lavoratore può riposare in attesa di una chiamata (servizio di guardia "inattivo"), purché rimanga sul luogo di lavoro.

    L'analisi rivela che alcuni Stati membri hanno notevolmente modificato la loro legislazione o la loro prassi per allinearla a quanto prescritto dalle decisioni della Corte di giustizia: si tratta della Repubblica ceca , della Francia , della Germania, dell' Ungheria , dei Paesi Bassi , della Polonia (per alcuni settori), della Slovacchia e del Regno Unito . In undici Stati membri, i cambiamenti introdotti comprendono la possibilità dell'opt-out (cfr. punto 3.7).

    Allo stato attuale e sulla base delle informazioni disponibili, il servizio di guardia sul luogo di lavoro è considerato pienamente equivalente ad un periodo di lavoro a norma della legislazione nazionale in nove Stati membri: Cipro, Repubblica ceca, Estonia, Italia, Lettonia, Lituania, Malta, Paesi Bassi e Regno Unito .

    Si tratta della posizione adottata in generale in Austria e in Ungheria, con alcune eccezioni relative ad alcuni settori. Inoltre, in Spagna e in Slovacchia il servizio di guardia sul luogo di lavoro è considerato pienamente equivalente ad un periodo di lavoro secondo il codice del lavoro per quanto riguarda il settore privato (ma non per il settore pubblico nel suo insieme). Il servizio di guardia sul luogo di lavoro nel contesto specifico del settore della sanità pubblica è attualmente considerato equivalente ad un periodo di lavoro in Francia, Polonia, Slovacchia e Spagna .

    Risulta altresì chiaramente che in un numero significativo di Stati membri il servizio di guardia sul luogo di lavoro non è ancora considerato pienamente equivalente ad un periodo di lavoro, come invece prescritto dalla giurisprudenza della Corte:

    - non vi è il requisito giuridico né la prassi di considerare il servizio di guardia "attivo" come un periodo di lavoro in Irlanda (di norma) e in Grecia (medici del servizio sanitario pubblico);

    - il servizio di guardia "inattivo" sul luogo di lavoro non viene generalmente considerato pienamente equivalente ad un periodo di lavoro dalla legislazione nazionale applicabile o dai contratti collettivi in Danimarca , in Grecia e in Irlanda ; altrettanto avviene in Polonia (tranne in specifici settori)[7]. Esso non è considerato come equivalente ad un periodo di lavoro, in virtù di specifiche regole settoriali , in Grecia (medici del settore pubblico), Slovenia (forze armate, polizia, istituti penitenziari, giudici, pubblici ministeri) e in Spagna (Guardia Civil);

    - in Belgio , Finlandia e Svezia , la normativa nazionale in generale considera il servizio di guardia inattivo come equivalente ad un periodo di lavoro, ma ha consentito deroghe da questo principio mediante i contratti collettivi, che in molti casi non sono conformi alle decisioni della Corte. In Francia , i contratti collettivi settoriali spesso prevedono l'applicazione della " équivalence " (vale a dire che il servizio di guardia inattivo sul luogo di lavoro viene contabilizzato solo in parte). Le autorità francesi hanno sollecitato le parti sociali a riesaminare i contratti, ma non è chiaro se questi siano pienamente conformi;

    - la conformità in materia di servizio di guardia rimane da chiarire in Bulgaria e Romania (in generale), in Slovenia (tranne comparti del servizio pubblico già menzionati) e in Spagna (servizio pubblico, polizia, vigili del fuoco).

    3.3. Riposo compensativo

    Le prescrizioni essenziali della direttiva in materia di periodi minimi di riposo giornaliero e settimanale e di periodo di pausa durante la giornata di lavoro sono stati generalmente recepiti in maniera soddisfacente.

    Le principali difficoltà riguardano piuttosto l'uso delle deroghe, che consentono di rinviare o di abbreviare il tempo di riposo minimo, ma solo a condizione che il lavoratore benefici successivamente di un periodo di riposo supplementare di durata equivalente, a titolo di compensazione del mancato riposo ("periodo di riposo compensativo equivalente"). Le norme in vigore non prevedono la possibilità di saltare completamente i periodi di riposo, tranne in casi eccezionali in cui la concessione di un riposo compensativo equivalente sia oggettivamente impossibile, o in cui il lavoratore abbia beneficiato di un'adeguata protezione alternativa. Inoltre, la sentenza Jaeger stabilisce che il riposo compensativo dev'essere concesso quanto prima, nel periodo immediatamente successivo a quello in cui il riposo non è stato fruito.

    In diversi Stati membri, le deroghe sono state utilizzate in un modo che va al di là di quanto consentito dalle regole. Si pongono tre problemi fondamentali:

    - Esclusione di determinati lavoratori dal diritto ai periodi di riposo : il problema riguarda settori specifici in Belgio (collegi scolastici, forze armate), in Grecia (medici del settore pubblico) e in Ungheria (lavoratori occasionali, scuole pubbliche, forze armate). Più in generale, il problema riguarda determinati lavoratori in Austria (compresi i lavoratori degli istituti sanitari e delle strutture di assistenza residenziale) e in Lettonia .

    - Autorizzazione di deroghe che non prevedono la concessione del riposo compensativo equivalente : Belgio, Bulgaria, Estonia, Ungheria e Lettonia autorizzano simili deroghe in un'ampia serie di attività o di settori. La Germania (solo mediante i contratti collettivi) e la Romania le autorizzano rispettivamente per il servizio di guardia e per i servizi sanitari. Il Portogallo le autorizza per il settore pubblico.

    - Ritardi nella concessione del periodo di riposo compensativo , in contrasto con la sentenza Jaeger : in nove Stati membri non risulta che sia in vigore una norma generale giuridicamente vincolante per quanto riguarda i tempi di fruizione del riposo compensativo. Si tratta di: Austria (per quanto riguarda il riposo settimanale), Cipro, Danimarca, Francia, Grecia, Irlanda, Italia, Lussemburgo e Malta. In Belgio , Germania e Lettonia , non vi è una norma giuridicamente vincolante in settori importanti o situazioni particolari.In Austria (per quanto riguarda il riposo giornaliero), Belgio (settore pubblico), Danimarca (nell'ambito di alcuni contratti collettivi), Finlandia, Ungheria, Polonia (per alcuni settori), Portogallo (settore pubblico), Slovacchia, Slovenia e Spagna , il riposo compensativo dev'essere fruito entro un termine determinato, che tuttavia può superare notevolmente quello prescritto nella sentenza Jaeger .

    3.4. Medici in formazione

    I medici in formazione rientrano nelle disposizioni della direttiva sull'orario di lavoro, a seguito di una direttiva modificativa del 2000[8]. Questa direttiva ha consentito di introdurre in maniera assai progressiva fino al 31 luglio 2009 il limite di 48 ore all'orario di lavoro settimanale medio per questi lavoratori.

    Questo cambiamento ha evidentemente comportato notevoli miglioramenti nella tutela della salute e della sicurezza in alcuni Stati membri in cui non si applicavano periodi minimi di riposo né limitazioni all'orario di lavoro dei medici in formazione. Tuttavia, il quadro generale non è ancora soddisfacente.

    La Grecia ha sospeso il recepimento per questo gruppo; di conseguenza, i medici in formazione possono essere tuttora obbligati a saltare i periodi minimi di riposo e a fare orari di lavoro assolutamente eccessivi (tra le 66 e le 80 ore settimanali in media). In Irlanda la normativa di recepimento non viene applicata, cosicché un numero piuttosto elevato di medici in formazione lavora tuttora oltre 60 ore alla settimana in media e alcuni lavorano oltre 90 ore in una singola settimana, senza beneficiare di riposi giornalieri minimi. Il Belgio non aveva recepito la direttiva per i medici in formazione, che lavoravano fino a 79 ore settimanali in media, ma sta attualmente legiferando a tal fine[9]. In Francia , non risulta che la normativa nazionale relativa ai medici in formazione abbia ancora fissato un tetto effettivo al loro orario di lavoro.

    3.5. Lavoratori del settore pubblico

    La direttiva si applica anche al settore pubblico. Essa prevede un'eccezione limitata ad alcune attività del servizio pubblico, come le forze armate, le forze di polizia e alcune attività dei servizi di protezione civile. Tuttavia, la Corte di giustizia ha ritenuto che questa deroga dovesse essere limitata a circostanze eccezionali, quali catastrofi naturali o tecnologiche, attentati o incidenti gravi, e che le attività di tali lavoratori in condizioni normali debbano essere disciplinate dalla direttiva[10].

    In generale, gli Stati membri hanno recepito la direttiva per il settore pubblico. Tuttavia, alcuni Stati membri non l'hanno recepita per quanto riguarda determinati gruppi di lavoratori.

    La direttiva non è stata recepita a Cipro, in Irlanda e in Italia per quanto riguarda le forze armate e le forze di polizia. In Spagna , la direttiva non è stata recepita per le forze di polizia (Guardia Civil) e non risulta esser stata recepita per la maggior parte degli altri lavoratori del settore pubblico, compresi i servizi di protezione civile. In Italia non è stata recepita per i servizi di emergenza; inoltre le deroghe previste per i medici dei servizi sanitari pubblici, per il personale dei tribunali e dei penitenziari, nonché l'esclusione degli impiegati delle biblioteche, dei musei e dei siti archeologici dello Stato, sembrano andare oltre quanto consentito dalla direttiva. In Grecia la direttiva non è stata recepita per i medici del settore pubblico.

    3.6. Lavoratori con più di un contratto di lavoro

    La direttiva non specifica in che modo debbano essere applicati i limiti all'orario di lavoro nel caso di lavoratori che operano contemporaneamente nel quadro di due o più rapporti di lavoro. Non è chiaro se i limiti debbano essere rispettati "per lavoratore" (sommando le ore lavorate per tutti i datori di lavoro concomitanti) oppure "per contratto" (applicando i limiti separatamente per ciascun rapporto di lavoro).

    Al riguardo, la prassi negli Stati membri varia notevolmente. Quattordici Stati membri applicano i limiti della direttiva per lavoratore. Viceversa, undici Stati membri li applicano per contratto. Si tratta di: Repubblica ceca, Danimarca, Ungheria[11], Lettonia, Malta, Polonia, Portogallo, Romania, Slovacchia, Spagna e Svezia . Belgio e Finlandia adottano una posizione intermedia.

    La Commissione ha già dichiarato che, per quanto possibile, la direttiva dev'essere applicata per lavoratore[12]. Tenuto conto dell'obiettivo di tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori, gli Stati membri dovrebbero porre in essere meccanismi atti a verificare e garantire il rispetto delle disposizioni, soprattutto nel caso di contratti concomitanti con il medesimo datore di lavoro.

    3.7. L'opzione di non partecipazione ("opt-out")

    Per quanto riguarda l'opt-out, il quadro è cambiato significativamente negli ultimi anni. Nel 2000 il Regno Unito era l'unico Stato membro che utilizzava l'opt-out. Attualmente gli Stati membri che lo utilizzano sono sedici, di cui uno sta legiferando allo scopo di introdurlo.

    Undici Stati membri riferiscono di non aver consentito il ricorso all'opt-out nella loro normativa di recepimento: Austria , Danimarca, Finlandia, Grecia, Irlanda, Italia, Lituania, Lussemburgo, Portogallo, Romania e Svezia.

    Va osservato che l'utilizzazione dell'opt-out varia considerevolmente. Cinque Stati membri ( Bulgaria, Cipro, Estonia, Malta e Regno Unito ) ne consentono l'utilizzazione, a prescindere dal settore. Undici Stati membri ( Belgio, Repubblica ceca, Francia[13], Germania, Ungheria, Lettonia, Paesi Bassi, Polonia, Slovacchia, Slovenia e Spagna ) consentono (o stanno introducendo) un uso più limitato di tale opzione, ristretto a specifici settori o ad occupazioni che comportano il ricorso massiccio al servizio di guardia.

    Vi sono inoltre notevoli variazioni nelle condizioni di protezione connesse all'opt-out. Ad esempio, alcuni Stati membri fissano limiti all'orario settimanale medio dei lavoratori che si avvalgono dell'opt-out (si va dalle 51 ore in Spagna alle 72 ore, incluso il servizio di guardia, in Ungheria ), mentre sette Stati membri non prevedono un limite definito per questi lavoratori. Due Stati membri ( Germania e Paesi Bassi ) richiedono un accordo collettivo unitamente all'assenso del lavoratore interessato affinché l'opt-out sia valido. Soltanto tre Stati membri ( Germania, Lettonia e Malta ) menzionano espressamente l'obbligo per il datore di lavoro di registrare le ore di lavoro dei lavoratori che utilizzano l'opt-out e soltanto due ( Repubblica ceca e Slovacchia ) menzionano l'obbligo per il datore di lavoro di avvisare l'ispettorato del lavoro dell'utilizzazione dell'opt-out. Inoltre, la Germania stabilisce misure specifiche per tener conto della salute e della sicurezza, mentre i Paesi Bassi esigono che le parti sociali valutino preliminarmente se il ricorso all'opt-out può essere evitato organizzando il lavoro in maniera diversa.

    L'opt-out opzione è stato introdotto molto di recente in numerosi Stati membri. Tuttavia, la Commissione non è in grado di valutare pienamente il suo funzionamento, poiché le relazioni degli Stati membri non forniscono informazioni adeguate sul numero di ore effettivamente lavorate dai lavoratori che ricorrono all'opt-out, né per quale periodo di tempo. La maggior parte degli Stati membri non sembra prevedere alcun controllo o registrazione dell'orario di lavoro di chi fa uso dell'opt-out. Questa situazione priva i responsabili politici, gli Stati membri, cui incombe la responsabilità principale di far rispettare la legislazione dell'UE, e la Commissione, quale custode dei trattati, delle informazioni fondamentali necessarie per esaminare in che misura i lavoratori interessati dall'opt-out (ma anche i colleghi di lavoro o i clienti) siano esposti a rischi dovuti ad un orario di lavoro eccessivo.

    Inoltre vi sono segnali preoccupanti riguardo al fatto che, in alcuni Stati membri, gli obiettivi in termini di salute e sicurezza della direttiva non sono rispettati e che il requisito del consenso preliminare volontario del lavorare di scegliere questa opzione non è correttamente applicato.

    3.8. Congedo annuale

    In generale, il diritto alle ferie annuali retribuite di cui all'articolo 7 risulta recepito in maniera soddisfacente. I principali problemi riguardano i periodi di attesa e il decadimento del diritto alle ferie annuali retribuite.

    In alcuni Stati membri, la legislazione nazionale può obbligare il lavoratore ad aspettare fino a un anno prima di poter effettivamente usufruire delle ferie annuali retribuite. Inoltre, in alcuni Stati membri, il diritto alle ferie annuali retribuite conferito dalla direttiva viene perso alla fine dell'anno di maturazione o di un periodo di riporto, anche se il lavoratore non ha avuto la possibilità di prendere le ferie per motivi che esulano dal suo controllo (ad esempio per malattia). Tali pratiche non sono compatibili con la direttiva[14].

    3.9. Lavoro notturno

    Poiché l'organismo umano è più sensibile nei periodi notturni alle variazioni dell'ambiente circostante nonché a determinate forme di organizzazione del lavoro particolarmente gravose, lunghi periodi di lavoro notturno possono comportare rischi supplementari per la salute e la sicurezza dei lavoratori. Di conseguenza, la direttiva prevede norme di protezione più rigorose per i lavoratori notturni: non più di 8 ore di lavoro al giorno in media e non oltre 8 ore al giorno nei giorni in cui il lavoro comporta rischi particolari o rilevanti tensioni fisiche o mentali. Sono possibili deroghe, mediante la legislazione oppure i contratti collettivi, purché il lavoratore notturno benefici di un riposo compensativo equivalente.

    Nell'insieme le norme riguardanti il lavoro notturno sono state recepite in maniera soddisfacente. Le principali lacune nel recepimento rilevate nell'ultima relazione della Commissione sull'applicazione della direttiva sono state colmate. Tuttavia, in Ungheria la limitazione del lavoro notturno non sembra esser stata correttamente recepita. Il limite specifico per quanto riguarda l'orario del lavoro notturno svolto in condizioni particolarmente rischiose o faticose non risulta pienamente recepito in Estonia , e non risulta recepito affatto in Italia ; in Spagna questo limite può essere superato. Inoltre, in Estonia , Lettonia, Romania, Irlanda e Italia , questo tipo di lavoro non è chiaramente definito, il che rischia di privare di effetto qualsiasi limite.

    4. valutazione da parte degli stati membri e delle parti sociali

    Nelle loro relazioni sull'applicazione, sedici Stati membri hanno ritenuto che il recepimento della direttiva avesse avuto un effetto complessivamente positivo; essa ha infatti fornito un grado più elevato di protezione ai lavoratori, semplificato e reso più efficace la legislazione nazionale, e in alcuni casi ha esteso la protezione giuridica a gruppi che ne erano precedentemente esclusi.

    Tuttavia, undici Stati membri hanno ritenuto che l'acquis in materia di servizio di guardia e di riposo compensativo immediato abbia avuto o possa avere un impatto negativo, creando difficoltà per l'organizzazione dell'orario di lavoro, soprattutto nei servizi funzionanti 24 ore su 24, come i servizi sanitari o i servizi antincendio. Quattordici Stati membri hanno sollecitato modifiche urgenti alla direttiva per quanto riguarda il servizio di guardia, l'introduzione di periodi di riferimento più flessibili o la programmazione del riposo compensativo.

    I sindacati hanno sottolineato l'importanza della direttiva ai fini della politica sociale europea e la necessità costante di disporre di norme comuni minime in questo ambito a livello europeo. La protezione nei confronti degli orari di lavoro eccessivi non va ridotta: le deroghe dovrebbero sottostare a condizioni più rigorose, l'opt-out andrebbe gradualmente soppresso, si dovrebbero applicare più rigorosamente le condizioni di protezione e andrebbe migliorata l'applicazione della direttiva nel suo insieme.

    I datori di lavoro a livello europeo hanno ritenuto che l'orario di lavoro fosse un elemento chiave della flessibilità e della competitività. In generale, tuttavia, hanno constatato che la direttiva andava oltre quanto necessario per tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori. Essi hanno auspicato maggiore semplicità e flessibilità nel recepimento nel diritto interno e la modifica urgente della direttiva per consentire periodi di riferimento più lunghi, oltre che per quanto riguarda il servizio di guardia e la programmazione del riposo compensativo.

    Le relazioni nazionali di undici Stati membri e la relazione dei sindacati su scala europea hanno espresso forti preoccupazioni circa l'efficacia del controllo e dell'attuazione della direttiva a livello nazionale, specialmente in specifici settori. I problemi menzionati con maggior frequenza sono i seguenti:

    - orario di lavoro eccessivo e mancato rispetto dei periodi minimi di riposo negli ospedali pubblici, particolarmente per quanto riguarda il servizio di guardia dei medici;

    - certi datori di lavoro non hanno rispettato i limiti nell'orario di lavoro, i periodi di riferimento o i riposi giornalieri minimi, oppure non hanno contabilizzato correttamente l'orario di lavoro eccessivo;

    - le disposizioni nazionali di recepimento della direttiva sono poco chiare o poco attuabili;

    - portata poco chiara della deroga di cui all'articolo 17, paragrafo 1 (lavoratori che operano autonomamente)[15];

    - i datori di lavoro non hanno concesso diritti di ferie annuali entro l'anno di maturazione.

    Le organizzazioni dei datori di lavoro in generale hanno giudicato soddisfacente il controllo e il rispetto della direttiva. Alcuni Stati membri hanno ritenuto che il controllo comportasse oneri normativi eccessivi per le PMI e per le imprese che osservano la normativa.

    5. Conclusioni

    La Commissione prende atto dei notevoli sforzi compiuti da numerosi Stati membri per portare a termine il recepimento della direttiva o per migliorare la conformità con la stessa a seguito delle sentenze della Corte di giustizia o dei tribunali nazionali oppure delle notifiche della Commissione.

    In generale, un'ampia maggioranza di lavoratori nell'UE è soggetta a norme in materia di orario di lavoro che sono conformi alla legislazione dell'UE. In molti casi le norme nazionali forniscono una protezione anche maggiore di quella prevista dalla direttiva.

    Tuttavia, la disamina della Commissione indica che a partire dal 2000, un gran numero di Stati membri, ha introdotto l'uso dell'opt-out, undici di essi in particolare per far fronte alle loro difficoltà attuali in materia di servizio di guardia e di riposo compensativo nei servizi funzionanti 24 ore su 24.

    L'analisi indica anche che permangono problemi nell'attuazione di alcuni elementi essenziali della direttiva, secondo l'interpretazione della Corte di giustizia, e in particolare:

    - la definizione dell'orario di lavoro (compreso il servizio di guardia) e le disposizioni relative al riposo compensativo equivalente (quando i periodi minimi di riposo vengono rinviati), specialmente nei servizi che funzionano 24 ore su 24 e 7 giorni su 7;

    - la situazione dei lavoratori con contratti multipli;

    - la situazione di gruppi specifici di lavoratori (particolarmente nel settore della difesa e dei servizi di sicurezza nonché per i cosiddetti lavoratori operanti in autonomia);

    - la mancanza di un controllo adeguato e di un'applicazione corretta delle condizioni connesse all'opt-out, in molti degli Stati membri che ne consentono l'uso.

    La Commissione:

    - valuterà l'impatto globale della direttiva sulla salute e la sicurezza dei lavoratori nel contesto dell'evoluzione dei ritmi di lavoro e dei modelli di organizzazione del lavoro;

    - chiarirà l'interpretazione di alcune norme, alla luce della giurisprudenza, dell'esperienza degli Stati membri nell'applicazione della direttiva e dei punti di vista delle parti sociali[16];

    - affronterà la situazione derivante dalle legislazioni o dalle prassi nazionali, con particolare riguardo a quelle che obbligano i lavoratori a orari di lavoro eccessivi oppure a lavorare senza un adeguato riposo.

    Fatto salvo il suo ruolo di custode dei trattati, la Commissione continuerà a sostenere gli sforzi degli Stati membri per migliorare l'applicazione della direttiva da parte loro ed è pronta ad agevolare gli scambi tra gli Stati membri e tra le parti sociali, ove possano essere utili.

    La Commissione ha avviato un riesame della direttiva nel marzo 2010[17], sulla base di una consultazione delle parti sociali a livello europeo, conformemente all'articolo 154, paragrafo 2, del TFUE.

    Essa ha avviato inoltre uno studio approfondito sull'impatto economico e sociale della direttiva, che completerà l'analisi sull'impatto giuridico fornita nella presente relazione.

    La Commissione è decisa a portare a buon termine il riesame della direttiva sull'orario di lavoro. Per raggiungere questo obiettivo essa adotta, in concomitanza con la presente relazione, una comunicazione che avvia la seconda fase della consultazione delle parti sociali, a norma dell'articolo 154, paragrafo 3, del TFUE.

    [1] Direttiva 2003/88/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 novembre 2003, concernente taluni aspetti dell'organizzazione dell'orario di lavoro (GU L 299 del 18.11.2003, pag. 9). La direttiva codifica e abroga due precedenti direttive del 1993 e del 2000.

    [2] Nessuna parte della presente relazione pregiudica la posizione che la Commissione potrebbe adottare in futuro nell'ambito di eventuali azioni giudiziarie.

    [3] Vedasi l'insieme di studi menzionato al capitolo 5.2 del documento di lavoro.

    [4] Dellas, causa C-14/04, [2005] Racc. I-10253, paragrafi 40-41 e 49: FNV , causa C-124/05, paragrafo 28.

    [5] Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea (GU C 303 del 14.12.2007, pag.1).

    [6] SIMAP (C-303/98), Jaeger (C-151/02), Pfeiffer (C-398/01) e Dellas (C-14/04).

    [7] Ad eccezione dei servizi sanitari e dei militari di professione.

    [8] Direttiva 2000/34/CE, (GU L 195 dell'1.8.2000, pag. 41).

    [9] Il 13 dicembre 2010, la legislazione modificativa è stata approvata dalle due camere ed era in attesa della firma del re. Si prevedeva che entrasse in vigore all'inizio del 2011.

    [10] Feuerwehr Hamburg (C-52/04) e Commissione/Spagna (C-132/04).

    [11] Tranne per le attività in campo sanitario.

    [12] Relazione della Commissione sulla direttiva sull'orario di lavoro - COM(2000) 787, punto 14.2.

    [13] La situazione giuridica in Francia riguardo all'eccesso di ore lavorate nei servizi di guardia è specifica e viene esaminata in dettaglio nel documento di lavoro allegato.

    [14] BECTU (C- 173/99); Schultz – Hoff and Stringer (C-350/06 e C-520/06).

    [15] Cfr. documento di lavoro allegato, sezioni 4.2, 9.1 e 9.2.

    [16] Maggiori dettagli figurano nel documento COM(2010) 801, menzionato nella nota sottostante.

    [17] COM(2010) 106 del 24.3.2010; COM(2010) 801 del 21.12.2010.

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