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Document 61996TJ0116

Απόφαση του Πρωτοδικείου (δεύτερο τμήμα) της 7ης Ιουλίου 1998.
Italo Telchini, Enrico Palermo και Fabrizio Gillet κατά Επιτροπής των Ευρωπαϊκών Κοινοτήτων.
Υπάλληλοι - Συντάξεις - Διορθωτικός συντελεστής - Καθορισμός - Συναλλαγματική ισοτιμία - Αναδρομική αναπροσαρμογή.
Συνεκδικασθείσες υποθέσεις T-116/96, T-212/96 και T-215/96.

European Court Reports – Staff Cases 1998 I-A-00327; II-00947

ECLI identifier: ECLI:EU:T:1998:152

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Seconda Sezione)

7 luglio 1998 ( *1 )

«Dipendenti — Pensioni — Coefficiente correttore — Determinazione — Tasso di cambio — Adeguamento retroattivo»

Nelle cause riunite T-116/96, T-212/96 e T-215/96,

Italo Telchini, ex dipendente della Commissione delle Comunità europee, residente in Bolzano, con l'avv. Brano Telchini, del foro di Bolzano, con domicilio eletto in Lussemburgo presso lo studio Becker e Cahen, 3, rue des Foyers,

Enrico Palermo, ex dipendente della Commissione delle Comunità europee, residente in Roma,

Fabrizio Gillet, ex dipendente della Commissione delle Comunità europee, residente in Roma,

con l'avv. Giuseppe Marchesini, patrocinante dinanzi alla Corte di cassazione della Repubblica italiana, con domicilio eletto in Lussemburgo presso lo studio dell'avv. Ernest Arendt, 8-10, rue Mathias Hardt,

ricorrenti,

contro

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dal signor Gianluigi Valsesia, consigliere giuridico principale, in qualità di agente, con domicilio eletto in Lussemburgo presso il signor Carlos Gómez de la Cruz, membro del servizio giuridico, Centre Wagner, Kirchberg,

convenuta,

sostenuta da

Consiglio dell'Unione europea, rappresentato, nella causa T-116/96, dai signori Diego Canga Fano, Marco-Umberto Moricca e Paolo Martino Cossu, e, nelle cause T-212/96 e T-215/96, dai signori Martin Bauer e Paolo Martino Cossu, membri del servizio giuridico, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo presso il signor Alessandro Morbilli, direttore generale della direzione «Affari giuridici» della Banca europea per gli investimenti, 100, boulevard Konrad Adenauer,

interveniente,

aventi ad oggetto, da un lato, l'annullamento dei prospetti di pensione dei ricorrenti, nella parte in cui applicano retroattivamente, per il periodo compreso tra il 1o luglio 1995 e il 31 dicembre dello stesso anno, il coefficiente correttore fissato per l'Italia a 81,7 dal regolamento (CE, Euratom, CECA) del Consiglio 18 dicembre 1995, n. 2963, che adegua le retribuzioni e le pensioni dei funzionari e degli altri agenti delle Comunità europee, nonché i coefficienti correttori applicabili a tali retribuzioni e pensioni (GU L 310, pag. 1), e, dall'altro, l'adeguamento dei prospetti controversi nonché una domanda di risarcimento danni,

IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Seconda Sezione),

composto dai signori A. Kalogeropoulos, presidente, C.W. Bellamy, J. Pirrung, giudici,

cancelliere: H. Jung

vista la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione orale del 29 gennaio 1998,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

Fatti e procedimento

1

I ricorrenti, ex dipendenti della Commissione, con sede di servizio Bruxelles, risiedono in Italia e sono titolari di una pensione di vecchiaia (signori Telchini e Gillet) o d'invalidità (signor Palermo). Le loro pensioni vengono versate in franchi belgi sui loro conti bancari in Belgio, in quanto ognuno dei ricorrenti ha optato, ai sensi dell'art. 45 dell'allegato VIII dello Statuto del personale delle Comunità europee (in prosieguo: lo «Statuto»), per il pagamento delle prestazioni nella valuta del paese in cui ha sede l'istituzione di appartenenza.

2

In data 18 dicembre 1995 il Consiglio ha adottato il regolamento (CE, Euratom, CECA) n. 2963, che adegua le retribuzioni e le pensioni dei funzionari e degli altri agenti delle Comunità europee, nonché i coefficienti correttori applicabili a tali retribuzioni e pensioni (GU L 310, pag. 10; in prosieguo: il «regolamento n. 2963/95»). Tale regolamento è entrato in vigore il 23 dicembre 1995 ed ha sostituito il regolamento (CECA, CE, Euratom) del Consiglio 19 dicembre 1994, n. 3161, che adegua, a decorrere dal 1o luglio 1994, le retribuzioni e le pensioni dei funzionari e degli altri agenti delle Comunità europee, nonché i coefficienti correttori applicabili a tali retribuzioni e pensioni (GU L 335, pag. 1; in prosieguo: il «regolamento n. 3161/94»), che aveva fissato un coefficiente correttore per l'Italia di 94,2.

3

L'art. 6, n. 1, del regolamento n. 2963/95 fissa un coefficiente correttore per l'Italia, con effetto dal 1o luglio 1995, pari a 81,7, applicabile alle pensioni in forza del n. 3, del medesimo articolo.

4

Nei prospetti di pensione relativi al mese di gennaio del 1996, la Commissione ha applicato tale coefficiente correttore alle prestazioni pagate ai ricorrenti, procedendo quindi, a partire dal mese di febbraio 1996, al recupero graduale, su un periodo di sei mesi, delle somme ricevute in eccesso dagli interessati durante il periodo compreso tra il 1o luglio 1995 e il 31 dicembre dello stesso anno.

5

Avendo constatato che l'importo delle loro pensioni aveva subito una riduzione per via dell'applicazione del nuovo coefficiente correttore e del recupero retroattivo di parte delle somme percepite nel corso del secondo semestre 1995, i ricorrenti hanno proposto, rispettivamente in data 22 febbraio, 2 aprile e 29 maggio 1996, reclami ai sensi dell'art. 90, n. 2, dello Statuto.

6

Con lettere 22 luglio, 17 e 21 settembre 1996 veniva notificato ai ricorrenti il rigetto dei loro reclami.

7

Pertanto, con atti introduttivi depositati presso la cancelleria del Tribunale rispettivamente in data 26 luglio, 17 dicembre e 23 dicembre 1996, i ricorrenti hanno proposto i presenti ricorsi, registrati con i numeri di ruolo T-116/96, T-212/96 e T-215/96.

8

Con ordinanza 12 febbraio 1997 il Presidente della Seconda Sezione del Tribunale ha autorizzato il Consiglio ad intervenire a sostegno delle conclusioni della convenuta nella causa T-116/96.

9

Con ordinanza 28 aprile 1997 ha inoltre autorizzato il Consiglio ad intervenire a sostegno delle conclusioni della convenuta nelle cause T-212/96 e T-215/96.

10

Su relazione del giudice relatore, il Tribunale (Seconda Sezione) ha deciso di dare inizio alla trattazione orale senza procedere ad istruttoria. Tuttavia, esso ha rivolto alla convenuta l'invito a rispondere ad alcuni quesiti scritti, cosa che essa ha fatto nel termine impartito. Il Tribunale ha inoltre chiesto ai ricorrenti nelle cause T-212/96 e T-215/96 di produrre gli estratti dei documenti da essi richiamati, cosa che essi non hanno fatto né nei termini loro impartiti e neppure in udienza.

11

Con ordinanza del Presidente della Seconda Sezione del Tribunale 17 dicembre 1997, le cause T-116/96, T-212/96 e T-215/96 sono state riunite ai fini della fase orale.

12

Quest'ultima si è svolta il 29 gennaio 1998. Le parti sono state sentite nelle loro conclusioni e nelle risposte ai quesiti del Tribunale.

13

Sentite le parti al riguardo, il Tribunale (Seconda Sezione) ritiene opportuna la riunione delle tre cause anche ai fini della sentenza.

Conclusioni delle parti

14

Nella causa T-116/96 il ricorrente conclude che il Tribunale voglia:

annullare i prospetti di pensione a far data dal mese di gennaio 1996;

ordinare alla Commissione di adeguare tali prospetti di pensione agli importi dovuti in applicazione del regolamento del Consiglio n. 2963/95, nonché di versare interessi moratori;

condannare la Commissione alle spese.

15

La Commissione conclude che il Tribunale voglia:

respingere il ricorso;

statuire sulle spese come di diritto.

16

II Consiglio conclude che il Tribunale voglia accogliere le conclusioni presentate dalla Commissione.

17

Nella causa T-212/96 il ricorrente conclude che il Tribunale voglia:

dichiarare illegittime le disposizioni del regolamento n. 2963/95 sulle quali si fonda l'atto emanato;

annullare il prospetto di pensione relativo al mese di febbraio 1996, sia per quanto riguarda il recupero dei versamenti che si asseriscono indebiti sia per quanto riguarda il coefficiente correttore applicato;

dichiarare che la Commissione è tenuta ad adottare i provvedimenti che sono conseguentemente necessari, in particolare per quanto concerne le liquidazioni e i recuperi operati successivamente;

accordare il versamento di un interesse pari all'8% sulle somme che saranno dovute;

condannare la convenuta alle spese.

18

La Commissione conclude che il Tribunale voglia:

respingere il ricorso;

statuire sulle spese come di diritto.

19

II Consiglio conclude che il Tribunale voglia accogliere le conclusioni presentate dalla Commissione.

20

Nella causa T-215/96 il ricorrente conclude che il Tribunale voglia:

dichiarare illegittime le disposizioni del regolamento n. 2963/95 sulle quali si fonda l'atto emanato;

annullare il prospetto di pensione relativo al mese di febbraio 1996, sia per quanto riguarda il recupero dei versamenti che si asseriscono indebiti sia per quanto riguarda il coefficiente correttore applicato;

dichiarare che la Commissione è tenuta ad adottare i provvedimenti che sono conseguentemente necessari, in particolare per quanto concerne le liquidazioni e i recuperi operati successivamente;

dichiarare illecita l'inclusione, nel calcolo dell'importo dell'asserito indebito, delle somme relative al periodo dal 19 al 31 dicembre 1995 e, di conseguenza, condannare la Commissione a versare al ricorrente, a titolo di indennizzo, la somma simbolica dell'equivalente in lire di un franco belga;

accordare il versamento di un interesse pari all'8% sulle somme che saranno dovute;

condannare la convenuta alle spese.

21

La Commissione conclude che il Tribunale voglia:

respingere il ricorso;

statuire sulle spese come di diritto.

22

II Consiglio conclude che il Tribunale voglia accogliere le conclusioni presentate dalla Commissione.

Sulle conclusioni dirette ad ottenere l'ordine di adeguare i prospetti di pensione controversi (causa T-116/96)

Sulla rìcevibilità

Argomenti delle parti

23

La Commissione contesta la ricevibilità della domanda del ricorrente diretta ad ottenere che il Tribunale ordini alla Commissione di adeguare i prospetti di pensione emessi a partire dal mese di gennaio 1996 agli importi dovuti in forza del regolamento n. 2963/95. Il giudice comunitario, infatti, sarebbe incompetente a rivolgere ordini all'amministrazione nell'ambito del sindacato di legittimità (sentenza del Tribunale 9 febbraio 1994, causa T-3/92, Latham/Commissione, Race. PI pag. II-83).

24

II ricorrente obietta di non aver formulato alcuna domanda intesa ad ottenere un ordine e che, in caso di annullamento, la Commissione sarà tenuta ad ottemperare agli obblighi che ne deriveranno.

Giudizio del Tribunale

25

Secondo una costante giurisprudenza, non spetta al giudice comunitario, nell'ambito del sindacato di legittimità, ordinare all'istituzione dalla quale promana l'atto impugnato di adottare i provvedimenti che la sentenza dovrebbe comportare. Esso deve invece limitarsi a rinviare la questione all'istituzione interessata, tenuto conto del fatto che, ai sensi dell'art. 176 del Trattato CE, spetta all'istituzione dalla quale promana l'atto annullato adottare i provvedimenti che l'esecuzione della sentenza importa (sentenza del Tribunale 14 dicembre 1995, causa T-285/94, Pfloeschner/Commissione, Race. PI pag. II-889, punto 22).

26

Ne consegue che le conclusioni del ricorrente dirette ad ottenere che sia ordinato alla Commissione di adeguare i prospetti di pensione agli importi che asserisce gli spettino sono irricevibili.

Sulle conclusioni dirette all'annullamento

27

1 ricorrenti deducono tre motivi simili a sostegno delle loro domande di annullamento, motivi che riguardano rispettivamente il carattere palesemente errato del calcolo del coefficiente correttore, la violazione del principio di tutela del legittimo affidamento e dei diritti quesiti e, infine, l'illegittimità del recupero retroattivo delle somme non dovute, corrisposte durante il secondo semestre del 1995.

28

Per quanto riguarda le cause T-212/96 e T-215/96, i ricorrenti fanno inoltre valere un quarto motivo, relativo alla violazione del principio di parità di trattamento per quanto riguarda il calcolo del coefficiente correttore.

29

Ai fini del presente esame, occorre anzitutto esaminare il primo, il secondo e il quarto motivo, relativi al metodo di calcolo del coefficiente correttore applicato alle pensioni dei ricorrenti; si procederà successivamente all'analisi del terzo motivo, vertente sul recupero retroattivo delle somme versate nel 1995.

Sul primo motivo, relativo al calcolo manifestamente errato del coefficiente correttore

1. Sulla ricevibilità del motivo della causa T-116/96

Argomenti delle parti

30

II Consiglio, parte interveniente, si interroga sulla ricevibilità del primo motivo nella causa T-116/96, rilevando che esso non è stato formulato nell'ambito del reclamo presentato dal ricorrente. Nel suo reclamo, quest'ultimo ha infatti contestato il principio dell'applicazione del nuovo coefficiente correttore fissato per l'Italia alla sua pensione, e non il metodo di calcolo di tale coefficiente.

31

II ricorrente fa valere, da un lato, che la Commissione non ha contestato la ricevibilità del suo ricorso e, dall'altro, che un ricorso non è irricevibile quando il complesso dei motivi costituisce lo sviluppo delle censure formulate nel reclamo (sentenza del Tribunale 7 dicembre 1995, cause riunite T-554/93 e T-566/93, Abello e a./Commissione, Race. PI pag. II-815).

Giudizio del Tribunale

32

A pena di irricevibilità, un motivo dedotto dinanzi al giudice comunitario deve previamente essere stato presentato in sede di procedimento precontenzioso, in modo tale che l'autorità che ha il potere di nomina sia in grado di conoscere in modo sufficientemente preciso le censure che gli interessati formulano nei confronti della decisione impugnata (sentenze del Tribunale 29 marzo 1990, causa T-57/89, Alexandralds/Commissione, Race. pag. II-143, punto 8, e 6 giugno 1996, causa T-262/94, Baiwir/Commissione, Race. PI pag. II-739, punto 40). Pertanto, se da un lato le conclusioni presentate dinanzi al Tribunale possono vertere unicamente sullo stesso oggetto di quelle esposte nell'ambito del reclamo e non possono contenere se non censure che si basano sulla stessa causa di quelle invocate nell'ambito del reclamo, tali censure sono però suscettibili, dinanzi al giudice comunitario, di ulteriore sviluppo mediante la presentazione di motivi ed argomenti che non figurano necessariamente nel reclamo, pur richiamandovisi strettamente (v. sentenze Alexandralds/Commissione, citata, punto 9; Baiwir/Commissione, citata, punto 41, e Abello e a./Commissione, citata, punto 32).

33

Nella fattispecie, il motivo proposto dal ricorrente costituisce effettivamente, come egli sostiene, lo sviluppo di una censura formulata in sede di reclamo, relativa ad un'errata applicazione del coefficiente correttore ridotto. Tale motivo è dunque strettamente connesso con la suddetta censura. Questa analisi è confermata dal fatto che la Commissione, nell'ambito della decisione che respinge il reclamo, ha dettagliatamente illustrato le modalità del calcolo del coefficiente correttore applicato nella fattispecie.

34

Ne consegue che il motivo formulato dal ricorrente nella causa T-116/96 è ricevibile.

2. Nel merito

35

II motivo relativo al carattere manifestamente errato del calcolo del coefficiente correttore può suddividersi in due parti. La prima riguarda la violazione dell'art. 64 dello Statuto, nella parte in cui il coefficiente correttore per l'Italia, pari a 81,7, sarebbe stato calcolato in base a criteri non previsti da tale articolo. La seconda parte riguarda la violazione degli artt. 63, secondo comma, e 82, n. 1, quarto comma, dello Statuto, nonché dell'art. 45 dell'allegato VIII del medesimo.

Sulla prima parte, relativa alla violazione dell'art. 64 dello Statuto

— Argomenti delle parti

36

I ricorrenti sostengono che il coefficiente correttore previsto per l'Italia all'art. 6, n. 1, del regolamento n. 2963/95 è contrario all'art. 64 dello Statuto, in quanto è fondato sui tassi di cambio delle monete nazionali e non già sull'evoluzione del costo della vita, come prescrive invece tale articolo. Per calcolare i coefficienti correttori, infatti, la Commissione si richiamerebbe a criteri estranei all'art. 64 dello Statuto, vale a dire, da un lato, le parità economiche, dall'altro, i tassi di cambio vigenti nel mercato e da ultimo, il raffronto tra la parità economica del paese di residenza e quella di Bruxelles.

37

Inoltre, a parere del ricorrente nella causa T-116/96, la riduzione del coefficiente correttore rispetto all'anno precedente costituirebbe un calcolo tanto più errato in quanto non terrebbe conto dell'aumento dell'indice dei prezzi del 5,4%, verificatosi in Italia nel corso del 1995.

38

I ricorrenti sostengono che l'argomentazione svolta dalla Commissione è contraddittoria. Sarebbe infatti insensato introdurre rapporti di cambio nel calcolo dei coefficienti e dedurne che la riduzione del coefficiente correttore applicabile in Italia è conseguenza della svalutazione della lira, quando invece il tasso di inflazione in tale Stato membro avrebbe provocato in tale paese un aumento generale del costo della vita. Il sistema di calcolo adottato non permette di garantire un identico potere d'acquisto nei differenti Stati membri, nella misura in cui il tasso di cambio di una moneta nazionale in rapporto al franco belga dipende dalla sua appartenenza ad una delle due sfere di influenza monetaria, l'area del marco o l'area del dollaro.

39

In ordine all'argomento secondo cui il calcolo del coefficiente correttore è stato effettuato in conformità delle disposizioni dell'allegato XI dello Statuto, i ricorrenti nelle cause T-212/96 e T-215/96 ribattono, in sede di replica, che la Commissione ha in tal modo fatto ricorso a disposizioni di esecuzione illegittime, contrarie all'art. 64 dello Statuto, e ha pertanto violato i principi di gerarchia delle norme. Il ricorrente nella causa T-215/96 aggiunge che l'illegittimità di tali norme non è connessa solamente al fatto di prendere in considerazione come punto di riferimento i tassi di cambio, ma anche al fatto che i coefficienti correttori variano in funzione di un luogo determinato, Bruxelles. Orbene, l'adeguamento annuale del coefficiente correttore per ciascun paese dovrebbe in realtà essere effettuato unicamente sulla base della variazione dell'indice dei prezzi nel paese considerato.

40

La Commissione rammenta come il coefficiente correttore di cui all'art. 64 dello Statuto, applicabile alle pensioni in forza dell'art. 82 del medesimo, miri a garantire un identico potere d'acquisto nei vari paesi in cui risiedono i dipendenti in attività o in pensione e come esso sia calcolato «in rapporto alle condizioni di vita nelle varie sedi di servizio». Sottolineando che le modalità di applicazione degli arti. 64 e 65 dello Statuto sono definite all'allegato XI dello Statuto, essa fa valere che, in forza dell'art. 3, n. 5, di tale allegato, «i coefficienti correttori applicabili nelle capitali e nelle sedi di servizio diverse da Bruxelles e Lussemburgo sono determinati in base alle relazioni tra le parità economiche (...) ed i tassi di cambio previsti all'articolo 63 dello Statuto per i paesi corrispondenti».

41

A questo proposito, le parità economiche, o «parità del potere d'acquisto», rappresenterebbero elementi statistici destinati a raffigurare i rapporti tra il costo della vita nelle differenti capitali e Bruxelles, espressi nelle corrispondenti monete in rapporto al franco belga, e sarebbero calcolati sulla base di un certo numero di beni e servizi, per i quali verrebbe effettuato un raffronto tra i prezzi di Bruxelles e quelli delle altre capitali. La Commissione rileva che, se, per esempio, occorrono 4500 lire per acquistare a Roma prodotti che a Bruxelles costano 100 franchi belgi, la parità economica sarà di 45 lire per franco. Rilevando poi che le pensioni sono fissate in franchi belgi, essa sostiene che, per tradurre ogni anno il rapporto tra il potere di acquisto di una retribuzione o di una pensione versata in Italia e quella versata nello stesso momento a Bruxelles, è indispensabile esprimere i due importi nella stessa moneta, utilizzando il tasso di cambio alla data del detto rapporto, in riferimento alla situazione esistente al 1o luglio. Pertanto, supponendo che il tasso di cambio ufficiale sia di 50 lire per franco, il coefficiente correttore nell'esempio menzionato sarebbe di 45/50, ossia il 90%.

42

La Commissione conclude da quanto sopra che i principi che sottendono all'elaborazione dei coefficienti correttori, enunciati dallo Statuto, sono stati nella fattispecie pienamente osservati. Essa fa valere che la metodologia applicata dall'Istituto statistico delle Comunità europee (in prosieguo: l'«Istituto statistico») nella determinazione dei coefficienti correttori è stata ritenuta corretta dal Tribunale nella sua sentenza 7 dicembre 1995, Abello e a./Commissione, citata. Quanto ai tassi di cambio menzionati dai ricorrenti, essa precisa che il coefficiente correttore è determinato dalle relazioni tra le parità economiche e il tasso di cambio previsto all'art. 63 dello Statuto, vale a dire quello applicato ai fini dell'esecuzione del bilancio generale delle Comunità europee alla data del 1o luglio dell'anno di cui trattasi.

43

In ordine all'asserita illegittimità delle disposizioni dell'allegato XI dello Statuto, la Commissione fa rinvio alle spiegazioni già fornite per quanto riguarda la logica del meccanismo di calcolo dei coefficienti correttori di cui alle norme del suddetto allegato. A suo parere, tali norme andrebbero collocate al medesimo rango delle norme contenute nell'art. 64 dello Statuto, tenuto conto del rinvio operato dall'art. 65 bis del medesimo. Essa ricorda però che, ai sensi del suddetto art. 64, il coefficiente correttore per ogni paese, stabilito ad un livello superiore, inferiore o pari al 100% in rapporto alle condizioni di vita, è determinato con riferimento a quello applicabile nelle città sedi delle istituzioni, nella fattispecie Bruxelles, relativamente alle quali, ai sensi del secondo comma del medesimo articolo, il coefficiente è pur sempre pari al 100%. E' pertanto priva di fondamento l'opinione secondo cui, una volta calcolato il coefficiente correttore per un determinato paese, la sua evoluzione dovrebbe prescindere dal rapporto con la retribuzione base, vale a dire il 100% fissato per Bruxelles.

44

II Consiglio aderisce all'argomentazione della Commissione.

— Giudizio del Tribunale

45

Per garantire a tutti i dipendenti una retribuzione avente lo stesso potere d'acquisto indipendentemente dal loro luogo di servizio, l'art. 64, primo comma, dello Statuto, prevede che «alla retribuzione del funzionario espressa in franchi belgi viene attribuito (...) un coefficiente correttore superiore, inferiore o pari al 100% in rapporto alle condizioni di vita nelle varie sedi di servizio». In forza degli arti. 64, secondo comma, e 65 dello Statuto, il coefficiente correttore è pari a 100 per Bruxelles e Lussemburgo e, per gli altri paesi, è determinato dal Consiglio che delibera su proposta della Commissione, a maggioranza qualificata.

46

Per quanto riguarda le pensioni di cui agli artt. 77-81 bis dello Statuto, tra le quali sono ricomprese le pensioni di vecchiaia e di invalidità corrisposte agli ex dipendenti, l'art. 82, n. 1, secondo comma, dello Statuto dispone che «a tali pensioni viene attribuito il coefficiente correttore fissato per il paese (...) in cui il titolare della pensione comprova di aver stabilito la propria residenza». Pur non rinviando espressamente all'art. 64 dello Statuto, applicabile alle retribuzioni dei dipendenti, l'art. 82 del medesimo si riferisce comunque al coefficiente correttore fissato per ciascun paese, il quale è determinato proprio sulla base dei criteri menzionati in tale articolo (v. sentenza Pfloeschner/Commissione, citata, punto 48).

47

Nel caso di specie, i ricorrenti fanno valere che il coefficiente correttore fissato per l'Italia dal regolamento n. 3161/94 è contrario all'art. 64 dello Statuto, per il fatto che le modalità di calcolo di tale coefficiente sarebbero basate su un criterio non previsto da tale articolo, cioè su un rapporto tra parità economiche e tasso di cambio.

48

Tuttavia, occorre ricordare che l'attuazione del principio di equivalenza del potere di acquisto di cui all'art. 64 dello Statuto non si basa unicamente su tale articolo, ma anche sugli artt. 63, 65 e 65 bis dello Statuto, l'ultimo dei quali prevede che «le modalità d'applicazione degli articoli 64 e 65 sono definite nell'allegato XI [dello Statuto]». Tali articoli hanno tutti lo stesso rango normativo dell'art. 64 dello Statuto e vanno quindi presi anch'essi in considerazione (sentenza del Tribunale 11 dicembre 1996, causa T-177/95, Barraux e a./Commissione, Race. PI pag. II-1451, punto 35), tenendo conto in particolare che l'art. 65 bis e l'allegato XI sono stati incorporati nello Statuto dal regolamento (CECA, CEE, Euratom) del Consiglio 19 dicembre 1991, n. 3830, che modifica lo Statuto dei funzionari delle Comunità europee, nonché il regime applicabile agli altri agenti di tali Comunità per quanto riguarda le modalità di adeguamento delle retribuzioni (GU L 361, pag. 1).

49

Ne emerge in particolare che un regolamento di esecuzione come il regolamento n. 3161/94, che ha ad oggetto l'adeguamento annuale delle retribuzioni e delle pensioni, nonché dei coefficienti correttori ad esse applicabili, e che si basa espressamente sugli artt. 63-65 bis e 82 dello Statuto, nonché sull'allegato XI di quest'ultimo, non può derogare ai principi contenuti in tali disposizioni (sentenza del Tribunale 27 ottobre 1994, causa T-536/93, Benzler/Commissione, Race. PI pag. II-777, punti 32 e 33).

50

Orbene, l'argomentazione dei ricorrenti, che mette in discussione la pertinenza del criterio delle parità economiche così come la rilevanza del tasso di cambio della moneta del paese interessato, disconosce le pertinenti disposizioni dello Statuto relative alle modalità di calcolo dei coefficienti correttori applicabili alle retribuzioni e alle pensioni dei dipendenti.

51

In primo luogo, l'art. 1, n. 3, lett. a), dell'allegato XI dello Statuto prevede che le parità economiche il cui calcolo spetta all'Istituto statistico, d'intesa con gli istituti nazionali, «determinano le equivalenze di potere d'acquisto, con riferimento a Bruxelles, fra le retribuzioni corrisposte ai funzionari delle Comunità europee in servizio all'interno degli Stati membri, nelle capitali e talune altre sedi di servizio previste all'articolo 9».

52

Come emerge dalle spiegazioni della Commissione, non contestate, la parità economica tra Bruxelles, città di riferimento ai sensi dell'art. 64 dello Statuto e dell'art. 1 dell'allegato XI, e la capitale di uno Stato membro, nel caso di specie Roma, è calcolata in base ad indicatori statistici relativi ai prezzi di taluni beni e servizi rappresentativi, raggruppati all'interno di 173 parità di potere d'acquisto elementari. Tali parità elementari costituiscono, secondo la giurisprudenza, gli indicatori appropriati per rispecchiare, in maniera necessariamente approssimativa, il costo della vita e, di conseguenza, le condizioni di vita dei dipendenti comunitari (v. sentenza Abello e a./Commissione, citata, punto 41, e ordinanza della Corte 5 febbraio 1998, causa C-30/96 P, Abello e a./Commissione, Race. pag. I-377).

53

Rispetto ad ognuno dei paesi interessati, la parità economica permette così di stabilire annualmente, per il periodo di riferimento costituito, ai sensi dell'art. 1, n. 1, dell'allegato XI dello Statuto, dai dodici mesi che precedono il 1o luglio dell'anno durante il quale ha luogo l'esame, l'ammontare, espresso nel caso di specie in lire in rapporto al franco belga, necessario per acquistare i corrispondenti generi acquistabili a Bruxelles con un franco belga. Essendo tale esame effettuato annualmente dall'Istituto statistico con la collaborazione degli istituti nazionali, sulla base del prezzo medio dei differenti beni e servizi sopra menzionati, ne risulta in particolare che, contrariamente a quanto lasciano intendere i ricorrenti, viene tenuto conto dell'evoluzione del livello dei prezzi per ogni paese interessato, in rapporto a Bruxelles. Dal fascicolo emerge infatti che, tra il 1o luglio 1993 e il 1o luglio 1994, la parità economica tra l'Italia e il Belgio, calcolata in riferimento alle capitali di tali Stati, è passata da 45,218 LIT/BFR a 46,671 LIT/BFR.

54

In secondo luogo, per quanto riguarda la determinazione del coefficiente correttore, l'allegato XI dello Statuto prevede espressamente, all'art. 3, n. 5, che «i coefficienti correttori applicabili nelle capitali e nelle sedi di servizio diverse da Bruxelles e Lussemburgo sono determinati in base alle relazioni tra le parità economiche di cui all'articolo 1 ed i tassi di cambio previsti all'articolo 63 dello Statuto per i paesi corrispondenti», cioè i tassi di cambio utilizzati per l'esecuzione del bilancio generale delle Comunità europee alla data del 1o luglio dell'anno di riferimento.

55

Ne consegue che l'applicazione del tasso di cambio ai fini del calcolo del coefficiente correttore risulta esplicitamente dalle disposizioni statutarie e non può essere considerato contrario all'art. 64 dello Statuto. Le «condizioni di vita» di cui a tale articolo devono infatti essere intese come concernenti il costo della vita espresso dal potere d'acquisto di cui dispongono i dipendenti in attività e i titolari di una pensione, il quale costituisce la misura della quantità di beni e servizi che può procurare un'unità monetaria in un dato momento (v., sul punto, sentenza Abello e a./Commissione, citata, punto 40). Orbene le parità economiche sono espresse nella moneta di ciascun paese interessato, nel caso di specie in lire, in rapporto al franco belga, alla data del 1o luglio dell'anno in esame, mentre l'ammontare delle pensioni, ai sensi dell'art. 82, n. 1, quarto comma, dello Statuto, è espresso in franchi belgi. È dunque necessario, allo scopo di garantire a tale data l'equivalenza del potere d'acquisto tra le pensioni versate a Bruxelles, cui si applica un coefficiente del 100%. e quelle versate in un altro Stato membro, tradurre il rapporto tra la parità economica e il valore dell'unità monetaria interessata utilizzando il tasso di cambio attualizzato esistente alla data di tale rapporto.

56

Si deve rilevare che i ricorrenti non adducono alcun elemento atto a confutare la legittimità del calcolo effettuato. Dal fascicolo emerge, al contrario, che il coefficiente correttore dell'81,7%, fissato per l'Italia dal regolamento n. 2963/95 a partire dal 1o luglio 1995, corrisponde esattamente al rapporto in lire esistente a tale data tra la parità economica Bruxelles/Roma, da un lato, e il tasso di cambio statutario della lira di cui all'art. 63 dello Statuto, dall'altro, ossia 46,671 : 57,113 X 100.

57

Per quanto riguarda l'eccezione di illegittimità presentata nelle cause T-212/96 e T-215/96 avverso le norme contenute all'allegato XI dello Statuto, essa è stata fatta valere dai ricorrenti unicamente nell'ambito della memoria di replica, in seguito al riferimento fatto ad esse dalla Commissione nel controricorso onde giustificare il fondamento statutario del calcolo del coefficiente correttore impugnato.

58

Orbene, ai sensi dell'art. 48, n. 2, primo comma, del regolamento di procedura, è vietata la deduzione di motivi nuovi in corso di causa, a meno che essi si basino su elementi di diritto e di fatto emessi durante il procedimento.

59

Nella fattispecie, le norme di cui all'allegato XI dello Statuto non possono considerarsi alla stregua di un elemento emerso durante il procedimento, tale da giustificare la presentazione tardiva della presente eccezione di illegittimità. Infatti, come emerge dalla giurisprudenza, si presume che i dipendenti delle Comunità conoscano lo Statuto (v. sentenza del Tribunale 18 dicembre 1997, causa T-12/94, Daffix/Commissione, Race. PI pag. II-1197, punto 116, e giurisprudenza citata), e ciò vale a fortiori nel momento in cui è presentato un ricorso dinanzi al Tribunale.

60

Ne consegue che l'eccezione di illegittimità sollevata nelle cause T-212/96 e T-215/96 è irricevibile.

61

Da quanto sopra esposto consegue che la prima parte del primo motivo va respinta.

Sulla seconda parte, relativa alla violazione degli artt. 63, secondo comma, e 82, n. 1, quarto comma, dello Statuto nonché dell'art. 45 dell'allegato VIII del medesimo

— Argomenti delle parti

62

I ricorrenti sostengono che, avendo essi esercitato l'opzione riconosciuta dall'art. 45 dell'allegato VIII dello Statuto di ricevere la propria pensione in franchi belgi, i tassi di cambio di cui all'art. 63, secondo comma, dello Statuto, cui fa rinvio l'art. 82, n. 1, quarto comma, del medesimo, non erano applicabili, cosicché il relativo calcolo del coefficiente correttore sarebbe errato.

63

Nella causa T-212/96 il ricorrente sostiene inoltre che la liquidazione della sua pensione ha dato luogo ad un'operazione di duplice conversione, dapprima per convertire in lire il conteggio iniziale della pensione espressa in franchi belgi, quindi per riversargli tale importo in franchi belgi. Orbene, questa duplice conversione, oltre a non essere necessaria, non sarebbe autorizzata dall'art. 63 dello Statuto, poiché soltanto le pensioni che vanno versate in una moneta diversa dal franco belga vanno calcolate in base ai tassi di cambio. Alla luce di questa analisi il ricorrente ritiene che nella fattispecie il coefficiente correttore dovesse essere pari al 100%.

64

Infine, nella causa T-116/96 il ricorrente aggiunge che il coefficiente correttore per l'Italia non doveva essergli applicato, avendo egli fatto uso della facoltà, concessagli dall'art. 45 dell'allegato VIII dello Statuto, di ricevere il pagamento della sua pensione in franchi belgi.

65

La Commissione replica che il coefficiente correttore italiano è definito in base al rapporto parità economica/tasso di cambio e dev'essere applicato alle pensioni degli interessati in quanto questi risiedono in Italia. L'opzione prevista dall'art. 45 dell'allegato VIII dello Statuto sarebbe infatti una semplice modalità di pagamento (sentenza della Corte 11 marzo 1982, causa 127/80, Grogan/Commissione, Race, pag. 869, punti 14 e 15) e non riguarderebbe quindi le modalità di calcolo del coefficiente correttore stabilite dall'art. 3, n. 5, dell'allegato XI, coefficiente che andrebbe applicato in funzione del luogo di residenza del pensionato, in conformità dell'art. 82, n. 1, secondo comma, dello Statuto. La Commissione ne deduce che i ricorrenti confondono, da un lato, l'incidenza dei tassi di cambio sulla determinazione dei coefficiente correttori, ai sensi dell'art. 3, n. 5, dell'allegato XI dello Statuto, e, dall'altro, le modalità di liquidazione delle pensioni previste dall'art. 45 dell'allegato VIII del medesimo.

66

La Commissione contesta peraltro l'asserzione del ricorrente nella causa T-116/96, secondo la quale sarebbe stata effettuata un'operazione di duplice conversione. Risulterebbe infatti dai prospetti di pensione del ricorrente, nei quali la colonna relativa ai tassi di cambio indica un rapporto pari a «1,00000», che, in caso di opzione per un pagamento in franchi belgi, l'amministrazione versa direttamente in questa moneta, sul conto belga dei beneficiari, l'importo della pensione, che resta assoggettata all'applicazione del coefficiente correttore previsto per l'Italia.

67

II Consiglio sottolinea come alle pensioni dei ricorrenti, residenti in Italia, si applichi, in forza delle disposizioni statutarie, il coefficiente correttore fissato per questo paese, indipendentemente dal fatto che essi abbiano optato per un pagamento della loro pensione in franchi belgi.

— Giudizio del Tribunale

68

Ai sensi dell'art. 82, n. 1, quarto comma, dello Statuto, «le pensioni espresse in franchi belgi sono pagate in una delle monete di cui all'articolo 45 dell'allegato VIII alle condizioni previste all'articolo 63, secondo comma». L'art. 45 dell'allegato VIII dello Statuto offre ai titolari di pensione la possibilità di essere pagati, a scelta, nella moneta del loro paese d'origine, nella moneta del loro paese di residenza, oppure nella moneta del paese ove ha sede l'istituzione di appartenenza, nella fattispecie in franchi belgi. L'art. 63, secondo comma, dello Statuto precisa che «la retribuzione pagata in una moneta diversa dal franco belga è calcolata sulla base dei tassi di cambio utilizzati per l'esecuzione del bilancio generale delle Comunità europee alla data del 1o luglio [dell'anno in questione]».

69

Contrariamente a quanto sostenuto dai ricorrenti, tali norme non pregiudicano i principi applicabili al calcolo dei coefficienti correttori, così come definiti agli artt. 64-65 bis e all'art. 82 dello Statuto nonché all'allegato XI del medesimo.

70

L'art. 45 del suddetto allegato VIII, cui fa rinvio l'art. 82, n. 1, quarto comma, dello Statuto, ha ad oggetto unicamente le modalità di pagamento delle prestazioni (v., a tal riguardo, sentenza Grogan/Commissione, citata, punti 14 e 15), offrendo ai titolari di una pensione la scelta della moneta in cui questa sarà versata. Ne consegue che la scelta, da parte dei ricorrenti, della moneta di pagamento delle relative prestazioni non poteva ostare all'attribuzione a tali pensioni, in forza dell'art. 82, n. 1, secondo comma, dello Statuto, del coefficiente fissato per l'Italia, paese in cui essi risiedono. Correttamente, quindi, è stato loro versato 1*81,7% dell'importo della prestazione di base corrisposta ad un pensionato che risiede a Bruxelles, per il quale il coefficiente correttore è del 100%.

71

Orbene, è già stato rilevato (v. supra, punto 54) che, ai sensi dell'art. 3, n. 5, dell'allegato XI dello Statuto, tale coefficiente è determinato sulla base del rapporto tra la parità economica relativa al paese di cui trattasi e il tasso di cambio ufficiale della sua moneta menzionata all'art. 63, secondo comma, dello Statuto, vale a dire il tasso di cambio utilizzato per l'esecuzione del bilancio generale delle Comunità europee alla data del 1o luglio dell'anno di riferimento. Ne consegue che, nella fattispecie, doveva utilizzarsi il tasso di cambio suddetto in ordine al calcolo del coefficiente correttore applicabile alle pensioni di cui è causa, senza pregiudicare un'eventuale successiva utilizzazione del medesimo tasso di cambio in caso di opzione per una corresponsione delle pensioni in lire, ai sensi dell'art. 63, secondo comma, dello Statuto, ai fini della conversione in tale moneta dell'importo finale delle medesime, originariamente espresse in franchi belgi secondo il disposto dell'art. 82, n. 1, quarto comma, dello Statuto.

72

Ciò posto, l'argomento dei ricorrenti secondo cui il tasso di cambio della lira non doveva essere preso in considerazione al fine del calcolo del coefficiente correttore, in quanto essi avevano già optato per un pagamento in franchi belgi, va respinto.

73

In ordine all'affermazione del ricorrente nella causa T-116/96 secondo cui si sarebbe proceduto ad un'operazione di «doppia conversione», basta rilevare, come la Commissione giustamente sottolinea, che il prospetto di pensione impugnato, espresso in franchi belgi, indica, alla colonna «Tasso», un tasso di cambio del «1,0000000», con la conseguenza che sull'importo effettivamente corrisposto è stato calcolato il solo coefficiente correttore fissato per l'Italia, coefficiente applicato alla pensione di base di cui il ricorrente era titolare.

74

Da quanto sopra risulta che la seconda parte del motivo va respinta.

75

II primo motivo va pertanto respinto nella sua totalità.

Sul secondo motivo, relativo alla violazione del principio del legittimo affidamento e dei diritti quesiti

Argomenti delle parti

76

I ricorrenti sostengono che la riduzione della pensione fino ad allora percepita costituisce una violazione del principio di tutela del legittimo affidamento degli interessati, in quanto essi potevano ragionevolmente attendersi un mantenimento del loro reddito nominale.

77

A parere dei ricorrenti nelle cause T-212/96 e T-215/96, tale legittimo affidamento emerge dalla prassi seguita dalle istituzioni consistente nel garantire il mantenimento del reddito dei beneficiari di emolumenti comunitari, prassi che è stata affermata sia dalla Commissione, nella sua proposta di regolamento del 18 ottobre 1990 [doc. SEC(90) 1836 def., punti 37 e 38] e nelle sue dichiarazioni del 1991 in seno agli organi di concertazione, sia dal Consiglio in una dichiarazione del 15 dicembre 1981.

78

Per parte sua, il ricorrente nella causa T-116/96 sostiene che, optando per un pagamento della sua pensione in franchi belgi, egli ha avuto la convinzione di avere diritto a ricevere la stessa pensione che viene versata ai pensionati residenti in Belgio. Tale interpretazione è tanto più fondata in quanto egli è stato sempre retribuito in franchi belgi allorché prestava servizio a Bruxelles ed ha maturato i suoi diritti a pensione in tale moneta. La sua pensione costituisce quindi un diritto acquisito, a cui l'applicazione di un coefficiente correttore ridotto arrecherebbe pregiudizio. L'argomentazione della Commissione, basata sulla sentenza Grogan/Commissione, dianzi citata, sarebbe priva di pertinenza, in quanto da tale sentenza emergerebbe che una modificazione repentina della situazione dei pensionati costituirebbe una violazione del loro legittimo affidamento. Ciò si sarebbe per l'appunto verificato nel caso di specie, dal momento che, per anni, gli sarebbe stata versata una pensione di importo costante, salvo modifiche maggiorative.

79

La Commissione sostiene che le dichiarazioni richiamate dai ricorrenti nelle cause T-212/96 e T-215/96 non hanno volere d'impegno né hanno potuto essere tali da fondare una qualsiasi legittima aspettativa per l'avvenire. Essa precisa che, nell'ambito della revisione statutaria che ha accompagnato il nuovo metodo del 1991, il solo reddito di cui si garantiva espressamente il mantenimento concerneva la determinazione del contributo temporaneo, che, a norma dell'art. 66 bis, n. 4, dello Statuto, non poteva comportare una riduzione delle retribuzioni ad un importo inferiore agli importi netti riscossi prima della sua applicazione.

80

Essa sostiene d'altronde che la tutela automatica del reddito nominale sarebbe stata contraria al principio di equivalenza del potere d'acquisto nei diversi Stati membri, che è precisamente ciò che i coefficienti correttori mirano a garantire. La Commissione sarebbe obbligata a trasferire le conseguenze di un eventuale aumento o diminuzione del coefficiente correttore sull'importo versato a titolo di retribuzione o di pensione, poiché, in caso contrario, persone interessate quali i ricorrenti godrebbero di prestazioni superiori a quelle loro dovute con riguardo alle condizioni di vita esistenti nel luogo di residenza.

81

Per quanto riguarda il ricorrente nella causa T-116/96, egli trascurerebbe le disposizioni dell'art. 82, n. 1, secondo comma, dello Statuto, secondo cui alle pensioni è attribuito il coefficiente correttore fissato per il paese in cui il titolare della pensione comprova di avere la sua residenza, nella fattispecie l'Italia. La circostanza che il ricorrente abbia optato per il pagamento della sua pensione in franchi belgi a norma dell'art. 45 dell'allegato VIII dello Statuto sarebbe irrilevante, in quanto questo articolo riguarderebbe solo una modalità di pagamento delle pensioni, e non la possibilità di un differente calcolo delle relative spettanze. Ciò sarebbe, del resto, quanto è stato espressamente confermato nella citata sentenza Grogan/Commissione. In risposta all'obiezione secondo cui la Corte aveva nondimeno annullato la decisione in questione, la Commissione ribatte che nella causa che ha dato origine a tale sentenza era posta in questione l'insufficienza del periodo transitorio previsto per la modificazione del regime applicabile, fattispecie non equiparabile alla presente.

82

II Consiglio osserva che i ricorrenti non possono far leva sul principio di tutela del legittimo affidamento per opporsi alla legittimità di una norma di regolamento nuova, soprattutto in un settore il cui oggetto implica un costante adeguamento in funzione delle variazioni della situazione economica (sentenza Barraux e a./Commissione, citata, punto 47). Inoltre, nessuno dei suoi atti avrebbe potuto ingenerare nei ricorrenti la convinzione dell'esistenza di un principio di mantenimento del reddito nominale.

Giudizio del Tribunale

83

Secondo costante giurisprudenza, un dipendente non può far valere il principio del legittimo affidamento per contestare la legittimità di una nuova disposizione regolamentare, soprattutto in un campo il cui oggetto comporta un adeguamento costante in relazione alle variazioni della situazione economica (v. sentenza della Corte 14 giugno 1988, causa 33/87, Christianos/Corte di giustizia, Race. pag. 2995, punto 23; sentenze del Tribunale 22 giugno 1994, cause riunite T-98/92 e T-99/92, Di Marzio e Lebedef/Commissione, Race. PI pag. II-541, punto 68, e Barraux e a. /Commissione, citata, punto 47).

84

Nel caso di specie, il carattere variabile nel tempo dell'importo delle pensioni emerge chiaramente dalle disposizioni dello Statuto, dal momento che ad esse è attribuito, ai sensi dell'art. 82 dello Statuto, un coefficiente correttore il cui adeguamento è effettuato ogni anno dal Consiglio, nell'ambito dell'esame annuale delle retribuzioni dei dipendenti previsto dall'art. 65, n. 1, dello Statuto.

85

Inoltre, i ricorrenti non hanno provato, come richiesto dalla giurisprudenza (v. segnatamente sentenza Barraux e a./Commissione, citata, punto 50), che l'amministrazione comunitaria, fornendo loro precise garanzie, abbia fatto sorgere loro fondate aspettative di ottenere la non applicazione del coefficiente correttore stabilito per il loro paese di residenza nell'ipotesi in cui la sua applicazione avesse portato ad una riduzione dell'importo nominale del loro reddito.

86

Per quanto riguarda i ricorrenti nelle cause T-212/96 e T-215/96, essi, nonostante la richiesta in tal senso del Tribunale, non hanno esibito alcun documento che dimostri l'esistenza delle presunte dichiarazioni del Consiglio e della Commissione. Quanto poi alla proposta di regolamento della Commissione del 18 ottobre 1990, anche se essa avesse effettivamente contenuto le disposizioni richiamate, il suo carattere provvisorio e generico non era tale da comportare assicurazioni precise tali da ingenerare in essi fondate aspettative.

87

Per quanto concerne il ricorrente nella causa T-116/96, l'asserito legittimo affidamento che esso fa valere si basa non già su precise assicurazioni da parte dell'amministrazione comunitaria, ma su un'errata interpretazione delle norme statutarie. Infatti, l'art. 45 dell'allegato VIII dello Statuto ha ad oggetto unicamente le modalità di pagamento delle pensioni, senza però porre in questione l'applicazione del coefficiente correttore relativamente al paese in cui il titolare della pensione comprovi di aver stabilito la propria residenza, ai sensi del disposto dell'art. 82, n. 1, dello Statuto (v. supra, punto 70).

88

Tale interpretazione non è inficiata dall'argomento del ricorrente secondo cui la sua pensione, avendo natura contributiva, costituirebbe un diritto quesito che l'applicazione del coefficiente correttore impugnato avrebbe pregiudicato.

89

Tale argomento si basa sull'idea, errata, secondo cui il «diritto a pensione» del ricorrente avrebbe subito una diminuzione, visto che disposizioni dell'allegato VIII dello Statuto operano una netta distinzione tra la determinazione del «diritto a pensione», materia disciplinata dal capitolo 2 dell'allegato, e il «versamento delle prestazioni», disciplinato dagli artt. 45 e 46 dell'allegato (sentenze della Corte 11 marzo 1982, Grogan/Commissione, citata, punto 14; causa 164/80, De Pascale/Commissione, Race. pag. 909, punto 16, e causa 167/80, Race. pag. 931, punto 16).

90

Pertanto, i mutamenti degli importi delle pensioni effettivamente pagate, dovuti alle variazioni dei tassi di cambio e dei coefficienti correttori, nonostante si ripercuotano sull'erogazione delle prestazioni ai sensi degli artt. 45 e 46 dell'allegato VIII, non hanno tuttavia pregiudicato il diritto a pensione dei loro titolari, determinato in base al capitolo 2 dell'allegato VIII e che costituisce la base per il calcolo degli importi delle prestazioni effettivamente corrisposti (sentenze citate Grogan/Commissione, punto 15; De Pascale/Commissione, punto 17, e Curtis/Parlamento, punto 17).

91

Né tale soluzione può rimettersi in questione per il solo fatto che, in tali sentenze, la Corte ha pur sempre ritenuto che era stato ignorato il legittimo affidamento dei pensionati. In tali cause, infatti, la violazione del legittimo affidamento dei ricorrenti risultava dalla durata troppo breve del regime transitorio, dalla cui attuazione era scaturita una progressiva riduzione degli importi corrisposti ai titolari delle pensioni di cui trattasi, che il Consiglio aveva previsto in funzione dell'introduzione del nuovo regime statutario di coefficienti correttori e che faceva seguito ad un periodo di inerzia, ad esso imputabile, protrattosi per anni (v. sentenze citate Grogan/Commissione, punti 34 e 35; De Pascale/Commissione, punti 29 e 30, e Curtis/Parlamento, punti 34 e 35). Infatti, poiché la riduzione dell'importo nominale della pensione corrisposta non era, nella fattispecie, se non la conseguenza dell'adeguamento annuo del coefficiente correttore per l'Italia, così come previsto dallo Statuto, e non la conseguenza di un'improvvisa modifica della disciplina statutaria in materia, gli argomenti proposti dal ricorrente non possono accogliersi.

92

Ne consegue che il secondo motivo è infondato e va pertanto respinto.

Sul quarto motivo, relativo alla violazione del principio di parità di trattamento

Argomenti delle parti

93

I ricorrenti nelle cause T-212/96 e T-215/96 sostengono che il metodo di calcolo del coefficiente correttore dà adito a discriminazioni sotto due aspetti.

94

In primo luogo, i titolari di pensione i quali hanno optato per un pagamento della loro pensione in franchi belgi, conformemente all'art. 45 dell'allegato VIII dello Statuto, sarebbero svantaggiati rispetto a chi ha scelto un pagamento nella moneta del paese di residenza, nei limiti in cui il calcolo del coefficiente correttore include anche, nei loro confronti, il tasso di cambio della lira alla data del 1o luglio dell'anno di riferimento, di cui all'art. 63, secondo comma, dello Statuto. Il pregiudizio subito sarebbe tanto più grave in quanto l'opzione offerta dall'art. 45 dell'allegato VIII dello Statuto può esercitarsi solo ogni due anni.

95

In secondo luogo, il metodo di calcolo dei coefficienti correttori comporterebbe una disparità di trattamento fra i titolari di pensione residenti in paesi a moneta forte e quelli residenti in paesi a moneta debole. Questi ultimi sarebbero sfavoriti in caso di acquisti effettuati in paesi a moneta forte, mentre coloro che risiedono in paesi a moneta forte sarebbero favoriti in caso di acquisti in paesi a moneta svalutata. A tal proposito, i ricorrenti contestano l'argomento della Commissione secondo cui l'equivalenza del potere d'acquisto è garantita in funzione della sede di servizio, indipendentemente dal fatto che le retribuzioni percepite possano rappresentare un potere d'acquisto differente in funzione dei paesi in cui esse sono spese dai beneficiari. A loro parere, tale regola si risolve nell'istituire una presunzione secondo la quale ognuno dovrebbe spendere il proprio reddito unicamente nel paese di residenza, il che sarebbe in contraddizione col fatto che le spese sono effettuate in un ambito comunitario, tenuto conto della libera circolazione dei beni e dei servizi.

96

Inoltre, sarebbe particolarmente anomalo il fatto che Stati membri a moneta più forte e ad inflazione più contenuta dell'Italia, quali la Germania, la Francia o il Regno Unito, abbiano un coefficiente correttore superiore al 100%, pur essendo l'inflazione di tali paesi diminuita. La riduzione del coefficiente correttore per l'Italia, passato dal 94,2% nel 1994 all'81,7% nel 1995, non terrebbe quindi in debito conto l'inflazione italiana, pari al 5,4%.

97

La Commissione ritiene che non esista alcuna discriminazione tra titolari di pensioni che hanno optato per un pagamento in franchi belgi e quelli che hanno scelto un versamento nella moneta del loro paese di residenza, in quanto, per queste due categorie di pensionati, si applica lo stesso coefficiente correttore, cioè quello applicabile al loro paese di residenza. Il coefficiente correttore verrebbe definito tenendo conto del tasso di cambio previsto dall'art. 63 dello Statuto alla data del 1o luglio dell'anno di riferimento, cosicché a tale data esisterebbe un perfetto adeguamento tra l'importo versato in Belgio e quello accreditato in Italia. Successivamente, e fino al nuovo adeguamento dei coefficienti correttori al 1o luglio dell'anno seguente, i titolari di pensione residenti in Italia che hanno scelto di esercitare l'opzione per un pagamento in franchi belgi resterebbero vincolati alla loro scelta per quanto concerne il trasferimento in Italia delle somme corrisposte in Belgio, in funzione dell'evoluzione sul mercato del tasso di cambio del franco belga rispetto alla lira. Tuttavia, sarebbe sempre possibile modificare tale scelta e richiedere, a norma dell'art. 45 dell'allegato VIII dello Statuto, un versamento nella moneta del paese di residenza. L'argomento dei ricorrenti secondo cui sarebbe stato loro impossibile modificare tale scelta è pertanto privo di rilevanza, non avendo essi in nessun caso preso iniziative in tal senso.

98

Quanto all'asserita discriminazione fra i titolari di pensione residenti in paesi a moneta debole e quelli residenti in paesi a moneta forte, la Commissione obietta che la regola dell'equivalenza del potere d'acquisto - finalità del coefficiente correttore — prescrive che esso sia determinato in funzione del luogo di residenza, conformemente all'art. 82 dello Statuto, vale a dire del luogo in cui è provato che le somme versate possono essere spese. La tesi secondo cui il coefficiente correttore dovrebbe tener conto delle spese effettuate non solo nel luogo di residenza, ma anche negli altri paesi della Comunità sarebbe priva di fondamento e sarebbe già stata respinta dalla Corte in una sentenza del 16 giugno 1971 (cause riunite 63/70-75/70, Bode e a./Commissione, Race. pag. 549).

99

Gli argomenti dei ricorrenti in merito all'aumento dei prezzi in Italia non avrebbero dimostrato l'esistenza di alcun errore imputabile ai calcoli effettuati dall'Istituto statistico delle Comunità europee. Inoltre, nel considerare l'evoluzione dei coefficienti correttori unicamente in relazione all'inflazione, i ricorrenti trascurerebbero del tutto l'elemento determinante costituito dall'evoluzione dei tassi di cambio. Orbene, se non si fosse tenuto conto del tasso di cambio della lira nel calcolo del coefficiente correttore, i ricorrenti si sarebbero giovati di un indebito vantaggio rispetto all'aumento reale del costo della vita in Italia, cosa che sarebbe stata in contrasto con il principio di parità di trattamento.

100

II Consiglio ritiene che i ricorrenti non possano addebitargli le conseguenze della loro scelta di ricevere la pensione in franchi belgi. Esso osserva peraltro che i ricorrenti fanno riferimento soltanto agli effetti dell'inflazione senza tener conto dell'evoluzione dei tassi di cambio, la cui presa in considerazione è invece fondamentale nell'ambito del calcolo dei coefficienti correttori.

Giudizio del Tribunale

101

II principio di parità di trattamento è garantito nei riguardi dei titolari di pensione nel senso che i coefficienti correttori applicabili mirano ad assicurare a tutti gli ex dipendenti prestazioni che comportino lo stesso potere d'acquisto, indipendentemente dal luogo di residenza (sentenza della Corte 14 luglio 1988, causa 284/87, Schäflein/Commissione, Race. pag. 4475, punto 9; v. del pari sentenza Pfloeschner/Commissione, citata, punto 47). A tal fine, l'art. 82, n. 1, secondo comma, dello Statuto impone che alle pensioni venga «attribuito il coefficiente correttore fissato per il paese (...) in cui il titolare della pensione comprova di aver stabilito la propria residenza».

102

Fatte salve le norme relative alla fissazione di coefficienti correttori specifici per luoghi determinati, alle pensioni corrisposte a chi risiede in uno stesso paese sarà pertanto applicato lo stesso coefficiente correttore, a prescindere dall'opzione degli interessati circa la valuta di pagamento delle suddette pensioni, di cui all'art. 45 dell'allegato VIII dello Statuto.

103

Orbene, nella fattispecie emerge dalle affermazioni, non contestate, della Commissione che il coefficiente correttore fissato dal regolamento n. 2963/95 a 81,7% per l'Italia a far data dal 1o luglio 1995 è stato applicato a tutte le pensioni corrisposte a coloro che avevano comprovato di avere la residenza in Italia, senza fare distinzioni a seconda della scelta per il pagamento in franchi belgi, in lire o eventualmente nella valuta del paese d'origine.

104

Occorre ricordare che, ai sensi dell'art. 3, n. 5, dell'allegato XI dello Statuto, tale coefficiente va calcolato in base alle relazioni fra le parità economiche del paese di cui trattasi, stabilite dall'Istituto statistico il 1o luglio dell'anno di riferimento, e i tassi di cambio della relativa moneta alla medesima data, al valore che essa ha ai fini dell'esecuzione del bilancio generale delle Comunità europee, indipendentemente dalle modalità di pagamento scelte dal titolare della pensione cui il coefficiente correttore si applica.

105

Dal complesso di tali elementi risulta che, per garantire l'applicazione di un coefficiente correttore che sia identico per tutte le pensioni erogate a chi risiede in Italia, il calcolo del coefficiente correttore doveva effettuarsi, in conformità delle norme, sopracitate, di cui all'allegato XI dello Statuto, in base ai tassi di cambio di cui all'art. 63, secondo comma, dello Statuto, vale a dire, nella fattispecie, quelli della lira alla data del 1o luglio 1995.

106

Ne consegue che la censura relativa ad una pretesa violazione del principio di parità di trattamento nei riguardi di coloro che hanno optato per un'erogazione delle relative pensioni in franchi belgi è priva di fondamento.

107

Per quanto riguarda la censura relativa alla violazione del principio di parità di trattamento nei riguardi di tutti i titolari di pensione residenti in Italia rispetto a quelli che risiedono in paesi a moneta forte, occorre ricordare che l'art. 82, n. 1, secondo comma, dello Statuto impone che alle pensioni sia attribuito il coefficiente correttore fissato per il «paese (...) in cui il titolare della pensione comprova di aver stabilito la propria residenza», indipendentemente dal fatto che l'importo della pensione erogata possa spendersi in un paese diverso da quello di residenza.

108

Infatti, la scelta del paese di residenza in quanto criterio di riferimento della stima delle condizioni di vita del potere d'acquisto dei titolari di pensione si giustifica petil fatto che la nozione di residenza, a norma dell'art. 82 dello Statuto, va intesa come il luogo nel quale l'ex dipendente ha effettivamente stabilito il centro dei propri interessi (sentenza Schäflein/Commissione, citata, punto 9), e quindi come il luogo in cui si presume che egli effettui le proprie spese.

109

Pertanto, seppure l'importo di una pensione può teoricamente implicare un potere d'acquisto diverso a seconda del paese in cui l'interessato sceglie di effettuare le proprie spese, tale fatto non costituisce una violazione del principio di parità di trattamento, principio garantito per l'appunto dall'art. 82 dello Statuto.

110

Per quanto riguarda inoltre l'argomento secondo cui non si sarebbe tenuto conto, nel calcolare il coefficiente correttore controverso, del tasso d'inflazione esistente in Italia, in quanto per altri paesi membri a moneta forte sarebbe stato calcolato un coefficiente superiore, è sufficiente ricordare che i ricorrenti non tengono conto dei meccanismi precisi di calcolo dei coefficienti correttori, così come fissati all'art. 3, n. 5, dell'allegato XI dello Statuto e basati sulla relazione tra parità economiche e tassi di cambio (v. supra, punti 31-33). Infatti, la parità economica, stabilita annualmente dall'Istituto statistico d'intesa con gli istituti di statistica nazionali, viene determinata sulla base di un esame del prezzo medio di vari beni e servizi in ciascun paese interessato, durante l'anno di riferimento, di guisa che, nel calcolare il coefficiente correttore, si tiene debitamente conto dell'evoluzione dei prezzi, e quindi del tasso di inflazione.

111

Pertanto, il quarto motivo va respinto.

Sul terzo motivo, relativo all'illegittimità del recupero retroattivo effettuato

Argomenti delle parti

112

I ricorrenti sostengono che la Commissione ha trasgredito i principi di buona amministrazione e di certezza del diritto nel procedere al recupero retroattivo delle somme percepite in eccesso nel corso del secondo semestre 1995, in seguito all'adeguamento dei coefficienti correttori per l'Italia intervenuto a fine anno con decorrenza dal 1o luglio 1995. A tal proposito, essi sostengono che le loro spettanze pensionistiche hanno conosciuto variazioni tali da creare una situazione di incertezza. I recuperi impugnati sarebbero inoltre in contraddizione con la prassi anteriore della Commissione, seguita fino al 1994, secondo la quale non si procedeva al recupero degli importi eventualmente risultanti in eccesso a seguito di un adeguamento dei coefficienti correttori.

113

In risposta all'argomento della Commissione secondo cui i recuperi effettuati sono giustificati tenuto conto delle disposizioni contenute nel regolamento n. 3161/94 e delle lettere di avvertimento inviate ai pensionati, in cui si comunicava loro la possibilità di un adeguamento positivo o negativo delle loro pensioni in caso di modifica dei coefficienti correttori, i ricorrenti replicano che tali avvertimenti erano espressi al condizionale. Al momento dei versamenti, non sarebbe stato pertanto possibile conoscere l'importo dell'indebito. I recuperi impugnati non soddisferebbero quindi i requisiti posti dall'art. 85 dello Statuto in materia di ripetizione dell'indebito, vale a dire la conoscenza avutane dal beneficiario o l'evidenza dell'irregolarità del versamento.

114

I ricorrenti nelle cause T-212/96 e T-215/96 sostengono inoltre che i recuperi a cui ha proceduto la Commissione sono discriminatori, in quanto effettuati a detrimento dei soli pensionati residenti in Italia che hanno optato per il pagamento delle pensioni in franchi belgi, mentre le pensioni pagate in lire sono aumentate del 4,4%. Orbene, secondo il regolamento n. 3161/94 un'eventuale ripetizione dell'indebito andava effettuata nei confronti sia dei dipendenti in servizio sia dei titolari di pensione nel loro complesso. Gli argomenti della Commissione riferentisi alla compensazione dei recuperi mediante un parallelo aumento salariale non sarebbero corroborati dai fatti, dal momento che gli stipendi base, espressi in franchi belgi, sarebbero aumentati, nel 1996, soltanto dell' 1,1%.

115

II ricorrente nella causa T-116/96 sostiene che lo scaglionamento del recupero su un periodo di cinque mesi è rivelatore del comportamento arbitrario della Commissione, posto che la normativa applicabile prevedeva la possibilità di un recupero nell'arco di dodici mesi.

116

Da ultimo, il ricorrente nella causa T-212/96 fa valere che egli, in quanto titolare di una pensione di invalidità, deve fruire di una pensione pari a quella alla quale avrebbe diritto all'età di 65 anni. Orbene, a suo parere, se siffatte riduzioni dell'importo della sua pensione dovessero persistere, quest'ultima scenderebbe al di sotto del tasso attribuitogli dall'art. 78 dello Statuto, con conseguenze sulla sua possibilità di continuare ad assoggettarsi ai trattamenti sanitari che gli sono necessari.

117

La Commissione ribatte che il carattere non definitivo delle somme versate nel corso del secondo semestre nel 1995 non poteva sfuggire all'attenzione dei titolari di pensione, dal momento che l'art. 6, n. 3, del regolamento n. 3161/94 sottolineava espressamente che i coefficienti correttori fissati per il periodo decorrente dal 1o luglio 1994 erano suscettibili di modifiche prima del 31 dicembre 1995 con effetto retroattivo al 1o luglio e che sarebbero stati quindi effettuati, con effetto retroattivo tra la data di entrata in vigore e la data di emanazione del regolamento per il 1995, adeguamenti in positivo o in negativo delle retribuzioni e pensioni già corrisposte.

118

Essa sottolinea che l'amministrazione aveva avvertito i titolari di pensione delle conseguenze di eventuali modifiche dei coefficienti correttori a partire dal 1o giugno 1995, inserendo nelle schede di pensione le seguenti avvertenze: «L'adeguamento annuale a titolo dell'esercizio 1995 comporterà la fissazione dei nuovi coefficienti correttori prima del 31 dicembre 1995 con effetto retroattivo al 1o luglio 1995. Tali nuovi coefficienti correttori potrebbero comportare adeguamenti retroattivi (positivi o negativi) della pensione figurante sulla scheda di pensione. Questi adeguamenti comporteranno un richiamo in caso di aumento dovuto a tale coefficiente correttore o il recupero delle somme percepite in eccesso in caso di diminuzione, a partire dal 1o luglio 1995 (regolamento n. 3161/94 del Consiglio; GU L 335 del 23.12.1994)». La Commissione ritiene, di conseguenza, di aver chiaramente avvertito i pensionati della provvisorietà dei coefficienti correttori adottati di anno in anno.

119

Essa confuta peraltro la pertinenza dell'argomento secondo cui il suo comportamento sarebbe in contraddizione con la prassi anteriormente seguita. Prima del regolamento n. 3161/94 essa non avrebbe proceduto ai recuperi delle somme versate in eccesso, in quanto l'assenza di norme precise poteva giustificare la buona fede dei beneficiari di questi importi. Tale non poteva invece essere il caso in seguito all'adozione del suddetto regolamento da parte del Consiglio e dell'appropriata informazione degli interessati da parte della Commissione.

120

Quanto dall'argomento tratto dall'art. 85 dello Statuto, la Commissione ribatte che i ricorrenti non possono negare di aver avuto conoscenza dell'eventualità di una ripetizione successiva degli importi che gli venivano accreditati, dal momento che il meccanismo regolamentare di fissazione dei coefficienti correttori prescrive che si proceda ai recuperi derivanti da una riduzione di tali coefficienti. Al riguardo sarebbe particolarmente contraddittorio, da parte dei ricorrenti, il fatto di non considerare come legittimo un adeguamento negativo e di accettare invece che si proceda al versamento di arretrati dovuti in seguito ad un aumento dei coefficienti correttori.

121

A parere della Commissione, il recupero degli importi versati in eccesso nel corso del secondo semestre del 1995, effettuato a partire dal febbraio 1996, non ha dato luogo ad alcun trattamento discriminatorio fra titolari di pensione e dipendenti in attività, in quanto essa resta di applicazione generale nel suo principio. Cionondimeno, i dipendenti delle Comunità in servizio in Italia, la cui retribuzione è pur sempre versata in lire, e i titolari di pensione residenti in Italia che hanno optato per il pagamento in lire non sarebbero stati oggetto di alcun recupero, in quanto la riduzione del coefficiente correttore italiano sarebbe stata compensata da un contemporaneo aumento del 4,4% dell'importo nominale delle retribuzioni espresse in lire.

122

Rispondendo ai quesiti rivoltile dal Tribunale, la Commissione ha rilevato che il tasso di cambio della lira, di cui all'art. 63 dello Statuto, era passato dalle 47,987 LIT/BFR al 1o luglio 1994 alle 57,113 LIT/BFR al 1o luglio 1995, con una svalutazione superiore al 19%. In merito agli importi delle pensioni che dovevano versarsi ai ricorrenti, essa afferma che l'importo nominale di una pensione versata in lire, cui si applicava il coefficiente correttore dell'81,7 per l'Italia, ha subito in termini assoluti un lieve aumento rispetto al 1o luglio 1994, a causa della conversione del tasso di cambio sopraesposto. Per contro, la stessa pensione, se versata eventualmente in franchi belgi, avrebbe subito una riduzione rispetto all'anno precedente. Ciononostante, in termini reali, il potere d'acquisto dei due importi pensionistici restava il medesimo.

123

Nel sottolineare da ultimo che l'adeguamento del coefficiente correttore ha luogo solamente a fine anno e sulla base della situazione esistente al 1o luglio dell'anno di riferimento, la Commissione, riferendosi agli importi concretamente erogati ai ricorrenti, rileva che, se non si fosse recuperato quanto versato in eccesso nel secondo semestre 1995, gli interessati avrebbero concretamente goduto di un aumento del loro potere d'acquisto dell'ordine del 19%, in quanto, a far data dal 1o luglio 1995 occorreva, per la stessa quantità di lire, una minor quantità di franchi belgi rispetto a quelli pagati.

124

Per quanto riguarda lo scaglionamento degli importi recuperabili, effettuato nella fattispecie nell'arco di un periodo di cinque mesi, la Commissione fa valere che esso è effettuato in funzione dell'entità delle somme in questione e rientra nel potere discrezionale conferitole dal legislatore comunitario.

125

Per quanto concerne la pensione di invalidità del ricorrente nella causa T-212/96, la Commissione rileva che l'art. 78 dello Statuto fissa il tasso della pensione in relazione allo stipendio base del dipendente e che il calcolo dell'importo della pensione tiene quindi conto di tutti gli elementi che intervengono nella fase di liquidazione, ivi compresa l'applicazione del coefficiente correttore annuale. In ogni caso, la possibilità di assoggettarsi a controlli medici non viene per nulla pregiudicata, dal momento che il ricorrente fruisce della copertura previdenziale comunitaria garantita dall'art. 72 dello Statuto.

126

II Consiglio sottolinea come il regolamento n. 3161/94 e i regolamenti successivi, come il regolamento n. 2963/95, contengano un'espressa disposizione relativa alla revisione dei coefficienti correttori e agli adeguamenti retroattivi che ne derivano. Riferendosi alla sentenza Barraux e a./Commissione, citata, il Consiglio aggiunge che lo scopo perseguito mediante l'adozione del regolamento controverso, vale a dire il rispetto del principio e dell'equivalenza del potere d'acquisto, rende necessario che sia possibile un effetto retroattivo.

Giudizio del Tribunale

127

II regolamento n. 2963/95 ha fissato, con effetto retroattivo al 1o luglio 1995, un coefficiente correttore per l'Italia pari all'81,7%. Pertanto, la Commissione ha proceduto al recupero, nei prospetti di pensione controversi, degli importi versati in eccedenza nel corso del secondo semestre 1995, corrispondenti alla differenza tra l'importo corrisposto in tale periodo, nel quale permaneva pur sempre un coefficiente correttore più elevato, e l'importo effettivamente dovuto.

128

Poiché il recupero così effettuato non era che la conseguenza del carattere retroattivo del suddetto coefficiente correttore previsto dal regolamento n. 2963/95, è necessario esaminare innanzi tutto se - come in sostanza sostengono i ricorrenti - tale effetto retroattivo contravvenga ai principi di certezza del diritto e di buona amministrazione, nonché all'art. 85 dello Statuto.

129

Secondo una costante giurisprudenza, benché, in linea di massima, il principio della certezza delle situazioni giuridiche osti a che l'efficacia nel tempo di un atto comunitario decorra da una data anteriore alla sua pubblicazione, una deroga è possibile, in via eccezionale, qualora lo esiga lo scopo da raggiungere e purché il legittimo affidamento degli interessati sia debitamente rispettato (sentenze della Corte 11 luglio 1991, causa C-368/89, Crispoltoni, Race. pag. I-3695, punto 17, e del Tribunale Banaux e a./Commissione, citata, punto 45).

130

Secondo la giurisprudenza, lo scopo prescritto con l'adozione di regolamenti quale il regolamento n. 2963/95, che adegua le retribuzioni e le pensioni dei funzionari e degli altri agenti delle Comunità europee, è l'osservanza del principio dell'equivalenza del potere di acquisto. Tale scopo impone la retroattività della sua entrata in vigore. Infatti, è possibile accertare una variazione del costo della vita solo quando quest'ultima si sia verificata, di modo che l'osservanza del principio può essere garantita solo retroattivamente (sentenza della Corte 23 gennaio 1992, causa C-301/90, Commissione/Consiglio, Race. pag. I-221, e sentenza Barraux e a./Commissione, citata, punto 46). Emerge, del resto, dalle stesse disposizioni dello Statuto che i coefficienti correttori ricevono in linea di principio efficacia retroattiva, in quanto, ai sensi dell'art. 3, n. 1. dell'allegato XI dello Statuto, la decisione presa dal Consiglio nell'ambito delle misure annuali di adeguamento delle retribuzioni e dell'adattamento dei coefficienti correttori prende sempre effetto il 1o luglio dell'anno di riferimento, mentre le stesse non possono essere adottate se non alla fine dell'anno, sulla base del rapporto redatto dall'Istituto statistico nel mese di settembre (v. sentenza Barraux e a./Commissione, citata, punti 39 e 42).

131

Per quanto riguarda l'osservanza del principio del legittimo affidamento degli interessati, di cui l'art. 85 dello Statuto costituisce una particolare enunciazione, occorre ricordare, come è stato rilevato nell'ambito dell'analisi del secondo motivo, che un dipendente delle Comunità non può avvalersi del principio di tutela del legittimo affidamento per opporsi alla legittimità di una norma regolamentare nuova, soprattutto in un settore il cui oggetto comporta un costante adeguamento in funzione delle variazioni della situazione economica (sentenze citate Di Marzio e Lebedef/Commissione, punto 68, e Barraux e a./Commissione, punto 47). Tale caso si verifica segnatamente nel campo dei coefficienti correttori, applicabili alle retribuzioni e alle pensioni dei dipendenti, dal momento che si procede annualmente al loro adeguamento e che le stesse norme dello Statuto pongono il principio della loro efficacia retroattiva al 1o luglio dell'anno nel corso del quale viene emanato il regolamento del Consiglio.

132

I ricorrenti sostengono che la Commissione non aveva, fino al 1994, proceduto al recupero retroattivo derivante dall'introduzione di un nuovo coefficiente correttore annuale più basso e che gli avvisi loro inviati dalla Commissione non consentivano di desumere l'importo esatto delle somme da considerarsi indebite.

133

Cionondimeno, se anche la prassi seguita dalla Commissione fino al 1994 ha potuto ingenerare dubbi nei ricorrenti quanto all'effettività dei recuperi derivanti dalle modifiche retroattive del coefficiente correttore, gli interessati non potevano nutrire fondate speranze su un eventuale non recupero retroattivo in caso di abbassamento del coefficiente correttore per l'Italia, in quanto si trattava di somme erogate a far data dal 1o luglio 1995 e mancavano precise assicurazioni in tal senso.

134

Infatti, il regolamento n. 3161/94 specificava chiaramente, come all'art. 6, n. 3, i coefficienti correttori applicabili a far data dal 1o luglio 1994 avrebbero potuto essere modificati, prima del 31 dicembre 1995, con regolamento che sarebbe entrato in vigore il 1o luglio 1995, e come, conseguentemente, si sarebbe proceduto, con effetto retroattivo, al corrispondente adeguamento positivo o negativo, fermo restando che l'eventuale recupero dell'indebito avrebbe potuto «essere ripartito su un periodo massimo di dodici mesi che segue la data della decisione di adeguamento annuale per il 1995».

135

D'altra parte, emerge dagli atti e dagli argomenti, pacifici, della Commissione che, a far data dal 1o giugno 1995, la Commissione ha a più riprese indirizzato ai dipendenti e agli altri agenti, nonché ai titolari di pensione, una comunicazione relativa al «recupero delle somme in eccesso nell'ambito dell'esame annuale delle retribuzioni per il 1995», nella quale essa rammentava agli interessati le conseguenze della fissazione di nuovi coefficienti correttori per il 1995 con effetto retroattivo al 1o luglio dello stesso anno e, segnatamente, l'eventualità di recuperi retroattivi a partire dall'adozione, da parte del Consiglio, del nuovo regolamento.

136

Conseguentemente, i ricorrenti sono stati avvertiti con la dovuta diligenza della possibilità di recuperi retroattivi delle somme versate a far data dal 1o luglio 1995. II fatto che essi non avessero conoscenza dell'importo esatto delle somme oggetto di ripetizione non rileva, in quanto tale importo può determinarsi solamente a posteriori, successivamente all'adozione da parte del Consiglio, a fine anno, di nuovi coefficienti correttori, ai sensi del disposto dell'art. 3, n. 1, dell'allegato XI dello Statuto.

137

Pertanto, le censure relative alla violazione dei principi di certezza del diritto e di buona amministrazione nonché dell'art. 85 dello Statuto vanno respinte.

138

Per quanto riguarda la censura relativa alla violazione del principio di parità di trattamento, nell'ambito della quale i ricorrenti imputano alla Commissione di aver effettuato il recupero retroattivo dell'indebito unicamente nei riguardi dei pensionati residenti in Italia che avevano optato per l'erogazione in franchi belgi, anch'essa è infondata.

139

A tal proposito, emerge dagli atti e dalle spiegazioni fornite dalla Commissione che gli importi nominali delle pensioni espresse in lire ed erogate successivamente all'emanazione del regolamento n. 2963/95 sono per forza di cose aumentati nonostante la riduzione retroattiva - a far data dal 1o luglio 1995 - del coefficiente correttore per l'Italia. La riduzione di tale coefficiente, infatti, è coincisa con l'aumento dei tassi di cambio della lira, applicabile ai sensi dell'art. 63, secondo comma, dello Statuto, per un aumento, nella fattispecie, da 47,987 LIT/BFR a 57,113 LIT/BFR. Ne consegue segnatamente che l'equivalente dell'importo delle pensioni dei ricorrenti successivamente all'applicazione del coefficiente correttore dell'81,7 non avrebbe reso necessario, se esso fosse stato espresso in lire, nessun recupero retroattivo da parte della Commissione.

140

Pertanto, se la Commissione doveva procedere, nei riguardi dei pensionati residenti in Italia le cui pensioni erano erogate in franchi belgi, ai recuperi derivanti dall'applicazione retroattiva del coefficiente correttore per l'Italia a far data dal 1o luglio 1995, tale recupero non trovava giustificazione nei riguardi dei titolari di pensioni erogate in lire, pur sempre assoggettati al medesimo coefficiente correttore.

141

Pertanto, la censura relativa alla violazione del principio di parità di trattamento va respinta.

142

In merito all'argomento secondo il quale il controverso recupero avrebbe dovuto scaglionarsi su un periodo di dodici mesi, è sufficiente constatare che l'art. 6, n. 3, del regolamento n. 3161/94 si limitava a prevedere che il recupero delle somme in eccesso potrebbe «essere ripartito sul periodo massimo di dodici mesi che segue la data della decisione di adeguamento annuale per il 1995». Tale norma non ostava quindi a che la Commissione vi procedesse su di un periodo più breve. Stando così le cose, l'istituzione non ha oltrepassato i limiti del potere conferitole.

143

In merito all'argomento del ricorrente nella causa T-212/96, relativo al rischio di una riduzione della sua pensione di invalidità al di sotto del livello necessario per la copertura delle spese mediche relative ai trattamenti sanitari che gli sono necessari, esso non si basa su alcun elemento probatorio e in ogni caso non tiene conto delle disposizioni dell'art. 72, n. 1, dello Statuto, relative alla copertura delle spese mediche applicabili ai titolari di pensione di invalidità ai sensi del n. 2 del medesimo articolo.

144

Da tutte queste considerazioni discende che il terzo motivo va respinto.

145

Ne consegue che i ricorsi vanno respinti, senza che occorra statuire sulle restanti domande nel merito, presentate dai ricorrenti.

Sulle spese

146

A norma dell'art. 87, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne viene fatta domanda. Tuttavia, a norma dell'art. 88 del suddetto regolamento, nelle cause tra le Comunità e i loro dipendenti, le spese sostenute dalle istituzioni restano a loro carico. Inoltre, ai sensi dell'art. 87, n. 4, del regolamento di procedura, gli Stati membri e le istituzioni intervenuti nella causa sopportano le proprie spese.

147

Nella fattispecie, ciascuna parte sopporterà quindi le proprie spese.

 

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Seconda Sezione)

dichiara e statuisce:

 

1)

I ricorsi sono respinti.

 

2)

Ciascuna parte sopporterà le proprie spese.

 

Kalogeropoulos

Bellamy

Pirrung

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 7 luglio 1998.

Il cancelliere

H. Jung

Il presidente

A. Kalogeropoulos


( *1 ) Lingua processuale: l'italiano.

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