Choose the experimental features you want to try

This document is an excerpt from the EUR-Lex website

Document 52001PC0330

    Parere della Commissione in applicazione dell'articolo 251, paragrafo 2, lettera c) del trattato CE, sugli emendamenti del Parlamento Europeo alla posizione comune del Consiglio riguardante la proposta di direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio recante modifica della direttiva 91/308/CEe del Consiglio relativa alla prevenzione dell'uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività illecite

    /* COM/2001/0330 def. - COD 99/0152

    52001PC0330

    Parere della Commissione in applicazione dell'articolo 251, paragrafo 2, lettera c) del trattato CE, sugli emendamenti del Parlamento europeo alla posizione comune del Consiglio riguardante la proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica della direttiva 91/308/CEE del Consiglio relativa alla prevenzione dell'uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività illecite /* COM/2001/0330 def. - COD 99/0152


    PARERE DELLA COMMISSIONE in applicazione dell'articolo 251, paragrafo 2, lettera c) del trattato CE, sugli emendamenti del Parlamento europeo alla posizione comune del Consiglio riguardante la proposta di DIRETTIVA DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO recante modifica della direttiva 91/308/CEE del Consiglio relativa alla prevenzione dell'uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività illecite

    1. ANTEFATTI

    In data 19 luglio 1999 la Commissione ha presentato al Parlamento europeo e al Consiglio una proposta di direttiva [1] recante modifica della direttiva del 1991 [2] relativa alla prevenzione dell'uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività illecite.

    [1] COM(1999)352 def. e GU C 177 E del 27/6/2000, pag.14.

    [2] GU L 166 del 28/6/1991, pag.77.

    Il Comitato economico e sociale ha formulato il proprio parere [3] il 26 gennaio 2000.

    [3] GU C 75 del 15/3/2000, pag.22.

    Il 5 luglio 2000 il Parlamento europeo ha adottato il proprio parere in prima lettura [4], contenente 34 emendamenti alla proposta della Commissione.

    [4] Relazione A5-0175/2000.

    Il Consiglio ha adottato una posizione comune [5] il 30 novembre 2000.

    [5] GU C 36 del 2/2/2001, pag.24.

    Il 12 gennaio 2001 la Commissione ha adottato una comunicazione al Parlamento europeo [6] sulla posizione comune del Consiglio.

    [6] SEC(2001)12 def.

    Il 5 aprile 2001 il Parlamento europeo ha adottato in seconda lettura 15 emendamenti alla posizione comune del Consiglio.

    2. OBIETTIVO DELLA PROPOSTA DELLA COMMISSIONE

    La proposta ha l'obiettivo di aggiornare ed estendere la direttiva del 1991 relativa alla prevenzione del riciclaggio dei proventi di attività illecite, conformemente alle richieste espresse sia dagli Stati membri (Piano d'azione contro la criminalità organizzata) che dal Parlamento europeo (Relazione A4-0093/99 - PE 228.303 fin). Gli elementi salienti sono l'estensione del divieto di riciclaggio ad una gamma più ampia di attività criminose e l'inclusione nel campo di applicazione della direttiva di una serie di attività e professioni non finanziarie, compresi gli avvocati, per i quali sono previste particolari garanzie.

    3. PARERE DELLA COMMISSIONE SUGLI EMENDAMENTI ADOTTATI DAL PARLAMENTO

    In seconda lettura il Parlamento europeo ha adottato 15 emendamenti alla posizione comune del Consiglio.

    Per le ragioni illustrate in appresso la Commissione non può accettare tali emendamenti.

    L'emendamento 1 aggiunge un nuovo considerando relativo ai reati "presupposto", ovvero alle attività criminose coperte dal divieto di riciclaggio. Secondo la Commissione questo emendamento va letto in relazione con l'emendamento 10, sulla medesima materia, che tuttavia non è stato adottato. La Commissione dubita che il considerando possa avere un senso senza la disposizione sostanziale alla quale è collegato. Nella sostanza, la Commissione ritiene che una copertura limitata essenzialmente alla criminalità organizzata sarebbe troppo ristretta. Quanto al problema della definizione, essa conviene che non esiste una definizione di criminalità organizzata, ma ricorda che il concetto di "organizzazione criminale" è stato definito (Azione comune del 21 dicembre 1998) e che la posizione comune fa riferimento a questa definizione. Inoltre la Commissione è d'accordo che la direttiva è uno dei mezzi per proteggere gli interessi finanziari delle Comunità, ma non ritiene che un riferimento all'articolo 280 sia strettamente necessario.

    L'emendamento 5 ha sostanzialmente il medesimo oggetto del considerando 16 della posizione comune, che resta il testo preferito dalla Commissione. L'emendamento solleva la questione delle partnership, che tuttavia non è ripresa negli articoli. L'emendamento fa inoltre riferimento al concetto di "consulenza legale" senza tuttavia definirlo. La Commissione concorda pienamente sulla necessità di salvaguardare il ruolo dell'avvocato (e del notaio) quando rappresentano il cliente in un procedimento giudiziario o quando gli forniscono una consulenza legale. La Commissione è però convinta che la posizione comune contenga garanzie sufficienti e preferisce decisamente la formula "accertare la posizione giuridica del cliente" che ritiene più precisa di quella di "consulenza legale".

    L'emendamento 9 aggiungerebbe una quinta categoria di enti nella definizione di "ente finanziario", ovvero talune autorità di vigilanza del mercato. Le altre quattro categorie comprendono prestatori commerciali di servizi finanziari non appartenenti al settore bancario. In quanto tali, questi "enti finanziari" devono identificare i loro clienti e segnalare eventuali sospetti di riciclaggio alle autorità. La Commissione non vede per quale ragione includere alcune autorità di vigilanza del mercato nella definizione di "enti finanziari" e ricorda che il ruolo delle autorità responsabili della vigilanza degli enti creditizi o finanziari è già disciplinato dall'articolo 10 della direttiva del 1991. Se queste autorità competenti sospettano l'esistenza di casi di riciclaggio negli istituti da loro vigilati, devono segnalare questi sospetti alle autorità responsabili per la lotta al riciclaggio.

    L'emendamento 11 modifica la definizione di "autorità competenti". Alla Commissione non è chiaro quale sia la finalità esatta di questo emendamento. L'intenzione del Consiglio è esposta con chiarezza nel considerando 18 della posizione comune: la direttiva non obbliga gli Stati membri a istituire dette autorità (di vigilanza) competenti qualora non esistano. Ciò significa ad esempio che se uno Stato membro non ha un'autorità competente per agenti immobiliari o commercianti di oggetti di valore elevato quali pietre o metalli preziosi, la direttiva non prescrive di istituire tali autorità. La Commissione ritiene che si tratta dell'approccio più pragmatico anche se potrebbe essere più difficile verificare la corretta applicazione degli obblighi della direttiva.

    L'emendamento 14 enumera varie attività non finanziarie che il Parlamento desidera includere nel campo di applicazione della direttiva.

    La posizione comune fa riferimento a "commercianti di oggetti di valore elevato quali pietre o metalli preziosi, ogniqualvolta il pagamento sia effettuato in contanti e per un importo pari o superiore a 15 000 EUR". L'emendamento del Parlamento sopprimerebbe le parole "di valore elevato quali", nonché il riferimento al pagamento in contanti e alla soglia di 15 000 EUR. Aggiungerebbe inoltre un riferimento a "opere d'arte". Per evitare di imporre l'assolvimento di requisiti eccessivi ai commercianti in questione, la Commissione preferisce decisamente che l'applicazione di questa norma resti limitata alle operazioni in contanti di importo elevato. Per quanto riguarda le opere d'arte, la Commissione ha riserve per il fatto che questa disposizione potrebbe avere un'applicazione molto estesa e in quanto manca una definizione di "opere d'arte".

    Quanto alla richiesta del Parlamento di includere i "venditori di articoli di lusso a un prezzo di vendita superiore a 50 000 EUR", la Commissione fa nuovamente osservare la mancanza di una definizione di "articoli di lusso" e sottolinea il problema (riconosciuto da tutti) di controllare in questo caso l'applicazione degli obblighi previsti dalla direttiva.

    Quanto all'inclusione delle "case d'asta, ove il ricavato di un singolo oggetto bandito sia superiore a 15 000 euro", la Commissione ha un atteggiamento di apertura. Ritiene tuttavia che tale inclusione meriterebbe una discussione approfondita, che non ha ancora avuto luogo.

    Per quanto riguarda le imprese di trasporto valori, la Commissione fa notare che la sua proposta originaria includeva questa categoria. Essa è stata però soppressa dall'elenco della direttiva su richiesta della grande maggioranza degli Stati membri che consideravano questa inclusione superflua. La Commissione ha accettato questa posizione di maggioranza.

    In ordine all'inclusione delle "case da gioco", il testo del Parlamento è simile alla proposta originaria della Commissione. La Commissione ritiene tuttavia che occorre riflettere ulteriormente su quale sia il modo migliore per includere le persone coinvolte direttamente nel funzionamento delle case da gioco.

    Infine, la Commissione non vede la necessità di includere i funzionari doganali e tributari. Infatti queste persone non lavorano per un'impresa commerciale e, in quanto funzionari pubblici, sono di norma già tenuti a segnalare alle autorità competenti le attività criminose di cui vengano a conoscenza.

    L'emendamento 18 solleva due questioni: la prima di natura giuridica (riguardante il riferimento alle direttive sull'assicurazione vita), la seconda, più sostanziale, riguardante le soglie che determinano l'esenzione dall'obbligo di identificazione del cliente in caso di taluni contratti assicurativi. Sul primo punto, la Commissione resta del parere che il riferimento appropriato è quello alla prima direttiva sull'assicurazione vita del 1979, che definisce le imprese di assicurazione vita. Per quanto riguarda la richiesta del Parlamento di innalzare le soglie di esenzione, la Commissione conviene che gli importi in questione, fissati nel 1991, potrebbero essere rivisti. Ritiene tuttavia che una revisione dovrebbe essere basata su un esame tecnico dettagliato dei problemi connessi, che andrebbe fatto in sede di Comitato di contatto per i problemi del riciclaggio.

    Gli emendamenti 19 e 20 trattano dell'identificazione dei clienti nelle case da gioco. La Commissione ritiene che questi emendamenti mirano a raggiungere sostanzialmente il medesimo risultato della posizione comune. Tuttavia la Commissione preferisce il testo della posizione comune in quanto più preciso quanto ai rischi di riciclaggio (pagamento in contanti per l'acquisto di fiches o scambio di fiche per un importo corrispondente). Inoltre la soglia di 1 000 EUR richiesta dal Parlamento è troppo bassa secondo la Commissione.

    Gli emendamenti 21 e 24 costituiscono, secondo la Commissione, una violazione della regola fondamentale anti-riciclaggio in base alla quale il cliente "segnalato" per sospetto riciclaggio non dovrebbe essere informato di questo fatto. La Commissione ritiene che questa regola dovrebbe essere mantenuta anche per le persone soggette ad obblighi professionali.

    L'emendamento 22 è inteso a trasformare una disposizione facoltativa della posizione comune ("Gli Stati membri non sono tenuti ad applicare...") in una disposizione obbligatoria ("Gli Stati membri non applicano...").

    L'articolo 6, paragrafo 1 tratta dell'obbligo di segnalare i casi sospetti di riciclaggio. In base alla proposta iniziale della Commissione, gli Stati membri non erano tenuti a far applicare questi obblighi in caso di informazioni ricevute da notai e avvocati per poter rappresentare un cliente in procedimenti legali. Nel corso delle discussioni in sede di Consiglio, si è ritenuto necessario includere il riferimento alla situazione in cui un avvocato aiuta un cliente ad accertare la propria posizione giuridica, per garantire la compatibilità con la Convenzione europea dei diritti dell'uomo. Nell'ambito del compromesso finale raggiunto in sede di Consiglio, alla luce del diverso ruolo e della diversa organizzazione delle categorie professionali nei singoli Stati membri, la facoltà degli Stati membri di non far applicare l'obbligo di segnalazione è stata estesa, oltre ai due predetti casi, ad altre professioni, ovvero revisori, contabili esterni e consulenti tributari. La Commissione ha accettato suo malgrado questa estensione, che a suo avviso andava al di là di ciò che era strettamente necessario.

    Data la necessità di garantire la compatibilità della direttiva con la Convenzione europea dei diritti dell'uomo, la Commissione può comprendere la richiesta del Parlamento di prescrivere agli Stati membri la non applicazione dell'obbligo di segnalazione dei sospetti di riciclaggio con riferimento alle informazioni che avvocati e notai ottengono quando assistono i loro clienti in un procedimento giudiziario o quando accertano la loro posizione giuridica. Per contro, la Commissione non accetta che le medesime considerazioni si applichino in generale alle professioni non giuridiche. A suo parere l'emendamento del Parlamento garantirebbe un'esenzione eccessiva a queste professioni, privando praticamente di effetto la loro inclusione nella direttiva.

    Emendamento 23. La direttiva del 1991 (articolo 6, ultimo comma) stabilisce che le informazioni ottenute dalle autorità anti-riciclaggio attraverso le segnalazioni di operazioni sospette possono essere utilizzate esclusivamente a fini di lotta contro il riciclaggio. "Tuttavia", continua la direttiva, "gli Stati membri possono prevedere che tali informazioni siano utilizzate anche ad altri fini". L'emendamento del Parlamento sopprimerebbe quest'ultima frase.

    Questa disposizione era stata inclusa nella direttiva del 1991 in quanto dalle segnalazioni di operazioni sospette potevano ad esempio emergere indizi di attività criminose diverse dal riciclaggio, ma comunque passibili di indagini e sanzioni. La Commissione non è a conoscenza di problemi dovuti al fatto che gli Stati membri dispongono di questa facoltà e ritiene pertanto che essa debba essere mantenuta.

    Emendamento 25. La direttiva del 1991 stabilisce il principio che le segnalazioni di operazioni sospette fatte in buona fede non dovrebbero comportare alcuna responsabilità di natura civile o penale per la persona che effettua la segnalazione. Questo principio si applica anche se risulta che i sospetti sono infondati. L'emendamento del Parlamento sostituirebbe il criterio della "buona fede" con la condizione che "non sia stata trasmessa premeditatamente o per negligenza grave una comunicazione non veritiera". Per quanto consta alla Commissione, la condizione della buona fede non ha dato luogo a problemi pratici ed è in linea con la norma internazionale pertinente (le 40 Raccomandazioni della Financial Action Task Force). Di conseguenza la Commissione non vede la necessità di modificare la direttiva su questo punto.

    L'emendamento 26 mira a reinserire una disposizione contenuta nella proposta originaria della Commissione (il nuovo articolo 12, paragrafo 2) che avrebbe dato alla Commissione (nel quadro dell'OLAF) un ruolo in materia di collaborazione e di scambio di informazioni con le autorità anti-riciclaggio degli Stati membri in caso di attività che ledano gli interessi finanziari delle Comunità europee. È stato poi deciso in sede di Consiglio che questo elemento importante della proposta della Commissione doveva essere discusso separatamente e in modo approfondito. Il Consiglio ha pertanto invitato la Commissione a presentare una proposta ad hoc basata sull'articolo 280 del trattato. La Commissione ha accettato questa impostazione e sta attualmente redigendo questa proposta. La Commissione ritiene pertanto che questo emendamento sia superfluo.

    L'emendamento 27 riguarda la medesima materia dell'emendamento 26, ma contiene un riferimento specifico all'OLAF. Giacché le relazioni tra l'OLAF e le autorità anti-riciclaggio degli Stati membri in questioni riguardanti gli interessi finanziari delle Comunità saranno oggetto di un atto giuridico separato, la Commissione non vede la necessità di tale riferimento.

    4. CONCLUSIONI

    La Commissione respinge pertanto tutti gli emendamenti adottati dal Parlamento europeo in seconda lettura.

    Top